Il Banco dei Medici - Banca ALBERTINI SYZ

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Il Banco dei Medici - Banca ALBERTINI SYZ
Il Banco dei Medici: arte e denari nel
Rinascimento
La grande crisi bancaria del Trecento a Firenze culminò con un collasso simultaneo di
numerosi istituti, i cui effetti dalla finanza si propagarono all’economia reale. Ma, purtroppo, non fu
una esperienza che portò degli utili insegnamenti. A Firenze, in conseguenza del crack bancario,
tanto la caduta fu forte e pesantissima quanto fu veloce e impetuosa la risalita con i nuovi attori
finanziari. E i protagonisti del Quattrocento fiorentino furono i Medici, la famiglia che, più di tutte,
segnerà la storia di Firenze e con essa verrà identificata in maniera indissolubile. Intorno ai Medici
si costruirà un’aureola straordinaria di mito. Ma c’era un problema strutturale, allora come oggi, che
nel Quattrocento veniva, invece, enfatizzato come fonte di elevati guadagni: la leva.
Benozzo Gozzoli, Cappella dei Magi, Palazzo Medici-Riccardi, Firenze.
Agli inizi del Novecento, nella New York dei grandi banchieri, era Firenze l’icona del
massimo splendore da emulare: quando si costruì il Palazzo della Federal Reserve l’architetto si
ispirò a Palazzo Vecchio, a Palazzo Pitti e soprattutto a Palazzo Strozzi, a cui l’ingresso della
prestigiosa costruzione newyorkese sembra simile. La “banca delle banche” di New York, con i
suoi enormi caveau doveva simboleggiare la nuova Firenze. C’era dunque nelle elite finanziarie
anglosassoni una profonda ammirazione per il mondo fiorentino. Ma fu grazie agli studi dello
storico Raymond De Roover che le vicende del Banco dei Medici non rimasero nella ristretta
cerchia degli accademici o dei banchieri, conquistarono la ribalta nel panorama internazionale e un
vasto pubblico. Il De Roover analizzò per anni il fondo “Medici Tornaquinci”, conservato nella
Baker Library dell’Università di Harvard, poi si tuffò negli archivi fiorentini, in particolare nel
fondo “Mediceo avanti il Principato” dell’Archivio di Stato di Firenze e nel 1948 pubblicò a New
York The Medici Bank: its Organization, Management Operations and Decline. Fu un successo che
aprì le porte a nuovi studi, a convegni, ricerche, dibattiti. Nel 1963 il testo fu ripubblicato presso
l’Harvard University Press con delle importanti aggiunte ed integrazioni: The Rise and Decline of
the Medici Bank, 1397-1494. Poi tradotto in numerosissime edizioni in tutto il mondo.
La fortuna delle ricerche sui Medici si intrecciò con gli studi sulla genesi del capitalismo, in
cui germogliavano nuove indagini che portarono al superamento delle tesi weberiane sull’etica
protestante. Nel mondo anglosassone si acquisiva consapevolezza, come viene affermato all’inizio
dell’opera del De Roover, che “il capitalismo moderno, basato sulla proprietà privata, ha le sue radici
nell’Italia del Medio Evo e del Rinascimento. Dalle Crociate alle grandi scoperte l’Italia fu la potenza
economica dominante nel mondo occidentale, e i suoi mercanti furono i primi uomini d’affari che mediante
le relazioni commerciali collegarono il Levante alle spiagge del mare del Nord”.
Negli stessi anni della seconda pubblicazione del De Roveer sul Banco Mediceo, in Europa
fiorivano altri studi sui Medici e sul Rinascimento e il loro mito si nutriva e cresceva con le
splendide pubblicazione di Andrè Chastel, in particolare Art et Humanisme à Florence autemps de
Laurent le Magnifique del 1962 e di Le Grand Atelier d'Italie, 1460-1500, del 1965. Il Banco era
stata “la fonte” per l’ascesa sociale e politica della famiglia Medici e non si poteva non collegarlo
con la grandezza e lo splendore del Rinascimento fiorentino.
Come nacque l’enorme ricchezza dei Medici? A Firenze con la caduta nella metà del
Trecento dei banchi dei Bardi, dei Peruzzi, degli Acciuoli, furono gli Alberti a primeggiare, la loro
compagnia era presente a Londra e sulle principali piazze europee, aveva un rapporto consolidato
con le Fiandre e, soprattutto, con il Papato. Ma dopo il “tumulto dei Ciompi” nel 1382 la famiglia
Alberti fu bandita da Firenze. E il vuoto che si venne a creare fu sfruttato dai Rucellai, dai Pazzi,
dagli Strozzi e dai Medici.
Il Banco Medici nasce da una sorta di spin off, una derivazione del banco trecentesco di
Vieri di Cambio de’ Medici, dalla cui chiusura nacquero tre distinte case bancarie: fu Giovanni di
Bicci de’ Medici – il quale era stato socio minore e poi direttore della filiale romana del banco di
Vieri di Cambio - a rilevare nel 1393, insieme a Benedetto di Lippaccio de’ Bardi, il ramo bancario
romano. Il primo ottobre del 1397 Giovanni di Bicci fondò una sua autonoma azienda bancaria
trasferendo la sede da Roma a Firenze, piazza che era diventata molto attrattiva ed interessante
grazie al vuoto lasciato dalla caduta dei grandi banchi fiorentini. Il successo del Banco dei Medici
fu rapido: aprì filiali a Venezia, Roma, Napoli, Milano, Bruges, Londra, Barcellona, Parigi ecc. Il
Banco non ebbe presidi ad Oriente né più filiali delle trecentesche compagnie dei Peruzzi o dei
Bardi, tuttavia i Medici seppero creare un brand, un alone di esclusività. Il Banco privilegiò da
subito i rapporti con i Sovrani e la grande nobiltà europea: aveva come clienti principi, consiglieri
dei principi, ministri, cardinali, vescovi, condottieri e grandi mercanti.
Venne aperta una filiale anche a Ginevra e in seguito una a Basilea. Sulle principali piazze
svizzere vi erano già numerosi banchi di cambio italiani, in particolare fiorentini, piacentini,
genovesi, lombard: a Ginevra sono rimaste nella toponomastica Place des Florentins e Rue de
Italie. Fu il Banco dei Medici a portare nel territorio elvetico il modello del private banking e il suo
modus operandi, la gestione delle ricchezze (gestion privée) affiancata all’elevato prestigio di un
brand. Altro aspetto che distingueva i fiorentini e in particolare i rappresentanti dei Medici nelle
piazze europee era quello di investire, come “forma di pubblicità” nell’arte e nel patrimonio
architettonico: a Ginevra oltre a portare la moda e lo stile di Firenze essi abbellivano gli edifici
religiosi con opere d’arte, con drappi pregiati, ad esempio la Chapelle de Notre Dame du Pont du
Rhone (oggi purtroppo distrutta) fu rinnovata grazie al loro sostegno e divenne nota come Chapelle
des Florentins.
Gli studi del De Roover (e di sua moglie Florence Edler, anch’essa studiosa) misero in
evidenza la natura multiforme e polifunzionale del Banco di Medici, diverso nella struttura dal
modello accentrato dei banchi dei Bardi o dei Peruzzi: era più simile ad una sorta di holding, nella
quale accanto al principale ramo bancario vi erano anche attività e partecipazioni industriali nella
manifattura e nel commercio della lana, della seta e nel monopolio del commercio di allume
(fondamentale per la lavorazione della lana). Ogni filiale del ramo bancario aveva un elevato grado
di autonomia dalla sede centrale, ogni direttore della filiale veniva remunerato con azioni della
stessa filiale e diventava pertanto partner.
Furono soprattutto Giovanni di Bicci e poi suo figlio Cosimo di Giovanni ad accumulare
enormi ricchezze. E a costruire il rapporto privilegiato con le finanze vaticane di cui diventarono
tesorieri. Con Cosimo al timone, dal terzo al sesto decennio del Quattrocento, la Banca raggiunse il
suo apogeo. Il rapporto con il Papato portò enorme prestigio e divenne il biglietto da visita, in tutta
Europa, per la clientela più facoltosa. Anche le sedi del gruppo dovevano essere la dimostrazione
della magnificenza medicea: si pensi al palazzo del Banco Mediceo a Milano (la cui realizzazione si
ritiene fosse stata affidata a Michelozzo) che fu affrescato da Vincenzo Foppa e Zanetto Bugatto:
divenne dal 1459, anno della sua ultimazione, un esempio straordinario del Rinascimento lombardo.
Per la successione a Cosimo nella famiglia era stato individuato il figlio Giovanni che ebbe
una speciale formazione economica, fu educato da banchiere e da mercatores (sin da giovanissimo
fu iscritto all’Arte del Cambio e all’Arte della Lana), ma morì nel 1463. E quindi alla morte di
Cosimo succedette suo figlio Piero, di saluto cagionevole e che aveva avuto una formazione
umanistica. La gestione della Banca fu sempre più delegata al Direttore Generale dell’Istituto. Dopo
pochi anni nel 1469 alla guida del Banco arrivò, a soli vent’ anni, Lorenzo il Magnifico.
Anche il declino del Banco de Medici fu legato all’Inghilterra: dopo il fallimento della sede
di Lione infatti seguì quello di Londra. Ma al di là dell’abitudine degli inglesi a non pagare i debiti
- e bisognerebbe prima o poi richiedere alla Gran Bretagna di saldare i debiti (nella prima metà del
Novecento una grande matematico italiano provò a fare il conteggio attualizzando gli interessi…) erano le fondamenta del modello bancario ad essere deboli. C’era un problema strutturale nel
modello bancario fiorentino del Quattrocento e questo problema era, invece, enfatizzato come fonte
di elevati guadagni: la leva (è strano come la storia si ripeta). Le Banche avevano pochissimo
capitale di riserva. Tra attivo e passivo nelle banche vi era un forte sbilanciamento. La liquidità non
era considerata una riserva strategica. I presidi dei rischi erano subordinati al raggiungimento di
elevati risultati di breve. Le filiali avevano prestiti incrociati tra di loro e gli impieghi, anche se
effettuati da filiali differenti e a clienti diversi non avevano una adeguato livello di de-correlazione.
Nel sistema bancario fiorentino del Trecento vi era stato un elevato livello di interconnessione dei
rischi, nel Quattrocento questo livello fu minore ma non vi erano i contrappesi per evitare una
caduta. Guardando la recente crisi del 2008 non si può non pensare a come gli stessi problemi si
ripresentino oggi con nomi diversi: si parla della necessità per le banche di avere un elevato Core
Tier 1, di porre in atto misure per evitare il rischio sistemico ecc.
L’altro punto debole dell’“alta finanza” fiorentina era la mancanza di una Banca centrale che
potesse salvare un istituto in difficoltà o fornirgli la liquidità temporanea: neanche nella Firenze
adagiata su enormi ricchezze si erano previsti dei paracadute né dei coordinamenti e la stessa
potente corporazione dell’Arte del Cambio non aveva potere in tal senso.
Rimase, inoltre, il problema del prestito ai Sovrani: i banchieri italiani non avevano un reale
potere coercitivo (non possedevano eserciti né avevano alle spalle uno Stato che potesse pretendere
il rispetto dei patti). Guerra e sconfitte dei sovrani mettevano continuamente a rischio i capitali
prestati. Questo si rivelò fatale nel Trecento e continuò nel Quattrocento.
Nel Banco dei Medici vi fu poi un altro elemento di debolezza, di natura interna e che
potremmo definire di “passaggio generazionale”: forse è eccessivamente duro il giudizio del
Machiavelli su un Lorenzo Magnifico troppo dedito alle arti e alla corte e poco agli affari, ma è
tuttavia innegabile come egli avesse delegato la gestione della holding e quindi del Banco al suo
direttore generale. Eccessiva delega e mancato controllo sui potenti direttore delle filiali del Banco
furono tra le principali cause della sua rovina. Alla morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492, suo
figlio Piero ereditò la guida del Banco, che diresse insieme al prozio Giovanni Tornabuoni: fu una
gestione fallimentare e nel 1494 vi fu la liquidazione della Banca.
Nella seconda metà del Cinquecento divenne, comunque, evidente il cambio di strategia
all’interno della famiglia Medici: da banchieri diventarono politici. Conquistarono prima il potere a
Firenze e consolidarono e sfruttarono i rapporti con il Papato. Infatti crollò la Banca, vennero
chiuse le filiali ma il potere della famiglia rimase in piedi. I Medici diventarono prima i Signori di
Firenze e successivamente diventarono Pontefici, si pensi a Giovanni, secondogenito di Lorenzo il
Magnifico, che divenne Papa con il nome di Leone X: da grande umanista rimase nella storia come
il pontefice dell’arti e del Rinascimento romano (ma sotto il suo papato scoppiò il problema delle
indulgenze e il gravissimo e insanabile scontro con Lutero).
Il Banco non fu più riaperto forse perché l’attività di banchieri non era ritenuta degna di un
sovrano. Al posto dei grandi commerci internazionali i Medici preferirono il potere della corte
romana. Alla mercatura il nepotismo. Giulio di Giuliano dei Medici divenne Pontefice col nome di
Clemente VII. La famiglia nel Cinquecento si concentrò sulla gestione del potere politico e si
orientò su una strategia di matrimoni di successo: prima le dinastie italiane poi le grandi case
regnati d’Europa. Al ramo dei Medici appartennero due grandi regine di Francia: Caterina de’
Medici moglie di Enrico II di Francia e Maria de’ Medici moglie di Enrico IV di Borbone e madre
di Luigi XIII.
I Medici ad un certo punto da mercatores e grandi banchieri, consolidarono il potere e si
trasformarono in rentiers: ed anche questo è emblematico della storia italiana. Come sottolineano
gli studi di Carlo Maria Cipolla sul lungo Seicento italiano ripresi spesso da Mario Draghi, questo
passaggio, questa metamorfosi in rentiers, diffusa in buona parte della classe imprenditoriale
italiana, fu “alimento” e una delle causa della decadenza del nostro Paese dopo il Rinascimento.
Giovanni Fracasso
Ph.D. “Mercati e Intermediari Finanziari”
Università degli Studi di Parma
Articolo pubblicato il 12 febbraio 2012 con il titolo “Banche al collasso, quando Wall Street era
Firenze” nella sezione Cultura del giornale Linkiesta.it: http://www.linkiesta.it/storia-bancariafirenze#ixzz1plVGoFz1