Numero 2/2015 - SO.CREM Genova

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Numero 2/2015 - SO.CREM Genova
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Editoriale
caotica contingenza l’insorgere di nuovi fattori
Quando crollò l’impero sovietico e, con
geopolitici intesi a colmare il vuoto. Allo stato di
esso, il potere costituito in Albania, assistemmo
endemica con•ittualità si è sovrapposto il torvo
a un fatto per noi inconsueto; navi dirette ai
Califfato, fanatico, barbaro e iconoclasta.
nostri porti adriatici con uomini in fuga, stipati a
L’esodo dunque investe oggi l’Europa
grappoli dalle tolde alle ciminiere. Si riandò col
intera il cui totale intervento è invocato dal nostro
ricordo alle migrazioni di popoli asiatici verso
Paese al collasso, per una risposta all’obbligo
l’Europa al tempo delle invasioni barbariche,
dall’accoglienza; ovvio richiamo che oggi si
ma mai avremmo potuto prevedere che nulla
leva da ogni plaga tranne che dall’Est europeo,
era a confronto dell’ odierno epocale fenomeno
tetragono e cataffratto a ogni invito alla solidarietà.
migratorio, una sorta di esodo biblico che rovescia
Evasivi •no a ieri i Paesi Occidentali, oggi
da mesi sulle nostre coste centinaia di migliaia
disposti a più generose delibere in merito a quote
di sventurati; un esodo che prosegue, chissà per
di cifre che ballano di continuo. Fa eccezione da
quanto ancora.
ultimo la Germania che, con centinaia di migliaia
A dover condurre un’analisi obiettiva
di migranti alle porte di Budapest, ha espresso
di tale fenomeno è opportuno distinguere le
l’intenzione di praticare un’ illimitata accoglienza
cause prossime da quelle remote. Cominciando
che, nel caso di interi popoli, dovrà pur avere dei
da
quest’ultime,
riconosciamo
che
la
limiti. Lodevole intento ma non privo di astuzia.
deconolizzazione non è stata felice così come il
Accogliendo i ceti migliori pone già sperabili
colonialismo non ha fatto onore ai Paesi europei.
premesse alla seconda fase dell’accoglienza,
Si fece presto a decolonizzare: ben salde rimaste
ovvero all’integrazione che farà tremare le vene e
in mano coloniale le fonti energetiche a lucroso
i polsi al Continente, specie al nostro Paese, con le
sfruttamento e lasciato il potere amministrativo
masse di diseredati che pur dovranno riscattarsi col
agli indigeni, privi di cultura politica e animati
lavoro. Compito precipuo di liberare dalle strade
da sfrenate ambizioni. Ecco quindi l’accendersi
dei giovani infelici stravaccati sui marciapiedi a
di faide con distruzioni, carestia e morte per le
mendicare. Compito di civiltà che attende tutta
popolazioni civili che, poco alla volta, si sono
questa Europa vecchia e decrepita.
volte all’emigrazione. I profughi che oggi si
Giorgio Spina
ammassano alle nostre frontiere sono tutti degni
di accoglienza, o quasi tutti. Infatti, alle
Il 20 settembre di questo, per noi infausto 2015, ha
turbe di disperati si stanno accodando via
via i meno tribolati che, •dando su tv, segnato la scomparsa del Geom. Giuseppe Noce, già Vice
internet e cellulari, vagheggiano di trovare Presidente della So.Crem e prezioso collaboratore tecnico
fortuna in Europa, novella America. dell’Ente. Ogni miglioria e innovazione nel Tempio reca
infatti la sua firma.
Le cause attuali muovono tutte da una
Il 28 settembre, nella Sala del Commiato, il Cav.
sciagurata destabilizzazione partita dalla Mauro Peirano, attuale Vice Presidente della So.Crem, ha
scomparsa “manu militari” di dittatori, pronunciato parole di sentito cordoglio. Gli ha fatto seguito il
dall’Irak alla Libia. Schiacciare i dittatori Comm. Avv. Edoardo Vitale, Presidente della So.Crem, che,
è buona cosa ma non lo fu forse in questo notevolmente commosso, ha detto addio all’amico fraterno
caso. A parte oculati Paesi del Nord ed ha annunciato che il Tempio Crematorio sarà intitolato al
Africa come Egitto e Tunisia, tra le coste nome dell’illustre scomparso.
La grave perdita che ha subìto il Sodalizio è stata
oltremare e il Medio Oriente, dissoltasi
qualsiasi autorità, scoppiarono micidiali e preceduta in un breve arco di tempo dalla dipartita dei Signori
devastanti con•itti che da anni funestano Attilio Magri e Alfonso Pelosi, già Membri del Consiglio di
intere popolazioni, quelle che da ultimo Amministrazione, alla cui memoria vanno le nostre più vive
condoglianze.
stanno alimentando in un preoccupante
La Direzione e la Redazione del “La Scelta” si uniscono
crescendo le migrazioni in Sud Italia e al necrologio.
ora anche nei Balcani. Notevole, a questa
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· C U LT U R A ·
I MEDICI
CULTORI DEL RINASCIMENTO
Il declino dell’ordinamento feudale, la
di credito alla bancarotta.
perdita del controllo in Italia da parte del Sacro
Ma per fare un passo indietro occorre
Romano Impero, videro frantumarsi il potere
ricordare che per lunghi anni tra le genti vigeva
nelle mani di vecchi feudatari che, diventati
il baratto. Solo in seguito intervennero il cambio
Signorie,
l’aspetto
e la circolazione monetaria. L’origine delle
di numerosi potentati, ciascuno al vertice
banche è infatti il cambio che avveniva su di un
di altrettante città e di famiglie, nei centri
“banco”, poi “banca”; una panca, un tavolo, un
diedero
alla
Penisola
maggiori come Milano,
desco, un qualcosa su cui
Firenze e Napoli; anzi,
scrivere e fare i conti, un
più famiglie nella stessa
qualcosa che divide due
città e tutti, gli uni contro
persone impegnate in una
gli altri armati, in una
transazione, con alcune
endemica lotta per il
cose che passavano sopra
potere.
il banco e anche sotto"
In questo quadro
L’origine del sistema
sconfortante, tra Trecen-
bancario
to e Cinquecento, di con-
alimentata dai prestiti ai
fu
dunque
tinue turbolenze, di alli-
potenti, in seguito anche
neamenti sempre diversi,
agli sviluppi dei traf•ci
con un Papato sempre in
import-export di merci in
posizione predominante,
misura sempre maggiore
a fiancheggiare o a com-
sui mercati. Si spiega
battere, i mezzi finanzia-
perché Genova, già allora
ri erano indispensabili
porto di notevoli traf•ci
per fare la guerra e mantenere gli eserciti mer-
marittimi, ebbe il “Banco di San Giorgio” tra
cenari; da noi, si aggiunga, ma anche altrove
i primi istituti in Italia e in Europa. Si spiega
se si pensa ai re inglesi, plantageneti e poi Tu-
anche il crescente numero di iniziative bancarie
dor, a chiedere prestiti alle banche (anche al
in Olanda e a Londra, il più importante emporio
genovese “Banco di S.Giorgio”), indebitarsi
europeo di lino, lana, seterie, minerali, preziosi,
fino al collo nelle implacabili contese, finire
bestiame, prodotti ittici e agricoli.
insolventi e condurre talvolta anche gli istituti
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Da noi, tra le città di più vivace attività
bancaria, quella che raggiunse il primato fu
prezzo della sua attrazione fatale del potere
Firenze dove intere famiglie erano dedite
politico passando sotto le forche caudine delle
all’esercizio bancario con alterne fortune. “In
sue insolvenze. Dopo 97 anni di attività, non
primis” quella dei Medici con esponenti di
sempre lucrose, crollò nel 1494 all’orlo del
cinque generazioni: Giovanni di Bicci (1360-
collasso che Piero, l’ultimo dei Medici, non
1429); Cosimo (1389-1464) Piero il Gottoso
riuscì a evitare. Nel complesso, con le sue luci
(1416-1469); Lorenzo (1449-1492); Piero il
e le sue ombre, la banca dei Medici fu come una
Fatuo (1471- 1503).
burocratica parentesi all’interno dal travagliato
L’avventura bancaria, per così dire, fu
processo di transizione dal mondo medioevale a
avviata a Firenze da Giovanni di Bicci nel 1397
quello moderno; un’epoca in cui •orirono l’arte
con •liali nel tempo a Milano, Venezia, Pisa,
e l’usura. L’arte del Rinascimento, anzitutto. I
Roma (dove i Medici divennero i banchieri
Medici furono circondati dai maestri dell’arte e
del Papato) ma anche, in momenti diversi, con
della cultura, dalle •gure imperiture del tempo.
una rete europea a Londra, Basilea, Ginevra,
Cosimo, il protagonista della seconda
Avignone, Bruges, Lione per il commercio di
generazione, fu, oltreché mecenate, egli stesso
arazzi •amminghi, tele di lino, seta olandese,
un cultore e collezionista di opere d’arte,
lana
stagno,
antiche statue, marmi scolpiti, medaglie,
piombo, allume, il tanto richiesto solfato bianco
monete, gioielli; umanista anche per l’amore
indispensabile per il •ssaggio dei tessuti e del
delle letterature e l’impegno culturale per il
quale deteneva il monopolio il Papato, conteso da
greco.
inglese,
pellicce
del
Nord,
Genovesi e Veneziani che praticavano i commerci
dell’allume turco di Smirne.
Lorenzo, nipote di Cosimo, meno interessato degli altri all’attività bancaria, fu allevato
Passi l’impegno bancario, neppure tanto
nell’esercizio delle lettere: sedicenne compose
di successo, i Medici dovevano diventare
un sonetto mitologico, versi e componimenti
storicamente ben più importanti cultori dell’arte
vibranti di languori come un diario sentimen-
e in generale di tutte le discipline umanistiche. Si
tale: pagine che precorsero le numerose opere
pensi solo a Lorenzo il Magni•co. Come detto, i
come la Nencia da Barberino, poema di venti
Medici come banchieri non primeggiarono: fecero
strofe di otto versi, L’altercazione un poema
affari, guadagnarono ma non divennero i potenti
bucolico, il Simposio, componimento di otto-
della •nanza. Non merito loro le innovazioni
cento versi, l’eterna canzone “Quanto è bella
•nanziarie come la partita doppia, la cambiale, le
Giovinezza” del suo Gaudeamus Igitur e nu-
lettere di credito (molto ricordate da Defoe nel
merose novelle. Sempre insieme ad artisti e
tardo 600), il deposito in conto corrente, le azioni
poeti, un torneo da lui affrontato a vent’anni fu
anche se, assunti al potere politico, istituirono le
cantato da Luigi Pulci. Sposo di Clarice Orsini,
tassazioni e il catasto per meglio individuare e
a ventun anni assunse il potere della dinastia
colpire le proprietà immobiliari.
e divenne ben presto la figura più elevata del
Col tempo la banca dei Medici pagò il
mecenatismo rinascimentale.
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Di statura media e corpo robusto, Lorenzo
43 anni.
ebbe scarsa avvenenza fisica, voce sgradevole,
A voler enumerare gli artisti che furono più
vista non buona, assenza completa dell’olfatto
o meno a contatto con Lorenzo si passa dal gruppo
ma il viso, dai tratti regolari, si rivelava
dei maestri •orentini (Perugino, Verrocchio,
volitivo, con gli occhi neri che brillavano
Ghirlandaio, Botticelli, Pinturicchio, Pollaiolo)
di intelligenza; nel suo complesso, il volto
a Masaccio, Bronzino, Brunelleschi e Filippo
colpiva per l’eccezionale energia intellettuale.
Lippi; ai letterati in schiera ancor maggiore,
La sua fu illuminata protezione e promozione
con Marsilio Ficino, Poliziano, Vasari, Luigi
delle lettere e delle arti. Dittatore illegittimo
Pulci, Pico della Mirandola, Poggio Bracciolini,
(il Guicciardini lo definì “tiranno piacevole”),
Machiavelli, Guicciadini, Giovanni Rucellai,
si elevò a difensore dei più alti valori spirituali,
grazie ai quali si ha la panoramica completa del
invocando per tutti il diritto alla cultura e all’arte.
quadro storico rinascimentale con il Magni•co
Uomo
di
gusto
sopraf•no,
esperto
al suo centro.
collezionista, amatore d’arte, poeta, diplomatico,
Dopo gli inenarrabili scontri e le perniciose
•nanziere, uomo politico, Lorenzo divenne il
rivalità che funestarono tutte le città grandi
personaggio storico più rilevante per secoli.
e piccole della Penisola, Lorenzo apparve il
Intere biblioteche ne scrissero, molti lo dipinsero
mediatore nato, il principe della pace, l’ago della
come il Botticelli, molti umanisti come Marsilio
bilancia di un’Italia dilaniata dagli odî e dalle
Ficino e la sua Accademia fruirono del suo
passioni.
scon•nato sostegno. Scomparve nel 1492 a soli
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Edoardo Vitale
OCCULTISMO RINASCIMENTALE
Per “Cabbala” s’intende la dottrina mistica
lo “Warburg Institute”.
ebraica di ispirazione panteista che gli Ebrei
Nel libro Cabbala e occultismo nell’età
affermano aver ricevuto per tradizione e alla cui
elisabettiana, edito anche da noi in una collana
base c’è un’interpretazione allegorico-simbolistica
economica, la Yates indaga sulle basi della •loso•a
del Vecchio Testamento. Essa ha avuto grande
al tempo dei Tudor, un’epoca particolarmente
importanza nella storia dell’Ebraismo e notevole
fervida di studi e di ricerche letterarie e storiche.
in•uenza sulla mistica cristiana e sulla teoso•a
Puntando su due eventi epocali come la cacciata
moderna.
degli Ebrei Sefarditi dalla Spagna (1492) e il loro
Un capitolo della storia della Cabbala
insediamento in Inghilterra (1660), la ricercatrice
cristiana comprende la •loso•a occulta, ermetica
inglese sovrappone l’immagine dei dotti Ebrei
ed esoterica dell’età elisabettiana, oggetto di
fuggiaschi a quella dei Greci che, dopo la caduta
particolari studi da parte di Frances A.Yates (1899-
di Bisanzio, si sparsero per l’Italia e per l’Europa
1981), la più autorevole specialista della materia,
in una emigrazione forzata che produsse in tutti e
che ha insegnato all’Università di Londra e presso
due i casi straordinari fermenti culturali. E’ allora
l’Ars Compendiosa di Raimondo Lullo (1227),
concepita in una Spagna dove da secoli avevano
convissuto Cristianesimo Ebraismo e Islamismo,
che ripropose e preparò le forme rinascimentali
della Cabbala cristiana.
Per giungere all’Inghilterra elisabettiana
infatti si deve partire dalla Spagna delle tre fedi
e del catalano Lullo e si passa dall’Italia con Pico
della Mirandola, con il frate veneziano Francesco
Giorgi e altri cabbalisti cristiani come Egidio da
Viterbo, dalla Germania con Reuchlin, Dürer e
La scrittrice Frances A. Yates
Cornelio Agrippa e dalla Francia dove si accende
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il contrasto tra la fortuna del Giorgi (tradotto in
corrisponde a quella di John Dee a Praga. Rogo
francese nel 1578) e la demonizzazione del tedesco
e visita costituiscono entrambi la linea più
Agrippa.
avanzata di una •loso•a occulta che era tensione
A siffatto percorso continentale si af•ancano
religiosa e pensiero scienti•co, e traeva linfa dal
i tentativi di trapiantare dall’Inghilterra i messaggi
neoplatonismo rinascimentale e dalla Cabbala.
di riforma come la “missione” di John Dee alla
La Controriforma (della quale risentirono anche i
corte di Rodolfo II di Boemia e i fugaci teoremi
Paesi riformati) •nì per degradare la prassi della
coltivati alla corte di Federico V (re di Boemia
Cabbala da metodo di esegesi culturale a magia,
per un anno) e la sua sposa inglese Elisabetta,
bianca o nera, come si sbizzarrirono le letterature
•glia di Giacomo I Stuart. Furono quelli i poli
(Il Faustus di Marlowe o quello di Goethe, per
di un vasto movimento di riforma fondato sulle
esempio) tracciando le linee di vitali stagioni
ricchezze spirituali della •loso•a occulta. Una
artistiche come quella elisabettiana.
tensione profetica e biblica dovuta in larga parte
A tutta prima questa cultura cinque-
al londinese Dee che a Praga diffuse tra il volgo
seicentesca sembrerebbe lontana mille miglia dalla
predizioni sull’ordine futuro dei mondo cristiano.
prassi e dal pensiero odierni se non si ravvisasse
Mettendo a raffronto i risultati della Yates
che la realtà letteraria, culturale, etica e politica
con quelli di Leo Spitzer sull’Armonia del
affonda ancora le sue radici su quelle metodologie
mondo emerge che, pur attingendo dalle stesse
ideologiche.
fenomeniche, af•ora un evidente contrasto: costui
tende a mettere a fuoco gli elementi
di
continuità
nello
sviluppo
temporale mentre la Yates denuncia
le lacerazioni sincroniche. Spitzer
mette insieme i Cori del Palestrina,
l’architettura di San Pietro e le
speculazioni di Giordano Bruno.
Per la Yates il rogo che arse il Bruno
nel 1600 è un punto nodale del
secolo e la sua visita in Inghilterra
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Giorgio Antinoris
Per i 750 anni dalla nascita del poeta
DANTE E LA POLITICA
Nato nel 1265 a Firenze,
in corte offrendo il suoi servigi
nel 1290 inizia la sua attività
ai vari signori d’Italia. Si rivelò
politica, che si concreta nel 1295
un abile ambasciatore e conquistò
quando si iscrive all’Arte dei
la stima e l’amicizia di uomini
medici e degli speziali, poiché,
potenti che furono ben lieti di
secondo gli Ordinamenti di
ospitarlo e che Dante ringrazia
Giano della Bella, per essere
immortalandoli nel suo poema. A
eletti bisognava essere iscritti in
Verona sarà ospitato da Cangrande
una delle corporazioni.
della Scala, a Ravenna nel 1318
Assolve a diversi incarichi
da Guido Novello da Polenta.
pubblici come membro del
Qui morirà nel 1321, anche lui
Consiglio dei Savi e poi del
a causa di febbri malariche, che
Consiglio dei Cento. Nel 1300
erano allora molto diffuse e alle
ricopre la carica di Priore (ossia
quali non si sapeva come porre
di capo della città) e, per mettere
rimedio. Sarà sepolto nella chiesa
•ne alle lotte fra Bianchi e Neri, che dilaniavano
dei Francescani, che oggi è meta di migliaia
la città, manda in esilio i capi delle due fazioni,
di visitatori.
compreso il poeta e amico Guido Cavalcanti, che
morirà in esilio per febbri malariche.
L’inizio della Commedia coincide con l’
esilio, forse il 1307, in quanto Dante desidera
Nel 1301 viene mandato come ambasciatore
vendicarsi dei suoi nemici, che mette alla
a Roma presso il papa Bonifacio VIII. Forse un
berlina nei vari cerchi e gironi dell’Inferno.
complotto. Infatti durante la sua assenza Carlo di
Poi nel Purgatorio e soprattutto nel Paradiso
Valois, cha favoriva i Neri, avversari di Dante, accusa
il suo pensiero volerà alto alla ricerca di Dio.
il Poeta di baratteria (oggi diremmo corruzione). Nel
La Commedia sarà chiamata “divina”
1302 la condanna per baratteria viene formalizzata
da Giovanni Boccaccio, grande estimatore
con l’esclusione perpetua dai pubblici uf•ci e la
di Dante. E proprio a messer Boccaccio sarà
confisca dei beni. Ma nel marzo dello stesso
concesso l’alto onore di leggere i versi della
anno viene condannato addirittura al rogo
Commedia in chiesa.
per empietà. Dante non potrà più rientrare
Il trattato più chiaramente politico di
in Firenze, dove lascia la moglie e i figli,
Dante è il De Monarchia, scritto in latino, quel
intraprende la via dell’esilio e non tornerà
latino medievale, che piaceva a Dante e che
mai più a Firenze. E andrà pellegrino di corte
sempre il Petrarca rifiutò, preferendo usare
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l’Imperatore o il Papa, se il potere
temporale dovesse essere sottomesso a
quello spirituale o viceversa. Iniziava
la famosa “lotta per le investiture” che
si trascinò per tutto il Medioevo. A chi
spettava il potere di nominare conti e
marchesi, assegnando terre e castelli?
Doveva essere l’imperatore o il Papa?
Non è vero, secondo Dante, che l’imperatore è la Luna e il Papa è il Sole. Ma
una forma assai più elegante sul modello di
Cicerone. Il trattato, articolato in tre libri, fu
probabilmente ispirato dalla discesa in Italia
dell’imperatore Arrigo VII (1310), che suscitò
in Dante grandi speranze.
Infatti
il
Poeta
pensava
della città di Sutri, perché da qui iniziò il potere temporale dei Papi, che avrebbe dovuto
essere solo spirituale. Secondo Dante il po-
che
solo
unificando l’Italia sotto un unico signore si
potessero evitare le infinite contese fra le varie
fazioni e i vari signori. Purtroppo Arrigo VII
morì troppo presto, nel 1313, a soli trentotto
anni, forse avvelenato. L’opera è di grande
interesse non solo per la comprensione della
Commedia, perché è uno dei trattati più acuti sul
pensiero politico medievale. Nel libro primo
pone il fondamento metafisico dell’umano
consorzio proteso alla conquista intellettuale
di tutta la conoscenza umanamente possibile,
nella quale è la nostra felicità terrena. Per
Dante, dunque, il sapere è il fondamento della
felicità. Ma solo la Monarchia può garantire
l’attuazione di questo fine, perché lascia
l’uomo libero da contese, protetto da un unico
signore.
Ma su questa concezione rasserenante si
erge un potenziale nemico: il Papa. Si dibatteva
allora il problema se fosse più importante
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neppure viceversa. Fu un errore gravissimo la donazione che Costantino fece al Papa
tere dell’Imperatore deriva da Dio come quello del Papa: sono quindi due Soli, che splendono con pari luce in campi diversi.
Il De Monarchia fu uno dei testi
fondamentali del pensiero politico tardo
medievale, che stabilisce l’autonomia della
ragione rispetto alla fede e di conseguenza
dell’Impero rispetto alla Fede, fatta salva la
rerevenza che l’imperatore deve al Papa come
il figlio al genitore.
Il genere umano - sostiene ancora Dante
- è proteso all’attuazione del fine morale, che
consiste nella conquista di tutta la conoscenza
possibile, nella quale è la nostra felicità
terrena. Il De Monarchia divenne molto
noto nel Medioevo,anzi divenne un testo
fondamentale del pensiero politico del tempo,
ove si sosteneva l’autonomia della ragione
rispetto alla fede e quindi dell’Impero rispetto
alla Chiesa.
Clara Rubbi
IL PENSIERO POLITICO
DI LUIGI FIRPO
A CENT’ANNI DALLA NASCITA
Era nato a Torino il 4 gennaio 1915 “da un
presenza in città. Un legame che non venne mai
vecchio ceppo piemontese”, come non mancava di
meno e che non si limitava a dotte conferenze e a
ricordare con compiacimento, e qui è morto il 2
riunioni di ordine accademico, ma che si esaltava
marzo 1989.
con il suo amore per la buona cucina e per alcuni
Alla “sua” città lo legavano
piatti liguri da lui particolarmente
radici profonde che non vennero
graditi. Anzi, era per l’appunto in
mai meno, come attestano, tra
queste occasioni che gli piaceva
l’altro, le numerose pubblicazioni
rimarcare come altamente plausibili
di carattere scienti•co e divulgativo
lontane ascendenze liguri della
che a Torino (e al Piemonte) ha
famiglia paterna, come del resto
continuato a dedicare nell’arco della
sembrava
sua più che cinquantennale attività di
inequivocabile il suo cognome.
attestare
in
maniera
studioso. Amava però molto anche
Le origini modeste della sua
la Liguria, non a caso trascorreva
famiglia, da lui peraltro ribadite
sistematicamente le sue estati “al
più volte con orgoglio, non gli
mare” nella sua casa di Ospedaletti,
impedirono di completare gli studi
dove in realtà era solito trascorrere
classici nel prestigioso liceo torinese
buona parte delle giornate sugli
“Massimo d’Azeglio” e di iscriversi
amati libri. Questo almeno sino a
poi alla Facoltà di Giurisprudenza,
quando, a partire dalla seconda metà degli anni
dove si laureò nel 1937. Lo scarso interesse per
’70, abbiamo instaurato la consuetudine, per me
gli insegnamenti giuridici, il suo amore per la
particolarmente eccitante e fruttuosa, di trascorrere
letteratura e in particolare per la poesia lo portarono
un periodo di vacanza in Sardegna insieme con
a seguire alcuni corsi della Facoltà di Lettere
le nostre mogli: settimane di indimenticabili
di Torino, almeno sino all’incontro con Gioele
esperienze di svago, ma soprattutto di pro•cuo
Solari che a Giurisprudenza insegnava Filoso•a
lavoro.
del diritto: il “maestro dei maestri” col quale
Con Genova, e non solo con l’ambiente
si erano già laureati generazioni di intellettuali
universitario che ruotava attorno alla Facoltà di
formatisi nell’ateneo torinese, da Piero Gobetti
Scienze politiche, aveva solidi rapporti e ogni anno
ad Alessandro Passerin d’Entrèves, da Uberto
trovava modo di assicurare a più riprese la sua
Scarpelli a Norberto Bobbio. Fu un incontro
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“occasionale e scabro”, originato come ricorda lo
ministeriali per l’istituzione di riformate e autonome
stesso Firpo dal ritrovamento su di una bancarella
Facoltà universitarie di Scienze politiche e proprio
di un’edizione “•lologicamente infame, ma per
nella Facoltà torinese di Scienze politiche, dove
me benedetta, delle Poesie di Campanella”; fu così
si era trasferito nel 1969 (appena istituita anche
che “scoprì” il pensatore di Stilo e che decise con
per il suo apporto decisivo), volle terminare la sua
determinazione di scrivere una tesi di laurea su di
carriera di docente di una disciplina che insegnò
lui.
ininterrottamente dal 1946.
Superata l’iniziale dif•denza di Solari, Firpo
Amava presentarsi come “storico delle
si laureò con la tesi dal titolo già emblematico:
idee politiche”, ribadendo con forza che le “idee”
Tommaso Campanella nell’unità del suo pensiero
andavano studiate e ricostruite in quella composita
politico, •loso•co e religioso, che un’aggiunta
trama di situazioni, di polemiche e di percorsi
autografa nella copia da lui conservata nel suo
teorici in cui si erano affermate, articolate e diffuse.
archivio personale attesta essere stata “•nita il 14
Da qui la sua attività di ricercatore rigoroso, di
ottobre 1937”.
instancabile frequentatore di fondi manoscritti: un
L’incontro con quello che sarebbe diventato
lavoro meritorio che gli ha permesso magistrali
l’autore della sua vita di studioso fu quindi
ricostruzioni storiche e •lologiche di personaggi,
determinato dal suo grande amore per la poesia.
dibattiti e idee politiche, insieme con preziosissime
Un amore che era dif•cile da intuire e da capire
edizioni critiche di numerose opere di pensatori
specie per chi lo conosceva in maniera super•ciale
del Rinascimento e della Controriforma, in
e restava maggiormente in•uenzato dai suoi modi
particolare, ma anche di secoli successivi (valgano
talora decisi e severi, o dal suo aspetto imponente,
per tutti i suoi contributi su Cesare Beccaria, Karl
dominato da quel volto dai tratti forti ed espressivi
Marx, Benedetto Croce e Luigi Einaudi). La sua
che, come lui stesso ricordava quasi con piacere, lo
era una storia delle idee politiche che – pur nella
aveva fatto scambiare negli Stati Uniti nientemeno
sua consapevole autonomia – era costruita in
che per un famoso e omonimo pugile argentino.
costante e indispensabile rapporto con la storia
A pieno diritto e senza ombra di dubbio
delle idee in senso lato, ma in particolare con la
Firpo occupa un posto primario tra i grandi maestri
storia delle idee giuridiche, economiche e sociali,
della “Storia del pensiero politico”, e non solo per
senza dimenticare ovviamente l’apporto della
le sue ricerche, che gli diedero ben presto notorietà
•loso•a, della letteratura e della scienza.
nazionale e internazionale. Contribuì infatti in
A Campanella ha dedicato oltre 130
maniera decisiva alla de•nizione dell’ambito
pubblicazioni, che forse più di altre ci permettono
scienti•co e dell’autonomia disciplinare della
di capire la sua prospettiva teorica e metodologica.
“Storia delle dottrine politiche” nei confronti di
Non si stancava infatti di ribadire l’importanza
altri saperi caratterizzati da una più consolidata
imprescindibile di quel lavoro •lologico “oscuro
tradizione scienti•ca e accademica. Parimenti si
ma non arido”, di quella fatica “umile e ingrata”
batté con impegno negli organismi istituzionali e
sui manoscritti, sulle edizioni critiche dei testi, resi
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•nalmente af•dabili, sulle indispensabili ricerche
Rotterdam (1966), per citarne solo alcuni.
biogra•che e bibliogra•che. Solo radicando
Si assiste così ad un’incessante apertura
pienamente un autore nel suo tempo, nelle sue
di nuovi fronti strettamente connessi tra di loro,
vicissitudini umane, nei suoi studi e nelle sue
emblema di un rigore di ricerca e di un metodo
relazioni, diventava infatti possibile dar corpo
scienti•co padroneggiati con perizia sempre più
pienamente al suo pensiero e soprattutto evitare
consumata. Non a caso si affermò ben presto –
di fraintendere le sue idee. Ecco allora il carattere
malgrado le enormi dif•coltà degli anni di guerra
essenzialmente storico e •lologico della “sua” storia
e di immediato dopoguerra – come “lo studioso”
del pensiero politico; una ricostruzione che non si
del pensiero politico del Rinascimento e della
limita ovviamente al momento documentario, ma
Controriforma. Del resto, fu tra i primi a ricevere
che riesce a trovare in esso il supporto per quelle
l’autorizzazione a far ricerche presso l’Archivio
illuminanti pagine teoriche che hanno guidato una
dell’Inquisizione subito dopo la •ne della seconda
parte consistente della ricerca storico-politica della
guerra mondiale, quando l’Archivio era ancora
prima età moderna.
inaccessibile agli studiosi e vi tornò nell’ultimo
Dal 1939 al 1941 le pubblicazioni di
decennio di vita (di nuovo con un permesso
Firpo furono tutte su Campanella. Poi, sempre
straordinario visto che l’Archivio era ancora chiuso
sulla scia del calabrese, arrivano gli studi sugli
al pubblico) traendone documenti fondamentali.
“eretici” Giordano Bruno, Francesco Pucci (da
Fu indefesso promotore e direttore di
tempo compagni di malasorte) e sul piemontese
numerose collane e iniziative editoriali: primi
Giovanni Botero, teorico della ragion di Stato
fra tutti i “Classici del pensiero politico” e la
(“plagiato” da Campanella), sui quali scrisse
prestigiosa Storia delle idee politiche, economiche
quasi senza interruzione a partire dal 1948.
e sociali in 8 voll. (Torino, Utet). Oratore forbito
Thomas More con la sua Utopia entrò nel 1952
e •uente, ma anche brillante polemista e scrittore
nel novero dei pensatori particolarmente cari a
di raf•nata eleganza, collaborò a numerosi
Firpo e mai da lui abbandonati: un •lone utopico
quotidiani e periodici, in particolar modo a “La
affrontato sulla scia della Città del sole del
Stampa” (Torino). La preziosa e ricca biblioteca
calabrese. Nell’approfondimento delle tematiche
da lui creata con ostinate ricerche e passione
campanelliane e nella ricerca delle loro fonti,
di biblio•lo, è ora una struttura portante della
Firpo “incontrò” ovviamente numerosi altri
“Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul
personaggi e altri •loni di pensiero ai quali dedicò
pensiero politico”, nata a Torino nel 1989, che è
contributi ancor oggi di fondamentale importanza.
diventata un punto di riferimento e di incontro
Mi limito a citare quelli a lui più cari, continuando
nazionale e internazionale per gli studiosi, con i
ad elencarli nell’ordine del loro ingresso nella sua
suoi numerosi convegni e seminari, oltre che con
enorme produzione a stampa: Niccolò Machiavelli
le sue iniziative economiche volte a formare e
(1960), Galileo Galilei (1962), Leonardo da Vinci
valorizzare giovani studiosi.
(1962), Girolamo Savonarola (1963) ed Erasmo da
Enzo Baldini
13
I PROMESSI SPOSI
un romanzo politico?
I promessi sposi di Alessandro Manzoni
La storia, dunque, è dominata dalla
sono sempre stati giudicati e presentati come un
Provvidenza divina: a questo punto s’innesta il
romanzo storico, sia per l’ampia descrizione della
problema della libertà dell’uomo. Si è parlato
Lombardia nel Seicento sotto il dominio spagnolo,
persino del possibile “giansenismo” del Manzoni:
sia per la nefasta calata dei Lanzichenecchi,
secondo Giansenio, infatti, l’uomo si salva dal
soldati di ventura, pericolosi devastatori; sia per
peccato, solo con l’aiuto di Dio. Lucia doveva subire
la descrizione della pestilenza, che si scatenò nel
il rapimento, per essere la causa provvidenziale dei
1630, probabilmente
pentimenti della Monaca di
portata
da
Monza e dell’Innominato,
questi soldati sporchi
perché con la propria forza
e intemperanti. Da
spirituale non si sarebbero
sempre nelle storie
salvati.
proprio
della
Ma oggi si affaccia
letteratura
italiana si è giudicato
un’altra
questo romanzo come
il
appartenente al genere
probabilmente sotteso un
“storico”,
discorso
dal
dominato
concetto
di
ipotesi:
racconto
storico
politico.
dimentichiamo
sotto
è
Non
che
il
“Provvidenza”, frutto
Manzoni da giovanissimo
della conversione alla
visse con sua madre nel
religione cattolica dell’autore. Basterebbe citare la
1805 a Parigi, dove ancora si respiravano le idee
frase conclusiva del capitolo VIII, per non avere
illuministiche, che avevano costituito la base
alcun dubbio sulla concezione provvidenziale
culturale della Rivoluzione francese. A questo
della storia concepita dal Manzoni: “ Dio è per
punto vale la pena di fare alcune considerazioni.
tutto e non turba mai la gioia dei suoi •gli se non
per prepararne loro una più certa e più grande”.
14
Il Manzoni vuole raccontare, al di là della
storia d’amore di Renzo e Lucia, l’incidenza
del fattore politico in tutte le
della giustizia, che s’incrocia con
dimensioni e in tutti i meccanismi
quello della fame: Renzo viene
della vita pubblica. Anche la
arrestato come responsabile della
presenza dei cosiddetti “bravi”,
rivolta dei poveri contro la fame, che
sorta di guardia del corpo o di
spingerà il popolo al conseguente
milizia personale dei ricchi signori,
assalto ai forni. L’assalto ai forni
innesta un discorso politico che
è un gesto rivoluzionario, che al
evidenzia l’incapacità del governo
Manzoni piace raccontare, perché
a contrastare questi gruppi, che oggi
forse pensava alla presa della
de•niremmo paramilitari. Eppure
Bastiglia a Parigi, determinata
le leggi esistevano contro queste
dall’ira del popolo francese affamato
“guardie del corpo” non autorizzate ed erano rese
e dall’incoscienza dei regnanti del tempo. Celebre
note attraverso manifesti attaccati ai muri, dove si
la risposta che la regina Maria Antonietta fece a
speci•cava anche il divieto di portare il “ciuffo”,
chi le diceva che il popolo non aveva il pane: “Se
che copriva parte del viso e rendeva dif•cile
non hanno pane, che mangino delle brioches”.
l’identi•cazione di chi lo portava, così come oggi
Non dimentichiamo neppure i processi som-
i delinquenti mascherano il volto sia nelle rapine
mari contro gli “untori”, considerati responsabili
che nelle sommosse.
della pestilenza, mentre la terribile malattia era
Ricordiamo come viene affrontato il tema
stata portata in Italia dai Lanzichenecchi, milizie
15
mercenarie tedesche, tristemente famose per le devastazioni che lasciavano
nei territori da loro attraversati.
Ignoranza e superstizione dominano la situazione politica, nonostante
la lettera pastorale del cardinale Federigo Borromeo:
la diffusione della peste fu
il risultato dell’ignoranza
del popolo e della malafede di alcuni medici che
negavano la presenza della peste ma accettavano la
de•nizione di “febbri maligne”: una vera e propria
“trufferia di parole” come la de•nisce il Manzoni.
Quando poi la pestilenza fu accertata, i medici, per
giusti•care la loro ignoranza, sparsero la voce che
erano “arti vene•che, operazioni diaboliche, gente
congiurata a sparger la peste per mezzo di veleni
contagiosi”. Anche questa malafede da parte dei
medici è un attacco all’inef•cienza di chi coman-
a controllare il contagio, considerato non come
un’emergenza sanitaria, ma come un misterioso
male•cio, di cui le cosiddette “unzioni” erano la
prova.
Le “unzioni” erano costituite da una specie
di sostanza grassa e fangosa, che veniva spalmata
sulle porte delle case da probabili cattivi soggetti
che avevano interesse a diffondere la paura. Così,
invece che provvedere agli ammalati, si perdevano
dava.
Ma c’è anche una considerazione importante
da non trascurare: la processione, che fu richiesta
come gesto di pietà religiosa, in onore di San
Carlo, fu un errore gravissimo, perché moltiplicò
il contagio. Lo stesso Manzoni, uomo di fede, non
esita a condannarla. II giorno dopo la processione,
infatti,” la furia del contagio” andò crescendo.
16
Anche in questo caso il discorso è politico,
perché insiste sulla incapacità di chi governava
tempo ed energie alla caccia degli “untori”. Da
notare che la parola “untore”, che è accolta nel
vocabolario italiano, ha solo questo signi•cato a
perenne infamia di chi praticò in quell’epoca l’
“unzione “ delle porte e di altri oggetti per burla ,
per malvagità o per interesse.
Clara Rubbi
· STORIA ·
LA MAGNA CHARTA LIBERTATUM
A otto secoli dalla Costituzione Inglese
Un documento che può essere considerato il
primo passo sulla via della costituzione che nasce
in seguito ad una particolare situazione storica che
portò il re Giovanni Senza Terra, uomo crudele ed
egoista, ad abusare della legge feudale: Giovanni
Senza Terra per riconquistare i possedimenti dei
Plantageneti in Francia mosse una guerra contro il
regno di Francia, che •nanziò tramite una pesante
tassazione dei suoi baroni. La guerra ebbe un esito
negativo e questo comportò una prima rivolta
dei baroni, che ri•utarono, il 15 maggio 1215, la
fedeltà al re. I baroni in armi che la estorsero a
re Giovanni a Runnymede non erano uomini di
particolare valore, ma il loro alleato, l’arcivescovo
E’ il 15 giugno del 1215 quando in
Stephen Langton, possedeva una grande nobiltà
Inghilterra viene promulgata presso Runnymede,
d’animo e d’intelletto. E’ necessario ricordare che
un bel prato lungo il •ume Tamigi, nella contea di
il suo appoggio alla causa costituzionale era in
Surrey, la “Magna Charta Libertatum”, - chiamata
contrasto coi desideri del grande papa Innocenzo
magna per non confonderla con un provvedimento
III che aveva dichiarato la “Magna Charta”
minore, una carta emanata proprio in quegli anni
priva di qualsiasi validità. A Runnymede, il 15
per regolamentare i diritti di caccia - scritta in
giugno, si tenne l’incontro con i baroni ribelli e
latino con cui il re d’Inghilterra Giovanni Senza
il re Giovanni si vide costretto, in cambio della
Terra riconobbe i diritti dei feudatari, della Chiesa,
rinnovata obbedienza, a fare alcune concessioni.
delle città inglesi.
Il documento è composto da una introduzione
17
e da ben 63 articoli, in cui emergono l’“Habeas
Corpus”, (Abbi il tuo corpo. Cioè la garanzia per
tutti gli uomini liberi di non essere imprigionati
senza subire un processo), il legame tra tassazione
e il concetto di rappresentanza nonchè il diritto
dei cittadini ad opporsi al potere nel caso
diventasse oppressivo. La “Magna Charta”
regolamentava anche la legge consuetudinaria,
detta della”foresta”, che aboliva i demani regi e le
multe elevate ai trasgressori. In più, il documento,
in materia economica, concedeva a tutti i mercanti,
tranne quelli provenienti da paesi in guerra con
il re, il diritto gratuito di ingresso e di uscita dal
Paese. Va sottolineata come la resistenza feudale
dei baroni alle pretese della Corona, si mutò a
generalmente in primo piano, rimase invece
poco a poco in resistenza di ordine costituzionale
relegata sullo sfondo della scena nei secoli
che coinvolse tutti gli altri strati di cittadini liberi
XIV e XV quando nella mente degli uomini il
termine che nel 1215 era di portata modesta, ma,
Parlamento tenne il posto occupato dalla “Charta”,
grazie all’evoluzione economica e giuridica dei
e soprattutto ai tempi dei Tudor poichè sottolineava
tre secoli successivi, giunse a comprendere tutti i
la discordanza di interessi fra il principe e il popolo.
discendenti di ogni servo della gleba e a rendere
Il “Re Giovanni” di Shakespeare dimostra che
tutti gli inglesi “liberi” di fronte alla legge, e
l’autore poco conosceva della “Magna Charta”,
durante il regno di Giovanni ma soprattutto del
pur trattando la tragedia della deposizione e della
suo successore Enrico III, laddove si cominciò a
morte di Riccardo II Ma con gli Stuart, quando
formulare in modo più preciso il concetto della
il principe e il popolo di nuovo si trovarono
legge come qualcosa che appariva dotato di vita
impegnati in campi opposti, riprese tutta la sua
propria, distinto dal regio. Qualche cosa al di sopra
importanza. Venerata nel XVIII secolo, l’epoca
del re, mediante il quale egli deve governare.
della libertà privilegiata, fu considerata il simbolo
Durante i secoli la “Magna Charta”,
18
che raccoglieva in sintesi la spirito di tutta quanta
la costituzione. Anche l’America insorse in suo
ne certi•cava la validità. Sull’originale del 1215
nome, e nella celebrazione di questi princìpi ricerca
non c’erano •rme e nemmeno i sigilli dei singoli
tuttora l’af•nità spirituale con il popolo inglese.
baroni che avevano ottenuto le concessioni da
Toccò alla nostra epoca di studiarla sotto l’aspetto
Giovanni. Concludendo, a coloro che ancor oggi
di documento storico, senza mai dimenticare che
affermano che l’importanza della “Magna Charta”
la sua importanza storica non consiste soltanto
è stata forse esagerata, é suf•ciente ricordare
in quello che gli uomini del 1215 intendevano
le clausole 39 e 40, che stabiliscono il principio
affermare con le sue clausole, ma nell’effetto che
fondamentale di quello che oggi chiamiamo lo
essa ha determinato sui loro discendenti.
Stato di diritto, perché essa possa proclamarsi uno
La “Magna Charta” fu riprodotta in
dei pilastri della democrazia mondiale:”nessuno,
numerose copie, alcune delle quali risalenti al 1215
nemmeno il re, è al di sopra delle leggi”, alla
sono arrivate •no ai giorni nostri, Quattro sono
quale segue la concessione dei diritti individuali
i manoscritti originali sopravvissuti, quest’anno
fondamentali, tra cui quello al giusto processo.”
esposti alla “British Library” a Londra. I documenti
erano scritti in latino a mano, utilizzando penna
d’oca su pergamena e avevano il sigillo reale, che
“A
nessuno
venderemo,
negheremo,
differiremo a ri•uteremo il diritto o la giustizia.”
Silvana Canevelli
19
TRE CONFINI DENTRO UN LAGO
Il lago di Costanza è situato nella zona
centrale dell’Europa, racchiuso tra Svizzera,
Germania e Austria.
Lo specchio d’acqua si estende su una
super•cie di 539 chilometri quadrati, la quale è
suddivisa tra le citate nazioni.
Ciascun settore, per effetto delle norme di
diritto internazionale, fa parte delle acque interne
del proprio stato.
Il frazionamento, così come evidenziato
nella seguente piantina, non è stato eseguito in
parti uguali, bensì in maniera proporzionata alla
lunghezza dei rispettivi litorali che si affacciano
sul lago.
Si tratta di un bacino di origine glaciale
formato dal Reno, la cui sorgente si trova nelle
Alpi svizzere.
Il •ume, prima di entrare nel lago in
prossimità di Schaffhausen, forma una cascata alta
20 metri e larga 150 la quale prende il nome della
stessa città elvetica.
La navigazione sul lago è regolata da
apposita Convenzione stipulata il 22 settembre
1867 dai menzionati tre stati con•nanti. Il trattato
è stato aggiornato in data 1 giugno 1973.
Intorno al lago si sono veri•cati, nel tempo,
numerosi avvenimenti di particolare rilievo
storico. In quest’articolo ne vogliamo ricordare
alcuni assieme ai relativi protagonisti.
La priorità compete, per il doveroso rispetto
nei confronti di Alessandro Manzoni, alla poesia Il
cinque maggio scritta per commemorare il decesso
20
di Napoleone avvenuto nel 1821.
In tale opera il celebre scrittore milanese
citò il •ume Reno, allo scopo di ricordare le
campagne militari combattute da Bonaparte contro
la Germania dal 1805 al 1813.
La Svevia è una regione che si affaccia sul
lago di Costanza e il suo nome deriva dall’omonima
città fondata dai Romani nel IV secolo d. C. Adesso,
il territorio fa parte del Land della Baviera, ossia
uno dei 16 stati federali della Germania.
Il territorio divenne un ducato e nel 1079
fu assegnato al casato degli Hohenstaufen, che
lo detennero per circa due secoli •no alla loro
estinzione.
Era una famiglia tedesca che, con tutta
probabilità, prese il nome dal castello che il
capostipite Federico di Buren fece costruire nella
regione di Wurttemberg nel 1070.
La dinastia divenne potente sotto Federico I,
conosciuto anche con il soprannome di Barbarossa.
Fu un vero e proprio protagonista della storia
medioevale, in modo particolare di quella italiana.
La sua scalata al potere fu molto rapida. Nel 1147
divenne duca di Svevia a soli 25 anni. Da quel
momento il ramo fu detto anche casa di Svevia.
Incoronato re di Germania nel 1152 adottò, •n
dall’inizio, una politica di grande conciliazione nei
confronti dei maggiori feudatari tedeschi.
La sua intenzione era di rafforzare sempre di
più il proprio dominio.
Riuscì nel suo intento utilizzando scaltrezza
mista a una buona dose sia di audacia che di
spregiudicatezza.
Tre anni dopo, infatti, fu proclamato
Imperatore del Sacro Romano Impero.
All’età di 33 anni ebbe quindi il comando
assoluto su un vasto territorio, dove viveva una
moltitudine di persone.
Scese in Italia con l’esercito allo scopo di
affermare la sua egemonia sui liberi comuni e sul
papato.
Tuttavia, Federico rimase sempre saldamente
legato alla sua terra di origine, ossia la Svevia.
I diversi interventi militari imperiali contro
le varie alleanze dei comuni italiani fallirono. Visto
il modesto esito dell’azione bellica, con abilità
Barbarossa convocò gli avversari a Costanza nel
1183 per stipulare la pace.
Il trattato passò alla storia con il nome
della stessa città. L’imperatore intuì la necessità
di cambiare metodo. Preparò quindi l’espansione
verso l’Italia con il matrimonio del •glio Enrico
IV con Costanza d’Altavilla, •glia di Ruggero II
re di Sicilia.
Da precisare che non esiste alcun riferimento
tra il lago di che trattasi e il nome della regina,
perché la sua famiglia era di origine normanna.
Dante Alighieri trattò con riguardo questa
sovrana, madre dell’imperatore Federico II di
Hohenstaufen.
Infatti, nella Divina Commedia il poeta
raccontò d’aver incontrato la sua anima in
Paradiso.
Un altro grande evento da ricordare è
il concilio ecumenico convocato a Costanza
dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo
nel 1414. Lo scopo principale del congresso dei
vescovi era di porre •ne allo scisma religioso
d’Occidente in atto.
La frattura si era creata a seguito del
trasferimento della sede del ponte•ce a Roma, la
quale era rimasta per lungo tempo ad Avignone.
Come se tutto ciò non bastasse, la
situazione era resa ancor più confusa a causa della
contemporanea presenza di tre papi.
Il concilio fu intransigente nei confronti
dei dissidenti. Decise che le opinioni contrarie al
papato manifestate dall’inglese John Wycliffe e
dal boemo Jan Hus fossero delle eresie.
Conseguentemente li condannò entrambi al
rogo per grave sacrilegio.
Da tener presente che Wycliffe era deceduto
addirittura nel 1384, pertanto furono esumati i suoi
resti e bruciati assieme ai libri che aveva scritto.
Per il boemo, invece, le cose andarono male
perché era presente ai fatti.
Accusato di eresia Hus ri•utò di abiurare.
Fu pertanto incatenato, trascinato sulla
catasta di legna e gettato alle •amme.
I lavori del concilio durarono quattro anni e,
al termine, fu eletto papa Martino V.
Proseguiamo il racconto e passiamo al XX
secolo per ricordare Ferdinand von Zeppelin
(1838-1917).
Era nato a Costanza da una nobile e agiata
famiglia tedesca.
Completati gli studi d’ingegneria assunse
il comando della fabbrica della famiglia, la quale
si trovava a Friedrichshafen, una località tedesca
situata sul lago.
Ai nostri giorni la città è un importante centro
turistico e fa parte del Land Baden-Wurttemberg.
In tale sito industriale Zeppelin, all’inizio
del secolo scorso, progettò e realizzò un areostato
a cui diede il proprio nome. Era un apparecchio,
meglio conosciuto con il nome di dirigibile, di
forma affusolata, munito di apparato propulsore e
dei relativi organi di manovra. Le strutture portanti
erano costituite da un’armatura metallica in lega
leggera.
Le prove funzionali del dirigibile furono
eseguite sul cielo soprastante il lago di Costanza.
E’ un luogo comune credere che il pallone
che consentiva al dirigibile di volare fosse riempito
di idrogeno, perché il progettista ignorava l’alto
potere in•ammabile di tale elemento. La realtà è
differente.
Zeppelin, consapevole del rischio incendio,
aveva previsto l’utilizzo di elio, proprio perché è
un gas con basso potere combustibile.
Tuttavia, a seguito di un embargo disposto
dagli Stati Uniti nei confronti della Germania
nazista, divenne dif•cile trovare rilevanti quantità
di elio.
Per questo motivo i costruttori che
proseguirono la realizzazione del dirigibile,
vent’anni dopo il decesso dell’inventore
impiegarono l’idrogeno anziché l’elio.
Lo fecero in piena coscienza e il risultato è
ben noto a tutti.
Il 6 maggio 1937 un pauroso incendio
distrusse il dirigibile in pochi minuti.
Nessuna delle persone che si trovavano a
bordo riuscì a salvarsi.
La storia del dirigibile •nì quel giorno a
Lakehurs, città del New Jersey (USA).
Terminiamo queste note storiche
per
ricordare Eugenio Montale (1896-1981) premio
Nobel per la letteratura del 1975.
Il poeta genovese dedicò una poesia a Lindau,
città della Baviera che si trova su un’isola del lago
di Costanza, la quale é collegata alla terraferma
tramite un ponte.
Franco Stefano Gazzo
21
GLI AUTIERI: la loro storia
sono
il più rapidamente possibile
i Soldati che prestano
truppe e munizionamenti
servizio
sugli Altipiani di Asiago.
Gli
Autieri
nell’Arma
Trasporti
e
dei
Così
Materiali
in
soli
giorni,
Italiano, che ha ereditato
maggio, gli Autieri con
le tradizioni del Corpo
circa
Automobilistico
FIAT 18 BL, formarono
conservandone il nome e
lunghe
le mostrine nero/blu.
guidando giorno e notte,
Facciamo un passo
indietro nel tempo; già nei
Autocarro FIAT 18 BT: impiegato nella guerra 1915-1918
dal
19
quattro
(TRA.MAT.) dell’Esercito
1000
al
22
autocarri
autocolonne
e,
trasportarono oltre 100.000
uomini e equipaggiamenti,
primi anni del ‘900,veniva formato un Corpo di
percorrendo distanze che variavano da 200 a 300
Volontari Ciclisti e Automobilisti, che pur essendo
Km. Questo episodio viene tutt’ora ricordato come
civili, potesse essere immediatamente impiegato
la Battaglia degli Altipiani.
in tempo di guerra. E’ in Libia durante la Guerra
Il 22 maggio di ogni anno si celebra la Festa
Italo/ Turca (1911-1912), che si capì l’importanza
degli Autieri, il loro motto è “FERVENT ROTAE
dell’ autotrasporto militare, costituendo il primo
FERVENT ANIMI”.
Servizio Automobilistico che impiegava gli
Sono presenti in tutto il mondo nelle missioni
di pace e nelle operazioni di soccorso delle
autocarri FIAT 15 TER .
Ma fu durante la Prima
Guerra Mondiale che gli Autieri
si resero protagonisti in un’epica
popolazioni colpite da calamità
naturali.
A
Genova
la
prima
costituzione di un “Gruppo di
impresa.
Nell’ inverno del 1916 il
Autieri in Congedo” risale al
Gen. Conrad von Hotzendorf
1938, ed è la prima grande città
piani•cava la StrafeExpedition
d’Italia a intitolare loro un’area
(spedizione
che
cittadina “LARGO AUTIERI D’
avrebbe sferrato contro l’Italia
ITALIA”. Presso il Cimitero di
a metà maggio di quell’anno.
Staglieno ci sono due signi•cativi
Il Comando Supremo Italiano
monumenti uno in Memoria dei
per
impedire
agli
Ciclisti e Automobilisti, l’altro
di
riversarsi
nella
punitiva)
Austriaci
pianura
vicentina, decise di fare af•uire
22
degli Autieri.
Marcello Del•no
Anna Bolena salì al trono e discese al patibolo
IL DISSIDIO
DI SFRENATE AMBIZIONI CAMBIÒ
IL VOLTO DELL’INGHILTERRA
Siamo alla •ne del Quattrocento e una
trono e vedova. Caterina, una donna austera,
dinastia gallese, i Tudor, ha ormai saldo in mano
vestita sempre di nero, con intorno sempre dame
il potere di un regno conteso da due famiglie in
spagnole, tediosa, rigida, bigotta, non certo una
una lotta sanguinosa detta delle Due Rose. Al
moglie ideale per un giovane che aveva ben altre
trono era salito un ventenne bellissimo, forte,
aspirazioni amorose. Eppoi una moglie che, avuta
artista, elegante, teologo, musico, Enrico VIII, che
una •glia (Mary, la futura “Bloody Mary”), non
la Chiesa di Roma, con Clemente VII sul soglio
poteva dargli un maschio per la successione.
ponti•cio, non aveva esitato a de•nirlo “Defensor
E qui entra in scena una famiglia, i Bolena,
non nobile ma facoltosa e di provetti
arrampicatori sociali, con un padre
che riuscirà a farsi sentire a Corte
•no a diventare diplomatico, grazie
anche al fascino di una •glia, Anna,
ambiziosa e spregiudicata. Salendo
intraprendenti da non grandi fortune,
i Bolena abitavano in un minuscolo
maniero nel Kent, chiamato Hever,
circondato da prati erbosi ondulati e
folti gruppi di alberi con le anatre che
scivolavano sull’acqua del fossato
e le pecore che brucavano sui vicini
Fidei” per il suo vigoroso impegno a lanciarsi
pendii. Anna aveva una cameretta ubicata in un’ala
contro Lutero e tutti gli altri scismi continentali
del maniero, suf•ciente appena a contenere il letto.
che mettevano a mal partito la Chiesa, già dolente
Ma venne il giorno che da quell’umile origine si
per i Turchi alle porte di Vienna e per l’incombente
lanciò a conquistare il mondo.
sacco di Roma delle soldataglie di Carlo V.
Alta, slanciata, bruna, grandi occhi neri, bocca
Il fratello, re Arturo, aveva sposato Caterina
sensuale, braccia e mani bellissime. Quindicenne,
d’Aragona, zia dell’imperatore di Spagna, che
era una giovinetta squisita che rimase due anni in
ben presto muore lasciando a Enrico per eredità
Francia alla Corte di Margherita di Navarra dove
23
apprese subito le arti della seduzione riscuotendo
non poteva concederle perché al divorzio si
dubbia fama e, collaudata dalle molte esperienze,
opponeva l’imperatore di Spagna e, ovviamente,
si accese di in•nite ambizioni.
il Papato che non poteva che adeguarsi ai voleri
Tornata a Londra, venne mandata dagli
assidui genitori a Corte dove il re non tarda a
della maggiore potenza del tempo. E Caterina era
la zia di Carlo V.
notarla nelle feste nel castello di Battersea e nei
Spinto anche da consumati legulei e da
balli mascherati. Enrico VIII non era più quel
ministri cavillosi, il re, dispotico e passionale
giovane adarmantino degli anni venti ma un
per natura, ruppe gli indugi e, con essi, i vincoli
dongiovanni senza scrupoli con tutte le alcove a
col mondo cattolico. E fu lo scisma anglicano,
suo libito, pronto a ripudiare una moglie legittima
una transazione fra Cattolicesimo e Riforma col
per l’infatuazione per una giovinetta, a suo dire,
mestatore Cranmer ad arcivescovo di Canterburv
dalla bellezza strabiliante che sapeva ben simulare
e il sovrano capo supremo della Chiesa e del clero
le arti di un’astuzia sopraf•na.
inglesi.
Anna apparve a Corte in una veste di velluto
Piena vittoria per Anna che, esultante, sale
azzurro ricamata d’argento, con una giacca nera
sul trono d’ Inghilterra e assume la residenza a
di damasco guarnita di vaio. Dalle maniche a
Hampton Court, un imponente palazzo non lontano
sbuffo si intravvedevano nude le braccia perfette;
da Londra che aveva fatto costruire il cardinale
sul capo, un berretto di velluto scuro contornato
Wolsey. Le stanze, alte e sontuose, avevano
di spille d’oro, disposte ad aureola. Una perfetta
bellissimi sof•tti dipinti, le •nestre di vetri colorati,
damigella tutta sguardi e sorrisi, languori,
grandi arazzi con ricchi disegni alle pareti, un’ala
schermaglie e ammiccamenti. Una donna d’amore,
destinata alle cucine in grado di servire centinaia
si sarebbe detto, un boccone prelibato per l’ingordo
di invitati, giardini lussureggianti, gorgoni e
monarca. Tutt’altro: non già una personcina di
statue, bandiere e vessilli multicolori e cortili dove
facili costumi ma
con•uivano scudieri,
una cortigiana tutta
paggi,
apparenza dietro la
giocolieri,
quale si nascondeva
dignitari stranieri.
u n ’ a s t u t a
domestici,
araldi,
Ma
quali
calcolatrice; un osso
prospettive per un
immangiabile per gli
Paese che si era
insaziabili
trovato “ex abrupto”
di
appetiti
Enrico;
giovane
arrivista,
determinata
perseguire
una
a
i
suoi
a
voltar
pagina
nella sua storia? La
cupidigia
intanto,
faceva la sua parte.
scopi: il matrimonio
Avocate
e la corona. Quanto
tutte
purtroppo il sovrano
ricchezze, proprietà,
24
le
al
regno
notevoli
istituzioni del Papato, abbazie, ordini religiosi,
la resa dei conti; si apre inevitabile la discesa.
beni ecclesiastici, una nuova classe dominante
Qualche ruga, un po’ s•orita, non è più nei sogni
si getta senza ritegno a impossessarsi di quei
del monarca al quale ha dato una •glia, Elisabetta
beni cospicui e, ovviamente, dai vistosi vantaggi
(quella che sarà la grande Elisabetta), ma neppure
ottenuti si trova impegnata a sostenere la causa
un maschio. Enrico s’inacerbisce con gli anni, è
scismatica del sovrano.
stanco di lei e ha già negli occhi l’esangue Jane
L’anglicanesimo, però, si nutriva di altri
Seymour, sempre pronti i suoi giureconsulti e
elementi antipapisti. Ne era stato vittima Thomas
faccendieri a manovrare tra Francia e Spagna
Becket, trucidato per non essersi piegato a cieca
per gli accordi più opportuni e convenienti e a
obbedienza alla politica e, proprio nel tempo di
preparare un “dossier” di false testimonianze per
Enrico, Thomas More, uomo di raro ingegno e
liberare Enrico dall’ormai inutile moglie. Anna
immensa dottrina, che il re aveva elevato ai vertici
viene accusata di adulterio, processata e decapitata
dello Stato ma che, incrollabile ai suoi principi
su di un ceppo nei giardini della Torre. Non ha
morali e alla sua coscienza, una volta coinvolto
miglior sorte Jane Seymour che muore di parto.
nella controversia istituzionale, non approva il
L’intramontabile Enrico avrà altre concubine
ripudio di Caterina e la regalità di Anna che, da
come Anna di Clèves (ripudiata). Caterina Howard
buona avventuriera, si associa subito a Enrico nel
(giustiziata perché fedifraga) e Caterina Parr (che
girare pollice verso al Primate. Ri•utandosi di
gli sopravviverà).
giurare, More si dimette. Arrestato, processato,
Il sovrano avrà altri successori della dinastia
entra nella Torre dalla fatidica “Traitor Gate” e vi
Tudor: Edoardo VI, •glio di Jane, Maria la
rimane prigioniero a lungo, •n quando subisce la
Cattolica, •glia di Caterina, ed Elisabetta, •glia
decapitazione a Tyburn, l’attuale Oxford Street.
di Anna Bolena. Scomparso nel 1547. seguì un
C’è da aggiungere che l’Anglicanesimo era
travagliato periodo di terrore, lotte, odii, sangue
anche alle radici dello spirito popolare teso a una,
ma si illumineranno anche gli splendori dell’età
per così dire, autonomia religiosa, avversa quindi
elisabettiana, dovizia storica di poesia, arte e teatro
alla soggezione romana.
shakespeariano.
Per Anna, come per tutti i grandi, viene
Giorgio Spina
25
· AT T U A L I T À ·
L’ENCICLICA VERDE
DI PAPA FRANCESCO
“Laudato si”. Già il titolo dell’enciclica
senso teocentrico. E’ dovere dell’uomo, fatto a
segnala, nel nome di Francesco, la volontà di
immagine e somiglianza di Dio, guardare al creato
collegare le istanze ecologiche all’orizzonte
come dono da salvaguardare, anziché come risorsa
cristiano. Il “Cantico delle creature” può infatti
da sfruttare.
considerarsi una delle prime esperienze vissute
Quella che potrebbe chiamarsi la “s•da” di
della teologia ecologica e cosmica, un canto
papa Francesco sta proprio, infatti, nel superamento
che ha toccato Teilhard de Chardin e Gandhi e
di quella concezione antropocentrica, di matrice
ha ispirato la coscienza dei
stoica,
gruppi cristiani ambientalisti
chiave dell’uomo dominatore
e paci•sti. L’ecologia nasce
dell’universo ha posto le basi
infatti spontanea in Francesco
per una lettura della Bibbia in cui
dal rapporto di comunione col
egli campeggia come assoluto
creato e sembra riprendere
protagonista e giusti•ca l’idea
qualcosa del lessico che ci fu
che la natura esista solo per la
all’origine tra Adamo e tutti
sua utilità e il suo piacere. Ci
i
sono, come è noto, due possibili
viventi,
evidenziando
la
in
cui
il
concetto
dimensione dell’alleanza, del
interpretazioni
patto per vivere e per convivere.
Testamento
riguardo
al
In tal modo, si veri•ca un
concetto
di
“dominio”:
la
fondamentale cambiamento nel
prima
vede
nell’uomo
un
modo di concepire la natura:
sovrano assoluto che governa
non più una realtà sentita come
dell’Antico
sul mondo a lui destinato da
estranea e nemica ma una creatura di Dio ridivenuta
Dio per trarne pro•tto; la seconda ritiene che
‘sorella’. Per questa via diviene possibile per il
l’uomo debba prendersi cura del creato come un
cristiano riconoscere una “sacralità” della natura
“ministro” incaricato di mantenere quel regno di
– ben diversa dalla divinizzazione pagana del
pace e di giustizia che è l’ordine stesso voluto da
cosmo – e quindi fondare un’etica del rispetto che
Dio. L’enciclica accoglie pienamente la seconda
faccia appello ad una responsabilità da viversi in
interpretazione e, in tal senso, può considerarsi
26
come una tappa essenziale, nel panorama
del pensiero cristiano, del lungo cammino
che conduce ad un’etica della responsabilità
verso la natura e del processo di revisione
critica che attraversa l’odierna ri•essione
teologica. Vi si de•niscono le categorie
fondative di un nuovo rapporto davvero
‘teocentrico’ con la natura in cui il creato
viene inteso come la comunione degli esseri
viventi dotati di un certo ordine e di una data
articolazione ma la cui signoria spetta solo a
Dio. L’interpretazione del primato dell’uomo
si svolge dunque nel senso della sua speciale
responsabilità per la salvaguardia del creato:
se l’uomo rivendica, come sua caratteristica
peculiare, la capacità di agire moralmente,
deve darne concreta testimonianza, non
comportandosi come predatore tra i predatori
ma rivestendo un ruolo ministeriale, quello appunto
di custode. Ne deriva, del tutto conseguentemente,
l’adozione del paradigma etico della “cura” che fa
riferimento, da un lato, alla vulnerabilità di tutti gli
esseri viventi e, dall’altro, al suo potere di specie
vincente per sollecitare una risposta di solidarietà.
In tal modo, la signoria sulla creazione
può tradursi in custodia della creazione. La
responsabilità umana si con•gura dunque come
responsabilità verso l’intero ecosistema e lo stesso
“bene comune” non può non includere quello della
comunità di vita della terra.
Ma
l’elemento
che ne regge l’impianto complessivo è quella di
un’ecologia integrale in grado di abbracciare tutte
le dimensioni della vita umana. Sorprendenti per
la loro radicalità sono alcune tesi dell’enciclica
verde. Tra queste l’invito a considerare altri modi
di intendere l’economia, la condanna della “cultura
dello scarto”, la proposta di nuovi stili di vita
ecocompatibili, l’affermazione dei “beni comuni”
- a partire dall’acqua e dal clima - come diritti
umani essenziali, il richiamo al debito ecologico
tra il nord e il sud del mondo, la denuncia della
sottomissione della politica alla tecnologia e alla
•nanza, testimoniata dal fallimento dei vertici sul
clima. Affermazioni forti, destinate a suscitare,
veramente
nuovo
rappresentato dall’enciclica è la forte saldatura tra
come già sta avvenendo, aspre reazioni negli
ambienti più conservatori. In tal modo, la s•da
il piano teologico e quello politico. L’idea di fondo
27
teologica di Bergoglio si è trasformata in una s•da
Sembra dunque di poter affermare che il
politica destinata ad avere ampie ripercussioni sul
tema della responsabilità umana stia emergendo
piano internazionale.
sia all’interno di un’etica laica che religiosa. Tale
Non a caso, per il suo signi•cato epocale,
rilievo non deve stupirci troppo. Codici morali
l’enciclica è stata paragonata alla “Rerum
di ispirazione divina o fondati su una delle tante
Novarum’ di Leone XIII dal momento che, in
etiche laiche – dall’utilitarismo al giusnaturalismo
effetti, la questione ecologica assume oggi la stessa
al kantismo – possono contenere precetti simili
rilevanza che nell’800 aveva assunto la questione
e comportare analoghi riconoscimenti di doveri.
sociale. Se già in altre encicliche – in particolare
Mutano, ovviamente, nel passaggio tra le due etiche,
“Redemptor hominis” – si segnalavano i pericoli
i fondamenti delle obbligazioni – l’appello alla
di un’alienazione dell’uomo dalla natura a causa
volontà del Creatore viene sostituito dall’appello
di uno sfruttamento della Terra non inquadrato in
all’utile, alla natura, alla ragione – ma ciò che conta
un piano strettamente umanistico, in questa appare
è che, nella diversità dei presupposti teorici, si può
pienamente compiuta la saldatura tra ecologia
rintracciare un minimo comun denominatore etico.
naturale ed ecologia umana. L’ecologia, nel suo
Anche in questo si può riconoscere un merito non
signi•cato etimologico di “scienza della casa”, ci
piccolo dell’enciclica di papa Francesco.
ricorda che abitiamo una comune dimora.
28
Luisella Battaglia
LA RIFORMA DEL SISTEMA
MUSEALE ITALIANO
UN TAGLIO NETTO CON IL PASSATO
Quando, nel 1939, vennero creati in Italia
per •nalità di educazione e di studio”. Lo Stato
nuovi uf•ci territoriali per la tutela e conservazione
assicura la “fruizione” dei beni conservati nei
delle cose di interesse artistico e storico, il nome ad
musei (art. 102) intendendosi per fruizione -che è
essi attribuito fu “Soprintendenze alle Gallerie”:
uno dei •ni dell’attività di valorizzazione- il loro
questo perché proprio le gallerie d’arte (quelle
godimento da parte della collettività.
dello Stato, tra grandi e piccole, sono in Italia
Dal punto di vista amministrativo, la riforma
più di quattrocento") sono i luoghi di maggiore
del 1939 aveva sancito la dipendenza dei musei
concentrazione di beni culturali a testimonianza di
di pertinenza statale dalle soprintendenze per la
una secolare tradizione di collezionismo a cui la
speci•ca competenza attribuita a queste ultime di
loro storia è strettamente collegata.
vigilare con uguali criteri su “tutto” il patrimonio
Le •nalità da sempre riconosciute alle
(compreso, quindi,
quello museale) dovunque
istituzioni museali sono la conservazione, la
distribuito e comunque posseduto. Un principio
documentazione e l’educazione: concetti, questi,
di dipendenza, nell’unione, nuovamente affermato
ribaditi nel codice dei beni culturali del 2004 -il
quando, negli anni settanta del Novecento (cioè
cosiddetto codice Urbani- nel quale (titolo II, sez.
dopo l’istituzione del ministero per i beni culturali)
I) i musei, insieme alle biblioteche, agli archivi, alle
verranno create, con compiti di consulenza
aree archeologiche, ai complessi monumentali e ai
anche territoriale, le “soprintendenze speciali”
parchi, sono de•niti “luoghi di cultura” ed intesi
per l’egittologia, la preistoria, l’etnologia, le arti
come “strutture permanenti che acquisiscono,
popolari e l’arte moderna
conservano, ordinano ed espongono beni culturali
presso il museo egizio di Torino, il museo Pigorini
con rispettiva sede
di Roma e la galleria nazionale d’arte moderna.
Nel corso del secondo Novecento, con
il moltiplicarsi, sul territorio, dei compiti
istituzionali delle soprintendenze (un aggravio
principalmente dovuto ad una maturazione
del concetto di “bene culturale” e ad una
conseguente ampli•cazione del lavoro di
tutela) la gestione dei musei è diventata uno
degli innumerevoli impegni del dirigente di
quegli uf•ci, da cui la prassi di af•dare ad
uno degli storici dell’arte in organico (o degli
archeologhi, nel caso dei musei archeologici)
29
la cura ordinaria dei complessi museali di
l’impegno per un “restauro funzionale” dei
competenza e l’attuazione dei progetti culturali e
musei
di valorizzazione elaborati congiuntamente (anche
Ronchey, Paolucci e Urbani e la creazione delle
io molto tempo fa, con questa delega, ho diretto qui
soprintendenze speciali per il polo museale romano,
a Genova la galleria nazionale di palazzo Spinola
•orentino, veneziano e di Napoli. Si deve quindi
per af•darne poi la direzione, una volta diventata
al decisionismo dell’attuale ministro dei beni e
soprintendente, ad una mia collaboratrice"). E’
delle attività culturali e del turismo Franceschini
del resto emblematico che le soprintendenze alle
(che per singolare combinazione è omonimo, nel
gallerie cambino nome per diventare, dal 1974,
cognome, di chi sostenne per primo la necessità
soprintendenze ai beni artistici e storici"
di cambiamento") la promozione di una riforma
E’ più o meno questo il momento in cui,
nel mondo della cultura italiana, comincia
ad
dimostrato
soprattutto
dai
ministri
che, spezzando una unità di tutela storicamente
consolidata, rende de•nitivamente autonomi dalle
essere sentita la necessità di rendere più ef•ciente
soprintendenze i musei dotandoli di un proprio
il sistema delle pubbliche collezioni attraverso
bilancio e di un proprio statuto.
il riconoscimento de iure di una maggiore
Brevemente i capisaldi del decreto sono:
indipendenza gestionale, operativa e •nanziaria.
1) La suddivisione dei musei in due gruppi
La prima proposta in questo senso era già
(ha fatto testo la dichiarazione LXXIII "), il primo
documento uf•ciale: è pubblicata infatti nel 1967
composto da venti musei (sette di prima fascia,
nella relazione conclusiva della commissione
diretti da dirigenti generali, tredici di seconda
di indagine per la tutela e la valorizzazione del
fascia, diretti da dirigenti non generali); il secondo
patrimonio storico, archeologico, artistico e del
da tutti gli altri con l’aggiunta di alcuni “istituti e
paesaggio (istituita nel 1964 con legge dello Stato e
luoghi della cultura”: insieme danno vita ai poli
nota come commissione Franceschini dal cognome
museali regionali.
del suo presidente). Nella dichiarazione LXXIII,
2) La dirigenza dei venti musei del primo
dedicata ai musei, dopo il riconoscimento della
gruppo attribuita attraverso selezione pubblica
loro importanza primaria “sia per la conservazione
a titoli e colloquio (già attuata; i vincitori - tutti,
e lo studio dei beni archeologici, artistici e storici,
tranne uno, di provenienza esterna al ministero
sia per la vita culturale della Nazione”, è ravvisata
- sono dieci uomini e dieci donne, di cui sette
la necessità di assicurare la loro autosuf•cienza per
stranieri e quattro italiani tornati dall’estero.
ciò che concerne i servizi essenziali e il personale
3) La dirigenza dei poli regionali attribuita
quali•cato con un’unica indicazione di carattere
attraverso una selezione tra i funzionari del
organizzativo e cioè
che i musei dello Stato
ministero, a parte i poli delle Marche, dell’Umbria
saranno “da distinguere in due gruppi. I minori
e della Liguria già af•dati ad un dirigente non
direttamente amministrati dalle soprintendenze e
generale di cui al paragrafo 2.
i maggiori amministrati da uf•ci autonomi delle
soprintendenze”.
La complessa struttura organizzativa messa
a punto dal ministero per il funzionamento del
Per i successivi cinquant’anni questa
nuovo sistema museale è oggi in fase di pre-
dichiarazione non ha avuto seguito, malgrado
rodaggio, visto che l’attuazione del progetto è
30
appena iniziata. Non è quindi possibile prevedere
compaiono complessi monumentali come il
a quali dinamiche gestionali e a quante dif•coltà
castello di S. Terenzio a Lerici, le fortezze
di realizzazione la riforma andrà incontro, quali
Firmafede e di Castruccio Castracani a Sarzana,
saranno gli esiti di valenza culturale e, cosa che sta
il forte di S. Giovanni a Finale Ligure, il forte di
molto a cuore al ministro, turistica" Mi soffermo
S.Tecla a Sanremo e il museo dell’arte vetraria di
quindi solo sulle certezze acquisite, prima fra
Altare (Sv), allestito in un immobile dello Stato,
tutte le scelte - con criteri di giudizio ignoti (ma
villa Rosa, ma gestito da sempre dal comune di
comprensibili se collegati alla fortuna turistica") -
Altare, proprietario dei manufatti esposti.
di suddivisione e di distinzione dei musei, ormai
de•nitive, prendendo come campione la Liguria.
A Genova le gallerie nazionali di palazzo
Queste scelte provocano in me alcune domande. Limitandomi a prendere in considerazione solo il capoluogo ligure - in cui molti sono i
reale e di palazzo Spinola sono state accorpate ed
complessi monumentali di proprietà statale che,
inserite tra i musei di seconda fascia (diretti da
per importanza, avrebbero potuto essere inseriti
un dirigente non generale), in buona compagnia
nel polo museale - mi piacerebbe sapere perché,
con l’accademia di Firenze, la galleria estense di
per esempio, non è stata considerata l’abbazia di
Modena, i palazzi ducali di Urbino e Mantova, la
S. Giuliano d’Albaro, da anni ed anni in restauro,
galleria nazionale di arte antica di Roma, la galleria
con •nanziamenti dello Stato, per utilizzo futuro
nazionale dell’Umbria, il museo nazionale del
ancora misterioso. Oppure per quale ragione non
Bargello, i musei archeologici di Napoli, Reggio
sono state fatte scelte lungimiranti: penso a pa-
Calabria e Taranto, il parco archeologico di Pestum
lazzo S. Giorgio non solo per quello che l’edi•cio
e il palazzo reale di Torino. (Per completezza di
rappresenta dal punto di vista storico e artistico ma
informazione, i sette musei posti nei gradini più
anche perché, quando l’autorità portuale sposterà
alti della classi•ca sono la galleria Borghese, gli
la sua sede altrove, come preannunciato, potrebbe
Uf•zi, la galleria nazionale d’arte moderna, le
diventare punto di riferimento anche per i turisti
accademie di Venezia, Capodimonte, Brera e la
ospitando un museo che Genova ancora non pos-
reggia di Caserta).
siede, cioè il museo della città.
Per quanto riguarda il polo museale della
Giovanna Rotondi Terminiello
Liguria, la lettura dell’elenco dei musei e
dei luoghi della cultura selezionati desta
in me non poche perplessità per scelte
disomogenee e, all’apparenza,
casuali.
Infatti, accanto al museo archeologico
e area archeologica di Luni, al museo
archeologico di palazzo Rocca a Chiavari,
alla villa romana del Varignano e al museo
preistorico e area archelogica dei Balzi
Rossi (dipendenti, •no ad oggi, dalla
soprintendenza per i beni archeologici),
31
FENOMENO DEL BULLISMO
Scon•namento nella violenza
Tra i numerosi casi di bullismo vorrei
ricordarne uno particolarmente odioso, come pure
totalmente emblematico, per comprendere un
degli altri, specie dei più deboli e dei più infelici, e
del culto della violenza.
L’origine
di
questo
scadimento
della
modello di comportamento tanto esecrabile quanto
famiglia va ricercato a mio avviso nelle ideologie
purtroppo diffuso. Riassumo brevemente il fatto:
del ‘68, movimento che, pur muovendo da alcune
una ragazza di 13 anni, disabile, perchè affetta
esigenze legittime di rinnovamento della vecchia
da ritardo mentale, mentre giocava da sola in un
società, si è rivelato in gran parte fallimentare
parco giochi di Milano, viene insultata, derisa e
poichè non ha avuto fortuna nel tentativo di
ferita alla schiena da un sasso scagliatole contro da
eliminarne macroscopiche ingiustizie, tuttora vive
alcuni suoi compagni di scuola, gli stessi che anche
e operanti, cadendo nell’errore che la tutela della
all’interno dell’edi•cio scolastico la prendono
libertà nei confronti dell’autoritarismo si dovesse
in giro e la perseguitano. Purtroppo non si tratta
identi•care con la negazione dell’autorità. In realtà
di un evento isolato perchè in Italia il bullismo è
l’autoritarismo, che lede la libertà di pensiero e
diventato un costume generalizzato fuori e dentro
di azione, è una degenerazione dell’autorità, che
la scuola, come palese manifestazione di inciviltà
è invece “conditio sine qua non” della tutela dei
e di barbarie. E’ quindi indilazionabile tentare di
valori e dei diritti di tutti. Si comprende, perciò,
individuarne le cause e di proporre rimedi ef•caci
come il permissivismo senza freni e il lasciar fare
per combatterlo.
ai •gli quello che vogliono, anche i capricci, le
Una prima evidente causa è la crisi della
responsabilità genitoriale
per l’incapacità colposa
e, talvolta dolosa, di
educare i •gli ai valori
morali e sociali favorendo
così nei •gli stessi una
subcultura improntata ad
un egoismo senza limiti,
al
misconoscimento
della dignità e dei diritti
32
vessazioni e la persecuzione dei loro compagni sia
dovuto ad una grave crisi morale e culturale dei
si sono veri•cati non raramente casi di bullismo
anche nei confronti di insegnanti con conseguente
genitori.
E’ quindi necessario il ripristino dell’autorità
perdita di autorità e comparsa di una sfrenata
e del suo rispetto a partire dall’ambiente familiare,
anarchia nelle aule. La colpa di questo grave
contrastando nella misura maggiore possibile
fenomeno è anche di molti genitori che prendono
i messaggi negativi che provengono dalla
le parti del •glio contro l’insegnante a prescindere,
comunicazione mediatica. L’ideologia dominante
contribuendo così a distruggere un rapporto
nel nostro tempo è
connotato dal rispetto,
infatti
dal
quella
della
riconoscimento
ricerca incondizionata e
dell’autorità
senza limiti del proprio
consapevolezza
interesse
della
egoistico,
e
diversità
dei
della totale indifferenza
due
al
che pur richiede una
bene
comune
privilegiando il valore
ruoli
dalla
(diversità
conciliazione).
dominante del successo
Ma vi è anche
e del soddisfacimento
una carenza formativa
del
in alcuni insegnanti,
piacere
a
qualunque costo. Per
carenza sia di carattere
combatterla sono del
psicologico (nel senso
tutto
controindicate
di scarso adattamento
prediche e scomuniche,
al ruolo), sia di carattere
serve
invece
un
pedagogico-didattico.
invito
fermo,
ma
E’ pertanto auspicabile
composto e persuasivo
una scelta del personale
ad
individuarne
e
docente non solo sulla
a comprenderne l’insensatezza e la dannosità,
base della sua preparazione culturale, ma anche
in una parola: la famiglia deve educare i •gli
della sua attitudine a rapportarsi con lo studente.
e non abbandonarli alle loro tentazioni e ai loro
pregiudizi.
In conclusione: la situazione è grave ed è
dovere prioritario di ogni cittadino responsabile
E’ fondamentale per affrontare il problema
invocare con urgenza interventi, sia dissuasivi
e cercare di studiarlo senza illudersi di poterlo
che formativi, almeno per frenare, se non per
risolvere rapidamente e del tutto, anche il ruolo della
estinguere, la diffusione di questo fenomeno.
scuola oltre che quello della famiglia. Purtroppo
Michele Schiavone
33
GIORNATA MONDIALE
DEL RIFUGIATO
Storia e storie
Era il 20 giugno 1951 quando l’Assemblea
generale delle Nazioni Unite approvò la
“Convention Relating to the Status of Refugees”,
cioè la Convenzione sui profughi.
Nel cinquantesimo anniversario della •rma
della Convenzione si celebrò, per la prima volta,
la giornata mondiale dei rifugiati: era il 20 giugno
2001 e, da quell’anno, l’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati propone un unico
tema da sviluppare in ogni angolo del pianeta.
I dati trasmessi
nell’ultimo
rapporto
dell’Agenzia dell’ONU
per i rifugiati (UNCHR)
hanno posto l’accento
su un forte aumento
del numero di persone
costrette a fuggire dalle
loro case, pari a 59,5
milioni alla •ne del 2014
(con un aumento di quasi
9 milioni rispetto al 2013)
sottolineando come più
della metà dei rifugiati a
livello mondiale siano bambini.
L’aumento vertiginoso è dovuto al
riaccendersi di con•itti negli ultimi cinque anni:
otto in Africa (Costa d’Avorio, Repubblica
Centrafricana, Libia, Mali, Nord-Est della Nigeria,
Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan
e Burundi), tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e
Yemen), uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia
(Kirghizistan, Myanmar e Pakistan). Per non
dimenticare i Paesi dove l’instabilità e il con•itto
sono gli argomenti quotidiani con cui approcciarsi.
E per mantenere viva l’attenzione sul tema
dei rifugiati, anche alla luce di quanto è accaduto e
accade lungo le coste italiane, Genova ha ricordato
34
l’anniversario della •rma della Convenzione
sui profughi accogliendo la croce di Lampedusa
nel cuore della città e presentando il tema della
campagna di “Medici Senza Frontiere” a Palazzo
Ducale, “premettere milioni di passi”.
Le iniziative di associazioni e Comuni per
i diritti di chi fugge dalla miseria e dalle guerre
sono state molteplici. A conferma di ciò, il vice
presidente di Medici Senza Frontiere, dottor
Luigi Montagnini, ha inaugurato una mostra
nel cuore della nostra
città
evidenziando
come i rifugiati siano
vittime tre volte: i
mass media non sono
in grado di raccontare
con
le
immagini
quanto queste persone
devono affrontare per
raggiungere un approdo
migliore per il proprio
futuro. Ogni individuo,
con la propria storia e i
propri vissuti, carico di
speranze, sogni, desideri ed emozioni, è vittima
nel proprio Paese, lungo il percorso che porta alla
presunta salvezza e libertà e all’arrivo nei luoghi
dove vorrebbe trovare accoglienza.
Una soluzione opportuna sarebbe quella
di dover superare l’approccio emergenziale
sinora adottato per rispondere con più fermezza
e convinzione al crescente numero di arrivi
nella nostra Penisola e nel nostro “vecchio”
Continente. È necessario, quindi, fare cultura:
l’opinione pubblica e i mezzi di informazione
devono mantenere l’attenzione sull’aspetto umano
delle guerre e dei con•itti moderni. Un numero
sempre più elevato di vittime viene conteggiato
tra la popolazione civile: uomini, donne e bambini
che non prendono parte ai combattimenti, ma ne
subiscono le conseguenze. I rifugiati non sono
criminali, ma sono persone con un vissuto doloroso
alle spalle in cerca di una via di fuga.
L’obiettivo per una migliore consapevolezza
dell’enorme realtà migratoria è quello di porre
al centro i bisogni delle persone piuttosto che il
loro status legale, le ragioni della fuga piuttosto
che l’individuazione del Paese di destinazione:
questo sarebbe l’avvio di una soluzione sociale
e politica intelligente per fronteggiare realmente
quanto accade lungo le coste della nostra Nazione.
Non occorre costruire muri per arginare il •usso
migratorio o per impedire i contrasti tra potenze
europee e speculare sull’accoglienza di queste
persone. E non è utile, come avvenuto ai con•ni
della nostra regione, chiudere le frontiere, segno
di un’Europa che fatica a condividere nuove
forme di protezione internazionale, nonostante una
politica comune sull’asilo. Nel 2014 oltre 170.000
migranti sono giunti nel nostro Paese, di cui 65.000
si sono fermati in Italia, soprattutto accolti nelle
regioni del Sud, e oltre 100.000 hanno continuato
il loro viaggio per raggiungere familiari, amici e
comunità in altri Paesi del Nord Europa.
Occorre, pertanto, rispondere alla globaliz-
zazione del fenomeno migratorio con la globalizzazione della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti e aumentare gli sforzi
per garantire una progressiva diminuzione delle
ragioni che spingono interi popoli a lasciare la loro
terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso
l’una causa delle altre.
E nel cuore della nostra città, accanto a
quei legni incrociati, occorre ribadire che oltre
alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati
bisogna unire il coraggio e la creatività necessarie
a sviluppare a livello mondiale un ordine
economico-•nanziario più giusto ed equo insieme
ad un accresciuto impegno in favore della pace,
condizione indispensabile di ogni autentico
progresso.
E il progresso autentico giunge anche dai
banchi di scuola. Alla cerimonia di apertura
dell’anno scolastico 2015/2016, il Presidente
della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella,
ha ripercorso la storia di un ragazzo sedicenne
giunto a Lampedusa dopo un viaggio lunghissimo
ed accolto da una famiglia italiana come •glio:
«l’integrazione costituisce un vantaggio per la
coesione e la serenità sociale». Un cammino da
coltivare e far crescere in una società multiculturale.
Enrico Canepa
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ALLE GIURIE DEI GRANDI FESTIVAL
NON PIACCIONO I FILM ITALIANI
Sette titoli, due grandi rassegne di cinema, un
solo premio, per giunta quasi tecnico. La presenza,
numericamente imponente, dei registi italiani al
Festival Internazionale del Film di Cannes e alla
Mostra d’Arte Cinematogra•ca di Venezia ha
partorito un solo riconoscimento, quello andato
a Valeria Golino per la bella interpretazione nel
•lm “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino. La
delusione più cocente è arrivata dalla Croisette
dove c’erano tre titoli e altrettanti autori di grande
respiro. Vediamoli rapidamente.
“Il racconto dei racconti” di Matteo
Garrone è un’opera in cui il
cineasta fa sfoggio delle
sue
qualità
pittoriche
raccontando e intrecciando
tre storie delle cinquanta
contenute ne Lo cunto de li
cunti ovvero lo trattenemiento
de peccerille (Il racconto dei
racconti ovvero il divertimento
dei piccini) scritte in napoletano
dal
nobile Giambattista Basile (1570 - 1632). Il volume
è stato pubblicato postumo fra il 1634 e il 1636
e risente dell’in•uenza di Giovanni Boccaccio
(1313-1375) e del suo Decameron (1348-1353). Si
inizia con la storia della regina che vuole diventare
madre ad ogni costo per cui spinge il marito a
calarsi in fondo al mare per uccidere un mostro il
cui cuore dovrà essere cotto, ancora pulsante, da
una vergine e mangiato dalla sovrana. Il monarca
muore nell’impresa e la cuciniera rimane incinta
come la regina. Entrambe daranno alla luce due •gli
albini dall’aspetto identico, destinati a diventare
amici inseparabili e simili al punto che la stessa
sovrana li scambierà l’uno per l’altro. La seconda
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storia ha al centro un altro monarca affascinato
dalla pulce che ha addestrato al punto di nutrirla
con cibi succulenti che la trasformano in essere
dalle dimensioni di un bue. Quando il mostruoso
insetto muore, il monarca mette in palio la mano
della •glia fra quanti riusciranno a riconoscere a
che animale appartenga la pelle esposta nella sala
del trono. Vince un orco che ottiene in premio la
principessa e la relega nell’antro in cui lui vive
fra ossa dispolpate e sporcizia. La terza favola ha
al centro un altro monarca che, irretito
dalla voce celestiale di una donna che ha
sentito cantare ma non visto, decide di farla sua
sposa. Purtroppo la cantante
è una vecchia rugosa e
decadente che diventerà
nuovamente giovane, per
un tempo limitato, grazie
a un sortilegio. Il •lm è
segnato da un formidabile
gusto pittorico, ma non ci
sono riferimenti sociali e la stessa descrizione
psicologica è superata dal gusto per l’immagine e
il piacere del racconto.
Con “Mia madre” Nanni Moretti ha
•rmato il suo •lm più personale, non solo perché
profondamente intriso di elementi autobiogra•ci,
ma in quanto interamente costruito intorno ad
un paio di dicotomie: •nzione e realtà, lavoro e
sentimenti. Una regista decisamente nevrotica
e insicura (una straordinaria Margherita Buy
che incarna un evidente alter ego del regista)
sta girando un •lm socialmente impegnato che
ruota sulla lotta degli operai di una fabbrica da
poco ceduta ad un investitore americano. E’ un
momento dif•cile nella sua vita, quando ha appena
abbandonato il compagno con cui viveva, ha un
rapporto teso con la •glia e mentre sua madre
sta passando in ospedale le ultime settimane di
vita (l’interpretazione di questa •gura da parte
dell’ottantenne Giulia Lazzarini va oltre ogni
lode). E’ un groviglio di insicurezze e lacerazioni
che il regista utilizza per allineare vari momenti
emotivamente forti, venati di autoironia anche se
più contrapposti che •uidamente collegati gli uni
agli altri. Un •lm potente e toccante, capace di
suscitare alcune serie ri•essioni sul rapporto fra la
•nzione e la realtà (il cinema sociale e il mondo
reale) e sul dif•cile legame fra sentimenti e vita
professionale.
Paolo Sorrentino ha ambientato “Youth”
(Giovinezza) in un albergo svizzero ai piedi delle
Alpi, lo stesso in cui Thomas Mann (1875 - 1955) ha
collocato il suo capolavoro La montagna incantata
(Der Zauberberg, 1924). Qui si ritrovano due
artisti amici da tempo immemorabile e che hanno
superato l’ottantina. Fred (Michael Caine) è stato
un famoso compositore e
direttore d’orchestra che ha
rinunciato de•nitivamente
alla bacchetta e allo
spartito dopo la scomparsa
della moglie, una soprano
con cui ha passato la vita.
Mick (Harvey Keitel) è
un noto regista di cinema
che non ha perso la
speranza di riprendere
in mano la macchina da
presa per •lmare quello
che lui stesso de•nisce
il suo capolavoro. Due
atteggiamenti
opposti
davanti alla vecchiaia
che
ritrovano
una
scintilla comune nella
contemplazione del corpo
nudo della modella rumena
Maladina Ghenea. Il •nale è tragico e beffardo
a un tempo: quello dei due dotato di maggior
ottimismo si suicida, I’altro accetta di dirigere,
nonostante i precedenti ri•uti, alla presenza della
sovrana inglese. E’ una profonda, bella e toccante
ri•essione sulla vecchiaia, non priva di ironia
in cui si scandagliano sia la decadenza causata
dallo scorrere degli anni, sia la forza vitale che
accompagna l’esistenza di qualunque essere
umano indipendentemente dalle primavere che ha
alle spalle.
A Venezia c’erano quattro titoli di autori
italiani; anche in questo caso guardiamoli
rapidamente.
Piero Messina ha tratto “L’attesa” da una
rilettura de La vita che ti diedi (1923), il dramma
di Luigi Pirandello (1867 - 1936) ispirato alle sue
novelle La camera in attesa (1916) e I pensionati
della memoria (1914). La storia è quella di una
madre ancor giovane che subisce un lutto terribile:
le muore improvvisamente (disgrazia, malattia
incidente?) il •glio che
era venuto a trovarla nella
grande villa siciliana
in cui lei vive in quasi
solitudine. Nei giorni della
disgrazia arriva inattesa
la •danzata del defunto.
La donna le nasconde
la morte del •danzato e
inizia con la ragazza un
dialogo a mezza strada fra
la relazione complice e il
tentativo di sostituzione
del defunto con un’altra
presenza viva. Il •lm è
lento e sovrabbondante,
pesante nella confezione
e ruf•ano nell’esaltazione
di bellezze e riti isolani
giusti•cati
più
dalla
sponsorizzazione
della
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Regione Sicilia che non da reali esigenze
espressive.
Per amor vostro di Giuseppe M. Gaudino
ha una struttura complessa e originale. Da un lato
guarda alla tipica sceneggiata napoletana con un
linguaggio che necessita dei sottotitoli per essere
capito dagli spettatori non partenopei. Vi emergono
sentimenti forti d’amore e morte, occhieggiamenti
al mondo della canzone, citazioni delle telenovele
televisive. La storia che racconta è quella di una
brava madre di famiglia che deve farsi carico di due
•glie, un •glio muto e i genitori che continuano a
spillarle quattrini. Il quadro famigliare è completato
da un marito braccio attivo della camorra che lo
ha incaricato di riscuotere con qualsiasi mezzo
i crediti da usura. La storia intreccia dramma,
problemi sociali e criminali confezionati in un
racconto pieno di immagini fantasiose, riferimenti
favolistici, sogni irrealizzabili.
Marco Bellocchio ha •rmato “Sangue del
mio sangue”, un’opera scarsamente riuscita e dalla
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struttura tutt’altro che omogenea. Sono due momenti nella vita della cittadina di Bobbio, il primo collocato nel 17mo secolo, il secondo ai giorni
nostri. Nel passato, un giovane prete è chiamato
a seguire il giudizio a cui è sottoposta una monaca che ha avuto una relazione sessuale con il suo
confessore, fratello del religioso appena arrivato.
Quest’ultimo dovrebbe perorare la causa della
madre che vuole il defunto sepolto in terra santa e non in un cimitero sconsacrato. La Chiesa lo
permetterà se la monaca confesserà di essere stata
ispirata dal demonio, per cui il religioso non sì è
ucciso di propria volontà, ma a seguito delle trame
del maligno. Salto ai giorni nostri con la cittadina
dominata da una sorta di ma•a borghese che consente truffe allo Stato, pensioni ai falsi invalidi, ruberie varie. Non è facile trovare un •lo logico che
leghi queste due parti, assemblate, a dir poco, in
modo bizzarro. Una lettura potrebbe essere quella
che vede la contrapposizione di un oggi miserabile
con un passato in cui ferocia e regole assolute producevano anche miti e leggende.
“A Bigger Splash” (Il maggior spruzzo)
di Luca Guadagnino rilegge in chiave attuale
“La Piscina” (La Piscine, 1969) diretto dal
francese Jacques Deray. I protagonisti sono una
famosa cantante rock, al momento resa afona
da un’in•ammazione delle corde vocali e dalle
cure necessarie, il suo attuale compagno, un
documentarista alle prese con un •lm a cui lavora
da tempo e che non ha ancora •nito, ex - amante
della star, un produttore discogra•co di successo,
e la sua giovane •glia. Lo scenario è quello di
una villa di Pantelleria in cui la vicinanza e il
sole accendono i sensi e le coppie s’incrociano
sino a causare l’ira di entrambi i maschi, con il
documentarista che affoga il rivale. Il regista ha
tentato inutilmente di dare attualità a questa storia
da Cavalleria Rusticana, inserendo nella colonna
sonora e sullo sfondo la tragedia degli immigrati
africani che approdano nel nostro sud.
Umberto Rossi
· VA R I E ·
MUSEO DEL RISORGIMENTO
“GIUSEPPE MAZZINI”
Avere 100 anni e non dimostrarli. Una
allestito una mostra, sottolineando il legame
giovinezza duratura, quella del Museo del
che la unisce al Risorgimento”. Del resto c’è
Risorgimento “Giuseppe Mazzini” di Genova,
stato chi ha definito il primo conflitto mondiale
resa possibile dalla volontà tenace sia di
la quarta guerra di Indipendenza, finalizzata
tramandare i valori senza tempo propugnati
alla conquista delle Terre irredente, che ancora
dal grande patriota genovese a cui è dedicato
mancavano al neonato Regno d’Italia, unificato
e che in queste stanze vide la luce 210 anni fa,
sotto la corona sabauda. Non si stupisca, dunque,
il 22 giugno 1805, sia di cercare costantemente
il visitatore se ad accoglierlo all’ingresso
un dialogo con le generazioni
troverà un busto del “padrone
che hanno, nel corso del
di casa” e due mitraglie del
secolo, rappresentato il futuro,
primo Novecento. Il museo è
imparandone il linguaggio per
un inno alla libertà, all’unità ed
far giungere il suo messaggio di
all’amore di patria: tutti valori
pace ed unità con immediatezza
che hanno trovato nelle trincee
e freschezza sempre rinnovate.
il
Del
loro
supremo
sacrificio
in
e nel Patriota Genovese il
lingua greca, che sormonta il
massimo ispiratore. Manifesti
portale di ingresso sintetizza
del 1915 che sensibilizzano
questo spirito indomito, in una
gli Italiani alla necessità di
sorta di breve, ma efficace,
scendere in guerra, si alternano
manifesto programmatico: vita
a quelli che, richiamando il
è breve mentre l’arte è lunga.
Risorgimento,
resto
l’iscrizione,
Ed i giovani sono da
incoraggiano
alla lotta ed a quelli che, a
diversi anni gli speciali ciceroni di queste
guerra in corso, sensibilizzano i civili a sostenere
stanze, quando il museo si apre per la giornata
economicamente lo sforzo bellico, esaltando
del FAI. A novembre sono stati i ragazzi
il coraggio ed il sacrificio dei connazionali al
del liceo “G. Mazzini” a guidare i visitatori
fronte. Accanto ai manifesti, foto d’epoca che
alla scoperta delle sale dedicate alla Grande
riproducono il desolante paesaggio delle zone
Guerra. “Il museo” - ricorda Liliana Bertuzzi,
di guerra e qualche esempio di arma e di elmetto
responsabile delle attività didattiche – “nel
in dotazione ai soldati italiani: sottili barriere
centenario della Prima Guerra Mondiale ha
contro il fuoco nemico.
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Le sale che ospitano la mostra temporanea
contro tutto e tutti, si sono uniti credendo in un
sulla Grande Guerra costituiscono una cornice
ideale e consegnandoci un Paese libero in cui
ideale intorno al cuore del museo: la grande
vivere. La visita della sala inizia con la storia
stanza dedicata all’inno nazionale. Scritto da
del tricolore, per la prima volta sventolato in
Goffredo Mameli, un altro illustre figlio della
battaglia nel lontano ottobre 1796, consegnato
Superba, che alla causa italiana credette a tal
da Napoleone alla Legione Lombarda dei
punto da sacrificare la sua giovane vita, l’inno,
Cacciatori
non è sempre di immediata comprensione
Transpadana e prosegue con cimeli dei Mille
per i tanti aulici rimandi alla storia patria,
garibaldini e dell’Eroe dei due Mondi. Una
eppure ogni sua parola diventa subito chiara,
curiosità: nell’anno dell’Expo, anche il Museo
guardando le bacheche, mentre le sue note
del Risorgimento ha voluto dare il suo piccolo
pervadono la sala. E si capisce come non
contributo: “Abbiamo arricchito il percorso
a
Cavallo
della
Repubblica
poteva che essere quello il testo che venne
con pannelli dedicati al cibo, che spiegano cosa
in mente al giovane Goffredo che, incitando
prediligevano a tavola Mazzini e Garibaldi e
i compagni alla lotta, trovò ispirazione in
cosa si mangiava al tempo di Balilla”, spiega
Balilla, il ragazzino genovese, tanto coraggioso
ancora Liliana Bertuzzi. E scopriamo che
da scagliare pietre contro l’invasore austriaco
Garibaldi aveva gusti assai frugali: amava
al grido “Che linse?”. E che non può essere che
lo stoccafisso, i biscotti del Lagaccio ed il
quel testo ancora oggi a rappresentare l’Italia,
pandolce genovese. Mentre Mazzini, dal suo
un Paese dalla storia tormentata ma gloriosa,
esilio oltremanica, chiedeva alla madre la
resa possibile da tanti giovani valorosi che
ricetta della torta pasqualina, rammaricandosi
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che avrebbe dovuto necessariamente adattarla,
morte in contumacia.
non trovando bietole a Londra. Oppure ancora
Ma fu una morte naturale quella che
scriveva a casa fornendo la ricetta della
colse Mazzini a Pisa, a 67 anni di età. Ormai
cosiddetta “torta svizzera”, di cui era ghiotto.
prossimo alla fine, volle essere avvolto nella
Basta un’occhiata a questa lettera per farci
coperta a piccoli quadri bianchi e neri che già
sentire più vicino a questo patriota, di cui
avvolse Cattaneo: e quella coperta ora è esposta
l’iconografia ci consegna una figura ascetica
nell’ultima bacheca del percorso mazziniano,
ed austera: ma mentre scriveva di pasta sfoglia,
insieme con un ritratto del Patriota sul letto di
mandorle sminuzzate, uova e zucchero, era
morte.
solo un uomo che, lontano dai suoi affetti,
Come però parlare di Risorgimento ai
cercava di ovviare alla distanza geografica
giorni nostri e, soprattutto, perché? Visitatori
condividendo con i suoi cari lontani, piccoli
giovani e vecchi, italiani e non. trovano una
aspetti di vita quotidiana, come la ricetta del
risposta a questi interrogativi nei percorsi
dolce preferito. Questa lettera è esposta in una
multimediali approntati per illustrare il legame,
delle sale propriamente dedicate a Mazzini.
sottile ma resistente, che unisce gli eroi di ieri
Protetto da una teca, è conservato il suo
agli uomini di oggi: libertà, unità ed Europa non
scrittoio, allestito come se da un momento
sono concetti nuovi. Può cambiare il modo di
all’altro il padrone di casa fosse atteso per
parlarne ma non il loro intrinseco valore, già
riprendere il lavoro interrotto: un paio di
colto dai padri della patria quando non esisteva
occhialini rotondi è posato su un quaderno
neppure l’Italia ma solo la sua idea. Ma, come
aperto, scritto con grafia piccola e fittissima,
ci insegna Mazzini, “l’Idea è immortale”.
il calamaio è pronto all’uso, mentre su una
L’Idea sopravvive ai cicli e ricicli storici, muta
mensola accanto sono riposti due testi cari a
linguaggio ma non ispirazione e valore.
Mazzini, uno di Hegel e l’altro di S. Paolo.
Chiara Colella
Su un altro tavolo fa bella mostra di
sé una piccola scacchiera mentre in
un angolo è posata una chitarra. Alle
pareti alcuni ritratti dei genitori e del
giovane Giuseppe. Gli oggetti esposti
nella stanza adiacente ci ricordano la
statura morale e politica del Patriota:
ai documenti del “Regium Atheneum
Genovese”, che ne attestano la laurea
in legge, fanno da contraltare i bandi
emessi contro di lui dal governo
asburgico, culminati nella condanna a
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LE DONNE AMATE
DA VOLTAIRE
Amante dei piaceri e del lusso, Voltaire
per Voltaire un ideale •loso•co valido per tutte le
pensava che la cultura ornasse di una dimensione
donne, dove «è lo spirito che dona grazia a una
più alta e anche più sensuale la bellezza femminile.
donna». Compagna e musa del •losofo francese
Per le donne libertine e colte, capaci di acquisire
per 15 anni, versata nelle scienze e nelle lettere,
un prestigio sociale, Voltaire aveva un debole. «Le
eroina di intrighi politici e mondani, la marchesa
donne sono capaci di tutto ciò che noi facciamo -
fu tra i protagonisti della rivoluzione illuminista.
scriveva - e la sola differenza tra loro e noi è che
Quasi trecento anni fa sosteneva: «Vorrei che
loro sono più amabili».
le donne partecipassero di tutti i diritti umani, e
Nel 1732 Voltaire s’innamorava di Gabrielle
soprattutto quelli della mente. Sembrerebbe che
esse siano nate solo per civettare, poiché questo
è il solo esercizio intellettuale loro concesso. La
nuova educazione sarebbe di grande bene•cio per
la razza umana. Le donne sarebbero più interessanti
e gli uomini avrebbero in cambio una nuova fonte
di emulazione».
Nata a Parigi nel 1706, •glia del noto barone
di Breteuil, maestro di cerimonie a corte, Emilie
dimostrò •n dall’infanzia intelligenza ed energia
senza pari, studiando in casa («Se fossi il re protestò - fonderei una università femminile») e
praticando sport maschili. Damigella d’onore
della regina, si sposò a 19 anni col marchese di
Châtelet, a cui diede tre •gli, ed ebbe numerosi
amanti, dal duca di Richelieu al matematico
Mopertuis. L’incontro con Voltaire cambiò la sua
Emilie la Tonnellier de Breteuil du Chatelet, nota
vita. Quando si incontrarono ad un ricevimento (lui
ai posteri come la marchesa di Châtelet, moglie
aveva trentanove anni, lei ventisette), la marchesa
di un marchese comandante delle truppe reali
non poté fare a meno di notare quell’uomo magro,
che stava più sui campi di battaglia che vicino
elegante e distinto, dagli occhi penetranti e la
alla colta consorte. La marchesa rappresentava
bocca espressiva.
Dopo la condanna del Parlamento di Parigi
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delle Lettere •loso•che, Voltaire si rifugiava con
frivolezze dell’alta società». Del resto Voltaire
Emilie nel catello di Cirey per evitare l’ennesimo
contribuiva al benessere della famiglia, restaurando
ritorno alla Bastiglia. Qui, innamorati, studiavano
a proprie spese la dimora di Cirey e prestando di
•sica, partecipando ad un concorso indetto dalla
tanto in tanto denaro. Ricchissimo, pagò ogni lusso
Accademia delle Scienze. Emilie è stata la prima
alla marchesa, comprese le stravaganti perdite al
donna ad esser pubblicata da un’istituzione
gioco. A sera, poi, inauguravano continue feste,
rigidamente maschile. Nel 1737 la marchesa
dove Voltaire leggeva gli ultimi componimenti,
pubblicava Elementi della •loso•a di Newton,
distribuiva le parti, organizzava la scena e allietava
scritto in collaborazione con Voltaire. Dopo aver
gli ospiti con messe in scena e divertimenti. La
affermato al mondo il diritto di essere considerata
marchesa di Châtelet, tanto audace da travestirsi
una studiosa, Emilie iniziava a tradurre dal
da uomo per entrare in un caffè vietato alle donne,
latino la principale opera di Newton, i Principia
non era inferiore al compagno, che nei momenti di
Mathematica, dove la traduzione diventava analisi,
irritazione la apostrofava come «Madame Newton
commento ed anche critica. Emilie denunciava le
Pompom» e in pubblico litigava con lei in inglese
approssimazioni di alcuni calcoli di Newton ed
per non farsi capire dai presenti. Ma nel castello
enunciava un’ipotesi sull’inclinazione della Terra
traboccante di 21 mila libri, Voltaire avvertiva
che sarà confermata da Laplace solo molti anni
che la sua amante e ispiratrice gli era necessaria
dopo. Non è vero, dunque, che solo il sodalizio
•sicamente e mentalmente.
con Voltaire – come notava con per•da malizia
Con Emilie la passione fu totale: «Io non ho
Madame du Deffand –
vissuto che da quando la tua
impedì al suo nome di
anima mi ha penetrato della
sprofondare nell’oblio dei
sua divina •amma». Non
secoli.
che il •losofo non avesse
il
conosciuto l’amore prima di
Florent-Claude
Emilie. Voltaire aveva dato
du Châtelet, che Voltaire
scandalo per la relazione
chiamava «le bonhomme»,
con una giovane ugonotta,
accettò
la
Catherine Olympe Dunoyer,
presenza dell’amante ed
che aveva incontrato all’Aia.
anzi si gloriava della sua
Impegnato come segretario
illustre fama. Il ménage a
dell’ambasciatore francese,
trois fu «uno sfrontato atto
il •losofo si innamorò di
di s•da della marchesa
Olympe contro la volontà
alle convenzioni e alle
della famiglia di lei. La loro
Il
marchese
marito,
serenamente
43
relazione suscitò immediatamente scandalo e,
E qui, mentre le voci lo davano in fuga all’estero,
costretto dalla famiglia Dunoyer, Voltaire se ne
continuò a scrivere per divertire la duchessa i
dovette ritornare frettolosamente in patria per non
racconti •loso•ci Zadig, Memnon, Micromègas,
essere arrestato. Anche se in Francia l’aspettava
oltre alla tragedia Sèmiramis.
la Bastiglia, dove nel 1716 venne incarcerato per
L’anno seguente, insieme ad Emilie, si
undici mesi a causa dei suoi scritti «sovversivi».
trasferiva a Luneville, chiamato da Stanislao, ex
Tra il 1713 e il 1748 Voltaire ebbe almeno otto
re di Polonia e duca di Lorena, oltre che padre
amanti, tra cui l’attrice più fascinosa del tempo,
della regina di Francia Maria Leszcinska. Qui
Adriana Lecouvreur, ammirata per le leggendarie
la marchesa di Châtelet, ormai quarantaduenne,
interpretazioni che seppe offrire dei testi di Racine.
trovò l’amore che cercava. Emilie, infatti, si era
Quando morì nel 1730 e i sacerdoti ri•utarono
gettata nelle braccia dello scrittore Jean Francois
all’attrice la sepoltura in chiesa perché
aveva calcato le scene, Voltaire insorse
gridando contro i preti: «Privano di
sepoltura colei che in Grecia avrebbe
avuto in suo onore degli altari».
Nonostante
le
lacrime
di
Emilie, Voltaire lasciava la marchesa
per andare in Germania, alla corte
di Federico II, con cui intratteneva
un’intensa corrispondenza da quando
questi era ancora principe ereditario.
Dopo l’ultimo di questi viaggi, quando
tornò dall’amante, il loro rapporto
Castello di Voltaire a Ferney
si era incrinato. La donna manteneva intatto il
Saint Lambert, più giovane di lei di dieci anni,
suo «temperamento di fuoco», mentre Voltaire
da cui desiderava un •glio. La scienziata voleva
superava i cinquant’anni e non era più in grado di
diventare madre a tutti i costi, ma nelle umane
soddisfarla. Emilie si chiudeva spesso in camera col
vicende del quartetto amoroso piombò però la
matematico Clairault, che l’aiutava nei suoi lavori.
morte. Un anno dopo, il 10 settembre 1749, la
Un giorno che i due tardavano a pranzo, Voltaire
marchesa morì di parto, insieme alla bimba, a
sfondò la porta. Profondamente deluso e umiliato
43 anni. Voltaire diventò folle di rabbia. Il colpo
si rifugiò dalla duchessa du Maine – moglie di un
fu durissimo, inaspettato e brutale. Negli stessi
•glio illegittimo di Luigi XIV e della signora de
giorni in cui singhiozzava e soffriva, urlava al
Montespan – nella meravigliosa dimora di Sceaux.
nuovo arrivato: «Voi me l’avete tolta" Che bisogno
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avevate di farle fare un •glio"». A cinquantacinque
di affetto, ma si è scordata di darmi uno stomaco.
anni l’uomo, che Goethe de•niva «universale
Non posso digerire ma posso amarvi».
fonte di luce», d’un tratto si scoprì solo. Privo di
Parecchie lettere sono scritte, soprattutto
una donna di grande fascino che anticipò il ruolo
quelle legate al desiderio e all’amore, in un italiano
della donna e offrì un vero e proprio affresco del
sgrammaticato, ingenuo e quasi burocratico,
modo di vivere femminile in quella che, all’epoca,
eppure vi si lascia sempre trasparire la sincerità e la
era la nazione più potente d’Europa.
passione verso la nipote. E non mancano divertenti,
Con la morte di Emilie apparve la
nipote Marie Luise Denis – •glia della sorella
quanto inaspettate, oscenità che alludono a una
loro storia sessuale.
Catherine Mignon – per recargli conforto. Madame
I posteri non hanno amato Madame Denis
Denis, di 18 anni più giovane di Voltaire, alla
e, •no al ritrovamento delle lettere d’amore,
morte del marito divenne l’amante di Voltaire che
pochissimi hanno sospettato che col grande zio
la riteneva una donna arguta e spiritosa, mentre
avesse vissuto un legame amoroso. Con la Châtelet
gli amici la trovavano insipida e chiacchierona.
non sembrava reggere il confronto, ma Madame
Voltaire la credeva un’attrice di gran talento, gli
Denis riusciva a offrirgli un nido sicuro e, insieme
amici la trovavano brutta e mediocre. Madame
alle galanterie spinte e quasi indecenti, gli ispirava
Denis era grassa e contrastava con l’aspetto •sico
un desiderio intenso e malinconico di gioventù. A
di Voltaire, che era pelle e ossa.
Ferney, alla •ne della vita, Voltaire aveva creato
La nipote intrattenne con lo zio una storia
delle scuole per giovani donne e ne scrisse in
d’amore rivelata nel 1957 da Theodore Bestermann,
Sophronie o l’educazione delle giovani. L’arguzia
che ha pubblicato le Lettere d’amore di Voltaire
e l’ironia di Voltaire, accompagnate dalla pietà per
a sua nipote. Una corrispondenza molto intima,
le debolezze umane, non sono mai separate dal
dai toni spesso deliziosamente indecenti, a volte
senso del piacere.
estremamente sentimentali, piena di lamentele e
Giuseppe Benelli
di consigli, specie in merito alle sue
opere. Non passano mai due giorni
senza che lui non le scriva, in italiano
(la lingua dell’amore), che «è ridotto
alla disperazione», che la sua vita
è «il diario di un infermo», che non
digerisce più niente, che si sente
«vicino alla morte». In quegli anni
amore e coliche vanno di pari passo:
«la natura mi ha dato un cuore pieno
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LA LUNGA STORIA
DELL’OSPEDALE DI GENOVA
DAL PAMMATONE AL SAN MARTINO
Il contesto storico politico della città
subito repressa. Paolo da Novi fu decapitato il 10
tra il XV e XVI secolo - Siamo nel XV secolo
luglio 1507, il suo corpo venne squartato e la testa
(negli anni precedenti la straordinaria avventura di
esposta sulla torre Grimaldina di Palazzo Ducale.
Cristoforo Colombo), quando nel 1422 Bartolomeo
Dopo la morte di Luigi XII, il nuovo re Francesco I
Bosco (durante il periodo della “dedizione” della
riacquistò la signoria della città previo accordo con
città alla Signoria Viscontea) acquista, nella zona
l’astro nascente del momento: Ottaviano Fregoso.
di Piccapietra, i primi locali sui quali sorgerà
Le aggregazioni delle famiglie avvenivano
l’Ospedale, in un primo tempo per sole donne,
tramite l’organizzazione degli “alberghi”: i Doria
che sarà chiamato Pammatone.
a San Matteo, i Fieschi a San
Dopo vent’anni, nel 1442 viene
Lorenzo, i Gentili a San Siro.
steso il primo statuto uf•ciale.
La struttura architettonica era
Per porre •ne a questi continui
simile a quella di una Chiesa
Doria (1468-1560), con la
con al centro l’altare. Portoria
riforma
era la zona fuori le mura, vi
aprile 1528 limita gli alberghi a
abitavano piccoli artigiani, ceti
28, stabilisce il dogato biennale
e un sistema elettorale basato
litigi,
sociali popolani, coloro che
svolgevano i lavori più umili
l’ammiraglio
oligarchica
Andrea
del
15
sul sorteggio di 400 nobili da
e pesanti come appunto i manovali, detti i “picca
eleggere al Gran Consiglio di Palazzo Ducale e
pietra”.
La Repubblica di Genova era attraversata
di 100 al Minor Consiglio. Tra questi un ulteriore
sorteggio di 28 elettori provvedeva alla nomina del
da lotte violente tra le varie famiglie nobili e nei
doge. Ma anche durante il periodo d’oro di Andrea
rapporti con le potenze straniere (francesi, spagnoli,
Doria (e della sua repubblica aristocratica), ostile
austriaci) le cui alleanze dipendevano dalle
ai Francesi e alleato col Re Carlo V di Spagna, non
convenienze del momento. Nel 1458 il governo
mancarono le guerre interne: nel 1547 Gian Luigi
della città venne ceduto a Carlo VII di Francia, poi,
Fieschi si sollevò contro la famiglia dei Doria,
dal 1464 al 1499, alla Signoria Sforzesca di Milano.
ma la rivolta si concluse con la sua morte (cadde
Agli inizi del 1500 cadde di nuovo in mano ai
annegato in mare, si dice, perché appesantito
Francesi di Luigi XII che visiterà Genova nel 1503,
dall’armatura) e con la condanna a morte di tutti i
accolto in pompa magna dai nobili locali. Seguì
congiurati. Andrea Doria fece recuperare il corpo
l’ennesima ribellione antifrancese capeggiata da
dal mare e lo lasciò decomporre per due mesi sul
Paolo da Novi, eletto doge in un’assemblea tenuta
molo, in modo che il popolo s’accorgesse del delitto
a Santa Maria di Castello, ma la ribellione fu
commesso.
46
Il doge vestiva con abiti sontuosi
(d’oro e di porpora), come se fosse un imperatore
ospedali sparsi in città e nei dintorni: in questo
bizantino, mentre, come noto, le famiglie degli
modo le relative rendite venivano incamerate nella
“alberghi” amavano il lusso e l’opulenza nelle
gestione dell’ospedale grande di Pammatone.
proprie abitazioni, spesso decorate da illustri
Accanto al nosocomio sorgeva la farmacia
pittori.
(spezieria) con annesso orto per la coltivazione
L’elemento uni•catore dei ceti dominanti
delle piante medicinali utilizzate nella confezione
era costituito dal Banco di San Giorgio che
delle medicine. Le corsie del piano inferiore erano
amministrava capitali di opere pie, chiese,
destinate agli uomini. Al Pammatone, oltre agli
ospedali, confraternite, corporazioni. I detentori
ammalati, venivano accolti anche i pellegrini e
delle maggiori quote del capitale sociale erano,
i bambini abbandonati, chiamati gli “esposti”,
ovviamente, i patrizi (antichi e nuovi) e le diverse
quelli della “ruota” che nel corso degli anni
famiglie dei mercanti. Infatti i suoi gruppi dirigenti,
aumenteranno sempre di più. In genere, •no ai
in larga parte, coincidevano con i membri del
dieci anni, venivano af•dati a delle nutrici per poi
Maggior Consiglio della Repubblica, quindi con
ritornare nel ricovero in attesa del matrimonio,
le più alte cariche dello Stato. A partire dal 1576,
oppure di un lavoro all’interno come “•glie della
con la riforma “Leges Novae”, per garantire un
casa”, mentre ai maschi impartivano insegnamenti
controllo sociale maggiore e ridurre le lotte di
nei diversi mestieri artigianali. Le fonti di
potere tra le famiglie, fu stabilito che si creassero
annualmente dieci nobili scelti tra i “nuovi ricchi”
•nanziamento venivano incrementate durante le
visite annuali del “Perdono”, quando i cittadini
che emergevano negli affari. Il secolo tra il 1536 e
benestanti che visitavano l’ospedale e lasciavano
il 1640, - ricorda Ennio Poleggi, - vede i maggiori
offerte, ricevevano l’indulgenza plenaria (vedi su
interventi urbanistici ed edilizi, anche perché
questo tema il bel dipinto del pittore •ammingo
è il periodo del massimo potere •nanziario di
Genova, nell’Europa degli Asburgo. Non a caso
Cornelius De Wael esposto a Palazzo Bianco).
Ampliamento del Pammatone - Tra i secoli
sarà chiamato “el siglo de oro de los genoveses”,
XVI e XVII si ebbero non solo diversi ampliamenti
oggetto della bella mostra d’arte del 1999/2000.
delle strutture d’ospitalità, ma anche lo sviluppo
L’arcivescovo faceva parte delle classi dirigenti e
di insegnamenti universitari di medicina ad opera
in qualche caso, come con Paolo Fregoso, la carica
di “lettori”, soprattutto di anatomia e chirurgia.
cardinalizia coincideva con quella di doge (1483-
Nel 1751 con il contributo •nanziario decisivo
84). Si trattava di un’unione che, pur con momenti
della famiglia Pallavicini (i coniugi Anna Maria
di con•ittualità, avrà, come vedremo, signi•cative
e Gian Luca) inizierà la svolta più radicale: la
e positive conseguenze sullo sviluppo delle grandi
costruzione, tra il 1758 e il 1766, di un nuovo
opere assistenziali genovesi (dal nuovo Pammatone
edi•cio nell’area dell’attuale palazzo di Giustizia.
all’Albergo dei poveri), ammirate in tutta Europa.
Il progetto venne af•dato al celebre architetto
- Gli
Andrea Rosolino; una concezione dell’ospedale
amministratori, a partire dal fondatore Bartolomeo
con caratteristiche di monumentalità e con una
Bosco, venivano chiamati Protettori. Nel 1471 il
capienza complessiva di circa 1200 posti letto,
Senato di Genova ottenne dal savonese Francesco
che presto diventerà l’orgoglio della città. La
della Rovere, papa Sisto IV, la bolla ponti•cia
sua architettura - un grande atrio d’ingresso,
che ordinava l’accorpamento dei tredici piccoli
scalone monumentale, cortile centrale tra colonne
I primi anni del Pammatone
47
doriche, rampe laterali che conducono alle corsie
del Pammatone vengono trasferite nel nuovo
degli ammalati - si adegua alla tipologia tipica dei
complesso ospedaliero di San Martino che sarà
palazzi genovesi dell’epoca, di cui l’ultimo esempio
inaugurato il 2 dicembre 1923 alla presenza di
l’abbiamo con Palazzo Bianco. Il letterato francese
SAR (Sua Altezza Reale) il Principe Ereditario
Charles Dupaty nelle sue Lettres sur l’Italie, scritte
Umberto di Savoia. Nel 1906 era stato aggiudicato
nel 1785, ebbe parole entusiaste sull’architettura
il progetto a padiglioni dell’ing. Ettore Musso
del nuovo Pammatone: “Sono entrato in un superbo
e quello esecutivo dell’ingegnere del Comune
palazzo, ho attraversato una lunga colonnata, ho
Giuseppe
calcato dei marmi di tutti i colori, una porta innazi si
nell’omonima via:
Celle,
ricordato
con
una
targa
è aperta: ero in un ospedale”. Nel 1818 l’Ospedale
Pammatone e quello degli Incurabili saranno gestiti
Perché il nuovo spedale dotato d’ogni più
da un’unica Commissione, entrerà in vigore un
nuovo regolamento e col passare degli anni vi si
acconcio presidio
fosse agli infermi immagine del domestico
rivolgeranno anche gli strati sociali più benestanti.
focolare
Le grandi statue dei benefattori - I
l’ingegnere GIUSEPPE CELLE
benefattori venivano ricordati con statue di diversa
prodigò per vent’anni le migliori energie
grandezza e seguendo una precisa gerarchia stabilita
della vita
dall’ammontare dei lasciti: dalle statue sedute,
a quelle in piedi, con busto, oppure con lapide.
GENOVA
tra i •gli suoi benemeriti esalta l’autore
L’elenco dei benefattori con le relative statue è
dell’opera insigne
tuttora visibile. La statua più antica risale al 1590
i protettori degli spedali civili af•dano ai
e riguarda la •gura di Vincenzo Odone. Finalmente
venturi il suo nome
nel 1874 il Marchese Sauli, che lasciò un importante
legato •nanziario all’Opera Pia Pammatone,
MCMXXIV
non volle la statua: “Faccio espresso divieto che
Le autorità dell’epoca mettono in risalto la
per queste mie disposizioni testamentarie venga
missione di carità cinque volte secolare (1423-
eretta né ora né mai quella statua che secondo la
1923) dell’ospedale. Tra le eccellenze del San
consuetudine, è decretata ad onore dei benefattori”.
Martino va annoverata la ricerca sulla tubercolosi
Verso la •ne dell’Ottocento i benefattori saranno
ad opera di Edoardo Maragliano (1849-1940),
infatti ricordati in forme più semplici: col nome
clinico illustre e Rettore dell’Università di Genova
di un edi•cio, di una corsia, di una camera, di un
dal 1907 al 1917. Fu il primo ad inserire un
letto. Nei viali di san Martino sono visibili 75 statue
corso di clinica tubercolare negli insegnamenti
che prima giacevano nelle corsie del Pammatone,
della medicina. L’Ospedale di San Martino, con
mentre altre dieci le possiamo ammirare dentro
un territorio di 35 ettari, 12 Km di viali interni,
l’attuale Palazzo di Giustizia che venne costruito
aveva un’occupazione complessiva di circa 5mila
tra il 1966 e il 1974: dall’antico e glorioso ospedale
persone, era una vera e propria città nella città.
rimane il cortile, l’antico colonnato e lo scalone
monumentale.
Il nuovo ospedale di San Martino - Nel
primo decennio del Novecento le strutture sanitarie
48
Ecco le schede sintetiche dei principali
protagonisti
origini:
dell’ospedale
Pammatone
delle
Caterina Fieschi Adorno (1477-1510)
Ettore Vernazza (1470-1524) e l’Ospedale
degli Incurabili
Fin da ragazza, Caterina era attratta dalla vita
religiosa e voleva diventare monaca, ma all’età di 16
anni, il padre stipulò il contratto di matrimonio con
la famiglia degli Adorno, un tempo rivale, e sposò
Notaio di professione, fu il discepolo più
coerente di Caterina da cui trasse ispirazione per
fondare nel 1497 (insieme con Giovanni Battista
Salvago, Nicola Grimaldi, Benito Lomellini), la
Giuliano, che peraltro conduceva una vita molto
Confraternita “Compagnia del Divino Amore”
sregolata (si diceva avesse diversi •gli naturali).
(composta prevalentemente da nobili, vecchi e
Per un breve periodo anche Caterina fu trascinata
nuovi) che poi costruirà l’Ospedale degli Incurabili
dalle comodità e dalle relazioni festose, come si
(detto l’ospedaleto per distinguerlo da quello più
addiceva alle famiglie nobili che frequentava. Ma
il 25 marzo 1473, sconvolta da visioni mistiche,
grande del Pammatone) e vi andrà a risiedere.
Una delle principali malattie di quel periodo era
il “morbo gallico” (si•lide), così chiamato perché
iniziò una nuova vita dedicata alla preghiera e alle
si riteneva fosse portato dai soldati francesi ed
opere di bene. Tale conversione ebbe effetti anche
era ritenuto talmente contagioso e incurabile che
sul marito e quando nel 1478 Caterina decise di
nessuno voleva prendersene cura. D’accordo col
assistere gli infermi del Pammatone, lui la seguì
doge Ottaviano Fregoso costruì anche il Lazzaretto
e, insieme, avendo nel frattempo fatto voto di
castità (sotto lo stesso tetto si comportavano come
alla Foce nel quale venivano ricoverati i malati di
peste e di altre malattie contagiose; inoltre era a
disposizione dell’Uf•cio dei poveri per il ricovero
“fratello e sorella”), andarono a vivere in una casa
di tutti i bisognosi e di coloro che “venendo dal
sistemata dentro il complesso ospedaliero. Nel
mare sono soggetti a contumacia”.
1489 Caterina, per le sue qualità umane e per le sue
(che peraltro aveva tre •glie tutte monache), era
documentate competenze amministrative, venne
sorretto da una fede profonda e si distinse per le
eletta Rettora. Oggi il suo corpo si trova nella
sue particolari capacità amministrative riuscendo
Chiesa omonima.
Vernazza
a coinvolgere i ricchi per aiutare i poveri. I mezzi
•nanziari delle opere progettate derivavano
49
principalmente dai proventi degli investimenti
Camillo De Lellis (1550-1614)
presso il Banco di San Giorgio. Alla •glia Battistina
diceva: “Sarei molto contento se dovessi morire
per i poveri”. Così avvenne.
Virginia Centurione Bracelli (1587-1651)
Proveniente da Milano, giunge a Genova
nel 1594 insieme ai suoi “ministri degli infermi”
con la precisa missione di servire gli ammalati del
Pammatone e del Ridotto degli incurabili. Nel
Di nobili origini, in giovane età il padre
1746 Papa
Benedetto XIV lo proclama Santo
la concede in sposa a Gaspare Bracelli. Rimasta
patrono degli ammalati, degli ospedali e degli
vedova a vent’anni, costituì il rifugio Monte
operatori sanitari. La Chiesa di San Camillo si
Calvario,
trova di fronte al Tribunale.
per
ospitare
donne
“malmaritate,
prostitute e povere della città”. Fondò la
congregazione delle Suore di N. S. del Rifugio,
chiamate “brignoline”. Il suo corpo è visibile
nell’omonima Chiesa in viale Centurione Bracelli.
Le sue “•glie” venivano mandate ad assistere gli
infermi, prima al Pammatone poi al San Martino.
Nel 1632 il “Magistero dei poveri” le af•dò la
riforma del Lazzaretto. Ebbe un ruolo rilevante
nella decisione di proclamare la Madonna,
Regina di Genova. La cerimonia uf•ciale, rogata
con relativo atto pubblico, si svolse il 25 marzo
1637 nella cattedrale di San Lorenzo dove il doge
Francesco Brignole consegnò all’Arcivescovo,
cardinal Domenico Spinola, le insegne del
comando (scettro, corona regia e chiavi della città)
in un bacile d’oro, che depose sull’altare e l’offrì
alla Madonna. Giovanni Paolo II l’ha
50
Salvatore Vento
L’ULTIMO SCRITTO
3
1
“I. Sia lasciata passare in silenzio la mia
Esprimo il vivo desiderio di essere sepolto
morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di
in Milano con mia moglie nell’Oratorio che verrà
parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno.
costruito nella Casa di Riposo dei Musicisti da me
Né annunzi né partecipazioni.
fondata.
II. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga,
Qualora non venisse assecondato il deside-
nudo, in un lenzuolo. E niente •ori sul letto e nes-
rio da me espresso, dispongo acciocché abbia ad
sun cero acceso.
erigere un monumento sull’area da me acquistata
III. Carro d’in•ma classe, quello dei pove-
nel Cimitero monumentale di Milano.
Ordino che i miei funerali siano modestissi-
ri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né
amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta.
IV. Bruciatemi. E il mio corpo, appena arso,
mi e siano fatti allo spuntar del giorno o all’Ave
Maria di sera senza canti e suoni.
Non voglio nessuna partecipazione della
sia lasciato disperdere, perché niente, neppure la
cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non
mia morte colle solite formule.
si può fare, sia l’urna cineraria portata in Sicilia e
Si distribuiranno ai poveri del villaggio di
murata in qualche rozza pietra della campagna di
Sant’Agata lire mille nel giorno dopo la mia mor-
Girgenti, dove nacqui”.
te.
4
2
“Il mio cadavere sarà cremato con legna di
E’ falso che nel 1939 io o chiunque altro in
Caprera nel sito da me indicato con asta di fer-
Germania abbia voluto la Guerra! Essa è stata vo-
ro ed un pizzigo di cenere: sarà chiuso in urna di
luta e provocata solo e soltanto da uomini di stato
granito e collocata nella tomba delle mie bambine
stranieri o di origine ebraica e/o comunque proni
sotto l’agaccio ivi esistente-
agli interessi del giudaismo.
La mia salma vestirà camicia rossa – la te-
Passeranno i secoli, ma dalle rovine del-
sta, nel feretro, o lettino di ferro – appoggiato al
le nostre città e dei nostri monumenti non potrà
muro, verso tramontana – con volto scoperto – I
che crescere e rinnovarsi l’odio verso l’unito vero
piedi all’asta.
responsabile, l’unico imputato che dobbiamo rin-
I piedi del feretro o lettino assicurati con catenetta di ferro, siccome la testa –
graziare per tutto questo: l’Internazionale Giudaica ed i suoi scagnozzi !
Al Sindaco né a chiunque si parteciperà la
mia morte senonchè •nita la cremazione –”.
Sono questi alcuni passi scelti a caso di quattro testamenti di personaggi storici. Come noto il
51
testamento è tecni-
fare testamento, sti-
camente un atto con
landone diversi e
il quale si dispone
magari cambiandoli
delle proprie sostan-
in continuazione a
ze per il tempo in cui
seconda
si avrà cessato di vi-
re del momento o
vere.
a mò di “vendetta”
L’istituto
dell’umo-
ha
postuma. Infatti nel
una storia antichis-
nostro Ordinamen-
sima, tanto che la
to, il testamento è
attuale disciplina si
sempre ed inderoga-
fonda ancora sul Di-
bilmente revocabile
ritto Romano e l’at-
e modi•cabile •no
tuale Codice Civile
all’ultimo momento
dedica alla materia
di vita. Viene cioè
delle
successioni
garantita la assolu-
ben 353 articoli su
ta libertà di dispor-
2969 di cui 125 solo
re (entro i limiti di
al testamento. In re-
legge) delle proprie
altà la normativa è
sostanze quale tipica
assai risalente nel
libertà umana ed in-
tempo e molto dettagliata ma statisticamente nel
dividuale, tanto che è nulla ogni clausola che vie-
nostro Paese la maggioranza delle persone non la-
ti la rinuncia alla facoltà di revocare o di mutare
scia testamento e si applicano quindi le norme di
il testamento. E’ un atto strettamente personale la
legge sulla cosiddetta “successione legittima”. Le
cui redazione non può essere quindi devoluta ad
ragioni di questa non grande diffusione della pra-
altri, quali un genitore od un tutore. E quindi non
tica del testamento possono essere le più varie: “in
è ammesso, ad esempio, il testamento cosiddetto
primis” perché non si pensa o non si vuole pensare
“congiuntivo”, fatto cioè da due o più persone con
che sia giunto il proprio momento. Oppure perché
un medesimo atto né a vantaggio di un terzo: tipi-
non si è più coscienti o perlomeno lucidi. O ancora
co è il caso di due genitori che redigano un unico
perché ci si af•da alla legge per la ripartizione dei
testamento a favore dei •gli.
propri beni. O “last but not least” perché ci si sente
Come è noto, due sono le forme più comuni
“eterni” e non si vuole pensare al dopo lasciando
del testamento: olografo e pubblico. Il primo è il
che siano gli eredi a trovare le soluzioni. E in•ne
più semplice: bastano poche righe manoscritte su
anche per evitare i costi del notaio.
qualsiasi foglio anche all’orlo di un tovagliolo di
Al contrario vi sono non rari casi di perso-
carta con: “lascio tutto a mio nipote Francesco”,
ne solitamente anziane che quasi si divertono a
data e •rma. E’ suf•ciente quindi una lettera, un
52
qualunque foglio di carta a condizione che appun-
notaio per richiederne la pubblicazione.
to sia autografa. Il che esclude la possibilità da
L’altra forma maggiormente usata per il te-
parte di un terzo di aiutare a sorreggere la mano
stamento è quella pubblica, redatta cioè da un no-
di un testatore che abbia dei problemi di scrittu-
taio con le regole minuziose di legge. E’ quindi più
ra. Più che scritto deve essere manoscritto: tutto,
complesso e formale dell’olografo ma gode della
non solo la •rma. E a penna non a matita, cioè con
maggiore validità probatoria tipica dell’atto pub-
mezzi cancellabili; e anche il testamento più riser-
blico notarile, facendo piena prova •no alla quere-
vato proprio perché è redatto dal solo testatore. La
la di falso delle dichiarazioni del testatore. Inoltre
data può essere indicata sia all’inizio che alla •ne,
in questo modo il testamento può essere conserva-
anche senza l’ora. Se la data è errata o impossi-
to senza rischi di perdite, smarrimenti, danneggia-
bile (per esempio il 31/9) può essere riportata ad
menti, come ad esempio un incendio, o addirittura
esattezza dal Giudice qualora vi siano elementi
l’eliminazione da parte di malintenzionati.
in grado di rideterminarla corretta ma esclusiva-
I principali requisiti per il testamento pubbli-
mente però ricavabile dall’interno del testo stesso.
co sono: 1) la dichiarazione di volontà davanti al
In•ne la sottoscrizione, come dice la parola, deve
notaio che ha il compito di tradurre, e se del caso
essere apposta proprio per ultima in calce a pena
consigliare giuridicamente, in un linguaggio tecni-
di nullità. Il proble-
co-giuridico le inten-
ma di questo tipo di
zioni del testatore; 2)
testamento è la con-
l’irrinunciabile
servazione che, come
senza di due testimo-
capita, può perdurare
ni; 3) la redazione per
anche per decenni.
iscritto da parte del
pre-
Normalmen-
professionista il cui
te viene conservato
testo però deve essere
dall’autore: ma con
letto
tutti i conseguenti ri-
dal testatore e ripetu-
schi di smarrimento o
togli dal notaio; 4) la
di sottrazione soprat-
•rma dell’interessato;
tutto quando il testa-
5) la data che, a diffe-
tore, magari inizi ad
renza
avere problemi di sa-
deve contenere anche
lute oppure può esse-
l’ora; 6) la dichiara-
re conservato dal be-
zione che tutte le for-
ne•ciario
designato
malità ora citate siano
dal testamento: che,
state compiutamente
giunto il momento,
espletate. Vi sono poi
dovrà recarsi da un
altre forme residuali
personalmente
dell’olografo,
53
quali il testamento segreto (una busta chiusa con-
“disposizioni a favore dei poveri”. In questo caso.
segnata al notaio) o quelli a bordo di navi o aerei o
se il testamento nulla precisa al proposito, esse an-
durante calamità pubbliche.
dranno a favore del Comune dell’ultimo domicilio
Se la caratteristica principale del testamento
del testatore.
è il suo contenuto patrimoniale (istituzione di ere-
Tutti i testamenti ovviamente sono impor-
di e di legati) cionondimeno sovente il testamento
tantissimi per i loro autori e per i lori bene•ciari.
può avere natura anche non patrimoniale. Scola-
Su alcuni di essi si è però concentrata maggior-
sticamente, si fa
mente l’attenzione
l’esempio del rico-
e cioè su quelli di
noscimento di •gli
personaggi famo-
nati fuori dal ma-
si della storia ita-
trimonio, ma in re-
liana: nel 2012 si
altà le disposizioni
è tenuta a Roma
non
presso l’Archivio
patrimoniali
più diffuse sono
Storico
le istruzioni sul
no, organizzata dal
luogo e sulla mo-
Consiglio Nazio-
dalità dei funerali
nale del Notariato,
e della sepoltura e
una
sulle
mostra dal titolo
caratteristi-
Capitoli-
interessante
che della tomba,
emblematico
che sovente rag-
qui
giungono un grado
con una forte af-
di dettaglio assai
•uenza di pubbli-
minuzioso
come
co, quasi diecimila
in alcuni dei brani
presenze. In essa
dei testamenti so-
erano visibili le
pra ritrascritti. Tra
ultime volontà di
le istruzioni citate
fronte al pensie-
ricorre sovente la
“Io
sottoscritto”,
ro della morte di
richiesta di essere cremati: a questo proposito pos-
personaggi quali Verga, Pirandello, D’Annunzio,
sono però sorgere dei problemi qualora invece i fa-
Manzoni e tanti altri.
migliari vi si oppongano. Vi possono essere poi le
Visto il successo della mostra, la stessa ha
cosiddette “disposizione a favore dell’anima” al-
assunto un carattere itinerante; infatti era a Mo-
lorquando cioè il testatore chiede che vengano ce-
dena nel Palazzo Comunale •no al 18 ottobre del
lebrate ad esempio delle Messe, la cui esecuzione
2015 per poi proseguire a Milano dall’8 al 10 no-
è posta a carico all’erede e a un sacerdote oppure
vembre nell’ambito del Congresso Nazionale del
54
Notariato che si svolge a Fiera Milano City.
loro assolute certezze che il mondo sarebbe cam-
Uno dei richiami di questa esposizione è in-
biato anche in momenti storici in cui nulla lo pote-
sito nella attuale società cosiddette “liquida” dalla
va lasciare presagire. E, all’opposto, il testamento
quale viene esorcizzato ed espulso il concetto di
politico di Hitler scritto la notte prima di uccidersi
morte: a favore del mito dell’ “eterna giovinezza”.
nel bunker di Berlino, che si conclude con la fra-
Basato sull’attimo transitorio di un singolo “pun-
se: “ingiungo al governo ed al popolo di osserva-
to” di cui si tende ad ignorare la continuità della
re •no in fondo le leggi razziali e di opporre una
serie dei “punti” che tutti insieme formano una li-
strenua resistenza alla minaccia sempre più vasta
nea retta, tendente all’in•nito. Dalla quale appun-
e velenosa dell’Internazionale Giudaica”.
to si preferisce rifuggire,
Neanche quindi la
soffermandosi sul singolo
gigantesca catastrofe che
“punto”, per evitare inter-
aveva distrutto il mondo
rogativi inquietanti. Ecco
a causa sua, lo aveva evi-
quindi
il contrasto (che
dentemente fatto ri•ettere
rende affollata la mostra)
sul fallimento dei propri
tra questo il vivere solo
folli ideali.
nel presente, tentando di
Personaggi
famosi
ignorare passato e futuro, e
ma tutti uguali di fronte
la scoperta di chi scriveva
alla morte, più esattamente
invece in prossimità della
in prossimità della morte
propria morte. Chi scri-
allorquando cioè la mente
veva molte volte dettava
umana, famosa o umile,
istruzioni economiche o
ricca o povera, si rende
pratiche. Ma vi sono anche
conto che il suo percor-
testamenti spirituali in cui
so terreno sta volgendo al
il moribondo vuole lascia-
termine ed in alcuni casi,
re detto per l’ultima volta
come detto, desidera la-
a che cosa abbia ispirato
sciare ai posteri un suo
tutta la propria vita, qua-
ultimo messaggio. A pro-
si sempre con•dando che
posito, recentemente sono
non sia stata inutile nel senso che tali suoi princìpi
stati anche pubblicati alcuni libri che raccolgono
proseguano o vengano riaffermati anche dopo la
numerosi testamenti di Italiani illustri ed è talvolta
sua scomparsa.
strano notare come, in certi casi, alcuni grandis-
Emblematici di questo desiderio di eternità
simi personaggi esprimano le loro ultime volontà
delle proprie idee sono da un lato i testamenti di
con istruzioni tanto precise da risultare in qualche
alcuni martiri antifascisti che, nonostante morisse-
caso forse un po’ pedanti su dettagli tecnici certa-
ro in piena dittatura, cionondimeno ribadirono le
mente meno importanti di quella che è stata la loro
55
L’ultimo in•ne, come evidente, è il testa-
vita.
In questo contesto e in questo spirito possono
mento il già citato politico di Hitler il quale non
ora essere svelati gli autori dei quattro testamenti
mostra, anche se oramai poche ore mancavano al
di cui sono stati riportati all’inizio alcuni brani. Il
suo suicidio, il benché minimo segno di pentimen-
primo è di Luigi Pirandello che, tormentato da una
to ne di colpa. Pure il successivo testamento priva-
situazione familiare dolorosa a causa della grave
to è altrettanto sorprendente: con precisione ma-
malattia mentale della moglie, trascorse la sua esi-
niacale esso reca l’indicazione dattiloscritta delle
stenza tra le cure famigliari, l’insegnamento e l’at-
ore 4.00 del 29 aprile 1945 (il dittatore si uccise il
tività artistica. Morì nel 1936 per una polmonite
30), vi vengono indicati per regolarità due testimo-
contratta negli stabilimenti di CineCittà durante le
ni (Bormann e Goebbels) e vi si legge testualmen-
riprese della versione cinematogra•ca del suo ro-
te, tra l’altro:
manzo più famoso il Fu Mattia Pascal.
“Dato che negli anni della lotta pensavo
Il secondo è di Giuseppe Garibaldi morto a
di non assumere la responsabilità di fondare una
Caprera il 2 giugno 1882. Ebbe tre mogli, Anita,
famiglia, ho deciso, prima di porre •ne a questa
Giuseppina Raimondi e Francesca Armosino dal-
esistenza terrena, di prendere in sposa la ragazza
le nacquero numerosi •gli, quattro dalla prima, tre
che dopo lunghi anni di amicizia fedele è venuta
dall’ultima e uno dalla domestica Battistina Ravel-
di sua sponte in questa città ormai assediata, per
lo.
condividere il mio destino. Ciò che possiedo e per
Il terzo è di Giuseppe Verdi che chiese che i
quanto possa avere il minimo valore, appartiene al
funerali si svolgessero all’alba e al tramonto senza
partito. Dovesse non esistere più, allora allo stato,
sfarzo né musica e con esequie semplici: anche se
e se anche questo dovesse essere distrutto, allora
poi almeno centomila persone seguirono, ma in si-
questa mia decisione non sarà più necessaria. Ho
lenzio, il feretro. Quando poi la sua salma, insieme
acquistato collezioni di dipinti nel corso degli anni
a quelle di Giuseppina fu traslata alla cripta della
non per scopi privati, ma unicamente mosso dal
Casa di Riposo, come da suo desiderio, le esequie
desiderio di ampliare una pinacoteca della mia
invece furono solenni: Arturo Toscanini in perso-
città natale, Linz. Mi auguro con tutto il cuore che
na diresse il coro che intonò “Va pensiero sulle ali
si effettui questo lascito.”
dorate”.
56
Francesco Massimo Tiscornia
AMÓ NERVI
LA POETESSA RUSSA CETAIEVA
privilegiato
Aurelia. Nell’anno 1880 si iniziò
per la sua posizione, riparata dalla
la costruzione dei grand Hotel
collina e con una stupenda costa
Eden che ebbe illustri ospiti quali
marina, ricca di scogli iniziò la sua
il romanziere polacco Henryk
vita di stazione climatica dopo la
Sienkewicz nel 1893, autore
metà del secolo XIX per merito e
del celebre romanzo Quo vadis
per iniziativa del marchese genovese
e nel 1901 Premio Nobel per
Gaetano Gropallo che seppe intuire
la letteratura, Richard Strauss,
Nervi,
luogo
le future risorse di questo luogo
Arrigo Boito, la cui lunga
nel campo turistico e climatico ed
permanenza all’“Hotel Eden”
apprestò nel 1863 il primo tetto per il
richiamò spesse volte a Nervi da
forestiero, destinando ad albergo un
Genova Giuseppe Verdi, legato a
immobile di quattro piani al margine
Boito da fraterna amicizia; Boito,
entusiasta di questa località, ideò
orientale dei suo parco, oggi adibito
a scuola. Fu chiamato “Pensione inglese”, poiché i
e scrisse qui parecchi libretti d’opera e uno di questi,
primi ospiti furono gli Inglesi, e sviluppandosi, nel
il Falstaff musicato da Verdi, lo compose al “Grande
1880 prese il nome di “Grand Hotel”. Questo albergo
albergo Eden”. La fama di località salubre di Nervi
molto elegante attirò in breve tempo una clientela
era ampiamente diffusa anche all’estero, soprattutto
straniera di primo ordine: granduchi russi, austriaci,
in Germania e in Russia dove i medici consigliavano
tedeschi e lord inglesi ne fecero il loro abituale luogo
ai malati di tisi, malattia allora assai diffusa, un
di convegno specialmente nei mesi invernali.
soggiorno nella cittadina. Guarigione non sempre
Il marchese Gropallo seppe anche attirare a
assicurata come testimoniano le tombe malamente
Nervi i molti amici di Genova e non solo, ricevendoli
conservate che si trovano all’entrata destinata ai
sfarzosamente nel suo palazzo, villa Gropallo. Dai
defunti di fede non cattolica, del più antico cimitero,
primi successi nacquero nuove iniziative: sorse così
situato a nord della Chiesa di San Siro, costruito nel
lo “Schickert’s Park Hotel” che occupò il palazzo dei
1833 dopo che una intimazione dei Giudice di Nervi
marchesi Crosa in via Aurelia. Ancora oggi si può
proibì di continuare a seppellire i morti nella Chiesa.
leggere nella facciata del palazzo attualmente adibito
Oggi solo tre lapidi riescono a farsi strada tra i rovi
ad appartamenti l’insegna sbiadita dell’albergo. Di
spinosi consegnandoci, in cirillico, inglese e tedesco,
fronte si insediò la “Pension Russe”, aperta nel 1898
i nomi di due uomini e di una donna morti in, giovane
dai tedesco Aleksandr Müller.
età.
L’edi•cio che ospitava i locali della pensione,
Nella primavera del 1902, anche Anton
esiste tuttora a Capolungo al numero 25 della Via
Padovil" Cechov, pure affetto da tubercolosi, aveva
57
progettato un viaggio a Nervi proponendosi di
di Tarusa, si incontrarono con un diverso genere
trascorrervi l’inverno e la primavera del 1903.
di vita, e soprattutto con una libertà fino ad
Nelle lettere dello scrittore il nome della
allora inconcepibile. Nella memoria delle
località ligure compare ben diciassette volte: ma la
sorelle, Nervi e il suo mare del quale Marina,
quarantena imposta a Odessa a causa di un’epidemia
complice il nome ricevuto al battesimo, sentì
di peste, lo costrinse a modi•care i suoi piani.
di condividerne la mutevolezza, l’impeto,
Morirà a Badenweiler nel 1904. Se fosse riuscito
l’ansia di continua rinascita, la diversità da
a raggiungere Nervi, è probabile che si sarebbe
creature terrene, sarebbero rimaste per tutta
incontrato con la famiglia dei professor Cvetaev
la vita ed entrambe ne avrebbero restituito il
(pron. Cetaiev) che, proprio nel novembre del 1902,
ricordo in forma letteraria, negli anni seguenti.
giunse a Nervi da Mosca con la moglie e le tre •glie:
Valerija e le piccole Marina e Anastasija, prendendo
Nervi, amato paese,
alloggio nella “Pension Russe” a Capolungo.
Mentre partivo piangevo.
Ivan Vladimirovic Cvetaev, insigne studioso,
professore di storia dell’arte a Mosca, aveva una
Partii ch’era già primavera,
e fu della vita, l’inizio...
lunga consuetudine con l’Italia, dove era venuto più
termina così con una quartina di versi composti
volte, e fu così che scelse di portare la moglie, cui
dall’ undicenne Marina, il lungo passo che la
era stata diagnosticata la tubercolosi, a Nervi. Come
sorella Anastasija Cvetaeva dedica nelle sue
annotava il giorriale “Pro Nervi” di allora, Nervi era
memorie al soggiorno nerviese della famiglia.
a quel tempo in grado di ospitare nei propri alberghi
Le pagine di Anastasija che Boris Pasternak
e pensioni, nelle sue ville e case private, più di
definì scritto con “linguaggio del cuore”,
mille persone, e molti erano coloro che arrivavano
restituiscono tutto il fascino di un momento
dalla Russia. Il soggiorno a Nervi costituì nella
poco noto nella biografia di Marina Cvetaeva,
vita delle piccole Marina e Anastasija una sorta di
colei che Josif Brodskij definì “il primo poeta
spartiacque. Allontanate dagli ambienti familiari,
del Novecento”.
dalla loro dacia sulle rive del •ume Oka nei pressi
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Silvana Canevelli
L’INCREDIBILE POTERE
DELL’OTTIMISMO
La crisi, le dif•coltà, gli smacchi, quegli
pre•ssata”.
sgambetti brutti che ti sa far la vita. E il timore
È importante, poi, coltivare la disponibilità
di non farcela, di non riuscire a stare in piedi,
al mutamento, un concetto diverso e più positivo
di perdere la •ducia in tempi più sereni. Come
del cambiare. Nel mutamento, infatti, il percorso
fare a resistere? Un grande aiuto è offerto dalla
del cambiamento si innesta anche nella capacità
resilienza, quella forza d’animo, detta anche
di sapere evolversi e crescere, a qualsiasi età. Un
ottimismo, che non solo consente di superare gli
altro dono da far crescere con cura è l’apertura alla
scogli, ma addirittura ci permette di diventare
speranza (sperare è l’esatto contrario di disperare")
persone migliori proprio grazie alle dif•coltà.
che è poi l’amore per la vita: chi ama la vita guarda
“La resilienza,” - spiega Angela Raimo,
•ducioso al futuro, consapevole delle proprie
psicoterapeuta, - “è la qualità per cui riusciamo
risorse e sicuro che anche le situazioni più critiche
a superare i periodi di crisi e a dribblare ogni
prima o poi saranno destinate a •nire.
ostacolo, più solidi e più forti dopo ogni caduta.
Il percorso verso la resilienza, quella forza
Tutti possiamo, nel corso della vita, sviluppare
d’animo che può sorreggere e guidare tutta la
questa caratteristica. Aiutati all’inizio dai genitori,
nostra esistenza, a volte è lastricato di ostacoli
che sino da quando siamo piccoli ci dovranno
che poniamo noi stessi: quali un generalizzato
esortare a non arrenderci, a resistere, a cercare
atteggiamento pessimista, la mancanza di tenacia,
soluzioni diverse e strategie alternative che
la tentazione di arrendersi con facilità piantando a
permettano di aggirare gli scogli e, passo dopo
metà i progetti e le azioni intraprese per migliorare
passo, con pazienza e tenacia, arrivare alla meta
la nostra condizione, la convinzione che ogni
sforzo per migliorare sia inutile, la
predisposizione alla depressione e
alla scarsa autostima.
Quali possono essere invece
le armi di cui dotarsi per superare le
dif•coltà, i problemi, i periodi bui
in cui nessuna luce sembra potersi
pro•lare al nostro orizzonte? Ce li
spiega la dottoressa Raimo.
Concediamoci la possibilità
di sbagliare e di correggere la
rotta delle nostre azioni; non
pretendiamo di fare sempre tutto
59
da soli e non vergogniamoci di chiedere aiuto
comunque, costituiscono il frutto dell’impegno,
alla famiglia o agli amici; non siamo impazienti
delle capacità e della perseveranza personale.
e impariamo l’arte dell’attesa: il vento cambierà,
Se una persona si scoraggia facilmente di fronte
basta saper aspettare. L’incertezza fa parte della
alle dif•coltà, un utile esercizio è quello della
vita e anche le situazioni più negative spesso
frammentazione. Si può “smontare” nella mente
sono un mezzo per arrivare a soluzioni positive;
il proprio problema spezzandolo in tante parti,
non respingiamo a priori le critiche costruttive ma
quasi fosse un muro fatto di mattoni. Questo
impariamo a recepirle; neutralizziamo sul nascere
renderà molto più facile trovare singole soluzioni
i pensieri limitanti che minano la nostra forza e
e arrivare, di gradino in gradino, in cima a quella
la capacità di resistere, quali: il mondo è ingiusto,
montagna prima apparentemente insormontabile;
a essere premiati sono solo i furbi e i disonesti,
una difesa potentissima che aiuta a rimanere a galla
non ce la posso fare, non sono capace, non sarò
nelle avversità è rappresentata dall’umorismo: una
all’altezza, tanto è tutto inutile.
caratteristica dal valore liberatorio che consente di
Di fronte a un problema, evitiamo di pensare
trasformare la sofferenza in comunicazione e fa sì
subito agli sbocchi negativi per concentrarci invece
che gli altri non ci debbano vedere come vittime
su tutte le possibili soluzioni concrete in grado di
sofferenti, ma come ironici e risoluti costruttori
risolverlo o di aggirarlo. Gli eventi negativi ci sono
della nostra esistenza.
e ci saranno sempre, ma sono davvero pochissimi
quelli permanenti o irrisolvibili. Un traguardo
Quando
ogni
speranza
sembra
vana,
armiamoci di un pensiero guida, quasi un
importante, un successo, il raggiungimento di un
talismano: sperare, attendere, resistere, risalire.
obiettivo a volte possono essere attribuibili in
Non ci tradirà.
parte alla fortuna o a interventi esterni: sempre,
60
Paola Tiscornia
· RECENSIONI ·
“SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA”
DI CARLO ROVELLI
Un volumetto di meno di cento pagine recen-
•loso•camente
importanti
come
la
natura
temente pubblicato nella “Piccola biblioteca Adel-
della “freccia del tempo”, i faticosi tentativi di
phi” ha piuttosto sorprendentemente scalato i pia-
conciliazione tra le due teorie •siche fondamentali
ni alti delle classi•che letterarie nazionali: si tratta
elaborate nel corso del Novecento (la Relatività
delle Sette brevi lezioni di •sica, realizzato dallo
einsteniana e la Meccanica quantistica, alle quali
scienziato, docente universitario e divulgatore
sono speci•catamente dedicati i primi due capitoli
Carlo Rovelli assemblando e ampliando una serie
del volumetto) e in•ne il signi•cato della presenza
di articoli originariamente usciti sul meritatamente
umana sul pianeta Terra, che, quasi a titolo di
celebre e noto Supplemen-
bilancio/ricapitolazione,
to culturale domenicale del
occupa il capitolo •nale
“Sole 24 ore”.
dell’opera.
Con un titolo che
Come poc’anzi ac-
richiama quello dei Sei
cennato, il principale pre-
pezzi facili e dei Sei pezzi
gio del volumetto risiede
meno facili pubblicati dal
(almeno ad avviso dello
grande •sico e divulgatore
scrivente) nel felice esito
scienti•co
novecentesco
di un’ impresa solitamen-
R. Feynman, Rovelli delinea un panorama
te ardua, ovvero coniugare chiarezza, precisione
sintetico ma profondo e soprattutto chiaro delle
scienti•ca e sinteticità. Tra gli altri meriti, pos-
attuali conoscenze (non solo) in quella che da più
siamo annoverare ad esempio lo spazio riservato
parti si continua a ritenere la disciplina scienti•ca
alla presentazione di una “•loso•a della scienza”
“fondamentale” per eccellenza: un brillante
equilibrata e stimolante, come traspare da consi-
affresco scritto sostanzialmente per i “non addetti
derazioni quali la seguente: “la scienza ci mostra
ai lavori”, i quali in relativamente poche pagine
come meglio comprendere il mondo, ma ci indica
vengono sapientemente condotti dalle misteriose
anche quanto vasto sia ciò che ancora non sap-
profondità dell’Universo agli altrettanto misteriosi
piamo”. Con la precisazione fondamentale che il
recessi del mondo sub-atomico e delle particelle
nostro sapere ri•ette il mondo. Lo fa più o meno
elementari, senza trascurare tematiche anche
bene, ma rispecchia il mondo che abitiamo, ovvero
61
imprese, tradizionalmente impresse nell’immaginario collettivo, dei “genî solitari” di un tempo ormai tramontato (ormai siamo nell’epoca della “big
science”), ma che tutto sommato non ha smarrito
le proprie caratteristiche metodologiche e i propri
criteri operativi fondamentali: dalla ripetibilità degli esperimenti alla pubblicità dei risultati raggiunti.
Il
successo
dell’opera
risulta
dunque
sorprendente ma pienamente meritato e mostra
concretamente la validità di un genere letterario, la
la trama di cui siamo fatti noi stessi, poiché (con
Saggistica, in un Paese come l’Italia troppo spesso
buona pace di alcune agguerrite correnti culturali
pesantemente trascurato rispetto alla solitamente
tuttora piuttosto diffuse) noi siamo fatti della stes-
strabordante Narrativa (specialmente quella “di
so polvere di stelle di cui sono fatte le cose. Non a
•ction”). D’altronde Rovelli aveva già al proprio
caso tra i pochi riferimenti •loso•ci esplicitamen-
attivo la pubblicazione di un paio di volumi di
te menzionati/elogiati nel volume, fa capolino B.
buona divulgazione più corposi (Che cos’è lo
Spinoza, acuto pensatore particolarmente apprez-
scienza e soprattutto La realtà non è come ci
zato (tra gli altri) da A. Einstein.
appare) ugualmente andati incontro ad un ampio e
Opportunamente Rovelli insiste inoltre sulla
dimensione creativa, “passionale” e (a suo modo)
visionaria della ricerca scienti•ca: un’attività concretamente molto lontana da quell’asettica, meccanica e fondamentalmente noiosa applicazione
di rigide regole matematico-sperimentali che ne
costituisce viceversa un’infelice caricatura diffusa
spesso a bella posta da chi (al contrario di Rovelli,
uno tra i principali studiosi di “gravità quantistica
a loop” a livello internazionale) non ne conosce
dall’interno le principali dinamiche. Un’attività,
inoltre, oggi indubbiamente piuttosto lontana dalle
62
meritato successo di pubblico e di critica.
Claudio Pestarino
· RUBRICHE ·
PALCOSCENICO
Cronache teatrali di Clara Rubbi
Si è inaugurata la stagione teatrale al Teatro
ammette che l’attore è un truffatore folle, perché
Duse con lo spettacolo “Minetti” di Thomas
il pubblico vuole essere divertito, invece deve
Bernhard , prodotto dal Teatro Stabile di Genova
essere turbato. Ricorda di essere stato direttore
per la regia di Massimo Sciaccaluga: protagonista
di teatro a Lubecca, di aver subito un processo e
Eros Pagni , che ha interpretato il personaggio
che tutta la Germania era contro di lui. Eppure un
di Minetti. ln scena ci sono altre dodici persone
tempo era stato osannato: ne fanno fede i ritagli
ed altre dieci in maschera, ma in realtà quello di
di giornali con le critiche a lui favorevoli, che
Minetti è un monologo, che dura quasi due ore e
raccoglie in quella misteriosa valigia.
conferma la straordinaria bravura di Pagni. E’ la
L’attore deve creare disagio nel pubblico.
E qui l’autore, attraverso il
protagonista, entra in una
questione
irresolubile:
praticamente
l’attore
deve divertire , sedurre o
terrorizzare il pubblico?
E poi l’artista è veramente
artista,
solo
quando
è
pazzo. Anche “Re Lear” è
“pazzo”, quando scaccia
l’unica •glia che gli vuole
bene. In questo intreccio
notte di san Silvestro e c’è una tempesta di neve.
tra attore e personaggio si esprime la tragedia di
Minetti arriva in un hotel di Ostenda, dove gli
Minetti, che ormai comprende che il direttore di
ha dato appuntamento un direttore di teatro che
teatro non arriverà più. E in questa attesa senza •ne
gli ha proposto di recitare “re Lear”, come aveva
ricorda in qualche modo il celebre “Aspettando
fatto più di trent’anni prima. Ha con sé una grande
Godot” di Beckett.
valigia, che non permette a nessuno di toccare.
Non gli resta che avvelenarsi, indossando
Aspetta, aspetta, ma il direttore tarda
per l’ultima volta la maschera di re Lear, che
a venire. E intanto Minetti parla e tra l’altro
custodiva nella valigia. Inutile riferire gli applausi
63
che alla •ne il pubblico
il “cupio dissolvi”,
commosso ha tributato
che si materializza
al protagonista, che è
nella
stato richiamato alla
moglie
ribalta numerose volte.
e
La stagione del
in
morte
della
tubercolosa
quella
dello
stesso Ivanov che si
Corte
uccide. Come in gran
si è inaugurata con
parte della letteratura
il dramma di Anton
russa si avverte nel
Cechov “Ivanov”, che
dramma di Cechov il
Teatro
della
avuto come protagonista e regista Filippo Dini.
sentimento di una in•nita stanchezza, di una quasi
Ivanov è un intellettuale, piccolo proprietario
patologica incapacità a vincere l’immobilismo: é
terriero, amato dalle donne. Tuttavia Ivanov si
il simbolo di una società in declino inarrestabile,
sente un vinto al punto da arrivare al suicidio. E’
che sarà spazzata via dalla Rivoluzione.
un’opera giovanile che Cechov nel 1887 scrisse
Le scenogra•e di Laura Benzi risultano
a ventisette anni, su commissione di un direttore
affascinanti sapientemente mutevoli come la
di teatro, intridendo varie tematiche in un’opera
vicenda che si svolge ora all’aperto, ora al chiuso,
complessa, che dura circa tre ore e che avrebbe
ora in uno studio, ora in un salone delle feste.
potuto subire dalla regia qualche opportuno
Filippo Dini ha offerto una grande prova di attore,
taglio, come la scena centrale della festa che è
ma anche come regista ha vinto una scommessa
esorbitante.
non da poco, guidando gli otto attori, che hanno
L’opera ha una sua modernità perché
descrive
nel
quell’insoddisfazione
protagonista
patologica
che oggi de•niamo “depressione”
o “male di vivere”, come lo
chiamava Eugenio Montale. Si
può parlare anche della “noia” di
questo personaggio, che si allontana
sempre di più dalla natura, che forse
poteva essere per lui salvi•ca, per
rinchiudersi nell’angusta solitudine
del suo studio. Ma è presente anche
64
dato vita ai vari personaggi.