Enrico Stasi - Scuola di Formazione Ipsoa

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Enrico Stasi - Scuola di Formazione Ipsoa
Disciplina fiscale delle procedure concorsuali
di ENRICO STASI
Sezione I – Fallimento
SOMMARIO: 1. Le imposte sul reddito. Termini di presentazione e contenuto della
dichiarazione iniziale - 2. (Segue): Il reddito d’impresa del periodo fallimentare - 3. (Segue):
La dichiarazione finale - 4. (Segue): Revoca del fallimento – 5. Il curatore sostituto d’imposta
- 6. (Segue): Le dichiarazioni del precedente periodo d’imposta. - 7. Adempimenti contabili 8. L'imposta sul valore aggiunto. Adempimenti iniziali -9. (Segue): Adempimenti in corso di
procedura. -10. (Segue): Il rimborso del credito Iva -11. (Segue): Adempimenti finali -12.
(Segue): L'affitto di azienda -13. (Segue): Le note di variazione Iva -14. Il regime Iva per
cassa – 15. L’Imposta regionale sulle attività produttive 16. L'imposta comunale sugli
immobili 17. I crediti tributari 18. L’imposta di registro. La sentenza dichiarativa di
fallimento -19. (Segue): Le vendite fallimentari – 20. (Segue): I piani di riparto -21. La
legittimazione processuale del curatore nelle liti fiscali - 22. La responsabilità del curatore
1. Le imposte sul reddito. Termini di presentazione e contenuto della
dichiarazione iniziale – In base al disposto dell’art. 5 del d.p.r. 322/1998, il
curatore, entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello della sua
nomina, deve redigere e presentare, in via telematica, la dichiarazione dei
redditi relativa al periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la
sentenza dichiarativa di fallimento (c.d. dichiarazione iniziale). Entro lo stesso
termine, copia della medesima dichiarazione deve essere inviata, sempre a
cura del curatore, alle persone fisiche fallite e agli eventuali altri partecipanti
all'impresa (individuale o sociale) fallita1.
Per quanto la legge non lo specifichi, si deve ritenere che detto adempimento
debba essere attivato anche nel caso di fallimento di società di capitali in
regime di trasparenza fiscale ex art. 115 del t.u.i.r., dal momento che, ai sensi
dell’art. 10, 1° co., del d.m. 24 aprile 2004, l’assoggettamento di queste
1
Cfr. art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998
2 Gli obblighi fiscali
società ad una delle procedure concorsuali indicate dall’art. 101, 5° co., t.u.i.r.
fa venire meno l’efficacia dell’opzione a partire dal periodo d’imposta avente
inizio dalla data di apertura della procedura.
Per insegnamento ormai consolidato2,la dichiarazione del curatore deve avere
ad oggetto il solo reddito d’impresa maturato nel periodo prefallimentare anche
nell’ipotesi di fallimento di imprenditore individuale o di società di persone,
restando a carico delle persone fisiche fallite l’obbligo di denunziare, al
termine dell’ordinario periodo d’imposta, le eventuali ulteriori tipologie di
reddito realizzate nello stesso lasso di tempo, unitamente alla quota di reddito
d’impresa determinata dal curatore.
A norma della prima parte del 1° co. dell’art. 183 t.u.i.r., il reddito d’impresa
del periodo prefallimentare deve essere determinato sulla base dei dati
risultanti da apposito bilancio predisposto dal curatore.
Secondo alcuni autori3, il fallimento di un’impresa in regime di contabilità
semplificata sarebbe esonerato da tale adempimento, dovendo in questa
ipotesi trovare applicazione le disposizioni dettate in via particolare per le
imprese minori. Ma la prevalente dottrina appare, tuttavia, orientata in senso
contrario e ritiene, pertanto, applicabili le regole generali sancite dagli artt. 81
e 56 del t.u.i.r.4.
Per quanto riguarda il contenuto del conto patrimoniale che il curatore ha il
dovere di redigere ai sensi della norma di legge sopra indicata, è opinione
comunemente condivisa che esso debba indicare, oltre alle poste attive e
passive regolarmente enunciate nelle scritture contabili, anche gli ulteriori
elementi che dovessero emergere tanto nella fase di verificazione del passivo
2
Ris. min. 5.6.2002,n. 171/E, in Fallimento, 2003, 225; Cass. 28.1.1999, n. 738, in Guida
Normativa, Il Sole 24 Ore, 17 luglio 1999, 16 ss.; Cass. pen., sez. III, 8.9.1999, n. 10539, in
Fisco, 2000, 106.
3
M. LEO, Le imposte sui redditi nel testo unico, II,Milano, 2006, 2292; B. QUATRARO, S.
D’AMORA, Il curatore fallimentare, Milano, 1990, 1128; F. DE COMPADRI, L. DE
COMPADRI, Il curatore fallimentare – Adempimenti tributari, previdenziali e del lavoro,
Milano, 1995, 35.
4
In argomento, v., tra i contributi più recenti, A. MORGILLO-R.SPINELLI, Gli adempimenti
fiscali nella fase iniziale del fallimento, in L. GHIA-C. PICCININNI-F.SEVERINI (diretto
da), Trattato delle procedure concorsuali, VI, Torino, 2012, 529; E. STASI, Disciplina
fiscale delle procedure concorsuali, in G.FAUCEGLIA-L.PANZANI (diretto da), Fallimento
e altre procedure concorsuali, III, Torino, 2009, 2152; ID. Obblighi fiscali del curatore, in
Fallimento, 2007, 1109; M. POLLIO, Le imposte sui redditi e l’Irap, in POLLIO-PAPALEO,
La fiscalità delle nuove procedure concorsuali. Aspetti critici ed implicazioni tributarie nelle
crisi d’impresa, Milano, 2007, 208; V. COMERCI, Gli adempimenti fiscali del curatore
fallimentare nella fase iniziale della procedura, in G.GUGLIELMUCCI (a cura
di),Formulario annotato delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 957 ss.;.
2
3 Gli obblighi fiscali
fallimentare, quanto nel corso degli accertamenti che lo stesso curatore, per
espresso obbligo di legge, deve eseguire5.
La determinazione del reddito imponibile del periodo preconcorsuale deve
avvenire in conformità alle regole ordinarie che presiedono alla
determinazione del reddito d'impresa e, quindi, apportando al risultato
evidenziato nel predetto bilancio tutte le variazioni in aumento o in
diminuzione che la legge prevede.
Mentre è pacifico che nel caso di fallimento di società (di capitali) soggette
all’imposta sul reddito delle società (Ires) il debito di imposta eventualmente
emergente dalla dichiarazione del curatore, traendo origine da presupposto
impositivo realizzatosi prima della dichiarazione di fallimento, per poter
partecipare all’esecuzione collettiva, deve essere (tempestivamente o
tardivamente) insinuato al passivo del fallimento, la stessa unanimità di
consensi non si registra allorché la dichiarazione del curatore abbia ad oggetto
il reddito di un’impresa soggetta all’Irpef.
Secondo alcuni commentatori6, dal debito complessivamente risultante dalla
dichiarazione redatta dalla persona fisica fallita, al termine dell’ordinario
periodo d’imposta, occorrerebbe estrapolare la quota di debito
proporzionalmente riferibile ai redditi realizzati nel periodo prefallimentare:
trattandosi di credito erariale causalmente ricollegabile ad eventi economici
verificatisi prima della sentenza di apertura del fallimento, esso avrebbe titolo
per partecipare al concorso sul patrimonio del fallito. Muovendo dalla
premessa che, nel sistema delle imposte personali sul reddito, oggetto di
tassazione non sono i singoli proventi o le single categorie di reddito, bensì la
complessiva situazione reddituale del contribuente al termine del periodo
d’imposta, altra dottrina, seguita dalla giurisprudenza7, ritiene, in contrario,
che l’obbligazione tributaria di cui trattasi non possa essere insinuata al
passivo del fallimento nascendo, al pari di tutte le imposte periodiche, da una
fattispecie impositiva che si perfeziona in epoca successiva all’apertura della
procedura8
2.(Segue): Il reddito d’impresa del periodo fallimentare- Le regole per la
5
Circ. min. 22.3.2002, n. 26/E, in Boll. tributario informaz., 2002, 517 ss.
M. MICCINESI, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure
concorsuali, Milano, 1990, 146 ss.
7
Cass. 3.7.1998, n. 6518, in Corriere trib., 1998, 2695, che ha confermato le pronunzie dei
giudici di primo e secondo grado (cfr., infatti, Trib. Torino, 14.1.1992, in Boll. tributario
informaz., 1993, 449, nonché App. Torino, 29.5.1985, ined.
8
Per approfondimenti sul punto, mi permetto di rinviare al mio Obblighi fiscali del curatore,
cit., anche per gli ulteriori riferimenti.
6
3
4 Gli obblighi fiscali
determinazione del risultato finale delle procedure fallimentari sono dettate
dai commi 2 e 3 dell’art. 183 del t.u.i.r. Stabilisce, al riguardo, il 2° co. della
norma in commento che il reddito d'impresa relativo all’intervallo di tempo
compreso tra l'inizio e la chiusura del fallimento, indipendentemente dalla
durata di questo ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla
differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell'impresa fallita
all'inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente
riconosciuti. Il patrimonio netto è considerato nullo se l’ammontare delle
passività è pari o superiore a quello delle attività.
Poiché nei casi di fallimento di imprenditori individuali e di società di
persone, alla formazione delle singole masse potrebbero aver concorso anche
componenti attive e passive extra-aziendali, il 3° co. opportunamente statuisce
che, in tale evenienza, le somme realizzate dalla vendita dei beni personali
delle persone fisiche fallite e quelle utilizzate per i pagamenti dei debiti
personali da parte del curatore vengano rispettivamente computate in
diminuzione ed in aumento del risultato della differenza tra residuo attivo e
patrimonio netto iniziale. La stessa disposizione ha cura di precisare, infine,
che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il reddito determinato
dal curatore, al netto dell'imposta locale sui redditi (allorché si tratti di
procedure in corso al momento di entrata in vigore dell’Irap), dev’essere
imputato all'imprenditore, ai familiari partecipanti all'impresa o ai soci della
società fallita nel periodo d'imposta in cui ha termine la procedura; mentre se
la liquidazione si chiude in perdita questa è ammessa in deduzione dal reddito
complessivo del medesimo periodo d'imposta e può essere riportata ai periodi
d'imposta successivi in conformità alle disposizioni dell'art. 8.
Premesso che alla locuzione “residuo attivo”, che compare nel dettato
legislativo, va intesa nel senso di tutto ciò che sopravanza dopo l’integrale
pagamento delle spese di procedura e dei crediti concorrenti9, con specifico
riferimento ai criteri di determinazione del valore fiscale dei beni aziendali
oggetto di restituzione all’ex fallito o agli amministratori della società fallita
l’Amministrazione finanziaria, sulle orme di quanto ritenuto da una parte della
dottrina, ha fornito i chiarimenti seguenti in ordine alcuni aspetti controversi
del regime impositivo delle procedure concorsuali:
i) nei casi di chiusura del fallimento per mancanza di passivo o per integrale
pagamento dei creditori concorrenti, i beni aziendali compresi nel residuo
9
Sui diversi modi di intendere il concetto di “residuo attivo”, v., tra gli altri, C. ZAFARANA,
Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2007, 92 ss.,
cui adde E. STASI, Profili fiscali del fallimento, cit., 506 ss.
4
5 Gli obblighi fiscali
attivo debbono essere valutati secondo il valore preesistente al fallimento e,
quindi, sulla base del costo fiscalmente riconosciuto10;
ii) nella determinazione del residuo attivo occorre tenere conto di tutte le
passività considerate dal curatore in sede di ricostruzione del patrimonio netto
iniziale dell’impresa fallita, anche se non insinuate o fatte oggetto di
insinuazione poi rinunziata 11;
iii) i redditi prodotti dai beni extra-aziendali acquisiti all’attivo del fallimento
debbono essere dichiarati dal soggetto fallito al termine di ciascuno dei
periodi d’imposta ricompresi nella durata del fallimento e le imposte
eventualmente dovute debbono essere dallo stesso versate, salva la possibilità
di richiedere alla procedura l’erogazione di un sussidio ai sensi dell’art. 47
l.fall. ove il fallito fosse totalmente privo di risorse economiche ovvero i
mezzi a sua disposizione non fossero sufficienti ad adempiere all’obbligazione
d’imposta 12;
iv) le perdite d’impresa maturate nei periodi d’imposta precedenti all’inizio
della procedura sono deducibili sia dal reddito della procedura che dai redditi
derivanti dall’attività d’impresa successivamente esercitata dal soggetto
tornato in bonis13;
v) le riserve e i fondi in sospensione da imposta risultanti dal bilancio redatto
dal curatore, secondo quanto disposto dal 1° co. dell’art.183 del t.u.i.r. devono
essere ricostruiti nel primo bilancio successivo alla chiusura della procedura
concorsuale, al netto dell’importo eventualmente utilizzato nel corso di
quest’ultima14;
vi) le eventuali quote residue delle plusvalenze oggetto di imputazione
frazionata alla formazione dell’imponibile ai sensi del 4° co. dell’art. 86 del
t.u.i.r., esistenti alla data di apertura del fallimento, debbono essere recuperate
a tassazione nel primo periodo d’imposta successivo alla chiusura del
fallimento mediante imputazione delle rate che sarebbero state ordinariamente
assoggettate ad imposizione nei periodi d’imposta compresi nel maxi-periodo
fallimentare15;
vii) la disposizione di cui al 4° co., dell’art. 88 del t.u.i.r., a tenore della quale
non si considerano sopravvenienze attive la riduzione dei debiti dell’impresa
in sede di concordato fallimentare o preventivo, si applica tanto alle fattispecie
10
Cfr. circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, in Big Unico.
Cfr. circ. 4.10.2004, n. 42/E, cit.
12
R.m., 5.6.2002, n. 171/E, in Big Unico.
13
Circ. min. 22.3.2002, n. 26/E, in Big Unico.
14
Circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, cit.
15
Circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, cit.
11
5
6 Gli obblighi fiscali
di concordato disciplinate dalla legge fallimentare quanto alle fattispecie di
concordato previste da altre leggi speciali 16.
3. (Segue): La dichiarazione finale –Il curatore, ai sensi dell'art. 5, 4° co.,
d.p.r. n. 322/1998, deve presentare, a mezzo del servizio telematico, la
dichiarazione relativa al risultato finale delle operazioni compiute nel periodo
fallimentare entro l’ultimo giorno del nono mese successivo al quello della
chiusura del fallimento.
In giurisprudenza17 è stato espresso l’avviso che, ai fini del rimborso delle
ritenute subite sugli interessi bancari attivi maturati in corso di procedura, il
momento da cui fare decorrere il termine cronologico previsto dall’art. 5 cit.
possa essere anticipato alla data in cui sono stati definiti tutti i rapporti
giuridici-economici facenti capo al fallimento e siano pertanto noti al curatore
fallimentare tutti gli elementi che compongono il reddito da dichiarare.
Trattasi di una pronuncia indubbiamente ispirata ad una logica di particolare
favore per le procedure fallimentari che non manca, tuttavia, di ingenerare
forti perplessità: non solo e non tanto perché una simile interpretazione si
scontra con la lettera della legge, quanto piuttosto per il fatto che, sino a
quando non sono stati eseguiti tutti i pagamenti previsti nel piano di riparto
finale, sulle somme depositate a nome del fallimento presso gli istituti di
credito o gli uffici postali continuano a maturare interessi attivi che debbono
essere pur sempre assoggettati a ritenuta di acconto. Se, invece, la ripartizione
finale fosse già stata compiuta, non solo non vi sarebbe più denaro per fare
fronte alle nuove spese di procedura, ivi comprese quelle eventualmente
richieste dalla riscossione dei crediti fiscali che detta pronunzia vorrebbe
agevolare, ma scatterebbe perfino l’obbligo di provvedere alla chiusura del
fallimento ai sensi del n. 3 dell’art. 118 l.fall.18.
Appare quindi preferibile ritenere, con la dominante dottrina, che il termine di
cui al predetto art. 5 non possa altrimenti decorrere se non dal deposito nella
cancelleria del tribunale del decreto di chiusura previsto dall'art. 118 l.fall.
Nei casi di fallimento di imprese individuali o di società di persone, la
dichiarazione finale, al pari di quella iniziale, deve essere contestualmente
spedita per raccomandata o consegnata in copia, a cura del curatore,
all'imprenditore, a ciascuno dei familiari partecipanti all'impresa, ovvero a
ciascuno dei soci, al fine dell'inclusione del reddito o della perdita che ne
16
Circ. min. 4.10.2004, n. 42/E, cit.
Cass., 1.7.2003, n. 10439, in Fallimento, 2004, con nota adesiva di M. POLLIO.
18
Cfr. E. STASI, Disciplina fiscale delle procedure concorsuali, in G.FAUCEGLIAL.PANZANI (diretto da), Fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 2009, ….; nel
medesimo senso, più di recente, M.MAURO, Imposizione fiscale e fallimento, cit., 163.
17
6
7 Gli obblighi fiscali
risulta nelle rispettive dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta in
si è chiuso il procedimento concorsuale (art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998). Ciò
significa che, a differenza delle società di capitali, per le imprese individuali e
le società di persone il lasso di tempo intercorrente tra l'apertura e la chiusura
della procedura concorsuale non costituisce un autonomo periodo d'imposta e
che il risultato positivo o negativo della liquidazione del patrimonio
fallimentare rappresenta soltanto una componente del reddito complessivo da
includere nella dichiarazione relativa all'ordinario periodo d'imposta che le
persone fisiche dianzi indicate sono comunque tenute a presentare alla
consueta scadenza. Significa, parimenti, che su tali soggetti graverà anche
l’obbligo di provvedere al pagamento dell’Irpef che risultasse eventualmente
dovuta.
Qualora la sentenza dichiarativa di fallimento abbia avuto ad oggetto una
società di capitali,il curatore è tenuto a versare l’Ires prima di presentare la
dichiarazione finale (art. 5, 4° co., d.p.r. n. 322/1998).
4. (Segue): Revoca del fallimento - Con circolare ministeriale n. 38/E del 23
giugno 201019, l’Amministrazione finanziaria, muovendo dalla constatazione
che, in base all’art. 18, 15° co., l.fall., la revoca del fallimento non esplica
effetti sugli atti legittimamente compiuti dagli organi della procedura, ha
condivisibilmente affermato che la sentenza di revoca è equiparabile, dal
punto di vista fiscale, alla chiusura del fallimento. Con la conseguenza che,
oltre a rimanere fermi gli effetti prodotti dagli adempimenti fiscali posti in
essere in sede di apertura della procedura, il curatore dovrà altresì assolvere
gli obblighi dichiarativi connessi con la chiusura del fallimento.
E’ appena il caso di precisare che la medesima conclusione si impone anche
nel caso in cui la revoca del fallimento consegua ad una declaratoria di nullità
della sentenza dichiarativa, dovendo anche in questa ipotesi trovare
applicazione, per identità di ratio, la regola della conservazione degli effetti
sancita dalla norma fallimentare.
5. (Segue):Il curatore sostituto d’imposta- Come è noto, prima dell’entrata in
vigore del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella l. 4
agosto 2006 n. 248, nella giurisprudenza si era consolidata l’opinione che il
curatore non rivestisse la qualifica di sostituto d’imposta20, neppure nel caso
19
Per un breve commento a tale documento di prassi v. E.STASI, Chiarimenti dell’Agenzia
delle entrate sugli adempimenti fiscali nei casi di revoca del fallimento, in Fall., 2010, 1468.
20
V., ex multis, Cass., 13.1.1996, n. 237, in Fallimento, 1996, 483; Cass., 22.12.1994, n.
11047, ivi, 743; Cass. 14 settembre 1991, n. 9606, ivi, 1991, 1263; Cass., 5.2.1982, n. 660,
ivi, 1982, 572; Cass., 26.10.1980, n. 5777, in Dir. e prat. trib., 1982, II, 289.
7
8 Gli obblighi fiscali
dell’esercizio provvisorio21.
Sotto l’impero del vecchio sistema concorsuale, ma con argomentazioni validi
anche nell’attuale assetto normativo, tale conclusione veniva solitamente
spiegata in base alla considerazione secondo cui il curatore non svolge
un'attività d'impresa, che cessa con la dichiarazione di fallimento, ma ha una
propria veste di organo di giustizia, con funzioni pubblicistiche, per
l'esplicazione di tutte le attività necessarie per lo svolgimento della procedura
giudiziale di liquidazione dell'impresa fallita e di soddisfacimento dei
creditori, sotto la direzione del giudice delegato. Se n’era quindi tratta la
conclusione che il curatore non poteva essere ricompreso nel novero dei
soggetti per i quali gli artt. 23 e segg. del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, a
quel tempo in vigore, prevedevano l'obbligo di effettuare le ritenute in qualità
di sostituti d'imposta.
A proposito della asserita tassatività delle categorie di soggetti partitamente
indicate negli articoli appena citati, la giurisprudenza aveva avuto cura di
sottolineare che un'elencazione esemplificativa non soltanto sarebbe risultata
incompatibile con la funzione del sistema, perché avrebbe lasciato troppo
ampio spazio alla discrezionalità dell'interprete22, ma si sarebbe perfino posta
in situazione di manifesto contrastato col principio della tassatività degli
obblighi tributari e delle relative sanzioni, cui inerisce il carattere personale
dell'obbligazione tributaria e la necessità della specifica indicazione dei
soggetti tenuti all'assolvimento degli adempimenti fiscali, la cui omissione dia
adito a sanzioni 23.
Nella medesima direzione era stato poi ulteriormente precisato - su di un
piano ancor più generale - che le attribuzioni del curatore sono soltanto quelle
tassativamente sancite dalla legge, senza che altre possano aggiungersi in via
analogica, e tra queste non rientra il dovere di sostituirsi negli adempimenti
cui era tenuto il fallito. Né tale competenza vicaria poteva essere
legittimamente desunta dalla funzione di amministrazione del patrimonio del
fallito svolta dal curatore, come componente dell'ufficio fallimentare, per il
perseguimento delle finalità istituzionali della procedura: poiché gli obblighi
amministrativi del fallito che trovano il loro fatto causativo in situazioni
anteriori al fallimento non si tramutano in situazioni giuridiche passive degli
organi della procedura, deve conseguentemente escludersi che al curatore,
nella sua attività istituzionale, incomba l'adempimento, in via sostitutiva, di
21
Cass., 22.12.1994, n. 11047, cit.
In questi termini, Cass., 26.10.1980, n. 5777, cit.
23
Cass., 14.9.1991, n. 9606, cit.
22
8
9 Gli obblighi fiscali
doveri posti originariamente a carico dell'imprenditore24.
Per quanto la dottrina prevalente fosse schierata sulle medesime posizioni
della giurisprudenza25, non mancavano tuttavia autorevoli voci di dissenso26.
Muovendo dalla esatta premessa che il fallimento non determina l’estinzione
dell'impresa, in contrario era stato infatti osservato che l'attività compiuta in
campo fiscale dal curatore è pur sempre riferibile all'impresa o alla società
sottoposta fallimento, e non invece al curatore in quanto organo della
procedura, sicché riusciva difficile comprendere le ragioni per le quali il
legislatore non avrebbe dovuto attenersi al medesimo criterio a proposito degli
obblighi che interessano l'impresa come sostituto d'imposta. La correttezza di
questa interpretazione avrebbe trovato conforto – si era inoltre affermatonell'obbligo di presentare le dichiarazioni annuali del sostituto d'imposta
contenuto nell'u.c. dell'art. 10 del d.p.r. 600 del 1973 (ora riprodotto nell’u.c.
dell’art. 5 del d.p.r. n. 322/1998), il quale resta in vigore anche durante la fase
della liquidazione.
L'orientamento maggioritario aveva incontrato anche la tenace opposizione
dell'Amministrazione finanziaria.
Con l’entrata in vigore del d.l. n. 223/2006 il quadro normativo è
profondamente cambiato in quanto la disposizione dell’art. 37, 1° co., ha ora
espressamente incluso il curatore fallimentare nel novero dei sostituti
d’imposta di cui all’art. 23, 1° co., d.p.r. n. 600/1973.
A partire dal 4 luglio 2006, dunque, il curatore, qualora effettui pagamenti
soggetti a ritenute alla fonte a norma degli artt. 23 e segg. del d.p.r. n.
600/1973, è tenuto ad operare le ritenute previste dalle disposizioni di legge
anzidette, tanto sulle somme versate in esecuzione di piani di riparti parziali o
finali, quanto sulle somme corrisposte in prededuzione a fronte di
obbligazioni di massa. Va segnalato, al riguardo, che secondo
l’Amministrazione finanziaria 27 anche i compensi pagati a fronte di
prestazioni professionali rese a favore della massa della persona fisica fallita
dovrebbero essere assoggettati a ritenuta d’imposta28.
24
Cass., 14.1.1993, n. 404, in Fallimento, 1993, 611.
V. in luogo di altri, F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore,
Torino, 1992, 191 ss.; E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss., ove ulteriori
citazioni.
26
G. OLDOINI, Le imposte dirette nel fallimento dell’imprenditore commerciale, in Dir. e
prat. trib., 1977, 254;M. MICCINESI, L’imposizione sui redditi nel fallimento, cit., 276; D.
STEVANATO, Inizio e cessazione dell’impresa nel fallimento,Milano, 1994, 255.
27
Ris. min. 14 luglio 2008, n. 297/E, in Big Unico.
28
Per una critica a tale opinione, v. E. STASI, Gli adempimenti dei sostituti d’imposta in capo
ai curatori, in Fall., 2009, 243.
25
9
10 Gli obblighi fiscali
Il curatore fallimentare è, inoltre, obbligato a porre in essere tutti gli ulteriori
adempimenti che la legge prevede a carico dei sostituti d’imposta.
Anticipando quello che tra poco si dirà in modo più dettagliato, nel silenzio
della legge sembra da escludere l’obbligo di dichiarare i dati relativi ai
pagamenti effettuati dall’impresa in bonis nell’anno anteriore alla
dichiarazione di fallimento. Mentre quelli eseguiti dall’impresa fallita nel
lasso di tempo che va dal 1° gennaio alla data del fallimento è ormai pacifico
che debbono essere inclusi nella dichiarazione del curatore, sulla falsariga di
quanto previsto per la dichiarazione Iva relativa all’anno solare in cui si è
aperta la procedura concorsuale.
Analoghe conclusioni dovrebbero valere, per coerenza logica, anche per le
certificazioni delle ritenute operate sulle somme corrisposte a terzi prima e
dopo la dichiarazione di fallimento.
Va segnalato, per concludere l’argomento, che il 121° co. dell’art. 1 della
legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha inserito nel contesto del d.l. 30 settembre
2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.
326), un nuovo art. 44-bis il quale prevede, a partire dalle retribuzioni
corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2009, l’obbligo dei sostituti
d’imposta, tenuti a rilasciare la certificazione di cui all’art. 4, co. 6-ter e 6quarter (c.d. Cud) del regolamento di cui al d.p.r. n. 322/1998, di comunicare
mensilmente in via telematica i dati retributivi e le informazioni necessarie per
calcolare le ritenute fiscali ed i conguagli, calcolare i contributi, implementare
le posizioni assicurative individuali ed erogare le prestazioni29.
6. (Segue): Le dichiarazioni del precedente periodo d’imposta - Con
risoluzione n. 18/E del 2 febbraio 2007, in Big Unico, l’Amministrazione
finanziaria, rispolverando antiche tesi che alla luce dei più recenti documenti
di prassi sembravano definitivamente abbandonate (per supportare questo
assunto viene infatti richiamata la circ. min. n. 5 del 7.11.1988 in Big –DVD
Rom), ha riaffermato l’obbligo del curatore di redigere, negli ordinari termini
di scadenza, le dichiarazioni dei redditi e quelle dei sostituti d’imposta relative
all’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, ove alla data di apertura
della procedura i termini di presentazione delle stesse non siano ancora
decorsi. Secondo l’agenzia delle Entrate l’esistenza di un obbligo siffatto,
oltre a trovare giustificazione nel principio dello spossessamento fallimentare
del debitore enunciato nell’art. 42 l.fall., sarebbe desumibile dal complesso
29
A seguito di una serie di successivi rinvii, di cui l’ultimo contenuto nel d.l. n. 216/2011, tale
obbligo entrerà in vigore (salvo ulteriori differimenti) il 1° gennaio 2014.
10
11 Gli obblighi fiscali
delle norme contenute nel d.p.r. 322/1998, il quale – come è noto – disciplina
le modalità di presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui
redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore
aggiunto.
Come ho già avuto modo di rilevare altrove30, questa interpretazione non può
essere condivisa per le seguenti ragioni. Anzitutto, essa sembra dimenticare
che, come pure riconosciuto dai più recenti documenti di prassi 31 , lo
spossessamento fallimentare non determina né la perdita della capacità
giuridica né la perdita della capacità negoziale della persona fisica fallita, così
come non fa venire meno il suo status di contribuente. Il fallito è e resta
soggetto capace di agire e, come tale, può validamente porre in essere tutti gli
adempimenti richiesti dalle norme fiscali 32 , alla stessa stregua degli
amministratori della società fallita, i quali, come è risaputo, rimangono in
carica anche durante la procedura fallimentare, sia pure con poteri limitati agli
ambiti non interessati dallo spossessamento33. In secondo luogo, essa non
tiene conto del potere espressamente attribuito al fallito dal nuovo art. 86, 2°
co., l.fall., di chiedere ed ottenere dal curatore l’esibizione delle scritture
contabili e, quindi, anche dei dati necessari alla redazione della dichiarazione
dei redditi e all’adempimento degli obblighi di certificazione posti a carico dei
sostituti d’imposta. In terzo luogo, riesce davvero difficile comprendere,
soprattutto per i fallimenti dichiarati a ridosso della data di scadenza della
dichiarazione, come un curatore appena nominato, che poco o nulla ancora sa
della pregressa gestione, possa essere in grado di adempiere correttamente a
questo ipotetico obbligo senza la previsione di una congrua proroga del
termine di esecuzione, al pari di quanto previsto per la dichiarazione Iva
dall’art. 8 dello stesso decreto n. 322/1998 e alla stessa stregua di quanto
stabilito dall’art. 65 d.p.r. n. 600/1973 per gli eredi del contribuente, con il
risultato di dare luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento tra
situazioni sostanzialmente identiche, censurabile sotto il profilo il profilo
costituzionale. Infine, essa non attribuisce alcun rilievo alla circostanza, a mio
avviso decisiva, che, nonostante il problema fosse da lungo tempo dibattuto e
fosse, quindi, ben presente nella mente del legislatore al momento
30
E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1115 ss.
Cfr. circ. 22 marzo 2002, n. 26/E in Big Unico, cit., r.m. 5 giugno 2002, n. 171/E, cit., in
Big Unico.
32
In base allo stesso principio la Suprema Corte ha ritenuto valido ed utilizzabile a tutti gli
effetti il processo verbale di contestazione sottoscritto dal fallito anziché dal Curatore
fallimentare (Cass., 21.10.2010, n. 25947, con nota di E.STASI, Incontestabile la validità del
processo verbale di contestazione firmato dal contribuente fallito, …….).
33
Cass. 4.12.1992, n. 12928, in Fallimento, 1993, 376 ss.
31
11
12 Gli obblighi fiscali
dell’emanazione del d.p.r. n. 322/1998, in tema di riordino delle disposizioni
sugli obblighi dichiarativi dei contribuenti sparse nelle diverse leggi
d’imposta, mentre è stato ribadito l’obbligo del curatore di presentare la
dichiarazione Iva relativa dell’anno antecedente all’apertura del fallimento,
nulla è stato detto a proposito di un analogo obbligo per le altre dichiarazioni
fiscali disciplinate da quel medesimo testo normativo. E lo stesso rigoroso
silenzio è stato mantenuto in occasione delle modiche ed integrazioni che
hanno successivamente interessato il decreto n. 322/1998.
Alla stregua di quanto osservato e tenuto altresì conto dei principi enunciati
dai giudici di legittimità34 in tema di tassatività degli obblighi tributari e di
conseguente intrasferibilità in capo al curatore degli adempimenti dichiarativi
e certificativi posti originariamente a carico dell’imprenditore, mi sembra
inevitabile ritenere che l’obbligo di redigere e presentare le dichiarazioni in
discorso non possa che gravare sul fallito ovvero sugli organi sociali
(amministratori o liquidatori) della società fallita 35 . E in questo senso si è
infatti espressa la giurisprudenza penale della Cassazione allorché è stata
investita della questione36.
7. Adempimenti contabili- E' opinione consolidata che gli obblighi contabili
del curatore si esauriscono nel tenere l'apposito registro vidimato da un
membro del comitato dei creditori, ai sensi dell'art. 38 l.fall., ed i registri
prescritti dalla normativa sull'Iva: si ritiene, infatti, che la peculiare disciplina
dettata per la determinazione del reddito del periodo fallimentare renda inutile
la tenuta di un'apposita contabilità ai fini delle imposte dirette37.
8. L'imposta sul valore aggiunto. Adempimenti iniziali- A norma degli artt.
74 bis, 1° co., d.p.r. n. 633/1972 e8 d.p.r. n. 322/1998, il curatore deve
provvedere agli adempimenti seguenti:
a)salvo il caso di esonero previsto dall’ultimo periodo del 1° co. dell’art. 8
cit., redazione e presentazione della dichiarazione relativa all’imposta dovuta
per l’anno solare precedente con le modalità e i termini ordinari, sempreché
34
Cass., 22.12.1994, n. 11047, cit.; Cass., 14.1.1993, n. 404, cit.; Cass., 14.9.1991, n. 9606,
cit.; Cass., 20.10.1980, cit.
35
Cfr., tra gli altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 88 ss.; A.
MORGILLO- R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali, cit., 527.
36
Cass. pen., 19.1.2011, n. 1549, in Fall., 2011, 500; Cass. pen., 8.9.1999, n. 10539, in La
legge plus; Cass. pen., 27.10.1995, n. 299, in La legge plus
37
Conformi, ex aliis, M. MICCINESI, L’imposizione sui redditi nel fallimento, cit.,195; F.
BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 86; D. STEVANATO,Inizio e cessazione
dell’impresa, cit., 251; C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 115.
12
13 Gli obblighi fiscali
questi termini non siano già scaduti, ovvero entro quattro mesi dalla nomina
se quest’ultimo termine scade successivamente al termine ordinario;
b) fatturazione e registrazione nei libri Iva delle operazioni compiute
dall'impresa fallita anteriormente all’apertura della procedura, sempreché i
termini relativi non siano ancora scaduti; dettiadempimenti debbono essere
posti in essere entro quattro mesi dalla nomina;
c)qualora non operi l’esenzione di cui alla precedente lettera a), presentazione
nel suindicato termine di quattro mesi di un’"apposita dichiarazione" al
competente ufficio dell’agenzia delle Entrate ai fini della eventuale
insinuazione al passivo fallimentare; questa dichiarazione (c.d. infrannuale)
deve comprendere tanto le operazioni registrate dal fallito nella parte dell'anno
solare anteriore alla dichiarazione di fallimento, quanto le operazioni
registrate dal curatore stesso ai sensi della precedente lettera b). I dati indicati
in questo specifico modello debbono essere successivamente trasfusi in
apposito modello della prima dichiarazione annuale, unitamente a quelli
relativi alle operazioni registrate nella parte di anno solare successiva alla
dichiarazione di fallimento.
Naturalmente, i debiti d’imposta eventualmente risultanti dalle dichiarazioni
di cui alle precedenti lett. a) e c) non debbono essere versati: traendo origine
da operazioni compiute anteriormente all’inizio della procedura fallimentare, i
crediti di cui trattasi debbono, infatti, essere insinuati al passivo della
procedura, senza l’applicazione di sanzioni38.
Nel caso opposto, in cui la dichiarazione infrannuale redatta dal curatore
evidenzi un credito d'imposta, il 2° co. dell'art. 30 impone che lo stesso venga
riportato a nuovo, a meno che non ricorra almeno una delle condizioni
previste nei successivi 3° e 4° co., nel qual caso potrà esserne richiesto - in
tutto o in parte - il rimborso39.
38
Cfr. F. TESAURO, cit., 257; F. BRIGHENTI,Adempimenti tributari, cit., 108; E. STASI,
Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss.; S. ZENATI, L. E. MANDRIOLI, I tributi nel
falimento, cit., 30;C. ZAFARANA, Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore
fallimentare, Rass. Trib., 1990 cit., 13 ss.; in giurisprudenza, Comm. Trib. Centr., 10.4.1992,
n. 2798, in Corriere trib., 1992, 2240; Comm. Trib. Centr., 24.3.1982, n. 1559, in Bollettino
trib. informaz., 1983, 614;
39
Ris. min. n. 103/E del 29.3.2001 ove viene precisato che la dichiarazione di cui trattasi “è
finalizzata (…) solo all’eventuale insinuazione al passivo della procedura da parte
dell’erario”. Merita segnalare, a questo proposito, che alcune pronunce di legittimità (Cass.,
15.12.2003, n. 19169, in Fallimento, 2004, 1353, con nota adesiva di A. STESURI; Cass.,
2.3.2004, n. 4225, in Fallimento, 2005, 1195), emesse con riferimento a dichiarazioni
presentate prima delle modifiche apportate al comma 1 dell’art. 74-bisdal d.p.r. n. 542/1999
(quando cioè la dichiarazione in discorso veniva redatta utilizzando lo stesso modulo della
dichiarazione annuale) hanno ritenuto che la dichiarazione del curatore relativa alle operazioni
13
14 Gli obblighi fiscali
Quanto alla possibilità di utilizzare in compensazione il credito di cui trattasi
per il versamento, mediante mod. F24, di imposte, contributi e premi dovuti
dalla procedura (c.d. compensazione “orizzontale”), va ricordato che, ai sensi
del primo comma dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, la compensazione dei
crediti Iva annuali o relativi a periodi inferiori all’anno per importi superiori a
5 milioni di euro annui è ammessa a partire dal giorno 16 del mese successivo
a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito
emerge. Mentre, a norma del settimo comma dell’art. 10 del d.l. n. 78/2009
(convertito con modificazioni dalla l. n. 102/2009), per l’utilizzo in
compensazione di crediti Iva di importo superiore a 15.000 euro annui occorre
di richiedere il visto di conformità di cui all’art. 35, 1° co., lett. a) del d.lgs. n.
241/1997. In alternativa al rilascio del visto, la dichiarazione può essere
sottoscritta, oltre che dai soggetti di cui all’art. 1, 4° co., d.p.r. n. 322/1998,
dai soggetti che sottoscrivono la relazione di revisione relativamente ai
contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’art. 2409bis c.c. con l’attestazione della esecuzione dei controlli previsti dal secondo
comma dell’art. 2 del d.m. n. 164/1999.
E’ appena il caso di precisare che la compensazione fra il credito dell’erario
concorsuale verso il soggetto fallito e il debito verso la massa deve ritenersi
vietata40
Secondo l’opinione dominante41, il curatore del fallimento non può ritenersi
onerato dal presentare la dichiarazione di variazione prevista dall'art. 35 del
decreto Iva. Il fatto, ormai ampiamente riconosciuto, che il curatore
fallimentare non rivesta la qualifica né di contribuente né quella di
rappresentate del fallito, ma abbia una propria veste di ausiliario di giustizia,
con attribuzioni di natura pubblicistiche, consentirebbe di escludere che egli
possa venire investito di obblighi non espressamente sanciti dalla legge. In
altri termini, secondo l'opinione surriferita, le funzioni sostitutive del fallito
esercitate dal curatore, ove esistenti, dovrebbero considerarsi di natura
eccezionale e, quindi, inestensibili in via analogica.
compiute nel periodo anteriore all’apertura della procedura sia equiparabile alla dichiarazione
di cessazione dell’attività prevista dal 2° co. e faccia pertanto scattare il diritto al rimborso del
credito ivi indicato (per una critica a questo orientamento interpretativo, sia consentito
rinviare a E. STASI,Obblighi fiscali del curatore, cit., 1116).
40
V., infatti, la ris.min. n. 279/E del 12.8.2002.
41
V., in luogo di altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 7;F.
BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 114, ove ulteriori citazioni; in giurisprudenza cfr.
Comm. Trib. Centr., 2.5.1994, n. 1359, in Bollettino trib. informaz., 1995, 544; Comm. Trib.
II g., 5.5.1983, ivi, 1984, 398.
14
15 Gli obblighi fiscali
Non mancano tuttavia voci contrarie all'indirizzo surriferito 42 , le quali
ritengono di giustificare l'obbligo di presentare la dichiarazione di cui trattasi
con la necessità di portare a conoscenza dell'Amministrazione finanziaria,
prima di tutto, l'apertura della procedura concorsuale e, in secondo luogo, le
generalità del soggetto che da quel momento si sostituisce al soggetto fallito
nell'esecuzione degli adempimenti prescritti dalle norme di legge.
Come ho già avuto modo di osservare in altra sede43, a me pare che l'opinione
prevalente, sulla quale si può anche convenire, possa e debba trovare
comunque un correttivo almeno tutte le volte in cui la variazione concerna la
struttura dell'impresa fallita, come è appunto il caso di fallimento di società
occulta sottostante all'impresa individuale, atteso che, in tale ipotesi, la legge
prevede l'attribuzione di un nuovo numero di Iva, valido anche come codice
fiscale.
Va tuttavia avvertito che, oggi, dopo l’introduzione, a carico della curatela,
dell’obbligo di effettuare le comunicazioni previste dagli artt. 17, comma 2bis, d.l. n. 179/2012 (per quanto riguarda l’indirizzo di P.E.C. del fallimento)
e dall’art. 29, comma 6, d.l. n. 78/2010 (per quanto attiene ai dati necessari ai
fini dell’eventuale insinuazione al passivo da parte degli Enti destinatari della
“comunicazione unica” di cui all’art. 9 del d.l. n. 7/2007), rispettivamente nei
dieci e nei quindici giorni successivi all’accettazione della nomina 44 , la
questione ha perduto gran parte del suo interesse.
Qualche parola va ancora spesa a proposito dell’obbligo, sancito dall’art. 21
del d.l. n. 78/2010, di comunicare, in via telematica, entro il 30 aprile di
ciascun anno (le modalità operative sono state dettate dal Direttore
dell’Agenzia delle entrate con provvedimento del 22 dicembre 2010, mentre
ulteriori chiarimenti sono stati forniti con circ. n. 24/E del 30 maggio 2011), i
dati relativi alle operazioni attive e passive, rilevanti ai fini Iva, effettuate
nell’anno solare precedente per importi non inferiori a 3.000 euro.
Ancora una volta il legislatore fiscale si è dimenticato di disciplinare il caso in
cui detto termine scada in prossimità della dichiarazione di fallimento. Alla
luce del principio di tassatività degli obblighi tributari, di cui si è riferito retro
42
Circ. min. 11.2.1977, n. 9, in Bollettino trib. informaz., 1977, 660; U. APICE, Adempimenti
fiscali del curatore fallimentare, Roma, 1990, 7; V. ORACOLO, Adempimenti dei curatori
fallimentari. Comunicazioni anagrafiche e dichiarazioni Iva, in Fisco, 1993, 6397; L.
PANZANI, L'Iva nelle procedure concorsuali, in Fallimento, 1988, 135; A. POGLIESE,
Responsabilità fiscale del curatore, in Dir. fall., 1988, 10.
43
E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1116.
44
Che il termine sancito dall’art. 17, comma 2-bis, d.l. n. 179/2012, debba invece decorrere
dalla notizia della nomina alla curatela è sostenuto da G. BOZZA, Le novità telematiche del
decreto sviluppo, doc. n. 338/2013, in www.ilcaso.it.
15
16 Gli obblighi fiscali
parlando delle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta
antecedente a quello in cui il fallimento è stato dichiarato, appare del tutto
ragionevole e coerente ritenere che detta lacuna non possa essere colmata in
via analogica e che, dunque, detto adempimento non possa che fare capo al
soggetto fallito con i dati che il curatore provvederà a mettergli a disposizione.
9. (Segue): Adempimenti in corso di procedura- Delle operazioni compiute
nel corso della gestione fallimentare si occupano il comma 4 dell’art. 8 del
decreto n. 322/1998 e il comma 2 dell'art. 74 bis del decreto n. 633/1972.
La prima parte di quest’ultima previsione opportunamente precisa che gli
adempimenti relativi alle operazioni in discorso debbono essere posti in essere
dal curatore, anche se è stato disposto l'esercizio provvisorio. Trattasi, come
appare evidente, degli obblighi non solo contabili (per tale adempimento al
curatore è consentito utilizzare i registri già istituiti dall'impresa fallita, allo
stesso modo delle fatture e della restante documentazione fiscale), ma anche
sostanziali, previsti nel titolo II del decreto Iva, cui è tenuto ogni imprenditore
commerciale: vale a dire fatturazione, registrazione delle operazioni attive e
passive, liquidazioni e versamenti periodici, dichiarazioni annuali, anche in
assenza di operazioni non imponibili, emissione dei documenti di trasporto,
compilazione degli elenchi Intrastat, comunicazione delle operazioni rilevanti
ai fini dell’Iva di cui si è detto sopra (verosimilmente, per l’anno in cui è il
fallimento è stato dichiarato, detti elenchi dovranno comprendere anche le
fatture emesse e ricevute a fronte delle operazioni oggetto di dichiarazione
infrannuale). Ai sensi del comma 2 dell’art. 8-bis del d.p.r. n. 322/1998 le
procedure concorsuali sono esonerate dall’obbligo di presentare (entro il mese
di febbraio di ciascun anno) la comunicazione dei dati Iva prevista dal
comma 1 di quella medesima disposizione di legge.
Degno di nota è il fatto che la seconda parte del 2° co. dell’art 74-bis,
derogando ai precetti generali, stabilisce che gli obblighi di fatturazione
debbono essere adempiuti entro 30 giorni dal momento di effettuazione delle
operazioni (all'individuazione del quale è dedicato l'art. 6), e ciò
indipendentemente dalla sussistenza o meno delle condizioni previste dalla
seconda parte del 4° co. dell'art. 21 per procedere alla fatturazione differita.
Parimenti, le liquidazioni periodiche di cui agli artt. 27 e 33 devono essere
eseguite solo se nel mese o trimestre sono state registrate operazioni
imponibili.
E' appena il caso di avvertire che di assoggettabilità ad Iva si può
correttamente parlare se ed in quanto la cessione rientri nella sfera di
applicazione del tributo (scontano, pertanto, l’imposta proporzionale di
registro le cessioni di aziende e di complessi aziendali relativi a singoli rami
dell'impresa fallita) e, in caso affermativo, abbia ad oggetto beni appartenenti
16
17 Gli obblighi fiscali
al patrimonio aziendale, rimanendone invece esclusi quelli rientranti nella
sfera personale dell'imprenditore fallito (sono parimenti soggetti all’imposta
di registro i contratti di venditadei beni facenti parte del patrimonio personale
della persona fisica fallita formati per iscritto nel territorio dello Stato).
Analogamente, la deducibilità Iva riguarderà solamente gli acquisti di beni e
servizi inerenti all'attività di liquidazione dei beni dell'impresa.
10. (Segue): I beni recuperati attraverso l’esercizio dell’azione revocatoria
Come ho già sostenuto altrove45, ritengo che siano a assoggettare ad Iva anche
le vendite dei beni aziendali recuperati attraverso il vittorioso esercizio
dell’azione revocatoria (ordinaria e fallimentare) nei confronti di soggetti
passivi del tributo 46. Avrei tuttavia dei dubbi a ritenere che in questi casi la
fattura debba essere emessa dal curatore. Ed infatti, ove si tenga conto, da un
lato, che l’emissione di una nota di variazione in diminuzione è consentita, ai
sensi del 2° co. dell’art. 26 del d.p.r. n. 633/1972, nella sola ipotesi in cui
l’“operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla
registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte”47 e,
dall’altro, che la revocatoria non comporta l’invalidità dell’atto revocato, ma
ne rende soltanto inoperanti gli effetti nei confronti della massa dei creditori48
(con la conseguenza che il bene oggetto dell’atto revocato non ritorna nel
patrimonio del debitore), sembra preferibile ritenere che la fattura debba
essere emessa dal terzo revocato 49 al quale il fallimento dovrebbe però
riversare l'Iva incassata, sulla falsariga di quanto sancito per le vendite
45
E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1116.
G. CARAMAZZA, Le imposte indirette nel fallimento, in Quaderni CSM, Fallimento e
fisco, 1988, il quale ritiene che dette vendite debbano scontare l’imposta proporzionale di
registro.
47
E’ importante segnalare, ai fini presenti, che la norma comunitaria, che funge da parametro
rispetto alla norma interna, individua come cause diminutive dell’Iva originariamente detratta
soltanto l’annullamento degli acquisti e la riduzione di prezzo (cfr. art. 185, paragrafo 1,
direttiva 2010/45/UE).
48
Cass., sez. un.; Cass., 11.9.1997, n. 8962, in Fallimento, 1998, 787; Cass., 30.1.1998, n.
971, ined.
49
Questa soluzione sembra essere condivisa dall’Amministrazione finanziaria avendo essa
affermato, nella risoluzione 68/E del 30.3.2007 (in Big – DVD Rom), che gli obblighi di
fatturazione e versamento dell’imposta gravavano sul curatore soltanto perché, nel caso di
specie, la società revocata risultava già cancellata dal Registro delle imprese. Si veda, inoltre,
la ris.min. n. 158/E dell’11.11.2005, in tema di obblighi del custode giudiziario di immobili
espropriati, nonché la ris. min. n. 62 del 16.5.2006, in tema di obblighi del professionista
delegato alla vendita ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c., e la ris. min.n. 84/E del 19.6.2006,
concernente l’istituzione del codice tributo da utilizzare, da parte dei professionisti delegati,
per il versamento mediante modello F24 dell’Iva relativa alla vendita di beni immobili,
oggetto di espropriazione forzata, appartenenti a soggetti esecutati irreperibili.
46
17
18 Gli obblighi fiscali
giudiziari. Soluzione analoga dovrebbe valere anche per i beni recuperati
attraverso l'esperimento delle altre azioni recuperatorie.
11. (Segue): Il versamento dell’acconto Iva
In dottrina è stato espresso l'avviso che le procedure fallimentari sono escluse
dall'obbligo del versamento dell'acconto Iva, introdotto dal comma 2 dell'art. 6
della l. 29 dicembre 1990, n. 405, con decorrenza dall'anno 1991 50 . Tale
opinione viene argomentata con il rilievo che qualora il legislatore avesse
inteso imporre detto versamento anche al curatore fallimentare non avrebbe
mancato di sancirlo in termini espliciti, attraverso il richiamo, nell'art. 6 cit.,
anche dell'art. 74 bis del decreto Iva.
Personalmente ritengo che la formulazione della statuizione di legge si presti
ad una lettura di segno diverso. Ed invero, posto che la disposizione in
commento assoggetta all'obbligo del versamento dell'acconto i contribuenti
sottoposti agli obblighi di liquidazione e versamento previsti dagli artt. 27 e
33 del decreto Iva, alla cui osservanza è tenuto anche il curatore fallimentare
in forza del generico rinvio contenuto nell'art. 74 bis, mi pare inevitabile
concludere nel senso che anche il versamento di cui trattasi rientri nel novero
dei doveri tributari del curatore51.
12. (Segue): Il rimborso del credito Iva- Ai fini di accelerare le richieste di
rimborso provenienti dalle procedure fallimentari, l'Amministrazione
finanziaria, con una interpretazione a mio avviso conforme ai dettami della
legge52, ha consentito ai curatori fallimentari di anticipare la dichiarazione di
cessazione di attività di cui all’art. 35 del decreto Iva al momento in cui
risultino ultimate tutte le operazioni connesse con l'attività d'impresa, anche se
rimangono in essere eventuali rapporti creditori e debitori53.
Si ritiene che la richiesta di rimborso vada formulata in sede di dichiarazione
annuale54, alle condizioni previste dall’art. 3055.
50
F. BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 116.
E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss.; V. COMERCI, Gli adempimenti
fiscali del curatore, cit., 988;V.COMERCI-S.CHINAGLIA, Appendice fiscale, in A.
MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 1987; contra
C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 26.
52
Nel medesimo ordine di idee, D. STEVANATO,Inizio e cessazione dell’impresa,cit., 257.
Riserve sono state invece espresse da F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 117 ss.
53
Cfr. circ. min. 28.1.1992, n. 3/446157, in Corriere trib., 1993, 972; r.m. 12.1.1993, n.
460868/92, in Bollettino trib. informaz., 1993, 455; circ. min. 11.8.1993, n. 19, in Fallimento,
1993, 1201.
54
Circ. min. 30.4.1993, n. 38/523647, in Bollettino trib. informaz., 1993, 830; contra, Comm.
Trib. Centr., 4.12.1997, n. 6079, ivi, 1998, 551, con nota adesiva di F. BRIGHENTI.
51
18
19 Gli obblighi fiscali
Va avvertito, comunque, che in alternativa a questa soluzione, la quale postula
quanto meno la perdita del tributo applicato sul compenso finale del curatore,
può essere percorsa dell’assegnazione di cui al terzo comma dell’art. 117
l.fall. ovvero quella della cessione a norma dell'art. 5 del d.l. 14 marzo 1988,
n. 70, convertito nella l. 13 maggio 1988, n. 154.
13. (Segue): Adempimenti finali- Muovendo dall’assunto che la chiusura del
fallimento non determina l'estinzione dell'impresa, la dottrina pressoché
unanime è giunta alla conclusione che il curatore fallimentare non è tenuto a
presentare né la dichiarazione di cessazione dell'attività prescritta dall'art. 35
del d.p.r. n. 633/72 né la cosiddetta dichiarazione finale relativa al segmento
temporale compreso tra il primo gennaio e la data di chiusura del fallimento56.
Altra dottrina per contro ritiene che ambedue gli obblighi in discorso facciano
capo al curatore 57 e in tale senso si è anche orientata l'Amministrazione
finanziaria 58.
A me pare che quest'ultima opinione meriti di essere condivisa, sempreché si
ritenga - come sembra peraltro preferibile - che la dizione "ultimazione delle
operazioni relative alla liquidazione dell'azienda", che compare nel dettato
legislativo (art. 35, 4° co.), sottintenda la volontà di far coincidere la
cessazione dell'impresa con il momento in cui sono ultimate le operazioni di
disgregazione del patrimonio aziendale rientranti nella sfera di rilevanza
dell'Iva.
A seguito della riforma della legge fallimentare, questa soluzione si impone
allorché si tratti di fallimento di società e la procedura si chiuda a seguito di
riparto finale o per insufficienza dell’attivo, giacché, a norma del 2° co.
dell’art. 118 l.fall., in tali ipotesi il curatore è tenuto a chiederne la
cancellazione dal registro delle imprese.
55
Ai sensi dell’art. 31 della l. n. 388/2000, i rimborsi previsti dall’art. 30, non ancora liquidati
alla data della dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa ed i rimborsi
successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle prescritte garanzie per un ammontare non
superiore a 258.228,45 euro (v., sul tema, la circ. n. 54/E del 19.6.2012, cui adde la ris. 9/E
del 14.1.2011).
56
S. D’AMORA, La dichiarazione finale Iva dopo la chiusura del fallimento è un atto dovuto
dal curatore?, in Bollettino trib. informaz., 1983, 221; F. TESAURO, Appunti, cit., 255; F.
BRIGHENTI, Adempimenti tributari, cit., 115.
57
U. APICE, Adempimenti fiscali del curatore fallimentare, Roma, 1990, 10; A.
SAMMARTANO, M. ROMANO, L. QUAGLIATA, Aspetti fiscali e contabili nelle
procedure concorsuali, Milano, 1998, 23; G. CUTILLO, F. NOVELLI, Manuale del curatore
fallimentare, Milano, 1997, 206; L. MANDRIOLI, Le ultime novità in materia di
dichiarazione annuale Iva del curatore fallimentare, in Fallimento, 2000, 357.
58
Circ. min. 22.3.2002, n. 26/E, cit.
19
20 Gli obblighi fiscali
La dichiarazione in discorso va presentata, in via telematica, negli ordinari
termini di scadenza.
Entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello in cui è intervenuta la chiusura
del fallimento, il curatore dovrà anche comunicare, in via telematica, le
operazioni attive e passive rilevanti ai fini Iva di importo pari o inferiore a
3000 euro.
14. (Segue):L'affitto di azienda- L'assoggettabilità ad Iva del contratto di
affitto di azienda trova il suo fondamento normativo nell'art. 3, comma 2, n. 1,
del decreto n. 633/1972.
In dottrina si è posto l'interrogativo se l'affitto dell'unica azienda posseduta
dall'imprenditore individuale fallito comporti la temporanea sospensione del
suo status di soggetto passivo dell'imposta e, conseguentemente, la non
assoggettabilità all'Iva dei canoni percepiti dal fallimento.
Il dubbio nasce dal fatto che, mentre ai fini delle imposte dirette l'art. 67, lett.
h), del testo unico, esclude espressamente dall'ambito della categoria del
reddito d'impresa i redditi derivanti dall'affitto e dalla concessione in usufrutto
dell'unica azienda da parte dell'imprenditore per ricomprenderli nella voce dei
"redditi diversi", nulla di tutto ciò, invece, viene detto nel contesto della
normativa Iva.
L’opinione negativa, espressa in passato dalla giurisprudenza tributaria 59 ,
appare superata dalle più recenti sentenze pronunciate della Cassazione60 sotto
l’influsso dell’opinione espressa dalla dottrina prevalente 61 e dalla stessa
Amministrazione finanziaria.
E’ appena il caso di precisare che qualora la massa attiva comprenda anche
ulteriori beni aziendali da liquidare, i canoni d’affitto dell’azienda debbono
essere assoggettati ad Iva 62 , non potendosi in tal caso configurare alcuna
sospensione dell’attività di impresa ai fini fiscali.
59
Comm. Trib. Centr., 10.4.1990, n. 2858, in Bollettino trib. informaz., 1990, 1428; Comm.
Trib. Centr., 29.10.1987, n. 8014, ivi, 1988, 216; Comm. Trib. Centr., 8.10.1985, n. 8304, ivi,
1986, 1525; contra, però, Comm. Trib. Centr, 8.7.1989, n. 4816, in Fisco, 1989, 5462.
60
Cass., 6.10.2011, n. 20443; Cass., 29.3.2006, n. 7292; Cass., 30.9.2010, n.20506; Cass.,
7.11.2005, n. 21583.
61
E. BELLI COTARINI, Affitto d'azienda: osservazioni critiche per un auspicabile
"revirement" della commissione centrale, in Riv. dir. tributario, 1991, II, 22 ss.; E. F. RICCI,
In tema di affitto dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, in Bollettino trib.
informaz., 1993, 809; D. STEVANATO, Inizio e cessazione dell’impresa, cit., 333; E. STASI,
Obblighi fiscali del curatore, cit., 1118; C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento,
cit., 52, ove ulteriori riferimenti; contra, M. MAURO, Imposizione fiscale e fallimento,
Torino, 2011, 252.
62
D. STEVANATO, Inizio e cessazione dell’impresa, cit., 239 ss.
20
21 Gli obblighi fiscali
Va ricordato, per finire, che l’art. 35, comma 10-quater, d.l. 223/2006
stabilisce che “Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la
locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l’affitto di
aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal
valore normale dei fabbricati, determinato ai sensi dell’art. 14 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
15. (Segue):Le note di variazione Iva -Per quanto concerne le note di
variazione Iva, che il 2° co. dell’art. 26 del d.p.r. n. 633/72 consente al cedente
del bene o al prestatore del servizio di emettere nei confronti del debitore
assoggettato a procedura concorsuale al fine di recuperare, nei confronti
dell’Erario, l’Iva addebitata nella fattura rimasta in tutto o in parte impagata,
può essere sufficiente segnalare che l’opinione oggi prevalente63 ritiene che
detto documento possa essere emesso soltanto dopo il decreto che dichiara
esecutivo il riparto finale ai sensi dell’art. 117, 1° co., l.fall. 64 , se e nella
misura in cui l’importo originariamente fatturato non abbia trovato capienza
nell’attivo del fallimento65.
E’, invece, tuttora controverso l’obbligo del curatore di registrare le note di
variazione emesse dai creditori. L’Amministrazione finanziaria con circolare
n.77/E del 17 aprile 200066 ha affermato che il curatore è tenuto a registrare le
variazioni in aumento ricevute dai creditori unicamente per rilevare il debito
erariale esigibile soltanto nei confronti del fallito ritornato in bonis e che non
sono posti a carico del curatore ulteriori adempimenti in termini di
dichiarazioni periodiche e annuali poiché i documenti a lui pervenuti non
attengono a operazioni poste in essere dalla procedura.
In chiave critica, alcuni autori non hanno tuttavia mancato di rimarcare che un
simile obbligo non trova riscontro né nelle prescrizioni dettate nell’art. 74 bis
63
Tra i moltissimi, cfr., di recente, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit.,
53; M. POLLIO, Le note di variazione iva, in M. POLLIO-P.P PAPALEO, La fiscalità nelle
nuovo procedure concorsuali, cit., 295 ss.; E. PIACQUADIO, Notedi variazione Iva a causa
di procedure concorsuali o procedure esecutive rimaste infruttuose, in Giur. comm., 1998,
478; A. PASSANTINO, Fallimento e note di variazione Iva, in Fallimento, 1997, 956; C. F.
MAGGI, N. MIGLIETTA, Note di variazione Iva e procedure concorsuali. Un punto di vista
diverso, in Fisco, 1997, 9431.
64
Sulla illegittimità della detrazione dell’IVA evidenziata in una nota di credito emessa prima
del riparto finale, cfr. Comm. Trib. Reg. Puglia, 1.3.2010, n. 20, www.ipsoa.it ……
65
Ove l’attivo disponibile consenta il pagamento soltanto dell’importo imponibile ammesso al
passivo con rango privilegiato, la perdita del credito per l’Iva di rivalsa rimane, ovviamente,
a carico del cedente; oppure, in caso di totale assenza di attivo da ripartire tra i creditori, con il
decreto di chiusura del fallimento. L’amministrazione finanziaria…..
66
In Corriere trib., 2000, 1396.
21
22 Gli obblighi fiscali
del d.p.r. n. 633/1972 né nelle disposizioni dettate dall’art. 26 dello stesso
decreto67.
Per chi, ritiene, invece, che il termine cronologico per l’emissione delle note
di variazione in discorso decorra, solo ed esclusivamente, dalla chiusura del
fallimento, è appena ovvio che tale problema non si pone, dovendo i libri ed i
registri contabili essere immediatamente restituiti al fallito o
all’amministratore delle società fallita, sui quali soltanto potrà, semmai,
gravare l’obbligo di cui si tratta68.
Va ancora segnalato che, con risoluzione n. 195/E del 16 maggio 2008,
l’Agenzia delle entrate ha condivisibilmente precisato che nel caso in cui il
pagamento effettuato dal debitore poi fallito sia stato oggetto di vittorioso
esperimento di azione revocatoria ai sensi dell’art. 67 l.fall., il
cessionario/committente revocato può procedere alla variazione in
diminuzione all’esito della procedura qualora il credito insinuato non sia stato
integralmente soddisfatto.
16. Regime Iva per cassa
Come è noto, il c.d. regime Iva per cassa (o cash accounting) è stato
introdotto dall'art. 7, d.l. 29.11.2008, n. 185 (convertito con modificazioni
dalla l. 28.1.2009, n. 2).
[] L’art. 32 bis, d.l. 22.6.2012, n. 83 (convertito dalla legge 11.8.2012, n. 134)
ha esteso il regime dell’Iva per cassa, già in vigore per i soggetti passivi con
volume di affari non superiore a 200 milioni di euro, ai contribuenti con
volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro. Sono esclusi dal nuovo
regime sia gli operatori che già si avvalgono di regimi speciali di applicazione
dell’imposta sia quelli che assolvono l’iva mediante l’applicazione
dell’inversione contabile (reverse charge).
[] Le norme di attuazione sono state dettate dal d.m. 11.10.2012 del Ministro
dell’Economia e delle Finanze.
[] L'Amministrazione finanziaria, con circ. 26.11.2012, n. 44/E, ha fornito
dettagliati chiarimenti in merito alle modalità di applicazione del nuovo
sistema dell'Iva per cassa ed agli adempimenti che debbono essere posti in
essere dai soggetti d'imposta fra cui intercorrono le operazioni assoggettate a
tale regime.
67
V., sul punto, C. TONETTI, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 151;
C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 48 ss.
68
Trib. Cuneo (decr.) 15.9.1997, ined.; Trib. Lucca (decr.) 10.10.1997, ined.; Trib. Treviso
(decr.) 3.12.1997, ined.; E. STASI, Prime riflessioni sulle variazioni Iva nel fallimento, in
Fallimento, 1997, 673 ss.; Assonime, Circolare 9.6.1997, n. 64.
22
23 Gli obblighi fiscali
[] In particolare, per quanto qui interessa, viene precisato che il meccanismo
dell'Iva per cassa incide soltanto sul momento in cui l'imposta diviene
esigibile e, di riflesso, detraibile, ma non riguarda gli altri adempimenti
procedurali in termini di obblighi di fatturazione, registrazione,
determinazione del volume di affari e calcolo del pro-rata. Di conseguenza, il
cedente o prestatore che abbia scelto di emettere una fattura ad esigibilità
differita deve computare l'imposta, relativa alle operazioni per le quali ha
esercitato l'opzione, nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre
nel corso del quale è incassato il corrispettivo ovvero nel corso del quale
scade il termine di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione. Nel
caso in cui il corrispettivo sia incassato solo in parte, l'imposta diventa
esigibile ed è computata nella liquidazione periodica per un importo
corrispondente al rapporto tra la somma incassata ed il corrispettivo
complessivo dell'operazione.
[] Il cessionario o committente che riceve la fattura ad esigibilità differita deve
numerarla e, ai fini della detrazione, annotarla nel registro degli acquisti di cui
all'art. 25, d.p.r. 26.10.1972, n. 633. Benché l'esigibilità dell'Iva per il
cedente ed il prestatore sia differita al momento del pagamento del
corrispettivo o alla scadenza del termine annuale, per il cessionario o
committente, che non abbia a sua volta esercitato l’opzione per il regime in
parola, il diritto alla detrazione coincide con il momento di effettuazione
dell’operazione, senza necessità di dover attendere che l’imposta divenga
esigibile per il cedente o prestatore.
[] Se il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale
o esecutiva, l'esigibilità dell'imposta è sospesa a beneficio di tutti i cedenti o
prestatori che abbiano emesso fatture con Iva ad esigibilità differita, fino
all'effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all'ammontare di
quest'ultimo.
[] In assenza di una qualsiasi regolamentazione sul punto, vi è da domandarsi
quali attivazioni debbano essere adottate dal curatore fallimentare di
un'impresa che abbia applicato il principio di cassa. Iniziando dal fallimento
del cedente o prestatore, mi sembra che, alla luce del precetto dettato dall'art.
55, 2° co., l.fall., valido anche per i crediti dell'Erario, l'imposta relativa alle
operazioni compiute prima dell'apertura della procedura in regime di
differimento debba essere inclusa nella dichiarazione c.d. "infrannuale" che il
curatore deve presentare, ai sensi del 4° co., ultimo periodo, dell'art. 8, d.p.r.
22.7.1998, n. 322, ai fini della eventuale insinuazione al passivo del
fallimento da parte dell'Amministrazione finanziaria.
[] Nel caso di fallimento del cessionario o committente mi pare, invece, che
l'Iva relativa agli acquisti di cui trattasi non possa essere detratta e, quindi, che
23
24 Gli obblighi fiscali
i dati contabili delle operazioni documentate da fatture passive ad esigibilità
differita non debbano essere indicati nella dichiarazione iniziale del curatore.
Alla luce delle norme in commento, l'Iva relativa a queste fatture potrà essere,
infatti, detratta dal curatore del fallimento se e nella misura in cui il credito del
cedente o prestatore, per imponibile e Iva, sarà in tutto o in parte pagato in
sede di riparto con le rivenienze della liquidazione fallimentare.
[] Ma se tutto ciò è abbastanza semplice da attuare quando il credito in
discorso sia ammesso per il suo intero ammontare al chirografo, le cose si
complicano notevolmente allorché l'imponibile e l'Iva non abbiano lo stesso
grado di privilegio ovvero l'importo imponibile sia ammesso al privilegio e
l'Iva al chirografo.
[] A me sembra che la soluzione più coerente con la logica del sistema sia
quella di ritenere deducibile soltanto l’importo del tributo effettivamente
pagato in sede di riparto.
[] Naturalmente, sussistendone le condizioni, anche il curatore potrà emettere
fatture con imposta ad esigibilità differita e potrà sempre riceverle qualora la
controparte contrattuale abbia optato per il nuovo regime.
17. L’Imposta regionale sulle attività produttive - Entro nove mesi
dall’apertura della procedura fallimentare il curatore deve presentare, sempre
in via telematica, anche la dichiarazione relativa all’imposta regionale sulle
attività produttive (Irap), di cui al d.lgs. n. 446/1997, per l’intervallo di tempo
compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data del fallimento (art. 5, 4°
co., d.p.r. n. 322/1998).
Alla luce delle considerazioni svolte retro, nel paragrafo dedicato alle
dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta antecedente a quello
dell’apertura del fallimento, sono dell’idea che l’obbligo di presentare la
dichiarazione Irap per quel medesimo periodo d’imposta debba gravare non
già sul curatore fallimentare, quanto piuttosto sul fallito o sugli amministratori
della società fallita69.
Naturalmente, il debito d’imposta che dovesse eventualmente emergere dalla
dichiarazione iniziale del curatore, rivestendo carattere concorsuale, dovrebbe
essere insinuato al passivo fallimentare, analogamente ai crediti risultanti dalle
dichiarazioni presentate dall’impresa fallita per i pregressi periodi d’imposta.
69
E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1119 ss.; ID., Brevi note sull’Irap nel
fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, in Fallimento,1998, 352 ss.
24
25 Gli obblighi fiscali
Sino a ieri era discusso se il credito Irap fosse assistito dal privilegio generale
accordato dall’art. 2752 c.c. Oggi ogni discussione è ormai superata in quanto
l’art. 39 del d.l. 1 ottobre 2007, n. 157 ha modificato il comma 1 dell’art. 2752
c.c., accordando il privilegio ivi previsto anche all’Irap (data la natura
pacificamente processuale delle norme sui privilegi, la nuova disposizione si
applica anche ai crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore).
Ricordo, da ultimo, che nel corso della procedura fallimentare la dichiarazione
Irap va presentata soltanto nel caso sia stato disposto l’esercizio provvisorio
(artt. 19, 6° co., d.p.r. n. 446/1997 e 8, 3° e 4° co., d.p.r. n. 322/1998),
unitamente al versamento dell’imposta eventualmente dovuta.
18.
L'imposta
municipale
unica
[] Come è noto, l'art. 13, d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito dalla l. 22.12.2011,
n. 214, ha anticipato in via sperimentale l'istituzione dell'imposta municipale
unica (Imu) di cui all'art.
8,
d.lg.
14.3.2011,
n.
23.
[] Il 1° co. del citato art. 13 stabilisce che la nuova imposta è applicata a tutti i
comuni del territorio nazionale dall'anno 2012 e fino al 2014, in base agli artt.
8 e 9, d.lg. 14.3.2011, n. 23, in quanto compatibili, mentre l'applicazione a
regime di detta imposta è fissata a decorrere dall'anno 2015.
[] L'Imu, a norma del 1° co. del citato art. 8, d.lg. 14.3.2011, n. 23, sostituisce
l'imposta comunale sugli immobili (Ici) e, per la componente immobiliare,
l'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e le relative addizionali
dovute in riferimento ai redditi fondiari concernenti i beni non locati.
[] Ai fini che qui interessano è importante sottolineare che, nel delineare la
disciplina del nuovo tributo, l'art. 13, d.lg. 14.3.2011, n. 23, ha espressamente
richiamato soltanto alcune delle disposizioni contenute nel d.lg. 30.12.1992, n.
504 istitutivo dell'Ici, tra cui l'art. 10 che, all'ultimo comma, detta una
disciplina speciale per gli immobili compresi nel fallimento o nella
liquidazione
coatta
amministrativa.
[] In virtù di tale rinvio, il curatore fallimentare, entro novanta giorni dalla sua
nomina, è tenuto a presentare al comune di ubicazione degli immobili una
dichiarazione
attestante
l'avvio
della
procedura.
[] Il curatore fallimentare è inoltre obbligato a versare l'imposta dovuta per il
periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi
dalla data del decreto di trasferimento ovvero dell'atto pubblico di
compravendita allorché l'immobile sia stato venduto a trattativa privata ai
r.d.
16.3.1942,
n.
267.
sensi
del
nuovo
art.
108,
[] Ancora una volta, il legislatore tributario non si è preoccupato di risolvere,
invece, il problema relativo alle conseguenze derivanti dalla restituzione al
25
26 Gli obblighi fiscali
soggetto fallito dell'immobile acquisito alla massa fallimentare, perché non
liquidato nel corso della procedura, così come si è astenuto dal disciplinare il
caso di immobili venduti dalla procedura a seguito del vittorioso esercizio di
azioni revocatorie e restitutorie.
[] Nel silenzio della legge, mi sembra che le soluzioni proposte nel vigore
dell'Ici70 restino valide anche nel nuovo regime, con la conseguenza che la
restituzione dell'immobile al fallito ritornato in bonis non darà luogo ad alcuna
tassazione.
[] Muovendo dalla premessa che l'apertura della procedura concorsuale
costituisce evento idoneo a determinare una sospensione del versamento
dell'imposta senza però cancellare l'obbligo di corrispondere il tributo nel caso
in cui l'immobile non venga alienato dagli organi della procedura, la
giurisprudenza di merito ha chiarito, al riguardo, che l'obbligazione d'imposta
maturata nel corso della procedura debba essere adempiuta dal fallito ritornato
in bonis (Comm. Trib. Reg. Lombardia, 11.2.2010, n. 2071; Comm. Trib.
Reg. Toscana, 14.11.2011, n. 116; Comm. Trib. Prov. Bergamo, sez. III,
9.11.2002, n. 149).
[] Nella diversa ipotesi di vendita di un immobile assoggettato al vincolo
concorsuale a seguito della dichiarazione di inefficacia exart. 44, r.d.
16.3.1942, n. 267 o della revoca ai sensi degli artt. 64 ss., r.d. 16.3.1942, n.
267 del precedente trasferimento, penso che la soluzione più coerente con la
logica del tributo sia quella di reputare obbligato al pagamento dell'imposta il
terzo che ha subito la dichiarazione di inefficacia o la revoca sino al momento
della vendita coattiva del bene recuperato alla garanzia patrimoniale (l'opposta
tesi prospettata in dottrina con riferimento all'Ici 72 non sembra tenere
adeguatamente conto, da un lato, che l'inefficacia e la revoca pacificamente
non incidono sulla validità dell'atto traslativo inter partes e non implicano,
pertanto, il ritrasferimento al patrimonio del debitore dei diritti acquistati dal
terzo, ma solo la loro soggezione all'azione esecutiva del dante causa;
dall'altro lato che l'Ici, ed ora l'Imu, è un'imposta sul patrimonio immobiliare
che incide sui proprietari, usufruttuari, o titolari del diritto d'uso o abitazione).
Allo stesso modo di ciò che avviene in caso di azione esecutiva individuale
promossa nei confronti del debitore inadempiente non assoggettabile a
procedura di fallimento, anche a seguito di pronunzia di revoca exart. 2901
70
V., in proposito, E. STASI, L’imposta comunale sugli immobili, in Fall., 1993, 569.
Per un breve commento a tale decisione, cfr. E.STASI, Chi deve pagare l’ICI maturata in
costanza di fallimento nell’ipotesi di restituzione degli immobili al fallito tornato in bonis, in
Fall, 2010, 747.
72
E. F. GRECO, L'I.C.I. nel fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, in
Bollettino trib. informaz., 1995, 1642.
71
26
27 Gli obblighi fiscali
c.c. di un atto di disposizione da lui precedentemente compiuto. Tenuto
peraltro presente che, a differenza del procedimento esecutivo individuale,
ove i beni esecutati rimangono in possesso del debitore sino alla vendita, nel
fallimento i beni di cui trattasi, prima dell'alienazione, soggiacciono
all'amministrazione del curatore e la massa può in questo modo beneficiare
delle utilità dagli stessi ritraibili, sarei incline a riconoscere in capo al terzo
che ha subito l'azione esecutiva del curatore un credito di rivalsa verso la
massa per le imposte pagate dopo la restituzione del bene, da far valere nelle
forme della domanda di ammissione a stato passivo73.
[] Concludo rammentando, a proposito della natura del credito Imu, che il 13°
co. dell'art. 13, d.l. 6.12.2011, n. 201, ha esteso il privilegio di cui al 4° co.
dell'art. 2752 c.c. a tutti i tributi comunali e provinciali.
19. I crediti tributari - La legge di riforma delle procedure concorsuali (d.l. n.
5/2006), colmando un vuoto presente nel vecchio sistema concorsuale, ha
espressamente conferito al curatore fallimentare il potere di cedere i crediti
rientranti nell’attivo fallimentare, compresi quelli di natura fiscale o futuri,
anche se oggetto di contestazione (art. 106, comma 1), unitamente alla
possibilità di stipulare un contratto di mandato per la loro riscossione (art.
106, comma 3). Il nuovo art. 117, comma 3, attribuisce inoltre al giudice
delegato la facoltà di assegnare ai creditori che vi consentono i crediti
d’imposta del fallito non ancora rimborsati.
Sembrano così perdere definitivamente di interesse alcune delle soluzioni
concepite da una parte della dottrina e dalla prassi giudiziaria nel vigore della
disciplina abrogata 74 al fine di accelerare la chiusura del fallimento senza
essere costretti a vendere crediti d’imposta 75 a prezzi notevolmente ridotti
rispetto al loro valore nominale, soluzioni della cui compatibilità con le norme
ed i principi della legge fallimentare era quanto meno lecito dubitare76.
73
E. STASI, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111 ss.
Per un’analisi critica delle stesse v. E. STASI, Sui crediti tributari formati nella procedura
fallimentare (nota a Circ. Trib. Sulmona 21 aprile 2004), in Fallimento, 2005, 473 ss.
75
Si veda, in argomento, F. TESAURO, In tema di ritenute di acconto a carico dei fallimenti
e cessione dei crediti d’imposta, in AA.VV., Problematiche fiscali del fallimento e
prospettive di riforma, a cura di L. TOSI, Padova, 2005, 43 ss.
76
V. infatti, oltre allo scritto citato alla nota precedente, P. CENSONI, Chiusura del
fallimento e attività residue degli organi fallimentari: ovvero la sorte postfallimentare dei
crediti d’imposta, in Fallimento, 2004, 542; ID., Chiusura del fallimento e attività residue
degli organi fallimentari, in AA.VV., Problematiche fiscali del fallimento cit., 65 ss.
74
27
28 Gli obblighi fiscali
Non mi soffermo, per ovvi motivi, sul contenuto di queste nuove disposizioni
di legge, se non per manifestare perplessità sulla possibilità di trovare creditori
disposti ad accettare l’assegnazione di crediti d’imposta senza attualizzazioni
penalizzanti per i restanti creditori e ciò anche quando l’Amministrazione
finanziaria abbia riconosciuto, con un proprio atto, la liquidità e l’esigibilità
del credito da assegnare.
Resta vero, comunque, che la nuova qualificazione del curatore come sostituto
d’imposta ha accresciuto, sia pur con le limitazioni di cui si è parlato retro in
tema di compensazione orizzontale dei crediti Iva, la possibilità per il
fallimento di recuperare i crediti fiscali mediante l’istituto della
compensazione di cui agli artt. 17 d.lgs. n. 241/1997 e 8, comma 1, l. n.
212/2000.
Rimane il problema delle ritenute di acconto subite sugli interessi bancari
accreditati sui conti correnti bancari della procedura e sugli altri incassi che vi
sono soggetti, ma questo inconveniente non può essere altrimenti risolto se
non escludendo dalla ritenuta le procedure fallimentari.
Va segnalato, infine, che l’Amministrazione finanziaria, con circolare n. 13/E
dell’11 marzo 2011 in Big Unico, ha precisato che il divieto di compensazione
dei crediti relativi alle imposte erariali fino alla concorrenza dei debiti, di
ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e
relativi accessori per i quali è scaduto il termine di pagamento77, non opera
fra i crediti verso il fallito ed i debiti verso la massa fallimentare.
20. L’imposta di registro. La sentenza dichiarativa di fallimento - La
sentenza dichiarativa di fallimento rientra sicuramente nel novero dei
provvedimenti contemplati dall’art. 8, lett. d) della tariffa allegata al d.p.r. n.
131/1986 (“atti non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti
a contenuto patrimoniale”); come tale, essa è soggetta ad imposta fissa di
registro da pagarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111, n. 1, l.fall.78.
Nell’ipotesi in cui la sentenza contenga anche l’enunciazione di una
preesistente società di fatto, sarà dovuta l’imposta di registro in misura fissa
sulla sentenza e proporzionale sulla enunciazione della società, ambedue da
pagarsi in prededuzione. Qualora la sentenza di fallimento rechi l’enunciazione
di una società irregolare (vale a dire di una società il cui contratto sociale sia
stato redatto per iscritto ma non registrato), il debito relativo all’imposta di
77
78
Cfr. art. 31, 1° co., d.l. n. 78/2010.
In argomento, in luogo di altri, C. ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 173.
28
29 Gli obblighi fiscali
registro non pagata avrà natura concorsuale, purché l’atto scritto sia stato
stipulato prima del fallimento ed abbia data certa anteriore79.
Si ritiene comunemente che la base imponibile vada determinata con
riferimento al valore dei conferimenti iniziali; nell’ipotesi in cui questi valori
non siano noti, la determinazione andrà fatta in via presuntiva, sulla base delle
attività e passività esistenti al momento di apertura della procedura80.
Qualora l’attivo del fallimento comprenda beni immobili o altri beni soggetti a
pubblica registrazione, il curatore dovrà notificare un estratto della sentenza
dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici
registri (art. 88, 2° co., l.fall.).
La trascrizione dell’estratto della sentenza presso la Conservatoria dei registri
Immobiliari sconta l’imposta di bollo, l’imposta ipotecaria e la tassa ipotecaria
per quanto riguarda i beni immobili. L’imposta di bollo viene liquidata in base
alla tariffa allegata al d.p.r. n. 642/1972, mentre l’imposta ipotecaria e la tassa
ipotecaria sono liquidate ai sensi della tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990.
Per gli autoveicoli la trascrizione avviene mediante pagamento dell’imposta di
bollo e dell’imposta provinciale di trascrizione introdotta con effetto dal
1.1.1999 dall’art. 56 del d.lgs. n. 446/1997. Per effetto della trascrizione al
P.R.A. viene meno l'obbligo del pagamento della tassa automobilistica prevista
dall'art. 5, 31° e 32° co., d.l. 30.12.1982, n. 953 81 per i periodi di imposta
successivi alla data di deposito della sentenza di fallimento, salvi i casi in cui il
curatore ometta di effettuare l'annotazione nei pubblici registri. In tale ultima
circostanza soggetto passivo nei confronti dell'Erario rimarrebbe, in ogni caso,
il contribuente fallito82 e l’imposta non potrebbe gravare sul ceto creditorio
trattandosi di un debito non strettamente inerente all'amministrazione del fallimento83.
Viceversa, il debito relativo ad annualità precedenti alla dichiarazione di
fallimento ha natura concorsuale e l'amministrazione finanziaria deve
necessariamente insinuarsi al passivo fallimentare.
21. (Segue): Le vendite fallimentari - Ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.p.r. 26
aprile 1986, n. 131, sono soggetti ad imposta proporzionale di registro le
79
S. TONETTI, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 424 ss., ove
ulteriori riferimenti.
80
S. TONETTI, Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, cit., 429.
81
Trib. Vicenza, 28.1.1986, in Fallimento,1986, 799.
82
Trib. Alba, 17.5.1993, in Fallimento, 1993, 891.
83
G. BOZZA, G. SCHIAVON, L'accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di
prelazione, Milano, 1992, 497; F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 192.
29
30 Gli obblighi fiscali
cessioni di aziende e di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa
fallita.
Devono parimenti scontare l'imposta di registro i contratti di vendita di beni
mobili od immobili, non facenti parte del patrimonio aziendale, formati per
iscritto nel territorio dello Stato.
Sono inoltre gravati dall'imposta proporzionale di registro i contratti di
locazione di beni immobili posseduti dalle persone fisiche fallite a titolo
personale, anche se stipulati in forma verbale.
È da precisare, al riguardo, che, appartenendo le vendite fallimentari al novero
delle vendite giudiziali, torna applicabile l'art. 44 del decreto citato, il quale,
per tali tipi di vendite, nega all'Ufficio del Registro la possibilità di rettificare
il corrispettivo dichiarato.
22. (Segue): I piani di riparto - La nuova legge fallimentare non prevede la
possibilità del giudice delegato di apportare variazioni al progetto di
ripartizione parziale o finale predisposto dal curatore. Ai sensi del 3° co. del
novellato art. 110 l.fall, i creditori, entro il termine perentorio di 15 giorni dal
ricevimento della comunicazione di deposito del progetto di riparto presso la
cancelleria del tribunale, possono proporre reclamo nelle forme di cui all’art.
26.
Per quanto attiene alla tassazione del decreto che dichiara esecutivo il progetto
di riparto, l’opinione comunemente accolta dalla giurisprudenza e dalla stessa
Amministrazione finanziaria84 è oggi nel senso di ritenere che ove il piano di
riparto (parziale o finale) delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo
venga reso esecutivo senza osservazioni e contestazioni da parte dei creditori,
oppure apportandovi le modifiche che corrispondano alle osservazioni o richieste
formulate dai creditori, il provvedimento che lo rende esecutivo sfugga al regime
di imposizione delineato dal più volte citato art. 8 della tariffa, e non sconti pertanto
alcuna imposta.
Nell'ipotesi in cui sorgano contestazioni tra i creditori o tra questi ed il curatore, si
suole invece distinguere il caso in cui le medesime vengano risolte mediante
una semplice verifica della legittimità delle tesi contrastanti in relazione ai risultati,
non sottoposti a discussione, dell'accertamento del passivo, da quello, opposto, in
cui la discussione verta su pretese azionabili in tale precedente fase.
84
Cass., 27.7.1989, in Fallimento, 1989, 1198; Cass., 15.5.1989, n. 3336, ivi, 1989, 1198;
Cass., 25.6.1988, n. 4284, ivi, 1988, 1091; Cass. 22.6.1983, n. 4277, ivi,1984, 414; cir. min.
30.7.1990 n. 58/260228, in Bollettino trib. informaz.,1990, 1332; ris. min. 11.3.1991, in Bollettino trib.
informaz.,1991, 1102.
30
31 Gli obblighi fiscali
Nella prima ipotesi, qualora il provvedimento respinga puramente e
semplicemente le istanze avanzate, sconterà l'imposta in misura fissa ai sensi
della lettera d) dell'art. 8 della tariffa; sarà invece soggetto all’imposta
proporzionale dell’1% (art. 8 lett. c) della parte prima della tariffa) nel caso
contrario in cui accolga le osservazioni presentate. Nella seconda, il decreto
sconterà, ancora una volta, l'imposta fissa ove dichiari l'inammissibilità delle
istanze presentate; mentre soggiacerà ad imposta proporzionale del 3% qualora
accolga, sia pure erroneamente, le richieste dei creditori travolgendo i limiti di
giudicato interno del decreto di esecutività dello stato passivo.
Per ciò che concerne la base imponibile del tributo proporzionale, è stato precisato
che essa coincide non già con l'intera somma oggetto del riparto, quanto piuttosto
con la porzione dell'attivo sulla quale incide la contestazione eche viene
effettivamente riconosciuta spettante con il provvedimento85.
Si ritiene ormai pacificamente che l'onere correlativo rimanga a carico della
procedura86.
23. Imposte di successione – L’art. 8, 2° co, d.p.r. n. 346/1990 (Testo Unico
delle imposte sulle successioni e donazioni) stabilisce che, nel caso di
fallimento dell’imprenditore defunto, la base imponibile del tributo è costituita
dalle sole attività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della
chiusura del fallimento.
Secondo un risalente documento di pressi, detta norma si applica anche
nell’ipotesi di concordato preventivo87.
Se la successione era già aperta alla data della dichiarazione di fallimento,
l’imposta di successione dà origine ad un credito privilegiato, di natura
concorsuale, che deve essere insinuato al passivo del fallimento88.
Nell’ipotesi in cui il fallito muoia nel corso di una procedura fallimentare già
pendente, l’art. 12 l.fall. stabilisce che il fallimento prosegue nei confronti
degli eredi, anche se costoro abbiano accettato con beneficio d’inventario.
Gli eredi dovranno assolvere gli obblighi dichiarativi ed il versamento
dell’eventuale imposta solo dopo la chiusura del fallimento se ne risulterà un
residuo attivo.
Diversa dalle ipotesi precedenti è quella del fallimento dell’eredeimprenditore. Se a favore dell’imprenditore si apre, prima della dichiarazione
85
Cass. 22.6.1983, n. 4277, cit.
Cass. 10.8.1979, n. 4646, in Fallimento, 1980, 327; in dottrina M. MONTANARI, Ripartizione
dell’attivo, in Diritto fallimentare, coordinato da G. LO CASCIO, Milano, 1996, 1002.
87
Ris.min. n. 370392 del 7.6.1993, in Il fisco, 1993, 11602.
88
Così, A.MORGILLO-R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali nella fase iniziale del
fallimento, cit., 539.
86
31
32 Gli obblighi fiscali
di fallimento, una successione, facendogli assumere lo status di erede, le
imposte successorie devo essere assoggettate alle regole del concorso e sono
assistite dal privilegio. Se la successione si apre, invece, a favore dell’erede
quando questi sia già stato dichiarato fallito, competerà al curatore,
debitamente autorizzato ex art. 35 l.fall., accettare l’eredità89. In questo caso,
le imposte costituiscono un debito di massa da soddisfarsi in prededuzione in
virtù del principio sancito dall’art. 42, 2° co., l.fall.; mentre l’obbligo di
presentare la dichiarazione, in assenza di una norma che addossi detto
incombente in capo al curatore, dovrebbe far carico al fallito90.
24. La legittimazione processuale del curatore nelle liti fiscali - Mentre può
dirsi pacifico che gli atti di accertamento o riscossione emessi
dall'Amministrazione finanziaria in pendenza del fallimento, oltre che essere
notificati al curatore del fallimento, debbono venire portati a conoscenza del
contribuente fallito, è questione controversa se questo obbligo di
comunicazione debba far capo al curatore oppure, come riteniamo più
plausibile, alla stessa Amministrazione finanziaria.
Per quanto concerne la capacità processuale del contribuente fallito, la
giurisprudenza ha avuto occasione di ribadire più volte che egli conserva la
sua piena ed esclusiva legittimazione nelle controversie in cui siano dedotte
questioni relative ad obbligazioni d'imposta inopponibili al fallimento, quali
potrebbero essere, ad esempio, quelle collegate ad attività fiscalmente
rilevanti spiegate dal fallito successivamente alla sentenza dichiarativa,
ovvero ai redditi da lui denunciati ai sensi del 2° comma dell'art. 125 del testo
unico delle imposte sui redditi (trattasi della dichiarazione che le persone
fisiche fallite devono presentare negli ordinari termini di scadenza
comprendendo il reddito d'impresa conseguito nel periodo fallimentare fatto
oggetto di dichiarazione da parte del curatore fallimentare).
La legittimazione sostitutiva del fallito viene parimenti riconosciuta in tutti i
casi in cui l'ufficio fallimentare non intenda impugnare le pretese del fisco,
perché le giudica fondate oppure molto più semplicemente perché non ritiene
che l'impugnazione possa in qualche modo giovare agli interessi della
procedura, come ad esempio nell'ipotesi in cui il fallimento sia privo di
attivo91.
89
C.ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 209.
In questo senso, A.MORGILLO-R.SPINELLI, Gli adempimenti fiscali nella fase iniziale
del fallimento, cit., 539; contra, C.ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento, cit., 210.
91
Cfr., tra le molte, Cass., 16.1.1999, n. 5308, in Fallimento, 1999, 1258; Cass., 17.3.1995, n.
3094, in Bollettino trib. informaz., 1995, 1272; Cass., 20.12.1994, n. 10957, in Fallimento,
90
32
33 Gli obblighi fiscali
Meno sicura è invece la soluzione del quesito se al contribuente fallito spetti
anche una legittimazione concorrente con quella del curatore, allorché si
controverta su rapporti tributari anteriori alla dichiarazione di fallimento e gli
organi fallimentari decidano di proporre impugnazione.
Al riguardo, l'opinione della dottrina e della giurisprudenza prevalenti è
orientata in senso decisamente negativo. Si suole infatti affermare che, al di
fuori delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 43 1.fall., il fallito non può
intervenire e tanto meno promuovere giudizi in cui sono dedotti rapporti
compresi nel patrimonio o nella massa passiva concorsuale92.
Sotto il vigore della legge riformata, una parte minoritaria della dottrina si era
mostrata incline ad ammettere, in ambito fiscale, oltre alla legittimazione del
curatore, anche un'autonoma e concorrente capacità processuale del fallito93.
Questa tesi, sia pur sistematicamente disattesa dalla giurisprudenza, trova oggi
nuovi sostenitori94, che la ripropongono traendo spunto dal principio, dettato
dall’ultimo comma dell’art. 96 l.fall., per cui “il decreto che rende esecutivo
lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui
all’art. 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso”. Secondo questa
opinione, la sentenza resa dai giudici tributari nei confronti del curatore
produrrebbe effetti soltanto ai fini del concorso, mentre la pronuncia resa nei
confronti del fallito sarebbe opponibile a lui solo una volta che egli sia
ritornato in bonis (salva, ovviamente, l’eventuale esdebitazione).
Trattasi di un approccio interpretativo che, pur presentando indubbi profili di
ragionevolezza
in
quanto
volto
a
contemperare
l’interesse
dell’Amministrazione finanziaria a partecipare all’esecuzione collettiva e
quello del fallito a svolgere le proprie difese innanzi al giudice tributario (e
1995,1272; Cass., 24.7.1994, n. 6873, ivi, 1995, 265; Cass. 12.11.1993, n. 11191, ivi, 1994,
372; Cass, 20.3.1993, n. 3321, in Bollettino trib. informaz., 1994, 719.
92
Ex multis, C. DE MARTINI, Attività negoziale e attività processuale del fallito durante il
fallimento, in Dir. fall., 1971, 220 ss.; S. SATTA, cit., 154 ss.; G. DE FERRA, L.
GUGLIELMUCCI, cit., 35; A. BONSIGNORI, Diritto fallimentare, Torino, 1992, 150. Per la
giurisprudenza, in questi ultimi anni, v. Cass., 12.5.2006, n. 11068, in Banca Dati Platinum;
Cass. 15.3.2006, n. 5671, in Giur. It., 2006, 469; Cass. 24.2.2006, n. 4235, in Fallimento,
2006, 1331; Cass., 26.9.2003, n. 14301, in Fallimento,2004, 1195; Cass. 3.4.2003, n. 5202, in
Fallimento, 2004, 639 con nota di A. CAPOCCHI; Cass., 14.5.2002, n. 6937, in Giur. It.,
2002, 503; Cass. 8.3.2001, 3418, in Giur. It., 2002, 163 con nota di M. MONTANARI;
Comm. Trib. Centr. 11.7.2005, n. 6297, in Fisco 2005, 5710; Comm. Trib. Centr. 13.12.2002,
n. 9518, in Banca Dati Platinum; App. Bari 3.6.2005, in Banca Dati Platinum
93
F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 225 ss.; Cass. pen. 14.9.1983, n. 7435, in. Fallimento,
1984, 539.
94
F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 225 ss.; Cass. pen. 14.9.1983, n. 7435, in. Fallimento,
1984, 539.
33
34 Gli obblighi fiscali
ciò in coerenza con principi costituzionali del giusto processo), mi lascia
perplesso perché la legge sembra attribuire valenza solo endoconcorsuale alle
decisioni emesse in tema di stato passivo all’interno del procedimento di
fallimento e non a quelle rese nell’ambito di un giudizio ordinario, a
cognizione piena, esterno alla procedura ed avente un oggetto diverso da
quello del diritto al riparto 9596.
La soluzione che, ciò stante, mi sembra preferibile è, pertanto, quella di
riconoscere al fallito la sola legittimazione a svolgere un intervento adesivo
cosiddetto dipendente nei giudizi instaurati dal curatore97. In questo modo, e
con i reclami interni al fallimento, che il fallito può sempre attivare al giudice
delegato ed al tribunale fallimentare, il suo diritto di difesa potrebbe essere
parimenti garantito.
Nessun dubbio può, infine, sussistere sulla legittimazione esclusiva del
curatore fallimentare nell'ipotesi in cui la lite abbia ad oggetto infrazioni ai
doveri fiscali a lui incombenti, e ciò anche se il fallimento fosse già stato
chiuso ed il fallito avesse conseguentemente riacquistato la sua piena capacità
processuale.
95
Di questo avviso è, invece, L. GUGLIELMUCCI, in Diritto fallimentare, Torino, 2011,
220, il quale, con riferimento all’efficacia delle decisioni adottate in sede extraconcorsuale a
seguito di impugnazione di sentenze non definitive pronunciate in contradditorio con il
debitore poi fallito ed aventi ad oggetto il credito, osserva che” Muovendo (…) dalla
considerazione che l’impugnazione, da parte del curatore, in sede extracontrattuale non ha
autonomia rispetto al giudizio di verifica dello stato passivo e che il curatore, quando
impugna una sentenza emanata nei confronti del fallito non agisce sostituendosi al fallito, ma
come portatore dell’interesse della collettività dei creditori, si deve ritenere che la decisione
in sede extraconcorsuale abbia ad oggetto il credito incidenter tantum, in quanto segmento di
un più ampio procedimento volto a regolare il concorso”.
96
Merita rammentare che, secondo un ormai da lungo tempo consolidato indirizzo
interpretativo dei giudici di legittimità (Cass. sez. un., nn. 5786/1988 e 5787/1988), il
processo tributario avrebbe natura di giudizio di impugnazione-merito (ossia come processo
che è formalmente introdotto con l’impugnazione di un atto, ma che sostanzialmente ha per
oggetto l’accertamento del rapporto di imposta) nel senso che la commissione tributaria
dovrebbe limitarsi ad annullare l’atto, ove rilevi un vizio che ne infici la validità nel suo
complesso, e invece procedere all’accertamento sostanziale del rapporto, quando si verta nel
merito. Per una critica alla tesi della Cassazione, cfr., per tutti, I.MANZONI-G.VANZ, Il
diritto tributario, Torino,….
97
La possibilità di assumere la veste di interventore adesivo-dipendente da parte del fallito è
espressamente ammessa da Cass., 8.8.1990, n. 7997, in Fallimento, 1991 VEDERE
OSSERVATORIO; M. GIORGETTI, La capacità processuale del fallito nei giudizi
litisconsortili con il fallimento, in Fallimento 2003, 1084; M. MONTANARI, L’accertamento
fallimentare dei crediti d’imposta dopo la riforma, in Fallimento 2007, 1134 ss.; E.STASI, La
legittimazione processuale del contribuente fallito, in Fall. 2009, 491.
34
35 Gli obblighi fiscali
Con riferimento alla nuova disciplina del processo tributario, introdotta dal
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, mi limito a ricordare che la regola espressa
dall'ultimo comma dell'art. 31 della 1.fall., la quale proibisce al curatore di
prestare il ministero di avvocato o procuratore nei processi in cui sia parte il
fallimento, opera anche per i giudizi avanti le commissioni tributarie98.
25.La responsabilità del curatore- Naturalmente, anche il curatore può essere
assoggettato a sanzioni di tipo amministrativo e anche penale qualora si renda
responsabile della violazione di norme fiscali: con la riforma del sistema
sanzionatorio introdotta dal d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ogni dubbio al
riguardo può dirsi, infatti, ormai fugato.
Una recente dottrina ha espresso l’avviso che, nel caso di fallimento di società
di capitali, potrebbe trovare applicazione la previsione di cui all’art. 7 d.l. n.
269/2003 (convertito nella legge n. 326/2003), che addossa alla sola società o
ente con personalità giuridica l’onere economico della sanzione
amministrativa per le infrazioni commesse dai suoi dipendenti o dal suo
rappresentante o amministratore, atteso che degli effetti della violazione non
si avvantaggerebbero i creditori99.
Per ovvie ragioni non è possibile, in questa sede, procedere ad una minuziosa
analisi della norma in discorso 100 . Ai fini che qui interessano, può essere
tuttavia sufficiente obiettare, in primis, che la disposizione di legge in discorso
si disinteressa del soggetto che abbia tratto un vantaggio dalla condotta
dell’autore della violazione [faccio peraltro notare che da un minore
versamento dell’Iva dovuta dal fallimento possono trarre beneficio sia il ceto
dei creditori (in termini di maggiore distribuzione) sia la società fallita (sotto
forma di riduzione della situazione debitoria)]; in secondo luogo, che la
responsabilità del curatore verrebbe affermata, in ogni caso, in base ai principi
di cui all’art. 38 l.fall., vale a dire per violazione dell’obbligo di adempiere ai
doveri del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura.
Va segnalato, infine, che in giurisprudenza è stata condivisibilmente esclusa
98
Cass. 13.9.2004, n. 18418, in Big Unico; r.m. 23.5.1996, n. 483/E, in Bollettino trib.
informaz., 1996, 826.
99
M. POLLIO, Peculiarità e aspetti critici tributari nel fallimento, in M. POLLIO – P. P.
PAPALEO, La fiscalità, cit., 350.
100
Per approfondimenti sul punto v., G. BELLAGAMBA-G. CARLI, Il sistema delle sanzioni
tributarie, Milano, 2011, 440 ss.; G.FALSITTA- A.FANTOZZI-G.MAROMGIUF.MOSCHETTI, Commentario breve alle leggi tributarie, II, Accertamento e sanzioni,
F.MOSCHETTI (a cura di), Padova, 2011, 27 ss.; M.A.ESPOSITO, La responsabilità fiscale
del curatore, in L.GHIA-C. PICCININNI-F.SEVERINI, Trattato delle procedure
concorsuali, VI, Torino, 589 ss.
35
36 Gli obblighi fiscali
la responsabilità solidale del curatore con la società fallita per le obbligazioni
tributarie insorte nel corso della procedura101.
Sezione II – Concordato fallimentare
SOMMARIO:1. Le imposte dirette - 2. L’imposta sul valore aggiunto -3. L’imposta
municipale unica - 4. L’imposta di registro
1. Le imposte dirette -La chiusura del fallimento mediante concordato
comporta l’obbligo per il curatore di redigere la dichiarazione finale di cui
all’art. 5 del d.p.r. n. 322/1998 sulla scorta delle norme analizzate retro a p. 6
ss., cui per brevità si rinvia, anche per quanto attiene ai criteri di valutazione
delle attività e delle passività aziendali da restituire al fallito nell’ipotesi in cui
l’impegno concordatario sia stato da lui assunto (naturalmente, le passività
andranno valutate senza tener conto del bonus da concordato, trattandosi di
componente fiscalmente irrilevante).
Poiché nelle fattispecie di concordato con cessio bonorum ed in quello con
assuntore nulla viene restituito al soggetto fallito, si ritiene comunemente che
nell’uno e nell’altro caso non possa emergere alcun residuo attivo da
assoggettare a tassazione.
Ai sensi dell’art. 88, 4° co., del t.u.i.r. sono escluse dalla tassazione le
sopravvenienze attive originate dalla riduzione dei debiti dell’impresa in sede
concordataria.
Per quanto riguarda il dies a quo per la presentazione della dichiarazione,
sembra da preferire l’opinione che fa decorrere il termine in discorso dalla
data di definitività del decreto di omologazione ai sensi dell’art. 130 l.fall.
Va avvertito, da ultimo, che, con risoluzione n. 263/E del 26 ottobre 2009 in
…., l’agenzia delle Entrate ha ritenuto, con riferimento alla fattispecie di
concordato con assunzione, che il diritto allo scomputo delle ritenute
d’acconto operate sugli interessi attivi maturati sui libretti di deposito della
procedura fallimentare spetti all’assuntore102 .
101
Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, 19 ottobre 2010, n. 197, in Big Unico. Per un breve
commento a tale decisione v. E:STASI, Eslcusa la responsabilità solidale del curatore
fallimentare per le obbligazioni tributarie del fallimento, in Fall., 2011, 252.
102
Per approfondimenti sul tema, ci sia consentito rinviare a E. STASI, Nel concordato
fallimentare il credito per le ritenute fiscali subite è di pertinenza dell’assuntore, in Fall.,
2009, 1483.
36
37 Gli obblighi fiscali
2. L'imposta regionale sulle attività produttive
[] Va anzitutto evidenziato che l'art. 33, 4° co., d.l. 22.6.2012, n. 83,
convertito con modificazioni nella l. 7.8.2012, n. 134, al fine di rimuovere
alcuni degli ostacoli di natura fiscale che ancora si frapponevano ad un più
diffuso utilizzo degli strumenti di risoluzione delle crisi d'impresa alternativi
al fallimento, ha interamente riscritto il 4° co. dell'art. 88, d.p.r. 22.12.1986,
n. 917, estendendo, con alcune limitazioni, anche ai piani attestati pubblicati
nel registro delle imprese ed agli accordi di ristrutturazione omologati ai sensi
dell'art. 182 bis, r.d. 16.3.1942, n. 267 il regime di esenzione
dall'imposizione delle sopravvenienze attive generate da un concordato
preventivo o fallimentare.
[] Ai sensi della disposizione novellata, dunque, anche le sopravvenienze
attive in discorso non concorrono a formare la base imponibile dell'imposta
sul reddito (Irpef o Ires) dell'impresa debitrice, limitatamente alla parte che
eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'art. 84, d.p.r. 22.12.1986,
n. 917.
[] Nel silenzio della legge incerta è, invece, l'assoggettabilità ad Irap delle
sopravvenienze attive rivenienti dalla riduzione dei debiti dell'impresa ai sensi
degli istituti previsti dalla legge fallimentare. Irap. Pur non senza incertezze,
sarei incline a ritenere, alla luce del principio di correlazione enunciato nel 4°
co. dell'art. 5, d.lg. 15.12.1997, n. 446 (ai sensi del quale «I componenti
positivi e negativi classificabili in voci del conto economico diverse da quelle
indicate al comma 1 concorrono alla formazione della base imponibile se
correlati a componenti rilevanti della base imponibile di periodi d'imposta
precedenti o successivi»), che le sopravvenienze di cui trattasi, nella misura in
cui si riferiscano a componenti negativi dedotti nei precedenti esercizi,
debbano scontare l'imposta ancorché classificate, in base ai vigenti principi
contabili (OIC n. 6, Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio), tra i
proventi straordinari di cui alla voce E20 del conto economico103.
103
Nel medesimo senso, F.BAVA-P-PISONI, , Irap 2011 e determinazione della base imponibile
dal bilancio: casi controversi, in Fisco, 2012, 3239 ss.; contra, P.PIAZZALUNGA, Le
sopravvenienze attive derivanti dal "bonus" concordatario sono da includere nella base imponibile
IRAP?, in ilfallimentarista, 2011, il quale, traendo spunto dalle indicazioni contenute nella
sentenza Cass. civ., sez. VI, 23.8.2011, n. 17603, ritiene che il principio di correlazione non possa
essere applicato a componenti che derivano da azioni ed eventi successivi alla fase genetica della
produzione e dello scambio).
37
38 Gli obblighi fiscali
3.L’imposta sul valore aggiunto- Le disposizioni analizzate retro a p. 18 sono
applicabili anche all’ipotesi di chiusura del fallimento per concordato
fallimentare, fatta eccezione per l’estinzione della partita Iva quando
rimangano beni aziendali da liquidare dovendosi ancora concludere il ciclo
impositivo dell’impresa.
Naturalmente, le vendite di tali beni poste in essere dopo la chiusura della
procedura di fallimento dovranno essere assoggettate ad Iva da parte del
debitore ritornato in bonis.
A diverse conclusioni dovrebbe invece pervenirsi nel caso di concordato con
assuntore. Poiché gli affetti traslativi della proprietà dei beni compresi nel
patrimonio fallimentare si producono normalmente nel momento in cui il
decreto di omologazione o di approvazione del concordato diventa definitivo
ed il fallimento ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 130 ancora non è chiuso,
sembra corretto ritenere che, in tale evenienza, gli obblighi di fatturazione,
registrazione, liquidazione, versamento e dichiarazione debbano essere assolti
dal curatore104, sempreché, naturalmente, il trasferimento non abbia ad oggetto
un vero e proprio compendio aziendale, rendendosi in tal caso dovuta la sola
imposta di registro.
Quanto alla determinazione della base imponibile su cui applicare l’Iva, mi
sembra da condividere il criterio proposto in dottrina di suddividere l’importo
complessivo della cessione in proporzione al valore attribuito in sede di
perizia ai beni mobili ed immobili105. E’ appena ovvio che, qualora l’efficacia
del trasferimento venisse differita all’avvenuto accertamento dell’integrale
esecuzione del concordato, tutti gli adempimenti fiscali connessi alla cessione
delle attività aziendali non potranno che fare capo al debitore concordatario
ritornato in bonis.
Secondo l’Amministrazione finanziaria106, le note di variazione Iva ex art. 26,
2° co., d.p.r. n, 633/1972 possono essere emesse, da parte dei creditori in tutto
o in parte insoddisfatti, a partire dal passaggio in giudicato della sentenza di
omologa del concordato (oggi a partire dal momento in cui il decreto di
omologazione diventa definitivo), con il conseguente obbligo, da parte del
debitore concordatario ormai ritornato in bonis, di contabilizzare detti
documenti nei propri registri Iva. Questa opinione non manca tuttavia di
suscitare qualche legittima perplessità dal punto di vista strettamente
giuridico, soprattutto nel caso di concordato con cessio bonorum, perché - a
104
Questa era anche l’opinione espressa, nel vigore della vecchia legge fallimentare, da S.
ZENATI, L. MANDRIOLI, cit., 67 ss.
105
S. ZENATI, L. MANDRIOLI, cit., 70.
106
Circ. min. 17.4.2000, n. 77/E, in Corriere trib. 2000, 1394.
38
39 Gli obblighi fiscali
mio modo di vedere - è solo con l’emissione del decreto che ai sensi dell’art.
136, 3° co., l.fall. si accerta l’esecuzione del concordato che il creditore
acquisisce la certezza del definitivo ammontare della perdita subita107, tanto è
vero che, per quanto attiene alla procedura di concordato preventivo, quella
medesima circolare non ha mancato di precisare che, oltre alla sentenza di
omologazione (ora sostituita dal decreto di cui all’art. 180 l. fall.), occorre
avere riguardo “anche al momento in cui il debitore concordatario adempie
gli obblighi assunti in sede di concordato”.
Per quanto riguarda, poi, il debito d’imposta nascente in capo al debitore
concordatario, l’Amministrazione finanziaria, con ris. n. 161/E del 17 ottobre
2001 (pubblicata su Big Unico), ha precisato, a proposito del concordato
preventivo, che il debito di cui trattasi, trovando la sua radice causale in
un’operazione compiuta prima dell’avvio della procedura concorsuale, non
deve essere adempiuto, essendosi già prodotti gli effetti estintivi del
concordato: pare, quindi, ragionevole ritenere che la medesima soluzione
debba valere anche nel caso di concordato fallimentare108.
4. L'imposta municipale unica
[] Quanto all'Imu, si ripropone la stessa situazione già esaminata parlando del
fallimento allorché l'immobile acquisito alla massa attiva non sia stato
alienato nel corso della procedura e venga pertanto restituito al soggetto
fallito.
[] Alla luce delle considerazioni a suo tempo svolte, credo che anche in questo
caso il presupposto impositivo (costituito da una fattispecie complessa che ha
come propri elementi costitutivi il possesso del bene immobile e la sua
vendita) non si perfezioni e che, pertanto, il tributo non sia dovuto. Viceversa,
nell'ipotesi in cui l'immobile venga trasferito al terzo assuntore, e la fattispecie
costitutiva dell'obbligazione tributaria si sia quindi realizzata, l'imposta dovrà
essere versata entro novanta giorni dalla data di definitività del decreto di
omologazione del concordato con la liquidità esistente nelle casse del
fallimento
ovvero
con
i
mezzi
forniti
dall'assuntore.
5.L’imposta di registro- Il trattamento tributario del provvedimento di
omologazione del concordato costituisce un problema che è stato a lungo
107
Così E. STASI, Ultimi chiarimenti in tema di note di variazione Iva, in Fallimento, 1998,
530.
108
In senso conforme, v. C. ZAFARANA, cit., 235.
39
40 Gli obblighi fiscali
dibattuto e che, negli ultimi anni, appariva avviato ad una soluzione sempre
più largamente condivisa.
Muovendo da una concezione pubblicistica dell’istituto concordatario, nella
giurisprudenza della Corte di Cassazione 109 sembrava ormai essersi fatto
strada il convincimento che le sentenza di omologazione, in quanto atto
giudiziale contenente l’assunzione di obblighi di pagamento, dovesse scontare
l’imposta proporzionale del 3% ai sensi dell’art. 8, lett. a), della tariffa di cui
all’allegato A del d.p.r. n. 131 del 1986. Si discuteva, invece, sulla necessità di
ricomprendere nella base imponibile tutti crediti privilegiati e chirografari
oggetto di concordato110 ovvero i soli crediti chirografari111, fermo restando il
principio di alternatività tra Iva e imposta di registro enunciato nell’art. 40 del
d.p.r. n. 631/1986, con conseguente applicabilità della tassa fissa ai crediti
originati da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, e fermo
restando in capo all’amministrazione finanziaria il potere di rettificare i valori
dichiarati degli immobili delle aziende trasferite, non essendo applicabile ai
trasferimenti effettuati nell’ambito delle procedure di concordato il disposto
dell’art. 44 del d.p.r. n. 131/1986.
Nel caso di concordato con garanzia si riteneva che le garanzie reali o
personali prestate dal terzo, data la loro natura obbligatoria, dovessero essere
esonerate dal pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 6 della prima parte
della tariffa. Nell’ipotesi di concordato con cessione dei beni si reputava,
infine, che, non verificandosi alcun effetto novativo rispetto alla situazione
obbligatoria pregressa e non producendosi alcun effetto traslativo dei beni
messi a disposizione dei creditori, che rimangono di proprietà del fallito
ancorché assoggettati ad un vincolo di destinazione al quale non possono
essere sottratti, la sentenza di omologazione dovesse scontare la sola imposta
fissa112.
Sennonché, due recenti sentenze della Cassazione 113 sembrano avere
modificato questo indirizzo. Valorizzando un criterio c.d. nominalistico di
interpretazione, che meglio aderisce al dato letterale della norma, i giudici di
legittimità hanno infatti sostenuto, con specifico riferimento alla fattispecie di
concordato preventivo con garanzia ma con argomentazioni estensibili anche
109
Cass. 23.5.1990, n. 4665, in Fallimento, 1990, 1029; Cass. 17.4.1998, n. 3917, in
Fallimento, 1999, 169; Cass., 11.11.2004, n. 21473, in Lplus.
110
G. CARAMAZZA, Il nuovo T.U. sull'imposta di registro e le procedure concorsuali, in
Fallimento 1986, 1293 ss.; M. G. VANADIA,….,in DPT 1982, II, 1206.
111
G. CANDIOTTO, Il concordato fallimentare, Rimini, 2000, 141; G. LAURINI, …., inGiur.
comm. 1981, II, 1113; F. BRIGHENTI, Adempimenti, cit., 139.
112
Cass. 20.3.1998, n. 2957, in Foro It.,1998, I, 3241.
113
Cass. 7.5.2007, n. 10351, in Big Unico; Cass. 18.5.2007, n. 11585, in Lplus.
40
41 Gli obblighi fiscali
alle differenti figure di concordato senza garanzia e di concordato con cessio
bonorum, che la sentenza di omologazione emessa sotto l’impero della legge
previgente, non potendo essere inquadrata in alcuna delle fattispecie di cui alle
lettere da a) a f) del ridetto art. 8, debba necessariamente rientrare nella
categoria sub g), che menziona genericamente gli atti “di omologazione”.
Secondo questo approccio interpretativo, dunque, rimarrebbe soggetta ad
imposta proporzionale di registro, in base alle aliquote proprie dei beni ceduti
e delle passività accollate, soltanto la pronuncia di omologazione del
concordato con assuntore alla luce della previsione contenuta nella lett. a)
dell’art. 8 cit., sempreché, naturalmente, beni oggetto di trasferimento non
facciano parte del patrimonio aziendale e non debbano, quindi, scontare l’Iva.
[] Con ris. 26.3.2012, n. 27/E, l'Amministrazione finanziaria, che si era
inizialmente espressa a favore della tassazione in misura proporzionale del
provvedimento di omologazione del concordato, si è allineata all'orientamento
dei giudici di legittimità, fornendo, con successiva circ. 21.6.2012, n. 27/E114,
una serie di indicazioni in merito ai criteri di tassazione del decreto di cui
trattasi. In particolare, per quanto attiene alla fattispecie di concordato con
assunzione exart. 124, r.d. 16.3.1942, n. 267 il documento di prassi in
discorso osserva, anzitutto, come essa si caratterizzi, rispetto alle altre figure
di concordato, per il fatto che l'assuntore si obbliga a soddisfare in crediti
concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico
dell'accollo (art. 1273 c.c.), in contropartita della cessione delle attività
fallimentari. Ne consegue, in termini di corollari applicativi, che il decreto di
cui trattasi deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura
proporzionale, in base a quanto stabilito dall'art. 8, lett. a), della Tariffa,
parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131, il quale prevede
l'applicazione delle «stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti»,
sempreché detti atti non abbiano ad oggetto operazioni incluse nell'ambito
applicativo dell'Iva, giacché in tal caso, in ossequio al principio di alternatività
Iva/Registro sancito dall'art. 40, d.p.r. 26.4.1986, n. 131, l'imposta di registro
deve essere applicata in misura fissa.
[] Per quanto attiene alla determinazione della base imponibile,
l'Amministrazione finanziaria ritiene applicabile, nel caso di specie, il
disposto dell'art. 21, 2° co., d.p.r. 26.4.1986, n. 131, secondo cui «Se le
disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro
114
Per un breve commento a tale documento di prassi, v. E.STASI, Imposta di registro sugli
accordi di ristrutturazione dei debiti e nel concordato fallimentare, in Fall. 2012, 1011.
41
42 Gli obblighi fiscali
intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto
contenesse una sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa».
Ciò comporta, sul piano operativo, la necessità di porre a confronto
l'imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all'accollo dei debiti
scaturenti dal concordato, soggetti all'imposta nella misura del 3 per cento ai
sensi dell'art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n.
131, e l'imposizione gravante sui beni dell'attivo fallimentare trasferiti per
effetto del concordato, dando la prevalenza all'imposizione più onerosa.
[] Con riferimento alla cessione dei crediti al terzo assuntore, l'Agenzia
rammenta che le cessioni di crediti in denaro, non aventi causa di
finanziamento, sono escluse dal campo di applicazione dell'Iva ai sensi
dell'art. 2, 3° co., lett. a), d.p.r. 26.10.1972, n. 633 e, pertanto, in virtù del
principio di alternatività Iva/registro, le stesse debbono essere sottoposte ad
imposta di registro con l'aliquota dello 0,50 per cento exart. 6 della Tariffa,
parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131. Allo stesso modo, la
cessione all'assuntore dei crediti vantati verso l'Erario, quale cessione di
crediti non aventi natura finanziaria, va assoggettata all'imposta di registro in
misura proporzionale con l'aliquota dello 0,50 per cento sul loro ammontare ai
sensi degli artt. 49, d.p.r. 26.4.1986, n. 131 e 6 della Tariffa, parte prima, allo
stesso allegata. Sull'ammontare dei depositi bancari va applicata l'imposta di
registro con l'aliquota dello 0,50 per cento, atteso che la cessione di depositi
bancari
costituisce
una
cessione
del
credito.
[] Infine, a proposito della cessione della titolarità di azioni giudiziarie
pendenti di pertinenza della massa fallimentare, l'Amministrazione
finanziaria, dopo aver posto in rilievo come l'oggetto di tali cessioni possa
individuarsi nel diritto controverso, atteso che le stesse consentono la
successione a titolo particolare dell'assuntore nel diritto stesso (ad esempio nel
caso delle azioni revocatorie del diritto a far dichiarare l'inefficacia dell'atto
revocato), conclude affermando che, non comportando alcuna cessione
anticipata dei beni o diritti cui le stesse si riferiscono, la parte del decreto di
omologa del concordato relativa alla cessione delle azioni di massa esula
dall'ambito applicativo della disposizione di cui all'art. 8, lett. a), della
Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26.4.1986, n. 131.
Da ultimo, si segnala che, secondo una recentissima sentenza della
Cassazione115, la risoluzione del concordato con garanzia farebbe nascere in
capo al contribuente il diritto alla restituzione dell’imposta proporzionale in
precedenza versata.
115
Cass. 29.2.2008, n. 5474, in Big Unico.
42
43 Gli obblighi fiscali
Sezione III – Concordato preventivo
SOMMARIO:1. Le imposte sul reddito - 2. L’imposta sul valore aggiunto - 3. L’imposta
regionale sulle attività produttive - 4. L’imposta di registro - 5. L’imposta municipale unica
1.Le imposte sul reddito–A differenza del fallimento, il testo unico delle
imposte sul reddito non contiene una disciplina specifica per il concordato
preventivo, per cui continueranno le disposizioni dettate per tutte le imprese in
bonis con due importanti eccezioni, riguardanti, rispettivamente, le
sopravvenienze attive originate dalla riduzione delle passività aziendali e le
plusvalenze e le minusvalenze realizzate a seguito delle cessione dei beni ai
creditori.
L’art. 88, 4° co., del t.u.i.r. esclude, infatti, dalla tassazione le sopravvenienze
attive derivanti dalla riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato
fallimentare o preventivo, mentre ai sensi dell’art. l’art. 86, 5° co., dello stesso
testo di legge “la cessione dei beni ai creditori non costituisce realizzo di
plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze
e il valore di avviamento”.
Premesso che l’esclusione dalla tassazione delle sopravvenienze prodotte dal
bonus concordatario si applica a qualsiasi tipologia di concordato giudiziale
(cfr. ris. min. 15.9.1980, n. 9/2079, in Big Unico), per quanto attiene alle
plusvalenze e minusvalenze conseguite nell’ambito del concordato preventivo
con cessio bonorum, in coerenza con la ratio della norma, che è
evidentemente quella di ridurre l’onere fiscale delle operazioni compiute nel
corso della liquidazione concordataria,si ritiene ormai pacificamente (Cass.
4.6.1996, n. 5112, in Fallimento,1996, 1210, con osservazioni di ANNI; r.m.
1.3.2004, n. 29/E, in Big Unico) che la disposizione esonerativa in discorso
riguardi non solo la cessione di beni ai creditori, bensì anche le vendite dei
beni ceduti poste in essere dal liquidatore giudiziale.
Durante la procedura di concordato preventivo nessun adempimento è previsto
a carico del commissario giudiziale o del liquidatore giudiziale nel concordato
con cessione di beni. Tutti gli obblighi previsti dalle leggi fiscali, ivi comprese
quelli gravanti sui sostituti d’imposta, continueranno a fare pertanto capo
all’impresa concordataria e dovranno essere assolti dall’imprenditore o
dall’organo amministrativo della società, al pari della tenuta della contabilità e
della redazione dei bilanci annuali, così come ad essi soltanto sarà attribuita la
legittimazione a ricevere ed impugnare gli atti emessi dall’Amministrazione
(cfr. Comm. Trib. Centr. 18.3.1993, n. 1246, in Big Unico; Comm. Trib. Centr.
10.12.1990, n. 8113, in Fisco, 1991, 532).
43
44 Gli obblighi fiscali
2. L’imposta sul valore aggiunto - Continuano ad applicarsi la disciplina
dettata in via generale dal legislatore fiscale per l’imposizione delle operazioni
compiute nell’esercizio dell’impresa, senza alcuna possibilità di applicare le
disposizioni previste dall’art. 74 bis che, ponendosi chiaramente come norme
di ordine eccezionale non consentono il ricorso allo strumento analogico
(ZAFARANA, cit., 275; r.m. 18.1.1979, n. 363235, in Bollettino trib.
informaz.,1979, 388). Lo stesso dicasi per le operazioni di liquidazione dei
beni compiute dal liquidatore giudiziale nominato ai sensi dell’art. 182 l.fall.
nel corso della procedura di concordato con cessio bonorom , fermo restando
l’obbligo in capo al debitore concordatario di porre in essere tutti gli
adempimenti fiscali conseguenti.
Va tuttavia segnalato che, nella prassi, la nomina del liquidatore giudiziale
viene portata a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria mediante la
presentazione del modello per la variazione dei dati Iva di cui all’art. 35 del
d.p.r. n. 633/1972.
Quanto alle note di variazione, si è già detto retro (p….) che, secondo
l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, il documento in discorso
non possa essere legittimamente emesso sino a quando il debitore
concordatario non abbia adempiuto agli obblighi assunti dal concordato, con
l’ulteriore precisazione che, ove venisse dichiarato il fallimento, la rettifica in
diminuzione potrebbe essere operata soltanto dopo che il piano di riparto finale
dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di riparto, alla chiusura
della procedura fallimentare.
3.L’imposta regionale sulle attività produttive- Le imprese in concordato
preventivo sono soggette alle disposizioni Irap.
Dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, all’art. 11
della legge Irap, in dottrina sono stati manifestati legittimi dubbi in ordine alla
deducibilità della plusvalenze e delle sopravvenienze attive concordatarie dalla
base imponibile del tributo, discutendosi sull’applicabilità, al caso di specie,
della norma dettata dal successivo art. 11 bis, che consentiva di operare le
medesime rettifiche in diminuzione dalla base imponibile previste in materia di
imposte sui redditi.
Con l’emanazione della Finanziaria per il 2008 il quadro normativo è
ulteriormente cambiato, in quanto l’art. 50 della legge ha apportato
significative innovazioni alla pregressa disciplina della base imponibile del
tributo per le diverse tipologie di attività di impresa, con effetto a partire
dall’esercizio 2008.
44
45 Gli obblighi fiscali
Infatti, ai sensi del 3° co. del nuovo art. 5, le sole plusvalenze e minusvalenze
rilevanti, ai fini dell’applicazione del tributo, sono quelle originate “dalla
cessione di immobili che non costituiscono non strumentali per l’esercizio
dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività
dell’impresa”.
Trattasi di una importante novità, poiché - come si è già posto in evidenza fino al periodo d’imposta 2007 le plusvalenze rilevanti erano in linea di
principio tutte, salvo quelle derivanti dalle operazioni di trasferimento di
azienda.
Con l’abrogazione dell’art. 11-bis, ad opera della lett. g) del citato art. 50,
rimane invece confermata l’indeducibilità delle sopravvenienze da concordato.
4.L’imposta di registro- Per quanto riguarda le problematiche relative alla
tassazione del provvedimento di omologazione del concordato di cui all’art.
180 l.fall., si rinvia a quanto è stato sopra esposto in ordine alla imposizione
del provvedimento
5. L'imposta municipale unica
[] Anche per questo tributo continuano ad applicarsi le disposizioni di
carattere generale contenute nella legge istitutiva dell'Imu, in quanto la natura
strettamente eccezionale delle disposizioni dettate dall'art. 10, 6° co., d.lg.
30.12.1992, n. 504, per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa, a
cui il 7° co. dell'art. 9, d.lg. 14.3.2011, n. 23 rinvia, ne impedisce
l'applicazione analogica alla procedura di concordato preventivo.
Sezione IV
Accordi di ristrutturazione
di Enrico Stasi
Riferimenti normativi
d.p.r. 26.4.1986, n. 131art. 8 tariffad.p.r. 22.12.1986, n. 917artt. 8688101d.l.
22.6.2012, n. 83art. 33l. 7.8.2012, n. 134
Bibliografia
BRUNO N.A., I profili fiscali begli accordi di ristrutturazione dei debiti, in
Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccinini, Severini, VI,
Torino, 2012, 480 ss.
45
46 Gli obblighi fiscali
SOMMARIO
1. Le imposte dirette e l'Irap. 2. L'imposta di registro.
1. Le imposte dirette e l'Irap
[] Come si è già posto in evidenza in sede di esame dei profili fiscali del
concordato fallimentare, ai sensi del novellato 4° co. dell'art. 88, d.p.r.
22.12.1986, n. 917, pure le sopravvenienze attive rivenienti dalla riduzione
dei debiti dell'impresa debitrice nell'ambito di un accordo di ristrutturazione
omologato a norma dell'art. 182 bis, r.d. 16.3.1942, n. 267 non concorrono a
formare la base imponibile delle imposte sul reddito (Irpef o Ires) per la parte
che eccede le perdite, pregresse e di periodo, disciplinate dall'art. 84 dello
stesso testo unico.
[] Dubbia è, invece, la loro assoggettabilità ad Irap. Come si è già avuto modo
di rilevare, l'opinione positiva appare preferibile.
[] Merita segnalare, da ultimo, che il 5° co. dell'art. 33, d.l. 22.6.2012, n. 83,
convertito con modificazioni nella l. 7.8.2012, n. 134, ha interamente
riformulato il 5° co. dell'art. 101, d.p.r. 22.12.1986, n. 917: in base alla
disposizione novellata, oggi sono interamente deducibili dal reddito d'impresa
ai fini Iperf ed Ires anche le perdite su crediti verso debitori che abbiano
stipulato accordi di ristrutturazione omologati.
2. L'imposta di registro
[] Per quanto riguarda il trattamento tributario del decreto di omologazione
dell'accordo, sono dell'avviso che esso vada assoggettato ad imposta fissa di
registro ai sensi dell'art. 8, 1° co., lett. g), tariffa I, d.p.r. 26.4.1986, n.
131116.
SezioneIV - Liquidazione coatta amministrativa
116
In senso conforme, cfr. Agenzia delle entrate, circ, n. 27/E del 21.6.2012.
46
47 Gli obblighi fiscali
SOMMARIO: 1. Rinvio agli adempimenti del curatore
1. Rinvio agli adempimenti del curatore - La disciplina fiscale della
liquidazione coatta amministrativa è identica a quella del fallimento, tanto in
materia di Iva (art. 74 bis d.p.r. n. 633/1972 e art. 8 d.p.r. n. 322/1998), quanto
in materia di imposte sui redditi (art. 183 t.u.i.r. e art. 5 d.p.r. n. 322/1998),
Irap (art. 19, 6° co., d.lgs. n. 446/1997) e I.M.U. (art. 9 d.lgs. n. 14.3.2011, n.
23, e art. 10, 6° co., d.lgs. 31.12.1992, n. 504).
In questa sede sarà pertanto sufficiente rinviare alla trattazione dedicata al
fallimento, avvertendo che ogni riferimento effettuato al curatore deve
intendersi esteso al commissario liquidatore.
Al più può valere la pena ricordare che la legge non prevede l’emissione di un
formale provvedimento di chiusura e che, ove lo stesso non venga comunque
emesso dall’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, sembra
ragionevole ritenere che la procedura si chiuda con l’effettuazione del piano di
riparto finale di cui all’art. 213 l.fall.117.
Va peraltro avvertito che, con specifico riferimento alle note di variazione Iva
di cui al’art. 26, 2° co., d.p.r. n. 633/1972, l'Amministrazione finanziaria ha
affermato che la procedura ha un suo preciso termine di formalizzazione
nell'autorizzazione da parte dell'autorità preposta al deposito del piano di
riparto, che s'intende approvato decorsi i termini indicati nel citato art. 213,
con la conseguenza che è a partire da questo momento che i documenti in
discorso potranno essere emessi da parte del creditore in tutto o in parte
insoddisfatto118.
Profili fiscali dell'amministrazione straordinaria delle grandi
imprese insolventi
di Enrico Stasi
Riferimenti normativi
r.d. 16.3.1942, n. 267artt. 424445464748d.p.r. 26.10.1972, n. 633art. 74
bisd.p.r. 22.12.1986, n. 917art. 183d.p.r. 22.7.1998, n. 322artt. 58d.lg.
117
Cfr. SPIOTTA, Commento sub art. 213, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da JORIO,
coordinato da FABIANI, cit., 2700, cui adde E. STASI,……
118
Circ. 17.4.2000, n. 77/E, in Big Unico.
47
48 Gli obblighi fiscali
8.7.1999, n. 270artt. 31936727376788187d.l. 23.12.2003, n. 347artt. 38d.l.
28.8.2008, n. 134r.m. 16.6.2009, n. 161/E
Bibliografia
ABATE F., Aspetti fiscali nell'insolvenza delle grandi imprese, in Fallimento,
1993, 9, 973 ss.; ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I., GIANNELLI A.,
Amministrazione straordinaria. Adempimenti fiscali, in Trattato delle
procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccininni, Severini, VI, Torino, 2012,
610 ss.; BONSIGNORI A., La liquidazione coatta amministrativa, in
Commentario della legge fallimentare Scialoja e Branca, Bologna, 1974, 138;
ID., Processi concorsuali minori, in Trattato di diritto commerciale e
dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1997, 563; FALSITTA G., La
tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi,
Padova, 1986, 251 e 252; MICCINESI M., L'imposizione sui redditi nel
fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, 329 ss.; NIGRO
A., Le società per azioni nelle procedure concorsuali, in Trattato delle società
per azioni, diretto da Colombo e Portale, IX, 2, Torino, 1993, 357 ss.;
PROVINCIALI R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 400;
QUATRARO B., Manuale delle procedure concorsuali minori, Milano, 1982,
154; SATTA S., Diritto fallimentare, Padova, 1996, 556; STASI E.,
Adempimenti fiscali dei commissari della nuova legge sull'amministrazione
straordinaria, in Fallimento, 2001, 1, 5 ss.; ID., Gli adempimenti fiscali dei
commissari della nuova legge sull'amministrazione straordinaria, in Il
fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto da Panzani, VI, Torino,
2002, 641 ss.; ID., Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, in
Fallimento, 2009, 1004 ss.; ID., Liquidazione volontaria e successiva
dichiarazione di fallimento o apertura di liquidazione coatta amministrativa:
adempimenti fiscali, in Fallimento, 2010, 1467; ZAFARANA C., Manuale
tributario del fallimento, Milano, 2007, 304 ss.
48
49 Gli obblighi fiscali
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Adempimenti dei commissari della procedura di
amministrazione straordinaria di cui al d.lg. n. 270/1999. Le imposte sul
reddito. 3. Segue. Il commissario straordinario sostituto d'imposta. 4.
Segue. L'imposta sul valore aggiunto. 5. Segue. L'imposta regionale sulle
attività produttive. 6. Segue. L'imposta municipale unica. 7. La nota
19.7.2010 dell'Agenzia delle Entrate. 8. Adempimenti dei commissari
delle procedure di amministrazione straordinaria speciali di cui ai d.l. n.
347/2003 e n. 134/2008. 9. Segue. La r.m. 16.6.2009, n. 161/E.
1. Premessa
[] Nel vigore della l. n. 95/1979 (c.d. legge Prodi), l'assoluto silenzio serbato
dal legislatore fiscale in materia di amministrazione straordinaria aveva
indotto la dottrina a ritenere applicabili, attraverso un'interpretazione
estensiva, le norme del testo unico specificamente dettate per il fallimento e la
liquidazione coatta amministrativa, a prescindere dal fatto che fosse stata o
meno autorizzata la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa ai sensi dell'art. 2
della legge appena citata1.
[] Tale soluzione veniva motivata ponendo soprattutto l'accento sulla
prevalenza, nel contesto dell'amministrazione straordinaria, degli aspetti
liquidatori-satisfattivi propri delle due altre procedure, rispetto a quelli
conservativi e di risanamento dell'impresa pure presenti nella disciplina
positiva dell'istituto. E per avvalorare tale assunto veniva fatto osservare, da
un lato, che la risanabilità dell'impresa non era ricompresa tra le condizioni di
accesso alla procedura; dall'altro lato che la prosecuzione dell'attività
produttiva rivestiva carattere soltanto eventuale, dipendendo da una decisione
discrezionale del Ministro dell'Industria.
[] Tale interpretazione non era stata, però, del tutto condivisa
dall'amministrazione finanziaria, la quale, in più occasioni, si era espressa nel
senso che le disposizioni di cui agli artt. 125, d.p.r. n. 917/1986 (oggi art.
183) e 10, d.p.r. n. 600/1973 (oggi sostituito dall'art. 5, d.p.r. n. 322/1998)
potessero trovare applicazione soltanto nell'ipotesi in cui non fosse stata
disposta la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa; in caso contrario, il
commissario straordinario doveva reputarsi obbligato a redigere e presentare
49
50 Gli obblighi fiscali
le dichiarazioni relative ai periodi d'imposta intermedi2.
[] Con l'entrata in vigore del d.lg. n. 270/1999 (c.d. legge Prodi bis) il quadro
normativo risulta profondamente mutato. Infatti, non solo è stata modificata la
struttura della procedura con l'innesto di una fase giudiziale di osservazione,
modellata sulla falsariga del concordato preventivo, che vede la presenza di un
commissario giudiziale con il compito specifico di indagare e riferire al
tribunale in ordine all'esistenza di concrete prospettive di risanamento
dell'impresa dichiarata insolvente ai fini dell'apertura della amministrazione
straordinaria; ma, nel sistema della nuova legge, il salvataggio dell'impresa,
attraverso uno dei due percorsi alternativi previsti dall'art. 27 del decreto,
viene visto come l'obbiettivo primario che la procedura deve concretamente
perseguire.
[] Inoltre, la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa è concepita non già in
chiave di mera eventualità, bensì alla stregua di un vero e proprio obbligo, sia
nella prima fase, da parte dell'imprenditore o del commissario giudiziale
exart. 19, sia nella fase cronologicamente successiva dell'amministrazione
straordinaria, da parte del commissario straordinario.
[] Il decreto Marzano (d.l. n. 347/2003), così come modificato dal decreto
Alitalia (d.l. n. 134/2008), ha poi introdotto nel nostro sistema concorsuale un
tipo speciale di amministrazione straordinaria. A differenza
dell'amministrazione straordinaria comune, che è preceduta da una fase
giudiziale di osservazione nella quale la gestione dell'impresa può essere
anche lasciata all'imprenditore insolvente sotto il controllo degli organi della
procedura, come peraltro sempre avviene nell'ambito della procedura di
concordato preventivo, questo modello speciale di amministrazione
straordinaria ha struttura monofasica ed è caratterizzato dal fatto che l'impresa
viene ammessa alla procedura in virtù di un decreto ministeriale a cui la legge
ricollega gli effetti tipici dello spossessamento fallimentare di cui agli artt.
42, 44, 45, 46, 47 e 48, r.d. 16.3.1942, n. 267 e che immette immediatamente
il commissario straordinario nella gestione dell'impresa3.
[] Alla luce di questa premessa, nulla disponendo la legge al riguardo, si tratta,
ora, di stabilire quali adempimenti tributari possano configurarsi in capo al
commissario giudiziale prima e al commissario straordinario poi.
50
51 Gli obblighi fiscali
2. Adempimenti dei commissari della procedura di amministrazione
straordinaria di cui al d.lg. n. 270/1999. Le imposte sul reddito
[] A) Iniziando dal commissario giudiziale a cui il tribunale non abbia
conferito i poteri gestori previsti dall'art. 19, d.lg. n. 270/1999, mi sembra che
la soluzione non possa e non debba essere diversa da quella prevista per il
commissario giudiziale del concordato preventivo. Escluso, infatti, che la
dichiarazione di insolvenza possa esplicare un qualche effetto sul periodo
d'imposta in corso, determinandone la sua interruzione, tutti gli obblighi
contabili e dichiarativi non potranno che rimanere ad esclusivo carico del
titolare dell'impresa dichiarata insolvente o dei suoi amministratori, quando
questa sia una società.
[] Naturalmente, il reddito imponibile dovrà essere determinato secondo le
regole ordinarie dettate per gli imprenditori in bonis.
[] Nella diversa ipotesi in cui il tribunale abbia affidato al commissario
giudiziale compiti di gestione, è lecito domandarsi se, oltre alla fatturazione e
registrazione delle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'impresa, egli
debba pure redigere la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta
anteriore a quello della dichiarazione d'insolvenza, qualora il termine utile per
la sua presentazione venga a scadere proprio nel corso della fase giudiziale.
[] Nell'ipotesi di impresa individuale la risposta al quesito dovrebbe essere
negativa, dovendo tale dichiarazione includere non soltanto i redditi generati
dai beni oggetto di spossessamento (art. 19, 3° co., d.p.r. n. 270/1999) ma
anche quelli derivanti dai beni e diritti da esso esclusi ai sensi dell'art. 46, r.d.
16.3.1942, n. 267.
[] Del resto, in assenza di una norma che espressamente lo preveda, la
sussistenza di un obbligo siffatto viene generalmente escluso dalla
giurisprudenza (Cass. pen., sez. III, 1.12.2010, n. 1549; Cass. pen., sez. III,
20.5.1999, n. 10539; Cass. pen., sez. III, 27.10.1995, n. 299) sia con
riferimento al curatore fallimentare, sia con riferimento al commissario della
liquidazione coatta e non esiste ragione, né logica né giuridica, per concludere
diversamente nei confronti del commissario giudiziale della procedura che ci
occupa.
[] Proprio quest'ultima considerazione – e cioè la mancanza di riscontri
51
52 Gli obblighi fiscali
normativi in tal senso – dovrebbe valere ad escludere che alla presentazione
della dichiarazione in discorso possa reputarsi invece tenuto il commissario
giudiziale di società dichiarate insolventi, sulla base del rilievo che, in questo
caso, essendo il reddito d'impresa al tempo stesso anche il reddito
complessivo della società in procedura, non sarebbe concepibile l'esigenza
prima segnalata per negare la sussistenza di un analogo obbligo in capo al
commissario giudiziale di impresa individuale.
[] Se ne deve concludere, pertanto, che, nelle fattispecie sopra indicate, il
dovere di presentare la dichiarazione relativa all'esercizio precedente a quello
della dichiarazione d'insolvenza continui a gravare sull'imprenditore o sugli
amministratori della società insolvente. Naturalmente, il commissario
giudiziale dovrà consentire l'accesso ai dati e ai documenti necessari al
corretto adempimento dell'obbligo.
[] A mio avviso, in mancanza di contrarie indicazioni normative, alla
medesima conclusione si deve pervenire anche a proposito della dichiarazione
dei sostituti d'imposta.
[] B) Passando ad esaminare gli obblighi tributari facenti carico al
commissario straordinario, per le ragioni anzidette, si può cominciare con
l'escludere che egli possa ritenersi obbligato a redigere e presentare la
dichiarazione dei redditi realizzati nel periodo d'imposta anteriore a quello di
apertura della procedura; così come deve ritenersi parimenti dispensato
dall'obbligo di presentare la dichiarazione dei sostituti d'imposta per le somme
corrisposte nel precedente esercizio solare.
[] Né mi sembra che, nel caso di società, a tale soluzione possa essere di
ostacolo il rinvio contenuto nell'art. 36, d.lg. n. 270/1999 alle norme sulla
liquidazione coatta amministrativa e, dunque, anche all'art. 200, r.d.
16.3.1942, n. 267, almeno nella misura in cui si sia disposti a condividere
l'opinione, oggi forse prevalente (cfr. Cass. civ., sez. III, ord. 3.10.2005, n.
19293; Cass. civ., sez. I, 11.10.1997, n. 9881; Cass. civ., sez. I, 4.12.1992, n.
12928; contra, Cass. civ., sez. II, 18.2.1989, n. 985)4, che la sospensione
delle funzioni degli organi amministrativi ivi prevista sia solamente parziale.
[] Nel corso dell'esercizio dell'impresa, qualunque sia il programma prescelto,
il commissario straordinario dovrà porre in essere tutti gli adempimenti
prescritti dalle vigenti leggi fiscali5, ivi compresi quelli posti a carico dei
sostituti d'imposta.
52
53 Gli obblighi fiscali
[] In particolare, per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi, il commissario
straordinario deve reputarsi anzitutto obbligato a presentare, entro il normale
termine di scadenza, la dichiarazione relativa al reddito d'impresa realizzato
nel periodo d'imposta nel quale l'amministrazione straordinaria è stata aperta,
tenendo anche conto delle operazioni compiute nella frazione d'esercizio
antecedente all'apertura della procedura. Nell'ipotesi in cui l'impresa
assoggettata ad amministrazione straordinaria sia un'impresa individuale o una
società di persone, considerazioni di ordine sistematico inducono a ritenere
che copia di tale dichiarazione debba essere consegnata o inviata, in tempo
utile, da parte dello stesso commissario, all'imprenditore persona fisica, a
ciascuno dei familiari partecipanti all'impresa, ovvero a ciascuno dei soci, ai
fini dell'inclusione del reddito o della perdita che ne risulta nelle rispettive
dichiarazioni dei redditi relative al medesimo periodo d'imposta (art. 5, 4° co.,
d.p.r. n. 322/1998). Queste ultime dichiarazioni, oltre al reddito d'impresa
comunicato dal commissario, dovrebbero avere ad oggetto sia i redditi
generati dai cespiti personali appresi alla procedura sia i redditi inerenti ai
beni ed ai diritti da essa esclusi ai sensi dell'art. 46, r.d. 16.3.1942, n. 267.
[] Per quanto riguarda il pagamento dell'imposta che risultasse così dovuta,
conformemente all'opinione da me espressa in altra sede, mentre nutro seri
dubbi sulla possibilità di qualificare l'onere fiscale in argomento in termini di
debito di massa, anche dal peculiare punto di vista del principio di inerenza
enunciato nell'ultimo comma dell'art. 42, r.d. 16.3.1942, n. 267, non
ravviserei invece ostacoli ad ammettere un intervento della procedura, sotto
forma di sussidio exart. 47, r.d. 16.3.1942, n. 267, non soltanto nel caso –
abbastanza ovvio – in cui l'imprenditore insolvente risultasse totalmente privo
di risorse economiche, ma pure quando l'adempimento della prestazione
impositiva da parte di quest'ultimo non fosse altrimenti possibile se non
intaccando il così detto minimo vitale, vale a dire quel minimo di mezzi
economici ritenuti necessari per assicurare a lui ed alla sua famiglia la
sopravvivenza materiale6.
[] Qualora l'impresa sottoposta a procedura di amministrazione straordinaria
sia una società di capitali, l'Ires eventualmente dovuta dovrebbe essere pagata
dal commissario in regime di prededuzione.
[] Il commissario straordinario dovrebbe, poi, dichiarare i redditi di impresa
conseguiti nei successivi periodi d'imposta in cui l'esercizio dell'impresa si è
protratto, osservando – se del caso – le prescrizioni dettate dal 4° co. dell'art.
53
54 Gli obblighi fiscali
5, d.p.r. n. 322/1998 di cui si è poc'anzi cennato.
[] Più in dettaglio, nell'ipotesi di programma di ristrutturazione, l'obbligo di
dichiarare i redditi suindicati, alle naturali scadenze, dovrebbe sussistere sino
a quando l'impresa non sia tornata in bonis ovvero non ne sia stato dichiarato
il suo fallimento. In quest'ultimo caso potrebbe sorgere il dubbio che il
commissario resti tenuto a redigere la dichiarazione relativa al periodo
d'imposta precedente a quello in cui il fallimento sia stato dichiarato,
allorquando il termine di presentazione non fosse ancora scaduto alla data di
apertura di questa procedura. A mio avviso, la soluzione al quesito non può
che essere negativa in quanto dopo la dichiarazione di fallimento il
commissario rimane in carica soltanto per l'assolvimento degli obblighi sanciti
dall'art. 72, d.lg. n. 270/1999.
[] Sarei quindi incline a ritenere che l'obbligo di presentare la dichiarazione
predetta incomba sull'imprenditore ovvero sugli amministratori della società
fallita, i quali – come già si è avuto occasione di sottolineare – permangono in
carica sia pure con tutte le limitazioni derivanti dal particolare status della
società.
[] Nella diversa ipotesi di programma di cessione dei complessi aziendali, il
decreto del tribunale che, ai sensi dell'art. 73, 1° co., d.lg. n. 270/1999,
dichiara la cessazione dell'esercizio dell'impresa dovrebbe determinare
l'assoggettamento del commissario straordinario alle regole dettate dal
legislatore fiscale per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa. La
correttezza di tale conclusione parrebbe trovare conferma nella lettera della
disposizione in discorso, laddove, al terzo comma, precisa che” a far data dal
decreto previsto dal comma 1 l’amministrazione straordinaria è considerata,
ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria.
[] Il commissario straordinario dovrà pertanto redigere e presentare le
dichiarazioni previste dal 4° co. dell'art. 5, d.p.r. n. 322/1998, rispettivamente
nei nove mesi successivi alla data decreto suindicato e nei nove mesi
successivi al decreto di chiusura previsto dall'art. 76, d.lg. n. 270/1999,
provvedendo in pari tempo all'estinzione del debito d'imposta (Ires) che in
base a quest'ultima dichiarazione dovesse eventualmente emergere7.
[] Naturalmente, tali dichiarazioni dovranno essere presentate anche
nell'ipotesi in cui, successivamente al decreto di cessazione dell'esercizio
dell'impresa, la procedura si dovesse chiudere per effetto del passaggio in
54
55 Gli obblighi fiscali
giudicato della sentenza che approva del concordato.
[] In questo caso troveranno applicazione le disposizioni dettate dall'art. 88, 4°
co., d.p.r. 22.12.1986, n. 9178.
[] Ricorrendone i presupposti di legge, copia delle dichiarazioni dianzi
menzionate dovranno essere inviate ai soggetti indicati nel 4° co. dell'art. 5,
d.p.r. n. 322/1998.
[] Occorre, ora, farsi carico degli obblighi dichiarativi che debbono essere
adempiuti nell'ipotesi in cui l'impresa sottoposta ad amministrazione
straordinaria faccia parte di un gruppo e la sua ammissione alla procedura sia
avvenuta esclusivamente in ragione dell'opportunità di una gestione unitaria
dell'insolvenza exart. 81, d.lg. n. 270/19999.
[] Al riguardo l'interrogativo che si pone è se all'impresa in questione possa
riconoscersi una vita fiscale autonoma, rispetto a quella dell'impresa risanabile
con cui intercorrono collegamenti economici e produttivi, oppure no.
[] A me pare, anzitutto, di poter escludere l'applicabilità al caso di specie delle
disposizioni dettate dall'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 a partire dalla data
di apertura della procedura di amministrazione straordinaria. Questa soluzione
porterebbe, infatti, al singolare risultato, totalmente sconosciuto al nostro
sistema impositivo, di avere due maxi-periodi d'imposta concorsuali allorché,
exart. 87, d.lg. n. 270/1999, venisse dichiarato il fallimento dell'impresa
figlia, senza che peraltro sia dato sapere in base a quali criteri determinare, da
un lato, il reddito del primo maxi-periodo e, dall'altro lato, il patrimonio netto
dell'impresa all'inizio del secondo maxi-periodo, coincidente con l'apertura
della procedura fallimentare10.
[] Anche la via di ritenere applicabile la disciplina fiscale della liquidazione
ordinaria (art. 182, d.p.r. 22.12.1986, n. 917) nel caso in cui nel programma
redatto dal commissario straordinario l'impresa «accessoria» sia destinata alla
liquidazione mi sembra scarsamente praticabile, non foss'altro per la difficoltà
di individuare il momento dal quale far decorrere il dies a quo per la
presentazione della dichiarazione prevista dall'art. 5, 1° co., d.p.r. n.
322/1998. Il quale potrebbe essere identificato – non so però con quale e
quanta coerenza – o con la data del decreto che exart. 57, d.lg. n. 270/1999
autorizza l'esecuzione del programma integrativo dell'impresa dipendente,
anche se di fatto questa prosegua la propria attività produttiva a servizio
55
56 Gli obblighi fiscali
dell'impresa risanabile «connessa»; oppure, ma con maggiore incertezza, con
la data di inizio dell'attività di liquidazione vera e propria.
[] A me pare che la soluzione più confacente alla ratio delle disposizioni
sull'insolvenza di gruppo ed allo «statuto» fiscale dell'impresa sia quella di
ritenere l'impresa «accessoria» soggetta agli stessi adempimenti dichiarativi
dell'impresa principale. Naturalmente, per la presentazione della dichiarazione
finale bisognerà avere riguardo alla data del decreto di chiusura della
procedura figlia, sempreché non ne sia stato dichiarato il fallimento ai sensi
del già citato art. 87.
[] In quest'ultimo caso, sarà il curatore fallimentare a presentare la
dichiarazione iniziale prevista dal 4° co. dell'art. 5, d.p.r. n. 322/1998.
3. Segue. Il commissario straordinario sostituto d'imposta
[] A seguito dell'emanazione del d.l. 4.7.2006, n. 223, convertito con
modificazioni nella l. 4.8.2006, n. 248, anche il commissario straordinario ha
assunto lo status di sostituto di imposta.
[] Si rinvia pertanto a quanto detto a suo tempo con riferimento agli analoghi
obblighi posti a carico del commissario liquidatore nella procedura di
liquidazione coatta amministrativa.
4. Segue. L'imposta sul valore aggiunto
[] A) Esclusa ogni possibilità di considerare il commissario giudiziale privo di
poteri gestori soggetto ad alcuno degli obblighi fiscali facenti capo all'impresa
insolvente, si tratta, anzitutto, di stabilire se nell'ipotesi in cui tali funzioni gli
siano state invece attribuite, oltre a subentrare negli obblighi di natura
contabile previsti dalla legge (fatturazione, registrazione ecc.), egli possa
anche ritenersi destinatario del dovere di redigere la dichiarazione Iva relativa
all'anno solare precedente a quello in cui l'insolvenza è stata dichiarata,
allorché il termine di presentazione non sia ancora scaduto al momento della
sua nomina.
[] In secondo luogo occorre domandarsi se, una volta che al primo quesito sia
stata fornita una risposta positiva, l'obbligo di cui trattasi debba essere
56
57 Gli obblighi fiscali
adempiuto alla sua naturale scadenza oppure nel termine previsto dalla prima
parte del 4° co. dell'art. 8, d.p.r. n. 322/1998.
[] Mentre non riesco a scorgere valide ragioni per escludere l'obbligo del
commissario giudiziale di redigere la dichiarazione di cui trattasi, essendo a
ciò tenuti anche il curatore fallimentare ed il commissario della liquidazione
coatta amministrativa, dubbia appare, per contro, la soluzione del secondo
quesito.
[] Se si considera, tuttavia, che ritenere applicabile alla fattispecie il maggior
termine previsto dalla norma appena citata avrebbe quale unico effetto quello
di trasferire sul commissario straordinario l'obbligo di redigere la
dichiarazione in parola11 e che tale adempimento dovrebbe essere da
quest'ultimo assolto, non già nei quattro mesi successivi alla sua nomina,
bensì da un termine che inizierebbe a decorrere dalla data, anteriore, della
sentenza dichiarativa di insolvenza – quando cioè egli non era ancora in carica
– sembra inevitabile concludere che a ciò debba provvedere il commissario
giudiziale nel rispetto del normale termine di scadenza12.
[] È appena il caso di osservare che opinare diversamente – e cioè ritenere
soggetto a tale incombenza il commissario straordinario entro quattro mesi
dalla sua nomina – potrebbe avere come risultato l'omessa presentazione della
dichiarazione, giacché il presupposto per l'applicazione della norma dianzi
citata è che il termine normale di adempimento non sia già spirato al momento
in cui la carica viene assunta.
[] Un approccio alternativo potrebbe essere quello di ritenere obbligato
l'imprenditore dichiarato insolvente. Ma una soluzione del genere mal si
concilierebbe con i principi desumibili dalle norme dedicate alle procedure
concorsuali (artt. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972 e 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998),
laddove allo spossessamento sancito dall'art. 42, r.d. 16.3.1942, n. 267
sempre si accompagna, ai fini dell'Iva, la perdita della competenza da parte
dell'imprenditore di porre in essere gli adempimenti contabili e dichiarativi
connessi all'esercizio dell'impresa.
[] B) Venendo ai problemi posti dall'amministrazione straordinaria, data per
ammessa la sussistenza di un obbligo in tal senso, vi è innanzitutto da
interrogarsi se a favore del commissario straordinario possa decorrere il
termine di quattro mesi concesso dalla legge ai curatori e ai commissari
liquidatori nell'ipotesi che al momento della sua nomina il termine di
57
58 Gli obblighi fiscali
presentazione della dichiarazione in discorso non sia ancora scaduto.
Domanda, questa, che postula la soluzione di un più ampio quesito
riguardante l'applicabilità alla nuova amministrazione straordinaria delle
norme dettate nel contesto dell'Iva per le ipotesi di fallimento e di liquidazione
coatta amministrativa, e segnatamente del precetto che impone al curatore e al
commissario liquidatore l'obbligo di redigere e presentare anche la
dichiarazione relativa al periodo intercorrente tra l'inizio dell'anno e la data di
apertura della procedura. E ciò in virtù di una lettura estensiva del rinvio
operato dall'art. 36, d.lg. n. 270/1999 alle norme sulla liquidazione coatta per
la sola fase dell'amministrazione straordinaria.
[] Nel vigore della disciplina abrogata, la soluzione affermativa era stata
sostenuta dalla dottrina prevalente sulla base di una serie di argomenti quali:
la sostanziale identità di disciplina con la liquidazione coatta amministrativa
in virtù del rinvio alle norme di questa procedura contenuto nell'ultimo
comma dell'art. 1 della vecchia legge; l'assenza delle possibilità di
risanamento tra i presupposti dell'amministrazione straordinaria; la presenza
in via normale nella regolamentazione dell'istituto della fase liquidatoria.
[] Anche l'amministrazione finanziaria, che per qualche tempo si era mostrata
contraria a tale interpretazione, aveva poi finito per aderire a
quell'orientamento.
[] Sennonché con la legge di riforma molti di tali argomenti sono venuti ormai
a cadere. Infatti, non soltanto l'amministrazione straordinaria è attualmente
provvista di una propria autonoma regolamentazione, di talché il rinvio alle
norme sulla liquidazione coatta amministrativa, contenuto nell'art. 36, d.lg. n.
270/1999, è soltanto residuale e per di più soggetto al limite della
compatibilità, ma la risanabilità dell'impresa rappresenta, oggi, il requisito
essenziale cui è subordinata l'apertura della procedura, nella quale la
prosecuzione dell'esercizio dell'impresa è concepita in termini di vero e
proprio obbligo e non più come un evento rimesso alla discrezionalità del
Ministro dell'industria.
[] Ne dovrebbe derivare l'inapplicabilità delle disposizioni recate dall'art. 8,
4° co., d.p.r. n. 322/1988, quanto meno nel caso di programma con indirizzo
di ristrutturazione in cui la fase liquidatoria ha normalmente carattere
eventuale.
[] Ma la soluzione non dovrebbe essere diversa neppure nell'ipotesi di
58
59 Gli obblighi fiscali
programma di cessione, visto che alla scadenza del termine per la
presentazione della dichiarazione il programma potrebbe non essere ancora
autorizzato e tenuto altresì conto del fatto che, in ogni caso, anche il
programma già autorizzato potrebbe essere successivamente sostituito con un
altro recante l'indirizzo alternativo.
[] Se il programma può mutare, se ne deve concludere che la disciplina fiscale
non può essere diversa a seconda dell'indirizzo autorizzato, atteso oltretutto
che in ambedue i casi tra i naturalia della procedura vi è la prosecuzione
dell'esercizio dell'impresa.
[] In quest'ottica, il commissario straordinario dovrebbe ritenersi obbligato a
presentare le dichiarazioni Iva alle loro naturali scadenze, anche nell'ipotesi di
amministrazione straordinaria di imprese del gruppo non risanabili.
[] A soluzione opposta si dovrebbe invece pervenire qualora si reputasse che
la ratio delle norme che sanciscono l'obbligo di presentare le dichiarazioni
dianzi indicate sia quella di fornire all'amministrazione finanziaria i dati e le
informazioni necessarie per una tempestiva ed efficace tutela del proprio
eventuale credito nelle procedure concorsuali connotate dalla presenza di un
procedimento di verificazione delle domande di credito con effetti preclusivi.
[] È appena il caso di precisare che l'imposta dovuta sulle operazioni compiute
antecedentemente alla dichiarazione d'insolvenza non dovrà essere da versata
dal commissario. Trattasi, infatti, di un credito sorto anteriormente all'apertura
della procedura, per il quale l'amministrazione finanziaria dovrà provvedere
ad insinuarsi al passivo.
[] Quanto alla dichiarazione di variazione prevista dall'art. 35, d.p.r. n.
633/1972, valgono le considerazioni svolte nel capitolo dedicato agli
adempimenti Iva del curatore fallimentare, ricordando che, oggi, ai sensi
dell’art. 17, comma 2-bis, del d.l. n. 179/2012, il commissario giudiziale è
tenuto ad effettuare, entro 10 giorni dalla notizia della nomina, la
comunicazione dell’indirizzo di P.E.C. della procedura al registro delle
imprese.
paragrafo dedicato agli nel senso dell'obbligatorietà di porre in essere tale
adempimento entro il termine previsto dalla norma testé citata si esprimono le
istruzioni alla compilazione dei modelli ministeriali.
59
60 Gli obblighi fiscali
[] Circa la possibilità di emettere nei confronti dell'impresa sottoposta ad
amministrazione straordinaria le note di variazione previste dal 2° co. dell'art.
26 del decreto Iva, mi sembra preferibile ritenere che tale potere possa essere
esercitato dal suo titolare soltanto nell'ipotesi di programma di cessione e, in
ogni caso, non prima dell'emissione del decreto di chiusura exart. 76, d.lg. n.
270/1999. Prima di questo momento, infatti, non vi può essere certezza alcuna
in ordine al mancato pagamento (totale o parziale) del credito, in ragione del
fatto che nel lasso di tempo intercorrente tra l'esecuzione del riparto e la
chiusura della procedura potrebbe emergere la necessità di redigere un nuovo
riparto, vuoi per la scoperta di attività prima ignorate, vuoi per la presenza
nella massa passiva di creditori condizionali di cui sia stata accertata
l'impossibilità della condizione; inoltre, potrebbe essere attivata una proposta
di concordato ai sensi dell'art. 78, d.lg. n. 270/1999.
[] Ove, invece, si ritenga di condividere l'opinione di chi ritiene che
l'emissione di tale documento possa aver luogo a far tempo dal decreto che
dichiara esecutivo il piano di riparto finale, è alla data di quest'ultimo
provvedimento che occorrerà fare riferimento per l'esercizio della citata
facoltà.
[] C) Per quanto riguarda gli adempimenti dei commissari straordinari
nell'ipotesi di concordato exart. 78, d.lg. n. 270/1999 si rinvia a quanto
indicato in sede di commento del concordato nella liquidazione coatta
amministrativa.
5. Segue. L'imposta regionale sulle attività produttive
[] In mancanza di regolamentazione positiva, ragioni di coerenza logica, prima
ancora che giuridica, impongono di ritenere operante, anche agli effetti
dell'Irap, il criterio interpretativo indicato dall'amministrazione finanziaria a
proposito delle imposte sul reddito: in questa chiave l'Irap dovrebbe ritenersi
applicabile nella sola fase di continuazione dell'attività produttiva,
analogamente a quanto previsto dall'art. 19, 5° co., d.lg. n. 446/1997 per il
fallimento e la liquidazione coatta amministrativa.
[] Nella fase giudiziale l'obbligo di redigere la dichiarazione Irap graverà
sull'imprenditore ovvero sul commissario giudiziale investito di poteri gestori.
[] Nel corso dell'amministrazione straordinaria a tale incombente dovrà
60
61 Gli obblighi fiscali
provvedere il commissario straordinario.
[] L'obbligo di redigere e presentare la dichiarazione Irap relativa al periodo
d'imposta anteriore a quello dell'apertura della procedura dovrebbe rimanere a
carico dell'imprenditore.
[] L'imposta maturata in corso di procedura dovrà essere pagata in
prededuzione; quella relativa al precedente periodo d'imposta dovrà essere
insinuata al passivo avendo essa natura concorsuale.
6. Segue. L'imposta municipale unica
[] La chiave interpretativa utilizzata per risolvere le problematiche connesse
alle imposte sul reddito ed all'Irap dovrebbe valere pure per l'Imposta
municipale unica (IMU), con la logica conseguenza di ritenere operanti le
prescrizioni dettate per gli immobili compresi nel fallimento o nella
liquidazione coatta amministrativa dall'art. 10, 6° co., d.lg. n. 504/1992, cui
l'art. 9, 7° co., d.lg. n. 23/2011 rinvia, dopo che sia stata dichiarata la
cessazione dell'attività produttiva e nel solo caso di programma con indirizzo
di cessione119.
7. La nota 19.7.2010 dell'Agenzia delle Entrate
[] Il curatore di una società di capitali fallita, dopo aver premesso che quella
medesima società era stata dapprima posta in liquidazione, con effetto dal
6.7.2009, e poi, con sentenza del 20.7.2009, assoggettata a procedura di
insolvenza exart. 3, d.lg. n. 270/1999 con gestione affidata al liquidatore sotto
il controllo del commissario giudiziale, ha chiesto all'amministrazione
finanziaria di precisare gli adempimenti fiscali da porre in essere in tale
fattispecie ai fini Ires, Irap e Iva.
[] Con nota 19.7.2010 (interpello prot. 954-74587/2010) l'Agenzia delle
Entrate, dopo aver brevemente ricordato il contenuto delle disposizioni dettate
dall'art. 5, d.p.r. n. 322/1998 in tema di liquidazione volontaria e di
119
Per l’applicabilità dell’art. 10 comma 7, d.lg. n. 504/1992 ai beni immobili ……..
patrimonio di una procedura di amministrazione straordinaria ….. della l. 95/1979 (c.d. legge
Prodi) cfr. Comm Trib. Bari 24.2.2012 n. 56/8/12, in Fall., 202, 1481, con nota di E.STASI
61
62 Gli obblighi fiscali
fallimento e liquidazione coatta amministrativa, ha fornito la risposta seguente
in ordine agli adempimenti da porre in essere ai fini delle imposte dirette e
dell'Irap per effetto del susseguirsi della liquidazione volontaria e delle
anzidette procedure concorsuali13:
[] a) le dichiarazioni dei redditi e Irap relative al periodo compreso tra l'inizio
del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la messa in liquidazione
(dichiarazioni ante-liquidazione) vanno redatte e presentate, in via
esclusivamente telematica, entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a
tale data a cura del curatore fallimentare, atteso che lo stesso, al momento
della scadenza del termine predetto ha già assunto l'amministrazione del
patrimonio del fallito;
[] b) le dichiarazioni dei redditi e Irap relative al periodo compreso tra l'inizio
del periodo d'imposta (coincidente con l'apertura della fase liquidatoria della
società, non conclusa) e l'inizio della procedura concorsuale (dichiarazioni
ante-fallimento) vanno redatte e presentate, in via esclusivamente telematica,
entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a tale data a cura del curatore
fallimentare;
[] c) le dichiarazioni relative al risultato finale delle operazioni di liquidazione
del patrimonio fallimentare, nonché le dichiarazioni Irap nel caso di esercizio
provvisorio, vanno presentate sempre a cura del curatore.
[] Mentre ai fini dell'Iva, applicandosi le disposizioni previste dall'art. 74 bis,
d.p.r. n. 633/1972 nonché quelle di cui all'art. 8, d.p.r. n. 322/1998, il
curatore deve:
[] a) entro quattro mesi dalla nomina, adempiere agli obblighi di fatturazione e
registrazione delle operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di
fallimento sempreché i relativi termini non siano ancora scaduti (cfr. art. 74
bis, 1º co., d.p.r. n. 633/1972);
[] b) provvedere, con riferimento alle operazioni effettuate successivamente
alla dichiarazione di fallimento, agli adempimenti previsti dal 2° co. del
predetto art. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972;
[] c) presentare, se i termini non sono ancora scaduti, la dichiarazione annuale
Iva per l'anno solare precedente il fallimento, entro i termini ordinari ovvero
entro quattro mesi dalla nomina (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998);
62
63 Gli obblighi fiscali
[] d) presentare, per le operazioni registrate nella parte dell'anno solare
anteriore all'instaurarsi del fallimento (nella fattispecie 1.1.2009-1.10.2009),
entro quattro mesi dalla nomina, apposita dichiarazione (c.d. modello 74 bis)
ai fini dell'eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale da
parte dell'Amministrazione finanziaria (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998).
[] Per quanto attiene al debito Iva sorto anteriormente alla procedura
concorsuale, l'Amministrazione finanziaria ha manifestato l'avviso che, in
forza del disposto di cui al ridetto art. 74 bis, per le operazioni effettuate nella
parte dell'anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento, il curatore sia
esclusivamente obbligato alla presentazione della dichiarazione Iva senza far
seguito al versamento del tributo, dopo aver provveduto alla eventuale
fatturazione e registrazione delle suddette operazioni, qualora i termini relativi
non fossero ancora scaduti (cfr. r.m. 3.10.1985 prot. 383065 del Ministero
delle Finanze, Tasse e imposte indirette sugli affari e r.m. 16.6.2009, n.
161/E).
[] Diversamente, per le operazioni effettuate successivamente all'apertura del
fallimento, ai sensi del 2° co. del medesimo art. 74 bis, il curatore è obbligato
all'osservanza di tutti gli adempimenti previsti dal d.p.r. n. 633/1972, sotto il
controllo del giudice.
[] Con riferimento agli adempimenti in veste di sostituto d'imposta,
l'Amministrazione finanziaria ha ribadito quanto già precedentemente chiarito
con circ. 4.8.2006, n. 28/E, e cioè che il curatore fallimentare assume la
qualifica di sostituto d'imposta sia in relazione all'obbligo di ritenuta stabilito
per i redditi di lavoro dipendente dall'art. 23, 1° co., d.p.r. n. 600/1973, sia in
relazione agli obblighi di ritenuta previsti per le altre tipologie di reddito dalle
disposizioni che rinviano al medesimo art. 23, 2° co., per l'individuazione dei
sostituti d'imposta. Il curatore deve pertanto versare le ritenute operate nei
tempi e nei modi ordinari, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di
effettuazione delle stesse, ed è altresì tenuto ad adempiere agli obblighi di
certificazione e di presentazione della dichiarazione annuale previsti per i
sostituti d'imposta.
8. Adempimenti dei commissari delle procedure di amministrazione
straordinaria speciali di cui ai d.l. n. 347/2003 e n. 134/2008
63
64 Gli obblighi fiscali
[] A mio modo di vedere le soluzioni proposte per la procedura di
amministrazione straordinaria disciplinata dal d.lg. n. 270/1999 dovrebbero
valere, in linea di stretto diritto, anche per le fattispecie di amministrazioni
straordinarie speciali, atteso che pure nell'ambito di queste procedure le forme
di risanamento prefigurate nei programmi dei commissari straordinari possono
essere quelli della ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa ovvero
della cessione dei complessi aziendali.
9. Segue. La r.m. 16.6.2009, n. 161/E
[] Rispondendo ad una serie di quesiti posti dall'ufficio commissariale di una
società ammessa alla procedura di amministrazione speciale di cui al d.l. n.
347/2003, l'amministrazione finanziaria, con la risoluzione in commento12014,
dopo avere preliminarmente osservato che l'art. 8 del decreto in discorso
rinvia, per quanto da esso non diversamente disposto e fatti salvi i limiti della
compatibilità, alle disposizioni dettate dal d.lg. n. 270/1999, il quale, a sua
volta, rinvia alle disposizioni concernenti la liquidazione coatta
amministrativa, ha espresso l'avviso che nel caso di amministrazione
straordinaria ex lege Marzano, in assenza di specifiche disposizioni in materia
di Iva, siano applicabili le norme previste dall'art. 74 bis del decreto Iva
nonché quelle di cui all'art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998. In conseguenza di
quanto precede, i commissari straordinari delle procedure di amministrazione
straordinaria speciali dovranno pertanto:
[] – adempiere, entro quattro mesi dalla nomina, agli obblighi di fatturazione e
registrazione delle operazioni compiute anteriormente alla data di ammissione
alla procedura di amministrazione straordinaria, sempreché i relativi termini
non siano ancora scaduti (cfr. art. 74 bis, 1° co., d.p.r. n. 633/1972);
[] – provvedere, con riferimento alle operazioni poste in essere
successivamente all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria,
agli adempimenti previsti dal d.p.r. n. 633/1972 (cfr. art. 74 bis, 2° co., d.p.r.
n. 633/1972);
[] – presentare, se i termini non sono ancora scaduti, la dichiarazione annuale
Iva per l'anno solare precedente a quello in cui è stata aperta la procedura di
120
Per un sintetico commento a tale documento di prassi, E.STASI, Adempimenti fiscali del
commissario straordinario, in Fall., 2009, 1001.
64
65 Gli obblighi fiscali
amministrazione straordinaria, entro i termini ordinari ovvero entro quattro
mesi dalla nomina (cfr. art. 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998);
[] – presentare, per le operazioni registrate nella parte dell'anno solare
anteriore all'instaurarsi della procedura di amministrazione straordinaria, entro
quattro mesi dalla nomina, apposita dichiarazione infrannuale (c.d. modello
Iva 74 bis) ai fini della eventuale insinuazione al passivo della procedura
concorsuale da parte dell'Amministrazione finanziaria (cfr. art. 8, 4° co.,
d.p.r. n. 322/1998).
[] Quanto alla decorrenza dei termini previsti dall'art. 74 bis del decreto Iva e
dall'art. 8, d.p.r. n. 322/1998, l'amministrazione finanziaria ha ritenuto che
occorra fare riferimento alla data in cui il Ministro ha ammesso il soggetto alla
procedura di amministrazione straordinaria.
[] Per quanto attiene, poi, agli obblighi dichiarativi e certificativi gravanti sui
sostituti d'imposta, l'amministrazione finanziaria ha anzitutto precisato che il
commissario straordinario è obbligato a redigere e presentare, al pari del
curatore fallimentare e del commissario liquidatore, un unico modello 770
semplificato per tutti i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo
corrisposti nel periodo d'imposta in cui la procedura di amministrazione
straordinaria è stata attivata, attenendosi alle istruzioni dettate per i curatori
fallimentari e per i commissari liquidatori.
[] Il commissario straordinario deve reputarsi inoltre obbligato a certificare nel
modello CUD i redditi erogati e le ritenute operate nel periodo antecedente
alla data di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
[] Quanto, infine, agli obblighi di pagamento dei debiti d'imposta pregressi,
l'amministrazione finanziaria ha affermato che tanto l'Iva relativa alle
operazioni effettuate nella parte dell'anno solare anteriore alla data di
ammissione alla procedura, quanto le ritenute operate nel medesimo periodo
di tempo, sono qualificabili come debiti della società e non della procedura e
che, quindi, salvo il disposto di cui al 1° co. bis dell'art. 3, d.l. n. 347/2003, i
commissari non debbano provvedere al loro versamento. Viceversa, per i
debiti di imposta sorti successivamente alla data di apertura della procedura,
saranno i commissari straordinari a rispondere, sia dal punto di vista
amministrativo che penale, dell'eventuale omesso pagamento.
[] Per quanto concerne gli adempimenti Iva, come ho già avuto modo di
65
66 Gli obblighi fiscali
sottolineare altrove15, la soluzione proposta dall'amministrazione finanziaria,
pur essendo connotata da una certa ragionevolezza16, appare scarsamente
coerente con le norme vigenti in quanto non tiene conto che le disposizioni di
cui agli artt. 74 bis, d.p.r. n. 633/1972 e 8, 4° co., d.p.r. n. 322/1998 sono
state concepite per procedure liquidatorie, mentre – come è risaputo –
l'amministrazione straordinaria ha natura essenzialmente conservativa avendo
come scopo primario la conservazione del patrimonio produttivo.
10. (Segue): La risoluzione ministeriale 13 giugno 2011, n. 65/E
Rispondendo ad alcuni quesiti formulati dall’organo commissariale di una
società assoggettata a procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del
D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, l’Agenzia delle entrate ha precisato che,
laddove l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di grandi imprese
in crisi preveda la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa, in ossequio al
principio di continuità del periodo di imposta non debba essere presentata né
la dichiarazione ai fini dell’Ires né quella ai fini dell’Irap, con riferimento alla
frazione di esercizio intercorrente tra l’inizio del periodo di imposta e la data
di apertura della procedura.
Per quanto riguarda l’IVA il documento di prassi in discorso121 afferma che
nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria sulla
scorta di un programma di ristrutturazione economica e finanziaria di cui
all’art. 27, comma 2, lett. b) del D.Lgs n. 270/1999, il commissario è tenuto ad
assolvere tutti gli adempimenti fiscali secondo le modalità ordinarie in quanto
il disposto dell’art. 74 bis d.p.r. n. 633/1972 può trovare applicazione soltanto
a seguito dell’apertura della fase liquidatoria.
Nota: 1
[] Ex multisQUATRARO B., Manuale delle procedure concorsuali minori, Milano, 1982, 154;
FALSITTA G., La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi, Padova,
1986, 251 e 252; MICCINESI M., L'imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure
concorsuali, Milano, 1990, 329 ss.; ABATE F., Aspetti fiscali nell'insolvenza delle grandi imprese,
in Fallimento, 1993, 9, 973 ss.
Nota: 2
[] V., r.m. 5.7.1992, n. 9/529, in Boll. Trib. informaz., 1992, 1749.
121
Per un breve commento in chiave anche civilistica, oltre che …., v. E.STASI,
Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, in Fall, 2011, 1012
66
67 Gli obblighi fiscali
Nota: 3
[] Sul tema v., da ultimi e in luogo di altri, ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I.,
GIANNELLI A., Amministrazione straordinaria. Adempimenti fiscali, in Trattato delle procedure
concorsuali, diretto da Ghia, Piccininni, Severini, VI, Torino, 2012, 610 ss.
Nota: 4
[] V., tra i molti, BONSIGNORI A., La liquidazione coatta amministrativa, in Commentario della
legge fallimentare Scialoja e Branca, Bologna, 1974, 138; ID., Processi concorsuali minori, in
Trattato di diritto commerciale e dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1997, 563; NIGRO A.,
Le società per azioni nelle procedure concorsuali, in Trattato delle società per azioni, diretto da
Colombo e Portale, IX, 2, Torino, 1993, 357 ss.
[] Ritengono, all'opposto, che la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi
amministrativi sia totale, SATTA S., Diritto fallimentare, Padova, 1996, 556; PROVINCIALI R.,
Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 400.
Nota: 5
[] Per approfondimenti sul punto, v. STASI E., Gli adempimenti fiscali dei commissari della nuova
legge sull'amministrazione straordinaria, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto
da Panzani, VI, Torino, 2002, 641 ss.; ID., Adempimenti fiscali dei commissari della nuova legge
sull'amministrazione straordinaria, in Fallimento, 2001, 1, 5 ss.; ZAFARANA C., Manuale
tributario del fallimento, Milano, 2007, 304 ss. Alcuni autori (ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA
CANDIA I., GIANNELLI A., op. cit., 619, ritengono che le procedure di amministrazione straordinaria
caratterizzate da finalità liquidatorie siano assoggettate alla disciplina fiscale prevista dal 2° co.
dell'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 e che, conseguentemente, il reddito d'impresa debba essere
determinato con riferimento al maxi-periodo di imposta compreso tra l'inizio e la chiusura della
procedura, anche se vi sia stata la prosecuzione temporanea dell'attività produttiva. Sennonché tali
tesi non sembrano tener innanzitutto conto del fatto che, exart. 60, d.lg. n. 270/1999, i programmi
possono essere modificati in corso di procedura e che, quindi, un programma originariamente
liquidatorio può essere sostituito da un altro con indirizzo ristrutturativo, a cui potrebbe far seguito
la dichiarazione di fallimento, con tutti i corrispondenti mutamenti di regime impositivo. In
secondo luogo, che in taluni casi, ed in particolare per le procedure di amministrazione
straordinaria speciali, il termine di presentazione della dichiarazione iniziale prevista dall'art. 183,
1° co., d.p.r. 22.12.1986, n. 917, può scadere prima che si sia concluso l'iter di approvazione del
programma (cfr., infatti, oltre agli artt. 57 e 58, d.lg. n. 270/1999, l'art. 4, d.l. n. 347/2003), con la
conseguente impossibilità di stabilire l'indirizzo della procedura.
Nota: 6
[] In senso conforme, v. r.m. 8.8.2003, n. 171/E.
Nota: 7
[] Con r.m. 7.10.1998, n. 153/E, in Dir. e prat. trib., 1999, I, 189 ss., l'amministrazione finanziaria
ha precisato che le perdite fiscali relative ai cinque periodi d'imposta anteriori a quello coincidente
con la durata della procedura, possono essere portate in deduzione dall'eventuale risultato positivo
della fase liquidatoria.
Nota: 8
[] Così circ. 22.3.2002, n. 26/E; contra, ZAFARANA C., Manuale tributario del fallimento, cit., 308
ss.
67
68 Gli obblighi fiscali
Nota: 9
[] Rammento che l'inibizione per l'esercizio dell'opzione per la tassazione di gruppo exart. 117,
d.p.r. 22.12.1986, n. 917 opera tout court esclusivamente nei confronti delle imprese in stato di
insolvenza oggetto di programmi di cessione delle attività (circ. 20.12.2004, n. 53/E).
Nota: 10
[] Alcuni autori (ANTONIOZZI N., SCHETTINI C., LA CANDIA I., GIANNELLI A., op. cit., 618 ss.)
sono, invece, dell'avviso che, in caso di fallimento, il periodo intercorrente tra la data della
sentenza dichiarativa di insolvenza e quella di chiusura della procedura costituisca un unico ed
unitario periodo d'imposta e che il reddito relativo a tale periodo debba essere determinato secondo
i criteri stabiliti dal secondo comma dell'art. 183, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 con la conseguenza che
la tassazione eventualmente assolta nei c.d. periodi intermedi di esercizio dell'impresa
costituirebbe tassazione provvisoria rispetto al risultato unitario finale. Questa proposta
ricostruttiva mi sembra tuttavia poco convincente perché dà per scontato ciò che dovrebbe invece
dimostrare: e cioè che possa essere applicato il regime impositivo delineato dall'art. 183, d.p.r.
22.12.1986, n. 917 allorché in origine siano state applicate regole diverse da quelle dettate dall'art.
183 in tema di frazionamento del periodo d'imposta e di determinazione del patrimonio netto
iniziale. Inoltre, l'assunto secondo cui l'imposizione assolta nei periodi intermedi di esercizio
dell'impresa avrebbe carattere provvisorio non trova riscontro in alcun dato normativo, non
essendo stata riprodotta nell'art. 183 una previsione analoga a quella dettata dal secondo e dal terzo
comma dell'art. 182, d.p.r. 22.12.1986, n. 917 per la liquidazione volontaria.
Nota: 11
[] Ai sensi degli artt. 28 e 30, d.lg. n. 270/1999 la fase giudiziale dovrebbe, infatti, avere una durata
di poco superiore ai 60 giorni.
Nota: 12
[] Alla stessa conclusione deve giungersi, a mio modo di vedere, anche per la comunicazione exart.
21, d.l. n. 78/2010 delle operazioni rilevanti ai fini Iva intervenute nell'anno precedente a quello di
apertura della procedura concorsuale.
[] Il d.l. n. 78/2010 (convertito con modificazioni dalla l. n. 122/2010), e il relativo provvedimento
di attuazione stabiliscono l'obbligo di comunicare in via telematica, entro il 30 aprile di ciascun
anno (le modalità operative sono state dettate dal direttore dell'Agenzia delle entrate con
provvedimento del 22.12.2010, mentre ulteriori chiarimenti sono stati forniti con circ. 30.5.2011,
n. 24/E), le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, rese e ricevute, rilevanti ai fini Iva, dell'anno
solare precedente per importi non inferiori a 3.000 euro (per l'anno 2010 la soglia è stata innalzata
a 25.000 euro, mentre il termine entro cui deve essere effettuata la comunicazione è stato
posticipato al 31.10.2011).
Nota: 13
[] Per un critica alle indicazioni contenute in tale documento di prassi, v. STASI E., Liquidazione
volontaria e successiva dichiarazione di fallimento o apertura di liquidazione coatta
amministrativa: adempimenti fiscali, in Fallimento, 2010, 1467.
Nota: 14
[] Per un primissimo commento a tale documento di prassi, si veda STASI E., Adempimenti fiscali
dei commissari straordinari, in Fallimento, 2009, 1004 ss.
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69 Gli obblighi fiscali
Nota: 15
[] STASI E., Adempimenti fiscali dei commissari straordinari, cit., 1004 ss.
Nota: 15
[] Ove si consideri che gli obblighi sanciti dalle norme anzidette trovano la loro ratio nella
necessità di fornire all'Erario i dati e le informazioni necessarie per una tempestiva ed efficace
tutela del proprio credito e che fare decorrere il termine dei quattro mesi dalla successiva sentenza
che dichiara l'insolvenza dell'impresa e che apre il concorso dei creditori ai sensi dell'art. 53, r.d.
16.3.1942, n. 267, con effetto dalla data del provvedimento ministeriale di ammissione,
presenterebbe l'inconveniente di obbligare il commissario straordinario a presentare la
dichiarazione dell'anno precedente nel termine ordinario qualora alla scadenza di questo non sia
stato ancora dichiarato lo stato di insolvenza dell'impresa.
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