programma di sala - Società del Quartetto di Milano

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programma di sala - Società del Quartetto di Milano
Stagione
2011-2012
Martedì 18 ottobre 2011, ore 20.30
Alessandro Tampieri violino I
Stefano Rossi violino II
Diego Mecca viola
Marco Frezzato violoncello
Nicola Del Maso violone
Ottavio Dantone direttore e solista
Sala Verdi del Conservatorio
Accademia Bizantina
Concerti per clavicembalo di J.S. Bach
Concerto in mi maggiore BWV 1053
Concerto in la maggiore BWV 1055
Concerto in fa minore BWV 1056
Concerto in re minore BWV 1052
Il concerto è registrato da Rai Radio3
1
Consiglieri di turno
Andrea Kerbaker
Antonio Magnocavallo
Direttore Artistico
Paolo Arcà
Sponsor istituzionali
Sponsor Pianisti al Quartetto
Sponsor musica da camera
Con il contributo di
Con il patrocinio di
Soggetto di rilevanza regionale
Con il contributo di
È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video,
anche con il cellulare.
Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione.
Si raccomanda di:
• spegnere i telefoni e ogni apparecchio con dispositivi acustici;
• evitare colpi di tosse e fruscii del programma;
• non lasciare la sala fino al congedo dell’artista.
Il programma è pubblicato sul nostro sito web dal venerdì
precedente il concerto.
Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 – Lipsia 1750)
Concerto per clavicembalo e orchestra
in mi maggiore BWV 1053 (ca. 20’)
I. (senza indicazione) II. Siciliano III. Allegro
Anno di pubblicazione: Lipsia, 1854
Concerto per clavicembalo e orchestra
in la maggiore BWV 1055 (ca. 13’)
I. Allegro II. Larghetto III. Allegro ma non tanto
Anno di pubblicazione: Lipsia, 1854
Concerto per clavicembalo e orchestra
in fa minore BWV 1056 (ca. 9’)
I. (senza indicazione) II. Largo III. Presto
Anno di pubblicazione: Lipsia, 1852
Concerto per clavicembalo e orchestra
in re minore BWV 1052 (ca. 22’)
I. Allegro II. Adagio III. Allegro
Anno di pubblicazione: Lipsia, 1838
La musica concertante di Bach è germogliata durante gli anni di servizio in
qualità di Kapellmeister presso la corte di Köthen, dal 1717 al 1723. La piccola
città-stato della Sassonia aveva sviluppato nei primi decenni del Settecento
un’attività musicale di prim’ordine, grazie all’amore per le arti del giovane principe Leopold e della principessa-madre Gisela Agnes. Arrivando a Köthen, il
nuovo Kapellmeister trovò alle proprie dipendenze un manipolo di eccellenti
musicisti, tra i quali spiccavano il violinista Johann Spiess, il violista da gamba
Christian Ferdinand Abel e il violoncellista Christian Bernhard Linigke. La
conoscenza di questi strumentisti permise a Bach di esplorare un mondo nuovo
con gioioso estro e fervida fantasia. La maggior parte della produzione concertante del periodo di Köthen purtroppo è andata perduta, ma ha trovato una
nuova veste nelle Cantate e nei grandi lavori di musica sacra. Un gruppo di
Concerti invece ha compiuto un percorso diverso. Bach aveva cominciato già a
Köthen a sperimentare le possibilità di una funzione concertante all’interno
dell’orchestra degli strumenti a tastiera, all’epoca confinati al ruolo di ripieno
dell’armonia. Il Quinto Concerto Brandeburghese rappresenta l’esempio classico di questa ricerca di nuovi territori espressivi per gli strumenti più congeniali alla pratica musicale di Bach, l’organo e il clavicembalo. In particolare spicca
l’ampia cadenza del clavicembalo alla fine del movimento iniziale, prima mani-
festazione di una vocazione solistica della tastiera nel genere del concerto. Nel
successivo periodo di Lipsia, Bach sembra sviluppare in maniera più articolata
il tema di questa ricerca, malgrado rimangano molte incertezze nel ricostruire
la storia della produzione di musica strumentale di quegli anni. L’interesse per
le possibilità solistiche della tastiera era alimentato in particolare dalla tradizione del rinomato Collegium Musicum, fondato a Lipsia dal grande Telemann e
guidato poi da Bach con qualche interruzione a partire dalla primavera del
1729. La vivace attività dell’ensemble ruotava attorno al leggendario Caffè
Zimmermann, che disponeva di locali al chiuso per far musica in centro, nella
Catharinenstraße, e di un ampio giardino per l’estate appena fuori le porte della
città. Il Collegium musicum teneva in genere almeno due concerti la settimana
nel periodo delle tre principali fiere annuali di Lipsia. In oltre dieci anni di attività come direttore dell’ensemble, si calcola che Bach abbia garantito oltre 1200
ore di musica, propria e di altri autori, al pubblico di “Cavaliers et Dames” della
industriosa capitale economica della Sassonia. L’impegno nella conduzione del
Collegium musicum corrispondeva anche a una trasformazione della produzione musicale, testimoniata dallo stesso Bach in una petizione rivolta alle autorità
civiche nel 1730 per ottenere maggiori risorse: «Lo status musices attuale è
totalmente diverso: la tecnica è molto più complessa, il gusto si è alquanto modificato, e la vecchia maniera di far musica non suona più confacente alle nostre
orecchie». Tradotto in linguaggio musicale, il cambiamento di gusto significava
in primo luogo l’apertura verso le nuove forme concertanti orientate verso lo
stile italiano, più colorite e meno faticose all’ascolto del complicato contrappunto dello stile del Nord.
La maggior parte dei Concerti per clavicembalo sopravvissuti sono il frutto del
rimaneggiamento di precedenti lavori, scritti in origine per uno o più strumenti di natura melodica, come il violino o l’oboe. La cronologia di questi lavori
rimane incerta. Il manoscritto autografo che contiene la serie dei sette Concerti
per un solo clavicembalo è difficile da collocare nella cronologia bachiana.
Sembra probabile che il manoscritto risalga a dopo l’ottobre del 1739, visto che
Bach riprese la direzione del Collegium musicum in quella data dopo un’interruzione di un paio d’anni. Il manoscritto peraltro non aiuta a ricostruire la cronologia della composizione dei Concerti, che potrebbero risalire a epoche diverse.
Il Concerto in re minore BWV 1052 deriva da un Concerto per violino perduto, che a volte viene ancora riesumato in ricostruzioni moderne. Lo spiccato
gusto italiano della scrittura dimostra l’interesse per il nuovo stile concertante
e lo studio dei lavori di Vivaldi, Corelli e altri maestri italiani. I notevoli passaggi virtuosistici del Concerto in re minore infatti tendono a schiacciare l’orchestra sullo sfondo, lasciando ampio spazio all’estro e allo slancio appassionato del
solista. Queste caratteristiche distinguono il Concerto in re minore dal resto del
gruppo e hanno fatto pensare a una data posteriore. Tuttavia una copia delle
parti di pugno del figlio Carl Philipp Emanuel dimostra che il lavoro esisteva
già prima del 1734, anno nel quale il giovane Bach lasciò definitivamente Lipsia.
Il primo movimento era già stato usato nel 1726 per la Cantata n. 146 “Wir
müssen durch viel Trübsal in das Reich Gottes eingehen”. Nella produzione di
Bach, la parodia procede sempre dalla musica profana a quella sacra, mai viceversa. Il Concerto originario risaliva probabilmente all’epoca di Köthen o addirittura a quella di Weimar. La Cantata era strumentata per due oboi, taille
(l’antenato dell’attuale corno inglese), archi, organo e continuo. Anche l’Adagio
proviene quasi di peso dal primo coro della stessa Cantata, omettendo ovviamente la parte cantata a quattro voci. Il clavicembalo fiorisce con una serie di
abbellimenti e melismi la linea melodica principale, modellata sull’armonia
espressiva che accompagna il testo piestista. L’Allegro finale invece sembra
basato sulla sinfonia con organo di un’altra Cantata, la n. 188, “Ich habe meine
Zuversicht”, pervenuta in maniera frammentaria. Il carattere di quest’ultimo
movimento è turbolento e appassionato, come si conviene alla tonalità di re
minore. Il tema scende in picchiata di un’ottava e risale con tenacia scalino dopo
scalino, ma non mancano gli appoggi espressivi sui semitoni contigui alla nota
fondamentale re. La scrittura della parte solistica mostra un virtuosismo da
toccata, che raggiunge l’apice nella preparazione e nella cadenza della tastiera
prima della ricapitolazione finale del tema.
Con il Concerto in mi maggiore BWV 1053 percorriamo un analogo labirinto.
Il Concerto originario per violino o per oboe era stato la fonte di alcune parti
delle Cantate “Gott soll allein mein Herze haben” n. 146 e “Ich geh und suche
mit Verlangen” n. 49. Il primo movimento trascrive la Sinfonia con organo della
Cantata n. 169, portando la tonalità da re maggiore a mi maggiore. Anche in
questo caso spariscono gli strumenti a fiato, due oboi e la taille, lasciando il
posto a una scrittura più densa e compatta. Il clavicembalo guida il percorso del
Concerto come un primus inter pares, più che un protagonista contrapposto
all’orchestra. Il Concerto in mi maggiore è forse il meno italiano nello spirito del gruppo, smorzando gli spunti virtuosistici a favore di una maggiore
elaborazione della forma. La Siciliana riprende l’Aria in si minore della
Cantata n. 169, “Stirb in mir”, strumentata per soli archi e organo obbligato.
Nel passaggio al Concerto la tonalità si trasforma in do diesis minore, ma il
carattere patetico rimane del tutto identico. Il testo dell’Aria recita “Muori in
me, mondo, con tutte le tue cose care”, un concetto che la musica riprende con
struggente tenerezza, come una dolce ninna-nanna. Al solista viene lasciato spazio per variare liberamente sullo schema del percorso armonico, disegnato dagli
archi con una sequenza di delicati sospiri. L’Allegro finale esce dal buio della
Siciliana con uno slancio luminoso, che riprende quello della Sinfonia con oboe
d’amore e organo obbligato della Cantata n. 49. La tonalità questa volta è la
stessa, mi maggiore, con una spiccata propensione per un linguaggio diatonico,
che rende ancor più saporiti i brevi episodi cromatici sparsi nella parte centrale.
Rispetto alla Cantata, tuttavia, la tastiera aggiunge un tocco di follia virtuosistica, che si manifesta fin dalla battuta iniziale con un arpeggio di mi maggiore su
quattro ottave, preludio a un vorticoso moto perpetuo del solista a ornamento
della forma.
Il Concerto in la maggiore BWV 1055 invece non sembra essere passato
attraverso il filtro delle Cantate. La musica dovrebbe risalire a un Concerto per
oboe d’amore perduto, benché gli studiosi non siano del tutto concordi sullo
strumento originario. Il carattere generale del Concerto è sereno e il rapporto
tra solista e orchestra molto rilassato. La scrittura del clavicembalo rimane in
pratica sempre all’interno di una condotta a due voci, tranne un breve passaggio
a tre. Questo non impedisce a Bach di sperimentare una varietà di soluzioni
stilistiche per conferire personalità allo strumento solista. Anche il Larghetto
centrale in fa diesis minore esprime un clima elegiaco e una delicata melanconia, in armonia con il resto del lavoro. L’Allegro ma non troppo finale manifesta
invece una certa pomposità, che lascia trapelare l’influenza della musica strumentale di gusto francese. Forse il Concerto era destinato a uno dei tanti allievi
della sua scuola, non particolarmente avanti negli studi. Non sapremo mai probabilmente fino in fondo come stavano le cose, ma sembra inevitabile anche
formulare un’altra ipotesi. E se Bach avesse scritto il Concerto in la maggiore
proprio per il clavicembalo, visto il successo del nuovo genere presso il pubblico
dei dilettanti?
La risposta non arriva di sicuro dal Concerto in fa minore BWV 1056, che
riporta al percorso labirintico dei Concerti precedenti. La presenza di un
modello originario per violino in sol minore sembra ormai accettata dalla critica
moderna. Qui il Largo centrale presenta lo stesso materiale musicale della
Sinfonia con oboe della Cantata n. 156 “Ich steh’ mit einem Fuß im Graben”.
Esistono però alcune differenze significative nel passaggio dall’una all’altra
forma. In primo luogo, l’Adagio della Sinfonia diventa un Largo nel Concerto,
accentuando il linguaggio retorico del movimento. La tonalità passa da fa maggiore a la bemolle maggiore, una terza minore più in alto. Infine la melodia, che
nella Sinfonia era cantata dall’oboe, ora viene accompagnata dall’orchestra
pizzicando le corde, anziché sfregando gli archetti. L’accompagnamento con il
pizzicato, imparato senza dubbio dai maestri italiani come Vivaldi, introduce un
colore completamente nuovo nel mondo del Concerto bachiano. Su questo chiaroscuro dell’orchestra, il solista esalta il carattere espressivo della linea melodica, sulla quale si attorcigliano come tralci di vite gli abbellimenti in stile toccatistico della tastiera. In sole 21 battute, una in più del corrispondente Adagio
della Sinfonia, Bach concentra il nocciolo del percorso poetico del Concerto, che
prosegue senza soluzione di continuità nel Presto finale. La scrittura concisa in
effetti è una delle caratteristiche principali del Concerto in fa minore e si manifesta sin dal movimento iniziale senza indicazione espressiva. Il tema insiste in
maniera ostinata sulla nota fondamentale dell’armonia, con un fraseggio squadrato e angoloso. Il carattere percussivo del primo movimento ricompare anche
nel Presto finale, che rappresenta una sorta di riscrittura del materiale musicale precedente. Il livello di virtuosismo richiesto al solista è decisamente superiore a quello del precedente Concerto, con accordi pieni, indipendenza delle mani
e passaggi a tre voci a parti late. Il Concerto in fa minore in definitiva è un
lavoro meditato, scritto forse per se stesso e poco incline al gusto galante ormai
in voga tra gli spettatori del Caffè Zimmermann.
Oreste Bossini
Ottavio Dantone direttore e solista
Ottavio Dantone si è diplomato in organo e clavicembalo presso il
Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Ha intrapreso giovanissimo la carriera concertistica, dedicandosi fin dall’inizio allo studio e all’approfondimento della musica antica. Nel 1985 ha ottenuto il premio nella sezione
“basso continuo” al Concorso Internazionale di Parigi, nel 1986 è stato
premiato al Concorso Internazionale di Bruges. Dal 1996 è direttore musicale di Accademia Bizantina.
Dal 1999 affianca all’attività di solista e leader di gruppi da camera quella di direttore d’orchestra, accostando ai capolavori più conosciuti la
riscoperta di lavori meno eseguiti o in prima esecuzione moderna. È ospite regolare dei maggiori teatri d’opera e festival internazionali in tutto il
mondo e tiene corsi di perfezionamento di clavicembalo, musica da camera, basso continuo ed improvvisazione.
Moltissime le registrazioni radiofoniche e televisive, nonché quelle discografiche, per le quali ha ottenuto premi e riconoscimenti dalla critica
internazionale. Dal 2003 incide per Decca.
È stato più volte ospite di Musica e poesia a San Maurizio e delle Settimane
Bach nel 2002, 17° ciclo.
Accademia Bizantina
L’Accademia Bizantina nasce a Ravenna nel 1983, con l’intento di fare
musica “come un grande quartetto d’archi”, con lo stesso impegno, la stessa partecipazione e soddisfazione collettiva. Oggi come allora, il gruppo è
interamente gestito dai propri componenti, che ne stabiliscono obiettivi e
linee guida. Dal 1996 Ottavio Dantone e Stefano Montanari collaborano
in piena sintonia alla gestione musicale dell’ensemble, ricoprendo rispettivamente i ruoli di direttore musicale e di primo violino concertatore.
L’intento comune è quello di coniugare ricerca filologica e studio della
prassi esecutiva su strumenti originali, con un’attenta e rispettosa lettura
della partitura. Rigore e raffinatezza, energia ed estro, entusiasmo e complicità, si fondono insieme come le tessere di un mosaico bizantino, rendendo l’Accademia uno dei più raffinati e vivaci ensemble di musica
antica sulla scena internazionale. Numerose le incisioni premiate da
riconoscimenti quali Diapason D’Or e Midem, le partecipazioni a trasmissioni e dirette radiofoniche e i concerti nelle più prestigiose stagioni
e sale di tutto il mondo.
Più volte ospite della nostra Società per Musica e poesia a san Maurizio, è
stata ospite delle Settimane Bach nel 2002.
Prossimo concerto:
Martedì 8 novembre 2011, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Yefim Bronfman pianoforte
Yefim Bronfman non è un pianista che si lasci intimorire da testi considerati la
Bibbia del virtuosismo pianistico come gli Studi trascendentali di Liszt. In omaggio
al bicentenario della nascita del grande musicista ungherese, Bronfman interpreta tre delle più suggestive Études, il drammatico “Mazeppa”, le elegiache
“Harmonies du soir” e il sinistro “Chasse-neige”. In contrapposizione al pianismo
immaginifico di Liszt, la Sonata op. 5 di Brahms rappresenta lo sforzo più ardito
di coniugare il lirismo romantico con il linguaggio formale classico. Non poteva
mancare nel programma un omaggio alla musica russa, terra d’origine di
Bronfman, con la monumentale Sonata in si bemolle op. 84 di Prokof’ev.
Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano - tel. 02.795.393
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