Enrico Stasi - Scuola di Formazione Ipsoa
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Enrico Stasi - Scuola di Formazione Ipsoa
Disciplina fiscale delle procedure concorsuali di ENRICO STASI Sezione I – Fallimento SOMMARIO: 1. Le imposte sul reddito. Termini di presentazione e contenuto della dichiarazione iniziale - 2. (Segue): Il reddito d’impresa del periodo fallimentare - 3. (Segue): La dichiarazione finale - 4. (Segue): Revoca del fallimento – 5. Il curatore sostituto d’imposta - 6. (Segue): Le dichiarazioni del precedente periodo d’imposta. - 7. Adempimenti contabili 8. L'imposta sul valore aggiunto. Adempimenti iniziali -9. (Segue): Adempimenti in corso di procedura. -10. (Segue): Il rimborso del credito Iva -11. (Segue): Adempimenti finali -12. (Segue): L'affitto di azienda -13. (Segue): Le note di variazione Iva -14. Il regime Iva per cassa – 15. L’Imposta regionale sulle attività produttive 16. L'imposta comunale sugli immobili 17. I crediti tributari 18. L’imposta di registro. La sentenza dichiarativa di fallimento -19. (Segue): Le vendite fallimentari – 20. (Segue): I piani di riparto -21. La legittimazione processuale del curatore nelle liti fiscali - 22. La responsabilità del curatore 1. Le imposte sul reddito. Termini di presentazione e contenuto della dichiarazione iniziale – In base al disposto dell’art. 5 del d.p.r. 322/1998, il curatore, entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello della sua nomina, deve redigere e presentare, in via telematica, la dichiarazione dei redditi relativa al periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la sentenza dichiarativa di fallimento (c.d. dichiarazione iniziale). Entro lo stesso termine, copia della medesima dichiarazione deve essere inviata, sempre a cura del curatore, alle persone fisiche fallite e agli eventuali altri partecipanti all'impresa (individuale o sociale) fallita1. Per quanto la legge non lo specifichi, si deve ritenere che detto adempimento debba essere attivato anche nel caso di fallimento di società di capitali in regime di trasparenza fiscale ex art. 115 del t.u.i.r., dal momento che, ai sensi dell’art. 10, 1° co., del d.m. 24 aprile 2004, l’assoggettamento di queste 1 Cfr. art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998 2 Gli obblighi fiscali società ad una delle procedure concorsuali indicate dall’art. 101, 5° co., t.u.i.r. fa venire meno l’efficacia dell’opzione a partire dal periodo d’imposta avente inizio dalla data di apertura della procedura. Per insegnamento ormai consolidato2,la dichiarazione del curatore deve avere ad oggetto il solo reddito d’impresa maturato nel periodo prefallimentare anche nell’ipotesi di fallimento di imprenditore individuale o di società di persone, restando a carico delle persone fisiche fallite l’obbligo di denunziare, al termine dell’ordinario periodo d’imposta, le eventuali ulteriori tipologie di reddito realizzate nello stesso lasso di tempo, unitamente alla quota di reddito d’impresa determinata dal curatore. A norma della prima parte del 1° co. dell’art. 183 t.u.i.r., il reddito d’impresa del periodo prefallimentare deve essere determinato sulla base dei dati risultanti da apposito bilancio predisposto dal curatore. Secondo alcuni autori3, il fallimento di un’impresa in regime di contabilità semplificata sarebbe esonerato da tale adempimento, dovendo in questa ipotesi trovare applicazione le disposizioni dettate in via particolare per le imprese minori. Ma la prevalente dottrina appare, tuttavia, orientata in senso contrario e ritiene, pertanto, applicabili le regole generali sancite dagli artt. 81 e 56 del t.u.i.r.4. Per quanto riguarda il contenuto del conto patrimoniale che il curatore ha il dovere di redigere ai sensi della norma di legge sopra indicata, è opinione comunemente condivisa che esso debba indicare, oltre alle poste attive e passive regolarmente enunciate nelle scritture contabili, anche gli ulteriori elementi che dovessero emergere tanto nella fase di verificazione del passivo 2 Ris. min. 5.6.2002,n. 171/E, in Fallimento, 2003, 225; Cass. 28.1.1999, n. 738, in Guida Normativa, Il Sole 24 Ore, 17 luglio 1999, 16 ss.; Cass. pen., sez. III, 8.9.1999, n. 10539, in Fisco, 2000, 106. 3 M. LEO, Le imposte sui redditi nel testo unico, II,Milano, 2006, 2292; B. QUATRARO, S. D’AMORA, Il curatore fallimentare, Milano, 1990, 1128; F. DE COMPADRI, L. DE COMPADRI, Il curatore fallimentare – Adempimenti tributari, previdenziali e del lavoro, Milano, 1995, 35. 4 In argomento, v., tra i contributi più recenti, A. MORGILLO-R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali nella fase iniziale del fallimento, in L. GHIA-C. PICCININNI-F.SEVERINI (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, VI, Torino, 2012, 529; E. STASI, Disciplina fiscale delle procedure concorsuali, in G.FAUCEGLIA-L.PANZANI (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, III, Torino, 2009, 2152; ID. Obblighi fiscali del curatore, in Fallimento, 2007, 1109; M. POLLIO, Le imposte sui redditi e l’Irap, in POLLIO-PAPALEO, La fiscalità delle nuove procedure concorsuali. Aspetti critici ed implicazioni tributarie nelle crisi d’impresa, Milano, 2007, 208; V. COMERCI, Gli adempimenti fiscali del curatore fallimentare nella fase iniziale della procedura, in G.GUGLIELMUCCI (a cura di),Formulario annotato delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 957 ss.;. 2 3 Gli obblighi fiscali fallimentare, quanto nel corso degli accertamenti che lo stesso curatore, per espresso obbligo di legge, deve eseguire5. La determinazione del reddito imponibile del periodo preconcorsuale deve avvenire in conformità alle regole ordinarie che presiedono alla determinazione del reddito d'impresa e, quindi, apportando al risultato evidenziato nel predetto bilancio tutte le variazioni in aumento o in diminuzione che la legge prevede. Mentre è pacifico che nel caso di fallimento di società (di capitali) soggette all’imposta sul reddito delle società (Ires) il debito di imposta eventualmente emergente dalla dichiarazione del curatore, traendo origine da presupposto impositivo realizzatosi prima della dichiarazione di fallimento, per poter partecipare all’esecuzione collettiva, deve essere (tempestivamente o tardivamente) insinuato al passivo del fallimento, la stessa unanimità di consensi non si registra allorché la dichiarazione del curatore abbia ad oggetto il reddito di un’impresa soggetta all’Irpef. Secondo alcuni commentatori6, dal debito complessivamente risultante dalla dichiarazione redatta dalla persona fisica fallita, al termine dell’ordinario periodo d’imposta, occorrerebbe estrapolare la quota di debito proporzionalmente riferibile ai redditi realizzati nel periodo prefallimentare: trattandosi di credito erariale causalmente ricollegabile ad eventi economici verificatisi prima della sentenza di apertura del fallimento, esso avrebbe titolo per partecipare al concorso sul patrimonio del fallito. Muovendo dalla premessa che, nel sistema delle imposte personali sul reddito, oggetto di tassazione non sono i singoli proventi o le single categorie di reddito, bensì la complessiva situazione reddituale del contribuente al termine del periodo d’imposta, altra dottrina, seguita dalla giurisprudenza7, ritiene, in contrario, che l’obbligazione tributaria di cui trattasi non possa essere insinuata al passivo del fallimento nascendo, al pari di tutte le imposte periodiche, da una fattispecie impositiva che si perfeziona in epoca successiva all’apertura della procedura8 2.(Segue): Il reddito d’impresa del periodo fallimentare- Le regole per la 5 Circ. min. 22.3.2002, n. 26/E, in Boll. tributario informaz., 2002, 517 ss. M. MICCINESI, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, 146 ss. 7 Cass. 3.7.1998, n. 6518, in Corriere trib., 1998, 2695, che ha confermato le pronunzie dei giudici di primo e secondo grado (cfr., infatti, Trib. Torino, 14.1.1992, in Boll. tributario informaz., 1993, 449, nonché App. Torino, 29.5.1985, ined. 8 Per approfondimenti sul punto, mi permetto di rinviare al mio Obblighi fiscali del curatore, cit., anche per gli ulteriori riferimenti. 6 3 4 Gli obblighi fiscali determinazione del risultato finale delle procedure fallimentari sono dettate dai commi 2 e 3 dell’art. 183 del t.u.i.r. Stabilisce, al riguardo, il 2° co. della norma in commento che il reddito d'impresa relativo all’intervallo di tempo compreso tra l'inizio e la chiusura del fallimento, indipendentemente dalla durata di questo ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell'impresa fallita all'inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti. Il patrimonio netto è considerato nullo se l’ammontare delle passività è pari o superiore a quello delle attività. Poiché nei casi di fallimento di imprenditori individuali e di società di persone, alla formazione delle singole masse potrebbero aver concorso anche componenti attive e passive extra-aziendali, il 3° co. opportunamente statuisce che, in tale evenienza, le somme realizzate dalla vendita dei beni personali delle persone fisiche fallite e quelle utilizzate per i pagamenti dei debiti personali da parte del curatore vengano rispettivamente computate in diminuzione ed in aumento del risultato della differenza tra residuo attivo e patrimonio netto iniziale. La stessa disposizione ha cura di precisare, infine, che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il reddito determinato dal curatore, al netto dell'imposta locale sui redditi (allorché si tratti di procedure in corso al momento di entrata in vigore dell’Irap), dev’essere imputato all'imprenditore, ai familiari partecipanti all'impresa o ai soci della società fallita nel periodo d'imposta in cui ha termine la procedura; mentre se la liquidazione si chiude in perdita questa è ammessa in deduzione dal reddito complessivo del medesimo periodo d'imposta e può essere riportata ai periodi d'imposta successivi in conformità alle disposizioni dell'art. 8. Premesso che alla locuzione “residuo attivo”, che compare nel dettato legislativo, va intesa nel senso di tutto ciò che sopravanza dopo l’integrale pagamento delle spese di procedura e dei crediti concorrenti9, con specifico riferimento ai criteri di determinazione del valore fiscale dei beni aziendali oggetto di restituzione all’ex fallito o agli amministratori della società fallita l’Amministrazione finanziaria, sulle orme di quanto ritenuto da una parte della dottrina, ha fornito i chiarimenti seguenti in ordine alcuni aspetti controversi del regime impositivo delle procedure concorsuali: i) nei casi di chiusura del fallimento per mancanza di passivo o per integrale pagamento dei creditori concorrenti, i beni aziendali compresi nel residuo 9 Sui diversi modi di intendere il concetto di “residuo attivo”, v., tra gli altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2007, 92 ss., cui adde E. STASI, Profili fiscali del fallimento, cit., 506 ss. 4 5 Gli obblighi fiscali attivo debbono essere valutati secondo il valore preesistente al fallimento e, quindi, sulla base del costo fiscalmente riconosciuto10; ii) nella determinazione del residuo attivo occorre tenere conto di tutte le passività considerate dal curatore in sede di ricostruzione del patrimonio netto iniziale dell’impresa fallita, anche se non insinuate o fatte oggetto di insinuazione poi rinunziata 11; iii) i redditi prodotti dai beni extra-aziendali acquisiti all’attivo del fallimento debbono essere dichiarati dal soggetto fallito al termine di ciascuno dei periodi d’imposta ricompresi nella durata del fallimento e le imposte eventualmente dovute debbono essere dallo stesso versate, salva la possibilità di richiedere alla procedura l’erogazione di un sussidio ai sensi dell’art. 47 l.fall. ove il fallito fosse totalmente privo di risorse economiche ovvero i mezzi a sua disposizione non fossero sufficienti ad adempiere all’obbligazione d’imposta 12; iv) le perdite d’impresa maturate nei periodi d’imposta precedenti all’inizio della procedura sono deducibili sia dal reddito della procedura che dai redditi derivanti dall’attività d’impresa successivamente esercitata dal soggetto tornato in bonis13; v) le riserve e i fondi in sospensione da imposta risultanti dal bilancio redatto dal curatore, secondo quanto disposto dal 1° co. dell’art.183 del t.u.i.r. devono essere ricostruiti nel primo bilancio successivo alla chiusura della procedura concorsuale, al netto dell’importo eventualmente utilizzato nel corso di quest’ultima14; vi) le eventuali quote residue delle plusvalenze oggetto di imputazione frazionata alla formazione dell’imponibile ai sensi del 4° co. dell’art. 86 del t.u.i.r., esistenti alla data di apertura del fallimento, debbono essere recuperate a tassazione nel primo periodo d’imposta successivo alla chiusura del fallimento mediante imputazione delle rate che sarebbero state ordinariamente assoggettate ad imposizione nei periodi d’imposta compresi nel maxi-periodo fallimentare15; vii) la disposizione di cui al 4° co., dell’art. 88 del t.u.i.r., a tenore della quale non si considerano sopravvenienze attive la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo, si applica tanto alle fattispecie 10 Cfr. circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, in Big Unico. Cfr. circ. 4.10.2004, n. 42/E, cit. 12 R.m., 5.6.2002, n. 171/E, in Big Unico. 13 Circ. min. 22.3.2002, n. 26/E, in Big Unico. 14 Circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, cit. 15 Circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, cit. 11 5 6 Gli obblighi fiscali di concordato disciplinate dalla legge fallimentare quanto alle fattispecie di concordato previste da altre leggi speciali 16. 3. (Segue): La dichiarazione finale –Il curatore, ai sensi dell'art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998, deve presentare, a mezzo del servizio telematico, la dichiarazione relativa al risultato finale delle operazioni compiute nel periodo fallimentare entro l’ultimo giorno del nono mese successivo al quello della chiusura del fallimento. In giurisprudenza17 è stato espresso l’avviso che, ai fini del rimborso delle ritenute subite sugli interessi bancari attivi maturati in corso di procedura, il momento da cui fare decorrere il termine cronologico previsto dall’art. 5 cit. possa essere anticipato alla data in cui sono stati definiti tutti i rapporti giuridici-economici facenti capo al fallimento e siano pertanto noti al curatore fallimentare tutti gli elementi che compongono il reddito da dichiarare. Trattasi di una pronuncia indubbiamente ispirata ad una logica di particolare favore per le procedure fallimentari che non manca, tuttavia, di ingenerare forti perplessità: non solo e non tanto perché una simile interpretazione si scontra con la lettera della legge, quanto piuttosto per il fatto che, sino a quando non sono stati eseguiti tutti i pagamenti previsti nel piano di riparto finale, sulle somme depositate a nome del fallimento presso gli istituti di credito o gli uffici postali continuano a maturare interessi attivi che debbono essere pur sempre assoggettati a ritenuta di acconto. Se, invece, la ripartizione finale fosse già stata compiuta, non solo non vi sarebbe più denaro per fare fronte alle nuove spese di procedura, ivi comprese quelle eventualmente richieste dalla riscossione dei crediti fiscali che detta pronunzia vorrebbe agevolare, ma scatterebbe perfino l’obbligo di provvedere alla chiusura del fallimento ai sensi del n. 3 dell’art. 118 l.fall.18. Appare quindi preferibile ritenere, con la dominante dottrina, che il termine di cui al predetto art. 5 non possa altrimenti decorrere se non dal deposito nella cancelleria del tribunale del decreto di chiusura previsto dall'art. 118 l.fall. Nei casi di fallimento di imprese individuali o di società di persone, la dichiarazione finale, al pari di quella iniziale, deve essere contestualmente spedita per raccomandata o consegnata in copia, a cura del curatore, all'imprenditore, a ciascuno dei familiari partecipanti all'impresa, ovvero a ciascuno dei soci, al fine dell'inclusione del reddito o della perdita che ne 16 Circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, cit. Cass., 1.7.2003, n. 10439, in Fallimento, 2004, con nota adesiva di M. POLLIO. 18 Cfr. E. STASI, Disciplina fiscale delle procedure concorsuali, in G.FAUCEGLIAL.PANZANI (diretto da), Fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 2009, ….; nel medesimo senso, più di recente, M.MAURO, Imposizione fiscale e fallimento, cit., 163. 17 6 7 Gli obblighi fiscali risulta nelle rispettive dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta in si è chiuso il procedimento concorsuale (art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). Ciò significa che, a differenza delle società di capitali, per le imprese individuali e le società di persone il lasso di tempo intercorrente tra l'apertura e la chiusura della procedura concorsuale non costituisce un autonomo periodo d'imposta e che il risultato positivo o negativo della liquidazione del patrimonio fallimentare rappresenta soltanto una componente del reddito complessivo da includere nella dichiarazione relativa all'ordinario periodo d'imposta che le persone fisiche dianzi indicate sono comunque tenute a presentare alla consueta scadenza. Significa, parimenti, che su tali soggetti graverà anche l’obbligo di provvedere al pagamento dell’Irpef che risultasse eventualmente dovuta. Qualora la sentenza dichiarativa di fallimento abbia avuto ad oggetto una società di capitali,il curatore è tenuto a versare l’Ires prima di presentare la dichiarazione finale (art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). 4. (Segue): Revoca del fallimento - Con circolare ministeriale n. 38/E del 23 giugno 201019, l’Amministrazione finanziaria, muovendo dalla constatazione che, in base all’art. 18, 15° co., l.fall., la revoca del fallimento non esplica effetti sugli atti legittimamente compiuti dagli organi della procedura, ha condivisibilmente affermato che la sentenza di revoca è equiparabile, dal punto di vista fiscale, alla chiusura del fallimento. Con la conseguenza che, oltre a rimanere fermi gli effetti prodotti dagli adempimenti fiscali posti in essere in sede di apertura della procedura, il curatore dovrà altresì assolvere gli obblighi dichiarativi connessi con la chiusura del fallimento. E’ appena il caso di precisare che la medesima conclusione si impone anche nel caso in cui la revoca del fallimento consegua ad una declaratoria di nullità della sentenza dichiarativa, dovendo anche in questa ipotesi trovare applicazione, per identità di ratio, la regola della conservazione degli effetti sancita dalla norma fallimentare. 5. (Segue):Il curatore sostituto d’imposta- Come è noto, prima dell’entrata in vigore del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella l. 4 agosto 2006 n. 248, nella giurisprudenza si era consolidata l’opinione che il curatore non rivestisse la qualifica di sostituto d’imposta20, neppure nel caso 19 Per un breve commento a tale documento di prassi v. E.STASI, Chiarimenti dell’Agenzia delle entrate sugli adempimenti fiscali nei casi di revoca del fallimento, in Fall., 2010, 1468. 20 V., ex multis, Cass., 13.1.1996, n. 237, in Fallimento, 1996, 483; Cass., 22.12.1994, n. 11047, ivi, 743; Cass. 14 settembre 1991, n. 9606, ivi, 1991, 1263; Cass., 5.2.1982, n. 660, ivi, 1982, 572; Cass., 26.10.1980, n. 5777, in Dir. e prat. trib., 1982, II, 289. 7 8 Gli obblighi fiscali dell’esercizio provvisorio21. Sotto l’impero del vecchio sistema concorsuale, ma con argomentazioni validi anche nell’attuale assetto normativo, tale conclusione veniva solitamente spiegata in base alla considerazione secondo cui il curatore non svolge un'attività d'impresa, che cessa con la dichiarazione di fallimento, ma ha una propria veste di organo di giustizia, con funzioni pubblicistiche, per l'esplicazione di tutte le attività necessarie per lo svolgimento della procedura giudiziale di liquidazione dell'impresa fallita e di soddisfacimento dei creditori, sotto la direzione del giudice delegato. Se n’era quindi tratta la conclusione che il curatore non poteva essere ricompreso nel novero dei soggetti per i quali gli artt. 23 e segg. del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, a quel tempo in vigore, prevedevano l'obbligo di effettuare le ritenute in qualità di sostituti d'imposta. A proposito della asserita tassatività delle categorie di soggetti partitamente indicate negli articoli appena citati, la giurisprudenza aveva avuto cura di sottolineare che un'elencazione esemplificativa non soltanto sarebbe risultata incompatibile con la funzione del sistema, perché avrebbe lasciato troppo ampio spazio alla discrezionalità dell'interprete22, ma si sarebbe perfino posta in situazione di manifesto contrastato col principio della tassatività degli obblighi tributari e delle relative sanzioni, cui inerisce il carattere personale dell'obbligazione tributaria e la necessità della specifica indicazione dei soggetti tenuti all'assolvimento degli adempimenti fiscali, la cui omissione dia adito a sanzioni 23. Nella medesima direzione era stato poi ulteriormente precisato - su di un piano ancor più generale - che le attribuzioni del curatore sono soltanto quelle tassativamente sancite dalla legge, senza che altre possano aggiungersi in via analogica, e tra queste non rientra il dovere di sostituirsi negli adempimenti cui era tenuto il fallito. Né tale competenza vicaria poteva essere legittimamente desunta dalla funzione di amministrazione del patrimonio del fallito svolta dal curatore, come componente dell'ufficio fallimentare, per il perseguimento delle finalità istituzionali della procedura: poiché gli obblighi amministrativi del fallito che trovano il loro fatto causativo in situazioni anteriori al fallimento non si tramutano in situazioni giuridiche passive degli organi della procedura, deve conseguentemente escludersi che al curatore, nella sua attività istituzionale, incomba l'adempimento, in via sostitutiva, di 21 Cass., 22.12.1994, n. 11047, cit. In questi termini, Cass., 26.10.1980, n. 5777, cit. 23 Cass., 14.9.1991, n. 9606, cit. 22 8 9 Gli obblighi fiscali doveri posti originariamente a carico dell'imprenditore24. Per quanto la dottrina prevalente fosse schierata sulle medesime posizioni della giurisprudenza25, non mancavano tuttavia autorevoli voci di dissenso26. Muovendo dalla esatta premessa che il fallimento non determina l’estinzione dell'impresa, in contrario era stato infatti osservato che l'attività compiuta in campo fiscale dal curatore è pur sempre riferibile all'impresa o alla società sottoposta fallimento, e non invece al curatore in quanto organo della procedura, sicché riusciva difficile comprendere le ragioni per le quali il legislatore non avrebbe dovuto attenersi al medesimo criterio a proposito degli obblighi che interessano l'impresa come sostituto d'imposta. La correttezza di questa interpretazione avrebbe trovato conforto – si era inoltre affermatonell'obbligo di presentare le dichiarazioni annuali del sostituto d'imposta contenuto nell'u.c. dell'art. 10 del d.p.r. 600 del 1973 (ora riprodotto nell’u.c. dell’art. 5 del d.p.r. n. 322/1998), il quale resta in vigore anche durante la fase della liquidazione. L'orientamento maggioritario aveva incontrato anche la tenace opposizione dell'Amministrazione finanziaria. Con l’entrata in vigore del d.l. n. 223/2006 il quadro normativo è profondamente cambiato in quanto la disposizione dell’art. 37, 1° co., ha ora espressamente incluso il curatore fallimentare nel novero dei sostituti d’imposta di cui all’art. 23, 1° co., d.p.r. n. 600/1973. A partire dal 4 luglio 2006, dunque, il curatore, qualora effettui pagamenti soggetti a ritenute alla fonte a norma degli artt. 23 e segg. del d.p.r. n. 600/1973, è tenuto ad operare le ritenute previste dalle disposizioni di legge anzidette, tanto sulle somme versate in esecuzione di piani di riparti parziali o finali, quanto sulle somme corrisposte in prededuzione a fronte di obbligazioni di massa. Va segnalato, al riguardo, che secondo l’Amministrazione finanziaria 27 anche i compensi pagati a fronte di prestazioni professionali rese a favore della massa della persona fisica fallita dovrebbero essere assoggettati a ritenuta d’imposta28. 24 Cass., 14.1.1993, n. 404, in Fallimento, 1993, 611. V. in luogo di altri, F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore, Torino, 1992, 191 ss.; E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss., ove ulteriori citazioni. 26 G. OLDOINI, Le imposte dirette nel fallimento dell’imprenditore commerciale, in Dir. e prat. trib., 1977, 254;M. MICCINESI, L’imposizione sui redditi nel fallimento, cit., 276; D. STEVANATO, Inizio e cessazione dell’impresa nel fallimento,Milano, 1994, 255. 27 Ris. min. 14 luglio 2008, n. 297/E, in Big Unico. 28 Per una critica a tale opinione, v. E. STASI, Gli adempimenti dei sostituti d’imposta in capo ai curatori, in Fall., 2009, 243. 25 9 10 Gli obblighi fiscali Il curatore fallimentare è, inoltre, obbligato a porre in essere tutti gli ulteriori adempimenti che la legge prevede a carico dei sostituti d’imposta. Anticipando quello che tra poco si dirà in modo più dettagliato, nel silenzio della legge sembra da escludere l’obbligo di dichiarare i dati relativi ai pagamenti effettuati dall’impresa in bonis nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Mentre quelli eseguiti dall’impresa fallita nel lasso di tempo che va dal 1° gennaio alla data del fallimento è ormai pacifico che debbono essere inclusi nella dichiarazione del curatore, sulla falsariga di quanto previsto per la dichiarazione Iva relativa all’anno solare in cui si è aperta la procedura concorsuale. Analoghe conclusioni dovrebbero valere, per coerenza logica, anche per le certificazioni delle ritenute operate sulle somme corrisposte a terzi prima e dopo la dichiarazione di fallimento. Va segnalato, per concludere l’argomento, che il 121° co. dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha inserito nel contesto del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), un nuovo art. 44-bis il quale prevede, a partire dalle retribuzioni corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2009, l’obbligo dei sostituti d’imposta, tenuti a rilasciare la certificazione di cui all’art. 4, co. 6-ter e 6quarter (c.d. Cud) del regolamento di cui al d.p.r. n. 322/1998, di comunicare mensilmente in via telematica i dati retributivi e le informazioni necessarie per calcolare le ritenute fiscali ed i conguagli, calcolare i contributi, implementare le posizioni assicurative individuali ed erogare le prestazioni29. 6. (Segue): Le dichiarazioni del precedente periodo d’imposta - Con risoluzione n. 18/E del 2 febbraio 2007, in Big Unico, l’Amministrazione finanziaria, rispolverando antiche tesi che alla luce dei più recenti documenti di prassi sembravano definitivamente abbandonate (per supportare questo assunto viene infatti richiamata la circ. min. n. 5 del 7.11.1988 in Big –DVD Rom), ha riaffermato l’obbligo del curatore di redigere, negli ordinari termini di scadenza, le dichiarazioni dei redditi e quelle dei sostituti d’imposta relative all’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, ove alla data di apertura della procedura i termini di presentazione delle stesse non siano ancora decorsi. Secondo l’agenzia delle Entrate l’esistenza di un obbligo siffatto, oltre a trovare giustificazione nel principio dello spossessamento fallimentare del debitore enunciato nell’art. 42 l.fall., sarebbe desumibile dal complesso 29 A seguito di una serie di successivi rinvii, di cui l’ultimo contenuto nel d.l. n. 216/2011, tale obbligo entrerà in vigore (salvo ulteriori differimenti) il 1° gennaio 2014. 10 11 Gli obblighi fiscali delle norme contenute nel d.p.r. 322/1998, il quale – come è noto – disciplina le modalità di presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto. Come ho già avuto modo di rilevare altrove30, questa interpretazione non può essere condivisa per le seguenti ragioni. Anzitutto, essa sembra dimenticare che, come pure riconosciuto dai più recenti documenti di prassi 31 , lo spossessamento fallimentare non determina né la perdita della capacità giuridica né la perdita della capacità negoziale della persona fisica fallita, così come non fa venire meno il suo status di contribuente. Il fallito è e resta soggetto capace di agire e, come tale, può validamente porre in essere tutti gli adempimenti richiesti dalle norme fiscali 32 , alla stessa stregua degli amministratori della società fallita, i quali, come è risaputo, rimangono in carica anche durante la procedura fallimentare, sia pure con poteri limitati agli ambiti non interessati dallo spossessamento33. In secondo luogo, essa non tiene conto del potere espressamente attribuito al fallito dal nuovo art. 86, 2° co., l.fall., di chiedere ed ottenere dal curatore l’esibizione delle scritture contabili e, quindi, anche dei dati necessari alla redazione della dichiarazione dei redditi e all’adempimento degli obblighi di certificazione posti a carico dei sostituti d’imposta. In terzo luogo, riesce davvero difficile comprendere, soprattutto per i fallimenti dichiarati a ridosso della data di scadenza della dichiarazione, come un curatore appena nominato, che poco o nulla ancora sa della pregressa gestione, possa essere in grado di adempiere correttamente a questo ipotetico obbligo senza la previsione di una congrua proroga del termine di esecuzione, al pari di quanto previsto per la dichiarazione Iva dall’art. 8 dello stesso decreto n. 322/1998 e alla stessa stregua di quanto stabilito dall’art. 65 d.p.r. n. 600/1973 per gli eredi del contribuente, con il risultato di dare luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente identiche, censurabile sotto il profilo il profilo costituzionale. Infine, essa non attribuisce alcun rilievo alla circostanza, a mio avviso decisiva, che, nonostante il problema fosse da lungo tempo dibattuto e fosse, quindi, ben presente nella mente del legislatore al momento 30 E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1115 ss. Cfr. circ. 22 marzo 2002, n. 26/E in Big Unico, cit., r.m. 5 giugno 2002, n. 171/E, cit., in Big Unico. 32 In base allo stesso principio la Suprema Corte ha ritenuto valido ed utilizzabile a tutti gli effetti il processo verbale di contestazione sottoscritto dal fallito anziché dal Curatore fallimentare (Cass., 21.10.2010, n. 25947, con nota di E.STASI, Incontestabile la validità del processo verbale di contestazione firmato dal contribuente fallito, …….). 33 Cass. 4.12.1992, n. 12928, in Fallimento, 1993, 376 ss. 31 11 12 Gli obblighi fiscali dell’emanazione del d.p.r. n. 322/1998, in tema di riordino delle disposizioni sugli obblighi dichiarativi dei contribuenti sparse nelle diverse leggi d’imposta, mentre è stato ribadito l’obbligo del curatore di presentare la dichiarazione Iva relativa dell’anno antecedente all’apertura del fallimento, nulla è stato detto a proposito di un analogo obbligo per le altre dichiarazioni fiscali disciplinate da quel medesimo testo normativo. E lo stesso rigoroso silenzio è stato mantenuto in occasione delle modiche ed integrazioni che hanno successivamente interessato il decreto n. 322/1998. Alla stregua di quanto osservato e tenuto altresì conto dei principi enunciati dai giudici di legittimità34 in tema di tassatività degli obblighi tributari e di conseguente intrasferibilità in capo al curatore degli adempimenti dichiarativi e certificativi posti originariamente a carico dell’imprenditore, mi sembra inevitabile ritenere che l’obbligo di redigere e presentare le dichiarazioni in discorso non possa che gravare sul fallito ovvero sugli organi sociali (amministratori o liquidatori) della società fallita 35 . E in questo senso si è infatti espressa la giurisprudenza penale della Cassazione allorché è stata investita della questione36. 7. Adempimenti contabili- E' opinione consolidata che gli obblighi contabili del curatore si esauriscono nel tenere l'apposito registro vidimato da un membro del comitato dei creditori, ai sensi dell'art. 38 l.fall., ed i registri prescritti dalla normativa sull'Iva: si ritiene, infatti, che la peculiare disciplina dettata per la determinazione del reddito del periodo fallimentare renda inutile la tenuta di un'apposita contabilità ai fini delle imposte dirette37. 8. L'imposta sul valore aggiunto. Adempimenti iniziali- A norma degli artt. 74 bis, 1° co., d.p.r. n. 633/1972 e8 d.p.r. n. 322/1998, il curatore deve provvedere agli adempimenti seguenti: a)salvo il caso di esonero previsto dall’ultimo periodo del 1° co. dell’art. 8 cit., redazione e presentazione della dichiarazione relativa all’imposta dovuta per l’anno solare precedente con le modalità e i termini ordinari, sempreché 34 Cass., 22.12.1994, n. 11047, cit.; Cass., 14.1.1993, n. 404, cit.; Cass., 14.9.1991, n. 9606, cit.; Cass., 20.10.1980, cit. 35 Cfr., tra gli altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 88 ss.; A. MORGILLO- R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali, cit., 527. 36 Cass. pen., 19.1.2011, n. 1549, in Fall., 2011, 500; Cass. pen., 8.9.1999, n. 10539, in La legge plus; Cass. pen., 27.10.1995, n. 299, in La legge plus 37 Conformi, ex aliis, M. MICCINESI, L’imposizione sui redditi nel fallimento, cit.,195; F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 86; D. STEVANATO,Inizio e cessazione dell’impresa, cit., 251; C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 115. 12 13 Gli obblighi fiscali questi termini non siano già scaduti, ovvero entro quattro mesi dalla nomina se quest’ultimo termine scade successivamente al termine ordinario; b) fatturazione e registrazione nei libri Iva delle operazioni compiute dall'impresa fallita anteriormente all’apertura della procedura, sempreché i termini relativi non siano ancora scaduti; dettiadempimenti debbono essere posti in essere entro quattro mesi dalla nomina; c)qualora non operi l’esenzione di cui alla precedente lettera a), presentazione nel suindicato termine di quattro mesi di un’"apposita dichiarazione" al competente ufficio dell’agenzia delle Entrate ai fini della eventuale insinuazione al passivo fallimentare; questa dichiarazione (c.d. infrannuale) deve comprendere tanto le operazioni registrate dal fallito nella parte dell'anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento, quanto le operazioni registrate dal curatore stesso ai sensi della precedente lettera b). I dati indicati in questo specifico modello debbono essere successivamente trasfusi in apposito modello della prima dichiarazione annuale, unitamente a quelli relativi alle operazioni registrate nella parte di anno solare successiva alla dichiarazione di fallimento. Naturalmente, i debiti d’imposta eventualmente risultanti dalle dichiarazioni di cui alle precedenti lett. a) e c) non debbono essere versati: traendo origine da operazioni compiute anteriormente all’inizio della procedura fallimentare, i crediti di cui trattasi debbono, infatti, essere insinuati al passivo della procedura, senza l’applicazione di sanzioni38. Nel caso opposto, in cui la dichiarazione infrannuale redatta dal curatore evidenzi un credito d'imposta, il 2° co. dell'art. 30 impone che lo stesso venga riportato a nuovo, a meno che non ricorra almeno una delle condizioni previste nei successivi 3° e 4° co., nel qual caso potrà esserne richiesto - in tutto o in parte - il rimborso39. 38 Cfr. F. TESAURO, cit., 257; F. BRIGHENTI,Adempimenti tributari, cit., 108; E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss.; S. ZENATI, L. E. MANDRIOLI, I tributi nel falimento, cit., 30;C. ZAFARANA, Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore fallimentare, Rass. Trib., 1990 cit., 13 ss.; in giurisprudenza, Comm. Trib. Centr., 10.4.1992, n. 2798, in Corriere trib., 1992, 2240; Comm. Trib. Centr., 24.3.1982, n. 1559, in Bollettino trib. informaz., 1983, 614; 39 Ris. min. n. 103/E del 29.3.2001 ove viene precisato che la dichiarazione di cui trattasi “è finalizzata (…) solo all’eventuale insinuazione al passivo della procedura da parte dell’erario”. Merita segnalare, a questo proposito, che alcune pronunce di legittimità (Cass., 15.12.2003, n. 19169, in Fallimento, 2004, 1353, con nota adesiva di A. STESURI; Cass., 2.3.2004, n. 4225, in Fallimento, 2005, 1195), emesse con riferimento a dichiarazioni presentate prima delle modifiche apportate al comma 1 dell’art. 74-bisdal d.p.r. n. 542/1999 (quando cioè la dichiarazione in discorso veniva redatta utilizzando lo stesso modulo della dichiarazione annuale) hanno ritenuto che la dichiarazione del curatore relativa alle operazioni 13 14 Gli obblighi fiscali Quanto alla possibilità di utilizzare in compensazione il credito di cui trattasi per il versamento, mediante mod. F24, di imposte, contributi e premi dovuti dalla procedura (c.d. compensazione “orizzontale”), va ricordato che, ai sensi del primo comma dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, la compensazione dei crediti Iva annuali o relativi a periodi inferiori all’anno per importi superiori a 5 milioni di euro annui è ammessa a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge. Mentre, a norma del settimo comma dell’art. 10 del d.l. n. 78/2009 (convertito con modificazioni dalla l. n. 102/2009), per l’utilizzo in compensazione di crediti Iva di importo superiore a 15.000 euro annui occorre di richiedere il visto di conformità di cui all’art. 35, 1° co., lett. a) del d.lgs. n. 241/1997. In alternativa al rilascio del visto, la dichiarazione può essere sottoscritta, oltre che dai soggetti di cui all’art. 1, 4° co., d.p.r. n. 322/1998, dai soggetti che sottoscrivono la relazione di revisione relativamente ai contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’art. 2409bis c.c. con l’attestazione della esecuzione dei controlli previsti dal secondo comma dell’art. 2 del d.m. n. 164/1999. E’ appena il caso di precisare che la compensazione fra il credito dell’erario concorsuale verso il soggetto fallito e il debito verso la massa deve ritenersi vietata40 Secondo l’opinione dominante41, il curatore del fallimento non può ritenersi onerato dal presentare la dichiarazione di variazione prevista dall'art. 35 del decreto Iva. Il fatto, ormai ampiamente riconosciuto, che il curatore fallimentare non rivesta la qualifica né di contribuente né quella di rappresentate del fallito, ma abbia una propria veste di ausiliario di giustizia, con attribuzioni di natura pubblicistiche, consentirebbe di escludere che egli possa venire investito di obblighi non espressamente sanciti dalla legge. In altri termini, secondo l'opinione surriferita, le funzioni sostitutive del fallito esercitate dal curatore, ove esistenti, dovrebbero considerarsi di natura eccezionale e, quindi, inestensibili in via analogica. compiute nel periodo anteriore all’apertura della procedura sia equiparabile alla dichiarazione di cessazione dell’attività prevista dal 2° co. e faccia pertanto scattare il diritto al rimborso del credito ivi indicato (per una critica a questo orientamento interpretativo, sia consentito rinviare a E. STASI,Obblighi fiscali del curatore, cit., 1116). 40 V., infatti, la ris.min. n. 279/E del 12.8.2002. 41 V., in luogo di altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 7;F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 114, ove ulteriori citazioni; in giurisprudenza cfr. Comm. Trib. Centr., 2.5.1994, n. 1359, in Bollettino trib. informaz., 1995, 544; Comm. Trib. II g., 5.5.1983, ivi, 1984, 398. 14 15 Gli obblighi fiscali Non mancano tuttavia voci contrarie all'indirizzo surriferito 42 , le quali ritengono di giustificare l'obbligo di presentare la dichiarazione di cui trattasi con la necessità di portare a conoscenza dell'Amministrazione finanziaria, prima di tutto, l'apertura della procedura concorsuale e, in secondo luogo, le generalità del soggetto che da quel momento si sostituisce al soggetto fallito nell'esecuzione degli adempimenti prescritti dalle norme di legge. Come ho già avuto modo di osservare in altra sede43, a me pare che l'opinione prevalente, sulla quale si può anche convenire, possa e debba trovare comunque un correttivo almeno tutte le volte in cui la variazione concerna la struttura dell'impresa fallita, come è appunto il caso di fallimento di società occulta sottostante all'impresa individuale, atteso che, in tale ipotesi, la legge prevede l'attribuzione di un nuovo numero di Iva, valido anche come codice fiscale. Va tuttavia avvertito che, oggi, dopo l’introduzione, a carico della curatela, dell’obbligo di effettuare le comunicazioni previste dagli artt. 17, comma 2bis, d.l. n. 179/2012 (per quanto riguarda l’indirizzo di P.E.C. del fallimento) e dall’art. 29, comma 6, d.l. n. 78/2010 (per quanto attiene ai dati necessari ai fini dell’eventuale insinuazione al passivo da parte degli Enti destinatari della “comunicazione unica” di cui all’art. 9 del d.l. n. 7/2007), rispettivamente nei dieci e nei quindici giorni successivi all’accettazione della nomina 44 , la questione ha perduto gran parte del suo interesse. Qualche parola va ancora spesa a proposito dell’obbligo, sancito dall’art. 21 del d.l. n. 78/2010, di comunicare, in via telematica, entro il 30 aprile di ciascun anno (le modalità operative sono state dettate dal Direttore dell’Agenzia delle entrate con provvedimento del 22 dicembre 2010, mentre ulteriori chiarimenti sono stati forniti con circ. n. 24/E del 30 maggio 2011), i dati relativi alle operazioni attive e passive, rilevanti ai fini Iva, effettuate nell’anno solare precedente per importi non inferiori a 3.000 euro. Ancora una volta il legislatore fiscale si è dimenticato di disciplinare il caso in cui detto termine scada in prossimità della dichiarazione di fallimento. Alla luce del principio di tassatività degli obblighi tributari, di cui si è riferito retro 42 Circ. min. 11.2.1977, n. 9, in Bollettino trib. informaz., 1977, 660; U. APICE, Adempimenti fiscali del curatore fallimentare, Roma, 1990, 7; V. ORACOLO, Adempimenti dei curatori fallimentari. Comunicazioni anagrafiche e dichiarazioni Iva, in Fisco, 1993, 6397; L. PANZANI, L'Iva nelle procedure concorsuali, in Fallimento, 1988, 135; A. POGLIESE, Responsabilità fiscale del curatore, in Dir. fall., 1988, 10. 43 E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1116. 44 Che il termine sancito dall’art. 17, comma 2-bis, d.l. n. 179/2012, debba invece decorrere dalla notizia della nomina alla curatela è sostenuto da G. BOZZA, Le novità telematiche del decreto sviluppo, doc. n. 338/2013, in www.ilcaso.it. 15 16 Gli obblighi fiscali parlando delle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta antecedente a quello in cui il fallimento è stato dichiarato, appare del tutto ragionevole e coerente ritenere che detta lacuna non possa essere colmata in via analogica e che, dunque, detto adempimento non possa che fare capo al soggetto fallito con i dati che il curatore provvederà a mettergli a disposizione. 9. (Segue): Adempimenti in corso di procedura- Delle operazioni compiute nel corso della gestione fallimentare si occupano il comma 4 dell’art. 8 del decreto n. 322/1998 e il comma 2 dell'art. 74 bis del decreto n. 633/1972. La prima parte di quest’ultima previsione opportunamente precisa che gli adempimenti relativi alle operazioni in discorso debbono essere posti in essere dal curatore, anche se è stato disposto l'esercizio provvisorio. Trattasi, come appare evidente, degli obblighi non solo contabili (per tale adempimento al curatore è consentito utilizzare i registri già istituiti dall'impresa fallita, allo stesso modo delle fatture e della restante documentazione fiscale), ma anche sostanziali, previsti nel titolo II del decreto Iva, cui è tenuto ogni imprenditore commerciale: vale a dire fatturazione, registrazione delle operazioni attive e passive, liquidazioni e versamenti periodici, dichiarazioni annuali, anche in assenza di operazioni non imponibili, emissione dei documenti di trasporto, compilazione degli elenchi Intrastat, comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini dell’Iva di cui si è detto sopra (verosimilmente, per l’anno in cui è il fallimento è stato dichiarato, detti elenchi dovranno comprendere anche le fatture emesse e ricevute a fronte delle operazioni oggetto di dichiarazione infrannuale). Ai sensi del comma 2 dell’art. 8-bis del d.p.r. n. 322/1998 le procedure concorsuali sono esonerate dall’obbligo di presentare (entro il mese di febbraio di ciascun anno) la comunicazione dei dati Iva prevista dal comma 1 di quella medesima disposizione di legge. Degno di nota è il fatto che la seconda parte del 2° co. dell’art 74-bis, derogando ai precetti generali, stabilisce che gli obblighi di fatturazione debbono essere adempiuti entro 30 giorni dal momento di effettuazione delle operazioni (all'individuazione del quale è dedicato l'art. 6), e ciò indipendentemente dalla sussistenza o meno delle condizioni previste dalla seconda parte del 4° co. dell'art. 21 per procedere alla fatturazione differita. Parimenti, le liquidazioni periodiche di cui agli artt. 27 e 33 devono essere eseguite solo se nel mese o trimestre sono state registrate operazioni imponibili. E' appena il caso di avvertire che di assoggettabilità ad Iva si può correttamente parlare se ed in quanto la cessione rientri nella sfera di applicazione del tributo (scontano, pertanto, l’imposta proporzionale di registro le cessioni di aziende e di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa fallita) e, in caso affermativo, abbia ad oggetto beni appartenenti 16 17 Gli obblighi fiscali al patrimonio aziendale, rimanendone invece esclusi quelli rientranti nella sfera personale dell'imprenditore fallito (sono parimenti soggetti all’imposta di registro i contratti di venditadei beni facenti parte del patrimonio personale della persona fisica fallita formati per iscritto nel territorio dello Stato). Analogamente, la deducibilità Iva riguarderà solamente gli acquisti di beni e servizi inerenti all'attività di liquidazione dei beni dell'impresa. 10. (Segue): I beni recuperati attraverso l’esercizio dell’azione revocatoria Come ho già sostenuto altrove45, ritengo che siano a assoggettare ad Iva anche le vendite dei beni aziendali recuperati attraverso il vittorioso esercizio dell’azione revocatoria (ordinaria e fallimentare) nei confronti di soggetti passivi del tributo 46. Avrei tuttavia dei dubbi a ritenere che in questi casi la fattura debba essere emessa dal curatore. Ed infatti, ove si tenga conto, da un lato, che l’emissione di una nota di variazione in diminuzione è consentita, ai sensi del 2° co. dell’art. 26 del d.p.r. n. 633/1972, nella sola ipotesi in cui l’“operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte”47 e, dall’altro, che la revocatoria non comporta l’invalidità dell’atto revocato, ma ne rende soltanto inoperanti gli effetti nei confronti della massa dei creditori48 (con la conseguenza che il bene oggetto dell’atto revocato non ritorna nel patrimonio del debitore), sembra preferibile ritenere che la fattura debba essere emessa dal terzo revocato 49 al quale il fallimento dovrebbe però riversare l'Iva incassata, sulla falsariga di quanto sancito per le vendite 45 E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1116. G. CARAMAZZA, Le imposte indirette nel fallimento, in Quaderni CSM, Fallimento e fisco, 1988, il quale ritiene che dette vendite debbano scontare l’imposta proporzionale di registro. 47 E’ importante segnalare, ai fini presenti, che la norma comunitaria, che funge da parametro rispetto alla norma interna, individua come cause diminutive dell’Iva originariamente detratta soltanto l’annullamento degli acquisti e la riduzione di prezzo (cfr. art. 185, paragrafo 1, direttiva 2010/45/UE). 48 Cass., sez. un.; Cass., 11.9.1997, n. 8962, in Fallimento, 1998, 787; Cass., 30.1.1998, n. 971, ined. 49 Questa soluzione sembra essere condivisa dall’Amministrazione finanziaria avendo essa affermato, nella risoluzione 68/E del 30.3.2007 (in Big – DVD Rom), che gli obblighi di fatturazione e versamento dell’imposta gravavano sul curatore soltanto perché, nel caso di specie, la società revocata risultava già cancellata dal Registro delle imprese. Si veda, inoltre, la ris.min. n. 158/E dell’11.11.2005, in tema di obblighi del custode giudiziario di immobili espropriati, nonché la ris. min. n. 62 del 16.5.2006, in tema di obblighi del professionista delegato alla vendita ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c., e la ris. min.n. 84/E del 19.6.2006, concernente l’istituzione del codice tributo da utilizzare, da parte dei professionisti delegati, per il versamento mediante modello F24 dell’Iva relativa alla vendita di beni immobili, oggetto di espropriazione forzata, appartenenti a soggetti esecutati irreperibili. 46 17 18 Gli obblighi fiscali giudiziari. Soluzione analoga dovrebbe valere anche per i beni recuperati attraverso l'esperimento delle altre azioni recuperatorie. 11. (Segue): Il versamento dell’acconto Iva In dottrina è stato espresso l'avviso che le procedure fallimentari sono escluse dall'obbligo del versamento dell'acconto Iva, introdotto dal comma 2 dell'art. 6 della l. 29 dicembre 1990, n. 405, con decorrenza dall'anno 1991 50 . Tale opinione viene argomentata con il rilievo che qualora il legislatore avesse inteso imporre detto versamento anche al curatore fallimentare non avrebbe mancato di sancirlo in termini espliciti, attraverso il richiamo, nell'art. 6 cit., anche dell'art. 74 bis del decreto Iva. Personalmente ritengo che la formulazione della statuizione di legge si presti ad una lettura di segno diverso. Ed invero, posto che la disposizione in commento assoggetta all'obbligo del versamento dell'acconto i contribuenti sottoposti agli obblighi di liquidazione e versamento previsti dagli artt. 27 e 33 del decreto Iva, alla cui osservanza è tenuto anche il curatore fallimentare in forza del generico rinvio contenuto nell'art. 74 bis, mi pare inevitabile concludere nel senso che anche il versamento di cui trattasi rientri nel novero dei doveri tributari del curatore51. 12. (Segue): Il rimborso del credito Iva- Ai fini di accelerare le richieste di rimborso provenienti dalle procedure fallimentari, l'Amministrazione finanziaria, con una interpretazione a mio avviso conforme ai dettami della legge52, ha consentito ai curatori fallimentari di anticipare la dichiarazione di cessazione di attività di cui all’art. 35 del decreto Iva al momento in cui risultino ultimate tutte le operazioni connesse con l'attività d'impresa, anche se rimangono in essere eventuali rapporti creditori e debitori53. Si ritiene che la richiesta di rimborso vada formulata in sede di dichiarazione annuale54, alle condizioni previste dall’art. 3055. 50 F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 116. E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss.; V. COMERCI, Gli adempimenti fiscali del curatore, cit., 988;V.COMERCI-S.CHINAGLIA, Appendice fiscale, in A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 1987; contra C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 26. 52 Nel medesimo ordine di idee, D. STEVANATO,Inizio e cessazione dell’impresa,cit., 257. Riserve sono state invece espresse da F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 117 ss. 53 Cfr. circ. min. 28.1.1992, n. 3/446157, in Corriere trib., 1993, 972; r.m. 12.1.1993, n. 460868/92, in Bollettino trib. informaz., 1993, 455; circ. min. 11.8.1993, n. 19, in Fallimento, 1993, 1201. 54 Circ. min. 30.4.1993, n. 38/523647, in Bollettino trib. informaz., 1993, 830; contra, Comm. Trib. Centr., 4.12.1997, n. 6079, ivi, 1998, 551, con nota adesiva di F. BRIGHENTI. 51 18 19 Gli obblighi fiscali Va avvertito, comunque, che in alternativa a questa soluzione, la quale postula quanto meno la perdita del tributo applicato sul compenso finale del curatore, può essere percorsa dell’assegnazione di cui al terzo comma dell’art. 117 l.fall. ovvero quella della cessione a norma dell'art. 5 del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito nella l. 13 maggio 1988, n. 154. 13. (Segue): Adempimenti finali- Muovendo dall’assunto che la chiusura del fallimento non determina l'estinzione dell'impresa, la dottrina pressoché unanime è giunta alla conclusione che il curatore fallimentare non è tenuto a presentare né la dichiarazione di cessazione dell'attività prescritta dall'art. 35 del d.p.r. n. 633/72 né la cosiddetta dichiarazione finale relativa al segmento temporale compreso tra il primo gennaio e la data di chiusura del fallimento56. Altra dottrina per contro ritiene che ambedue gli obblighi in discorso facciano capo al curatore 57 e in tale senso si è anche orientata l'Amministrazione finanziaria 58. A me pare che quest'ultima opinione meriti di essere condivisa, sempreché si ritenga - come sembra peraltro preferibile - che la dizione "ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell'azienda", che compare nel dettato legislativo (art. 35, 4° co.), sottintenda la volontà di far coincidere la cessazione dell'impresa con il momento in cui sono ultimate le operazioni di disgregazione del patrimonio aziendale rientranti nella sfera di rilevanza dell'Iva. A seguito della riforma della legge fallimentare, questa soluzione si impone allorché si tratti di fallimento di società e la procedura si chiuda a seguito di riparto finale o per insufficienza dell’attivo, giacché, a norma del 2° co. dell’art. 118 l.fall., in tali ipotesi il curatore è tenuto a chiederne la cancellazione dal registro delle imprese. 55 Ai sensi dell’art. 31 della l. n. 388/2000, i rimborsi previsti dall’art. 30, non ancora liquidati alla data della dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa ed i rimborsi successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle prescritte garanzie per un ammontare non superiore a 258.228,45 euro (v., sul tema, la circ. n. 54/E del 19.6.2012, cui adde la ris. 9/E del 14.1.2011). 56 S. D’AMORA, La dichiarazione finale Iva dopo la chiusura del fallimento è un atto dovuto dal curatore?, in Bollettino trib. informaz., 1983, 221; F. TESAURO, Appunti, cit., 255; F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 115. 57 U. APICE, Adempimenti fiscali del curatore fallimentare, Roma, 1990, 10; A. SAMMARTANO, M. ROMANO, L. QUAGLIATA, Aspetti fiscali e contabili nelle procedure concorsuali, Milano, 1998, 23; G. CUTILLO, F. NOVELLI, Manuale del curatore fallimentare, Milano, 1997, 206; L. MANDRIOLI, Le ultime novità in materia di dichiarazione annuale Iva del curatore fallimentare, in Fallimento, 2000, 357. 58 Circ. min. 22.3.2002, n. 26/E, cit. 19 20 Gli obblighi fiscali La dichiarazione in discorso va presentata, in via telematica, negli ordinari termini di scadenza. Entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello in cui è intervenuta la chiusura del fallimento, il curatore dovrà anche comunicare, in via telematica, le operazioni attive e passive rilevanti ai fini Iva di importo pari o inferiore a 3000 euro. 14. (Segue):L'affitto di azienda- L'assoggettabilità ad Iva del contratto di affitto di azienda trova il suo fondamento normativo nell'art. 3, comma 2, n. 1, del decreto n. 633/1972. In dottrina si è posto l'interrogativo se l'affitto dell'unica azienda posseduta dall'imprenditore individuale fallito comporti la temporanea sospensione del suo status di soggetto passivo dell'imposta e, conseguentemente, la non assoggettabilità all'Iva dei canoni percepiti dal fallimento. Il dubbio nasce dal fatto che, mentre ai fini delle imposte dirette l'art. 67, lett. h), del testo unico, esclude espressamente dall'ambito della categoria del reddito d'impresa i redditi derivanti dall'affitto e dalla concessione in usufrutto dell'unica azienda da parte dell'imprenditore per ricomprenderli nella voce dei "redditi diversi", nulla di tutto ciò, invece, viene detto nel contesto della normativa Iva. L’opinione negativa, espressa in passato dalla giurisprudenza tributaria 59 , appare superata dalle più recenti sentenze pronunciate della Cassazione60 sotto l’influsso dell’opinione espressa dalla dottrina prevalente 61 e dalla stessa Amministrazione finanziaria. E’ appena il caso di precisare che qualora la massa attiva comprenda anche ulteriori beni aziendali da liquidare, i canoni d’affitto dell’azienda debbono essere assoggettati ad Iva 62 , non potendosi in tal caso configurare alcuna sospensione dell’attività di impresa ai fini fiscali. 59 Comm. Trib. Centr., 10.4.1990, n. 2858, in Bollettino trib. informaz., 1990, 1428; Comm. Trib. Centr., 29.10.1987, n. 8014, ivi, 1988, 216; Comm. Trib. Centr., 8.10.1985, n. 8304, ivi, 1986, 1525; contra, però, Comm. Trib. Centr, 8.7.1989, n. 4816, in Fisco, 1989, 5462. 60 Cass., 6.10.2011, n. 20443; Cass., 29.3.2006, n. 7292; Cass., 30.9.2010, n.20506; Cass., 7.11.2005, n. 21583. 61 E. BELLI COTARINI, Affitto d'azienda: osservazioni critiche per un auspicabile "revirement" della commissione centrale, in Riv. dir. tributario, 1991, II, 22 ss.; E. F. RICCI, In tema di affitto dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, in Bollettino trib. informaz., 1993, 809; D. STEVANATO, Inizio e cessazione dell’impresa, cit., 333; E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1118; C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 52, ove ulteriori riferimenti; contra, M. MAURO, Imposizione fiscale e fallimento, Torino, 2011, 252. 62 D. STEVANATO, Inizio e cessazione dell’impresa, cit., 239 ss. 20 21 Gli obblighi fiscali Va ricordato, per finire, che l’art. 35, comma 10-quater, d.l. 223/2006 stabilisce che “Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l’affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale dei fabbricati, determinato ai sensi dell’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. 15. (Segue):Le note di variazione Iva -Per quanto concerne le note di variazione Iva, che il 2° co. dell’art. 26 del d.p.r. n. 633/72 consente al cedente del bene o al prestatore del servizio di emettere nei confronti del debitore assoggettato a procedura concorsuale al fine di recuperare, nei confronti dell’Erario, l’Iva addebitata nella fattura rimasta in tutto o in parte impagata, può essere sufficiente segnalare che l’opinione oggi prevalente63 ritiene che detto documento possa essere emesso soltanto dopo il decreto che dichiara esecutivo il riparto finale ai sensi dell’art. 117, 1° co., l.fall. 64 , se e nella misura in cui l’importo originariamente fatturato non abbia trovato capienza nell’attivo del fallimento65. E’, invece, tuttora controverso l’obbligo del curatore di registrare le note di variazione emesse dai creditori. L’Amministrazione finanziaria con circolare n.77/E del 17 aprile 200066 ha affermato che il curatore è tenuto a registrare le variazioni in aumento ricevute dai creditori unicamente per rilevare il debito erariale esigibile soltanto nei confronti del fallito ritornato in bonis e che non sono posti a carico del curatore ulteriori adempimenti in termini di dichiarazioni periodiche e annuali poiché i documenti a lui pervenuti non attengono a operazioni poste in essere dalla procedura. In chiave critica, alcuni autori non hanno tuttavia mancato di rimarcare che un simile obbligo non trova riscontro né nelle prescrizioni dettate nell’art. 74 bis 63 Tra i moltissimi, cfr., di recente, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 53; M. POLLIO, Le note di variazione iva, in M. POLLIO-P.P PAPALEO, La fiscalità nelle nuovo procedure concorsuali, cit., 295 ss.; E. PIACQUADIO, Notedi variazione Iva a causa di procedure concorsuali o procedure esecutive rimaste infruttuose, in Giur. comm., 1998, 478; A. PASSANTINO, Fallimento e note di variazione Iva, in Fallimento, 1997, 956; C. F. MAGGI, N. MIGLIETTA, Note di variazione Iva e procedure concorsuali. Un punto di vista diverso, in Fisco, 1997, 9431. 64 Sulla illegittimità della detrazione dell’IVA evidenziata in una nota di credito emessa prima del riparto finale, cfr. Comm. Trib. Reg. Puglia, 1.3.2010, n. 20, www.ipsoa.it …… 65 Ove l’attivo disponibile consenta il pagamento soltanto dell’importo imponibile ammesso al passivo con rango privilegiato, la perdita del credito per l’Iva di rivalsa rimane, ovviamente, a carico del cedente; oppure, in caso di totale assenza di attivo da ripartire tra i creditori, con il decreto di chiusura del fallimento. L’amministrazione finanziaria….. 66 In Corriere trib., 2000, 1396. 21 22 Gli obblighi fiscali del d.p.r. n. 633/1972 né nelle disposizioni dettate dall’art. 26 dello stesso decreto67. Per chi, ritiene, invece, che il termine cronologico per l’emissione delle note di variazione in discorso decorra, solo ed esclusivamente, dalla chiusura del fallimento, è appena ovvio che tale problema non si pone, dovendo i libri ed i registri contabili essere immediatamente restituiti al fallito o all’amministratore delle società fallita, sui quali soltanto potrà, semmai, gravare l’obbligo di cui si tratta68. Va ancora segnalato che, con risoluzione n. 195/E del 16 maggio 2008, l’Agenzia delle entrate ha condivisibilmente precisato che nel caso in cui il pagamento effettuato dal debitore poi fallito sia stato oggetto di vittorioso esperimento di azione revocatoria ai sensi dell’art. 67 l.fall., il cessionario/committente revocato può procedere alla variazione in diminuzione all’esito della procedura qualora il credito insinuato non sia stato integralmente soddisfatto. 16. Regime Iva per cassa Come è noto, il c.d. regime Iva per cassa (o cash accounting) è stato introdotto dall'art. 7, d.l. 29.11.2008, n. 185 (convertito con modificazioni dalla l. 28.1.2009, n. 2). [] L’art. 32 bis, d.l. 22.6.2012, n. 83 (convertito dalla legge 11.8.2012, n. 134) ha esteso il regime dell’Iva per cassa, già in vigore per i soggetti passivi con volume di affari non superiore a 200 milioni di euro, ai contribuenti con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro. Sono esclusi dal nuovo regime sia gli operatori che già si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell’imposta sia quelli che assolvono l’iva mediante l’applicazione dell’inversione contabile (reverse charge). [] Le norme di attuazione sono state dettate dal d.m. 11.10.2012 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. [] L'Amministrazione finanziaria, con circ. 26.11.2012, n. 44/E, ha fornito dettagliati chiarimenti in merito alle modalità di applicazione del nuovo sistema dell'Iva per cassa ed agli adempimenti che debbono essere posti in essere dai soggetti d'imposta fra cui intercorrono le operazioni assoggettate a tale regime. 67 V., sul punto, C. TONETTI, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 151; C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 48 ss. 68 Trib. Cuneo (decr.) 15.9.1997, ined.; Trib. Lucca (decr.) 10.10.1997, ined.; Trib. Treviso (decr.) 3.12.1997, ined.; E. STASI, Prime riflessioni sulle variazioni Iva nel fallimento, in Fallimento, 1997, 673 ss.; Assonime, Circolare 9.6.1997, n. 64. 22 23 Gli obblighi fiscali [] In particolare, per quanto qui interessa, viene precisato che il meccanismo dell'Iva per cassa incide soltanto sul momento in cui l'imposta diviene esigibile e, di riflesso, detraibile, ma non riguarda gli altri adempimenti procedurali in termini di obblighi di fatturazione, registrazione, determinazione del volume di affari e calcolo del pro-rata. Di conseguenza, il cedente o prestatore che abbia scelto di emettere una fattura ad esigibilità differita deve computare l'imposta, relativa alle operazioni per le quali ha esercitato l'opzione, nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale è incassato il corrispettivo ovvero nel corso del quale scade il termine di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione. Nel caso in cui il corrispettivo sia incassato solo in parte, l'imposta diventa esigibile ed è computata nella liquidazione periodica per un importo corrispondente al rapporto tra la somma incassata ed il corrispettivo complessivo dell'operazione. [] Il cessionario o committente che riceve la fattura ad esigibilità differita deve numerarla e, ai fini della detrazione, annotarla nel registro degli acquisti di cui all'art. 25, d.p.r. 26.10.1972, n. 633. Benché l'esigibilità dell'Iva per il cedente ed il prestatore sia differita al momento del pagamento del corrispettivo o alla scadenza del termine annuale, per il cessionario o committente, che non abbia a sua volta esercitato l’opzione per il regime in parola, il diritto alla detrazione coincide con il momento di effettuazione dell’operazione, senza necessità di dover attendere che l’imposta divenga esigibile per il cedente o prestatore. [] Se il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale o esecutiva, l'esigibilità dell'imposta è sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con Iva ad esigibilità differita, fino all'effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all'ammontare di quest'ultimo. [] In assenza di una qualsiasi regolamentazione sul punto, vi è da domandarsi quali attivazioni debbano essere adottate dal curatore fallimentare di un'impresa che abbia applicato il principio di cassa. Iniziando dal fallimento del cedente o prestatore, mi sembra che, alla luce del precetto dettato dall'art. 55, 2° co., l.fall., valido anche per i crediti dell'Erario, l'imposta relativa alle operazioni compiute prima dell'apertura della procedura in regime di differimento debba essere inclusa nella dichiarazione c.d. "infrannuale" che il curatore deve presentare, ai sensi del 4° co., ultimo periodo, dell'art. 8, d.p.r. 22.7.1998, n. 322, ai fini della eventuale insinuazione al passivo del fallimento da parte dell'Amministrazione finanziaria. [] Nel caso di fallimento del cessionario o committente mi pare, invece, che l'Iva relativa agli acquisti di cui trattasi non possa essere detratta e, quindi, che 23 24 Gli obblighi fiscali i dati contabili delle operazioni documentate da fatture passive ad esigibilità differita non debbano essere indicati nella dichiarazione iniziale del curatore. Alla luce delle norme in commento, l'Iva relativa a queste fatture potrà essere, infatti, detratta dal curatore del fallimento se e nella misura in cui il credito del cedente o prestatore, per imponibile e Iva, sarà in tutto o in parte pagato in sede di riparto con le rivenienze della liquidazione fallimentare. [] Ma se tutto ciò è abbastanza semplice da attuare quando il credito in discorso sia ammesso per il suo intero ammontare al chirografo, le cose si complicano notevolmente allorché l'imponibile e l'Iva non abbiano lo stesso grado di privilegio ovvero l'importo imponibile sia ammesso al privilegio e l'Iva al chirografo. [] A me sembra che la soluzione più coerente con la logica del sistema sia quella di ritenere deducibile soltanto l’importo del tributo effettivamente pagato in sede di riparto. [] Naturalmente, sussistendone le condizioni, anche il curatore potrà emettere fatture con imposta ad esigibilità differita e potrà sempre riceverle qualora la controparte contrattuale abbia optato per il nuovo regime. 17. L’Imposta regionale sulle attività produttive - Entro nove mesi dall’apertura della procedura fallimentare il curatore deve presentare, sempre in via telematica, anche la dichiarazione relativa all’imposta regionale sulle attività produttive (Irap), di cui al d.lgs. n. 446/1997, per l’intervallo di tempo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data del fallimento (art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). Alla luce delle considerazioni svolte retro, nel paragrafo dedicato alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta antecedente a quello dell’apertura del fallimento, sono dell’idea che l’obbligo di presentare la dichiarazione Irap per quel medesimo periodo d’imposta debba gravare non già sul curatore fallimentare, quanto piuttosto sul fallito o sugli amministratori della società fallita69. Naturalmente, il debito d’imposta che dovesse eventualmente emergere dalla dichiarazione iniziale del curatore, rivestendo carattere concorsuale, dovrebbe essere insinuato al passivo fallimentare, analogamente ai crediti risultanti dalle dichiarazioni presentate dall’impresa fallita per i pregressi periodi d’imposta. 69 E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1119 ss.; ID., Brevi note sull’Irap nel fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, in Fallimento,1998, 352 ss. 24 25 Gli obblighi fiscali Sino a ieri era discusso se il credito Irap fosse assistito dal privilegio generale accordato dall’art. 2752 c.c. Oggi ogni discussione è ormai superata in quanto l’art. 39 del d.l. 1 ottobre 2007, n. 157 ha modificato il comma 1 dell’art. 2752 c.c., accordando il privilegio ivi previsto anche all’Irap (data la natura pacificamente processuale delle norme sui privilegi, la nuova disposizione si applica anche ai crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore). Ricordo, da ultimo, che nel corso della procedura fallimentare la dichiarazione Irap va presentata soltanto nel caso sia stato disposto l’esercizio provvisorio (artt. 19, 6° co., d.p.r. n. 446/1997 e 8, 3° e 4° co., d.p.r. n. 322/1998), unitamente al versamento dell’imposta eventualmente dovuta. 18. L'imposta municipale unica [] Come è noto, l'art. 13, d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito dalla l. 22.12.2011, n. 214, ha anticipato in via sperimentale l'istituzione dell'imposta municipale unica (Imu) di cui all'art. 8, d.lg. 14.3.2011, n. 23. [] Il 1° co. del citato art. 13 stabilisce che la nuova imposta è applicata a tutti i comuni del territorio nazionale dall'anno 2012 e fino al 2014, in base agli artt. 8 e 9, d.lg. 14.3.2011, n. 23, in quanto compatibili, mentre l'applicazione a regime di detta imposta è fissata a decorrere dall'anno 2015. [] L'Imu, a norma del 1° co. del citato art. 8, d.lg. 14.3.2011, n. 23, sostituisce l'imposta comunale sugli immobili (Ici) e, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e le relative addizionali dovute in riferimento ai redditi fondiari concernenti i beni non locati. [] Ai fini che qui interessano è importante sottolineare che, nel delineare la disciplina del nuovo tributo, l'art. 13, d.lg. 14.3.2011, n. 23, ha espressamente richiamato soltanto alcune delle disposizioni contenute nel d.lg. 30.12.1992, n. 504 istitutivo dell'Ici, tra cui l'art. 10 che, all'ultimo comma, detta una disciplina speciale per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa. [] In virtù di tale rinvio, il curatore fallimentare, entro novanta giorni dalla sua nomina, è tenuto a presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. [] Il curatore fallimentare è inoltre obbligato a versare l'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento ovvero dell'atto pubblico di compravendita allorché l'immobile sia stato venduto a trattativa privata ai r.d. 16.3.1942, n. 267. sensi del nuovo art. 108, [] Ancora una volta, il legislatore tributario non si è preoccupato di risolvere, invece, il problema relativo alle conseguenze derivanti dalla restituzione al 25 26 Gli obblighi fiscali soggetto fallito dell'immobile acquisito alla massa fallimentare, perché non liquidato nel corso della procedura, così come si è astenuto dal disciplinare il caso di immobili venduti dalla procedura a seguito del vittorioso esercizio di azioni revocatorie e restitutorie. [] Nel silenzio della legge, mi sembra che le soluzioni proposte nel vigore dell'Ici70 restino valide anche nel nuovo regime, con la conseguenza che la restituzione dell'immobile al fallito ritornato in bonis non darà luogo ad alcuna tassazione. [] Muovendo dalla premessa che l'apertura della procedura concorsuale costituisce evento idoneo a determinare una sospensione del versamento dell'imposta senza però cancellare l'obbligo di corrispondere il tributo nel caso in cui l'immobile non venga alienato dagli organi della procedura, la giurisprudenza di merito ha chiarito, al riguardo, che l'obbligazione d'imposta maturata nel corso della procedura debba essere adempiuta dal fallito ritornato in bonis (Comm. Trib. Reg. Lombardia, 11.2.2010, n. 2071; Comm. Trib. Reg. Toscana, 14.11.2011, n. 116; Comm. Trib. Prov. Bergamo, sez. III, 9.11.2002, n. 149). [] Nella diversa ipotesi di vendita di un immobile assoggettato al vincolo concorsuale a seguito della dichiarazione di inefficacia exart. 44, r.d. 16.3.1942, n. 267 o della revoca ai sensi degli artt. 64 ss., r.d. 16.3.1942, n. 267 del precedente trasferimento, penso che la soluzione più coerente con la logica del tributo sia quella di reputare obbligato al pagamento dell'imposta il terzo che ha subito la dichiarazione di inefficacia o la revoca sino al momento della vendita coattiva del bene recuperato alla garanzia patrimoniale (l'opposta tesi prospettata in dottrina con riferimento all'Ici 72 non sembra tenere adeguatamente conto, da un lato, che l'inefficacia e la revoca pacificamente non incidono sulla validità dell'atto traslativo inter partes e non implicano, pertanto, il ritrasferimento al patrimonio del debitore dei diritti acquistati dal terzo, ma solo la loro soggezione all'azione esecutiva del dante causa; dall'altro lato che l'Ici, ed ora l'Imu, è un'imposta sul patrimonio immobiliare che incide sui proprietari, usufruttuari, o titolari del diritto d'uso o abitazione). Allo stesso modo di ciò che avviene in caso di azione esecutiva individuale promossa nei confronti del debitore inadempiente non assoggettabile a procedura di fallimento, anche a seguito di pronunzia di revoca exart. 2901 70 V., in proposito, E. STASI, L’imposta comunale sugli immobili, in Fall., 1993, 569. Per un breve commento a tale decisione, cfr. E.STASI, Chi deve pagare l’ICI maturata in costanza di fallimento nell’ipotesi di restituzione degli immobili al fallito tornato in bonis, in Fall, 2010, 747. 72 E. F. GRECO, L'I.C.I. nel fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, in Bollettino trib. informaz., 1995, 1642. 71 26 27 Gli obblighi fiscali c.c. di un atto di disposizione da lui precedentemente compiuto. Tenuto peraltro presente che, a differenza del procedimento esecutivo individuale, ove i beni esecutati rimangono in possesso del debitore sino alla vendita, nel fallimento i beni di cui trattasi, prima dell'alienazione, soggiacciono all'amministrazione del curatore e la massa può in questo modo beneficiare delle utilità dagli stessi ritraibili, sarei incline a riconoscere in capo al terzo che ha subito l'azione esecutiva del curatore un credito di rivalsa verso la massa per le imposte pagate dopo la restituzione del bene, da far valere nelle forme della domanda di ammissione a stato passivo73. [] Concludo rammentando, a proposito della natura del credito Imu, che il 13° co. dell'art. 13, d.l. 6.12.2011, n. 201, ha esteso il privilegio di cui al 4° co. dell'art. 2752 c.c. a tutti i tributi comunali e provinciali. 19. I crediti tributari - La legge di riforma delle procedure concorsuali (d.l. n. 5/2006), colmando un vuoto presente nel vecchio sistema concorsuale, ha espressamente conferito al curatore fallimentare il potere di cedere i crediti rientranti nell’attivo fallimentare, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione (art. 106, comma 1), unitamente alla possibilità di stipulare un contratto di mandato per la loro riscossione (art. 106, comma 3). Il nuovo art. 117, comma 3, attribuisce inoltre al giudice delegato la facoltà di assegnare ai creditori che vi consentono i crediti d’imposta del fallito non ancora rimborsati. Sembrano così perdere definitivamente di interesse alcune delle soluzioni concepite da una parte della dottrina e dalla prassi giudiziaria nel vigore della disciplina abrogata 74 al fine di accelerare la chiusura del fallimento senza essere costretti a vendere crediti d’imposta 75 a prezzi notevolmente ridotti rispetto al loro valore nominale, soluzioni della cui compatibilità con le norme ed i principi della legge fallimentare era quanto meno lecito dubitare76. 73 E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss. Per un’analisi critica delle stesse v. E. STASI, Sui crediti tributari formati nella procedura fallimentare (nota a Circ. Trib. Sulmona 21 aprile 2004), in Fallimento, 2005, 473 ss. 75 Si veda, in argomento, F. TESAURO, In tema di ritenute di acconto a carico dei fallimenti e cessione dei crediti d’imposta, in AA.VV., Problematiche fiscali del fallimento e prospettive di riforma, a cura di L. TOSI, Padova, 2005, 43 ss. 76 V. infatti, oltre allo scritto citato alla nota precedente, P. CENSONI, Chiusura del fallimento e attività residue degli organi fallimentari: ovvero la sorte postfallimentare dei crediti d’imposta, in Fallimento, 2004, 542; ID., Chiusura del fallimento e attività residue degli organi fallimentari, in AA.VV., Problematiche fiscali del fallimento cit., 65 ss. 74 27 28 Gli obblighi fiscali Non mi soffermo, per ovvi motivi, sul contenuto di queste nuove disposizioni di legge, se non per manifestare perplessità sulla possibilità di trovare creditori disposti ad accettare l’assegnazione di crediti d’imposta senza attualizzazioni penalizzanti per i restanti creditori e ciò anche quando l’Amministrazione finanziaria abbia riconosciuto, con un proprio atto, la liquidità e l’esigibilità del credito da assegnare. Resta vero, comunque, che la nuova qualificazione del curatore come sostituto d’imposta ha accresciuto, sia pur con le limitazioni di cui si è parlato retro in tema di compensazione orizzontale dei crediti Iva, la possibilità per il fallimento di recuperare i crediti fiscali mediante l’istituto della compensazione di cui agli artt. 17 d.lgs. n. 241/1997 e 8, comma 1, l. n. 212/2000. Rimane il problema delle ritenute di acconto subite sugli interessi bancari accreditati sui conti correnti bancari della procedura e sugli altri incassi che vi sono soggetti, ma questo inconveniente non può essere altrimenti risolto se non escludendo dalla ritenuta le procedure fallimentari. Va segnalato, infine, che l’Amministrazione finanziaria, con circolare n. 13/E dell’11 marzo 2011 in Big Unico, ha precisato che il divieto di compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali fino alla concorrenza dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori per i quali è scaduto il termine di pagamento77, non opera fra i crediti verso il fallito ed i debiti verso la massa fallimentare. 20. L’imposta di registro. La sentenza dichiarativa di fallimento - La sentenza dichiarativa di fallimento rientra sicuramente nel novero dei provvedimenti contemplati dall’art. 8, lett. d) della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986 (“atti non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti a contenuto patrimoniale”); come tale, essa è soggetta ad imposta fissa di registro da pagarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111, n. 1, l.fall.78. Nell’ipotesi in cui la sentenza contenga anche l’enunciazione di una preesistente società di fatto, sarà dovuta l’imposta di registro in misura fissa sulla sentenza e proporzionale sulla enunciazione della società, ambedue da pagarsi in prededuzione. Qualora la sentenza di fallimento rechi l’enunciazione di una società irregolare (vale a dire di una società il cui contratto sociale sia stato redatto per iscritto ma non registrato), il debito relativo all’imposta di 77 78 Cfr. art. 31, 1° co., d.l. n. 78/2010. In argomento, in luogo di altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 173. 28 29 Gli obblighi fiscali registro non pagata avrà natura concorsuale, purché l’atto scritto sia stato stipulato prima del fallimento ed abbia data certa anteriore79. Si ritiene comunemente che la base imponibile vada determinata con riferimento al valore dei conferimenti iniziali; nell’ipotesi in cui questi valori non siano noti, la determinazione andrà fatta in via presuntiva, sulla base delle attività e passività esistenti al momento di apertura della procedura80. Qualora l’attivo del fallimento comprenda beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore dovrà notificare un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici registri (art. 88, 2° co., l.fall.). La trascrizione dell’estratto della sentenza presso la Conservatoria dei registri Immobiliari sconta l’imposta di bollo, l’imposta ipotecaria e la tassa ipotecaria per quanto riguarda i beni immobili. L’imposta di bollo viene liquidata in base alla tariffa allegata al d.p.r. n. 642/1972, mentre l’imposta ipotecaria e la tassa ipotecaria sono liquidate ai sensi della tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990. Per gli autoveicoli la trascrizione avviene mediante pagamento dell’imposta di bollo e dell’imposta provinciale di trascrizione introdotta con effetto dal 1.1.1999 dall’art. 56 del d.lgs. n. 446/1997. Per effetto della trascrizione al P.R.A. viene meno l'obbligo del pagamento della tassa automobilistica prevista dall'art. 5, 31° e 32° co., d.l. 30.12.1982, n. 953 81 per i periodi di imposta successivi alla data di deposito della sentenza di fallimento, salvi i casi in cui il curatore ometta di effettuare l'annotazione nei pubblici registri. In tale ultima circostanza soggetto passivo nei confronti dell'Erario rimarrebbe, in ogni caso, il contribuente fallito82 e l’imposta non potrebbe gravare sul ceto creditorio trattandosi di un debito non strettamente inerente all'amministrazione del fallimento83. Viceversa, il debito relativo ad annualità precedenti alla dichiarazione di fallimento ha natura concorsuale e l'amministrazione finanziaria deve necessariamente insinuarsi al passivo fallimentare. 21. (Segue): Le vendite fallimentari - Ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, sono soggetti ad imposta proporzionale di registro le 79 S. TONETTI, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 424 ss., ove ulteriori riferimenti. 80 S. TONETTI, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, cit., 429. 81 Trib. Vicenza, 28.1.1986, in Fallimento,1986, 799. 82 Trib. Alba, 17.5.1993, in Fallimento, 1993, 891. 83 G. BOZZA, G. SCHIAVON, L'accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, 1992, 497; F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 192. 29 30 Gli obblighi fiscali cessioni di aziende e di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa fallita. Devono parimenti scontare l'imposta di registro i contratti di vendita di beni mobili od immobili, non facenti parte del patrimonio aziendale, formati per iscritto nel territorio dello Stato. Sono inoltre gravati dall'imposta proporzionale di registro i contratti di locazione di beni immobili posseduti dalle persone fisiche fallite a titolo personale, anche se stipulati in forma verbale. È da precisare, al riguardo, che, appartenendo le vendite fallimentari al novero delle vendite giudiziali, torna applicabile l'art. 44 del decreto citato, il quale, per tali tipi di vendite, nega all'Ufficio del Registro la possibilità di rettificare il corrispettivo dichiarato. 22. (Segue): I piani di riparto - La nuova legge fallimentare non prevede la possibilità del giudice delegato di apportare variazioni al progetto di ripartizione parziale o finale predisposto dal curatore. Ai sensi del 3° co. del novellato art. 110 l.fall, i creditori, entro il termine perentorio di 15 giorni dal ricevimento della comunicazione di deposito del progetto di riparto presso la cancelleria del tribunale, possono proporre reclamo nelle forme di cui all’art. 26. Per quanto attiene alla tassazione del decreto che dichiara esecutivo il progetto di riparto, l’opinione comunemente accolta dalla giurisprudenza e dalla stessa Amministrazione finanziaria84 è oggi nel senso di ritenere che ove il piano di riparto (parziale o finale) delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo venga reso esecutivo senza osservazioni e contestazioni da parte dei creditori, oppure apportandovi le modifiche che corrispondano alle osservazioni o richieste formulate dai creditori, il provvedimento che lo rende esecutivo sfugga al regime di imposizione delineato dal più volte citato art. 8 della tariffa, e non sconti pertanto alcuna imposta. Nell'ipotesi in cui sorgano contestazioni tra i creditori o tra questi ed il curatore, si suole invece distinguere il caso in cui le medesime vengano risolte mediante una semplice verifica della legittimità delle tesi contrastanti in relazione ai risultati, non sottoposti a discussione, dell'accertamento del passivo, da quello, opposto, in cui la discussione verta su pretese azionabili in tale precedente fase. 84 Cass., 27.7.1989, in Fallimento, 1989, 1198; Cass., 15.5.1989, n. 3336, ivi, 1989, 1198; Cass., 25.6.1988, n. 4284, ivi, 1988, 1091; Cass. 22.6.1983, n. 4277, ivi,1984, 414; cir. min. 30.7.1990 n. 58/260228, in Bollettino trib. informaz.,1990, 1332; ris. min. 11.3.1991, in Bollettino trib. informaz.,1991, 1102. 30 31 Gli obblighi fiscali Nella prima ipotesi, qualora il provvedimento respinga puramente e semplicemente le istanze avanzate, sconterà l'imposta in misura fissa ai sensi della lettera d) dell'art. 8 della tariffa; sarà invece soggetto all’imposta proporzionale dell’1% (art. 8 lett. c) della parte prima della tariffa) nel caso contrario in cui accolga le osservazioni presentate. Nella seconda, il decreto sconterà, ancora una volta, l'imposta fissa ove dichiari l'inammissibilità delle istanze presentate; mentre soggiacerà ad imposta proporzionale del 3% qualora accolga, sia pure erroneamente, le richieste dei creditori travolgendo i limiti di giudicato interno del decreto di esecutività dello stato passivo. Per ciò che concerne la base imponibile del tributo proporzionale, è stato precisato che essa coincide non già con l'intera somma oggetto del riparto, quanto piuttosto con la porzione dell'attivo sulla quale incide la contestazione eche viene effettivamente riconosciuta spettante con il provvedimento85. Si ritiene ormai pacificamente che l'onere correlativo rimanga a carico della procedura86. 23. Imposte di successione – L’art. 8, 2° co, d.p.r. n. 346/1990 (Testo Unico delle imposte sulle successioni e donazioni) stabilisce che, nel caso di fallimento dell’imprenditore defunto, la base imponibile del tributo è costituita dalle sole attività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della chiusura del fallimento. Secondo un risalente documento di pressi, detta norma si applica anche nell’ipotesi di concordato preventivo87. Se la successione era già aperta alla data della dichiarazione di fallimento, l’imposta di successione dà origine ad un credito privilegiato, di natura concorsuale, che deve essere insinuato al passivo del fallimento88. Nell’ipotesi in cui il fallito muoia nel corso di una procedura fallimentare già pendente, l’art. 12 l.fall. stabilisce che il fallimento prosegue nei confronti degli eredi, anche se costoro abbiano accettato con beneficio d’inventario. Gli eredi dovranno assolvere gli obblighi dichiarativi ed il versamento dell’eventuale imposta solo dopo la chiusura del fallimento se ne risulterà un residuo attivo. Diversa dalle ipotesi precedenti è quella del fallimento dell’eredeimprenditore. Se a favore dell’imprenditore si apre, prima della dichiarazione 85 Cass. 22.6.1983, n. 4277, cit. Cass. 10.8.1979, n. 4646, in Fallimento, 1980, 327; in dottrina M. MONTANARI, Ripartizione dell’attivo, in Diritto fallimentare, coordinato da G. LO CASCIO, Milano, 1996, 1002. 87 Ris.min. n. 370392 del 7.6.1993, in Il fisco, 1993, 11602. 88 Così, A.MORGILLO-R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali nella fase iniziale del fallimento, cit., 539. 86 31 32 Gli obblighi fiscali di fallimento, una successione, facendogli assumere lo status di erede, le imposte successorie devo essere assoggettate alle regole del concorso e sono assistite dal privilegio. Se la successione si apre, invece, a favore dell’erede quando questi sia già stato dichiarato fallito, competerà al curatore, debitamente autorizzato ex art. 35 l.fall., accettare l’eredità89. In questo caso, le imposte costituiscono un debito di massa da soddisfarsi in prededuzione in virtù del principio sancito dall’art. 42, 2° co., l.fall.; mentre l’obbligo di presentare la dichiarazione, in assenza di una norma che addossi detto incombente in capo al curatore, dovrebbe far carico al fallito90. 24. La legittimazione processuale del curatore nelle liti fiscali - Mentre può dirsi pacifico che gli atti di accertamento o riscossione emessi dall'Amministrazione finanziaria in pendenza del fallimento, oltre che essere notificati al curatore del fallimento, debbono venire portati a conoscenza del contribuente fallito, è questione controversa se questo obbligo di comunicazione debba far capo al curatore oppure, come riteniamo più plausibile, alla stessa Amministrazione finanziaria. Per quanto concerne la capacità processuale del contribuente fallito, la giurisprudenza ha avuto occasione di ribadire più volte che egli conserva la sua piena ed esclusiva legittimazione nelle controversie in cui siano dedotte questioni relative ad obbligazioni d'imposta inopponibili al fallimento, quali potrebbero essere, ad esempio, quelle collegate ad attività fiscalmente rilevanti spiegate dal fallito successivamente alla sentenza dichiarativa, ovvero ai redditi da lui denunciati ai sensi del 2° comma dell'art. 125 del testo unico delle imposte sui redditi (trattasi della dichiarazione che le persone fisiche fallite devono presentare negli ordinari termini di scadenza comprendendo il reddito d'impresa conseguito nel periodo fallimentare fatto oggetto di dichiarazione da parte del curatore fallimentare). La legittimazione sostitutiva del fallito viene parimenti riconosciuta in tutti i casi in cui l'ufficio fallimentare non intenda impugnare le pretese del fisco, perché le giudica fondate oppure molto più semplicemente perché non ritiene che l'impugnazione possa in qualche modo giovare agli interessi della procedura, come ad esempio nell'ipotesi in cui il fallimento sia privo di attivo91. 89 C.ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 209. In questo senso, A.MORGILLO-R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali nella fase iniziale del fallimento, cit., 539; contra, C.ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 210. 91 Cfr., tra le molte, Cass., 16.1.1999, n. 5308, in Fallimento, 1999, 1258; Cass., 17.3.1995, n. 3094, in Bollettino trib. informaz., 1995, 1272; Cass., 20.12.1994, n. 10957, in Fallimento, 90 32 33 Gli obblighi fiscali Meno sicura è invece la soluzione del quesito se al contribuente fallito spetti anche una legittimazione concorrente con quella del curatore, allorché si controverta su rapporti tributari anteriori alla dichiarazione di fallimento e gli organi fallimentari decidano di proporre impugnazione. Al riguardo, l'opinione della dottrina e della giurisprudenza prevalenti è orientata in senso decisamente negativo. Si suole infatti affermare che, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 43 1.fall., il fallito non può intervenire e tanto meno promuovere giudizi in cui sono dedotti rapporti compresi nel patrimonio o nella massa passiva concorsuale92. Sotto il vigore della legge riformata, una parte minoritaria della dottrina si era mostrata incline ad ammettere, in ambito fiscale, oltre alla legittimazione del curatore, anche un'autonoma e concorrente capacità processuale del fallito93. Questa tesi, sia pur sistematicamente disattesa dalla giurisprudenza, trova oggi nuovi sostenitori94, che la ripropongono traendo spunto dal principio, dettato dall’ultimo comma dell’art. 96 l.fall., per cui “il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’art. 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso”. Secondo questa opinione, la sentenza resa dai giudici tributari nei confronti del curatore produrrebbe effetti soltanto ai fini del concorso, mentre la pronuncia resa nei confronti del fallito sarebbe opponibile a lui solo una volta che egli sia ritornato in bonis (salva, ovviamente, l’eventuale esdebitazione). Trattasi di un approccio interpretativo che, pur presentando indubbi profili di ragionevolezza in quanto volto a contemperare l’interesse dell’Amministrazione finanziaria a partecipare all’esecuzione collettiva e quello del fallito a svolgere le proprie difese innanzi al giudice tributario (e 1995,1272; Cass., 24.7.1994, n. 6873, ivi, 1995, 265; Cass. 12.11.1993, n. 11191, ivi, 1994, 372; Cass, 20.3.1993, n. 3321, in Bollettino trib. informaz., 1994, 719. 92 Ex multis, C. DE MARTINI, Attività negoziale e attività processuale del fallito durante il fallimento, in Dir. fall., 1971, 220 ss.; S. SATTA, cit., 154 ss.; G. DE FERRA, L. GUGLIELMUCCI, cit., 35; A. BONSIGNORI, Diritto fallimentare, Torino, 1992, 150. Per la giurisprudenza, in questi ultimi anni, v. Cass., 12.5.2006, n. 11068, in Banca Dati Platinum; Cass. 15.3.2006, n. 5671, in Giur. It., 2006, 469; Cass. 24.2.2006, n. 4235, in Fallimento, 2006, 1331; Cass., 26.9.2003, n. 14301, in Fallimento,2004, 1195; Cass. 3.4.2003, n. 5202, in Fallimento, 2004, 639 con nota di A. CAPOCCHI; Cass., 14.5.2002, n. 6937, in Giur. It., 2002, 503; Cass. 8.3.2001, 3418, in Giur. It., 2002, 163 con nota di M. MONTANARI; Comm. Trib. Centr. 11.7.2005, n. 6297, in Fisco 2005, 5710; Comm. Trib. Centr. 13.12.2002, n. 9518, in Banca Dati Platinum; App. Bari 3.6.2005, in Banca Dati Platinum 93 F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 225 ss.; Cass. pen. 14.9.1983, n. 7435, in. Fallimento, 1984, 539. 94 F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 225 ss.; Cass. pen. 14.9.1983, n. 7435, in. Fallimento, 1984, 539. 33 34 Gli obblighi fiscali ciò in coerenza con principi costituzionali del giusto processo), mi lascia perplesso perché la legge sembra attribuire valenza solo endoconcorsuale alle decisioni emesse in tema di stato passivo all’interno del procedimento di fallimento e non a quelle rese nell’ambito di un giudizio ordinario, a cognizione piena, esterno alla procedura ed avente un oggetto diverso da quello del diritto al riparto 9596. La soluzione che, ciò stante, mi sembra preferibile è, pertanto, quella di riconoscere al fallito la sola legittimazione a svolgere un intervento adesivo cosiddetto dipendente nei giudizi instaurati dal curatore97. In questo modo, e con i reclami interni al fallimento, che il fallito può sempre attivare al giudice delegato ed al tribunale fallimentare, il suo diritto di difesa potrebbe essere parimenti garantito. Nessun dubbio può, infine, sussistere sulla legittimazione esclusiva del curatore fallimentare nell'ipotesi in cui la lite abbia ad oggetto infrazioni ai doveri fiscali a lui incombenti, e ciò anche se il fallimento fosse già stato chiuso ed il fallito avesse conseguentemente riacquistato la sua piena capacità processuale. 95 Di questo avviso è, invece, L. GUGLIELMUCCI, in Diritto fallimentare, Torino, 2011, 220, il quale, con riferimento all’efficacia delle decisioni adottate in sede extraconcorsuale a seguito di impugnazione di sentenze non definitive pronunciate in contradditorio con il debitore poi fallito ed aventi ad oggetto il credito, osserva che” Muovendo (…) dalla considerazione che l’impugnazione, da parte del curatore, in sede extracontrattuale non ha autonomia rispetto al giudizio di verifica dello stato passivo e che il curatore, quando impugna una sentenza emanata nei confronti del fallito non agisce sostituendosi al fallito, ma come portatore dell’interesse della collettività dei creditori, si deve ritenere che la decisione in sede extraconcorsuale abbia ad oggetto il credito incidenter tantum, in quanto segmento di un più ampio procedimento volto a regolare il concorso”. 96 Merita rammentare che, secondo un ormai da lungo tempo consolidato indirizzo interpretativo dei giudici di legittimità (Cass. sez. un., nn. 5786/1988 e 5787/1988), il processo tributario avrebbe natura di giudizio di impugnazione-merito (ossia come processo che è formalmente introdotto con l’impugnazione di un atto, ma che sostanzialmente ha per oggetto l’accertamento del rapporto di imposta) nel senso che la commissione tributaria dovrebbe limitarsi ad annullare l’atto, ove rilevi un vizio che ne infici la validità nel suo complesso, e invece procedere all’accertamento sostanziale del rapporto, quando si verta nel merito. Per una critica alla tesi della Cassazione, cfr., per tutti, I.MANZONI-G.VANZ, Il diritto tributario, Torino,…. 97 La possibilità di assumere la veste di interventore adesivo-dipendente da parte del fallito è espressamente ammessa da Cass., 8.8.1990, n. 7997, in Fallimento, 1991 VEDERE OSSERVATORIO; M. GIORGETTI, La capacità processuale del fallito nei giudizi litisconsortili con il fallimento, in Fallimento 2003, 1084; M. MONTANARI, L’accertamento fallimentare dei crediti d’imposta dopo la riforma, in Fallimento 2007, 1134 ss.; E.STASI, La legittimazione processuale del contribuente fallito, in Fall. 2009, 491. 34 35 Gli obblighi fiscali Con riferimento alla nuova disciplina del processo tributario, introdotta dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, mi limito a ricordare che la regola espressa dall'ultimo comma dell'art. 31 della 1.fall., la quale proibisce al curatore di prestare il ministero di avvocato o procuratore nei processi in cui sia parte il fallimento, opera anche per i giudizi avanti le commissioni tributarie98. 25.La responsabilità del curatore- Naturalmente, anche il curatore può essere assoggettato a sanzioni di tipo amministrativo e anche penale qualora si renda responsabile della violazione di norme fiscali: con la riforma del sistema sanzionatorio introdotta dal d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ogni dubbio al riguardo può dirsi, infatti, ormai fugato. Una recente dottrina ha espresso l’avviso che, nel caso di fallimento di società di capitali, potrebbe trovare applicazione la previsione di cui all’art. 7 d.l. n. 269/2003 (convertito nella legge n. 326/2003), che addossa alla sola società o ente con personalità giuridica l’onere economico della sanzione amministrativa per le infrazioni commesse dai suoi dipendenti o dal suo rappresentante o amministratore, atteso che degli effetti della violazione non si avvantaggerebbero i creditori99. Per ovvie ragioni non è possibile, in questa sede, procedere ad una minuziosa analisi della norma in discorso 100 . Ai fini che qui interessano, può essere tuttavia sufficiente obiettare, in primis, che la disposizione di legge in discorso si disinteressa del soggetto che abbia tratto un vantaggio dalla condotta dell’autore della violazione [faccio peraltro notare che da un minore versamento dell’Iva dovuta dal fallimento possono trarre beneficio sia il ceto dei creditori (in termini di maggiore distribuzione) sia la società fallita (sotto forma di riduzione della situazione debitoria)]; in secondo luogo, che la responsabilità del curatore verrebbe affermata, in ogni caso, in base ai principi di cui all’art. 38 l.fall., vale a dire per violazione dell’obbligo di adempiere ai doveri del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura. Va segnalato, infine, che in giurisprudenza è stata condivisibilmente esclusa 98 Cass. 13.9.2004, n. 18418, in Big Unico; r.m. 23.5.1996, n. 483/E, in Bollettino trib. informaz., 1996, 826. 99 M. POLLIO, Peculiarità e aspetti critici tributari nel fallimento, in M. POLLIO – P. P. PAPALEO, La fiscalità, cit., 350. 100 Per approfondimenti sul punto v., G. BELLAGAMBA-G. CARLI, Il sistema delle sanzioni tributarie, Milano, 2011, 440 ss.; G.FALSITTA- A.FANTOZZI-G.MAROMGIUF.MOSCHETTI, Commentario breve alle leggi tributarie, II, Accertamento e sanzioni, F.MOSCHETTI (a cura di), Padova, 2011, 27 ss.; M.A.ESPOSITO, La responsabilità fiscale del curatore, in L.GHIA-C. PICCININNI-F.SEVERINI, Trattato delle procedure concorsuali, VI, Torino, 589 ss. 35 36 Gli obblighi fiscali la responsabilità solidale del curatore con la società fallita per le obbligazioni tributarie insorte nel corso della procedura101. Sezione II – Concordato fallimentare SOMMARIO:1. Le imposte dirette - 2. L’imposta sul valore aggiunto -3. L’imposta municipale unica - 4. L’imposta di registro 1. Le imposte dirette -La chiusura del fallimento mediante concordato comporta l’obbligo per il curatore di redigere la dichiarazione finale di cui all’art. 5 del d.p.r. n. 322/1998 sulla scorta delle norme analizzate retro a p. 6 ss., cui per brevità si rinvia, anche per quanto attiene ai criteri di valutazione delle attività e delle passività aziendali da restituire al fallito nell’ipotesi in cui l’impegno concordatario sia stato da lui assunto (naturalmente, le passività andranno valutate senza tener conto del bonus da concordato, trattandosi di componente fiscalmente irrilevante). Poiché nelle fattispecie di concordato con cessio bonorum ed in quello con assuntore nulla viene restituito al soggetto fallito, si ritiene comunemente che nell’uno e nell’altro caso non possa emergere alcun residuo attivo da assoggettare a tassazione. Ai sensi dell’art. 88, 4° co., del t.u.i.r. sono escluse dalla tassazione le sopravvenienze attive originate dalla riduzione dei debiti dell’impresa in sede concordataria. Per quanto riguarda il dies a quo per la presentazione della dichiarazione, sembra da preferire l’opinione che fa decorrere il termine in discorso dalla data di definitività del decreto di omologazione ai sensi dell’art. 130 l.fall. Va avvertito, da ultimo, che, con risoluzione n. 263/E del 26 ottobre 2009 in …., l’agenzia delle Entrate ha ritenuto, con riferimento alla fattispecie di concordato con assunzione, che il diritto allo scomputo delle ritenute d’acconto operate sugli interessi attivi maturati sui libretti di deposito della procedura fallimentare spetti all’assuntore102 . 101 Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, 19 ottobre 2010, n. 197, in Big Unico. Per un breve commento a tale decisione v. E:STASI, Eslcusa la responsabilità solidale del curatore fallimentare per le obbligazioni tributarie del fallimento, in Fall., 2011, 252. 102 Per approfondimenti sul tema, ci sia consentito rinviare a E. STASI, Nel concordato fallimentare il credito per le ritenute fiscali subite è di pertinenza dell’assuntore, in Fall., 2009, 1483. 36 37 Gli obblighi fiscali 2. L'imposta regionale sulle attività produttive [] Va anzitutto evidenziato che l'art. 33, 4° co., d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito con modificazioni nella l. 7.8.2012, n. 134, al fine di rimuovere alcuni degli ostacoli di natura fiscale che ancora si frapponevano ad un più diffuso utilizzo degli strumenti di risoluzione delle crisi d'impresa alternativi al fallimento, ha interamente riscritto il 4° co. dell'art. 88, d.p.r. 22.12.1986, n. 917, estendendo, con alcune limitazioni, anche ai piani attestati pubblicati nel registro delle imprese ed agli accordi di ristrutturazione omologati ai sensi dell'art. 182 bis, r.d. 16.3.1942, n. 267 il regime di esenzione dall'imposizione delle sopravvenienze attive generate da un concordato preventivo o fallimentare. [] Ai sensi della disposizione novellata, dunque, anche le sopravvenienze attive in discorso non concorrono a formare la base imponibile dell'imposta sul reddito (Irpef o Ires) dell'impresa debitrice, limitatamente alla parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'art. 84, d.p.r. 22.12.1986, n. 917. [] Nel silenzio della legge incerta è, invece, l'assoggettabilità ad Irap delle sopravvenienze attive rivenienti dalla riduzione dei debiti dell'impresa ai sensi degli istituti previsti dalla legge fallimentare. Irap. Pur non senza incertezze, sarei incline a ritenere, alla luce del principio di correlazione enunciato nel 4° co. dell'art. 5, d.lg. 15.12.1997, n. 446 (ai sensi del quale «I componenti positivi e negativi classificabili in voci del conto economico diverse da quelle indicate al comma 1 concorrono alla formazione della base imponibile se correlati a componenti rilevanti della base imponibile di periodi d'imposta precedenti o successivi»), che le sopravvenienze di cui trattasi, nella misura in cui si riferiscano a componenti negativi dedotti nei precedenti esercizi, debbano scontare l'imposta ancorché classificate, in base ai vigenti principi contabili (OIC n. 6, Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio), tra i proventi straordinari di cui alla voce E20 del conto economico103. 103 Nel medesimo senso, F.BAVA-P-PISONI, , Irap 2011 e determinazione della base imponibile dal bilancio: casi controversi, in Fisco, 2012, 3239 ss.; contra, P.PIAZZALUNGA, Le sopravvenienze attive derivanti dal "bonus" concordatario sono da includere nella base imponibile IRAP?, in ilfallimentarista, 2011, il quale, traendo spunto dalle indicazioni contenute nella sentenza Cass. civ., sez. VI, 23.8.2011, n. 17603, ritiene che il principio di correlazione non possa essere applicato a componenti che derivano da azioni ed eventi successivi alla fase genetica della produzione e dello scambio). 37 38 Gli obblighi fiscali 3.L’imposta sul valore aggiunto- Le disposizioni analizzate retro a p. 18 sono applicabili anche all’ipotesi di chiusura del fallimento per concordato fallimentare, fatta eccezione per l’estinzione della partita Iva quando rimangano beni aziendali da liquidare dovendosi ancora concludere il ciclo impositivo dell’impresa. Naturalmente, le vendite di tali beni poste in essere dopo la chiusura della procedura di fallimento dovranno essere assoggettate ad Iva da parte del debitore ritornato in bonis. A diverse conclusioni dovrebbe invece pervenirsi nel caso di concordato con assuntore. Poiché gli affetti traslativi della proprietà dei beni compresi nel patrimonio fallimentare si producono normalmente nel momento in cui il decreto di omologazione o di approvazione del concordato diventa definitivo ed il fallimento ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 130 ancora non è chiuso, sembra corretto ritenere che, in tale evenienza, gli obblighi di fatturazione, registrazione, liquidazione, versamento e dichiarazione debbano essere assolti dal curatore104, sempreché, naturalmente, il trasferimento non abbia ad oggetto un vero e proprio compendio aziendale, rendendosi in tal caso dovuta la sola imposta di registro. Quanto alla determinazione della base imponibile su cui applicare l’Iva, mi sembra da condividere il criterio proposto in dottrina di suddividere l’importo complessivo della cessione in proporzione al valore attribuito in sede di perizia ai beni mobili ed immobili105. E’ appena ovvio che, qualora l’efficacia del trasferimento venisse differita all’avvenuto accertamento dell’integrale esecuzione del concordato, tutti gli adempimenti fiscali connessi alla cessione delle attività aziendali non potranno che fare capo al debitore concordatario ritornato in bonis. Secondo l’Amministrazione finanziaria106, le note di variazione Iva ex art. 26, 2° co., d.p.r. n, 633/1972 possono essere emesse, da parte dei creditori in tutto o in parte insoddisfatti, a partire dal passaggio in giudicato della sentenza di omologa del concordato (oggi a partire dal momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo), con il conseguente obbligo, da parte del debitore concordatario ormai ritornato in bonis, di contabilizzare detti documenti nei propri registri Iva. Questa opinione non manca tuttavia di suscitare qualche legittima perplessità dal punto di vista strettamente giuridico, soprattutto nel caso di concordato con cessio bonorum, perché - a 104 Questa era anche l’opinione espressa, nel vigore della vecchia legge fallimentare, da S. ZENATI, L. MANDRIOLI, cit., 67 ss. 105 S. ZENATI, L. MANDRIOLI, cit., 70. 106 Circ. min. 17.4.2000, n. 77/E, in Corriere trib. 2000, 1394. 38 39 Gli obblighi fiscali mio modo di vedere - è solo con l’emissione del decreto che ai sensi dell’art. 136, 3° co., l.fall. si accerta l’esecuzione del concordato che il creditore acquisisce la certezza del definitivo ammontare della perdita subita107, tanto è vero che, per quanto attiene alla procedura di concordato preventivo, quella medesima circolare non ha mancato di precisare che, oltre alla sentenza di omologazione (ora sostituita dal decreto di cui all’art. 180 l. fall.), occorre avere riguardo “anche al momento in cui il debitore concordatario adempie gli obblighi assunti in sede di concordato”. Per quanto riguarda, poi, il debito d’imposta nascente in capo al debitore concordatario, l’Amministrazione finanziaria, con ris. n. 161/E del 17 ottobre 2001 (pubblicata su Big Unico), ha precisato, a proposito del concordato preventivo, che il debito di cui trattasi, trovando la sua radice causale in un’operazione compiuta prima dell’avvio della procedura concorsuale, non deve essere adempiuto, essendosi già prodotti gli effetti estintivi del concordato: pare, quindi, ragionevole ritenere che la medesima soluzione debba valere anche nel caso di concordato fallimentare108. 4. L'imposta municipale unica [] Quanto all'Imu, si ripropone la stessa situazione già esaminata parlando del fallimento allorché l'immobile acquisito alla massa attiva non sia stato alienato nel corso della procedura e venga pertanto restituito al soggetto fallito. [] Alla luce delle considerazioni a suo tempo svolte, credo che anche in questo caso il presupposto impositivo (costituito da una fattispecie complessa che ha come propri elementi costitutivi il possesso del bene immobile e la sua vendita) non si perfezioni e che, pertanto, il tributo non sia dovuto. Viceversa, nell'ipotesi in cui l'immobile venga trasferito al terzo assuntore, e la fattispecie costitutiva dell'obbligazione tributaria si sia quindi realizzata, l'imposta dovrà essere versata entro novanta giorni dalla data di definitività del decreto di omologazione del concordato con la liquidità esistente nelle casse del fallimento ovvero con i mezzi forniti dall'assuntore. 5.L’imposta di registro- Il trattamento tributario del provvedimento di omologazione del concordato costituisce un problema che è stato a lungo 107 Così E. STASI, Ultimi chiarimenti in tema di note di variazione Iva, in Fallimento, 1998, 530. 108 In senso conforme, v. C. ZAFARANA, cit., 235. 39 40 Gli obblighi fiscali dibattuto e che, negli ultimi anni, appariva avviato ad una soluzione sempre più largamente condivisa. Muovendo da una concezione pubblicistica dell’istituto concordatario, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione 109 sembrava ormai essersi fatto strada il convincimento che le sentenza di omologazione, in quanto atto giudiziale contenente l’assunzione di obblighi di pagamento, dovesse scontare l’imposta proporzionale del 3% ai sensi dell’art. 8, lett. a), della tariffa di cui all’allegato A del d.p.r. n. 131 del 1986. Si discuteva, invece, sulla necessità di ricomprendere nella base imponibile tutti crediti privilegiati e chirografari oggetto di concordato110 ovvero i soli crediti chirografari111, fermo restando il principio di alternatività tra Iva e imposta di registro enunciato nell’art. 40 del d.p.r. n. 631/1986, con conseguente applicabilità della tassa fissa ai crediti originati da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, e fermo restando in capo all’amministrazione finanziaria il potere di rettificare i valori dichiarati degli immobili delle aziende trasferite, non essendo applicabile ai trasferimenti effettuati nell’ambito delle procedure di concordato il disposto dell’art. 44 del d.p.r. n. 131/1986. Nel caso di concordato con garanzia si riteneva che le garanzie reali o personali prestate dal terzo, data la loro natura obbligatoria, dovessero essere esonerate dal pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 6 della prima parte della tariffa. Nell’ipotesi di concordato con cessione dei beni si reputava, infine, che, non verificandosi alcun effetto novativo rispetto alla situazione obbligatoria pregressa e non producendosi alcun effetto traslativo dei beni messi a disposizione dei creditori, che rimangono di proprietà del fallito ancorché assoggettati ad un vincolo di destinazione al quale non possono essere sottratti, la sentenza di omologazione dovesse scontare la sola imposta fissa112. Sennonché, due recenti sentenze della Cassazione 113 sembrano avere modificato questo indirizzo. Valorizzando un criterio c.d. nominalistico di interpretazione, che meglio aderisce al dato letterale della norma, i giudici di legittimità hanno infatti sostenuto, con specifico riferimento alla fattispecie di concordato preventivo con garanzia ma con argomentazioni estensibili anche 109 Cass. 23.5.1990, n. 4665, in Fallimento, 1990, 1029; Cass. 17.4.1998, n. 3917, in Fallimento, 1999, 169; Cass., 11.11.2004, n. 21473, in Lplus. 110 G. CARAMAZZA, Il nuovo T.U. sull'imposta di registro e le procedure concorsuali, in Fallimento 1986, 1293 ss.; M. G. VANADIA,….,in DPT 1982, II, 1206. 111 G. CANDIOTTO, Il concordato fallimentare, Rimini, 2000, 141; G. LAURINI, …., inGiur. comm. 1981, II, 1113; F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 139. 112 Cass. 20.3.1998, n. 2957, in Foro It.,1998, I, 3241. 113 Cass. 7.5.2007, n. 10351, in Big Unico; Cass. 18.5.2007, n. 11585, in Lplus. 40 41 Gli obblighi fiscali alle differenti figure di concordato senza garanzia e di concordato con cessio bonorum, che la sentenza di omologazione emessa sotto l’impero della legge previgente, non potendo essere inquadrata in alcuna delle fattispecie di cui alle lettere da a) a f) del ridetto art. 8, debba necessariamente rientrare nella categoria sub g), che menziona genericamente gli atti “di omologazione”. Secondo questo approccio interpretativo, dunque, rimarrebbe soggetta ad imposta proporzionale di registro, in base alle aliquote proprie dei beni ceduti e delle passività accollate, soltanto la pronuncia di omologazione del concordato con assuntore alla luce della previsione contenuta nella lett. a) dell’art. 8 cit., sempreché, naturalmente, beni oggetto di trasferimento non facciano parte del patrimonio aziendale e non debbano, quindi, scontare l’Iva. [] Con ris. 26.3.2012, n. 27/E, l'Amministrazione finanziaria, che si era inizialmente espressa a favore della tassazione in misura proporzionale del provvedimento di omologazione del concordato, si è allineata all'orientamento dei giudici di legittimità, fornendo, con successiva circ. 21.6.2012, n. 27/E114, una serie di indicazioni in merito ai criteri di tassazione del decreto di cui trattasi. In particolare, per quanto attiene alla fattispecie di concordato con assunzione exart. 124, r.d. 16.3.1942, n. 267 il documento di prassi in discorso osserva, anzitutto, come essa si caratterizzi, rispetto alle altre figure di concordato, per il fatto che l'assuntore si obbliga a soddisfare in crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell'accollo (art. 1273 c.c.), in contropartita della cessione delle attività fallimentari. Ne consegue, in termini di corollari applicativi, che il decreto di cui trattasi deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura proporzionale, in base a quanto stabilito dall'art. 8, lett. a), della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131, il quale prevede l'applicazione delle «stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti», sempreché detti atti non abbiano ad oggetto operazioni incluse nell'ambito applicativo dell'Iva, giacché in tal caso, in ossequio al principio di alternatività Iva/Registro sancito dall'art. 40, d.p.r. 26.4.1986, n. 131, l'imposta di registro deve essere applicata in misura fissa. [] Per quanto attiene alla determinazione della base imponibile, l'Amministrazione finanziaria ritiene applicabile, nel caso di specie, il disposto dell'art. 21, 2° co., d.p.r. 26.4.1986, n. 131, secondo cui «Se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro 114 Per un breve commento a tale documento di prassi, v. E.STASI, Imposta di registro sugli accordi di ristrutturazione dei debiti e nel concordato fallimentare, in Fall. 2012, 1011. 41 42 Gli obblighi fiscali intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse una sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa». Ciò comporta, sul piano operativo, la necessità di porre a confronto l'imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all'accollo dei debiti scaturenti dal concordato, soggetti all'imposta nella misura del 3 per cento ai sensi dell'art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131, e l'imposizione gravante sui beni dell'attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato, dando la prevalenza all'imposizione più onerosa. [] Con riferimento alla cessione dei crediti al terzo assuntore, l'Agenzia rammenta che le cessioni di crediti in denaro, non aventi causa di finanziamento, sono escluse dal campo di applicazione dell'Iva ai sensi dell'art. 2, 3° co., lett. a), d.p.r. 26.10.1972, n. 633 e, pertanto, in virtù del principio di alternatività Iva/registro, le stesse debbono essere sottoposte ad imposta di registro con l'aliquota dello 0,50 per cento exart. 6 della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131. Allo stesso modo, la cessione all'assuntore dei crediti vantati verso l'Erario, quale cessione di crediti non aventi natura finanziaria, va assoggettata all'imposta di registro in misura proporzionale con l'aliquota dello 0,50 per cento sul loro ammontare ai sensi degli artt. 49, d.p.r. 26.4.1986, n. 131 e 6 della Tariffa, parte prima, allo stesso allegata. Sull'ammontare dei depositi bancari va applicata l'imposta di registro con l'aliquota dello 0,50 per cento, atteso che la cessione di depositi bancari costituisce una cessione del credito. [] Infine, a proposito della cessione della titolarità di azioni giudiziarie pendenti di pertinenza della massa fallimentare, l'Amministrazione finanziaria, dopo aver posto in rilievo come l'oggetto di tali cessioni possa individuarsi nel diritto controverso, atteso che le stesse consentono la successione a titolo particolare dell'assuntore nel diritto stesso (ad esempio nel caso delle azioni revocatorie del diritto a far dichiarare l'inefficacia dell'atto revocato), conclude affermando che, non comportando alcuna cessione anticipata dei beni o diritti cui le stesse si riferiscono, la parte del decreto di omologa del concordato relativa alla cessione delle azioni di massa esula dall'ambito applicativo della disposizione di cui all'art. 8, lett. a), della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131. Da ultimo, si segnala che, secondo una recentissima sentenza della Cassazione115, la risoluzione del concordato con garanzia farebbe nascere in capo al contribuente il diritto alla restituzione dell’imposta proporzionale in precedenza versata. 115 Cass. 29.2.2008, n. 5474, in Big Unico. 42 43 Gli obblighi fiscali Sezione III – Concordato preventivo SOMMARIO:1. Le imposte sul reddito - 2. L’imposta sul valore aggiunto - 3. L’imposta regionale sulle attività produttive - 4. L’imposta di registro - 5. L’imposta municipale unica 1.Le imposte sul reddito–A differenza del fallimento, il testo unico delle imposte sul reddito non contiene una disciplina specifica per il concordato preventivo, per cui continueranno le disposizioni dettate per tutte le imprese in bonis con due importanti eccezioni, riguardanti, rispettivamente, le sopravvenienze attive originate dalla riduzione delle passività aziendali e le plusvalenze e le minusvalenze realizzate a seguito delle cessione dei beni ai creditori. L’art. 88, 4° co., del t.u.i.r. esclude, infatti, dalla tassazione le sopravvenienze attive derivanti dalla riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo, mentre ai sensi dell’art. l’art. 86, 5° co., dello stesso testo di legge “la cessione dei beni ai creditori non costituisce realizzo di plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento”. Premesso che l’esclusione dalla tassazione delle sopravvenienze prodotte dal bonus concordatario si applica a qualsiasi tipologia di concordato giudiziale (cfr. ris. min. 15.9.1980, n. 9/2079, in Big Unico), per quanto attiene alle plusvalenze e minusvalenze conseguite nell’ambito del concordato preventivo con cessio bonorum, in coerenza con la ratio della norma, che è evidentemente quella di ridurre l’onere fiscale delle operazioni compiute nel corso della liquidazione concordataria,si ritiene ormai pacificamente (Cass. 4.6.1996, n. 5112, in Fallimento,1996, 1210, con osservazioni di ANNI; r.m. 1.3.2004, n. 29/E, in Big Unico) che la disposizione esonerativa in discorso riguardi non solo la cessione di beni ai creditori, bensì anche le vendite dei beni ceduti poste in essere dal liquidatore giudiziale. Durante la procedura di concordato preventivo nessun adempimento è previsto a carico del commissario giudiziale o del liquidatore giudiziale nel concordato con cessione di beni. Tutti gli obblighi previsti dalle leggi fiscali, ivi comprese quelli gravanti sui sostituti d’imposta, continueranno a fare pertanto capo all’impresa concordataria e dovranno essere assolti dall’imprenditore o dall’organo amministrativo della società, al pari della tenuta della contabilità e della redazione dei bilanci annuali, così come ad essi soltanto sarà attribuita la legittimazione a ricevere ed impugnare gli atti emessi dall’Amministrazione (cfr. Comm. Trib. Centr. 18.3.1993, n. 1246, in Big Unico; Comm. Trib. Centr. 10.12.1990, n. 8113, in Fisco, 1991, 532). 43 44 Gli obblighi fiscali 2. L’imposta sul valore aggiunto - Continuano ad applicarsi la disciplina dettata in via generale dal legislatore fiscale per l’imposizione delle operazioni compiute nell’esercizio dell’impresa, senza alcuna possibilità di applicare le disposizioni previste dall’art. 74 bis che, ponendosi chiaramente come norme di ordine eccezionale non consentono il ricorso allo strumento analogico (ZAFARANA, cit., 275; r.m. 18.1.1979, n. 363235, in Bollettino trib. informaz.,1979, 388). Lo stesso dicasi per le operazioni di liquidazione dei beni compiute dal liquidatore giudiziale nominato ai sensi dell’art. 182 l.fall. nel corso della procedura di concordato con cessio bonorom , fermo restando l’obbligo in capo al debitore concordatario di porre in essere tutti gli adempimenti fiscali conseguenti. Va tuttavia segnalato che, nella prassi, la nomina del liquidatore giudiziale viene portata a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria mediante la presentazione del modello per la variazione dei dati Iva di cui all’art. 35 del d.p.r. n. 633/1972. Quanto alle note di variazione, si è già detto retro (p….) che, secondo l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, il documento in discorso non possa essere legittimamente emesso sino a quando il debitore concordatario non abbia adempiuto agli obblighi assunti dal concordato, con l’ulteriore precisazione che, ove venisse dichiarato il fallimento, la rettifica in diminuzione potrebbe essere operata soltanto dopo che il piano di riparto finale dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di riparto, alla chiusura della procedura fallimentare. 3.L’imposta regionale sulle attività produttive- Le imprese in concordato preventivo sono soggette alle disposizioni Irap. Dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, all’art. 11 della legge Irap, in dottrina sono stati manifestati legittimi dubbi in ordine alla deducibilità della plusvalenze e delle sopravvenienze attive concordatarie dalla base imponibile del tributo, discutendosi sull’applicabilità, al caso di specie, della norma dettata dal successivo art. 11 bis, che consentiva di operare le medesime rettifiche in diminuzione dalla base imponibile previste in materia di imposte sui redditi. Con l’emanazione della Finanziaria per il 2008 il quadro normativo è ulteriormente cambiato, in quanto l’art. 50 della legge ha apportato significative innovazioni alla pregressa disciplina della base imponibile del tributo per le diverse tipologie di attività di impresa, con effetto a partire dall’esercizio 2008. 44 45 Gli obblighi fiscali Infatti, ai sensi del 3° co. del nuovo art. 5, le sole plusvalenze e minusvalenze rilevanti, ai fini dell’applicazione del tributo, sono quelle originate “dalla cessione di immobili che non costituiscono non strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa”. Trattasi di una importante novità, poiché - come si è già posto in evidenza fino al periodo d’imposta 2007 le plusvalenze rilevanti erano in linea di principio tutte, salvo quelle derivanti dalle operazioni di trasferimento di azienda. Con l’abrogazione dell’art. 11-bis, ad opera della lett. g) del citato art. 50, rimane invece confermata l’indeducibilità delle sopravvenienze da concordato. 4.L’imposta di registro- Per quanto riguarda le problematiche relative alla tassazione del provvedimento di omologazione del concordato di cui all’art. 180 l.fall., si rinvia a quanto è stato sopra esposto in ordine alla imposizione del provvedimento 5. L'imposta municipale unica [] Anche per questo tributo continuano ad applicarsi le disposizioni di carattere generale contenute nella legge istitutiva dell'Imu, in quanto la natura strettamente eccezionale delle disposizioni dettate dall'art. 10, 6° co., d.lg. 30.12.1992, n. 504, per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa, a cui il 7° co. dell'art. 9, d.lg. 14.3.2011, n. 23 rinvia, ne impedisce l'applicazione analogica alla procedura di concordato preventivo. Sezione IV Accordi di ristrutturazione di Enrico Stasi Riferimenti normativi d.p.r. 26.4.1986, n. 131art. 8 tariffad.p.r. 22.12.1986, n. 917artt. 8688101d.l. 22.6.2012, n. 83art. 33l. 7.8.2012, n. 134 Bibliografia BRUNO N.A., I profili fiscali begli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccinini, Severini, VI, Torino, 2012, 480 ss. 45 46 Gli obblighi fiscali SOMMARIO 1. Le imposte dirette e l'Irap. 2. L'imposta di registro. 1. Le imposte dirette e l'Irap [] Come si è già posto in evidenza in sede di esame dei profili fiscali del concordato fallimentare, ai sensi del novellato 4° co. dell'art. 88, d.p.r. 22.12.1986, n. 917, pure le sopravvenienze attive rivenienti dalla riduzione dei debiti dell'impresa debitrice nell'ambito di un accordo di ristrutturazione omologato a norma dell'art. 182 bis, r.d. 16.3.1942, n. 267 non concorrono a formare la base imponibile delle imposte sul reddito (Irpef o Ires) per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, disciplinate dall'art. 84 dello stesso testo unico. [] Dubbia è, invece, la loro assoggettabilità ad Irap. Come si è già avuto modo di rilevare, l'opinione positiva appare preferibile. [] Merita segnalare, da ultimo, che il 5° co. dell'art. 33, d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito con modificazioni nella l. 7.8.2012, n. 134, ha interamente riformulato il 5° co. dell'art. 101, d.p.r. 22.12.1986, n. 917: in base alla disposizione novellata, oggi sono interamente deducibili dal reddito d'impresa ai fini Iperf ed Ires anche le perdite su crediti verso debitori che abbiano stipulato accordi di ristrutturazione omologati. 2. L'imposta di registro [] Per quanto riguarda il trattamento tributario del decreto di omologazione dell'accordo, sono dell'avviso che esso vada assoggettato ad imposta fissa di registro ai sensi dell'art. 8, 1° co., lett. g), tariffa I, d.p.r. 26.4.1986, n. 131116. SezioneIV - Liquidazione coatta amministrativa 116 In senso conforme, cfr. Agenzia delle entrate, circ, n. 27/E del 21.6.2012. 46 47 Gli obblighi fiscali SOMMARIO: 1. Rinvio agli adempimenti del curatore 1. Rinvio agli adempimenti del curatore - La disciplina fiscale della liquidazione coatta amministrativa è identica a quella del fallimento, tanto in materia di Iva (art. 74 bis d.p.r. n. 633/1972 e art. 8 d.p.r. n. 322/1998), quanto in materia di imposte sui redditi (art. 183 t.u.i.r. e art. 5 d.p.r. n. 322/1998), Irap (art. 19, 6° co., d.lgs. n. 446/1997) e I.M.U. (art. 9 d.lgs. n. 14.3.2011, n. 23, e art. 10, 6° co., d.lgs. 31.12.1992, n. 504). In questa sede sarà pertanto sufficiente rinviare alla trattazione dedicata al fallimento, avvertendo che ogni riferimento effettuato al curatore deve intendersi esteso al commissario liquidatore. Al più può valere la pena ricordare che la legge non prevede l’emissione di un formale provvedimento di chiusura e che, ove lo stesso non venga comunque emesso dall’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, sembra ragionevole ritenere che la procedura si chiuda con l’effettuazione del piano di riparto finale di cui all’art. 213 l.fall.117. Va peraltro avvertito che, con specifico riferimento alle note di variazione Iva di cui al’art. 26, 2° co., d.p.r. n. 633/1972, l'Amministrazione finanziaria ha affermato che la procedura ha un suo preciso termine di formalizzazione nell'autorizzazione da parte dell'autorità preposta al deposito del piano di riparto, che s'intende approvato decorsi i termini indicati nel citato art. 213, con la conseguenza che è a partire da questo momento che i documenti in discorso potranno essere emessi da parte del creditore in tutto o in parte insoddisfatto118. Profili fiscali dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi di Enrico Stasi Riferimenti normativi r.d. 16.3.1942, n. 267artt. 424445464748d.p.r. 26.10.1972, n. 633art. 74 bisd.p.r. 22.12.1986, n. 917art. 183d.p.r. 22.7.1998, n. 322artt. 58d.lg. 117 Cfr. SPIOTTA, Commento sub art. 213, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da JORIO, coordinato da FABIANI, cit., 2700, cui adde E. STASI,…… 118 Circ. 17.4.2000, n. 77/E, in Big Unico. 47 48 Gli obblighi fiscali 8.7.1999, n. 270artt. 31936727376788187d.l. 23.12.2003, n. 347artt. 38d.l. 28.8.2008, n. 134r.m. 16.6.2009, n. 161/E Bibliografia ABATE F., Aspetti fiscali nell'insolvenza delle grandi imprese, in Fallimento, 1993, 9, 973 ss.; ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I., GIANNELLI A., Amministrazione straordinaria. Adempimenti fiscali, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccininni, Severini, VI, Torino, 2012, 610 ss.; BONSIGNORI A., La liquidazione coatta amministrativa, in Commentario della legge fallimentare Scialoja e Branca, Bologna, 1974, 138; ID., Processi concorsuali minori, in Trattato di diritto commerciale e dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1997, 563; FALSITTA G., La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi, Padova, 1986, 251 e 252; MICCINESI M., L'imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, 329 ss.; NIGRO A., Le società per azioni nelle procedure concorsuali, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, IX, 2, Torino, 1993, 357 ss.; PROVINCIALI R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 400; QUATRARO B., Manuale delle procedure concorsuali minori, Milano, 1982, 154; SATTA S., Diritto fallimentare, Padova, 1996, 556; STASI E., Adempimenti fiscali dei commissari della nuova legge sull'amministrazione straordinaria, in Fallimento, 2001, 1, 5 ss.; ID., Gli adempimenti fiscali dei commissari della nuova legge sull'amministrazione straordinaria, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto da Panzani, VI, Torino, 2002, 641 ss.; ID., Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, in Fallimento, 2009, 1004 ss.; ID., Liquidazione volontaria e successiva dichiarazione di fallimento o apertura di liquidazione coatta amministrativa: adempimenti fiscali, in Fallimento, 2010, 1467; ZAFARANA C., Manuale tributario del fallimento, Milano, 2007, 304 ss. 48 49 Gli obblighi fiscali SOMMARIO 1. Premessa. 2. Adempimenti dei commissari della procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.lg. n. 270/1999. Le imposte sul reddito. 3. Segue. Il commissario straordinario sostituto d'imposta. 4. Segue. L'imposta sul valore aggiunto. 5. Segue. L'imposta regionale sulle attività produttive. 6. Segue. L'imposta municipale unica. 7. La nota 19.7.2010 dell'Agenzia delle Entrate. 8. Adempimenti dei commissari delle procedure di amministrazione straordinaria speciali di cui ai d.l. n. 347/2003 e n. 134/2008. 9. Segue. La r.m. 16.6.2009, n. 161/E. 1. Premessa [] Nel vigore della l. n. 95/1979 (c.d. legge Prodi), l'assoluto silenzio serbato dal legislatore fiscale in materia di amministrazione straordinaria aveva indotto la dottrina a ritenere applicabili, attraverso un'interpretazione estensiva, le norme del testo unico specificamente dettate per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa, a prescindere dal fatto che fosse stata o meno autorizzata la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa ai sensi dell'art. 2 della legge appena citata1. [] Tale soluzione veniva motivata ponendo soprattutto l'accento sulla prevalenza, nel contesto dell'amministrazione straordinaria, degli aspetti liquidatori-satisfattivi propri delle due altre procedure, rispetto a quelli conservativi e di risanamento dell'impresa pure presenti nella disciplina positiva dell'istituto. E per avvalorare tale assunto veniva fatto osservare, da un lato, che la risanabilità dell'impresa non era ricompresa tra le condizioni di accesso alla procedura; dall'altro lato che la prosecuzione dell'attività produttiva rivestiva carattere soltanto eventuale, dipendendo da una decisione discrezionale del Ministro dell'Industria. [] Tale interpretazione non era stata, però, del tutto condivisa dall'amministrazione finanziaria, la quale, in più occasioni, si era espressa nel senso che le disposizioni di cui agli artt. 125, d.p.r. n. 917/1986 (oggi art. 183) e 10, d.p.r. n. 600/1973 (oggi sostituito dall'art. 5, d.p.r. n. 322/1998) potessero trovare applicazione soltanto nell'ipotesi in cui non fosse stata disposta la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa; in caso contrario, il commissario straordinario doveva reputarsi obbligato a redigere e presentare 49 50 Gli obblighi fiscali le dichiarazioni relative ai periodi d'imposta intermedi2. [] Con l'entrata in vigore del d.lg. n. 270/1999 (c.d. legge Prodi bis) il quadro normativo risulta profondamente mutato. Infatti, non solo è stata modificata la struttura della procedura con l'innesto di una fase giudiziale di osservazione, modellata sulla falsariga del concordato preventivo, che vede la presenza di un commissario giudiziale con il compito specifico di indagare e riferire al tribunale in ordine all'esistenza di concrete prospettive di risanamento dell'impresa dichiarata insolvente ai fini dell'apertura della amministrazione straordinaria; ma, nel sistema della nuova legge, il salvataggio dell'impresa, attraverso uno dei due percorsi alternativi previsti dall'art. 27 del decreto, viene visto come l'obbiettivo primario che la procedura deve concretamente perseguire. [] Inoltre, la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa è concepita non già in chiave di mera eventualità, bensì alla stregua di un vero e proprio obbligo, sia nella prima fase, da parte dell'imprenditore o del commissario giudiziale exart. 19, sia nella fase cronologicamente successiva dell'amministrazione straordinaria, da parte del commissario straordinario. [] Il decreto Marzano (d.l. n. 347/2003), così come modificato dal decreto Alitalia (d.l. n. 134/2008), ha poi introdotto nel nostro sistema concorsuale un tipo speciale di amministrazione straordinaria. A differenza dell'amministrazione straordinaria comune, che è preceduta da una fase giudiziale di osservazione nella quale la gestione dell'impresa può essere anche lasciata all'imprenditore insolvente sotto il controllo degli organi della procedura, come peraltro sempre avviene nell'ambito della procedura di concordato preventivo, questo modello speciale di amministrazione straordinaria ha struttura monofasica ed è caratterizzato dal fatto che l'impresa viene ammessa alla procedura in virtù di un decreto ministeriale a cui la legge ricollega gli effetti tipici dello spossessamento fallimentare di cui agli artt. 42, 44, 45, 46, 47 e 48, r.d. 16.3.1942, n. 267 e che immette immediatamente il commissario straordinario nella gestione dell'impresa3. [] Alla luce di questa premessa, nulla disponendo la legge al riguardo, si tratta, ora, di stabilire quali adempimenti tributari possano configurarsi in capo al commissario giudiziale prima e al commissario straordinario poi. 50 51 Gli obblighi fiscali 2. Adempimenti dei commissari della procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.lg. n. 270/1999. Le imposte sul reddito [] A) Iniziando dal commissario giudiziale a cui il tribunale non abbia conferito i poteri gestori previsti dall'art. 19, d.lg. n. 270/1999, mi sembra che la soluzione non possa e non debba essere diversa da quella prevista per il commissario giudiziale del concordato preventivo. Escluso, infatti, che la dichiarazione di insolvenza possa esplicare un qualche effetto sul periodo d'imposta in corso, determinandone la sua interruzione, tutti gli obblighi contabili e dichiarativi non potranno che rimanere ad esclusivo carico del titolare dell'impresa dichiarata insolvente o dei suoi amministratori, quando questa sia una società. [] Naturalmente, il reddito imponibile dovrà essere determinato secondo le regole ordinarie dettate per gli imprenditori in bonis. [] Nella diversa ipotesi in cui il tribunale abbia affidato al commissario giudiziale compiti di gestione, è lecito domandarsi se, oltre alla fatturazione e registrazione delle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'impresa, egli debba pure redigere la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta anteriore a quello della dichiarazione d'insolvenza, qualora il termine utile per la sua presentazione venga a scadere proprio nel corso della fase giudiziale. [] Nell'ipotesi di impresa individuale la risposta al quesito dovrebbe essere negativa, dovendo tale dichiarazione includere non soltanto i redditi generati dai beni oggetto di spossessamento (art. 19, 3° co., d.p.r. n. 270/1999) ma anche quelli derivanti dai beni e diritti da esso esclusi ai sensi dell'art. 46, r.d. 16.3.1942, n. 267. [] Del resto, in assenza di una norma che espressamente lo preveda, la sussistenza di un obbligo siffatto viene generalmente escluso dalla giurisprudenza (Cass. pen., sez. III, 1.12.2010, n. 1549; Cass. pen., sez. III, 20.5.1999, n. 10539; Cass. pen., sez. III, 27.10.1995, n. 299) sia con riferimento al curatore fallimentare, sia con riferimento al commissario della liquidazione coatta e non esiste ragione, né logica né giuridica, per concludere diversamente nei confronti del commissario giudiziale della procedura che ci occupa. [] Proprio quest'ultima considerazione – e cioè la mancanza di riscontri 51 52 Gli obblighi fiscali normativi in tal senso – dovrebbe valere ad escludere che alla presentazione della dichiarazione in discorso possa reputarsi invece tenuto il commissario giudiziale di società dichiarate insolventi, sulla base del rilievo che, in questo caso, essendo il reddito d'impresa al tempo stesso anche il reddito complessivo della società in procedura, non sarebbe concepibile l'esigenza prima segnalata per negare la sussistenza di un analogo obbligo in capo al commissario giudiziale di impresa individuale. [] Se ne deve concludere, pertanto, che, nelle fattispecie sopra indicate, il dovere di presentare la dichiarazione relativa all'esercizio precedente a quello della dichiarazione d'insolvenza continui a gravare sull'imprenditore o sugli amministratori della società insolvente. Naturalmente, il commissario giudiziale dovrà consentire l'accesso ai dati e ai documenti necessari al corretto adempimento dell'obbligo. [] A mio avviso, in mancanza di contrarie indicazioni normative, alla medesima conclusione si deve pervenire anche a proposito della dichiarazione dei sostituti d'imposta. [] B) Passando ad esaminare gli obblighi tributari facenti carico al commissario straordinario, per le ragioni anzidette, si può cominciare con l'escludere che egli possa ritenersi obbligato a redigere e presentare la dichiarazione dei redditi realizzati nel periodo d'imposta anteriore a quello di apertura della procedura; così come deve ritenersi parimenti dispensato dall'obbligo di presentare la dichiarazione dei sostituti d'imposta per le somme corrisposte nel precedente esercizio solare. [] Né mi sembra che, nel caso di società, a tale soluzione possa essere di ostacolo il rinvio contenuto nell'art. 36, d.lg. n. 270/1999 alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa e, dunque, anche all'art. 200, r.d. 16.3.1942, n. 267, almeno nella misura in cui si sia disposti a condividere l'opinione, oggi forse prevalente (cfr. Cass. civ., sez. III, ord. 3.10.2005, n. 19293; Cass. civ., sez. I, 11.10.1997, n. 9881; Cass. civ., sez. I, 4.12.1992, n. 12928; contra, Cass. civ., sez. II, 18.2.1989, n. 985)4, che la sospensione delle funzioni degli organi amministrativi ivi prevista sia solamente parziale. [] Nel corso dell'esercizio dell'impresa, qualunque sia il programma prescelto, il commissario straordinario dovrà porre in essere tutti gli adempimenti prescritti dalle vigenti leggi fiscali5, ivi compresi quelli posti a carico dei sostituti d'imposta. 52 53 Gli obblighi fiscali [] In particolare, per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi, il commissario straordinario deve reputarsi anzitutto obbligato a presentare, entro il normale termine di scadenza, la dichiarazione relativa al reddito d'impresa realizzato nel periodo d'imposta nel quale l'amministrazione straordinaria è stata aperta, tenendo anche conto delle operazioni compiute nella frazione d'esercizio antecedente all'apertura della procedura. Nell'ipotesi in cui l'impresa assoggettata ad amministrazione straordinaria sia un'impresa individuale o una società di persone, considerazioni di ordine sistematico inducono a ritenere che copia di tale dichiarazione debba essere consegnata o inviata, in tempo utile, da parte dello stesso commissario, all'imprenditore persona fisica, a ciascuno dei familiari partecipanti all'impresa, ovvero a ciascuno dei soci, ai fini dell'inclusione del reddito o della perdita che ne risulta nelle rispettive dichiarazioni dei redditi relative al medesimo periodo d'imposta (art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). Queste ultime dichiarazioni, oltre al reddito d'impresa comunicato dal commissario, dovrebbero avere ad oggetto sia i redditi generati dai cespiti personali appresi alla procedura sia i redditi inerenti ai beni ed ai diritti da essa esclusi ai sensi dell'art. 46, r.d. 16.3.1942, n. 267. [] Per quanto riguarda il pagamento dell'imposta che risultasse così dovuta, conformemente all'opinione da me espressa in altra sede, mentre nutro seri dubbi sulla possibilità di qualificare l'onere fiscale in argomento in termini di debito di massa, anche dal peculiare punto di vista del principio di inerenza enunciato nell'ultimo comma dell'art. 42, r.d. 16.3.1942, n. 267, non ravviserei invece ostacoli ad ammettere un intervento della procedura, sotto forma di sussidio exart. 47, r.d. 16.3.1942, n. 267, non soltanto nel caso – abbastanza ovvio – in cui l'imprenditore insolvente risultasse totalmente privo di risorse economiche, ma pure quando l'adempimento della prestazione impositiva da parte di quest'ultimo non fosse altrimenti possibile se non intaccando il così detto minimo vitale, vale a dire quel minimo di mezzi economici ritenuti necessari per assicurare a lui ed alla sua famiglia la sopravvivenza materiale6. [] Qualora l'impresa sottoposta a procedura di amministrazione straordinaria sia una società di capitali, l'Ires eventualmente dovuta dovrebbe essere pagata dal commissario in regime di prededuzione. [] Il commissario straordinario dovrebbe, poi, dichiarare i redditi di impresa conseguiti nei successivi periodi d'imposta in cui l'esercizio dell'impresa si è protratto, osservando – se del caso – le prescrizioni dettate dal 4° co. dell'art. 53 54 Gli obblighi fiscali 5, d.p.r. n. 322/1998 di cui si è poc'anzi cennato. [] Più in dettaglio, nell'ipotesi di programma di ristrutturazione, l'obbligo di dichiarare i redditi suindicati, alle naturali scadenze, dovrebbe sussistere sino a quando l'impresa non sia tornata in bonis ovvero non ne sia stato dichiarato il suo fallimento. In quest'ultimo caso potrebbe sorgere il dubbio che il commissario resti tenuto a redigere la dichiarazione relativa al periodo d'imposta precedente a quello in cui il fallimento sia stato dichiarato, allorquando il termine di presentazione non fosse ancora scaduto alla data di apertura di questa procedura. A mio avviso, la soluzione al quesito non può che essere negativa in quanto dopo la dichiarazione di fallimento il commissario rimane in carica soltanto per l'assolvimento degli obblighi sanciti dall'art. 72, d.lg. n. 270/1999. [] Sarei quindi incline a ritenere che l'obbligo di presentare la dichiarazione predetta incomba sull'imprenditore ovvero sugli amministratori della società fallita, i quali – come già si è avuto occasione di sottolineare – permangono in carica sia pure con tutte le limitazioni derivanti dal particolare status della società. [] Nella diversa ipotesi di programma di cessione dei complessi aziendali, il decreto del tribunale che, ai sensi dell'art. 73, 1° co., d.lg. n. 270/1999, dichiara la cessazione dell'esercizio dell'impresa dovrebbe determinare l'assoggettamento del commissario straordinario alle regole dettate dal legislatore fiscale per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa. La correttezza di tale conclusione parrebbe trovare conferma nella lettera della disposizione in discorso, laddove, al terzo comma, precisa che” a far data dal decreto previsto dal comma 1 l’amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria. [] Il commissario straordinario dovrà pertanto redigere e presentare le dichiarazioni previste dal 4° co. dell'art. 5, d.p.r. n. 322/1998, rispettivamente nei nove mesi successivi alla data decreto suindicato e nei nove mesi successivi al decreto di chiusura previsto dall'art. 76, d.lg. n. 270/1999, provvedendo in pari tempo all'estinzione del debito d'imposta (Ires) che in base a quest'ultima dichiarazione dovesse eventualmente emergere7. [] Naturalmente, tali dichiarazioni dovranno essere presentate anche nell'ipotesi in cui, successivamente al decreto di cessazione dell'esercizio dell'impresa, la procedura si dovesse chiudere per effetto del passaggio in 54 55 Gli obblighi fiscali giudicato della sentenza che approva del concordato. [] In questo caso troveranno applicazione le disposizioni dettate dall'art. 88, 4° co., d.p.r. 22.12.1986, n. 9178. [] Ricorrendone i presupposti di legge, copia delle dichiarazioni dianzi menzionate dovranno essere inviate ai soggetti indicati nel 4° co. dell'art. 5, d.p.r. n. 322/1998. [] Occorre, ora, farsi carico degli obblighi dichiarativi che debbono essere adempiuti nell'ipotesi in cui l'impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria faccia parte di un gruppo e la sua ammissione alla procedura sia avvenuta esclusivamente in ragione dell'opportunità di una gestione unitaria dell'insolvenza exart. 81, d.lg. n. 270/19999. [] Al riguardo l'interrogativo che si pone è se all'impresa in questione possa riconoscersi una vita fiscale autonoma, rispetto a quella dell'impresa risanabile con cui intercorrono collegamenti economici e produttivi, oppure no. [] A me pare, anzitutto, di poter escludere l'applicabilità al caso di specie delle disposizioni dettate dall'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 a partire dalla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria. Questa soluzione porterebbe, infatti, al singolare risultato, totalmente sconosciuto al nostro sistema impositivo, di avere due maxi-periodi d'imposta concorsuali allorché, exart. 87, d.lg. n. 270/1999, venisse dichiarato il fallimento dell'impresa figlia, senza che peraltro sia dato sapere in base a quali criteri determinare, da un lato, il reddito del primo maxi-periodo e, dall'altro lato, il patrimonio netto dell'impresa all'inizio del secondo maxi-periodo, coincidente con l'apertura della procedura fallimentare10. [] Anche la via di ritenere applicabile la disciplina fiscale della liquidazione ordinaria (art. 182, d.p.r. 22.12.1986, n. 917) nel caso in cui nel programma redatto dal commissario straordinario l'impresa «accessoria» sia destinata alla liquidazione mi sembra scarsamente praticabile, non foss'altro per la difficoltà di individuare il momento dal quale far decorrere il dies a quo per la presentazione della dichiarazione prevista dall'art. 5, 1° co., d.p.r. n. 322/1998. Il quale potrebbe essere identificato – non so però con quale e quanta coerenza – o con la data del decreto che exart. 57, d.lg. n. 270/1999 autorizza l'esecuzione del programma integrativo dell'impresa dipendente, anche se di fatto questa prosegua la propria attività produttiva a servizio 55 56 Gli obblighi fiscali dell'impresa risanabile «connessa»; oppure, ma con maggiore incertezza, con la data di inizio dell'attività di liquidazione vera e propria. [] A me pare che la soluzione più confacente alla ratio delle disposizioni sull'insolvenza di gruppo ed allo «statuto» fiscale dell'impresa sia quella di ritenere l'impresa «accessoria» soggetta agli stessi adempimenti dichiarativi dell'impresa principale. Naturalmente, per la presentazione della dichiarazione finale bisognerà avere riguardo alla data del decreto di chiusura della procedura figlia, sempreché non ne sia stato dichiarato il fallimento ai sensi del già citato art. 87. [] In quest'ultimo caso, sarà il curatore fallimentare a presentare la dichiarazione iniziale prevista dal 4° co. dell'art. 5, d.p.r. n. 322/1998. 3. Segue. Il commissario straordinario sostituto d'imposta [] A seguito dell'emanazione del d.l. 4.7.2006, n. 223, convertito con modificazioni nella l. 4.8.2006, n. 248, anche il commissario straordinario ha assunto lo status di sostituto di imposta. [] Si rinvia pertanto a quanto detto a suo tempo con riferimento agli analoghi obblighi posti a carico del commissario liquidatore nella procedura di liquidazione coatta amministrativa. 4. Segue. L'imposta sul valore aggiunto [] A) Esclusa ogni possibilità di considerare il commissario giudiziale privo di poteri gestori soggetto ad alcuno degli obblighi fiscali facenti capo all'impresa insolvente, si tratta, anzitutto, di stabilire se nell'ipotesi in cui tali funzioni gli siano state invece attribuite, oltre a subentrare negli obblighi di natura contabile previsti dalla legge (fatturazione, registrazione ecc.), egli possa anche ritenersi destinatario del dovere di redigere la dichiarazione Iva relativa all'anno solare precedente a quello in cui l'insolvenza è stata dichiarata, allorché il termine di presentazione non sia ancora scaduto al momento della sua nomina. [] In secondo luogo occorre domandarsi se, una volta che al primo quesito sia stata fornita una risposta positiva, l'obbligo di cui trattasi debba essere 56 57 Gli obblighi fiscali adempiuto alla sua naturale scadenza oppure nel termine previsto dalla prima parte del 4° co. dell'art. 8, d.p.r. n. 322/1998. [] Mentre non riesco a scorgere valide ragioni per escludere l'obbligo del commissario giudiziale di redigere la dichiarazione di cui trattasi, essendo a ciò tenuti anche il curatore fallimentare ed il commissario della liquidazione coatta amministrativa, dubbia appare, per contro, la soluzione del secondo quesito. [] Se si considera, tuttavia, che ritenere applicabile alla fattispecie il maggior termine previsto dalla norma appena citata avrebbe quale unico effetto quello di trasferire sul commissario straordinario l'obbligo di redigere la dichiarazione in parola11 e che tale adempimento dovrebbe essere da quest'ultimo assolto, non già nei quattro mesi successivi alla sua nomina, bensì da un termine che inizierebbe a decorrere dalla data, anteriore, della sentenza dichiarativa di insolvenza – quando cioè egli non era ancora in carica – sembra inevitabile concludere che a ciò debba provvedere il commissario giudiziale nel rispetto del normale termine di scadenza12. [] È appena il caso di osservare che opinare diversamente – e cioè ritenere soggetto a tale incombenza il commissario straordinario entro quattro mesi dalla sua nomina – potrebbe avere come risultato l'omessa presentazione della dichiarazione, giacché il presupposto per l'applicazione della norma dianzi citata è che il termine normale di adempimento non sia già spirato al momento in cui la carica viene assunta. [] Un approccio alternativo potrebbe essere quello di ritenere obbligato l'imprenditore dichiarato insolvente. Ma una soluzione del genere mal si concilierebbe con i principi desumibili dalle norme dedicate alle procedure concorsuali (artt. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972 e 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998), laddove allo spossessamento sancito dall'art. 42, r.d. 16.3.1942, n. 267 sempre si accompagna, ai fini dell'Iva, la perdita della competenza da parte dell'imprenditore di porre in essere gli adempimenti contabili e dichiarativi connessi all'esercizio dell'impresa. [] B) Venendo ai problemi posti dall'amministrazione straordinaria, data per ammessa la sussistenza di un obbligo in tal senso, vi è innanzitutto da interrogarsi se a favore del commissario straordinario possa decorrere il termine di quattro mesi concesso dalla legge ai curatori e ai commissari liquidatori nell'ipotesi che al momento della sua nomina il termine di 57 58 Gli obblighi fiscali presentazione della dichiarazione in discorso non sia ancora scaduto. Domanda, questa, che postula la soluzione di un più ampio quesito riguardante l'applicabilità alla nuova amministrazione straordinaria delle norme dettate nel contesto dell'Iva per le ipotesi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa, e segnatamente del precetto che impone al curatore e al commissario liquidatore l'obbligo di redigere e presentare anche la dichiarazione relativa al periodo intercorrente tra l'inizio dell'anno e la data di apertura della procedura. E ciò in virtù di una lettura estensiva del rinvio operato dall'art. 36, d.lg. n. 270/1999 alle norme sulla liquidazione coatta per la sola fase dell'amministrazione straordinaria. [] Nel vigore della disciplina abrogata, la soluzione affermativa era stata sostenuta dalla dottrina prevalente sulla base di una serie di argomenti quali: la sostanziale identità di disciplina con la liquidazione coatta amministrativa in virtù del rinvio alle norme di questa procedura contenuto nell'ultimo comma dell'art. 1 della vecchia legge; l'assenza delle possibilità di risanamento tra i presupposti dell'amministrazione straordinaria; la presenza in via normale nella regolamentazione dell'istituto della fase liquidatoria. [] Anche l'amministrazione finanziaria, che per qualche tempo si era mostrata contraria a tale interpretazione, aveva poi finito per aderire a quell'orientamento. [] Sennonché con la legge di riforma molti di tali argomenti sono venuti ormai a cadere. Infatti, non soltanto l'amministrazione straordinaria è attualmente provvista di una propria autonoma regolamentazione, di talché il rinvio alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa, contenuto nell'art. 36, d.lg. n. 270/1999, è soltanto residuale e per di più soggetto al limite della compatibilità, ma la risanabilità dell'impresa rappresenta, oggi, il requisito essenziale cui è subordinata l'apertura della procedura, nella quale la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa è concepita in termini di vero e proprio obbligo e non più come un evento rimesso alla discrezionalità del Ministro dell'industria. [] Ne dovrebbe derivare l'inapplicabilità delle disposizioni recate dall'art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1988, quanto meno nel caso di programma con indirizzo di ristrutturazione in cui la fase liquidatoria ha normalmente carattere eventuale. [] Ma la soluzione non dovrebbe essere diversa neppure nell'ipotesi di 58 59 Gli obblighi fiscali programma di cessione, visto che alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione il programma potrebbe non essere ancora autorizzato e tenuto altresì conto del fatto che, in ogni caso, anche il programma già autorizzato potrebbe essere successivamente sostituito con un altro recante l'indirizzo alternativo. [] Se il programma può mutare, se ne deve concludere che la disciplina fiscale non può essere diversa a seconda dell'indirizzo autorizzato, atteso oltretutto che in ambedue i casi tra i naturalia della procedura vi è la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa. [] In quest'ottica, il commissario straordinario dovrebbe ritenersi obbligato a presentare le dichiarazioni Iva alle loro naturali scadenze, anche nell'ipotesi di amministrazione straordinaria di imprese del gruppo non risanabili. [] A soluzione opposta si dovrebbe invece pervenire qualora si reputasse che la ratio delle norme che sanciscono l'obbligo di presentare le dichiarazioni dianzi indicate sia quella di fornire all'amministrazione finanziaria i dati e le informazioni necessarie per una tempestiva ed efficace tutela del proprio eventuale credito nelle procedure concorsuali connotate dalla presenza di un procedimento di verificazione delle domande di credito con effetti preclusivi. [] È appena il caso di precisare che l'imposta dovuta sulle operazioni compiute antecedentemente alla dichiarazione d'insolvenza non dovrà essere da versata dal commissario. Trattasi, infatti, di un credito sorto anteriormente all'apertura della procedura, per il quale l'amministrazione finanziaria dovrà provvedere ad insinuarsi al passivo. [] Quanto alla dichiarazione di variazione prevista dall'art. 35, d.p.r. n. 633/1972, valgono le considerazioni svolte nel capitolo dedicato agli adempimenti Iva del curatore fallimentare, ricordando che, oggi, ai sensi dell’art. 17, comma 2-bis, del d.l. n. 179/2012, il commissario giudiziale è tenuto ad effettuare, entro 10 giorni dalla notizia della nomina, la comunicazione dell’indirizzo di P.E.C. della procedura al registro delle imprese. paragrafo dedicato agli nel senso dell'obbligatorietà di porre in essere tale adempimento entro il termine previsto dalla norma testé citata si esprimono le istruzioni alla compilazione dei modelli ministeriali. 59 60 Gli obblighi fiscali [] Circa la possibilità di emettere nei confronti dell'impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria le note di variazione previste dal 2° co. dell'art. 26 del decreto Iva, mi sembra preferibile ritenere che tale potere possa essere esercitato dal suo titolare soltanto nell'ipotesi di programma di cessione e, in ogni caso, non prima dell'emissione del decreto di chiusura exart. 76, d.lg. n. 270/1999. Prima di questo momento, infatti, non vi può essere certezza alcuna in ordine al mancato pagamento (totale o parziale) del credito, in ragione del fatto che nel lasso di tempo intercorrente tra l'esecuzione del riparto e la chiusura della procedura potrebbe emergere la necessità di redigere un nuovo riparto, vuoi per la scoperta di attività prima ignorate, vuoi per la presenza nella massa passiva di creditori condizionali di cui sia stata accertata l'impossibilità della condizione; inoltre, potrebbe essere attivata una proposta di concordato ai sensi dell'art. 78, d.lg. n. 270/1999. [] Ove, invece, si ritenga di condividere l'opinione di chi ritiene che l'emissione di tale documento possa aver luogo a far tempo dal decreto che dichiara esecutivo il piano di riparto finale, è alla data di quest'ultimo provvedimento che occorrerà fare riferimento per l'esercizio della citata facoltà. [] C) Per quanto riguarda gli adempimenti dei commissari straordinari nell'ipotesi di concordato exart. 78, d.lg. n. 270/1999 si rinvia a quanto indicato in sede di commento del concordato nella liquidazione coatta amministrativa. 5. Segue. L'imposta regionale sulle attività produttive [] In mancanza di regolamentazione positiva, ragioni di coerenza logica, prima ancora che giuridica, impongono di ritenere operante, anche agli effetti dell'Irap, il criterio interpretativo indicato dall'amministrazione finanziaria a proposito delle imposte sul reddito: in questa chiave l'Irap dovrebbe ritenersi applicabile nella sola fase di continuazione dell'attività produttiva, analogamente a quanto previsto dall'art. 19, 5° co., d.lg. n. 446/1997 per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa. [] Nella fase giudiziale l'obbligo di redigere la dichiarazione Irap graverà sull'imprenditore ovvero sul commissario giudiziale investito di poteri gestori. [] Nel corso dell'amministrazione straordinaria a tale incombente dovrà 60 61 Gli obblighi fiscali provvedere il commissario straordinario. [] L'obbligo di redigere e presentare la dichiarazione Irap relativa al periodo d'imposta anteriore a quello dell'apertura della procedura dovrebbe rimanere a carico dell'imprenditore. [] L'imposta maturata in corso di procedura dovrà essere pagata in prededuzione; quella relativa al precedente periodo d'imposta dovrà essere insinuata al passivo avendo essa natura concorsuale. 6. Segue. L'imposta municipale unica [] La chiave interpretativa utilizzata per risolvere le problematiche connesse alle imposte sul reddito ed all'Irap dovrebbe valere pure per l'Imposta municipale unica (IMU), con la logica conseguenza di ritenere operanti le prescrizioni dettate per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa dall'art. 10, 6° co., d.lg. n. 504/1992, cui l'art. 9, 7° co., d.lg. n. 23/2011 rinvia, dopo che sia stata dichiarata la cessazione dell'attività produttiva e nel solo caso di programma con indirizzo di cessione119. 7. La nota 19.7.2010 dell'Agenzia delle Entrate [] Il curatore di una società di capitali fallita, dopo aver premesso che quella medesima società era stata dapprima posta in liquidazione, con effetto dal 6.7.2009, e poi, con sentenza del 20.7.2009, assoggettata a procedura di insolvenza exart. 3, d.lg. n. 270/1999 con gestione affidata al liquidatore sotto il controllo del commissario giudiziale, ha chiesto all'amministrazione finanziaria di precisare gli adempimenti fiscali da porre in essere in tale fattispecie ai fini Ires, Irap e Iva. [] Con nota 19.7.2010 (interpello prot. 954-74587/2010) l'Agenzia delle Entrate, dopo aver brevemente ricordato il contenuto delle disposizioni dettate dall'art. 5, d.p.r. n. 322/1998 in tema di liquidazione volontaria e di 119 Per l’applicabilità dell’art. 10 comma 7, d.lg. n. 504/1992 ai beni immobili …….. patrimonio di una procedura di amministrazione straordinaria ….. della l. 95/1979 (c.d. legge Prodi) cfr. Comm Trib. Bari 24.2.2012 n. 56/8/12, in Fall., 202, 1481, con nota di E.STASI 61 62 Gli obblighi fiscali fallimento e liquidazione coatta amministrativa, ha fornito la risposta seguente in ordine agli adempimenti da porre in essere ai fini delle imposte dirette e dell'Irap per effetto del susseguirsi della liquidazione volontaria e delle anzidette procedure concorsuali13: [] a) le dichiarazioni dei redditi e Irap relative al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la messa in liquidazione (dichiarazioni ante-liquidazione) vanno redatte e presentate, in via esclusivamente telematica, entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a tale data a cura del curatore fallimentare, atteso che lo stesso, al momento della scadenza del termine predetto ha già assunto l'amministrazione del patrimonio del fallito; [] b) le dichiarazioni dei redditi e Irap relative al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta (coincidente con l'apertura della fase liquidatoria della società, non conclusa) e l'inizio della procedura concorsuale (dichiarazioni ante-fallimento) vanno redatte e presentate, in via esclusivamente telematica, entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a tale data a cura del curatore fallimentare; [] c) le dichiarazioni relative al risultato finale delle operazioni di liquidazione del patrimonio fallimentare, nonché le dichiarazioni Irap nel caso di esercizio provvisorio, vanno presentate sempre a cura del curatore. [] Mentre ai fini dell'Iva, applicandosi le disposizioni previste dall'art. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972 nonché quelle di cui all'art. 8, d.p.r. n. 322/1998, il curatore deve: [] a) entro quattro mesi dalla nomina, adempiere agli obblighi di fatturazione e registrazione delle operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento sempreché i relativi termini non siano ancora scaduti (cfr. art. 74 bis, 1º co., d.p.r. n. 633/1972); [] b) provvedere, con riferimento alle operazioni effettuate successivamente alla dichiarazione di fallimento, agli adempimenti previsti dal 2° co. del predetto art. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972; [] c) presentare, se i termini non sono ancora scaduti, la dichiarazione annuale Iva per l'anno solare precedente il fallimento, entro i termini ordinari ovvero entro quattro mesi dalla nomina (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998); 62 63 Gli obblighi fiscali [] d) presentare, per le operazioni registrate nella parte dell'anno solare anteriore all'instaurarsi del fallimento (nella fattispecie 1.1.2009-1.10.2009), entro quattro mesi dalla nomina, apposita dichiarazione (c.d. modello 74 bis) ai fini dell'eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale da parte dell'Amministrazione finanziaria (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). [] Per quanto attiene al debito Iva sorto anteriormente alla procedura concorsuale, l'Amministrazione finanziaria ha manifestato l'avviso che, in forza del disposto di cui al ridetto art. 74 bis, per le operazioni effettuate nella parte dell'anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento, il curatore sia esclusivamente obbligato alla presentazione della dichiarazione Iva senza far seguito al versamento del tributo, dopo aver provveduto alla eventuale fatturazione e registrazione delle suddette operazioni, qualora i termini relativi non fossero ancora scaduti (cfr. r.m. 3.10.1985 prot. 383065 del Ministero delle Finanze, Tasse e imposte indirette sugli affari e r.m. 16.6.2009, n. 161/E). [] Diversamente, per le operazioni effettuate successivamente all'apertura del fallimento, ai sensi del 2° co. del medesimo art. 74 bis, il curatore è obbligato all'osservanza di tutti gli adempimenti previsti dal d.p.r. n. 633/1972, sotto il controllo del giudice. [] Con riferimento agli adempimenti in veste di sostituto d'imposta, l'Amministrazione finanziaria ha ribadito quanto già precedentemente chiarito con circ. 4.8.2006, n. 28/E, e cioè che il curatore fallimentare assume la qualifica di sostituto d'imposta sia in relazione all'obbligo di ritenuta stabilito per i redditi di lavoro dipendente dall'art. 23, 1° co., d.p.r. n. 600/1973, sia in relazione agli obblighi di ritenuta previsti per le altre tipologie di reddito dalle disposizioni che rinviano al medesimo art. 23, 2° co., per l'individuazione dei sostituti d'imposta. Il curatore deve pertanto versare le ritenute operate nei tempi e nei modi ordinari, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle stesse, ed è altresì tenuto ad adempiere agli obblighi di certificazione e di presentazione della dichiarazione annuale previsti per i sostituti d'imposta. 8. Adempimenti dei commissari delle procedure di amministrazione straordinaria speciali di cui ai d.l. n. 347/2003 e n. 134/2008 63 64 Gli obblighi fiscali [] A mio modo di vedere le soluzioni proposte per la procedura di amministrazione straordinaria disciplinata dal d.lg. n. 270/1999 dovrebbero valere, in linea di stretto diritto, anche per le fattispecie di amministrazioni straordinarie speciali, atteso che pure nell'ambito di queste procedure le forme di risanamento prefigurate nei programmi dei commissari straordinari possono essere quelli della ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa ovvero della cessione dei complessi aziendali. 9. Segue. La r.m. 16.6.2009, n. 161/E [] Rispondendo ad una serie di quesiti posti dall'ufficio commissariale di una società ammessa alla procedura di amministrazione speciale di cui al d.l. n. 347/2003, l'amministrazione finanziaria, con la risoluzione in commento12014, dopo avere preliminarmente osservato che l'art. 8 del decreto in discorso rinvia, per quanto da esso non diversamente disposto e fatti salvi i limiti della compatibilità, alle disposizioni dettate dal d.lg. n. 270/1999, il quale, a sua volta, rinvia alle disposizioni concernenti la liquidazione coatta amministrativa, ha espresso l'avviso che nel caso di amministrazione straordinaria ex lege Marzano, in assenza di specifiche disposizioni in materia di Iva, siano applicabili le norme previste dall'art. 74 bis del decreto Iva nonché quelle di cui all'art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998. In conseguenza di quanto precede, i commissari straordinari delle procedure di amministrazione straordinaria speciali dovranno pertanto: [] – adempiere, entro quattro mesi dalla nomina, agli obblighi di fatturazione e registrazione delle operazioni compiute anteriormente alla data di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, sempreché i relativi termini non siano ancora scaduti (cfr. art. 74 bis, 1° co., d.p.r. n. 633/1972); [] – provvedere, con riferimento alle operazioni poste in essere successivamente all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, agli adempimenti previsti dal d.p.r. n. 633/1972 (cfr. art. 74 bis, 2° co., d.p.r. n. 633/1972); [] – presentare, se i termini non sono ancora scaduti, la dichiarazione annuale Iva per l'anno solare precedente a quello in cui è stata aperta la procedura di 120 Per un sintetico commento a tale documento di prassi, E.STASI, Adempimenti fiscali del commissario straordinario, in Fall., 2009, 1001. 64 65 Gli obblighi fiscali amministrazione straordinaria, entro i termini ordinari ovvero entro quattro mesi dalla nomina (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998); [] – presentare, per le operazioni registrate nella parte dell'anno solare anteriore all'instaurarsi della procedura di amministrazione straordinaria, entro quattro mesi dalla nomina, apposita dichiarazione infrannuale (c.d. modello Iva 74 bis) ai fini della eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale da parte dell'Amministrazione finanziaria (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). [] Quanto alla decorrenza dei termini previsti dall'art. 74 bis del decreto Iva e dall'art. 8, d.p.r. n. 322/1998, l'amministrazione finanziaria ha ritenuto che occorra fare riferimento alla data in cui il Ministro ha ammesso il soggetto alla procedura di amministrazione straordinaria. [] Per quanto attiene, poi, agli obblighi dichiarativi e certificativi gravanti sui sostituti d'imposta, l'amministrazione finanziaria ha anzitutto precisato che il commissario straordinario è obbligato a redigere e presentare, al pari del curatore fallimentare e del commissario liquidatore, un unico modello 770 semplificato per tutti i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposti nel periodo d'imposta in cui la procedura di amministrazione straordinaria è stata attivata, attenendosi alle istruzioni dettate per i curatori fallimentari e per i commissari liquidatori. [] Il commissario straordinario deve reputarsi inoltre obbligato a certificare nel modello CUD i redditi erogati e le ritenute operate nel periodo antecedente alla data di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. [] Quanto, infine, agli obblighi di pagamento dei debiti d'imposta pregressi, l'amministrazione finanziaria ha affermato che tanto l'Iva relativa alle operazioni effettuate nella parte dell'anno solare anteriore alla data di ammissione alla procedura, quanto le ritenute operate nel medesimo periodo di tempo, sono qualificabili come debiti della società e non della procedura e che, quindi, salvo il disposto di cui al 1° co. bis dell'art. 3, d.l. n. 347/2003, i commissari non debbano provvedere al loro versamento. Viceversa, per i debiti di imposta sorti successivamente alla data di apertura della procedura, saranno i commissari straordinari a rispondere, sia dal punto di vista amministrativo che penale, dell'eventuale omesso pagamento. [] Per quanto concerne gli adempimenti Iva, come ho già avuto modo di 65 66 Gli obblighi fiscali sottolineare altrove15, la soluzione proposta dall'amministrazione finanziaria, pur essendo connotata da una certa ragionevolezza16, appare scarsamente coerente con le norme vigenti in quanto non tiene conto che le disposizioni di cui agli artt. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972 e 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998 sono state concepite per procedure liquidatorie, mentre – come è risaputo – l'amministrazione straordinaria ha natura essenzialmente conservativa avendo come scopo primario la conservazione del patrimonio produttivo. 10. (Segue): La risoluzione ministeriale 13 giugno 2011, n. 65/E Rispondendo ad alcuni quesiti formulati dall’organo commissariale di una società assoggettata a procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, l’Agenzia delle entrate ha precisato che, laddove l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi preveda la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa, in ossequio al principio di continuità del periodo di imposta non debba essere presentata né la dichiarazione ai fini dell’Ires né quella ai fini dell’Irap, con riferimento alla frazione di esercizio intercorrente tra l’inizio del periodo di imposta e la data di apertura della procedura. Per quanto riguarda l’IVA il documento di prassi in discorso121 afferma che nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria sulla scorta di un programma di ristrutturazione economica e finanziaria di cui all’art. 27, comma 2, lett. b) del D.Lgs n. 270/1999, il commissario è tenuto ad assolvere tutti gli adempimenti fiscali secondo le modalità ordinarie in quanto il disposto dell’art. 74 bis d.p.r. n. 633/1972 può trovare applicazione soltanto a seguito dell’apertura della fase liquidatoria. Nota: 1 [] Ex multisQUATRARO B., Manuale delle procedure concorsuali minori, Milano, 1982, 154; FALSITTA G., La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi, Padova, 1986, 251 e 252; MICCINESI M., L'imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, 329 ss.; ABATE F., Aspetti fiscali nell'insolvenza delle grandi imprese, in Fallimento, 1993, 9, 973 ss. Nota: 2 [] V., r.m. 5.7.1992, n. 9/529, in Boll. Trib. informaz., 1992, 1749. 121 Per un breve commento in chiave anche civilistica, oltre che …., v. E.STASI, Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, in Fall, 2011, 1012 66 67 Gli obblighi fiscali Nota: 3 [] Sul tema v., da ultimi e in luogo di altri, ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I., GIANNELLI A., Amministrazione straordinaria. Adempimenti fiscali, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccininni, Severini, VI, Torino, 2012, 610 ss. Nota: 4 [] V., tra i molti, BONSIGNORI A., La liquidazione coatta amministrativa, in Commentario della legge fallimentare Scialoja e Branca, Bologna, 1974, 138; ID., Processi concorsuali minori, in Trattato di diritto commerciale e dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1997, 563; NIGRO A., Le società per azioni nelle procedure concorsuali, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, IX, 2, Torino, 1993, 357 ss. [] Ritengono, all'opposto, che la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi sia totale, SATTA S., Diritto fallimentare, Padova, 1996, 556; PROVINCIALI R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 400. Nota: 5 [] Per approfondimenti sul punto, v. STASI E., Gli adempimenti fiscali dei commissari della nuova legge sull'amministrazione straordinaria, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto da Panzani, VI, Torino, 2002, 641 ss.; ID., Adempimenti fiscali dei commissari della nuova legge sull'amministrazione straordinaria, in Fallimento, 2001, 1, 5 ss.; ZAFARANA C., Manuale tributario del fallimento, Milano, 2007, 304 ss. Alcuni autori (ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I., GIANNELLI A., op. cit., 619, ritengono che le procedure di amministrazione straordinaria caratterizzate da finalità liquidatorie siano assoggettate alla disciplina fiscale prevista dal 2° co. dell'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 e che, conseguentemente, il reddito d'impresa debba essere determinato con riferimento al maxi-periodo di imposta compreso tra l'inizio e la chiusura della procedura, anche se vi sia stata la prosecuzione temporanea dell'attività produttiva. Sennonché tali tesi non sembrano tener innanzitutto conto del fatto che, exart. 60, d.lg. n. 270/1999, i programmi possono essere modificati in corso di procedura e che, quindi, un programma originariamente liquidatorio può essere sostituito da un altro con indirizzo ristrutturativo, a cui potrebbe far seguito la dichiarazione di fallimento, con tutti i corrispondenti mutamenti di regime impositivo. In secondo luogo, che in taluni casi, ed in particolare per le procedure di amministrazione straordinaria speciali, il termine di presentazione della dichiarazione iniziale prevista dall'art. 183, 1° co., d.p.r. 22.12.1986, n. 917, può scadere prima che si sia concluso l'iter di approvazione del programma (cfr., infatti, oltre agli artt. 57 e 58, d.lg. n. 270/1999, l'art. 4, d.l. n. 347/2003), con la conseguente impossibilità di stabilire l'indirizzo della procedura. Nota: 6 [] In senso conforme, v. r.m. 8.8.2003, n. 171/E. Nota: 7 [] Con r.m. 7.10.1998, n. 153/E, in Dir. e prat. trib., 1999, I, 189 ss., l'amministrazione finanziaria ha precisato che le perdite fiscali relative ai cinque periodi d'imposta anteriori a quello coincidente con la durata della procedura, possono essere portate in deduzione dall'eventuale risultato positivo della fase liquidatoria. Nota: 8 [] Così circ. 22.3.2002, n. 26/E; contra, ZAFARANA C., Manuale tributario del fallimento, cit., 308 ss. 67 68 Gli obblighi fiscali Nota: 9 [] Rammento che l'inibizione per l'esercizio dell'opzione per la tassazione di gruppo exart. 117, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 opera tout court esclusivamente nei confronti delle imprese in stato di insolvenza oggetto di programmi di cessione delle attività (circ. 20.12.2004, n. 53/E). Nota: 10 [] Alcuni autori (ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I., GIANNELLI A., op. cit., 618 ss.) sono, invece, dell'avviso che, in caso di fallimento, il periodo intercorrente tra la data della sentenza dichiarativa di insolvenza e quella di chiusura della procedura costituisca un unico ed unitario periodo d'imposta e che il reddito relativo a tale periodo debba essere determinato secondo i criteri stabiliti dal secondo comma dell'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 con la conseguenza che la tassazione eventualmente assolta nei c.d. periodi intermedi di esercizio dell'impresa costituirebbe tassazione provvisoria rispetto al risultato unitario finale. Questa proposta ricostruttiva mi sembra tuttavia poco convincente perché dà per scontato ciò che dovrebbe invece dimostrare: e cioè che possa essere applicato il regime impositivo delineato dall'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 allorché in origine siano state applicate regole diverse da quelle dettate dall'art. 183 in tema di frazionamento del periodo d'imposta e di determinazione del patrimonio netto iniziale. Inoltre, l'assunto secondo cui l'imposizione assolta nei periodi intermedi di esercizio dell'impresa avrebbe carattere provvisorio non trova riscontro in alcun dato normativo, non essendo stata riprodotta nell'art. 183 una previsione analoga a quella dettata dal secondo e dal terzo comma dell'art. 182, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 per la liquidazione volontaria. Nota: 11 [] Ai sensi degli artt. 28 e 30, d.lg. n. 270/1999 la fase giudiziale dovrebbe, infatti, avere una durata di poco superiore ai 60 giorni. Nota: 12 [] Alla stessa conclusione deve giungersi, a mio modo di vedere, anche per la comunicazione exart. 21, d.l. n. 78/2010 delle operazioni rilevanti ai fini Iva intervenute nell'anno precedente a quello di apertura della procedura concorsuale. [] Il d.l. n. 78/2010 (convertito con modificazioni dalla l. n. 122/2010), e il relativo provvedimento di attuazione stabiliscono l'obbligo di comunicare in via telematica, entro il 30 aprile di ciascun anno (le modalità operative sono state dettate dal direttore dell'Agenzia delle entrate con provvedimento del 22.12.2010, mentre ulteriori chiarimenti sono stati forniti con circ. 30.5.2011, n. 24/E), le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, rese e ricevute, rilevanti ai fini Iva, dell'anno solare precedente per importi non inferiori a 3.000 euro (per l'anno 2010 la soglia è stata innalzata a 25.000 euro, mentre il termine entro cui deve essere effettuata la comunicazione è stato posticipato al 31.10.2011). Nota: 13 [] Per un critica alle indicazioni contenute in tale documento di prassi, v. STASI E., Liquidazione volontaria e successiva dichiarazione di fallimento o apertura di liquidazione coatta amministrativa: adempimenti fiscali, in Fallimento, 2010, 1467. Nota: 14 [] Per un primissimo commento a tale documento di prassi, si veda STASI E., Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, in Fallimento, 2009, 1004 ss. 68 69 Gli obblighi fiscali Nota: 15 [] STASI E., Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, cit., 1004 ss. Nota: 15 [] Ove si consideri che gli obblighi sanciti dalle norme anzidette trovano la loro ratio nella necessità di fornire all'Erario i dati e le informazioni necessarie per una tempestiva ed efficace tutela del proprio credito e che fare decorrere il termine dei quattro mesi dalla successiva sentenza che dichiara l'insolvenza dell'impresa e che apre il concorso dei creditori ai sensi dell'art. 53, r.d. 16.3.1942, n. 267, con effetto dalla data del provvedimento ministeriale di ammissione, presenterebbe l'inconveniente di obbligare il commissario straordinario a presentare la dichiarazione dell'anno precedente nel termine ordinario qualora alla scadenza di questo non sia stato ancora dichiarato lo stato di insolvenza dell'impresa. 69