Numero 2/2015 - SO.CREM Genova
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Numero 2/2015 - SO.CREM Genova
1 2 Editoriale caotica contingenza l’insorgere di nuovi fattori Quando crollò l’impero sovietico e, con geopolitici intesi a colmare il vuoto. Allo stato di esso, il potere costituito in Albania, assistemmo endemica con•ittualità si è sovrapposto il torvo a un fatto per noi inconsueto; navi dirette ai Califfato, fanatico, barbaro e iconoclasta. nostri porti adriatici con uomini in fuga, stipati a L’esodo dunque investe oggi l’Europa grappoli dalle tolde alle ciminiere. Si riandò col intera il cui totale intervento è invocato dal nostro ricordo alle migrazioni di popoli asiatici verso Paese al collasso, per una risposta all’obbligo l’Europa al tempo delle invasioni barbariche, dall’accoglienza; ovvio richiamo che oggi si ma mai avremmo potuto prevedere che nulla leva da ogni plaga tranne che dall’Est europeo, era a confronto dell’ odierno epocale fenomeno tetragono e cataffratto a ogni invito alla solidarietà. migratorio, una sorta di esodo biblico che rovescia Evasivi •no a ieri i Paesi Occidentali, oggi da mesi sulle nostre coste centinaia di migliaia disposti a più generose delibere in merito a quote di sventurati; un esodo che prosegue, chissà per di cifre che ballano di continuo. Fa eccezione da quanto ancora. ultimo la Germania che, con centinaia di migliaia A dover condurre un’analisi obiettiva di migranti alle porte di Budapest, ha espresso di tale fenomeno è opportuno distinguere le l’intenzione di praticare un’ illimitata accoglienza cause prossime da quelle remote. Cominciando che, nel caso di interi popoli, dovrà pur avere dei da quest’ultime, riconosciamo che la limiti. Lodevole intento ma non privo di astuzia. deconolizzazione non è stata felice così come il Accogliendo i ceti migliori pone già sperabili colonialismo non ha fatto onore ai Paesi europei. premesse alla seconda fase dell’accoglienza, Si fece presto a decolonizzare: ben salde rimaste ovvero all’integrazione che farà tremare le vene e in mano coloniale le fonti energetiche a lucroso i polsi al Continente, specie al nostro Paese, con le sfruttamento e lasciato il potere amministrativo masse di diseredati che pur dovranno riscattarsi col agli indigeni, privi di cultura politica e animati lavoro. Compito precipuo di liberare dalle strade da sfrenate ambizioni. Ecco quindi l’accendersi dei giovani infelici stravaccati sui marciapiedi a di faide con distruzioni, carestia e morte per le mendicare. Compito di civiltà che attende tutta popolazioni civili che, poco alla volta, si sono questa Europa vecchia e decrepita. volte all’emigrazione. I profughi che oggi si Giorgio Spina ammassano alle nostre frontiere sono tutti degni di accoglienza, o quasi tutti. Infatti, alle Il 20 settembre di questo, per noi infausto 2015, ha turbe di disperati si stanno accodando via via i meno tribolati che, •dando su tv, segnato la scomparsa del Geom. Giuseppe Noce, già Vice internet e cellulari, vagheggiano di trovare Presidente della So.Crem e prezioso collaboratore tecnico fortuna in Europa, novella America. dell’Ente. Ogni miglioria e innovazione nel Tempio reca infatti la sua firma. Le cause attuali muovono tutte da una Il 28 settembre, nella Sala del Commiato, il Cav. sciagurata destabilizzazione partita dalla Mauro Peirano, attuale Vice Presidente della So.Crem, ha scomparsa “manu militari” di dittatori, pronunciato parole di sentito cordoglio. Gli ha fatto seguito il dall’Irak alla Libia. Schiacciare i dittatori Comm. Avv. Edoardo Vitale, Presidente della So.Crem, che, è buona cosa ma non lo fu forse in questo notevolmente commosso, ha detto addio all’amico fraterno caso. A parte oculati Paesi del Nord ed ha annunciato che il Tempio Crematorio sarà intitolato al Africa come Egitto e Tunisia, tra le coste nome dell’illustre scomparso. La grave perdita che ha subìto il Sodalizio è stata oltremare e il Medio Oriente, dissoltasi qualsiasi autorità, scoppiarono micidiali e preceduta in un breve arco di tempo dalla dipartita dei Signori devastanti con•itti che da anni funestano Attilio Magri e Alfonso Pelosi, già Membri del Consiglio di intere popolazioni, quelle che da ultimo Amministrazione, alla cui memoria vanno le nostre più vive condoglianze. stanno alimentando in un preoccupante La Direzione e la Redazione del “La Scelta” si uniscono crescendo le migrazioni in Sud Italia e al necrologio. ora anche nei Balcani. Notevole, a questa 3 · C U LT U R A · I MEDICI CULTORI DEL RINASCIMENTO Il declino dell’ordinamento feudale, la di credito alla bancarotta. perdita del controllo in Italia da parte del Sacro Ma per fare un passo indietro occorre Romano Impero, videro frantumarsi il potere ricordare che per lunghi anni tra le genti vigeva nelle mani di vecchi feudatari che, diventati il baratto. Solo in seguito intervennero il cambio Signorie, l’aspetto e la circolazione monetaria. L’origine delle di numerosi potentati, ciascuno al vertice banche è infatti il cambio che avveniva su di un di altrettante città e di famiglie, nei centri “banco”, poi “banca”; una panca, un tavolo, un diedero alla Penisola maggiori come Milano, desco, un qualcosa su cui Firenze e Napoli; anzi, scrivere e fare i conti, un più famiglie nella stessa qualcosa che divide due città e tutti, gli uni contro persone impegnate in una gli altri armati, in una transazione, con alcune endemica lotta per il cose che passavano sopra potere. il banco e anche sotto" In questo quadro L’origine del sistema sconfortante, tra Trecen- bancario to e Cinquecento, di con- alimentata dai prestiti ai fu dunque tinue turbolenze, di alli- potenti, in seguito anche neamenti sempre diversi, agli sviluppi dei traf•ci con un Papato sempre in import-export di merci in posizione predominante, misura sempre maggiore a fiancheggiare o a com- sui mercati. Si spiega battere, i mezzi finanzia- perché Genova, già allora ri erano indispensabili porto di notevoli traf•ci per fare la guerra e mantenere gli eserciti mer- marittimi, ebbe il “Banco di San Giorgio” tra cenari; da noi, si aggiunga, ma anche altrove i primi istituti in Italia e in Europa. Si spiega se si pensa ai re inglesi, plantageneti e poi Tu- anche il crescente numero di iniziative bancarie dor, a chiedere prestiti alle banche (anche al in Olanda e a Londra, il più importante emporio genovese “Banco di S.Giorgio”), indebitarsi europeo di lino, lana, seterie, minerali, preziosi, fino al collo nelle implacabili contese, finire bestiame, prodotti ittici e agricoli. insolventi e condurre talvolta anche gli istituti 4 Da noi, tra le città di più vivace attività bancaria, quella che raggiunse il primato fu prezzo della sua attrazione fatale del potere Firenze dove intere famiglie erano dedite politico passando sotto le forche caudine delle all’esercizio bancario con alterne fortune. “In sue insolvenze. Dopo 97 anni di attività, non primis” quella dei Medici con esponenti di sempre lucrose, crollò nel 1494 all’orlo del cinque generazioni: Giovanni di Bicci (1360- collasso che Piero, l’ultimo dei Medici, non 1429); Cosimo (1389-1464) Piero il Gottoso riuscì a evitare. Nel complesso, con le sue luci (1416-1469); Lorenzo (1449-1492); Piero il e le sue ombre, la banca dei Medici fu come una Fatuo (1471- 1503). burocratica parentesi all’interno dal travagliato L’avventura bancaria, per così dire, fu processo di transizione dal mondo medioevale a avviata a Firenze da Giovanni di Bicci nel 1397 quello moderno; un’epoca in cui •orirono l’arte con •liali nel tempo a Milano, Venezia, Pisa, e l’usura. L’arte del Rinascimento, anzitutto. I Roma (dove i Medici divennero i banchieri Medici furono circondati dai maestri dell’arte e del Papato) ma anche, in momenti diversi, con della cultura, dalle •gure imperiture del tempo. una rete europea a Londra, Basilea, Ginevra, Cosimo, il protagonista della seconda Avignone, Bruges, Lione per il commercio di generazione, fu, oltreché mecenate, egli stesso arazzi •amminghi, tele di lino, seta olandese, un cultore e collezionista di opere d’arte, lana stagno, antiche statue, marmi scolpiti, medaglie, piombo, allume, il tanto richiesto solfato bianco monete, gioielli; umanista anche per l’amore indispensabile per il •ssaggio dei tessuti e del delle letterature e l’impegno culturale per il quale deteneva il monopolio il Papato, conteso da greco. inglese, pellicce del Nord, Genovesi e Veneziani che praticavano i commerci dell’allume turco di Smirne. Lorenzo, nipote di Cosimo, meno interessato degli altri all’attività bancaria, fu allevato Passi l’impegno bancario, neppure tanto nell’esercizio delle lettere: sedicenne compose di successo, i Medici dovevano diventare un sonetto mitologico, versi e componimenti storicamente ben più importanti cultori dell’arte vibranti di languori come un diario sentimen- e in generale di tutte le discipline umanistiche. Si tale: pagine che precorsero le numerose opere pensi solo a Lorenzo il Magni•co. Come detto, i come la Nencia da Barberino, poema di venti Medici come banchieri non primeggiarono: fecero strofe di otto versi, L’altercazione un poema affari, guadagnarono ma non divennero i potenti bucolico, il Simposio, componimento di otto- della •nanza. Non merito loro le innovazioni cento versi, l’eterna canzone “Quanto è bella •nanziarie come la partita doppia, la cambiale, le Giovinezza” del suo Gaudeamus Igitur e nu- lettere di credito (molto ricordate da Defoe nel merose novelle. Sempre insieme ad artisti e tardo 600), il deposito in conto corrente, le azioni poeti, un torneo da lui affrontato a vent’anni fu anche se, assunti al potere politico, istituirono le cantato da Luigi Pulci. Sposo di Clarice Orsini, tassazioni e il catasto per meglio individuare e a ventun anni assunse il potere della dinastia colpire le proprietà immobiliari. e divenne ben presto la figura più elevata del Col tempo la banca dei Medici pagò il mecenatismo rinascimentale. 5 Di statura media e corpo robusto, Lorenzo 43 anni. ebbe scarsa avvenenza fisica, voce sgradevole, A voler enumerare gli artisti che furono più vista non buona, assenza completa dell’olfatto o meno a contatto con Lorenzo si passa dal gruppo ma il viso, dai tratti regolari, si rivelava dei maestri •orentini (Perugino, Verrocchio, volitivo, con gli occhi neri che brillavano Ghirlandaio, Botticelli, Pinturicchio, Pollaiolo) di intelligenza; nel suo complesso, il volto a Masaccio, Bronzino, Brunelleschi e Filippo colpiva per l’eccezionale energia intellettuale. Lippi; ai letterati in schiera ancor maggiore, La sua fu illuminata protezione e promozione con Marsilio Ficino, Poliziano, Vasari, Luigi delle lettere e delle arti. Dittatore illegittimo Pulci, Pico della Mirandola, Poggio Bracciolini, (il Guicciardini lo definì “tiranno piacevole”), Machiavelli, Guicciadini, Giovanni Rucellai, si elevò a difensore dei più alti valori spirituali, grazie ai quali si ha la panoramica completa del invocando per tutti il diritto alla cultura e all’arte. quadro storico rinascimentale con il Magni•co Uomo di gusto sopraf•no, esperto al suo centro. collezionista, amatore d’arte, poeta, diplomatico, Dopo gli inenarrabili scontri e le perniciose •nanziere, uomo politico, Lorenzo divenne il rivalità che funestarono tutte le città grandi personaggio storico più rilevante per secoli. e piccole della Penisola, Lorenzo apparve il Intere biblioteche ne scrissero, molti lo dipinsero mediatore nato, il principe della pace, l’ago della come il Botticelli, molti umanisti come Marsilio bilancia di un’Italia dilaniata dagli odî e dalle Ficino e la sua Accademia fruirono del suo passioni. scon•nato sostegno. Scomparve nel 1492 a soli 6 Edoardo Vitale OCCULTISMO RINASCIMENTALE Per “Cabbala” s’intende la dottrina mistica lo “Warburg Institute”. ebraica di ispirazione panteista che gli Ebrei Nel libro Cabbala e occultismo nell’età affermano aver ricevuto per tradizione e alla cui elisabettiana, edito anche da noi in una collana base c’è un’interpretazione allegorico-simbolistica economica, la Yates indaga sulle basi della •loso•a del Vecchio Testamento. Essa ha avuto grande al tempo dei Tudor, un’epoca particolarmente importanza nella storia dell’Ebraismo e notevole fervida di studi e di ricerche letterarie e storiche. in•uenza sulla mistica cristiana e sulla teoso•a Puntando su due eventi epocali come la cacciata moderna. degli Ebrei Sefarditi dalla Spagna (1492) e il loro Un capitolo della storia della Cabbala insediamento in Inghilterra (1660), la ricercatrice cristiana comprende la •loso•a occulta, ermetica inglese sovrappone l’immagine dei dotti Ebrei ed esoterica dell’età elisabettiana, oggetto di fuggiaschi a quella dei Greci che, dopo la caduta particolari studi da parte di Frances A.Yates (1899- di Bisanzio, si sparsero per l’Italia e per l’Europa 1981), la più autorevole specialista della materia, in una emigrazione forzata che produsse in tutti e che ha insegnato all’Università di Londra e presso due i casi straordinari fermenti culturali. E’ allora l’Ars Compendiosa di Raimondo Lullo (1227), concepita in una Spagna dove da secoli avevano convissuto Cristianesimo Ebraismo e Islamismo, che ripropose e preparò le forme rinascimentali della Cabbala cristiana. Per giungere all’Inghilterra elisabettiana infatti si deve partire dalla Spagna delle tre fedi e del catalano Lullo e si passa dall’Italia con Pico della Mirandola, con il frate veneziano Francesco Giorgi e altri cabbalisti cristiani come Egidio da Viterbo, dalla Germania con Reuchlin, Dürer e La scrittrice Frances A. Yates Cornelio Agrippa e dalla Francia dove si accende 7 il contrasto tra la fortuna del Giorgi (tradotto in corrisponde a quella di John Dee a Praga. Rogo francese nel 1578) e la demonizzazione del tedesco e visita costituiscono entrambi la linea più Agrippa. avanzata di una •loso•a occulta che era tensione A siffatto percorso continentale si af•ancano religiosa e pensiero scienti•co, e traeva linfa dal i tentativi di trapiantare dall’Inghilterra i messaggi neoplatonismo rinascimentale e dalla Cabbala. di riforma come la “missione” di John Dee alla La Controriforma (della quale risentirono anche i corte di Rodolfo II di Boemia e i fugaci teoremi Paesi riformati) •nì per degradare la prassi della coltivati alla corte di Federico V (re di Boemia Cabbala da metodo di esegesi culturale a magia, per un anno) e la sua sposa inglese Elisabetta, bianca o nera, come si sbizzarrirono le letterature •glia di Giacomo I Stuart. Furono quelli i poli (Il Faustus di Marlowe o quello di Goethe, per di un vasto movimento di riforma fondato sulle esempio) tracciando le linee di vitali stagioni ricchezze spirituali della •loso•a occulta. Una artistiche come quella elisabettiana. tensione profetica e biblica dovuta in larga parte A tutta prima questa cultura cinque- al londinese Dee che a Praga diffuse tra il volgo seicentesca sembrerebbe lontana mille miglia dalla predizioni sull’ordine futuro dei mondo cristiano. prassi e dal pensiero odierni se non si ravvisasse Mettendo a raffronto i risultati della Yates che la realtà letteraria, culturale, etica e politica con quelli di Leo Spitzer sull’Armonia del affonda ancora le sue radici su quelle metodologie mondo emerge che, pur attingendo dalle stesse ideologiche. fenomeniche, af•ora un evidente contrasto: costui tende a mettere a fuoco gli elementi di continuità nello sviluppo temporale mentre la Yates denuncia le lacerazioni sincroniche. Spitzer mette insieme i Cori del Palestrina, l’architettura di San Pietro e le speculazioni di Giordano Bruno. Per la Yates il rogo che arse il Bruno nel 1600 è un punto nodale del secolo e la sua visita in Inghilterra 8 Giorgio Antinoris Per i 750 anni dalla nascita del poeta DANTE E LA POLITICA Nato nel 1265 a Firenze, in corte offrendo il suoi servigi nel 1290 inizia la sua attività ai vari signori d’Italia. Si rivelò politica, che si concreta nel 1295 un abile ambasciatore e conquistò quando si iscrive all’Arte dei la stima e l’amicizia di uomini medici e degli speziali, poiché, potenti che furono ben lieti di secondo gli Ordinamenti di ospitarlo e che Dante ringrazia Giano della Bella, per essere immortalandoli nel suo poema. A eletti bisognava essere iscritti in Verona sarà ospitato da Cangrande una delle corporazioni. della Scala, a Ravenna nel 1318 Assolve a diversi incarichi da Guido Novello da Polenta. pubblici come membro del Qui morirà nel 1321, anche lui Consiglio dei Savi e poi del a causa di febbri malariche, che Consiglio dei Cento. Nel 1300 erano allora molto diffuse e alle ricopre la carica di Priore (ossia quali non si sapeva come porre di capo della città) e, per mettere rimedio. Sarà sepolto nella chiesa •ne alle lotte fra Bianchi e Neri, che dilaniavano dei Francescani, che oggi è meta di migliaia la città, manda in esilio i capi delle due fazioni, di visitatori. compreso il poeta e amico Guido Cavalcanti, che morirà in esilio per febbri malariche. L’inizio della Commedia coincide con l’ esilio, forse il 1307, in quanto Dante desidera Nel 1301 viene mandato come ambasciatore vendicarsi dei suoi nemici, che mette alla a Roma presso il papa Bonifacio VIII. Forse un berlina nei vari cerchi e gironi dell’Inferno. complotto. Infatti durante la sua assenza Carlo di Poi nel Purgatorio e soprattutto nel Paradiso Valois, cha favoriva i Neri, avversari di Dante, accusa il suo pensiero volerà alto alla ricerca di Dio. il Poeta di baratteria (oggi diremmo corruzione). Nel La Commedia sarà chiamata “divina” 1302 la condanna per baratteria viene formalizzata da Giovanni Boccaccio, grande estimatore con l’esclusione perpetua dai pubblici uf•ci e la di Dante. E proprio a messer Boccaccio sarà confisca dei beni. Ma nel marzo dello stesso concesso l’alto onore di leggere i versi della anno viene condannato addirittura al rogo Commedia in chiesa. per empietà. Dante non potrà più rientrare Il trattato più chiaramente politico di in Firenze, dove lascia la moglie e i figli, Dante è il De Monarchia, scritto in latino, quel intraprende la via dell’esilio e non tornerà latino medievale, che piaceva a Dante e che mai più a Firenze. E andrà pellegrino di corte sempre il Petrarca rifiutò, preferendo usare 9 l’Imperatore o il Papa, se il potere temporale dovesse essere sottomesso a quello spirituale o viceversa. Iniziava la famosa “lotta per le investiture” che si trascinò per tutto il Medioevo. A chi spettava il potere di nominare conti e marchesi, assegnando terre e castelli? Doveva essere l’imperatore o il Papa? Non è vero, secondo Dante, che l’imperatore è la Luna e il Papa è il Sole. Ma una forma assai più elegante sul modello di Cicerone. Il trattato, articolato in tre libri, fu probabilmente ispirato dalla discesa in Italia dell’imperatore Arrigo VII (1310), che suscitò in Dante grandi speranze. Infatti il Poeta pensava della città di Sutri, perché da qui iniziò il potere temporale dei Papi, che avrebbe dovuto essere solo spirituale. Secondo Dante il po- che solo unificando l’Italia sotto un unico signore si potessero evitare le infinite contese fra le varie fazioni e i vari signori. Purtroppo Arrigo VII morì troppo presto, nel 1313, a soli trentotto anni, forse avvelenato. L’opera è di grande interesse non solo per la comprensione della Commedia, perché è uno dei trattati più acuti sul pensiero politico medievale. Nel libro primo pone il fondamento metafisico dell’umano consorzio proteso alla conquista intellettuale di tutta la conoscenza umanamente possibile, nella quale è la nostra felicità terrena. Per Dante, dunque, il sapere è il fondamento della felicità. Ma solo la Monarchia può garantire l’attuazione di questo fine, perché lascia l’uomo libero da contese, protetto da un unico signore. Ma su questa concezione rasserenante si erge un potenziale nemico: il Papa. Si dibatteva allora il problema se fosse più importante 10 neppure viceversa. Fu un errore gravissimo la donazione che Costantino fece al Papa tere dell’Imperatore deriva da Dio come quello del Papa: sono quindi due Soli, che splendono con pari luce in campi diversi. Il De Monarchia fu uno dei testi fondamentali del pensiero politico tardo medievale, che stabilisce l’autonomia della ragione rispetto alla fede e di conseguenza dell’Impero rispetto alla Fede, fatta salva la rerevenza che l’imperatore deve al Papa come il figlio al genitore. Il genere umano - sostiene ancora Dante - è proteso all’attuazione del fine morale, che consiste nella conquista di tutta la conoscenza possibile, nella quale è la nostra felicità terrena. Il De Monarchia divenne molto noto nel Medioevo,anzi divenne un testo fondamentale del pensiero politico del tempo, ove si sosteneva l’autonomia della ragione rispetto alla fede e quindi dell’Impero rispetto alla Chiesa. Clara Rubbi IL PENSIERO POLITICO DI LUIGI FIRPO A CENT’ANNI DALLA NASCITA Era nato a Torino il 4 gennaio 1915 “da un presenza in città. Un legame che non venne mai vecchio ceppo piemontese”, come non mancava di meno e che non si limitava a dotte conferenze e a ricordare con compiacimento, e qui è morto il 2 riunioni di ordine accademico, ma che si esaltava marzo 1989. con il suo amore per la buona cucina e per alcuni Alla “sua” città lo legavano piatti liguri da lui particolarmente radici profonde che non vennero graditi. Anzi, era per l’appunto in mai meno, come attestano, tra queste occasioni che gli piaceva l’altro, le numerose pubblicazioni rimarcare come altamente plausibili di carattere scienti•co e divulgativo lontane ascendenze liguri della che a Torino (e al Piemonte) ha famiglia paterna, come del resto continuato a dedicare nell’arco della sembrava sua più che cinquantennale attività di inequivocabile il suo cognome. attestare in maniera studioso. Amava però molto anche Le origini modeste della sua la Liguria, non a caso trascorreva famiglia, da lui peraltro ribadite sistematicamente le sue estati “al più volte con orgoglio, non gli mare” nella sua casa di Ospedaletti, impedirono di completare gli studi dove in realtà era solito trascorrere classici nel prestigioso liceo torinese buona parte delle giornate sugli “Massimo d’Azeglio” e di iscriversi amati libri. Questo almeno sino a poi alla Facoltà di Giurisprudenza, quando, a partire dalla seconda metà degli anni dove si laureò nel 1937. Lo scarso interesse per ’70, abbiamo instaurato la consuetudine, per me gli insegnamenti giuridici, il suo amore per la particolarmente eccitante e fruttuosa, di trascorrere letteratura e in particolare per la poesia lo portarono un periodo di vacanza in Sardegna insieme con a seguire alcuni corsi della Facoltà di Lettere le nostre mogli: settimane di indimenticabili di Torino, almeno sino all’incontro con Gioele esperienze di svago, ma soprattutto di pro•cuo Solari che a Giurisprudenza insegnava Filoso•a lavoro. del diritto: il “maestro dei maestri” col quale Con Genova, e non solo con l’ambiente si erano già laureati generazioni di intellettuali universitario che ruotava attorno alla Facoltà di formatisi nell’ateneo torinese, da Piero Gobetti Scienze politiche, aveva solidi rapporti e ogni anno ad Alessandro Passerin d’Entrèves, da Uberto trovava modo di assicurare a più riprese la sua Scarpelli a Norberto Bobbio. Fu un incontro 11 “occasionale e scabro”, originato come ricorda lo ministeriali per l’istituzione di riformate e autonome stesso Firpo dal ritrovamento su di una bancarella Facoltà universitarie di Scienze politiche e proprio di un’edizione “•lologicamente infame, ma per nella Facoltà torinese di Scienze politiche, dove me benedetta, delle Poesie di Campanella”; fu così si era trasferito nel 1969 (appena istituita anche che “scoprì” il pensatore di Stilo e che decise con per il suo apporto decisivo), volle terminare la sua determinazione di scrivere una tesi di laurea su di carriera di docente di una disciplina che insegnò lui. ininterrottamente dal 1946. Superata l’iniziale dif•denza di Solari, Firpo Amava presentarsi come “storico delle si laureò con la tesi dal titolo già emblematico: idee politiche”, ribadendo con forza che le “idee” Tommaso Campanella nell’unità del suo pensiero andavano studiate e ricostruite in quella composita politico, •loso•co e religioso, che un’aggiunta trama di situazioni, di polemiche e di percorsi autografa nella copia da lui conservata nel suo teorici in cui si erano affermate, articolate e diffuse. archivio personale attesta essere stata “•nita il 14 Da qui la sua attività di ricercatore rigoroso, di ottobre 1937”. instancabile frequentatore di fondi manoscritti: un L’incontro con quello che sarebbe diventato lavoro meritorio che gli ha permesso magistrali l’autore della sua vita di studioso fu quindi ricostruzioni storiche e •lologiche di personaggi, determinato dal suo grande amore per la poesia. dibattiti e idee politiche, insieme con preziosissime Un amore che era dif•cile da intuire e da capire edizioni critiche di numerose opere di pensatori specie per chi lo conosceva in maniera super•ciale del Rinascimento e della Controriforma, in e restava maggiormente in•uenzato dai suoi modi particolare, ma anche di secoli successivi (valgano talora decisi e severi, o dal suo aspetto imponente, per tutti i suoi contributi su Cesare Beccaria, Karl dominato da quel volto dai tratti forti ed espressivi Marx, Benedetto Croce e Luigi Einaudi). La sua che, come lui stesso ricordava quasi con piacere, lo era una storia delle idee politiche che – pur nella aveva fatto scambiare negli Stati Uniti nientemeno sua consapevole autonomia – era costruita in che per un famoso e omonimo pugile argentino. costante e indispensabile rapporto con la storia A pieno diritto e senza ombra di dubbio delle idee in senso lato, ma in particolare con la Firpo occupa un posto primario tra i grandi maestri storia delle idee giuridiche, economiche e sociali, della “Storia del pensiero politico”, e non solo per senza dimenticare ovviamente l’apporto della le sue ricerche, che gli diedero ben presto notorietà •loso•a, della letteratura e della scienza. nazionale e internazionale. Contribuì infatti in A Campanella ha dedicato oltre 130 maniera decisiva alla de•nizione dell’ambito pubblicazioni, che forse più di altre ci permettono scienti•co e dell’autonomia disciplinare della di capire la sua prospettiva teorica e metodologica. “Storia delle dottrine politiche” nei confronti di Non si stancava infatti di ribadire l’importanza altri saperi caratterizzati da una più consolidata imprescindibile di quel lavoro •lologico “oscuro tradizione scienti•ca e accademica. Parimenti si ma non arido”, di quella fatica “umile e ingrata” batté con impegno negli organismi istituzionali e sui manoscritti, sulle edizioni critiche dei testi, resi 12 •nalmente af•dabili, sulle indispensabili ricerche Rotterdam (1966), per citarne solo alcuni. biogra•che e bibliogra•che. Solo radicando Si assiste così ad un’incessante apertura pienamente un autore nel suo tempo, nelle sue di nuovi fronti strettamente connessi tra di loro, vicissitudini umane, nei suoi studi e nelle sue emblema di un rigore di ricerca e di un metodo relazioni, diventava infatti possibile dar corpo scienti•co padroneggiati con perizia sempre più pienamente al suo pensiero e soprattutto evitare consumata. Non a caso si affermò ben presto – di fraintendere le sue idee. Ecco allora il carattere malgrado le enormi dif•coltà degli anni di guerra essenzialmente storico e •lologico della “sua” storia e di immediato dopoguerra – come “lo studioso” del pensiero politico; una ricostruzione che non si del pensiero politico del Rinascimento e della limita ovviamente al momento documentario, ma Controriforma. Del resto, fu tra i primi a ricevere che riesce a trovare in esso il supporto per quelle l’autorizzazione a far ricerche presso l’Archivio illuminanti pagine teoriche che hanno guidato una dell’Inquisizione subito dopo la •ne della seconda parte consistente della ricerca storico-politica della guerra mondiale, quando l’Archivio era ancora prima età moderna. inaccessibile agli studiosi e vi tornò nell’ultimo Dal 1939 al 1941 le pubblicazioni di decennio di vita (di nuovo con un permesso Firpo furono tutte su Campanella. Poi, sempre straordinario visto che l’Archivio era ancora chiuso sulla scia del calabrese, arrivano gli studi sugli al pubblico) traendone documenti fondamentali. “eretici” Giordano Bruno, Francesco Pucci (da Fu indefesso promotore e direttore di tempo compagni di malasorte) e sul piemontese numerose collane e iniziative editoriali: primi Giovanni Botero, teorico della ragion di Stato fra tutti i “Classici del pensiero politico” e la (“plagiato” da Campanella), sui quali scrisse prestigiosa Storia delle idee politiche, economiche quasi senza interruzione a partire dal 1948. e sociali in 8 voll. (Torino, Utet). Oratore forbito Thomas More con la sua Utopia entrò nel 1952 e •uente, ma anche brillante polemista e scrittore nel novero dei pensatori particolarmente cari a di raf•nata eleganza, collaborò a numerosi Firpo e mai da lui abbandonati: un •lone utopico quotidiani e periodici, in particolar modo a “La affrontato sulla scia della Città del sole del Stampa” (Torino). La preziosa e ricca biblioteca calabrese. Nell’approfondimento delle tematiche da lui creata con ostinate ricerche e passione campanelliane e nella ricerca delle loro fonti, di biblio•lo, è ora una struttura portante della Firpo “incontrò” ovviamente numerosi altri “Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul personaggi e altri •loni di pensiero ai quali dedicò pensiero politico”, nata a Torino nel 1989, che è contributi ancor oggi di fondamentale importanza. diventata un punto di riferimento e di incontro Mi limito a citare quelli a lui più cari, continuando nazionale e internazionale per gli studiosi, con i ad elencarli nell’ordine del loro ingresso nella sua suoi numerosi convegni e seminari, oltre che con enorme produzione a stampa: Niccolò Machiavelli le sue iniziative economiche volte a formare e (1960), Galileo Galilei (1962), Leonardo da Vinci valorizzare giovani studiosi. (1962), Girolamo Savonarola (1963) ed Erasmo da Enzo Baldini 13 I PROMESSI SPOSI un romanzo politico? I promessi sposi di Alessandro Manzoni La storia, dunque, è dominata dalla sono sempre stati giudicati e presentati come un Provvidenza divina: a questo punto s’innesta il romanzo storico, sia per l’ampia descrizione della problema della libertà dell’uomo. Si è parlato Lombardia nel Seicento sotto il dominio spagnolo, persino del possibile “giansenismo” del Manzoni: sia per la nefasta calata dei Lanzichenecchi, secondo Giansenio, infatti, l’uomo si salva dal soldati di ventura, pericolosi devastatori; sia per peccato, solo con l’aiuto di Dio. Lucia doveva subire la descrizione della pestilenza, che si scatenò nel il rapimento, per essere la causa provvidenziale dei 1630, probabilmente pentimenti della Monaca di portata da Monza e dell’Innominato, questi soldati sporchi perché con la propria forza e intemperanti. Da spirituale non si sarebbero sempre nelle storie salvati. proprio della Ma oggi si affaccia letteratura italiana si è giudicato un’altra questo romanzo come il appartenente al genere probabilmente sotteso un “storico”, discorso dal dominato concetto di ipotesi: racconto storico politico. dimentichiamo sotto è Non che il “Provvidenza”, frutto Manzoni da giovanissimo della conversione alla visse con sua madre nel religione cattolica dell’autore. Basterebbe citare la 1805 a Parigi, dove ancora si respiravano le idee frase conclusiva del capitolo VIII, per non avere illuministiche, che avevano costituito la base alcun dubbio sulla concezione provvidenziale culturale della Rivoluzione francese. A questo della storia concepita dal Manzoni: “ Dio è per punto vale la pena di fare alcune considerazioni. tutto e non turba mai la gioia dei suoi •gli se non per prepararne loro una più certa e più grande”. 14 Il Manzoni vuole raccontare, al di là della storia d’amore di Renzo e Lucia, l’incidenza del fattore politico in tutte le della giustizia, che s’incrocia con dimensioni e in tutti i meccanismi quello della fame: Renzo viene della vita pubblica. Anche la arrestato come responsabile della presenza dei cosiddetti “bravi”, rivolta dei poveri contro la fame, che sorta di guardia del corpo o di spingerà il popolo al conseguente milizia personale dei ricchi signori, assalto ai forni. L’assalto ai forni innesta un discorso politico che è un gesto rivoluzionario, che al evidenzia l’incapacità del governo Manzoni piace raccontare, perché a contrastare questi gruppi, che oggi forse pensava alla presa della de•niremmo paramilitari. Eppure Bastiglia a Parigi, determinata le leggi esistevano contro queste dall’ira del popolo francese affamato “guardie del corpo” non autorizzate ed erano rese e dall’incoscienza dei regnanti del tempo. Celebre note attraverso manifesti attaccati ai muri, dove si la risposta che la regina Maria Antonietta fece a speci•cava anche il divieto di portare il “ciuffo”, chi le diceva che il popolo non aveva il pane: “Se che copriva parte del viso e rendeva dif•cile non hanno pane, che mangino delle brioches”. l’identi•cazione di chi lo portava, così come oggi Non dimentichiamo neppure i processi som- i delinquenti mascherano il volto sia nelle rapine mari contro gli “untori”, considerati responsabili che nelle sommosse. della pestilenza, mentre la terribile malattia era Ricordiamo come viene affrontato il tema stata portata in Italia dai Lanzichenecchi, milizie 15 mercenarie tedesche, tristemente famose per le devastazioni che lasciavano nei territori da loro attraversati. Ignoranza e superstizione dominano la situazione politica, nonostante la lettera pastorale del cardinale Federigo Borromeo: la diffusione della peste fu il risultato dell’ignoranza del popolo e della malafede di alcuni medici che negavano la presenza della peste ma accettavano la de•nizione di “febbri maligne”: una vera e propria “trufferia di parole” come la de•nisce il Manzoni. Quando poi la pestilenza fu accertata, i medici, per giusti•care la loro ignoranza, sparsero la voce che erano “arti vene•che, operazioni diaboliche, gente congiurata a sparger la peste per mezzo di veleni contagiosi”. Anche questa malafede da parte dei medici è un attacco all’inef•cienza di chi coman- a controllare il contagio, considerato non come un’emergenza sanitaria, ma come un misterioso male•cio, di cui le cosiddette “unzioni” erano la prova. Le “unzioni” erano costituite da una specie di sostanza grassa e fangosa, che veniva spalmata sulle porte delle case da probabili cattivi soggetti che avevano interesse a diffondere la paura. Così, invece che provvedere agli ammalati, si perdevano dava. Ma c’è anche una considerazione importante da non trascurare: la processione, che fu richiesta come gesto di pietà religiosa, in onore di San Carlo, fu un errore gravissimo, perché moltiplicò il contagio. Lo stesso Manzoni, uomo di fede, non esita a condannarla. II giorno dopo la processione, infatti,” la furia del contagio” andò crescendo. 16 Anche in questo caso il discorso è politico, perché insiste sulla incapacità di chi governava tempo ed energie alla caccia degli “untori”. Da notare che la parola “untore”, che è accolta nel vocabolario italiano, ha solo questo signi•cato a perenne infamia di chi praticò in quell’epoca l’ “unzione “ delle porte e di altri oggetti per burla , per malvagità o per interesse. Clara Rubbi · STORIA · LA MAGNA CHARTA LIBERTATUM A otto secoli dalla Costituzione Inglese Un documento che può essere considerato il primo passo sulla via della costituzione che nasce in seguito ad una particolare situazione storica che portò il re Giovanni Senza Terra, uomo crudele ed egoista, ad abusare della legge feudale: Giovanni Senza Terra per riconquistare i possedimenti dei Plantageneti in Francia mosse una guerra contro il regno di Francia, che •nanziò tramite una pesante tassazione dei suoi baroni. La guerra ebbe un esito negativo e questo comportò una prima rivolta dei baroni, che ri•utarono, il 15 maggio 1215, la fedeltà al re. I baroni in armi che la estorsero a re Giovanni a Runnymede non erano uomini di particolare valore, ma il loro alleato, l’arcivescovo E’ il 15 giugno del 1215 quando in Stephen Langton, possedeva una grande nobiltà Inghilterra viene promulgata presso Runnymede, d’animo e d’intelletto. E’ necessario ricordare che un bel prato lungo il •ume Tamigi, nella contea di il suo appoggio alla causa costituzionale era in Surrey, la “Magna Charta Libertatum”, - chiamata contrasto coi desideri del grande papa Innocenzo magna per non confonderla con un provvedimento III che aveva dichiarato la “Magna Charta” minore, una carta emanata proprio in quegli anni priva di qualsiasi validità. A Runnymede, il 15 per regolamentare i diritti di caccia - scritta in giugno, si tenne l’incontro con i baroni ribelli e latino con cui il re d’Inghilterra Giovanni Senza il re Giovanni si vide costretto, in cambio della Terra riconobbe i diritti dei feudatari, della Chiesa, rinnovata obbedienza, a fare alcune concessioni. delle città inglesi. Il documento è composto da una introduzione 17 e da ben 63 articoli, in cui emergono l’“Habeas Corpus”, (Abbi il tuo corpo. Cioè la garanzia per tutti gli uomini liberi di non essere imprigionati senza subire un processo), il legame tra tassazione e il concetto di rappresentanza nonchè il diritto dei cittadini ad opporsi al potere nel caso diventasse oppressivo. La “Magna Charta” regolamentava anche la legge consuetudinaria, detta della”foresta”, che aboliva i demani regi e le multe elevate ai trasgressori. In più, il documento, in materia economica, concedeva a tutti i mercanti, tranne quelli provenienti da paesi in guerra con il re, il diritto gratuito di ingresso e di uscita dal Paese. Va sottolineata come la resistenza feudale dei baroni alle pretese della Corona, si mutò a generalmente in primo piano, rimase invece poco a poco in resistenza di ordine costituzionale relegata sullo sfondo della scena nei secoli che coinvolse tutti gli altri strati di cittadini liberi XIV e XV quando nella mente degli uomini il termine che nel 1215 era di portata modesta, ma, Parlamento tenne il posto occupato dalla “Charta”, grazie all’evoluzione economica e giuridica dei e soprattutto ai tempi dei Tudor poichè sottolineava tre secoli successivi, giunse a comprendere tutti i la discordanza di interessi fra il principe e il popolo. discendenti di ogni servo della gleba e a rendere Il “Re Giovanni” di Shakespeare dimostra che tutti gli inglesi “liberi” di fronte alla legge, e l’autore poco conosceva della “Magna Charta”, durante il regno di Giovanni ma soprattutto del pur trattando la tragedia della deposizione e della suo successore Enrico III, laddove si cominciò a morte di Riccardo II Ma con gli Stuart, quando formulare in modo più preciso il concetto della il principe e il popolo di nuovo si trovarono legge come qualcosa che appariva dotato di vita impegnati in campi opposti, riprese tutta la sua propria, distinto dal regio. Qualche cosa al di sopra importanza. Venerata nel XVIII secolo, l’epoca del re, mediante il quale egli deve governare. della libertà privilegiata, fu considerata il simbolo Durante i secoli la “Magna Charta”, 18 che raccoglieva in sintesi la spirito di tutta quanta la costituzione. Anche l’America insorse in suo ne certi•cava la validità. Sull’originale del 1215 nome, e nella celebrazione di questi princìpi ricerca non c’erano •rme e nemmeno i sigilli dei singoli tuttora l’af•nità spirituale con il popolo inglese. baroni che avevano ottenuto le concessioni da Toccò alla nostra epoca di studiarla sotto l’aspetto Giovanni. Concludendo, a coloro che ancor oggi di documento storico, senza mai dimenticare che affermano che l’importanza della “Magna Charta” la sua importanza storica non consiste soltanto è stata forse esagerata, é suf•ciente ricordare in quello che gli uomini del 1215 intendevano le clausole 39 e 40, che stabiliscono il principio affermare con le sue clausole, ma nell’effetto che fondamentale di quello che oggi chiamiamo lo essa ha determinato sui loro discendenti. Stato di diritto, perché essa possa proclamarsi uno La “Magna Charta” fu riprodotta in dei pilastri della democrazia mondiale:”nessuno, numerose copie, alcune delle quali risalenti al 1215 nemmeno il re, è al di sopra delle leggi”, alla sono arrivate •no ai giorni nostri, Quattro sono quale segue la concessione dei diritti individuali i manoscritti originali sopravvissuti, quest’anno fondamentali, tra cui quello al giusto processo.” esposti alla “British Library” a Londra. I documenti erano scritti in latino a mano, utilizzando penna d’oca su pergamena e avevano il sigillo reale, che “A nessuno venderemo, negheremo, differiremo a ri•uteremo il diritto o la giustizia.” Silvana Canevelli 19 TRE CONFINI DENTRO UN LAGO Il lago di Costanza è situato nella zona centrale dell’Europa, racchiuso tra Svizzera, Germania e Austria. Lo specchio d’acqua si estende su una super•cie di 539 chilometri quadrati, la quale è suddivisa tra le citate nazioni. Ciascun settore, per effetto delle norme di diritto internazionale, fa parte delle acque interne del proprio stato. Il frazionamento, così come evidenziato nella seguente piantina, non è stato eseguito in parti uguali, bensì in maniera proporzionata alla lunghezza dei rispettivi litorali che si affacciano sul lago. Si tratta di un bacino di origine glaciale formato dal Reno, la cui sorgente si trova nelle Alpi svizzere. Il •ume, prima di entrare nel lago in prossimità di Schaffhausen, forma una cascata alta 20 metri e larga 150 la quale prende il nome della stessa città elvetica. La navigazione sul lago è regolata da apposita Convenzione stipulata il 22 settembre 1867 dai menzionati tre stati con•nanti. Il trattato è stato aggiornato in data 1 giugno 1973. Intorno al lago si sono veri•cati, nel tempo, numerosi avvenimenti di particolare rilievo storico. In quest’articolo ne vogliamo ricordare alcuni assieme ai relativi protagonisti. La priorità compete, per il doveroso rispetto nei confronti di Alessandro Manzoni, alla poesia Il cinque maggio scritta per commemorare il decesso 20 di Napoleone avvenuto nel 1821. In tale opera il celebre scrittore milanese citò il •ume Reno, allo scopo di ricordare le campagne militari combattute da Bonaparte contro la Germania dal 1805 al 1813. La Svevia è una regione che si affaccia sul lago di Costanza e il suo nome deriva dall’omonima città fondata dai Romani nel IV secolo d. C. Adesso, il territorio fa parte del Land della Baviera, ossia uno dei 16 stati federali della Germania. Il territorio divenne un ducato e nel 1079 fu assegnato al casato degli Hohenstaufen, che lo detennero per circa due secoli •no alla loro estinzione. Era una famiglia tedesca che, con tutta probabilità, prese il nome dal castello che il capostipite Federico di Buren fece costruire nella regione di Wurttemberg nel 1070. La dinastia divenne potente sotto Federico I, conosciuto anche con il soprannome di Barbarossa. Fu un vero e proprio protagonista della storia medioevale, in modo particolare di quella italiana. La sua scalata al potere fu molto rapida. Nel 1147 divenne duca di Svevia a soli 25 anni. Da quel momento il ramo fu detto anche casa di Svevia. Incoronato re di Germania nel 1152 adottò, •n dall’inizio, una politica di grande conciliazione nei confronti dei maggiori feudatari tedeschi. La sua intenzione era di rafforzare sempre di più il proprio dominio. Riuscì nel suo intento utilizzando scaltrezza mista a una buona dose sia di audacia che di spregiudicatezza. Tre anni dopo, infatti, fu proclamato Imperatore del Sacro Romano Impero. All’età di 33 anni ebbe quindi il comando assoluto su un vasto territorio, dove viveva una moltitudine di persone. Scese in Italia con l’esercito allo scopo di affermare la sua egemonia sui liberi comuni e sul papato. Tuttavia, Federico rimase sempre saldamente legato alla sua terra di origine, ossia la Svevia. I diversi interventi militari imperiali contro le varie alleanze dei comuni italiani fallirono. Visto il modesto esito dell’azione bellica, con abilità Barbarossa convocò gli avversari a Costanza nel 1183 per stipulare la pace. Il trattato passò alla storia con il nome della stessa città. L’imperatore intuì la necessità di cambiare metodo. Preparò quindi l’espansione verso l’Italia con il matrimonio del •glio Enrico IV con Costanza d’Altavilla, •glia di Ruggero II re di Sicilia. Da precisare che non esiste alcun riferimento tra il lago di che trattasi e il nome della regina, perché la sua famiglia era di origine normanna. Dante Alighieri trattò con riguardo questa sovrana, madre dell’imperatore Federico II di Hohenstaufen. Infatti, nella Divina Commedia il poeta raccontò d’aver incontrato la sua anima in Paradiso. Un altro grande evento da ricordare è il concilio ecumenico convocato a Costanza dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo nel 1414. Lo scopo principale del congresso dei vescovi era di porre •ne allo scisma religioso d’Occidente in atto. La frattura si era creata a seguito del trasferimento della sede del ponte•ce a Roma, la quale era rimasta per lungo tempo ad Avignone. Come se tutto ciò non bastasse, la situazione era resa ancor più confusa a causa della contemporanea presenza di tre papi. Il concilio fu intransigente nei confronti dei dissidenti. Decise che le opinioni contrarie al papato manifestate dall’inglese John Wycliffe e dal boemo Jan Hus fossero delle eresie. Conseguentemente li condannò entrambi al rogo per grave sacrilegio. Da tener presente che Wycliffe era deceduto addirittura nel 1384, pertanto furono esumati i suoi resti e bruciati assieme ai libri che aveva scritto. Per il boemo, invece, le cose andarono male perché era presente ai fatti. Accusato di eresia Hus ri•utò di abiurare. Fu pertanto incatenato, trascinato sulla catasta di legna e gettato alle •amme. I lavori del concilio durarono quattro anni e, al termine, fu eletto papa Martino V. Proseguiamo il racconto e passiamo al XX secolo per ricordare Ferdinand von Zeppelin (1838-1917). Era nato a Costanza da una nobile e agiata famiglia tedesca. Completati gli studi d’ingegneria assunse il comando della fabbrica della famiglia, la quale si trovava a Friedrichshafen, una località tedesca situata sul lago. Ai nostri giorni la città è un importante centro turistico e fa parte del Land Baden-Wurttemberg. In tale sito industriale Zeppelin, all’inizio del secolo scorso, progettò e realizzò un areostato a cui diede il proprio nome. Era un apparecchio, meglio conosciuto con il nome di dirigibile, di forma affusolata, munito di apparato propulsore e dei relativi organi di manovra. Le strutture portanti erano costituite da un’armatura metallica in lega leggera. Le prove funzionali del dirigibile furono eseguite sul cielo soprastante il lago di Costanza. E’ un luogo comune credere che il pallone che consentiva al dirigibile di volare fosse riempito di idrogeno, perché il progettista ignorava l’alto potere in•ammabile di tale elemento. La realtà è differente. Zeppelin, consapevole del rischio incendio, aveva previsto l’utilizzo di elio, proprio perché è un gas con basso potere combustibile. Tuttavia, a seguito di un embargo disposto dagli Stati Uniti nei confronti della Germania nazista, divenne dif•cile trovare rilevanti quantità di elio. Per questo motivo i costruttori che proseguirono la realizzazione del dirigibile, vent’anni dopo il decesso dell’inventore impiegarono l’idrogeno anziché l’elio. Lo fecero in piena coscienza e il risultato è ben noto a tutti. Il 6 maggio 1937 un pauroso incendio distrusse il dirigibile in pochi minuti. Nessuna delle persone che si trovavano a bordo riuscì a salvarsi. La storia del dirigibile •nì quel giorno a Lakehurs, città del New Jersey (USA). Terminiamo queste note storiche per ricordare Eugenio Montale (1896-1981) premio Nobel per la letteratura del 1975. Il poeta genovese dedicò una poesia a Lindau, città della Baviera che si trova su un’isola del lago di Costanza, la quale é collegata alla terraferma tramite un ponte. Franco Stefano Gazzo 21 GLI AUTIERI: la loro storia sono il più rapidamente possibile i Soldati che prestano truppe e munizionamenti servizio sugli Altipiani di Asiago. Gli Autieri nell’Arma Trasporti e dei Così Materiali in soli giorni, Italiano, che ha ereditato maggio, gli Autieri con le tradizioni del Corpo circa Automobilistico FIAT 18 BL, formarono conservandone il nome e lunghe le mostrine nero/blu. guidando giorno e notte, Facciamo un passo indietro nel tempo; già nei Autocarro FIAT 18 BT: impiegato nella guerra 1915-1918 dal 19 quattro (TRA.MAT.) dell’Esercito 1000 al 22 autocarri autocolonne e, trasportarono oltre 100.000 uomini e equipaggiamenti, primi anni del ‘900,veniva formato un Corpo di percorrendo distanze che variavano da 200 a 300 Volontari Ciclisti e Automobilisti, che pur essendo Km. Questo episodio viene tutt’ora ricordato come civili, potesse essere immediatamente impiegato la Battaglia degli Altipiani. in tempo di guerra. E’ in Libia durante la Guerra Il 22 maggio di ogni anno si celebra la Festa Italo/ Turca (1911-1912), che si capì l’importanza degli Autieri, il loro motto è “FERVENT ROTAE dell’ autotrasporto militare, costituendo il primo FERVENT ANIMI”. Servizio Automobilistico che impiegava gli Sono presenti in tutto il mondo nelle missioni di pace e nelle operazioni di soccorso delle autocarri FIAT 15 TER . Ma fu durante la Prima Guerra Mondiale che gli Autieri si resero protagonisti in un’epica popolazioni colpite da calamità naturali. A Genova la prima costituzione di un “Gruppo di impresa. Nell’ inverno del 1916 il Autieri in Congedo” risale al Gen. Conrad von Hotzendorf 1938, ed è la prima grande città piani•cava la StrafeExpedition d’Italia a intitolare loro un’area (spedizione che cittadina “LARGO AUTIERI D’ avrebbe sferrato contro l’Italia ITALIA”. Presso il Cimitero di a metà maggio di quell’anno. Staglieno ci sono due signi•cativi Il Comando Supremo Italiano monumenti uno in Memoria dei per impedire agli Ciclisti e Automobilisti, l’altro di riversarsi nella punitiva) Austriaci pianura vicentina, decise di fare af•uire 22 degli Autieri. Marcello Del•no Anna Bolena salì al trono e discese al patibolo IL DISSIDIO DI SFRENATE AMBIZIONI CAMBIÒ IL VOLTO DELL’INGHILTERRA Siamo alla •ne del Quattrocento e una trono e vedova. Caterina, una donna austera, dinastia gallese, i Tudor, ha ormai saldo in mano vestita sempre di nero, con intorno sempre dame il potere di un regno conteso da due famiglie in spagnole, tediosa, rigida, bigotta, non certo una una lotta sanguinosa detta delle Due Rose. Al moglie ideale per un giovane che aveva ben altre trono era salito un ventenne bellissimo, forte, aspirazioni amorose. Eppoi una moglie che, avuta artista, elegante, teologo, musico, Enrico VIII, che una •glia (Mary, la futura “Bloody Mary”), non la Chiesa di Roma, con Clemente VII sul soglio poteva dargli un maschio per la successione. ponti•cio, non aveva esitato a de•nirlo “Defensor E qui entra in scena una famiglia, i Bolena, non nobile ma facoltosa e di provetti arrampicatori sociali, con un padre che riuscirà a farsi sentire a Corte •no a diventare diplomatico, grazie anche al fascino di una •glia, Anna, ambiziosa e spregiudicata. Salendo intraprendenti da non grandi fortune, i Bolena abitavano in un minuscolo maniero nel Kent, chiamato Hever, circondato da prati erbosi ondulati e folti gruppi di alberi con le anatre che scivolavano sull’acqua del fossato e le pecore che brucavano sui vicini Fidei” per il suo vigoroso impegno a lanciarsi pendii. Anna aveva una cameretta ubicata in un’ala contro Lutero e tutti gli altri scismi continentali del maniero, suf•ciente appena a contenere il letto. che mettevano a mal partito la Chiesa, già dolente Ma venne il giorno che da quell’umile origine si per i Turchi alle porte di Vienna e per l’incombente lanciò a conquistare il mondo. sacco di Roma delle soldataglie di Carlo V. Alta, slanciata, bruna, grandi occhi neri, bocca Il fratello, re Arturo, aveva sposato Caterina sensuale, braccia e mani bellissime. Quindicenne, d’Aragona, zia dell’imperatore di Spagna, che era una giovinetta squisita che rimase due anni in ben presto muore lasciando a Enrico per eredità Francia alla Corte di Margherita di Navarra dove 23 apprese subito le arti della seduzione riscuotendo non poteva concederle perché al divorzio si dubbia fama e, collaudata dalle molte esperienze, opponeva l’imperatore di Spagna e, ovviamente, si accese di in•nite ambizioni. il Papato che non poteva che adeguarsi ai voleri Tornata a Londra, venne mandata dagli assidui genitori a Corte dove il re non tarda a della maggiore potenza del tempo. E Caterina era la zia di Carlo V. notarla nelle feste nel castello di Battersea e nei Spinto anche da consumati legulei e da balli mascherati. Enrico VIII non era più quel ministri cavillosi, il re, dispotico e passionale giovane adarmantino degli anni venti ma un per natura, ruppe gli indugi e, con essi, i vincoli dongiovanni senza scrupoli con tutte le alcove a col mondo cattolico. E fu lo scisma anglicano, suo libito, pronto a ripudiare una moglie legittima una transazione fra Cattolicesimo e Riforma col per l’infatuazione per una giovinetta, a suo dire, mestatore Cranmer ad arcivescovo di Canterburv dalla bellezza strabiliante che sapeva ben simulare e il sovrano capo supremo della Chiesa e del clero le arti di un’astuzia sopraf•na. inglesi. Anna apparve a Corte in una veste di velluto Piena vittoria per Anna che, esultante, sale azzurro ricamata d’argento, con una giacca nera sul trono d’ Inghilterra e assume la residenza a di damasco guarnita di vaio. Dalle maniche a Hampton Court, un imponente palazzo non lontano sbuffo si intravvedevano nude le braccia perfette; da Londra che aveva fatto costruire il cardinale sul capo, un berretto di velluto scuro contornato Wolsey. Le stanze, alte e sontuose, avevano di spille d’oro, disposte ad aureola. Una perfetta bellissimi sof•tti dipinti, le •nestre di vetri colorati, damigella tutta sguardi e sorrisi, languori, grandi arazzi con ricchi disegni alle pareti, un’ala schermaglie e ammiccamenti. Una donna d’amore, destinata alle cucine in grado di servire centinaia si sarebbe detto, un boccone prelibato per l’ingordo di invitati, giardini lussureggianti, gorgoni e monarca. Tutt’altro: non già una personcina di statue, bandiere e vessilli multicolori e cortili dove facili costumi ma con•uivano scudieri, una cortigiana tutta paggi, apparenza dietro la giocolieri, quale si nascondeva dignitari stranieri. u n ’ a s t u t a domestici, araldi, Ma quali calcolatrice; un osso prospettive per un immangiabile per gli Paese che si era insaziabili trovato “ex abrupto” di appetiti Enrico; giovane arrivista, determinata perseguire una a i suoi a voltar pagina nella sua storia? La cupidigia intanto, faceva la sua parte. scopi: il matrimonio Avocate e la corona. Quanto tutte purtroppo il sovrano ricchezze, proprietà, 24 le al regno notevoli istituzioni del Papato, abbazie, ordini religiosi, la resa dei conti; si apre inevitabile la discesa. beni ecclesiastici, una nuova classe dominante Qualche ruga, un po’ s•orita, non è più nei sogni si getta senza ritegno a impossessarsi di quei del monarca al quale ha dato una •glia, Elisabetta beni cospicui e, ovviamente, dai vistosi vantaggi (quella che sarà la grande Elisabetta), ma neppure ottenuti si trova impegnata a sostenere la causa un maschio. Enrico s’inacerbisce con gli anni, è scismatica del sovrano. stanco di lei e ha già negli occhi l’esangue Jane L’anglicanesimo, però, si nutriva di altri Seymour, sempre pronti i suoi giureconsulti e elementi antipapisti. Ne era stato vittima Thomas faccendieri a manovrare tra Francia e Spagna Becket, trucidato per non essersi piegato a cieca per gli accordi più opportuni e convenienti e a obbedienza alla politica e, proprio nel tempo di preparare un “dossier” di false testimonianze per Enrico, Thomas More, uomo di raro ingegno e liberare Enrico dall’ormai inutile moglie. Anna immensa dottrina, che il re aveva elevato ai vertici viene accusata di adulterio, processata e decapitata dello Stato ma che, incrollabile ai suoi principi su di un ceppo nei giardini della Torre. Non ha morali e alla sua coscienza, una volta coinvolto miglior sorte Jane Seymour che muore di parto. nella controversia istituzionale, non approva il L’intramontabile Enrico avrà altre concubine ripudio di Caterina e la regalità di Anna che, da come Anna di Clèves (ripudiata). Caterina Howard buona avventuriera, si associa subito a Enrico nel (giustiziata perché fedifraga) e Caterina Parr (che girare pollice verso al Primate. Ri•utandosi di gli sopravviverà). giurare, More si dimette. Arrestato, processato, Il sovrano avrà altri successori della dinastia entra nella Torre dalla fatidica “Traitor Gate” e vi Tudor: Edoardo VI, •glio di Jane, Maria la rimane prigioniero a lungo, •n quando subisce la Cattolica, •glia di Caterina, ed Elisabetta, •glia decapitazione a Tyburn, l’attuale Oxford Street. di Anna Bolena. Scomparso nel 1547. seguì un C’è da aggiungere che l’Anglicanesimo era travagliato periodo di terrore, lotte, odii, sangue anche alle radici dello spirito popolare teso a una, ma si illumineranno anche gli splendori dell’età per così dire, autonomia religiosa, avversa quindi elisabettiana, dovizia storica di poesia, arte e teatro alla soggezione romana. shakespeariano. Per Anna, come per tutti i grandi, viene Giorgio Spina 25 · AT T U A L I T À · L’ENCICLICA VERDE DI PAPA FRANCESCO “Laudato si”. Già il titolo dell’enciclica senso teocentrico. E’ dovere dell’uomo, fatto a segnala, nel nome di Francesco, la volontà di immagine e somiglianza di Dio, guardare al creato collegare le istanze ecologiche all’orizzonte come dono da salvaguardare, anziché come risorsa cristiano. Il “Cantico delle creature” può infatti da sfruttare. considerarsi una delle prime esperienze vissute Quella che potrebbe chiamarsi la “s•da” di della teologia ecologica e cosmica, un canto papa Francesco sta proprio, infatti, nel superamento che ha toccato Teilhard de Chardin e Gandhi e di quella concezione antropocentrica, di matrice ha ispirato la coscienza dei stoica, gruppi cristiani ambientalisti chiave dell’uomo dominatore e paci•sti. L’ecologia nasce dell’universo ha posto le basi infatti spontanea in Francesco per una lettura della Bibbia in cui dal rapporto di comunione col egli campeggia come assoluto creato e sembra riprendere protagonista e giusti•ca l’idea qualcosa del lessico che ci fu che la natura esista solo per la all’origine tra Adamo e tutti sua utilità e il suo piacere. Ci i sono, come è noto, due possibili viventi, evidenziando la in cui il concetto dimensione dell’alleanza, del interpretazioni patto per vivere e per convivere. Testamento riguardo al In tal modo, si veri•ca un concetto di “dominio”: la fondamentale cambiamento nel prima vede nell’uomo un modo di concepire la natura: sovrano assoluto che governa non più una realtà sentita come dell’Antico sul mondo a lui destinato da estranea e nemica ma una creatura di Dio ridivenuta Dio per trarne pro•tto; la seconda ritiene che ‘sorella’. Per questa via diviene possibile per il l’uomo debba prendersi cura del creato come un cristiano riconoscere una “sacralità” della natura “ministro” incaricato di mantenere quel regno di – ben diversa dalla divinizzazione pagana del pace e di giustizia che è l’ordine stesso voluto da cosmo – e quindi fondare un’etica del rispetto che Dio. L’enciclica accoglie pienamente la seconda faccia appello ad una responsabilità da viversi in interpretazione e, in tal senso, può considerarsi 26 come una tappa essenziale, nel panorama del pensiero cristiano, del lungo cammino che conduce ad un’etica della responsabilità verso la natura e del processo di revisione critica che attraversa l’odierna ri•essione teologica. Vi si de•niscono le categorie fondative di un nuovo rapporto davvero ‘teocentrico’ con la natura in cui il creato viene inteso come la comunione degli esseri viventi dotati di un certo ordine e di una data articolazione ma la cui signoria spetta solo a Dio. L’interpretazione del primato dell’uomo si svolge dunque nel senso della sua speciale responsabilità per la salvaguardia del creato: se l’uomo rivendica, come sua caratteristica peculiare, la capacità di agire moralmente, deve darne concreta testimonianza, non comportandosi come predatore tra i predatori ma rivestendo un ruolo ministeriale, quello appunto di custode. Ne deriva, del tutto conseguentemente, l’adozione del paradigma etico della “cura” che fa riferimento, da un lato, alla vulnerabilità di tutti gli esseri viventi e, dall’altro, al suo potere di specie vincente per sollecitare una risposta di solidarietà. In tal modo, la signoria sulla creazione può tradursi in custodia della creazione. La responsabilità umana si con•gura dunque come responsabilità verso l’intero ecosistema e lo stesso “bene comune” non può non includere quello della comunità di vita della terra. Ma l’elemento che ne regge l’impianto complessivo è quella di un’ecologia integrale in grado di abbracciare tutte le dimensioni della vita umana. Sorprendenti per la loro radicalità sono alcune tesi dell’enciclica verde. Tra queste l’invito a considerare altri modi di intendere l’economia, la condanna della “cultura dello scarto”, la proposta di nuovi stili di vita ecocompatibili, l’affermazione dei “beni comuni” - a partire dall’acqua e dal clima - come diritti umani essenziali, il richiamo al debito ecologico tra il nord e il sud del mondo, la denuncia della sottomissione della politica alla tecnologia e alla •nanza, testimoniata dal fallimento dei vertici sul clima. Affermazioni forti, destinate a suscitare, veramente nuovo rappresentato dall’enciclica è la forte saldatura tra come già sta avvenendo, aspre reazioni negli ambienti più conservatori. In tal modo, la s•da il piano teologico e quello politico. L’idea di fondo 27 teologica di Bergoglio si è trasformata in una s•da Sembra dunque di poter affermare che il politica destinata ad avere ampie ripercussioni sul tema della responsabilità umana stia emergendo piano internazionale. sia all’interno di un’etica laica che religiosa. Tale Non a caso, per il suo signi•cato epocale, rilievo non deve stupirci troppo. Codici morali l’enciclica è stata paragonata alla “Rerum di ispirazione divina o fondati su una delle tante Novarum’ di Leone XIII dal momento che, in etiche laiche – dall’utilitarismo al giusnaturalismo effetti, la questione ecologica assume oggi la stessa al kantismo – possono contenere precetti simili rilevanza che nell’800 aveva assunto la questione e comportare analoghi riconoscimenti di doveri. sociale. Se già in altre encicliche – in particolare Mutano, ovviamente, nel passaggio tra le due etiche, “Redemptor hominis” – si segnalavano i pericoli i fondamenti delle obbligazioni – l’appello alla di un’alienazione dell’uomo dalla natura a causa volontà del Creatore viene sostituito dall’appello di uno sfruttamento della Terra non inquadrato in all’utile, alla natura, alla ragione – ma ciò che conta un piano strettamente umanistico, in questa appare è che, nella diversità dei presupposti teorici, si può pienamente compiuta la saldatura tra ecologia rintracciare un minimo comun denominatore etico. naturale ed ecologia umana. L’ecologia, nel suo Anche in questo si può riconoscere un merito non signi•cato etimologico di “scienza della casa”, ci piccolo dell’enciclica di papa Francesco. ricorda che abitiamo una comune dimora. 28 Luisella Battaglia LA RIFORMA DEL SISTEMA MUSEALE ITALIANO UN TAGLIO NETTO CON IL PASSATO Quando, nel 1939, vennero creati in Italia per •nalità di educazione e di studio”. Lo Stato nuovi uf•ci territoriali per la tutela e conservazione assicura la “fruizione” dei beni conservati nei delle cose di interesse artistico e storico, il nome ad musei (art. 102) intendendosi per fruizione -che è essi attribuito fu “Soprintendenze alle Gallerie”: uno dei •ni dell’attività di valorizzazione- il loro questo perché proprio le gallerie d’arte (quelle godimento da parte della collettività. dello Stato, tra grandi e piccole, sono in Italia Dal punto di vista amministrativo, la riforma più di quattrocento") sono i luoghi di maggiore del 1939 aveva sancito la dipendenza dei musei concentrazione di beni culturali a testimonianza di di pertinenza statale dalle soprintendenze per la una secolare tradizione di collezionismo a cui la speci•ca competenza attribuita a queste ultime di loro storia è strettamente collegata. vigilare con uguali criteri su “tutto” il patrimonio Le •nalità da sempre riconosciute alle (compreso, quindi, quello museale) dovunque istituzioni museali sono la conservazione, la distribuito e comunque posseduto. Un principio documentazione e l’educazione: concetti, questi, di dipendenza, nell’unione, nuovamente affermato ribaditi nel codice dei beni culturali del 2004 -il quando, negli anni settanta del Novecento (cioè cosiddetto codice Urbani- nel quale (titolo II, sez. dopo l’istituzione del ministero per i beni culturali) I) i musei, insieme alle biblioteche, agli archivi, alle verranno create, con compiti di consulenza aree archeologiche, ai complessi monumentali e ai anche territoriale, le “soprintendenze speciali” parchi, sono de•niti “luoghi di cultura” ed intesi per l’egittologia, la preistoria, l’etnologia, le arti come “strutture permanenti che acquisiscono, popolari e l’arte moderna conservano, ordinano ed espongono beni culturali presso il museo egizio di Torino, il museo Pigorini con rispettiva sede di Roma e la galleria nazionale d’arte moderna. Nel corso del secondo Novecento, con il moltiplicarsi, sul territorio, dei compiti istituzionali delle soprintendenze (un aggravio principalmente dovuto ad una maturazione del concetto di “bene culturale” e ad una conseguente ampli•cazione del lavoro di tutela) la gestione dei musei è diventata uno degli innumerevoli impegni del dirigente di quegli uf•ci, da cui la prassi di af•dare ad uno degli storici dell’arte in organico (o degli archeologhi, nel caso dei musei archeologici) 29 la cura ordinaria dei complessi museali di l’impegno per un “restauro funzionale” dei competenza e l’attuazione dei progetti culturali e musei di valorizzazione elaborati congiuntamente (anche Ronchey, Paolucci e Urbani e la creazione delle io molto tempo fa, con questa delega, ho diretto qui soprintendenze speciali per il polo museale romano, a Genova la galleria nazionale di palazzo Spinola •orentino, veneziano e di Napoli. Si deve quindi per af•darne poi la direzione, una volta diventata al decisionismo dell’attuale ministro dei beni e soprintendente, ad una mia collaboratrice"). E’ delle attività culturali e del turismo Franceschini del resto emblematico che le soprintendenze alle (che per singolare combinazione è omonimo, nel gallerie cambino nome per diventare, dal 1974, cognome, di chi sostenne per primo la necessità soprintendenze ai beni artistici e storici" di cambiamento") la promozione di una riforma E’ più o meno questo il momento in cui, nel mondo della cultura italiana, comincia ad dimostrato soprattutto dai ministri che, spezzando una unità di tutela storicamente consolidata, rende de•nitivamente autonomi dalle essere sentita la necessità di rendere più ef•ciente soprintendenze i musei dotandoli di un proprio il sistema delle pubbliche collezioni attraverso bilancio e di un proprio statuto. il riconoscimento de iure di una maggiore Brevemente i capisaldi del decreto sono: indipendenza gestionale, operativa e •nanziaria. 1) La suddivisione dei musei in due gruppi La prima proposta in questo senso era già (ha fatto testo la dichiarazione LXXIII "), il primo documento uf•ciale: è pubblicata infatti nel 1967 composto da venti musei (sette di prima fascia, nella relazione conclusiva della commissione diretti da dirigenti generali, tredici di seconda di indagine per la tutela e la valorizzazione del fascia, diretti da dirigenti non generali); il secondo patrimonio storico, archeologico, artistico e del da tutti gli altri con l’aggiunta di alcuni “istituti e paesaggio (istituita nel 1964 con legge dello Stato e luoghi della cultura”: insieme danno vita ai poli nota come commissione Franceschini dal cognome museali regionali. del suo presidente). Nella dichiarazione LXXIII, 2) La dirigenza dei venti musei del primo dedicata ai musei, dopo il riconoscimento della gruppo attribuita attraverso selezione pubblica loro importanza primaria “sia per la conservazione a titoli e colloquio (già attuata; i vincitori - tutti, e lo studio dei beni archeologici, artistici e storici, tranne uno, di provenienza esterna al ministero sia per la vita culturale della Nazione”, è ravvisata - sono dieci uomini e dieci donne, di cui sette la necessità di assicurare la loro autosuf•cienza per stranieri e quattro italiani tornati dall’estero. ciò che concerne i servizi essenziali e il personale 3) La dirigenza dei poli regionali attribuita quali•cato con un’unica indicazione di carattere attraverso una selezione tra i funzionari del organizzativo e cioè che i musei dello Stato ministero, a parte i poli delle Marche, dell’Umbria saranno “da distinguere in due gruppi. I minori e della Liguria già af•dati ad un dirigente non direttamente amministrati dalle soprintendenze e generale di cui al paragrafo 2. i maggiori amministrati da uf•ci autonomi delle soprintendenze”. La complessa struttura organizzativa messa a punto dal ministero per il funzionamento del Per i successivi cinquant’anni questa nuovo sistema museale è oggi in fase di pre- dichiarazione non ha avuto seguito, malgrado rodaggio, visto che l’attuazione del progetto è 30 appena iniziata. Non è quindi possibile prevedere compaiono complessi monumentali come il a quali dinamiche gestionali e a quante dif•coltà castello di S. Terenzio a Lerici, le fortezze di realizzazione la riforma andrà incontro, quali Firmafede e di Castruccio Castracani a Sarzana, saranno gli esiti di valenza culturale e, cosa che sta il forte di S. Giovanni a Finale Ligure, il forte di molto a cuore al ministro, turistica" Mi soffermo S.Tecla a Sanremo e il museo dell’arte vetraria di quindi solo sulle certezze acquisite, prima fra Altare (Sv), allestito in un immobile dello Stato, tutte le scelte - con criteri di giudizio ignoti (ma villa Rosa, ma gestito da sempre dal comune di comprensibili se collegati alla fortuna turistica") - Altare, proprietario dei manufatti esposti. di suddivisione e di distinzione dei musei, ormai de•nitive, prendendo come campione la Liguria. A Genova le gallerie nazionali di palazzo Queste scelte provocano in me alcune domande. Limitandomi a prendere in considerazione solo il capoluogo ligure - in cui molti sono i reale e di palazzo Spinola sono state accorpate ed complessi monumentali di proprietà statale che, inserite tra i musei di seconda fascia (diretti da per importanza, avrebbero potuto essere inseriti un dirigente non generale), in buona compagnia nel polo museale - mi piacerebbe sapere perché, con l’accademia di Firenze, la galleria estense di per esempio, non è stata considerata l’abbazia di Modena, i palazzi ducali di Urbino e Mantova, la S. Giuliano d’Albaro, da anni ed anni in restauro, galleria nazionale di arte antica di Roma, la galleria con •nanziamenti dello Stato, per utilizzo futuro nazionale dell’Umbria, il museo nazionale del ancora misterioso. Oppure per quale ragione non Bargello, i musei archeologici di Napoli, Reggio sono state fatte scelte lungimiranti: penso a pa- Calabria e Taranto, il parco archeologico di Pestum lazzo S. Giorgio non solo per quello che l’edi•cio e il palazzo reale di Torino. (Per completezza di rappresenta dal punto di vista storico e artistico ma informazione, i sette musei posti nei gradini più anche perché, quando l’autorità portuale sposterà alti della classi•ca sono la galleria Borghese, gli la sua sede altrove, come preannunciato, potrebbe Uf•zi, la galleria nazionale d’arte moderna, le diventare punto di riferimento anche per i turisti accademie di Venezia, Capodimonte, Brera e la ospitando un museo che Genova ancora non pos- reggia di Caserta). siede, cioè il museo della città. Per quanto riguarda il polo museale della Giovanna Rotondi Terminiello Liguria, la lettura dell’elenco dei musei e dei luoghi della cultura selezionati desta in me non poche perplessità per scelte disomogenee e, all’apparenza, casuali. Infatti, accanto al museo archeologico e area archeologica di Luni, al museo archeologico di palazzo Rocca a Chiavari, alla villa romana del Varignano e al museo preistorico e area archelogica dei Balzi Rossi (dipendenti, •no ad oggi, dalla soprintendenza per i beni archeologici), 31 FENOMENO DEL BULLISMO Scon•namento nella violenza Tra i numerosi casi di bullismo vorrei ricordarne uno particolarmente odioso, come pure totalmente emblematico, per comprendere un degli altri, specie dei più deboli e dei più infelici, e del culto della violenza. L’origine di questo scadimento della modello di comportamento tanto esecrabile quanto famiglia va ricercato a mio avviso nelle ideologie purtroppo diffuso. Riassumo brevemente il fatto: del ‘68, movimento che, pur muovendo da alcune una ragazza di 13 anni, disabile, perchè affetta esigenze legittime di rinnovamento della vecchia da ritardo mentale, mentre giocava da sola in un società, si è rivelato in gran parte fallimentare parco giochi di Milano, viene insultata, derisa e poichè non ha avuto fortuna nel tentativo di ferita alla schiena da un sasso scagliatole contro da eliminarne macroscopiche ingiustizie, tuttora vive alcuni suoi compagni di scuola, gli stessi che anche e operanti, cadendo nell’errore che la tutela della all’interno dell’edi•cio scolastico la prendono libertà nei confronti dell’autoritarismo si dovesse in giro e la perseguitano. Purtroppo non si tratta identi•care con la negazione dell’autorità. In realtà di un evento isolato perchè in Italia il bullismo è l’autoritarismo, che lede la libertà di pensiero e diventato un costume generalizzato fuori e dentro di azione, è una degenerazione dell’autorità, che la scuola, come palese manifestazione di inciviltà è invece “conditio sine qua non” della tutela dei e di barbarie. E’ quindi indilazionabile tentare di valori e dei diritti di tutti. Si comprende, perciò, individuarne le cause e di proporre rimedi ef•caci come il permissivismo senza freni e il lasciar fare per combatterlo. ai •gli quello che vogliono, anche i capricci, le Una prima evidente causa è la crisi della responsabilità genitoriale per l’incapacità colposa e, talvolta dolosa, di educare i •gli ai valori morali e sociali favorendo così nei •gli stessi una subcultura improntata ad un egoismo senza limiti, al misconoscimento della dignità e dei diritti 32 vessazioni e la persecuzione dei loro compagni sia dovuto ad una grave crisi morale e culturale dei si sono veri•cati non raramente casi di bullismo anche nei confronti di insegnanti con conseguente genitori. E’ quindi necessario il ripristino dell’autorità perdita di autorità e comparsa di una sfrenata e del suo rispetto a partire dall’ambiente familiare, anarchia nelle aule. La colpa di questo grave contrastando nella misura maggiore possibile fenomeno è anche di molti genitori che prendono i messaggi negativi che provengono dalla le parti del •glio contro l’insegnante a prescindere, comunicazione mediatica. L’ideologia dominante contribuendo così a distruggere un rapporto nel nostro tempo è connotato dal rispetto, infatti dal quella della riconoscimento ricerca incondizionata e dell’autorità senza limiti del proprio consapevolezza interesse della egoistico, e diversità dei della totale indifferenza due al che pur richiede una bene comune privilegiando il valore ruoli dalla (diversità conciliazione). dominante del successo Ma vi è anche e del soddisfacimento una carenza formativa del in alcuni insegnanti, piacere a qualunque costo. Per carenza sia di carattere combatterla sono del psicologico (nel senso tutto controindicate di scarso adattamento prediche e scomuniche, al ruolo), sia di carattere serve invece un pedagogico-didattico. invito fermo, ma E’ pertanto auspicabile composto e persuasivo una scelta del personale ad individuarne e docente non solo sulla a comprenderne l’insensatezza e la dannosità, base della sua preparazione culturale, ma anche in una parola: la famiglia deve educare i •gli della sua attitudine a rapportarsi con lo studente. e non abbandonarli alle loro tentazioni e ai loro pregiudizi. In conclusione: la situazione è grave ed è dovere prioritario di ogni cittadino responsabile E’ fondamentale per affrontare il problema invocare con urgenza interventi, sia dissuasivi e cercare di studiarlo senza illudersi di poterlo che formativi, almeno per frenare, se non per risolvere rapidamente e del tutto, anche il ruolo della estinguere, la diffusione di questo fenomeno. scuola oltre che quello della famiglia. Purtroppo Michele Schiavone 33 GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO Storia e storie Era il 20 giugno 1951 quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la “Convention Relating to the Status of Refugees”, cioè la Convenzione sui profughi. Nel cinquantesimo anniversario della •rma della Convenzione si celebrò, per la prima volta, la giornata mondiale dei rifugiati: era il 20 giugno 2001 e, da quell’anno, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati propone un unico tema da sviluppare in ogni angolo del pianeta. I dati trasmessi nell’ultimo rapporto dell’Agenzia dell’ONU per i rifugiati (UNCHR) hanno posto l’accento su un forte aumento del numero di persone costrette a fuggire dalle loro case, pari a 59,5 milioni alla •ne del 2014 (con un aumento di quasi 9 milioni rispetto al 2013) sottolineando come più della metà dei rifugiati a livello mondiale siano bambini. L’aumento vertiginoso è dovuto al riaccendersi di con•itti negli ultimi cinque anni: otto in Africa (Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, Nord-Est della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e Burundi), tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen), uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia (Kirghizistan, Myanmar e Pakistan). Per non dimenticare i Paesi dove l’instabilità e il con•itto sono gli argomenti quotidiani con cui approcciarsi. E per mantenere viva l’attenzione sul tema dei rifugiati, anche alla luce di quanto è accaduto e accade lungo le coste italiane, Genova ha ricordato 34 l’anniversario della •rma della Convenzione sui profughi accogliendo la croce di Lampedusa nel cuore della città e presentando il tema della campagna di “Medici Senza Frontiere” a Palazzo Ducale, “premettere milioni di passi”. Le iniziative di associazioni e Comuni per i diritti di chi fugge dalla miseria e dalle guerre sono state molteplici. A conferma di ciò, il vice presidente di Medici Senza Frontiere, dottor Luigi Montagnini, ha inaugurato una mostra nel cuore della nostra città evidenziando come i rifugiati siano vittime tre volte: i mass media non sono in grado di raccontare con le immagini quanto queste persone devono affrontare per raggiungere un approdo migliore per il proprio futuro. Ogni individuo, con la propria storia e i propri vissuti, carico di speranze, sogni, desideri ed emozioni, è vittima nel proprio Paese, lungo il percorso che porta alla presunta salvezza e libertà e all’arrivo nei luoghi dove vorrebbe trovare accoglienza. Una soluzione opportuna sarebbe quella di dover superare l’approccio emergenziale sinora adottato per rispondere con più fermezza e convinzione al crescente numero di arrivi nella nostra Penisola e nel nostro “vecchio” Continente. È necessario, quindi, fare cultura: l’opinione pubblica e i mezzi di informazione devono mantenere l’attenzione sull’aspetto umano delle guerre e dei con•itti moderni. Un numero sempre più elevato di vittime viene conteggiato tra la popolazione civile: uomini, donne e bambini che non prendono parte ai combattimenti, ma ne subiscono le conseguenze. I rifugiati non sono criminali, ma sono persone con un vissuto doloroso alle spalle in cerca di una via di fuga. L’obiettivo per una migliore consapevolezza dell’enorme realtà migratoria è quello di porre al centro i bisogni delle persone piuttosto che il loro status legale, le ragioni della fuga piuttosto che l’individuazione del Paese di destinazione: questo sarebbe l’avvio di una soluzione sociale e politica intelligente per fronteggiare realmente quanto accade lungo le coste della nostra Nazione. Non occorre costruire muri per arginare il •usso migratorio o per impedire i contrasti tra potenze europee e speculare sull’accoglienza di queste persone. E non è utile, come avvenuto ai con•ni della nostra regione, chiudere le frontiere, segno di un’Europa che fatica a condividere nuove forme di protezione internazionale, nonostante una politica comune sull’asilo. Nel 2014 oltre 170.000 migranti sono giunti nel nostro Paese, di cui 65.000 si sono fermati in Italia, soprattutto accolti nelle regioni del Sud, e oltre 100.000 hanno continuato il loro viaggio per raggiungere familiari, amici e comunità in altri Paesi del Nord Europa. Occorre, pertanto, rispondere alla globaliz- zazione del fenomeno migratorio con la globalizzazione della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti e aumentare gli sforzi per garantire una progressiva diminuzione delle ragioni che spingono interi popoli a lasciare la loro terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso l’una causa delle altre. E nel cuore della nostra città, accanto a quei legni incrociati, occorre ribadire che oltre alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati bisogna unire il coraggio e la creatività necessarie a sviluppare a livello mondiale un ordine economico-•nanziario più giusto ed equo insieme ad un accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile di ogni autentico progresso. E il progresso autentico giunge anche dai banchi di scuola. Alla cerimonia di apertura dell’anno scolastico 2015/2016, il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha ripercorso la storia di un ragazzo sedicenne giunto a Lampedusa dopo un viaggio lunghissimo ed accolto da una famiglia italiana come •glio: «l’integrazione costituisce un vantaggio per la coesione e la serenità sociale». Un cammino da coltivare e far crescere in una società multiculturale. Enrico Canepa 35 ALLE GIURIE DEI GRANDI FESTIVAL NON PIACCIONO I FILM ITALIANI Sette titoli, due grandi rassegne di cinema, un solo premio, per giunta quasi tecnico. La presenza, numericamente imponente, dei registi italiani al Festival Internazionale del Film di Cannes e alla Mostra d’Arte Cinematogra•ca di Venezia ha partorito un solo riconoscimento, quello andato a Valeria Golino per la bella interpretazione nel •lm “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino. La delusione più cocente è arrivata dalla Croisette dove c’erano tre titoli e altrettanti autori di grande respiro. Vediamoli rapidamente. “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone è un’opera in cui il cineasta fa sfoggio delle sue qualità pittoriche raccontando e intrecciando tre storie delle cinquanta contenute ne Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille (Il racconto dei racconti ovvero il divertimento dei piccini) scritte in napoletano dal nobile Giambattista Basile (1570 - 1632). Il volume è stato pubblicato postumo fra il 1634 e il 1636 e risente dell’in•uenza di Giovanni Boccaccio (1313-1375) e del suo Decameron (1348-1353). Si inizia con la storia della regina che vuole diventare madre ad ogni costo per cui spinge il marito a calarsi in fondo al mare per uccidere un mostro il cui cuore dovrà essere cotto, ancora pulsante, da una vergine e mangiato dalla sovrana. Il monarca muore nell’impresa e la cuciniera rimane incinta come la regina. Entrambe daranno alla luce due •gli albini dall’aspetto identico, destinati a diventare amici inseparabili e simili al punto che la stessa sovrana li scambierà l’uno per l’altro. La seconda 36 storia ha al centro un altro monarca affascinato dalla pulce che ha addestrato al punto di nutrirla con cibi succulenti che la trasformano in essere dalle dimensioni di un bue. Quando il mostruoso insetto muore, il monarca mette in palio la mano della •glia fra quanti riusciranno a riconoscere a che animale appartenga la pelle esposta nella sala del trono. Vince un orco che ottiene in premio la principessa e la relega nell’antro in cui lui vive fra ossa dispolpate e sporcizia. La terza favola ha al centro un altro monarca che, irretito dalla voce celestiale di una donna che ha sentito cantare ma non visto, decide di farla sua sposa. Purtroppo la cantante è una vecchia rugosa e decadente che diventerà nuovamente giovane, per un tempo limitato, grazie a un sortilegio. Il •lm è segnato da un formidabile gusto pittorico, ma non ci sono riferimenti sociali e la stessa descrizione psicologica è superata dal gusto per l’immagine e il piacere del racconto. Con “Mia madre” Nanni Moretti ha •rmato il suo •lm più personale, non solo perché profondamente intriso di elementi autobiogra•ci, ma in quanto interamente costruito intorno ad un paio di dicotomie: •nzione e realtà, lavoro e sentimenti. Una regista decisamente nevrotica e insicura (una straordinaria Margherita Buy che incarna un evidente alter ego del regista) sta girando un •lm socialmente impegnato che ruota sulla lotta degli operai di una fabbrica da poco ceduta ad un investitore americano. E’ un momento dif•cile nella sua vita, quando ha appena abbandonato il compagno con cui viveva, ha un rapporto teso con la •glia e mentre sua madre sta passando in ospedale le ultime settimane di vita (l’interpretazione di questa •gura da parte dell’ottantenne Giulia Lazzarini va oltre ogni lode). E’ un groviglio di insicurezze e lacerazioni che il regista utilizza per allineare vari momenti emotivamente forti, venati di autoironia anche se più contrapposti che •uidamente collegati gli uni agli altri. Un •lm potente e toccante, capace di suscitare alcune serie ri•essioni sul rapporto fra la •nzione e la realtà (il cinema sociale e il mondo reale) e sul dif•cile legame fra sentimenti e vita professionale. Paolo Sorrentino ha ambientato “Youth” (Giovinezza) in un albergo svizzero ai piedi delle Alpi, lo stesso in cui Thomas Mann (1875 - 1955) ha collocato il suo capolavoro La montagna incantata (Der Zauberberg, 1924). Qui si ritrovano due artisti amici da tempo immemorabile e che hanno superato l’ottantina. Fred (Michael Caine) è stato un famoso compositore e direttore d’orchestra che ha rinunciato de•nitivamente alla bacchetta e allo spartito dopo la scomparsa della moglie, una soprano con cui ha passato la vita. Mick (Harvey Keitel) è un noto regista di cinema che non ha perso la speranza di riprendere in mano la macchina da presa per •lmare quello che lui stesso de•nisce il suo capolavoro. Due atteggiamenti opposti davanti alla vecchiaia che ritrovano una scintilla comune nella contemplazione del corpo nudo della modella rumena Maladina Ghenea. Il •nale è tragico e beffardo a un tempo: quello dei due dotato di maggior ottimismo si suicida, I’altro accetta di dirigere, nonostante i precedenti ri•uti, alla presenza della sovrana inglese. E’ una profonda, bella e toccante ri•essione sulla vecchiaia, non priva di ironia in cui si scandagliano sia la decadenza causata dallo scorrere degli anni, sia la forza vitale che accompagna l’esistenza di qualunque essere umano indipendentemente dalle primavere che ha alle spalle. A Venezia c’erano quattro titoli di autori italiani; anche in questo caso guardiamoli rapidamente. Piero Messina ha tratto “L’attesa” da una rilettura de La vita che ti diedi (1923), il dramma di Luigi Pirandello (1867 - 1936) ispirato alle sue novelle La camera in attesa (1916) e I pensionati della memoria (1914). La storia è quella di una madre ancor giovane che subisce un lutto terribile: le muore improvvisamente (disgrazia, malattia incidente?) il •glio che era venuto a trovarla nella grande villa siciliana in cui lei vive in quasi solitudine. Nei giorni della disgrazia arriva inattesa la •danzata del defunto. La donna le nasconde la morte del •danzato e inizia con la ragazza un dialogo a mezza strada fra la relazione complice e il tentativo di sostituzione del defunto con un’altra presenza viva. Il •lm è lento e sovrabbondante, pesante nella confezione e ruf•ano nell’esaltazione di bellezze e riti isolani giusti•cati più dalla sponsorizzazione della 37 Regione Sicilia che non da reali esigenze espressive. Per amor vostro di Giuseppe M. Gaudino ha una struttura complessa e originale. Da un lato guarda alla tipica sceneggiata napoletana con un linguaggio che necessita dei sottotitoli per essere capito dagli spettatori non partenopei. Vi emergono sentimenti forti d’amore e morte, occhieggiamenti al mondo della canzone, citazioni delle telenovele televisive. La storia che racconta è quella di una brava madre di famiglia che deve farsi carico di due •glie, un •glio muto e i genitori che continuano a spillarle quattrini. Il quadro famigliare è completato da un marito braccio attivo della camorra che lo ha incaricato di riscuotere con qualsiasi mezzo i crediti da usura. La storia intreccia dramma, problemi sociali e criminali confezionati in un racconto pieno di immagini fantasiose, riferimenti favolistici, sogni irrealizzabili. Marco Bellocchio ha •rmato “Sangue del mio sangue”, un’opera scarsamente riuscita e dalla 38 struttura tutt’altro che omogenea. Sono due momenti nella vita della cittadina di Bobbio, il primo collocato nel 17mo secolo, il secondo ai giorni nostri. Nel passato, un giovane prete è chiamato a seguire il giudizio a cui è sottoposta una monaca che ha avuto una relazione sessuale con il suo confessore, fratello del religioso appena arrivato. Quest’ultimo dovrebbe perorare la causa della madre che vuole il defunto sepolto in terra santa e non in un cimitero sconsacrato. La Chiesa lo permetterà se la monaca confesserà di essere stata ispirata dal demonio, per cui il religioso non sì è ucciso di propria volontà, ma a seguito delle trame del maligno. Salto ai giorni nostri con la cittadina dominata da una sorta di ma•a borghese che consente truffe allo Stato, pensioni ai falsi invalidi, ruberie varie. Non è facile trovare un •lo logico che leghi queste due parti, assemblate, a dir poco, in modo bizzarro. Una lettura potrebbe essere quella che vede la contrapposizione di un oggi miserabile con un passato in cui ferocia e regole assolute producevano anche miti e leggende. “A Bigger Splash” (Il maggior spruzzo) di Luca Guadagnino rilegge in chiave attuale “La Piscina” (La Piscine, 1969) diretto dal francese Jacques Deray. I protagonisti sono una famosa cantante rock, al momento resa afona da un’in•ammazione delle corde vocali e dalle cure necessarie, il suo attuale compagno, un documentarista alle prese con un •lm a cui lavora da tempo e che non ha ancora •nito, ex - amante della star, un produttore discogra•co di successo, e la sua giovane •glia. Lo scenario è quello di una villa di Pantelleria in cui la vicinanza e il sole accendono i sensi e le coppie s’incrociano sino a causare l’ira di entrambi i maschi, con il documentarista che affoga il rivale. Il regista ha tentato inutilmente di dare attualità a questa storia da Cavalleria Rusticana, inserendo nella colonna sonora e sullo sfondo la tragedia degli immigrati africani che approdano nel nostro sud. Umberto Rossi · VA R I E · MUSEO DEL RISORGIMENTO “GIUSEPPE MAZZINI” Avere 100 anni e non dimostrarli. Una allestito una mostra, sottolineando il legame giovinezza duratura, quella del Museo del che la unisce al Risorgimento”. Del resto c’è Risorgimento “Giuseppe Mazzini” di Genova, stato chi ha definito il primo conflitto mondiale resa possibile dalla volontà tenace sia di la quarta guerra di Indipendenza, finalizzata tramandare i valori senza tempo propugnati alla conquista delle Terre irredente, che ancora dal grande patriota genovese a cui è dedicato mancavano al neonato Regno d’Italia, unificato e che in queste stanze vide la luce 210 anni fa, sotto la corona sabauda. Non si stupisca, dunque, il 22 giugno 1805, sia di cercare costantemente il visitatore se ad accoglierlo all’ingresso un dialogo con le generazioni troverà un busto del “padrone che hanno, nel corso del di casa” e due mitraglie del secolo, rappresentato il futuro, primo Novecento. Il museo è imparandone il linguaggio per un inno alla libertà, all’unità ed far giungere il suo messaggio di all’amore di patria: tutti valori pace ed unità con immediatezza che hanno trovato nelle trincee e freschezza sempre rinnovate. il Del loro supremo sacrificio in e nel Patriota Genovese il lingua greca, che sormonta il massimo ispiratore. Manifesti portale di ingresso sintetizza del 1915 che sensibilizzano questo spirito indomito, in una gli Italiani alla necessità di sorta di breve, ma efficace, scendere in guerra, si alternano manifesto programmatico: vita a quelli che, richiamando il è breve mentre l’arte è lunga. Risorgimento, resto l’iscrizione, Ed i giovani sono da incoraggiano alla lotta ed a quelli che, a diversi anni gli speciali ciceroni di queste guerra in corso, sensibilizzano i civili a sostenere stanze, quando il museo si apre per la giornata economicamente lo sforzo bellico, esaltando del FAI. A novembre sono stati i ragazzi il coraggio ed il sacrificio dei connazionali al del liceo “G. Mazzini” a guidare i visitatori fronte. Accanto ai manifesti, foto d’epoca che alla scoperta delle sale dedicate alla Grande riproducono il desolante paesaggio delle zone Guerra. “Il museo” - ricorda Liliana Bertuzzi, di guerra e qualche esempio di arma e di elmetto responsabile delle attività didattiche – “nel in dotazione ai soldati italiani: sottili barriere centenario della Prima Guerra Mondiale ha contro il fuoco nemico. 39 Le sale che ospitano la mostra temporanea contro tutto e tutti, si sono uniti credendo in un sulla Grande Guerra costituiscono una cornice ideale e consegnandoci un Paese libero in cui ideale intorno al cuore del museo: la grande vivere. La visita della sala inizia con la storia stanza dedicata all’inno nazionale. Scritto da del tricolore, per la prima volta sventolato in Goffredo Mameli, un altro illustre figlio della battaglia nel lontano ottobre 1796, consegnato Superba, che alla causa italiana credette a tal da Napoleone alla Legione Lombarda dei punto da sacrificare la sua giovane vita, l’inno, Cacciatori non è sempre di immediata comprensione Transpadana e prosegue con cimeli dei Mille per i tanti aulici rimandi alla storia patria, garibaldini e dell’Eroe dei due Mondi. Una eppure ogni sua parola diventa subito chiara, curiosità: nell’anno dell’Expo, anche il Museo guardando le bacheche, mentre le sue note del Risorgimento ha voluto dare il suo piccolo pervadono la sala. E si capisce come non contributo: “Abbiamo arricchito il percorso a Cavallo della Repubblica poteva che essere quello il testo che venne con pannelli dedicati al cibo, che spiegano cosa in mente al giovane Goffredo che, incitando prediligevano a tavola Mazzini e Garibaldi e i compagni alla lotta, trovò ispirazione in cosa si mangiava al tempo di Balilla”, spiega Balilla, il ragazzino genovese, tanto coraggioso ancora Liliana Bertuzzi. E scopriamo che da scagliare pietre contro l’invasore austriaco Garibaldi aveva gusti assai frugali: amava al grido “Che linse?”. E che non può essere che lo stoccafisso, i biscotti del Lagaccio ed il quel testo ancora oggi a rappresentare l’Italia, pandolce genovese. Mentre Mazzini, dal suo un Paese dalla storia tormentata ma gloriosa, esilio oltremanica, chiedeva alla madre la resa possibile da tanti giovani valorosi che ricetta della torta pasqualina, rammaricandosi 40 che avrebbe dovuto necessariamente adattarla, morte in contumacia. non trovando bietole a Londra. Oppure ancora Ma fu una morte naturale quella che scriveva a casa fornendo la ricetta della colse Mazzini a Pisa, a 67 anni di età. Ormai cosiddetta “torta svizzera”, di cui era ghiotto. prossimo alla fine, volle essere avvolto nella Basta un’occhiata a questa lettera per farci coperta a piccoli quadri bianchi e neri che già sentire più vicino a questo patriota, di cui avvolse Cattaneo: e quella coperta ora è esposta l’iconografia ci consegna una figura ascetica nell’ultima bacheca del percorso mazziniano, ed austera: ma mentre scriveva di pasta sfoglia, insieme con un ritratto del Patriota sul letto di mandorle sminuzzate, uova e zucchero, era morte. solo un uomo che, lontano dai suoi affetti, Come però parlare di Risorgimento ai cercava di ovviare alla distanza geografica giorni nostri e, soprattutto, perché? Visitatori condividendo con i suoi cari lontani, piccoli giovani e vecchi, italiani e non. trovano una aspetti di vita quotidiana, come la ricetta del risposta a questi interrogativi nei percorsi dolce preferito. Questa lettera è esposta in una multimediali approntati per illustrare il legame, delle sale propriamente dedicate a Mazzini. sottile ma resistente, che unisce gli eroi di ieri Protetto da una teca, è conservato il suo agli uomini di oggi: libertà, unità ed Europa non scrittoio, allestito come se da un momento sono concetti nuovi. Può cambiare il modo di all’altro il padrone di casa fosse atteso per parlarne ma non il loro intrinseco valore, già riprendere il lavoro interrotto: un paio di colto dai padri della patria quando non esisteva occhialini rotondi è posato su un quaderno neppure l’Italia ma solo la sua idea. Ma, come aperto, scritto con grafia piccola e fittissima, ci insegna Mazzini, “l’Idea è immortale”. il calamaio è pronto all’uso, mentre su una L’Idea sopravvive ai cicli e ricicli storici, muta mensola accanto sono riposti due testi cari a linguaggio ma non ispirazione e valore. Mazzini, uno di Hegel e l’altro di S. Paolo. Chiara Colella Su un altro tavolo fa bella mostra di sé una piccola scacchiera mentre in un angolo è posata una chitarra. Alle pareti alcuni ritratti dei genitori e del giovane Giuseppe. Gli oggetti esposti nella stanza adiacente ci ricordano la statura morale e politica del Patriota: ai documenti del “Regium Atheneum Genovese”, che ne attestano la laurea in legge, fanno da contraltare i bandi emessi contro di lui dal governo asburgico, culminati nella condanna a 41 LE DONNE AMATE DA VOLTAIRE Amante dei piaceri e del lusso, Voltaire per Voltaire un ideale •loso•co valido per tutte le pensava che la cultura ornasse di una dimensione donne, dove «è lo spirito che dona grazia a una più alta e anche più sensuale la bellezza femminile. donna». Compagna e musa del •losofo francese Per le donne libertine e colte, capaci di acquisire per 15 anni, versata nelle scienze e nelle lettere, un prestigio sociale, Voltaire aveva un debole. «Le eroina di intrighi politici e mondani, la marchesa donne sono capaci di tutto ciò che noi facciamo - fu tra i protagonisti della rivoluzione illuminista. scriveva - e la sola differenza tra loro e noi è che Quasi trecento anni fa sosteneva: «Vorrei che loro sono più amabili». le donne partecipassero di tutti i diritti umani, e Nel 1732 Voltaire s’innamorava di Gabrielle soprattutto quelli della mente. Sembrerebbe che esse siano nate solo per civettare, poiché questo è il solo esercizio intellettuale loro concesso. La nuova educazione sarebbe di grande bene•cio per la razza umana. Le donne sarebbero più interessanti e gli uomini avrebbero in cambio una nuova fonte di emulazione». Nata a Parigi nel 1706, •glia del noto barone di Breteuil, maestro di cerimonie a corte, Emilie dimostrò •n dall’infanzia intelligenza ed energia senza pari, studiando in casa («Se fossi il re protestò - fonderei una università femminile») e praticando sport maschili. Damigella d’onore della regina, si sposò a 19 anni col marchese di Châtelet, a cui diede tre •gli, ed ebbe numerosi amanti, dal duca di Richelieu al matematico Mopertuis. L’incontro con Voltaire cambiò la sua Emilie la Tonnellier de Breteuil du Chatelet, nota vita. Quando si incontrarono ad un ricevimento (lui ai posteri come la marchesa di Châtelet, moglie aveva trentanove anni, lei ventisette), la marchesa di un marchese comandante delle truppe reali non poté fare a meno di notare quell’uomo magro, che stava più sui campi di battaglia che vicino elegante e distinto, dagli occhi penetranti e la alla colta consorte. La marchesa rappresentava bocca espressiva. Dopo la condanna del Parlamento di Parigi 42 delle Lettere •loso•che, Voltaire si rifugiava con frivolezze dell’alta società». Del resto Voltaire Emilie nel catello di Cirey per evitare l’ennesimo contribuiva al benessere della famiglia, restaurando ritorno alla Bastiglia. Qui, innamorati, studiavano a proprie spese la dimora di Cirey e prestando di •sica, partecipando ad un concorso indetto dalla tanto in tanto denaro. Ricchissimo, pagò ogni lusso Accademia delle Scienze. Emilie è stata la prima alla marchesa, comprese le stravaganti perdite al donna ad esser pubblicata da un’istituzione gioco. A sera, poi, inauguravano continue feste, rigidamente maschile. Nel 1737 la marchesa dove Voltaire leggeva gli ultimi componimenti, pubblicava Elementi della •loso•a di Newton, distribuiva le parti, organizzava la scena e allietava scritto in collaborazione con Voltaire. Dopo aver gli ospiti con messe in scena e divertimenti. La affermato al mondo il diritto di essere considerata marchesa di Châtelet, tanto audace da travestirsi una studiosa, Emilie iniziava a tradurre dal da uomo per entrare in un caffè vietato alle donne, latino la principale opera di Newton, i Principia non era inferiore al compagno, che nei momenti di Mathematica, dove la traduzione diventava analisi, irritazione la apostrofava come «Madame Newton commento ed anche critica. Emilie denunciava le Pompom» e in pubblico litigava con lei in inglese approssimazioni di alcuni calcoli di Newton ed per non farsi capire dai presenti. Ma nel castello enunciava un’ipotesi sull’inclinazione della Terra traboccante di 21 mila libri, Voltaire avvertiva che sarà confermata da Laplace solo molti anni che la sua amante e ispiratrice gli era necessaria dopo. Non è vero, dunque, che solo il sodalizio •sicamente e mentalmente. con Voltaire – come notava con per•da malizia Con Emilie la passione fu totale: «Io non ho Madame du Deffand – vissuto che da quando la tua impedì al suo nome di anima mi ha penetrato della sprofondare nell’oblio dei sua divina •amma». Non secoli. che il •losofo non avesse il conosciuto l’amore prima di Florent-Claude Emilie. Voltaire aveva dato du Châtelet, che Voltaire scandalo per la relazione chiamava «le bonhomme», con una giovane ugonotta, accettò la Catherine Olympe Dunoyer, presenza dell’amante ed che aveva incontrato all’Aia. anzi si gloriava della sua Impegnato come segretario illustre fama. Il ménage a dell’ambasciatore francese, trois fu «uno sfrontato atto il •losofo si innamorò di di s•da della marchesa Olympe contro la volontà alle convenzioni e alle della famiglia di lei. La loro Il marchese marito, serenamente 43 relazione suscitò immediatamente scandalo e, E qui, mentre le voci lo davano in fuga all’estero, costretto dalla famiglia Dunoyer, Voltaire se ne continuò a scrivere per divertire la duchessa i dovette ritornare frettolosamente in patria per non racconti •loso•ci Zadig, Memnon, Micromègas, essere arrestato. Anche se in Francia l’aspettava oltre alla tragedia Sèmiramis. la Bastiglia, dove nel 1716 venne incarcerato per L’anno seguente, insieme ad Emilie, si undici mesi a causa dei suoi scritti «sovversivi». trasferiva a Luneville, chiamato da Stanislao, ex Tra il 1713 e il 1748 Voltaire ebbe almeno otto re di Polonia e duca di Lorena, oltre che padre amanti, tra cui l’attrice più fascinosa del tempo, della regina di Francia Maria Leszcinska. Qui Adriana Lecouvreur, ammirata per le leggendarie la marchesa di Châtelet, ormai quarantaduenne, interpretazioni che seppe offrire dei testi di Racine. trovò l’amore che cercava. Emilie, infatti, si era Quando morì nel 1730 e i sacerdoti ri•utarono gettata nelle braccia dello scrittore Jean Francois all’attrice la sepoltura in chiesa perché aveva calcato le scene, Voltaire insorse gridando contro i preti: «Privano di sepoltura colei che in Grecia avrebbe avuto in suo onore degli altari». Nonostante le lacrime di Emilie, Voltaire lasciava la marchesa per andare in Germania, alla corte di Federico II, con cui intratteneva un’intensa corrispondenza da quando questi era ancora principe ereditario. Dopo l’ultimo di questi viaggi, quando tornò dall’amante, il loro rapporto Castello di Voltaire a Ferney si era incrinato. La donna manteneva intatto il Saint Lambert, più giovane di lei di dieci anni, suo «temperamento di fuoco», mentre Voltaire da cui desiderava un •glio. La scienziata voleva superava i cinquant’anni e non era più in grado di diventare madre a tutti i costi, ma nelle umane soddisfarla. Emilie si chiudeva spesso in camera col vicende del quartetto amoroso piombò però la matematico Clairault, che l’aiutava nei suoi lavori. morte. Un anno dopo, il 10 settembre 1749, la Un giorno che i due tardavano a pranzo, Voltaire marchesa morì di parto, insieme alla bimba, a sfondò la porta. Profondamente deluso e umiliato 43 anni. Voltaire diventò folle di rabbia. Il colpo si rifugiò dalla duchessa du Maine – moglie di un fu durissimo, inaspettato e brutale. Negli stessi •glio illegittimo di Luigi XIV e della signora de giorni in cui singhiozzava e soffriva, urlava al Montespan – nella meravigliosa dimora di Sceaux. nuovo arrivato: «Voi me l’avete tolta" Che bisogno 44 avevate di farle fare un •glio"». A cinquantacinque di affetto, ma si è scordata di darmi uno stomaco. anni l’uomo, che Goethe de•niva «universale Non posso digerire ma posso amarvi». fonte di luce», d’un tratto si scoprì solo. Privo di Parecchie lettere sono scritte, soprattutto una donna di grande fascino che anticipò il ruolo quelle legate al desiderio e all’amore, in un italiano della donna e offrì un vero e proprio affresco del sgrammaticato, ingenuo e quasi burocratico, modo di vivere femminile in quella che, all’epoca, eppure vi si lascia sempre trasparire la sincerità e la era la nazione più potente d’Europa. passione verso la nipote. E non mancano divertenti, Con la morte di Emilie apparve la nipote Marie Luise Denis – •glia della sorella quanto inaspettate, oscenità che alludono a una loro storia sessuale. Catherine Mignon – per recargli conforto. Madame I posteri non hanno amato Madame Denis Denis, di 18 anni più giovane di Voltaire, alla e, •no al ritrovamento delle lettere d’amore, morte del marito divenne l’amante di Voltaire che pochissimi hanno sospettato che col grande zio la riteneva una donna arguta e spiritosa, mentre avesse vissuto un legame amoroso. Con la Châtelet gli amici la trovavano insipida e chiacchierona. non sembrava reggere il confronto, ma Madame Voltaire la credeva un’attrice di gran talento, gli Denis riusciva a offrirgli un nido sicuro e, insieme amici la trovavano brutta e mediocre. Madame alle galanterie spinte e quasi indecenti, gli ispirava Denis era grassa e contrastava con l’aspetto •sico un desiderio intenso e malinconico di gioventù. A di Voltaire, che era pelle e ossa. Ferney, alla •ne della vita, Voltaire aveva creato La nipote intrattenne con lo zio una storia delle scuole per giovani donne e ne scrisse in d’amore rivelata nel 1957 da Theodore Bestermann, Sophronie o l’educazione delle giovani. L’arguzia che ha pubblicato le Lettere d’amore di Voltaire e l’ironia di Voltaire, accompagnate dalla pietà per a sua nipote. Una corrispondenza molto intima, le debolezze umane, non sono mai separate dal dai toni spesso deliziosamente indecenti, a volte senso del piacere. estremamente sentimentali, piena di lamentele e Giuseppe Benelli di consigli, specie in merito alle sue opere. Non passano mai due giorni senza che lui non le scriva, in italiano (la lingua dell’amore), che «è ridotto alla disperazione», che la sua vita è «il diario di un infermo», che non digerisce più niente, che si sente «vicino alla morte». In quegli anni amore e coliche vanno di pari passo: «la natura mi ha dato un cuore pieno 45 LA LUNGA STORIA DELL’OSPEDALE DI GENOVA DAL PAMMATONE AL SAN MARTINO Il contesto storico politico della città subito repressa. Paolo da Novi fu decapitato il 10 tra il XV e XVI secolo - Siamo nel XV secolo luglio 1507, il suo corpo venne squartato e la testa (negli anni precedenti la straordinaria avventura di esposta sulla torre Grimaldina di Palazzo Ducale. Cristoforo Colombo), quando nel 1422 Bartolomeo Dopo la morte di Luigi XII, il nuovo re Francesco I Bosco (durante il periodo della “dedizione” della riacquistò la signoria della città previo accordo con città alla Signoria Viscontea) acquista, nella zona l’astro nascente del momento: Ottaviano Fregoso. di Piccapietra, i primi locali sui quali sorgerà Le aggregazioni delle famiglie avvenivano l’Ospedale, in un primo tempo per sole donne, tramite l’organizzazione degli “alberghi”: i Doria che sarà chiamato Pammatone. a San Matteo, i Fieschi a San Dopo vent’anni, nel 1442 viene Lorenzo, i Gentili a San Siro. steso il primo statuto uf•ciale. La struttura architettonica era Per porre •ne a questi continui simile a quella di una Chiesa Doria (1468-1560), con la con al centro l’altare. Portoria riforma era la zona fuori le mura, vi aprile 1528 limita gli alberghi a abitavano piccoli artigiani, ceti 28, stabilisce il dogato biennale e un sistema elettorale basato litigi, sociali popolani, coloro che svolgevano i lavori più umili l’ammiraglio oligarchica Andrea del 15 sul sorteggio di 400 nobili da e pesanti come appunto i manovali, detti i “picca eleggere al Gran Consiglio di Palazzo Ducale e pietra”. La Repubblica di Genova era attraversata di 100 al Minor Consiglio. Tra questi un ulteriore sorteggio di 28 elettori provvedeva alla nomina del da lotte violente tra le varie famiglie nobili e nei doge. Ma anche durante il periodo d’oro di Andrea rapporti con le potenze straniere (francesi, spagnoli, Doria (e della sua repubblica aristocratica), ostile austriaci) le cui alleanze dipendevano dalle ai Francesi e alleato col Re Carlo V di Spagna, non convenienze del momento. Nel 1458 il governo mancarono le guerre interne: nel 1547 Gian Luigi della città venne ceduto a Carlo VII di Francia, poi, Fieschi si sollevò contro la famiglia dei Doria, dal 1464 al 1499, alla Signoria Sforzesca di Milano. ma la rivolta si concluse con la sua morte (cadde Agli inizi del 1500 cadde di nuovo in mano ai annegato in mare, si dice, perché appesantito Francesi di Luigi XII che visiterà Genova nel 1503, dall’armatura) e con la condanna a morte di tutti i accolto in pompa magna dai nobili locali. Seguì congiurati. Andrea Doria fece recuperare il corpo l’ennesima ribellione antifrancese capeggiata da dal mare e lo lasciò decomporre per due mesi sul Paolo da Novi, eletto doge in un’assemblea tenuta molo, in modo che il popolo s’accorgesse del delitto a Santa Maria di Castello, ma la ribellione fu commesso. 46 Il doge vestiva con abiti sontuosi (d’oro e di porpora), come se fosse un imperatore ospedali sparsi in città e nei dintorni: in questo bizantino, mentre, come noto, le famiglie degli modo le relative rendite venivano incamerate nella “alberghi” amavano il lusso e l’opulenza nelle gestione dell’ospedale grande di Pammatone. proprie abitazioni, spesso decorate da illustri Accanto al nosocomio sorgeva la farmacia pittori. (spezieria) con annesso orto per la coltivazione L’elemento uni•catore dei ceti dominanti delle piante medicinali utilizzate nella confezione era costituito dal Banco di San Giorgio che delle medicine. Le corsie del piano inferiore erano amministrava capitali di opere pie, chiese, destinate agli uomini. Al Pammatone, oltre agli ospedali, confraternite, corporazioni. I detentori ammalati, venivano accolti anche i pellegrini e delle maggiori quote del capitale sociale erano, i bambini abbandonati, chiamati gli “esposti”, ovviamente, i patrizi (antichi e nuovi) e le diverse quelli della “ruota” che nel corso degli anni famiglie dei mercanti. Infatti i suoi gruppi dirigenti, aumenteranno sempre di più. In genere, •no ai in larga parte, coincidevano con i membri del dieci anni, venivano af•dati a delle nutrici per poi Maggior Consiglio della Repubblica, quindi con ritornare nel ricovero in attesa del matrimonio, le più alte cariche dello Stato. A partire dal 1576, oppure di un lavoro all’interno come “•glie della con la riforma “Leges Novae”, per garantire un casa”, mentre ai maschi impartivano insegnamenti controllo sociale maggiore e ridurre le lotte di nei diversi mestieri artigianali. Le fonti di potere tra le famiglie, fu stabilito che si creassero annualmente dieci nobili scelti tra i “nuovi ricchi” •nanziamento venivano incrementate durante le visite annuali del “Perdono”, quando i cittadini che emergevano negli affari. Il secolo tra il 1536 e benestanti che visitavano l’ospedale e lasciavano il 1640, - ricorda Ennio Poleggi, - vede i maggiori offerte, ricevevano l’indulgenza plenaria (vedi su interventi urbanistici ed edilizi, anche perché questo tema il bel dipinto del pittore •ammingo è il periodo del massimo potere •nanziario di Genova, nell’Europa degli Asburgo. Non a caso Cornelius De Wael esposto a Palazzo Bianco). Ampliamento del Pammatone - Tra i secoli sarà chiamato “el siglo de oro de los genoveses”, XVI e XVII si ebbero non solo diversi ampliamenti oggetto della bella mostra d’arte del 1999/2000. delle strutture d’ospitalità, ma anche lo sviluppo L’arcivescovo faceva parte delle classi dirigenti e di insegnamenti universitari di medicina ad opera in qualche caso, come con Paolo Fregoso, la carica di “lettori”, soprattutto di anatomia e chirurgia. cardinalizia coincideva con quella di doge (1483- Nel 1751 con il contributo •nanziario decisivo 84). Si trattava di un’unione che, pur con momenti della famiglia Pallavicini (i coniugi Anna Maria di con•ittualità, avrà, come vedremo, signi•cative e Gian Luca) inizierà la svolta più radicale: la e positive conseguenze sullo sviluppo delle grandi costruzione, tra il 1758 e il 1766, di un nuovo opere assistenziali genovesi (dal nuovo Pammatone edi•cio nell’area dell’attuale palazzo di Giustizia. all’Albergo dei poveri), ammirate in tutta Europa. Il progetto venne af•dato al celebre architetto - Gli Andrea Rosolino; una concezione dell’ospedale amministratori, a partire dal fondatore Bartolomeo con caratteristiche di monumentalità e con una Bosco, venivano chiamati Protettori. Nel 1471 il capienza complessiva di circa 1200 posti letto, Senato di Genova ottenne dal savonese Francesco che presto diventerà l’orgoglio della città. La della Rovere, papa Sisto IV, la bolla ponti•cia sua architettura - un grande atrio d’ingresso, che ordinava l’accorpamento dei tredici piccoli scalone monumentale, cortile centrale tra colonne I primi anni del Pammatone 47 doriche, rampe laterali che conducono alle corsie del Pammatone vengono trasferite nel nuovo degli ammalati - si adegua alla tipologia tipica dei complesso ospedaliero di San Martino che sarà palazzi genovesi dell’epoca, di cui l’ultimo esempio inaugurato il 2 dicembre 1923 alla presenza di l’abbiamo con Palazzo Bianco. Il letterato francese SAR (Sua Altezza Reale) il Principe Ereditario Charles Dupaty nelle sue Lettres sur l’Italie, scritte Umberto di Savoia. Nel 1906 era stato aggiudicato nel 1785, ebbe parole entusiaste sull’architettura il progetto a padiglioni dell’ing. Ettore Musso del nuovo Pammatone: “Sono entrato in un superbo e quello esecutivo dell’ingegnere del Comune palazzo, ho attraversato una lunga colonnata, ho Giuseppe calcato dei marmi di tutti i colori, una porta innazi si nell’omonima via: Celle, ricordato con una targa è aperta: ero in un ospedale”. Nel 1818 l’Ospedale Pammatone e quello degli Incurabili saranno gestiti Perché il nuovo spedale dotato d’ogni più da un’unica Commissione, entrerà in vigore un nuovo regolamento e col passare degli anni vi si acconcio presidio fosse agli infermi immagine del domestico rivolgeranno anche gli strati sociali più benestanti. focolare Le grandi statue dei benefattori - I l’ingegnere GIUSEPPE CELLE benefattori venivano ricordati con statue di diversa prodigò per vent’anni le migliori energie grandezza e seguendo una precisa gerarchia stabilita della vita dall’ammontare dei lasciti: dalle statue sedute, a quelle in piedi, con busto, oppure con lapide. GENOVA tra i •gli suoi benemeriti esalta l’autore L’elenco dei benefattori con le relative statue è dell’opera insigne tuttora visibile. La statua più antica risale al 1590 i protettori degli spedali civili af•dano ai e riguarda la •gura di Vincenzo Odone. Finalmente venturi il suo nome nel 1874 il Marchese Sauli, che lasciò un importante legato •nanziario all’Opera Pia Pammatone, MCMXXIV non volle la statua: “Faccio espresso divieto che Le autorità dell’epoca mettono in risalto la per queste mie disposizioni testamentarie venga missione di carità cinque volte secolare (1423- eretta né ora né mai quella statua che secondo la 1923) dell’ospedale. Tra le eccellenze del San consuetudine, è decretata ad onore dei benefattori”. Martino va annoverata la ricerca sulla tubercolosi Verso la •ne dell’Ottocento i benefattori saranno ad opera di Edoardo Maragliano (1849-1940), infatti ricordati in forme più semplici: col nome clinico illustre e Rettore dell’Università di Genova di un edi•cio, di una corsia, di una camera, di un dal 1907 al 1917. Fu il primo ad inserire un letto. Nei viali di san Martino sono visibili 75 statue corso di clinica tubercolare negli insegnamenti che prima giacevano nelle corsie del Pammatone, della medicina. L’Ospedale di San Martino, con mentre altre dieci le possiamo ammirare dentro un territorio di 35 ettari, 12 Km di viali interni, l’attuale Palazzo di Giustizia che venne costruito aveva un’occupazione complessiva di circa 5mila tra il 1966 e il 1974: dall’antico e glorioso ospedale persone, era una vera e propria città nella città. rimane il cortile, l’antico colonnato e lo scalone monumentale. Il nuovo ospedale di San Martino - Nel primo decennio del Novecento le strutture sanitarie 48 Ecco le schede sintetiche dei principali protagonisti origini: dell’ospedale Pammatone delle Caterina Fieschi Adorno (1477-1510) Ettore Vernazza (1470-1524) e l’Ospedale degli Incurabili Fin da ragazza, Caterina era attratta dalla vita religiosa e voleva diventare monaca, ma all’età di 16 anni, il padre stipulò il contratto di matrimonio con la famiglia degli Adorno, un tempo rivale, e sposò Notaio di professione, fu il discepolo più coerente di Caterina da cui trasse ispirazione per fondare nel 1497 (insieme con Giovanni Battista Salvago, Nicola Grimaldi, Benito Lomellini), la Giuliano, che peraltro conduceva una vita molto Confraternita “Compagnia del Divino Amore” sregolata (si diceva avesse diversi •gli naturali). (composta prevalentemente da nobili, vecchi e Per un breve periodo anche Caterina fu trascinata nuovi) che poi costruirà l’Ospedale degli Incurabili dalle comodità e dalle relazioni festose, come si (detto l’ospedaleto per distinguerlo da quello più addiceva alle famiglie nobili che frequentava. Ma il 25 marzo 1473, sconvolta da visioni mistiche, grande del Pammatone) e vi andrà a risiedere. Una delle principali malattie di quel periodo era il “morbo gallico” (si•lide), così chiamato perché iniziò una nuova vita dedicata alla preghiera e alle si riteneva fosse portato dai soldati francesi ed opere di bene. Tale conversione ebbe effetti anche era ritenuto talmente contagioso e incurabile che sul marito e quando nel 1478 Caterina decise di nessuno voleva prendersene cura. D’accordo col assistere gli infermi del Pammatone, lui la seguì doge Ottaviano Fregoso costruì anche il Lazzaretto e, insieme, avendo nel frattempo fatto voto di castità (sotto lo stesso tetto si comportavano come alla Foce nel quale venivano ricoverati i malati di peste e di altre malattie contagiose; inoltre era a disposizione dell’Uf•cio dei poveri per il ricovero “fratello e sorella”), andarono a vivere in una casa di tutti i bisognosi e di coloro che “venendo dal sistemata dentro il complesso ospedaliero. Nel mare sono soggetti a contumacia”. 1489 Caterina, per le sue qualità umane e per le sue (che peraltro aveva tre •glie tutte monache), era documentate competenze amministrative, venne sorretto da una fede profonda e si distinse per le eletta Rettora. Oggi il suo corpo si trova nella sue particolari capacità amministrative riuscendo Chiesa omonima. Vernazza a coinvolgere i ricchi per aiutare i poveri. I mezzi •nanziari delle opere progettate derivavano 49 principalmente dai proventi degli investimenti Camillo De Lellis (1550-1614) presso il Banco di San Giorgio. Alla •glia Battistina diceva: “Sarei molto contento se dovessi morire per i poveri”. Così avvenne. Virginia Centurione Bracelli (1587-1651) Proveniente da Milano, giunge a Genova nel 1594 insieme ai suoi “ministri degli infermi” con la precisa missione di servire gli ammalati del Pammatone e del Ridotto degli incurabili. Nel Di nobili origini, in giovane età il padre 1746 Papa Benedetto XIV lo proclama Santo la concede in sposa a Gaspare Bracelli. Rimasta patrono degli ammalati, degli ospedali e degli vedova a vent’anni, costituì il rifugio Monte operatori sanitari. La Chiesa di San Camillo si Calvario, trova di fronte al Tribunale. per ospitare donne “malmaritate, prostitute e povere della città”. Fondò la congregazione delle Suore di N. S. del Rifugio, chiamate “brignoline”. Il suo corpo è visibile nell’omonima Chiesa in viale Centurione Bracelli. Le sue “•glie” venivano mandate ad assistere gli infermi, prima al Pammatone poi al San Martino. Nel 1632 il “Magistero dei poveri” le af•dò la riforma del Lazzaretto. Ebbe un ruolo rilevante nella decisione di proclamare la Madonna, Regina di Genova. La cerimonia uf•ciale, rogata con relativo atto pubblico, si svolse il 25 marzo 1637 nella cattedrale di San Lorenzo dove il doge Francesco Brignole consegnò all’Arcivescovo, cardinal Domenico Spinola, le insegne del comando (scettro, corona regia e chiavi della città) in un bacile d’oro, che depose sull’altare e l’offrì alla Madonna. Giovanni Paolo II l’ha 50 Salvatore Vento L’ULTIMO SCRITTO 3 1 “I. Sia lasciata passare in silenzio la mia Esprimo il vivo desiderio di essere sepolto morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di in Milano con mia moglie nell’Oratorio che verrà parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. costruito nella Casa di Riposo dei Musicisti da me Né annunzi né partecipazioni. fondata. II. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, Qualora non venisse assecondato il deside- nudo, in un lenzuolo. E niente •ori sul letto e nes- rio da me espresso, dispongo acciocché abbia ad sun cero acceso. erigere un monumento sull’area da me acquistata III. Carro d’in•ma classe, quello dei pove- nel Cimitero monumentale di Milano. Ordino che i miei funerali siano modestissi- ri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. IV. Bruciatemi. E il mio corpo, appena arso, mi e siano fatti allo spuntar del giorno o all’Ave Maria di sera senza canti e suoni. Non voglio nessuna partecipazione della sia lasciato disperdere, perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non mia morte colle solite formule. si può fare, sia l’urna cineraria portata in Sicilia e Si distribuiranno ai poveri del villaggio di murata in qualche rozza pietra della campagna di Sant’Agata lire mille nel giorno dopo la mia mor- Girgenti, dove nacqui”. te. 4 2 “Il mio cadavere sarà cremato con legna di E’ falso che nel 1939 io o chiunque altro in Caprera nel sito da me indicato con asta di fer- Germania abbia voluto la Guerra! Essa è stata vo- ro ed un pizzigo di cenere: sarà chiuso in urna di luta e provocata solo e soltanto da uomini di stato granito e collocata nella tomba delle mie bambine stranieri o di origine ebraica e/o comunque proni sotto l’agaccio ivi esistente- agli interessi del giudaismo. La mia salma vestirà camicia rossa – la te- Passeranno i secoli, ma dalle rovine del- sta, nel feretro, o lettino di ferro – appoggiato al le nostre città e dei nostri monumenti non potrà muro, verso tramontana – con volto scoperto – I che crescere e rinnovarsi l’odio verso l’unito vero piedi all’asta. responsabile, l’unico imputato che dobbiamo rin- I piedi del feretro o lettino assicurati con catenetta di ferro, siccome la testa – graziare per tutto questo: l’Internazionale Giudaica ed i suoi scagnozzi ! Al Sindaco né a chiunque si parteciperà la mia morte senonchè •nita la cremazione –”. Sono questi alcuni passi scelti a caso di quattro testamenti di personaggi storici. Come noto il 51 testamento è tecni- fare testamento, sti- camente un atto con landone diversi e il quale si dispone magari cambiandoli delle proprie sostan- in continuazione a ze per il tempo in cui seconda si avrà cessato di vi- re del momento o vere. a mò di “vendetta” L’istituto dell’umo- ha postuma. Infatti nel una storia antichis- nostro Ordinamen- sima, tanto che la to, il testamento è attuale disciplina si sempre ed inderoga- fonda ancora sul Di- bilmente revocabile ritto Romano e l’at- e modi•cabile •no tuale Codice Civile all’ultimo momento dedica alla materia di vita. Viene cioè delle successioni garantita la assolu- ben 353 articoli su ta libertà di dispor- 2969 di cui 125 solo re (entro i limiti di al testamento. In re- legge) delle proprie altà la normativa è sostanze quale tipica assai risalente nel libertà umana ed in- tempo e molto dettagliata ma statisticamente nel dividuale, tanto che è nulla ogni clausola che vie- nostro Paese la maggioranza delle persone non la- ti la rinuncia alla facoltà di revocare o di mutare scia testamento e si applicano quindi le norme di il testamento. E’ un atto strettamente personale la legge sulla cosiddetta “successione legittima”. Le cui redazione non può essere quindi devoluta ad ragioni di questa non grande diffusione della pra- altri, quali un genitore od un tutore. E quindi non tica del testamento possono essere le più varie: “in è ammesso, ad esempio, il testamento cosiddetto primis” perché non si pensa o non si vuole pensare “congiuntivo”, fatto cioè da due o più persone con che sia giunto il proprio momento. Oppure perché un medesimo atto né a vantaggio di un terzo: tipi- non si è più coscienti o perlomeno lucidi. O ancora co è il caso di due genitori che redigano un unico perché ci si af•da alla legge per la ripartizione dei testamento a favore dei •gli. propri beni. O “last but not least” perché ci si sente Come è noto, due sono le forme più comuni “eterni” e non si vuole pensare al dopo lasciando del testamento: olografo e pubblico. Il primo è il che siano gli eredi a trovare le soluzioni. E in•ne più semplice: bastano poche righe manoscritte su anche per evitare i costi del notaio. qualsiasi foglio anche all’orlo di un tovagliolo di Al contrario vi sono non rari casi di perso- carta con: “lascio tutto a mio nipote Francesco”, ne solitamente anziane che quasi si divertono a data e •rma. E’ suf•ciente quindi una lettera, un 52 qualunque foglio di carta a condizione che appun- notaio per richiederne la pubblicazione. to sia autografa. Il che esclude la possibilità da L’altra forma maggiormente usata per il te- parte di un terzo di aiutare a sorreggere la mano stamento è quella pubblica, redatta cioè da un no- di un testatore che abbia dei problemi di scrittu- taio con le regole minuziose di legge. E’ quindi più ra. Più che scritto deve essere manoscritto: tutto, complesso e formale dell’olografo ma gode della non solo la •rma. E a penna non a matita, cioè con maggiore validità probatoria tipica dell’atto pub- mezzi cancellabili; e anche il testamento più riser- blico notarile, facendo piena prova •no alla quere- vato proprio perché è redatto dal solo testatore. La la di falso delle dichiarazioni del testatore. Inoltre data può essere indicata sia all’inizio che alla •ne, in questo modo il testamento può essere conserva- anche senza l’ora. Se la data è errata o impossi- to senza rischi di perdite, smarrimenti, danneggia- bile (per esempio il 31/9) può essere riportata ad menti, come ad esempio un incendio, o addirittura esattezza dal Giudice qualora vi siano elementi l’eliminazione da parte di malintenzionati. in grado di rideterminarla corretta ma esclusiva- I principali requisiti per il testamento pubbli- mente però ricavabile dall’interno del testo stesso. co sono: 1) la dichiarazione di volontà davanti al In•ne la sottoscrizione, come dice la parola, deve notaio che ha il compito di tradurre, e se del caso essere apposta proprio per ultima in calce a pena consigliare giuridicamente, in un linguaggio tecni- di nullità. Il proble- co-giuridico le inten- ma di questo tipo di zioni del testatore; 2) testamento è la con- l’irrinunciabile servazione che, come senza di due testimo- capita, può perdurare ni; 3) la redazione per anche per decenni. iscritto da parte del pre- Normalmen- professionista il cui te viene conservato testo però deve essere dall’autore: ma con letto tutti i conseguenti ri- dal testatore e ripetu- schi di smarrimento o togli dal notaio; 4) la di sottrazione soprat- •rma dell’interessato; tutto quando il testa- 5) la data che, a diffe- tore, magari inizi ad renza avere problemi di sa- deve contenere anche lute oppure può esse- l’ora; 6) la dichiara- re conservato dal be- zione che tutte le for- ne•ciario designato malità ora citate siano dal testamento: che, state compiutamente giunto il momento, espletate. Vi sono poi dovrà recarsi da un altre forme residuali personalmente dell’olografo, 53 quali il testamento segreto (una busta chiusa con- “disposizioni a favore dei poveri”. In questo caso. segnata al notaio) o quelli a bordo di navi o aerei o se il testamento nulla precisa al proposito, esse an- durante calamità pubbliche. dranno a favore del Comune dell’ultimo domicilio Se la caratteristica principale del testamento del testatore. è il suo contenuto patrimoniale (istituzione di ere- Tutti i testamenti ovviamente sono impor- di e di legati) cionondimeno sovente il testamento tantissimi per i loro autori e per i lori bene•ciari. può avere natura anche non patrimoniale. Scola- Su alcuni di essi si è però concentrata maggior- sticamente, si fa mente l’attenzione l’esempio del rico- e cioè su quelli di noscimento di •gli personaggi famo- nati fuori dal ma- si della storia ita- trimonio, ma in re- liana: nel 2012 si altà le disposizioni è tenuta a Roma non presso l’Archivio patrimoniali più diffuse sono Storico le istruzioni sul no, organizzata dal luogo e sulla mo- Consiglio Nazio- dalità dei funerali nale del Notariato, e della sepoltura e una sulle mostra dal titolo caratteristi- Capitoli- interessante che della tomba, emblematico che sovente rag- qui giungono un grado con una forte af- di dettaglio assai •uenza di pubbli- minuzioso come co, quasi diecimila in alcuni dei brani presenze. In essa dei testamenti so- erano visibili le pra ritrascritti. Tra ultime volontà di le istruzioni citate fronte al pensie- ricorre sovente la “Io sottoscritto”, ro della morte di richiesta di essere cremati: a questo proposito pos- personaggi quali Verga, Pirandello, D’Annunzio, sono però sorgere dei problemi qualora invece i fa- Manzoni e tanti altri. migliari vi si oppongano. Vi possono essere poi le Visto il successo della mostra, la stessa ha cosiddette “disposizione a favore dell’anima” al- assunto un carattere itinerante; infatti era a Mo- lorquando cioè il testatore chiede che vengano ce- dena nel Palazzo Comunale •no al 18 ottobre del lebrate ad esempio delle Messe, la cui esecuzione 2015 per poi proseguire a Milano dall’8 al 10 no- è posta a carico all’erede e a un sacerdote oppure vembre nell’ambito del Congresso Nazionale del 54 Notariato che si svolge a Fiera Milano City. loro assolute certezze che il mondo sarebbe cam- Uno dei richiami di questa esposizione è in- biato anche in momenti storici in cui nulla lo pote- sito nella attuale società cosiddette “liquida” dalla va lasciare presagire. E, all’opposto, il testamento quale viene esorcizzato ed espulso il concetto di politico di Hitler scritto la notte prima di uccidersi morte: a favore del mito dell’ “eterna giovinezza”. nel bunker di Berlino, che si conclude con la fra- Basato sull’attimo transitorio di un singolo “pun- se: “ingiungo al governo ed al popolo di osserva- to” di cui si tende ad ignorare la continuità della re •no in fondo le leggi razziali e di opporre una serie dei “punti” che tutti insieme formano una li- strenua resistenza alla minaccia sempre più vasta nea retta, tendente all’in•nito. Dalla quale appun- e velenosa dell’Internazionale Giudaica”. to si preferisce rifuggire, Neanche quindi la soffermandosi sul singolo gigantesca catastrofe che “punto”, per evitare inter- aveva distrutto il mondo rogativi inquietanti. Ecco a causa sua, lo aveva evi- quindi il contrasto (che dentemente fatto ri•ettere rende affollata la mostra) sul fallimento dei propri tra questo il vivere solo folli ideali. nel presente, tentando di Personaggi famosi ignorare passato e futuro, e ma tutti uguali di fronte la scoperta di chi scriveva alla morte, più esattamente invece in prossimità della in prossimità della morte propria morte. Chi scri- allorquando cioè la mente veva molte volte dettava umana, famosa o umile, istruzioni economiche o ricca o povera, si rende pratiche. Ma vi sono anche conto che il suo percor- testamenti spirituali in cui so terreno sta volgendo al il moribondo vuole lascia- termine ed in alcuni casi, re detto per l’ultima volta come detto, desidera la- a che cosa abbia ispirato sciare ai posteri un suo tutta la propria vita, qua- ultimo messaggio. A pro- si sempre con•dando che posito, recentemente sono non sia stata inutile nel senso che tali suoi princìpi stati anche pubblicati alcuni libri che raccolgono proseguano o vengano riaffermati anche dopo la numerosi testamenti di Italiani illustri ed è talvolta sua scomparsa. strano notare come, in certi casi, alcuni grandis- Emblematici di questo desiderio di eternità simi personaggi esprimano le loro ultime volontà delle proprie idee sono da un lato i testamenti di con istruzioni tanto precise da risultare in qualche alcuni martiri antifascisti che, nonostante morisse- caso forse un po’ pedanti su dettagli tecnici certa- ro in piena dittatura, cionondimeno ribadirono le mente meno importanti di quella che è stata la loro 55 L’ultimo in•ne, come evidente, è il testa- vita. In questo contesto e in questo spirito possono mento il già citato politico di Hitler il quale non ora essere svelati gli autori dei quattro testamenti mostra, anche se oramai poche ore mancavano al di cui sono stati riportati all’inizio alcuni brani. Il suo suicidio, il benché minimo segno di pentimen- primo è di Luigi Pirandello che, tormentato da una to ne di colpa. Pure il successivo testamento priva- situazione familiare dolorosa a causa della grave to è altrettanto sorprendente: con precisione ma- malattia mentale della moglie, trascorse la sua esi- niacale esso reca l’indicazione dattiloscritta delle stenza tra le cure famigliari, l’insegnamento e l’at- ore 4.00 del 29 aprile 1945 (il dittatore si uccise il tività artistica. Morì nel 1936 per una polmonite 30), vi vengono indicati per regolarità due testimo- contratta negli stabilimenti di CineCittà durante le ni (Bormann e Goebbels) e vi si legge testualmen- riprese della versione cinematogra•ca del suo ro- te, tra l’altro: manzo più famoso il Fu Mattia Pascal. “Dato che negli anni della lotta pensavo Il secondo è di Giuseppe Garibaldi morto a di non assumere la responsabilità di fondare una Caprera il 2 giugno 1882. Ebbe tre mogli, Anita, famiglia, ho deciso, prima di porre •ne a questa Giuseppina Raimondi e Francesca Armosino dal- esistenza terrena, di prendere in sposa la ragazza le nacquero numerosi •gli, quattro dalla prima, tre che dopo lunghi anni di amicizia fedele è venuta dall’ultima e uno dalla domestica Battistina Ravel- di sua sponte in questa città ormai assediata, per lo. condividere il mio destino. Ciò che possiedo e per Il terzo è di Giuseppe Verdi che chiese che i quanto possa avere il minimo valore, appartiene al funerali si svolgessero all’alba e al tramonto senza partito. Dovesse non esistere più, allora allo stato, sfarzo né musica e con esequie semplici: anche se e se anche questo dovesse essere distrutto, allora poi almeno centomila persone seguirono, ma in si- questa mia decisione non sarà più necessaria. Ho lenzio, il feretro. Quando poi la sua salma, insieme acquistato collezioni di dipinti nel corso degli anni a quelle di Giuseppina fu traslata alla cripta della non per scopi privati, ma unicamente mosso dal Casa di Riposo, come da suo desiderio, le esequie desiderio di ampliare una pinacoteca della mia invece furono solenni: Arturo Toscanini in perso- città natale, Linz. Mi auguro con tutto il cuore che na diresse il coro che intonò “Va pensiero sulle ali si effettui questo lascito.” dorate”. 56 Francesco Massimo Tiscornia AMÓ NERVI LA POETESSA RUSSA CETAIEVA privilegiato Aurelia. Nell’anno 1880 si iniziò per la sua posizione, riparata dalla la costruzione dei grand Hotel collina e con una stupenda costa Eden che ebbe illustri ospiti quali marina, ricca di scogli iniziò la sua il romanziere polacco Henryk vita di stazione climatica dopo la Sienkewicz nel 1893, autore metà del secolo XIX per merito e del celebre romanzo Quo vadis per iniziativa del marchese genovese e nel 1901 Premio Nobel per Gaetano Gropallo che seppe intuire la letteratura, Richard Strauss, Nervi, luogo le future risorse di questo luogo Arrigo Boito, la cui lunga nel campo turistico e climatico ed permanenza all’“Hotel Eden” apprestò nel 1863 il primo tetto per il richiamò spesse volte a Nervi da forestiero, destinando ad albergo un Genova Giuseppe Verdi, legato a immobile di quattro piani al margine Boito da fraterna amicizia; Boito, entusiasta di questa località, ideò orientale dei suo parco, oggi adibito a scuola. Fu chiamato “Pensione inglese”, poiché i e scrisse qui parecchi libretti d’opera e uno di questi, primi ospiti furono gli Inglesi, e sviluppandosi, nel il Falstaff musicato da Verdi, lo compose al “Grande 1880 prese il nome di “Grand Hotel”. Questo albergo albergo Eden”. La fama di località salubre di Nervi molto elegante attirò in breve tempo una clientela era ampiamente diffusa anche all’estero, soprattutto straniera di primo ordine: granduchi russi, austriaci, in Germania e in Russia dove i medici consigliavano tedeschi e lord inglesi ne fecero il loro abituale luogo ai malati di tisi, malattia allora assai diffusa, un di convegno specialmente nei mesi invernali. soggiorno nella cittadina. Guarigione non sempre Il marchese Gropallo seppe anche attirare a assicurata come testimoniano le tombe malamente Nervi i molti amici di Genova e non solo, ricevendoli conservate che si trovano all’entrata destinata ai sfarzosamente nel suo palazzo, villa Gropallo. Dai defunti di fede non cattolica, del più antico cimitero, primi successi nacquero nuove iniziative: sorse così situato a nord della Chiesa di San Siro, costruito nel lo “Schickert’s Park Hotel” che occupò il palazzo dei 1833 dopo che una intimazione dei Giudice di Nervi marchesi Crosa in via Aurelia. Ancora oggi si può proibì di continuare a seppellire i morti nella Chiesa. leggere nella facciata del palazzo attualmente adibito Oggi solo tre lapidi riescono a farsi strada tra i rovi ad appartamenti l’insegna sbiadita dell’albergo. Di spinosi consegnandoci, in cirillico, inglese e tedesco, fronte si insediò la “Pension Russe”, aperta nel 1898 i nomi di due uomini e di una donna morti in, giovane dai tedesco Aleksandr Müller. età. L’edi•cio che ospitava i locali della pensione, Nella primavera del 1902, anche Anton esiste tuttora a Capolungo al numero 25 della Via Padovil" Cechov, pure affetto da tubercolosi, aveva 57 progettato un viaggio a Nervi proponendosi di di Tarusa, si incontrarono con un diverso genere trascorrervi l’inverno e la primavera del 1903. di vita, e soprattutto con una libertà fino ad Nelle lettere dello scrittore il nome della allora inconcepibile. Nella memoria delle località ligure compare ben diciassette volte: ma la sorelle, Nervi e il suo mare del quale Marina, quarantena imposta a Odessa a causa di un’epidemia complice il nome ricevuto al battesimo, sentì di peste, lo costrinse a modi•care i suoi piani. di condividerne la mutevolezza, l’impeto, Morirà a Badenweiler nel 1904. Se fosse riuscito l’ansia di continua rinascita, la diversità da a raggiungere Nervi, è probabile che si sarebbe creature terrene, sarebbero rimaste per tutta incontrato con la famiglia dei professor Cvetaev la vita ed entrambe ne avrebbero restituito il (pron. Cetaiev) che, proprio nel novembre del 1902, ricordo in forma letteraria, negli anni seguenti. giunse a Nervi da Mosca con la moglie e le tre •glie: Valerija e le piccole Marina e Anastasija, prendendo Nervi, amato paese, alloggio nella “Pension Russe” a Capolungo. Mentre partivo piangevo. Ivan Vladimirovic Cvetaev, insigne studioso, professore di storia dell’arte a Mosca, aveva una Partii ch’era già primavera, e fu della vita, l’inizio... lunga consuetudine con l’Italia, dove era venuto più termina così con una quartina di versi composti volte, e fu così che scelse di portare la moglie, cui dall’ undicenne Marina, il lungo passo che la era stata diagnosticata la tubercolosi, a Nervi. Come sorella Anastasija Cvetaeva dedica nelle sue annotava il giorriale “Pro Nervi” di allora, Nervi era memorie al soggiorno nerviese della famiglia. a quel tempo in grado di ospitare nei propri alberghi Le pagine di Anastasija che Boris Pasternak e pensioni, nelle sue ville e case private, più di definì scritto con “linguaggio del cuore”, mille persone, e molti erano coloro che arrivavano restituiscono tutto il fascino di un momento dalla Russia. Il soggiorno a Nervi costituì nella poco noto nella biografia di Marina Cvetaeva, vita delle piccole Marina e Anastasija una sorta di colei che Josif Brodskij definì “il primo poeta spartiacque. Allontanate dagli ambienti familiari, del Novecento”. dalla loro dacia sulle rive del •ume Oka nei pressi 58 Silvana Canevelli L’INCREDIBILE POTERE DELL’OTTIMISMO La crisi, le dif•coltà, gli smacchi, quegli pre•ssata”. sgambetti brutti che ti sa far la vita. E il timore È importante, poi, coltivare la disponibilità di non farcela, di non riuscire a stare in piedi, al mutamento, un concetto diverso e più positivo di perdere la •ducia in tempi più sereni. Come del cambiare. Nel mutamento, infatti, il percorso fare a resistere? Un grande aiuto è offerto dalla del cambiamento si innesta anche nella capacità resilienza, quella forza d’animo, detta anche di sapere evolversi e crescere, a qualsiasi età. Un ottimismo, che non solo consente di superare gli altro dono da far crescere con cura è l’apertura alla scogli, ma addirittura ci permette di diventare speranza (sperare è l’esatto contrario di disperare") persone migliori proprio grazie alle dif•coltà. che è poi l’amore per la vita: chi ama la vita guarda “La resilienza,” - spiega Angela Raimo, •ducioso al futuro, consapevole delle proprie psicoterapeuta, - “è la qualità per cui riusciamo risorse e sicuro che anche le situazioni più critiche a superare i periodi di crisi e a dribblare ogni prima o poi saranno destinate a •nire. ostacolo, più solidi e più forti dopo ogni caduta. Il percorso verso la resilienza, quella forza Tutti possiamo, nel corso della vita, sviluppare d’animo che può sorreggere e guidare tutta la questa caratteristica. Aiutati all’inizio dai genitori, nostra esistenza, a volte è lastricato di ostacoli che sino da quando siamo piccoli ci dovranno che poniamo noi stessi: quali un generalizzato esortare a non arrenderci, a resistere, a cercare atteggiamento pessimista, la mancanza di tenacia, soluzioni diverse e strategie alternative che la tentazione di arrendersi con facilità piantando a permettano di aggirare gli scogli e, passo dopo metà i progetti e le azioni intraprese per migliorare passo, con pazienza e tenacia, arrivare alla meta la nostra condizione, la convinzione che ogni sforzo per migliorare sia inutile, la predisposizione alla depressione e alla scarsa autostima. Quali possono essere invece le armi di cui dotarsi per superare le dif•coltà, i problemi, i periodi bui in cui nessuna luce sembra potersi pro•lare al nostro orizzonte? Ce li spiega la dottoressa Raimo. Concediamoci la possibilità di sbagliare e di correggere la rotta delle nostre azioni; non pretendiamo di fare sempre tutto 59 da soli e non vergogniamoci di chiedere aiuto comunque, costituiscono il frutto dell’impegno, alla famiglia o agli amici; non siamo impazienti delle capacità e della perseveranza personale. e impariamo l’arte dell’attesa: il vento cambierà, Se una persona si scoraggia facilmente di fronte basta saper aspettare. L’incertezza fa parte della alle dif•coltà, un utile esercizio è quello della vita e anche le situazioni più negative spesso frammentazione. Si può “smontare” nella mente sono un mezzo per arrivare a soluzioni positive; il proprio problema spezzandolo in tante parti, non respingiamo a priori le critiche costruttive ma quasi fosse un muro fatto di mattoni. Questo impariamo a recepirle; neutralizziamo sul nascere renderà molto più facile trovare singole soluzioni i pensieri limitanti che minano la nostra forza e e arrivare, di gradino in gradino, in cima a quella la capacità di resistere, quali: il mondo è ingiusto, montagna prima apparentemente insormontabile; a essere premiati sono solo i furbi e i disonesti, una difesa potentissima che aiuta a rimanere a galla non ce la posso fare, non sono capace, non sarò nelle avversità è rappresentata dall’umorismo: una all’altezza, tanto è tutto inutile. caratteristica dal valore liberatorio che consente di Di fronte a un problema, evitiamo di pensare trasformare la sofferenza in comunicazione e fa sì subito agli sbocchi negativi per concentrarci invece che gli altri non ci debbano vedere come vittime su tutte le possibili soluzioni concrete in grado di sofferenti, ma come ironici e risoluti costruttori risolverlo o di aggirarlo. Gli eventi negativi ci sono della nostra esistenza. e ci saranno sempre, ma sono davvero pochissimi quelli permanenti o irrisolvibili. Un traguardo Quando ogni speranza sembra vana, armiamoci di un pensiero guida, quasi un importante, un successo, il raggiungimento di un talismano: sperare, attendere, resistere, risalire. obiettivo a volte possono essere attribuibili in Non ci tradirà. parte alla fortuna o a interventi esterni: sempre, 60 Paola Tiscornia · RECENSIONI · “SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA” DI CARLO ROVELLI Un volumetto di meno di cento pagine recen- •loso•camente importanti come la natura temente pubblicato nella “Piccola biblioteca Adel- della “freccia del tempo”, i faticosi tentativi di phi” ha piuttosto sorprendentemente scalato i pia- conciliazione tra le due teorie •siche fondamentali ni alti delle classi•che letterarie nazionali: si tratta elaborate nel corso del Novecento (la Relatività delle Sette brevi lezioni di •sica, realizzato dallo einsteniana e la Meccanica quantistica, alle quali scienziato, docente universitario e divulgatore sono speci•catamente dedicati i primi due capitoli Carlo Rovelli assemblando e ampliando una serie del volumetto) e in•ne il signi•cato della presenza di articoli originariamente usciti sul meritatamente umana sul pianeta Terra, che, quasi a titolo di celebre e noto Supplemen- bilancio/ricapitolazione, to culturale domenicale del occupa il capitolo •nale “Sole 24 ore”. dell’opera. Con un titolo che Come poc’anzi ac- richiama quello dei Sei cennato, il principale pre- pezzi facili e dei Sei pezzi gio del volumetto risiede meno facili pubblicati dal (almeno ad avviso dello grande •sico e divulgatore scrivente) nel felice esito scienti•co novecentesco di un’ impresa solitamen- R. Feynman, Rovelli delinea un panorama te ardua, ovvero coniugare chiarezza, precisione sintetico ma profondo e soprattutto chiaro delle scienti•ca e sinteticità. Tra gli altri meriti, pos- attuali conoscenze (non solo) in quella che da più siamo annoverare ad esempio lo spazio riservato parti si continua a ritenere la disciplina scienti•ca alla presentazione di una “•loso•a della scienza” “fondamentale” per eccellenza: un brillante equilibrata e stimolante, come traspare da consi- affresco scritto sostanzialmente per i “non addetti derazioni quali la seguente: “la scienza ci mostra ai lavori”, i quali in relativamente poche pagine come meglio comprendere il mondo, ma ci indica vengono sapientemente condotti dalle misteriose anche quanto vasto sia ciò che ancora non sap- profondità dell’Universo agli altrettanto misteriosi piamo”. Con la precisazione fondamentale che il recessi del mondo sub-atomico e delle particelle nostro sapere ri•ette il mondo. Lo fa più o meno elementari, senza trascurare tematiche anche bene, ma rispecchia il mondo che abitiamo, ovvero 61 imprese, tradizionalmente impresse nell’immaginario collettivo, dei “genî solitari” di un tempo ormai tramontato (ormai siamo nell’epoca della “big science”), ma che tutto sommato non ha smarrito le proprie caratteristiche metodologiche e i propri criteri operativi fondamentali: dalla ripetibilità degli esperimenti alla pubblicità dei risultati raggiunti. Il successo dell’opera risulta dunque sorprendente ma pienamente meritato e mostra concretamente la validità di un genere letterario, la la trama di cui siamo fatti noi stessi, poiché (con Saggistica, in un Paese come l’Italia troppo spesso buona pace di alcune agguerrite correnti culturali pesantemente trascurato rispetto alla solitamente tuttora piuttosto diffuse) noi siamo fatti della stes- strabordante Narrativa (specialmente quella “di so polvere di stelle di cui sono fatte le cose. Non a •ction”). D’altronde Rovelli aveva già al proprio caso tra i pochi riferimenti •loso•ci esplicitamen- attivo la pubblicazione di un paio di volumi di te menzionati/elogiati nel volume, fa capolino B. buona divulgazione più corposi (Che cos’è lo Spinoza, acuto pensatore particolarmente apprez- scienza e soprattutto La realtà non è come ci zato (tra gli altri) da A. Einstein. appare) ugualmente andati incontro ad un ampio e Opportunamente Rovelli insiste inoltre sulla dimensione creativa, “passionale” e (a suo modo) visionaria della ricerca scienti•ca: un’attività concretamente molto lontana da quell’asettica, meccanica e fondamentalmente noiosa applicazione di rigide regole matematico-sperimentali che ne costituisce viceversa un’infelice caricatura diffusa spesso a bella posta da chi (al contrario di Rovelli, uno tra i principali studiosi di “gravità quantistica a loop” a livello internazionale) non ne conosce dall’interno le principali dinamiche. Un’attività, inoltre, oggi indubbiamente piuttosto lontana dalle 62 meritato successo di pubblico e di critica. Claudio Pestarino · RUBRICHE · PALCOSCENICO Cronache teatrali di Clara Rubbi Si è inaugurata la stagione teatrale al Teatro ammette che l’attore è un truffatore folle, perché Duse con lo spettacolo “Minetti” di Thomas il pubblico vuole essere divertito, invece deve Bernhard , prodotto dal Teatro Stabile di Genova essere turbato. Ricorda di essere stato direttore per la regia di Massimo Sciaccaluga: protagonista di teatro a Lubecca, di aver subito un processo e Eros Pagni , che ha interpretato il personaggio che tutta la Germania era contro di lui. Eppure un di Minetti. ln scena ci sono altre dodici persone tempo era stato osannato: ne fanno fede i ritagli ed altre dieci in maschera, ma in realtà quello di di giornali con le critiche a lui favorevoli, che Minetti è un monologo, che dura quasi due ore e raccoglie in quella misteriosa valigia. conferma la straordinaria bravura di Pagni. E’ la L’attore deve creare disagio nel pubblico. E qui l’autore, attraverso il protagonista, entra in una questione irresolubile: praticamente l’attore deve divertire , sedurre o terrorizzare il pubblico? E poi l’artista è veramente artista, solo quando è pazzo. Anche “Re Lear” è “pazzo”, quando scaccia l’unica •glia che gli vuole bene. In questo intreccio notte di san Silvestro e c’è una tempesta di neve. tra attore e personaggio si esprime la tragedia di Minetti arriva in un hotel di Ostenda, dove gli Minetti, che ormai comprende che il direttore di ha dato appuntamento un direttore di teatro che teatro non arriverà più. E in questa attesa senza •ne gli ha proposto di recitare “re Lear”, come aveva ricorda in qualche modo il celebre “Aspettando fatto più di trent’anni prima. Ha con sé una grande Godot” di Beckett. valigia, che non permette a nessuno di toccare. Non gli resta che avvelenarsi, indossando Aspetta, aspetta, ma il direttore tarda per l’ultima volta la maschera di re Lear, che a venire. E intanto Minetti parla e tra l’altro custodiva nella valigia. Inutile riferire gli applausi 63 che alla •ne il pubblico il “cupio dissolvi”, commosso ha tributato che si materializza al protagonista, che è nella stato richiamato alla moglie ribalta numerose volte. e La stagione del in morte della tubercolosa quella dello stesso Ivanov che si Corte uccide. Come in gran si è inaugurata con parte della letteratura il dramma di Anton russa si avverte nel Cechov “Ivanov”, che dramma di Cechov il Teatro della avuto come protagonista e regista Filippo Dini. sentimento di una in•nita stanchezza, di una quasi Ivanov è un intellettuale, piccolo proprietario patologica incapacità a vincere l’immobilismo: é terriero, amato dalle donne. Tuttavia Ivanov si il simbolo di una società in declino inarrestabile, sente un vinto al punto da arrivare al suicidio. E’ che sarà spazzata via dalla Rivoluzione. un’opera giovanile che Cechov nel 1887 scrisse Le scenogra•e di Laura Benzi risultano a ventisette anni, su commissione di un direttore affascinanti sapientemente mutevoli come la di teatro, intridendo varie tematiche in un’opera vicenda che si svolge ora all’aperto, ora al chiuso, complessa, che dura circa tre ore e che avrebbe ora in uno studio, ora in un salone delle feste. potuto subire dalla regia qualche opportuno Filippo Dini ha offerto una grande prova di attore, taglio, come la scena centrale della festa che è ma anche come regista ha vinto una scommessa esorbitante. non da poco, guidando gli otto attori, che hanno L’opera ha una sua modernità perché descrive nel quell’insoddisfazione protagonista patologica che oggi de•niamo “depressione” o “male di vivere”, come lo chiamava Eugenio Montale. Si può parlare anche della “noia” di questo personaggio, che si allontana sempre di più dalla natura, che forse poteva essere per lui salvi•ca, per rinchiudersi nell’angusta solitudine del suo studio. Ma è presente anche 64 dato vita ai vari personaggi.