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1 2 CONDIZIONALITÀ 2012 3 4 PREFAZIONE Nel Programma di sviluppo rurale 2007-2013 della Regione Piemonte si prevede, sull’asse I “Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale”, alla misura 111, azione 1, sottoazione B “Informazione”, di finanziare programmi di informazione per agricoltori, addetti e tecnici. Dall’inizio dell’applicazione della sottoazione B – ottobre 2008 – il sistema informativo del programma di Coldiretti Torino è cresciuto sull’onda delle esigenze ed ha acquisito notevole importanza per un settore in evoluzione continua e giornaliera, sfruttando molteplici canali di divulgazione, cercando la sinergia con il territorio, le istituzioni tecnico-scientifiche, le altre misure del Psr e in particolare con quella della formazione, gli altri settori produttivi ed economici dell’agroalimentare, le nuove produzioni e con tutto quanto può essere connesso con l’attività agricola. In un momento storico di passaggio come questo, nel quale sta terminando una programmazione e se ne sta aprendo un’altra, in cui conterà molto come l’agricoltura si porrà con il territorio, l’ambiente e la salute dei consumatori, si è deciso di fare il punto su un argomento che è quello della condizionalità, attraverso una pubblicazione che intende tradurre le regole in informazioni tecniche e fornire un supporto a tutti gli operatori del settore affinché possano trovare spunti di crescita nell’attuale situazione di crisi. Diego Furia direttore Coldiretti Torino Roberto Moncalvo presidente Coldiretti Torino Torino, giugno 2012 5 PREMESSA Vista la complessità delle norme oggetto di condizionalità e considerate le modifiche che possono di anno in anno intercorrere, questo testo non può avere la presunzione di descrivere in dettaglio gli impegni, i controlli, le soluzioni tecniche da adottare. Anche il linguaggio utilizzato è di tipo divulgativo e quindi non può certo rappresentare con precisione le diverse situazioni. Invitiamo dunque il lettore a fare sempre riferimento alla normativa in vigore, consultando la delibera regionale e informandosi presso le strutture competenti in materia. 6 INDICE pag. 11 CONDIZIONALITÀ 2012 CRITERI DI GESTIONE OBBLIGATORI Rete Natura 2000 ATTO A1, conservazione degli uccelli selvatici ATTO A5, conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche Protezione dell’ambiente ATTO A2, protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose ATTO A3, protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura ATTO A4, protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole Fertilizzanti. Requisiti minimi relativi all’uso di effluenti zootecnici: si applicano alle sole aziende agricole che aderiscono ai pagamenti agro-ambientali Identificazione e registrazione degli animali ATTO A6, identificazione e registrazione dei suini ATTO A7, sistema di identificazione e registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine ATTO A8, sistema di identificazione e registrazione degli ovini e dei caprini ATTO B9, immissione in commercio (utilizzo) dei prodotti fitosanitari Fitofarmaci. Requisiti minimi relativi all’uso dei prodotti fitosanitari: si applicano alle sole aziende agricole che aderiscono ai pagamenti agro-ambientali Sanità animale ATTO B10, sostanze ad azione ormonica Gestione di malattie animali particolarmente pericolose per la loro infettività o trasmissibilità all’uomo 7 22 22 22 34 40 42 84 89 90 92 93 101 103 103 ATTO B12, prevenzione, controllo ed eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (Tse) ATTO B13, misure di lotta contro l’afta epizootica ATTO B14, introduzione di misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali, nonché di misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini ATTO B15, disposizioni relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini 104 105 105 106 Sicurezza alimentare ATTO B11, regolamento (Ce) 178/2002, principi e requisiti generali della legislazione alimentare, istituzione Autorità europea per la sicurezza alimentare, procedure 107 Benessere animale ATTO C16, protezione dei vitelli ATTO C17, protezione dei suini ATTO C18, protezione degli animali negli allevamenti 113 116 123 BUONE CONDIZIONI AGRONOMICHE E AMBIENTALI Obiettivo 1: EROSIONE DEL SUOLO Norma 1: Misure per la protezione del suolo Standard 1.1 - Gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali specifiche Standard 1.2 - Copertura minima del suolo Standard 1.3 - Mantenimento dei terrazzamenti 125 126 127 Obiettivo 2: SOSTANZA ORGANICA DEL SUOLO Norma 2: Misure per il mantenimento dei livelli di sostanza organica nel suolo Standard 2.1 - Gestione delle stoppie e dei residui colturali Standard 2.2 - Avvicendamento delle colture 128 129 Obiettivo 3: STRUTTURA DEL SUOLO Norma 3: Misure per la protezione della struttura del suolo Standard 3.1 - Uso adeguato delle macchine 131 Obiettivo 4: LIVELLO MINIMO DI MANTENIMENTO Norma 4: Misure per il mantenimento dei terreni e degli habitat Standard 4.1 - Protezione del pascolo permanente Standard 4.2 - Evitare la propagazione di vegetazione indesiderata sui terreni agricoli Standard 4.3 - Mantenimento degli oliveti e dei vigneti in buone condizioni vegetative 8 132 132 133 Standard 4.4 - Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio Standard 4.5 - Divieto di estirpazione olivi Standard 4.6 - Densità bestiame minime e/o regimi adeguati 134 135 136 Obiettivo 5: PROTEZIONE E GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE Norma 5: Misure per la protezione e la gestione delle acque Standard 5.1 - Rispetto delle procedure di autorizzazione quando l’utilizzo delle acque a fini di irrigazione è soggetto ad autorizzazione Standard 5.2 - Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua 137 BIBLIOGRAFIA 142 9 137 10 CONDIZIONALITÀ 2012 La condizionalità è il principio secondo il quale ogni agricoltore, per poter beneficiare dei pagamenti diretti, è tenuto al rispetto di criteri di gestione obbligatori (Cgo) e di buone condizioni agronomiche e ambientali (Bcaa). La condizionalità ha il proprio fondamento normativo nel regolamento (Ce) n. 1782/2003 e nel successivo regolamento (Ce) applicativo n. 796/2004, in seguito disciplinata dal regolamento (Ce) n. 73/2009 che tratta anche le riduzioni e le esclusioni per inadempienze dei beneficiari dei pagamenti diretti e dei programmi di sviluppo rurale. Il regolamento (Ce) 1234/2007 estende gli obblighi di condizionalità anche agli agricoltori che percepiscono aiuti nell’ambito dei programmi di sostegno per la ristrutturazione dei vigneti, l’estirpazione dei vigneti o la vendemmia verde. Tali obblighi si applicano: x per i tre anni successivi alla riscossione dei pagamenti per la ristrutturazione e l’estirpazione dei vigneti; x all’anno di riscossione del pagamento nel caso della vendemmia verde e limitatamente allo svolgimento dell’attività agricola e zootecnica o alla superficie agricola dell’azienda beneficiaria di tali pagamenti. Le modalità di applicazione degli obblighi di condizionalità sono disciplinate dal regolamento (Ce) n. 1122/2009 della Commissione e s.m.i. e dal regolamento (Ue) 65/2011, che sostituisce il regolamento 1975/2006. 11 La condizionalità rappresenta una delle principali novità introdotte a seguito della riforma della politica agricola comune (Pac) approvata nel 2003. Essa coinvolge tutti gli agricoltori che dal 1° gennaio 2005 intendono beneficiare dei finanziamenti messi a disposizione dall’Unione europea attraverso la stessa Pac. A partire da tale data, tutti gli agricoltori sono tenuti ad assicurare il rispetto di una serie di impegni: corretta gestione agronomica dei terreni, salvaguardia dell’ambiente, salute pubblica e degli animali, benessere animale. La non conformità a tali impegni comporta l’attivazione di un meccanismo di riduzione dell’insieme dei pagamenti diretti cui ciascun agricoltore avrebbe diritto. L’introduzione della condizionalità rappresenta uno dei segnali politici più importanti in termini di esplicitazione della volontà di confermare il sostegno al settore agricolo, ma solo a patto che esso si dimostri attento alle tematiche ambientali e all’esigenza di difendere il territorio; tutto ciò per esaltare le “esternalità positive” della Pac e difenderla dalle critiche che ha incontrato e incontra tuttora, consentendone così una miglior difesa in sede di Organizzazione mondiale del commercio. Lo stesso obiettivo è stato perseguito con il “disaccoppiamento”, sempre introdotto con la riforma Pac del 2003, riducendo di molto gli incentivi accordati alla produzione intensiva, ritenuti all’origine dell’aumento dei rischi ambientali. Definizioni a) “atto”: ciascuna delle direttive e dei regolamenti di cui agli articoli 4 e 5 e all’allegato II del regolamento (Ce) n. 73/09, relativo ai criteri di gestione obbligatori, allegato 1 del relativo decreto; b) “norma”: l’insieme degli standard come definiti dall’allegato II e riconducibili agli obiettivi come definiti dall’allegato III del regolamento (Ce) n. 73/09; c) “condizionalità”: gli atti, le norme e gli standard di cui alle lettere a), b), d); d) “standard”: le disposizioni relative alle buone condizioni agronomiche e ambientali, di cui agli articoli 4 e 6 e all’allegato III del regolamento (Ce) n. 73/09, così come definite nell’allegato 2 del decreto; e) “autorità di controllo competente”: l’organismo pagatore ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento (Ce) n. 1122/09; f) “ente di controllo specializzato”: l’organismo di controllo ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, comma 1, del regolamento (Ce) n. 1122/09, delegato dall’organismo pagatore alla verifica del rispetto dei criteri di gestione obbligatori e delle buone condizioni agronomiche e ambientali; g) “azienda”: l’insieme delle unità di produzione gestite da un agricoltore, così come definita all’articolo 2, lettera b) del regolamento (Ce) n. 73/09; 12 h) “componente dell’operazione integrata”: la componente dell’operazione che è chiaramente ricollegabile a una determinata misura; i) “impegno”: il vincolo o l’obbligo giuridico che grava sul beneficiario del sostegno richiesto; j) “impegno pertinente di condizionalità”: impegno di condizionalità chiaramente ricollegabile al vincolo o all’obbligo giuridico che grava sul beneficiario del sostegno richiesto per le misure di cui all’articolo 36, lettera a), punti IV e V, e lettera b), punto V, del regolamento (Ce) n. 1698/05 e s.m.i., o per un particolare regime di aiuto; k) “pagamento ammesso”: contributo, premio o aiuto concesso al beneficiario e che è stato o sarà erogato al beneficiario stesso in base alle domande di pagamento che ha presentato in anni precedenti, o che ha presentato o presenterà nel corso dell’anno civile dell’accertamento. L’insieme degli impegni da rispettare (Cgo e Bcaa) è raggruppato in quattro CAMPI DI CONDIZIONALITÀ ognuno dei quali fa riferimento a un settore omogeneo: x x x x ambiente (Cgo); sanità pubblica, salute delle piante e degli animali (Cgo); igiene e benessere degli animali (Cgo); buone condizioni agronomiche e ambientali (Bcaa). Questo sistema di impegni è entrato in vigore progressivamente: a partire dal 1° gennaio 2005 con l’introduzione di tre dei campi sopra descritti (ambiente, sanità e Bcaa); a partire dal 1° gennaio 2006 sono entrati in vigore altri atti dei campi introdotti nel 2005; a partire dal 1° gennaio 2007, con l’introduzione del campo igiene e benessere degli animali, il sistema è entrato a pieno regime. DESTINATARI DELLA CONDIZIONALITÀ Le disposizioni comunitarie e nazionali, diramate a seguito della riforma della Pac del 2003, stabiliscono quanto segue. TUTTI GLI AGRICOLTORI CHE: x BENEFICIANO DI PAGAMENTI DIRETTI sono tenuti al rispetto degli impegni relativi ai criteri di gestione obbligatori (Cgo) 13 e a mantenere i terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali (Bcaa). Al rispetto della condizionalità sono dunque interessati gli agricoltori beneficiari di uno o più dei seguenti regimi di sostegno: domanda unica di pagamento di sviluppo rurale di ristrutturazione e riconversione dei vigneti di premio di estirpazione vigneti; x BENEFICIANO DI AZIONI AMBIENTALI previste nei programmi operativi del settore ortofrutticolo (secondo quanto stabilito dalla Strategia nazionale 2009-2013 approvata con decreto ministeriale 3417 del 25 settembre 2008) a norma dell’articolo 103 quater del regolamento (Ce) 1234/2007 e s.m.i. INOLTRE, LA CONDIZIONALITÀ È UN LIVELLO DI RIFERIMENTO (BASE LINE) che stabilisce il livello al di sotto del quale l’attività agricola può danneggiare l’ambiente e al di sopra del quale produce servizi ambientali; è quindi il riferimento al di sopra del quale è possibile finanziare le aziende attraverso misure del Programma di sviluppo rurale (Psr) come quelle agro-ambientali e di benessere degli animali. Gli impegni di condizionalità devono essere rispettati su qualsiasi superficie agricola dell’azienda beneficiaria di pagamenti diretti, inclusi i terreni in relazione ai quali non si percepisce alcun aiuto. OBBLIGHI INTRODOTTI DALLA CONDIZIONALITÀ Gli impegni a cui ogni agricoltore deve fare riferimento sono suddivisi in due grandi categorie: x criteri di gestione obbligatori (Cgo), ovvero disposizioni di legge successivamente indicate con “atti” già in vigore, derivanti dall’applicazione nazionale di corrispondenti disposizioni comunitarie; x buone condizioni agronomiche e ambientali (Bcaa), successivamente indicate con “norme” stabilite a livello nazionale per garantire il raggiungimento di obiettivi prioritari fissati dall’Unione europea, ovvero: proteggere il suolo mediante misure idonee, mantenere i livelli di sostanza organica del suolo mediante opportune pratiche agricole, proteggere la struttura del suolo mediante misure adeguate, assicurare un livello minimo di mantenimento dell’ecosistema ed evitare il deterioramento degli habitat. 14 Sulla base delle disposizioni approvate con lo stesso decreto del 13 dicembre 2004, le Regioni e le Province autonome possono con propri provvedimenti dettagliare ulteriormente l’elenco degli impegni di condizionalità in modo da adattarli al meglio alle caratteristiche del proprio territorio. IMPEGNI DA RISPETTARE. IN RIFERIMENTO: x al decreto ministeriale (Mipaaf) 22 dicembre 2009, n. 30125, modificato dal decreto ministeriale n. 27417 del 22 dicembre 2011, Disciplina del regime di condizionalità ai sensi del regolamento (Ce) n. 73/2009 e delle riduzioni ed esclusioni per inadempienze dei beneficiari dei pagamenti diretti e dei Programmi di sviluppo rurale; x al decreto della Giunta regionale 19 marzo 2012, n. 88-3598, Applicazione del regime di condizionalità. Le aziende agricole tenute al rispetto della condizionalità non devono necessariamente rispettare tutti gli atti e le norme previste; infatti, il numero e la tipologia degli impegni differiscono, caso per caso, così come di seguito specificato. Per i CRITERI DI GESTIONE OBBLIGATORI (Cgo) gli impegni sono differenziati in base a: x ubicazione dell’azienda agricola rispetto alla perimetrazione delle aree sensibili dal punto di vista ambientale (zone Sic, Zps, aree Zvn, dati rilevabili dal fascicolo aziendale); x utilizzo di determinate sostanze pericolose e di fanghi; x presenza di allevamenti zootecnici. ELENCO “A”: criteri di gestione obbligatori inseriti nel regime di condizionalità a partire dall’1/1/2005. ATTO A1, DIRETTIVA 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. ATTO A2, DIRETTIVA 80/68/Cee, concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose. ATTO A3, DIRETTIVA 86/278/Cee, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura. ATTO A4, DIRETTIVA 91/676/Cee, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. ATTO A5, DIRETTIVA 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. 15 ATTO A6, DIRETTIVA 2008/71/Ce del Consiglio, relativa alla identificazione e registrazione dei suini. ATTO A7, REGOLAMENTO 1760/2000, che istituisce un sistema di identificazione e registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine e che abroga il regolamento 820/97. ATTO A8, REGOLAMENTO (Ce) 21/2004 del Consiglio del 17 dicembre 2003, che istituisce un sistema di identificazione e registrazione degli ovini e dei caprini e che modifica il regolamento (Ce) 1782/ 2003 e le direttive 92/102/Cee e 64/432/Cee. ELENCO “B”: criteri di gestione obbligatori inseriti nel regime di condizionalità a partire dall’1/1/2006. ATTO B9, DIRETTIVA 91/414/Cee, concernente l’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari. ATTO B10, DIRETTIVA 96/22/Ce del Consiglio e successive modifiche apportate dalla direttiva 2003/74/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali e abrogazione delle direttive 81/602/ Cee, 88/146/Cee e 88/299/Cee. ATTO B11, REGOLAMENTO (Ce) 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare. ATTO B12, REGOLAMENTO (Ce) 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili e successive modifiche e integrazioni. ATTO B13, DIRETTIVA 85/511/Cee del Parlamento europeo e del Consiglio concernente misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica, abrogata dalla direttiva 2003/85/Ce del Consiglio del 29 settembre 2003, relativa a misure comunitarie contro l’afta epizootica. ATTO B14, DIRETTIVA 92/119/Cee del Consiglio, concernente l’introduzione di misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali, nonché di misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini. ATTO B15, DIRETTIVA 2000/75/Ce del Consiglio, che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini. ELENCO “C”: criteri di gestione obbligatori inseriti nel regime di condizionalità a partire dall’1/1/2007. ATTO C16, DIRETTIVA 2008/119/Ce del Consiglio del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. 16 ATTO C17, DIRETTIVA 2008/120/Ce del Consiglio del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. ATTO C18, DIRETTIVA 98/58/Ce del Consiglio, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti. Per le norme relative alle BUONE CONDIZIONI AGRONOMICHE E AMBIENTALI (Bcaa), gli impegni sono invece differenziati per: x tipologia di utilizzazione delle singole particelle aziendali; x ubicazione dell’azienda agricola rispetto alla perimetrazione delle aree sensibili dal punto di vista ambientale. Bcaa – tabella riassuntiva Obiettivo Norma Standard 1: EROSIONE DEL SUOLO Proteggere il suolo mediante misure idonee 1: Misure per la protezione 1.1 Gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali specifiche 1.2 Copertura minima del suolo 1.3 Mantenimento dei terrazzamenti 2: SOSTANZA ORGANICA DEL SUOLO Mantenere i livelli di sostanza organica del suolo mediante opportune pratiche 2: Misure per il mantenimento dei livelli di sostanza organica nel suolo 2.1 Gestione delle stoppie 2.2 Avvicendamento delle colture 3: STRUTTURA DEL SUOLO Mantenere la struttura del suolo mediante misure adeguate 3: Misure per la protezione della struttura del suolo 3.1 Uso adeguato delle macchine 17 Obiettivo Norma Standard 4: LIVELLO MINIMO DI MANTENIMENTO Assicurare un livello minimo di mantenimento dei terreni ed evitare il deterioramento degli habitat 4: Misure per il mantenimento dei terreni e degli habitat 4.1 Protezione del pascolo permanente 4.2 Evitare la propagazione di vegetazione indesiderata sui terreni agricoli 4.3 Mantenimento degli oliveti e dei vigneti in buone condizioni vegetative 4.4 Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio 4.5 Divieto di estirpazione degli olivi 4.6 Densità di bestiame minime e/o regimi adeguati 5: PROTEZIONE E GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE Proteggere le acque dall’inquinamento e dal ruscellamento e gestire l'utilizzo delle risorse idriche 5: Misure per la protezione e la gestione delle acque 5.1 Rispetto delle procedure di autorizzazione quando l’utilizzo delle acque a fini di irrigazione è soggetto ad autorizzazione 5.2 Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua 18 Tabella riassuntiva e di orientamento degli impegni da rispettare in base alla situazione aziendale Chiave di ricerca Descrizione C. G. O. Atti B. C. A. A. Standard acquacoltura allevamento di pesci B10 - C18 acquacoltura agroambientali si aderisce ad azioni requisiti minimi agro-ambientali del Psr relativi all’uso dei fertilizzanti requisiti minimi relativi all’uso dei prodotti fitosanitari alberi in filari mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio 4.4 alberi isolati mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio 4.4 si producono animali B11 - C18 animali per alimentazione per l’alimentazione umana umana avicoli si allevano e deten- B10 - C18 gono avicoli batterie si utilizzano batterie bovini si allevano e deten- A7 - B10 - B12 gono bovini B13 - B14 - B15 - C16 - C18 bufalini si allevano e deten- B10 - B12 - B13 gono bufalini - B14 - C18 caprini si allevano e deten- A8 - B10 - B12 gono caprini - B13 - B14 B15 - C18 carburanti si utilizzano carburan- A2 ti, lubrificanti e filtri cereali superfici a seminativo coltivate a cereali cunicoli si allevano e detengo- B10 - C18 no cunicoli digestato si utilizza digestato da A4 digestione anaerobica 19 A2 2.2 Chiave di ricerca Descrizione C. G. O. Atti B. C. A. A. Standard equini si allevano e deten- B10 - B12 - B13 gono equini - B14 - C18 fanghi si utilizzano fanghi di depurazione fitosanitari si utilizzano prodotti A2 - B9 fitosanitari foraggi si producono foraggi irrigazione autorizzazione per l’utilizzo delle acque a fini di irrigazione 5.1 laghetti mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio 4.4 latte si produce latte mangimi si producono mangimi B11 Muretti a secco mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio 4.4 Natura 2000 terreni in zone di Na- A1 - A5 tura 2000 1.3 - 2.1 4.1 - 4.2 olivi oliveti e olivi isolati 4.3 - 4.5 ovini si allevano e deten- A8 - B10 - B12 gono ovini - B13 - B14 B15 - C18 pascolo pascolo permanente 4.1 - 4.6 Prati permanenti prati permanenti 4.6 prati stabili prati stabili 4.6 prati-pascoli prati-pascoli nenti reflui si producono zootecnici reflui si utilizzano reflui zoo- A4 tecnici rifiuti si producono rifiuti seminativo superfici a seminativo 1.1 - 2.1 Sic terreni in Siti d’impor- A5 tanza comunitaria 1.3 - 2.1 4.1 - 4.2 A3 B11 B11 - C18 perma- 4.6 reflui A4 20 A2 Chiave di ricerca Descrizione C. G. O. Atti siepi mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio suini si allevano e deten- A6 - B10 - B13 gono suini B14 - C17 - C18 B. C. A. A. Standard 4.4 terrazzamento superfici agricole con terrazzamenti 1.3 terreni coltivati tutte le superfici agricole 1.1 - 1.2 3.1 - 4.2 5.1 terreni non coltivati 1.2 superfici a seminativo ritirate dalla produzione terreni in pendenza 1.1 terreni sui corsi d’acqua terreni sui corsi d’acqua 5.2 uova si producono uova B11 - C18 vegetali per si producono vegetali B11 alimentazione per l’alimentazione umana umana veterinaria si utilizzano presidi di A2 cura veterinaria vigneti vigneti 4.3 vitelli si allevano vitelli fino C16 - C18 a sei mesi terreni in zone di pro- A1 tezione speciali 1.3 - 2.1 4.1 - 4.2 Zps Zvn terreni in zone vulne- A4 rabili da nitrati 21 CRITERI DI GESTIONE OBBLIGATORI Rete Natura 2000 ATTO A1 – Conservazione degli uccelli selvatici ATTO A5 – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e fauna selvatiche OBIETTIVO: MANTENIMENTO DELLA BIODIVERSITÀ La Rete Natura 2000 è costituita da due tipologie di aree: x le Zone di protezione speciale (Zps) ai sensi della direttiva “Uccelli” 79/409/Cee, individuate per la conservazione dell’avifauna in via di estinzione e di quella migratrice; x i Siti di importanza comunitaria (Sic), individuati ai sensi della direttiva comunitaria “Habitat” 92/43/Cee, le aree Sic sono destinate ad essere designate come Zone speciali di conservazione (Zsc) nel momento in cui saranno attivate le idonee misure di conservazione e protezione e formulati piani di gestione che prefigurino una tutela di tali ambienti in una prospettiva di sviluppo sostenibile, nell’integrazione tra attività ed esigenze di conservazione. Sic e Zps in alcuni casi possono coincidere o essere contenuti gli uni nelle altre, o viceversa. Circa 60 Sic sono inseriti, completamente o parzialmente, nel Sistema delle aree protette della Regione Piemonte; due coincidono quasi completamente con altrettanti parchi nazionali (Gran Paradiso e val Grande). Per i rimanenti si applica soltanto il regime di protezione previsto dalla direttiva “Habitat” e dalla direttiva “Uccelli”. 22 Natura 2000 in provincia di Torino (rosso: Zps; verde: Sic) Zps, provincia di Torino codice Zps nome Zps ettari IT1110006 Orsiera Rocciavrè 10.955,36 IT1110007 Laghi di Avigliana 413,82 IT1110017 Lanca di Santa Marta (confluenza Po-Banna) 164,09 IT1110018 Confluenza Po-Orco-Malone 312,06 IT1110019 Baraccone (confluenza Po-Dora Baltea) IT1110020 Lago di Viverone 279,07 IT1110024 Lanca di San Michele 227,70 IT1110025 Po morto di Carignano 502,61 IT1110036 Lago di Candia 335,43 IT1110070 Meisino (confluenza Po-Stura) 244,78 IT1110080 Val Troncea IT1120013 Isolotto del Ritano (Dora Baltea) IT1180028 Fiume Po-tratto vercellese e alessandrino IT1201000 Parco nazionale del Gran Paradiso 1.482,07 10.129,81 23 15,34 487,55 33.972,67 Sic, provincia di Torino codice Sic nome Sic ettari IT1110039 Rocciamelone IT1110055 Arnodera-colle Montabone 1.965,75 IT1110019 Baraccone (confluenza Po-Dora Baltea) 1.482,07 IT1110044 Bardonecchia-val Fredda 1.685,26 IT1110027 Boscaglie di tasso di Giaglione (val Clarea) IT1110063 Boschi e paludi di Bellavista 94,84 IT1110009 Bosco del Vaj e Bosc Grand 1.346,93 IT1110045 Bosco di Pian Prà (Rorà) IT1110026 Champlas-colle del Sestriere 112,39 339,74 92,86 1.049,99 IT1110058 Cima Fournier e lago Nero 639,52 IT1110038 Col Basset (Sestriere) 267,52 IT1110002 Collina di Superga 746,81 IT1110016 Confluenza Po-Maira 106,92 IT1110018 Confluenza Po-Orco-Malone 312,06 IT1110015 Confluenza Po-Pellice 115,07 IT1160013 Confluenza Po-Varaita 88,16 IT1110010 Gran Bosco di Salbertrand IT1110048 Grotta del Pugnetto 3.711,62 19,14 IT1120023 Isola di Santa Maria 325,07 IT1120013 Isolotto del Ritano (Dora Baltea) IT1110079 La Mandria 378,60 IT1110007 Laghi di Avigliana 413,82 IT1110021 Laghi di Ivrea IT1110034 Laghi di Meugliano e Alice IT1130004 Lago di Bertignano (Viverone) e stagno presso la strada per Roppolo IT1110036 Lago di Candia IT1110061 Lago di Maglione 17,39 IT1110020 Lago di Viverone 279,07 IT1110017 Lanca di Santa Marta (confluenza Po-Banna) 164,09 IT1110024 Lanca di San Michele 227,70 IT1110049 Les Arnauds e punta Quattro Sorelle IT1110008 Madonna della Neve, sul monte Lera IT1110081 Monte Musinè e laghi di Caselette 15,34 1.598,63 236,84 22,95 335,43 24 1.319,26 62,07 1.524,29 codice Sic nome Sic ettari IT1110013 Monti Pelati e Torre Cives 145,53 IT1110050 Mulino Vecchio (fascia fluviale del Po) 382,92 IT1110032 Oasi del Pra-Barant IT1110042 Oasi xerotermica di Oulx - Amazas 339,26 IT1110040 Oasi xerotermica di Oulx - Auberge 1.070,10 IT1110052 Oasi xerotermica di Puys (Beaulard) IT1110030 Oasi xerotermiche della val di Susa - Orrido di Chianocco IT1110006 Orsiera Rocciavrè IT1110064 Palude di Romano Canavese IT1201000 Parco nazionale del Gran Paradiso IT1110043 Pendici del monte Chaberton 328,77 IT1110051 Peschiere e laghi di Pralormo 46,08 IT1110029 Pian della Mussa (Balme) IT1110025 Po morto di Carignano IT1110001 Rocca di Cavour IT1110047 Scarmagno - Torre Canavese (morena destra d’Ivrea) IT1110057 Serra di Ivrea 2.242,54 IT1110035 Stagni di Poirino - Favari 1.843,80 IT1110022 Stagno di Oulx IT1110062 Stagno interrato di Settimo Rottaro 22,09 IT1110033 Stazioni di Myricaria germanica 62,77 IT1110004 Stupinigi IT1110014 Stura di Lanzo IT1110080 Val Troncea IT1110053 Valle della Ripa (Argentera) IT1110031 Valle Thuras IT1110005 Vauda 4.117,26 467,92 1.249,94 10.955,36 9,45 33.972,67 3.552,98 502,61 75,98 1.876,28 84,10 1.725,96 687,90 10.129,81 327,53 977,52 2.654,35 25 Tabella di orientamento per comune comune Agliè Alice Superiore Almese Andrate Avigliana Azeglio Balangero Baldissero Canavese Baldissero Torinese Balme nome sito tipo codice Scarmagno - Torre Canavese (morena destra di Ivrea) Sic IT1110047 Laghi di Meugliano e Alice Sic IT1110034 Monte Musinè e laghi di Caselette Serra di Ivrea Laghi di Avigliana Lago di Viverone Stura di Lanzo Monti Pelati e Torre Cives Scarmagno - Torre Canavese (morena destra di Ivrea) Sic Sic Sic - Zps Sic - Zps Sic Sic IT1110081 IT1110057 IT1110007 IT1110020 IT1110014 IT1110013 Sic IT1110047 Collina di Superga Sic IT1110002 Pian della Mussa (Balme) Bardonecchia - val Fredda Bardonecchia Les Arnauds e punta Quattro Sorelle Oasi del Pra-Barant Bobbio Pellice Stazioni di Myricaria germanica Bollengo Serra di Ivrea Laghi di Ivrea Borgofranco d’Ivrea Serra di Ivrea Borgomasino Lago di Maglione Brandizzo Confluenza Po-Orco-Malone Baraccone (confluenza Po-Dora Brusasco Baltea) Laghi di Ivrea Burolo Serra di Ivrea Oasi xerotermiche della val di Susa - Orrido di Chianocco Bussoleno Orsiera Rocciavrè Rocciamelone Cafasse Stura di Lanzo Candia Lago di Candia Canavese Candiolo Stupinigi Caravino Stagno interrato di Settimo Rottaro Sic IT1110029 Sic IT1110044 26 Sic IT1110049 Sic Sic Sic Sic Sic Sic Sic - Zps IT1110032 IT1110033 IT1110057 IT1110021 IT1110057 IT1110061 IT1110018 Sic - Zps IT1110019 Sic IT1110021 Sic IT1110057 Sic IT1110030 IT1110006 Sic IT1110039 Sic IT1110014 Sic - Zps IT1110036 Sic IT1110004 Sic IT1110062 comune nome sito Confluenza Po-Maira Lanca di San Michele Po morto di Carignano Confluenza Po-Maira Lanca di San Michele Carmagnola Po morto di Carignano Stagni di Poirino - Favari Casalborgone Bosco del Vaj e Bosc Grand Cascinette Laghi di Ivrea d’Ivrea Monte Musinè Caselette e laghi di Caselette Castagneto Bosco del Vaj e Bosc Grand Po Monti Pelati e Torre Cives Castellamonte Scarmagno - Torre Canavese (morena destra d’Ivrea) Baraccone (confluenza Po-Dora Cavagnolo Baltea) Cavour Rocca di Cavour Ceresole Parco nazionale del Gran Reale Paradiso Champlas - colle del Sestriere Cima Fournier e lago Nero Cesana Oasi xerotermica Torinese di Oulx - Amazas Pendici del monte Chaberton Valle Thuras Oasi xerotermiche della val di Chianocco Susa - Orrido di Chianocco Laghi di Ivrea Chiaverano Serra di Ivrea Chiomonte Gran Bosco di Salbertrand Chivasso Confluenza Po-Orco-Malone Claviere Pendici del monte Chaberton Coazze Orsiera Rocciavrè Collegno La Mandria Scarmagno - Torre Canavese Cuceglio (morena destra di Ivrea) Druento La Mandria Carignano 27 tipo Sic Sic - Zps Sic - Zps Sic Sic - Zps Sic - Zps Sic Sic codice IT1110016 IT1110024 IT1110025 IT1110016 IT1110024 IT1110025 IT1110035 IT1110009 Sic IT1110021 Sic IT1110081 Sic IT1110009 Sic IT1110013 Sic IT1110047 Sic - Zps IT1110019 Sic IT1110001 Sic - Zps IT1201000 Sic IT1110026 Sic IT1110058 Sic IT1110042 Sic IT1110043 Sic IT1110031 Sic IT1110030 Sic Sic Sic Sic - Zps Sic Sic - Zps Sic IT1110021 IT1110057 IT1110010 IT1110018 IT1110043 IT1110006 IT1110079 Sic IT1110047 Sic IT1110079 comune Exilles Fenestrelle Fiano Front Giaglione Givoletto Gravere Groscavallo Ivrea La Cassa La Loggia Lanzo Torinese Lauriano Locana Lombardore Lombriasco Maglione Massello Mathi Mattie Mazzè Meana di Susa Meugliano Mezzenile Mompantero Moncalieri nome sito Gran Bosco di Salbertrand Orsiera Rocciavrè Val Troncea La Mandria Vauda Boscaglie di tasso di Giaglione (val Clarea) Madonna della Neve sul monte Lera Arnodera - colle Montabone Pian della Mussa (Balme) Boschi e paludi di Bellavista Laghi di Ivrea La Mandria Lanca di Santa Marta (confluenza Po-Banna) Stura di Lanzo tipo Sic Sic - Zps Sic - Zps Sic Sic codice IT1110010 IT1110006 IT1110080 IT1110079 IT1110005 Sic IT1110027 Sic IT1110008 Sic Sic Sic Sic Sic IT1110055 IT1110029 IT1110063 IT1110021 IT1110079 Sic - Zps IT1110017 Sic IT1110014 Baraccone (confluenza Po-Dora Baltea) Parco nazionale del Gran Paradiso Vauda Confluenza Po-Maira Lago di Maglione Val Troncea Stura di Lanzo Orsiera Rocciavrè Lago di Candia Mulino Vecchio (fascia fluviale del Po) Arnodera - colle Montabone Orsiera Rocciavrè Laghi di Meugliano e Alice Grotta del Pugnetto Oasi xerotermiche della val di Susa - Orrido di Chianocco Rocciamelone Lanca di Santa Marta (confluenza Po-Banna) 28 Sic - Zps IT1110019 Sic - Zps IT1201000 Sic Sic Sic Sic - Zps Sic Sic - Zps Sic - Zps IT1110005 IT1110016 IT1110061 IT1110080 IT1110014 IT1110006 IT1110036 Sic IT1110050 Sic Sic - Zps Sic Sic IT1110055 IT1110006 IT1110034 IT1110048 Sic IT1110030 Sic IT1110039 Sic - Zps IT1110017 comune nome sito Montalto Dora Laghi di Ivrea Baraccone (confluenza Po-Dora Monteu da Po Baltea) Nichelino Stupinigi Parco nazionale del Gran Noasca Paradiso Stura di Lanzo Nole Vauda Nomaglio Serra di Ivrea None Stupinigi Novalesa Rocciamelone Orbassano Stupinigi Bardonecchia - val Fredda Col Basset (Sestriere) Gran Bosco di Salbertrand Oasi xerotermica di Oulx - Amazas Oulx Oasi xerotermica di Oulx - Auberge Oasi xerotermica di Puys (Beaulard) Stagno di Oulx Palazzo Serra di Ivrea Canavese Confluenza Po-Pellice Pancalieri Confluenza Po-Varaita Pavone Boschi e paludi di Bellavista Canavese Pecco Laghi di Meugliano e Alice Perosa Scarmagno - Torre Canavese Canavese (morena destra di Ivrea) Pianezza La Mandria Pino Torinese Collina di Superga Lago di Viverone Piverone Serra di Ivrea Peschiere e laghi di Pralormo Poirino Stagni di Poirino - Favari Gran Bosco di Salbertrand Pragelato Val Troncea Pralormo Peschiere e laghi di Pralormo Parco nazionale del Gran Ribordone Paradiso 29 tipo codice Sic IT1110021 Sic - Zps IT1110019 Sic IT1110004 Sic - Zps IT1201000 Sic Sic Sic Sic Sic Sic Sic Sic Sic Sic Sic IT1110014 IT1110005 IT1110057 IT1110004 IT1110039 IT1110004 IT1110044 IT1110038 IT1110010 IT1110042 IT1110040 Sic IT1110052 Sic IT1110022 Sic IT1110057 Sic IT1110015 Sic IT1160013 Sic IT1110063 Sic IT1110034 Sic IT1110047 Sic Sic Sic - Zps Sic Sic Sic Sic Sic - Zps Sic IT1110079 IT1110002 IT1110020 IT1110057 IT1110051 IT1110035 IT1110010 IT1110080 IT1110051 Sic - Zps IT1201000 comune Rivalba Rivarossa Robassomero Romano Canavese Ronco Canavese Rondissone Rorà Roreto Chisone Salbertrand San Carlo Canavese San Francesco al Campo San Gillio San Giorio di Susa San Martino Canavese San Mauro Torinese San Sebastiano da Po Santena Sauze di Cesana Sauze d’Oulx Scarmagno Sestriere Settimo Rottaro nome sito tipo codice Bosco del Vaj e Bosc Grand Vauda La Mandria Sic IT1110009 Sic IT1110005 Sic IT1110079 Palude di Romano Canavese Sic IT1110064 Parco nazionale del Gran Paradiso Isolotto del Ritano (Dora Baltea) Mulino Vecchio (fascia fluviale del Po) Bosco di Pian Prà (Rorà) Orsiera Rocciavrè Sic - Zps IT1201000 Sic - Zps IT1120013 Sic IT1110050 Sic IT1110045 Sic - Zps IT1110006 Gran Bosco di Salbertrand Oasi xerotermica di Oulx - Auberge Sic IT1110010 Sic IT1110040 Vauda Sic IT1110005 Vauda Sic IT1110005 Monte Musinè e laghi di Caselette Sic IT1110081 Orsiera Rocciavrè Sic - Zps IT1110006 Scarmagno - Torre Canavese (morena destra di Ivrea) Collina di Superga Meisino (confluenza Po-Stura) Baraccone (confluenza Po-Dora Baltea) Stagni di Poirino - Favari Champlas - colle del Sestriere Valle della Ripa (Argentera) Gran Bosco di Salbertrand Scarmagno - Torre Canavese (morena destra di Ivrea) Champlas - colle del Sestriere Col Basset (Sestriere) Val Troncea Stagno interrato di Settimo Rottaro 30 Sic IT1110047 Sic IT1110002 Zps IT1110070 Sic - Zps IT1110019 Sic Sic Sic Sic IT1110035 IT1110026 IT1110053 IT1110010 Sic IT1110047 Sic IT1110026 Sic IT1110038 Sic - Zps IT1110080 Sic IT1110062 comune Susa Torino Torrazza Piemonte Torre Canavese Torre Pellice nome sito Arnodera - colle Montabone Oasi xerotermiche della val di Susa - Orrido di Chianocco Collina di Superga Meisino (confluenza Po-Stura) Isolotto del Ritano (Dora Baltea) Scarmagno - Torre Canavese (morena destra di Ivrea) Bosco di Pian Prà (Rorà) Gran Bosco di Salbertrand Usseaux Orsiera Rocciavrè Val Troncea Pian della Mussa (Balme) Usseglio Rocciamelone Madonna della Neve sul monte Lera Val della Torre Monte Musinè e laghi di Caselette Valprato Parco nazionale del Gran Soana Paradiso Madonna della Neve sul monte Varisella Lera Vauda Vauda Canavese Baraccone (confluenza Po-Dora Verolengo Baltea) Venaria La Mandria Reale Verrua Baraccone (confluenza Po-Dora Savoia Baltea) Fiume Po - tratto vercellese e Verrua alessandrino Savoia Isola di Santa Maria Scarmagno - Torre Canavese Vialfrè (morena destra di Ivrea) Vidracco Monti Pelati e Torre Cives Villafranca Confluenza Po-Pellice Piemonte Villanova Stura di Lanzo Canavese Mulino Vecchio (fascia fluviale Villareggia del Po) 31 tipo codice Sic IT1110055 Sic IT1110030 Sic IT1110002 Zps IT1110070 Sic - Zps IT1120013 Sic IT1110047 Sic Sic Sic - Zps Sic - Zps Sic Sic Sic Sic IT1110045 IT1110010 IT1110006 IT1110080 IT1110029 IT1110039 IT1110008 IT1110081 Sic - Zps IT1201000 Sic IT1110008 Sic IT1110005 Sic - Zps IT1110019 Sic IT1110079 Sic - Zps IT1110019 Zps IT1180028 Sic IT1120023 Sic IT1110047 Sic IT1110013 Sic IT1110015 Sic IT1110014 Sic IT1110050 comune Villar Focchiardo Villar Pellice Villastellone nome sito tipo codice Orsiera Rocciavrè Sic - Zps IT1110006 Oasi del Pra-Barant Stazioni di Myricaria germanica Po morto di Carignano Stagni di Poirino - Favari Sic Sic Sic - Zps Sic IT1110032 IT1110033 IT1110025 IT1110035 Rispetto degli atti A1 e A5: 1. Verificare se si hanno terreni in Zps e Sic (vedere fascicolo aziendale). 2. Verifica del rispetto delle Bcaa: Standard 1.3 – Mantenimento terrazzamenti. Standard 2.1 – Gestione delle stoppie. Standard 4.1 – Protezione del pascolo permanente. Standard 4.2 – Evitare la propagazione di vegetazione indesiderata sui terreni agricoli. Standard 4.4 – Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio. Standard 5.2. – Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua. 3. Inoltre, dovranno essere rispettate le Misure di conservazione relative alle singole aree di Natura 2000, se previste da un regolamento di gestione. 4. Nel caso in cui l’azienda intenda eseguire o abbia eseguito, all’interno di aree Natura 2000, piani, progetti o interventi (costruzioni, miglioramenti fondiari ecc.) che richiedono il rilascio di un’autorizzazione, verificare la presenza della cosiddetta “Valutazione di Incidenza Ambientale” (VIncA) che deve dimostrare che tali attività non incidano significativamente sull’ambiente tutelato da Rete Natura 2000. 32 Le misure compensative non vanno confuse con le misure di mitigazione e contenimento del danno. Queste ultime devono infatti far parte del progetto originale e sono volte a minimizzarne gli effetti negativi sul sito. Le misure compensative, viceversa, intervengono per controbilanciare il danno arrecato (nonostante gli accorgimenti presi nella sua stesura) da un progetto la cui realizzazione è considerata indispensabile. Tali misure devono garantire che il danno arrecato al particolare sito non vada a intaccare la coerenza complessiva della Rete. Un esempio pratico di misura compensativa è la ricreazione di habitat in un sito vicino o nel medesimo, debitamente allargato, per compensare la perdita dello stesso, che verrebbe causata dal progetto in questione. 33 ATTO A2 concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose DIRETTIVA 80/68/CEE – PROTEZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE DALL’INQUINAMENTO PROVOCATO DA CERTE SOSTANZE PERICOLOSE Obblighi e divieti validi per tutte le aziende, che non devono disperdere: x x x x x x x combustibili; olii di origine petrolifera e minerali; lubrificanti usati; filtri; batterie esauste; prodotti fitosanitari; presidi di cura veterinaria. Al fine di evitare la diffusione di sostanze pericolose per percolazione nel suolo o sottosuolo, x i carburanti e le sostanze pericolose devono essere detenuti secondo le norme (cisterne e magazzini), x i rifiuti devono essere gestiti secondo le regole di smaltimento e stoccaggio aziendale (vedi tabelle in appendice), x le acque che provengono dal lavaggio di contenitori di serbatoi, irroratori, atomizzatori, qualora non vengano ridistribuite sulle coltivazioni devono essere gestite secondo le regole (devono essere raccolte in contenitori a tenuta stagna e conferite presso centri specializzati). Impegni da rispettare da tutte le aziende Tutte le aziende devono garantire il corretto stoccaggio di: carburanti e combustibili; olii di origine petrolifera e minerali; lubrificanti usati; filtri; batterie esauste; rifiuti pericolosi e non pericolosi. Le aziende agricole tenute al rispetto dell’atto A2 devono assicurare che i propri depositi, occasionali o permanenti, di sostanze, mezzi 34 di produzione o sottoprodotti derivanti dal loro uso, che contengano sostanze pericolose, siano realizzati in maniera da evitare ogni dispersione su suolo o nel sottosuolo e la conseguente contaminazione delle falde acquifere. Obblighi per tutte le aziende: 1. i contenitori e i distributori di carburanti e olii lubrificanti devono essere a perfetta tenuta; 2. i prodotti fitosanitari o veterinari nelle proprie originarie confezioni devono essere stoccati in un locale o in un contenitore chiuso o protetto e posto su di un pavimento impermeabilizzato, al fine di evitare la diffusione di sostanze pericolose per percolazione nel suolo o nel sottosuolo; 3. i depositi o gli accumuli di lubrificanti usati, i filtri e le batterie esauste, gli involucri e i contenitori vuoti di prodotti fitosanitari o veterinari devono avere adeguata protezione dagli agenti atmosferici ed essere posti su pavimenti impermeabilizzati; 4. le carcasse di trattori, automobili o altri mezzi, ancora non smaltite, devono essere adeguatamente ricoverate (sotto coperture che le proteggano dagli eventi atmosferici e su pavimenti impermeabilizzati) al fine di prevenire la contaminazione dei suoli; 5. i contenitori di carburante posti su mezzi mobili devono essere provvisti di omologazione. NB - In alternativa, l’azienda può smaltire: lubrificanti usati, filtri e batterie esauste presso un’officina o ad un centro specializzato per la manutenzione ordinaria di macchine e attrezzi. Lo stoccaggio è permesso: all’interno di un locale; in un contenitore chiuso o protetto e posto su un pavimento impermeabilizzato (nel caso di carburanti e olii lubrificanti i contenitori e i distributori devono essere a perfetta tenuta). Nel caso di contenitori di dimensioni limitate (ad esempio, taniche), questi devono essere posti su un contenitore (vedi immagine 2) che sia in grado di contenerne le eventuali perdite. 35 ESEMPI DI STOCCAGGIO OLII E COMBUSTIBILI Contenitori di dimensioni limitate Modalità NON corretta per lo stoccaggio di olii e combustibili. Immagine 1 Modalità corretta per lo stoccaggio di olii e combustibili. Immagine 2 36 Serbatoio singolo Serbatoio a norma nel rispetto della condizionalità (il bacino di contenimento deve avere una capacità del 50% del serbatoio). Immagine 3 Serbatoio NON a norma per la condizionalità. Immagine 4 37 CLASSIFICAZIONE RIFIUTI Rifiuti pericolosi derivanti dalle attività delle aziende agricole: x scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati; x contenitori degli olii e dei lubrificanti con residui; x filtri olio esausti di mezzi agricoli; x indumenti protettivi contaminati da sostanze pericolose; x batterie e accumulatori al piombo; x contenitori contaminati di prodotti agrochimici (biocidi, sostanze fitosanitarie); x fitofarmaci inutilizzati; x residui di prodotti agrochimici; x filtri usati di atomizzatori; x recipienti contaminati da composti veterinari; x farmaci veterinari inutilizzati o scaduti; x materiale usato nelle terapie per gli animali (siringhe ecc.); x lampade al neon o a raggi infrarossi per zootecnia. Rifiuti non pericolosi derivanti dalle attività delle aziende agricole: x pneumatici fuori uso; x rifiuti/rottami ferrosi derivanti dalla manutenzione di attrezzature e macchinari; x apparecchiature fuori uso; x teli di copertura serre e tunnel deteriorati (Pe, Peir, Eva); x lastre rigide per serre deteriorate; x film per pacciamatura deteriorati (Pe); x tessuto non tessuto deteriorato (Pp); x geomembrane per impermeabilizzazioni (Pvc, Hdpe, Pp); x reggette, corde, nastri (Pe, Pp) di supporto coltivazioni, cordino agricolo (Pp) per legature imballaggi; x reti estruse (per raccolta olive, sostegno ecc.) deteriorate (Pp); x reti tessute (antigrandine, ombreggianti, frangivento) deteriorate (Hdpe); x film insilaggio deteriorati (Pe); x tubi per irrigazione e manichette deteriorati (Pe, Pvc, Prfv); x cassette per frutta e verdura; x scatole in cartone; x sacchi per sementi, mangimi e concimi; x flaconi, taniche e altri contenitori in plastica; 38 x x x x x x x x x x vasetteria (Pe, Pp, Ps); film plastici a uso imballaggio; pallett; altri imballaggi in legno non trattato; contenitori di più componenti (ad esempio, plastica/carta) per materiali non pericolosi; feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente, non riutilizzati nelle normali pratiche agricole (fertilizzazione); farine fossili di filtrazione e filtri da filtraggio mosti e vini; rifiuti dalla produzione di bevande alcoliche; fanghi di depurazione di cantine, di caseifici; macerie di demolizione delle strutture (non contenenti rifiuti pericolosi, come amianto, piombo ecc). Obblighi e divieti validi per le aziende i cui scarichi non siano assimilabili a quelli domestici: autorizzazione allo scarico di sostanze pericolose, rilasciata dagli enti preposti; rispetto delle condizioni di scarico contenute nell’autorizzazione. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati (articolo 124 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) fatto salvo per le acque reflue domestiche e le acque reflue a queste assimilate (articolo 101 (7), lettere a), b), c)), provenienti da imprese: dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura; dedite ad allevamento di bestiame; dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarità funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo disponibilità. Sono acque reflue domestiche (articolo 74 (1), lettera g) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) quelle provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche. Lo scarico (articolo 74 (1), lettera f) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) è qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite 39 un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Tutte le aziende che non si trovano nelle condizioni previste ai punti sopra indicati devono essere autorizzate allo scarico. Ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 152/2006, è vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo (articolo 103), fatta eccezione per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche. Al di fuori di questa ipotesi, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate. È sempre vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo (articolo 104). ATTO A3 concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura Le aziende agricole sui cui terreni si effettua lo spandimento dei fanghi di depurazione, di provenienza aziendale o extra-aziendale, sono tenute a osservare gli impegni di seguito specificati. L’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura deve avvenire nel rispetto di quanto stabilito nel decreto legislativo 99/92. Per detta attività si distinguono i seguenti ruoli: a) agricoltore/azienda agricola: mette a disposizione i terreni sui quali spargere i fanghi; b) utilizzatore dei fanghi: colui che li sparge sui terreni agricoli; c) produttore dei fanghi: colui che rende i fanghi utilizzabili in agricoltura, attraverso un processo di condizionamento e depurazione. 40 Ruolo dell’agricoltore/azienda l’agricoltore che, con un consenso scritto, mette a disposizione di terzi i terreni sui quali esercita la propria attività agricola per lo spandimento dei fanghi nel caso in cui utilizzi fanghi di terzi sui terreni della propria azienda (utilizzatore) l’agricoltore che produce e utilizza fanghi propri sui terreni della propria azienda (produttore–utilizzatore) Impegni a.1) acquisire e conservare copia di: – formulario di identificazione dei fanghi; – autorizzazione allo spandimento; – registro di utilizzazione dei terreni (di cui verifica la corretta compilazione); – notifica agli enti competenti dell’inizio delle operazioni di utilizzazione dei fanghi, nei tempi previsti; a.2) far rispettare all’utilizzatore le condizioni tecniche di utilizzo dei fanghi e i divieti previsti dalla normativa. b.1) adempimenti di cui ai punti a.1) e a.2), di cui è direttamente responsabile; b.2) possedere l’autorizzazione all’utilizzazione dei fanghi; b.3) essere iscritto all’Albo nazionale delle imprese che gestiscono rifiuti, nel caso in cui provveda al trasporto dei fanghi dal produttore all’azienda. c.1) gli adempimenti di cui ai punti a) e b); c.2) tenere il registro di carico e scarico dei fanghi prodotti e inviarne annualmente copia all’autorità competente. 41 Condizioni di utilizzazione dei fanghi (decreto legislativo 99/92, articolo 3) Si possono utilizzare fanghi: – sottoposti a trattamento; – idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante del terreno; – esenti da sostanze tossiche, nocive, persistenti, bioaccumulabili o che ne contengano in concentrazioni non dannose per il terreno, le colture, gli animali, l’uomo e l’ambiente; – nel rispetto dei quantitativi limite triennali. – – – – Non si possono utilizzare fanghi: su terreni con pH molto acido (inferiore a 5); su terreni destinati a pascolo o a produzione di foraggere, nelle cinque settimane precedenti allo sfalcio o al pascolamento; su terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura, quando i prodotti sono normalmente a contatto con il terreno e vengono consumati crudi, nei dieci mesi precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso; su terreni con colture in atto, tranne le colture arboree. Informazioni che devono essere contenute nelle notifiche di avvio delle operazioni di utilizzazione fanghi (decreto legislativo 99/92, articolo 9, punto 3): x x x x x x x estremi dell’impianto di provenienza; dati analitici dei fanghi; dati catastali e di superficie dei terreni su cui si intende applicarli; dati analitici dei terreni; colture in atto e colture previste; date di utilizzazione; consenso scritto da parte di chi ha diritto di esercitare l’attività agricola sui terreni interessati; x titolo di possesso o dichiarazione sostitutiva. ATTO A4 relativo alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole In Piemonte l’applicazione della cosiddetta direttiva Nitrati è disciplinata dal REGOLAMENTO REGIONALE 29 OTTOBRE 2007, N. 10/R recante “Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue e programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61)”, modificato da: 42 regolamento 8/R 2008 (B.U. 22 maggio 2008, n. 21); regolamento 19/R 2008 (B.U. 24 dicembre 2008, n. 52); regolamento 2/R 2009 (B.U. 26 febbraio 2009, suppl. al n. 8); regolamento 9/R 2009 (B.U. 30 luglio 2009, n. 30); regolamento 7/R 2011 (B.U. 22 settembre 2011, n. 38) “Aggiornamento del programma d’azione e modifiche al regolamento regionale 29 ottobre 2007, n. 10/R (Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue e programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola ‘legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61’)”. Ai fini della condizionalità, le regole d’applicazione riguardano esclusivamente quanto stabilito dalla normativa per le zone vulnerabili Tipologie d’impegno In ottemperanza a quanto previsto dal titolo V del decreto ministeriale 7 aprile 2006, si distinguono le seguenti tipologie d’impegno a carico delle aziende agricole che abbiano a disposizione terreni compresi in tutto o in parte nelle zone vulnerabili da nitrati: A. obblighi amministrativi; B. obblighi relativi allo stoccaggio degli effluenti; C. obblighi relativi al rispetto dei massimali previsti; D. divieti relativi all’utilizzo degli effluenti: – spaziali – temporali. Per stabilire gli obblighi amministrativi, le aziende vengono classificate in funzione della produzione di “azoto al campo”, calcolato in kg/anno a seconda: x del tipo di allevamento; x della presenza media di capi di bestiame in stabulazione nell’allevamento. Per definire la presenza media annuale di capi in azienda, sono presi in esame il tipo di allevamento, l’organizzazione per cicli e i periodi di assenza di capi in stabulazione (anche giornalieri). Le aree vulnerabili sono state designate: nel 2002 con il regolamento regionale n. 9/R; nel 2004 con il regolamento regionale n. 2/R; nel 2006 con il Piano di tutela delle acque sono stati designati i territori ricadenti all’interno delle fasce esondabili A e B dei corsi d’acqua; nel 2007 con il regolamento regionale 12/R. Tali documenti sono scaricabili dal sito internet della Regione Piemonte. 43 44 NORME AI FINI DELLE REGOLE DI CONDIZIONALITÀ Il regolamento 10/R definisce “azienda ricadente in zona vulnerabile da nitrati” l’azienda con più del 25 per cento della superficie agricola utilizzata ricadente in zona designata come vulnerabile da nitrati di origine agricola (dato ricavabile dal fascicolo aziendale) IL CARICO MASSIMO DI ANIMALI I terreni in zone vulnerabili da nitrati possono sopportare un carico massimo di animali (utilizzo di concimi organici) che porti al campo non più di 170 kg/ha I terreni in altre zone (non vulnerabili da nitrati) possono sopportare un carico massimo di animali (utilizzo di concimi organici) che porti al campo non più di 340 kg/ha. NB – I carichi massimi non stanno a indicare che sia possibile tale utilizzo nelle fertilizzazioni alle colture perché la concimazione va conteggiata sulla base degli asporti. Per calcolare il carico aziendale, utilizzare la tabella 2 – pag. 77 – Valori di azoto al campo per anno (al netto delle perdite), per categoria animale e tipologia di stabulazione. OBBLIGHI AMMINISTRATIVI In base alla quantità di azoto prodotta annualmente, le aziende che producono e/o utilizzano azoto in Zvn devono presentare alla Provincia: ¾ da 1.000 kg, la COMUNICAZIONE; ¾ da 3.000 a 6.000 kg, oltre alla comunicazione, il PIANO DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA SEMPLIFICATO, PUAS; ¾ al di sopra dei 6.000 kg, per gli allevamenti intensivi nonché gli allevamenti bovini con più di 500 Uba, oltre alla comunicazione, il PIANO DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA, PUA. Il Pua e il Puas hanno validità quinquennale, purché non subentrino modifiche significative in merito alle tecniche agronomiche, oppure non si verifichi una o più delle seguenti condizioni: a) aumento superiore al 25 per cento della quantità di azoto zootecnico gestito; b) aumento superiore al 25 per cento del carico zootecnico (kg di azoto zootecnico per ettaro di terreno oggetto della distribuzione); 45 c) riduzione superiore al 25 per cento della superficie oggetto della distribuzione. Sono tenute a regole di utilizzo anche le aziende agricole e le piccole aziende agroalimentari che producono ACQUE REFLUE È NECESSARIO: ¾ rispettare le regole di utilizzo dei reflui non palabili: liquami, fanghi e acque reflue. Sono anche assimilati ai liquami, se provenienti dall’attività di allevamento: 1) 2) 3) 4) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio; i liquidi di sgrondo di accumuli di letame; le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera; le frazioni non palabili, da destinare all’utilizzazione agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti zootecnici; 5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati. Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature e impianti zootecnici, se mescolate a effluenti zootecnici e qualora destinate a utilizzo agronomico, sono assimilate ai liquami; in caso contrario, tali acque sono assoggettate alle disposizioni di cui al capo II; reflui palabili: letami. Sono anche assimilati: 1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli; 2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera, rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno luogo sia all’interno, sia all’esterno dei ricoveri; 3) le frazioni palabili, da destinare all’utilizzazione agronomica, risultanti dai trattamenti di effluenti zootecnici; 4) i letami, i liquami e i materiali ad essi assimilati, sottoposti a trattamento di disidratazione o compostaggio; concimi azotati; ¾ rispettare le regole di trasporto dei reflui zootecnici; ¾ rispettare le regole di dimensionamento delle strutture di stoccaggio dei reflui; ¾ registrare le fertilizzazioni. 46 Sono tenute alla registrazione delle fertilizzazioni anche le aziende ricadenti in zona vulnerabile da nitrati non tenute alla redazione del Pua o del Puas che dispongono di una Sau superiore a 20 ettari. In alternativa, esse possono conservare la documentazione giustificativa relativa all’acquisto di concimi azotati, purché se ne possa desumere la quantità di unità fertilizzanti utilizzata. COMUNICAZIONE Articolo 3 del regolamento 10/R. 1. L’utilizzazione agronomica è soggetta a comunicazione, redatta in conformità all’allegato II, parte A, del regolamento 10/R e presentata dal legale rappresentante dell’azienda che produce e utilizza gli effluenti zootecnici o le acque reflue. 2. La comunicazione di cui al comma 1 è parte integrante del fascicolo aziendale. Per le nuove aziende, la comunicazione deve essere effettuata almeno sessanta giorni prima dell’inizio dell’attività di utilizzazione agronomica. 3. Qualora le fasi di produzione, trattamento, stoccaggio e applicazione al terreno siano suddivise fra più soggetti, questi sono tenuti alla presentazione di una comunicazione relativa alle specifiche attività svolte. 4. La comunicazione deve essere tenuta aggiornata, almeno una volta all’anno solare; le variazioni devono essere effettuate (nuovi terreni) almeno 20 giorni prima dell’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici o delle acque reflue. La COMUNICAZIONE deve contenere almeno le seguenti informazioni riguardanti: ¾ l’azienda: legale rappresentante, ubicazione principale e di tutti gli eventuali ulteriori centri di attività ad essa connessi; ¾ la produzione di effluenti zootecnici: a) la consistenza dell’allevamento: specie, categoria e indirizzo produttivo, peso vivo allevato calcolato sulla base della tabella 1 dell’allegato A del regolamento 10/R; b) il tipo di stabulazione per ciascuna categoria animale; c) quantità, volume e caratteristiche degli effluenti prodotti, calcolate sulla base della tabella 1 dell’allegato A e tenendo conto degli apporti meteorici; ¾ la produzione di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari: a) volume annuo e caratteristiche delle acque reflue; 47 ¾ stoccaggio e trattamento di effluenti zootecnici e/o acque reflue: a) ubicazione catastale, capacità e caratteristiche di ciascuna struttura di stoccaggio; b) volume degli effluenti assoggettati, oltre allo stoccaggio, alle altre forme di trattamento; c) valori dell’azoto al campo nel liquame e nel letame, sia nel caso del solo stoccaggio, sia nel caso di altro trattamento oltre allo stoccaggio; d) descrizione delle modalità di trattamento degli effluenti non contemplate tra quelle riportate nelle tabelle 3 e 4 dell’allegato A del regolamento 10/R; ¾ applicazione al terreno di effluenti zootecnici e/o acque reflue: a) identificazione catastale dei terreni destinati all’applicazione al suolo degli effluenti zootecnici e attestazione del relativo titolo d’uso: proprietà, affitto o simili, asservimento; b) estensione di tali terreni, al netto delle superfici aziendali non destinate a uso produttivo; c) coltura praticata al momento della comunicazione; ¾ cessioni/acquisizioni di effluenti zootecnici e/o acque reflue: a) tipologia, volume e quantitativo di azoto degli effluenti zootecnici e/o delle acque reflue ceduti/acquisiti; b) identificazione univoca del soggetto acquirente/cedente gli effluenti zootecnici e/o le acque reflue. PIANO DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA – PUA Il Pua è lo strumento che raccoglie le informazioni utili a dimostrare l’equilibrio tra: ¾ il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture; e ¾ l’apporto di azoto alle colture, proveniente dall’ambiente e dalla fertilizzazione. Tale equilibrio viene verificato tramite l’elaborazione di diverse metodologie di bilancio, in funzione della tipologia delle aziende tenute alla sua redazione e del tipo di indicatore ricercato. Redazione del Pua Il Pua elabora due diverse metodologie di bilancio: ¾ la prima su scala colturale si basa sull’equazione (1) e pone a confronto il fabbisogno prevedibile di azoto per la nutrizione del48 le colture con l’azoto fornito dall’agro-ambiente e dalla fertilizzazione. Con l’equazione di bilancio a scala colturale, pur non esistendo per l’azienda un obiettivo da soddisfare, si fornisce uno strumento tecnico di maggior dettaglio che permette l’eventuale affinamento delle valutazioni agronomiche, sulla base della fornitura di azoto dall’agro-ambiente (suolo, residui colturali ecc), come previsto anche dall’allegato II del decreto ministeriale 7 aprile 2006. Il surplus di bilancio a scala colturale viene calcolato come segue: S = Nc + Mso + An + Bfx + (kc x Fc) + (ko x Fo) - (Y x B) (1) dove: S è il surplus di bilancio; Nc è l’azoto che si rende disponibile alla rottura dei prati poliennali con leguminose, oppure che si immobilizza con l’interramento a fine ciclo dei residui colturali; Mso rappresenta l’azoto che si rende disponibile dai processi di mineralizzazione della sostanza organica del suolo; An rappresenta la fornitura di azoto tramite le deposizioni secche e umide dall’atmosfera; Bfx è l’azotofissazione delle specie leguminose, sia in coltura mista (prati polifiti) sia in purezza (medica, soia, fagiolo ecc); Kc è il coefficiente di efficienza relativo a Fc, pari al 100 per cento del titolo del concime azotato; Fc è l’apporto di azoto con i concimi minerali; Fo è l’apporto di azoto con i reflui zootecnici e altri materiali organici; ko è il coefficiente che stima la quota efficiente di Fo; è funzione della tipologia di coltura, dell’epoca e della modalità di distribuzione, nonché del tipo di effluente; Y è la produzione della coltura; B è il tenore di azoto del prodotto raccolto; ¾ la seconda metodologia si basa sull’equazione (2) e pone a confronto l’azoto allontanato dall’azienda e l’azoto apportato in campo, trascurando i flussi interni al sistema suolo/pianta. 49 L’equazione di bilancio a scala aziendale permette di verificare il raggiungimento degli obiettivi richiesti all’azienda per il buon utilizzo agronomico degli effluenti di allevamento. Il surplus di bilancio a scala aziendale viene così calcolato: S = An + Bfx + Fc + Fo_conduz - (Y x B) – Fo_asserv (2) dove: S, An, Bfx, Fc, Y e B sono già stati descritti e sono relativi alle sole superfici in conduzione; Fo_conduz è l’azoto apportato con i reflui zootecnici e altri materiali organici sulle superfici in conduzione; Fo_asserv è l’azoto apportato con i reflui zootecnici e altri materiali organici sulle superfici in asservimento. I livelli di efficienza sono relativi, in particolare, ai prodotti non palabili, ma possono ritenersi validi anche per quelli palabili a condizione che ne sia compatibile la distribuzione in campo. Redazione del Puas La metodologia di calcolo del Puas è la medesima del Pua, ma la voce di bilancio Nc viene trascurata e il coefficiente ko è fisso, pari al valore di efficienza media. Indici finali del Pua Il Pua si intende verificato quando: 1. il coefficiente di efficienza aziendale, calcolato come media ponderata degli apporti di effluente zootecnico nell’anno solare sulle superfici in conduzione, deve essere almeno pari al 55%; 2. il surplus di bilancio a scala aziendale non deve eccedere i 97 kg/ha per i terreni in Zvn, e i 173 kg/ha per i terreni fuori Zvn. Indici finali del Puas Il Puas si intende verificato quando: il surplus di bilancio a scala aziendale non eccede i 97 kg/ha per i terreni in Zvn e i 173 kg/ha per i terreni fuori Zvn. 50 REGISTRAZIONE DELLE FERTILIZZAZIONI E TRASPORTO Parte A - Registrazione delle fertilizzazioni Le aziende tenute alla redazione del Pua e del Puas devono registrare le operazioni di fertilizzazione effettuate, sia organiche sia minerali, e conservare il relativo registro per un minimo di tre anni. Le registrazioni effettuate su apposito registro devono essere effettuate entro 30 giorni dall’operazione e tenute a disposizione delle autorità preposte al controllo. Le aziende ricadenti in Zvn, diverse da quelle suindicate (non tenute al Pua o al Puas), che dispongono di una Sau superiore a 20 ettari, sono anch’esse tenute alla compilazione e conservazione del registro delle operazioni di fertilizzazione. In alternativa al registro delle fertilizzazioni, tali aziende possono conservare la documentazione giustificativa relativa all’acquisto di concimi azotati, purché se ne possa desumere la quantità di unità fertilizzanti utilizzata. Parte B - Documenti di trasporto Al fine di una corretta movimentazione degli effluenti zootecnici e/o delle acque reflue, il trasporto degli stessi tramite la rete viaria pubblica (non costituisce trasporto sulla rete viaria pubblica il semplice attraversamento della medesima) può avvenire solo in presenza della seguente documentazione di accompagnamento: ¾ per il trasporto in proprio, compresa l’acquisizione di effluenti/acque reflue extra-aziendali da distribuire sui terreni di cui si ha titolo d’uso, copia della comunicazione aziendale; ¾ per il trasporto per conto terzi, compresa la cessione a terzi con trasporto e/o distribuzione a carico del cedente sui terreni di cui ha titolo d’uso l’azienda che acquisisce: 1. estremi identificativi della comunicazione dell’azienda da cui origina l’effluente/acqua reflua; 2. dichiarazione in carta libera che riporta natura e quantità degli effluenti/acque reflue trasportati, gli estremi identificativi dell’azienda destinataria e gli estremi identificativi del mezzo di trasporto. 51 TITOLO III del regolamento 10/R - PROGRAMMA DI AZIONE per le zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola Articolo 21 del regolamento 10/R (disposizioni generali). 1. Nelle zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola, l’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, delle acque reflue di cui al regolamento 10/R e degli altri fertilizzanti è soggetta alle disposizioni del Programma d’azione. 2. Fermo restando quanto previsto al presente titolo, per l’utilizzazione agronomica delle acque reflue nelle zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola si applicano le disposizioni di cui al titolo II, capo II omesso in questa trattazione . Articolo 22 del regolamento 10/R (Divieti di utilizzazione dei letami, degli altri ammendanti organici e dei concimi azotati) NB – TALI REGOLE VALGONO PER TUTTI I TERRENI IN ZVN, ANCHE SE L’AZIENDA NON RAGGIUNGE IL 25% DELLA SAU IN ZONA VULNERABILE DA NITRATI 1. L’utilizzazione agronomica del letame, dei materiali ad esso assimilati e degli altri ammendanti organici, nonché dei concimi azotati è vietata: a) sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento; b) nei boschi; c) entro 5 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua naturali e artificiali non arginati, fatta eccezione per i canali artificiali a esclusivo uso aziendale; d) entro 10 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua naturali e artificiali classificati ai sensi del Piano di assetto idrogeologico del bacino del fiume Po e di quelli soggetti agli obiettivi di qualità individuati dal Piano di tutela delle acque; e) entro 25 metri di distanza dall’inizio dell’arenile delle acque lacuali e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971; 52 2. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, lettere c), d), e), ove tecnicamente possibile, è obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea ed è raccomandata la costituzione di siepi o di altre superfici boscate. f) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione; g) nelle 24 ore precedenti l’intervento irriguo, nel caso di irrigazione a scorrimento per i concimi non interrati; h) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici; i) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso; i bis) sui terreni con pendenze superiori al 10 per cento; tale valore può essere incrementato fino al 15 per cento qualora esista una copertura vegetale e siano adottate appropriate tecniche di conservazione del suolo o, nel caso degli arativi, l’incorporazione del materiale palabile entro 24 ore dalla distribuzione. Articolo 23 del regolamento 10/R (Divieti di utilizzazione dei liquami e dei fanghi) NB – TALI REGOLE VALGONO PER TUTTI I TERRENI IN ZVN, ANCHE SE L’AZIENDA NON RAGGIUNGE IL 25% DELLA SAU IN ZONA VULNERABILE DA NITRATI 1. L’utilizzazione agronomica dei liquami e dei materiali ad essi assimilati, nonché dei fanghi è vietata: a) sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato nella fase di impianto della coltura e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento; b) nei boschi; c) entro 10 metri di distanza dalle spon- 2. Nelle fasce di divieto de dei corsi d’acqua naturali e artificiali di cui al comma 1, letnon arginati, fatta eccezione per i canali tere c) e d), ove tecnicamente possibile, è artificiali ad esclusivo uso aziendale; d) entro 30 metri di distanza dall’inizio obbligatoria una coperdell’arenile delle acque lacuali e dai tura vegetale permacorpi idrici ricadenti nelle zone umide nente, anche spontaneindividuate ai sensi della Convenzione a, di larghezza corrispondente a quelle indi Ramsar del 2 febbraio 1971; e) in prossimità di strade, fatta eccezio- dicate all’articolo 22, ne per quelle interpoderali e le piste agro- comma 1, lettere c), d), silvopastorali, sulla base dei seguenti li- e); è altresì raccomandata la costituzione di miti misurati dal ciglio della strada: 1) 50 metri, nel caso di distribuzione con siepi o di altre superfici boscate. sistemi a dispersione aerea in pressione; 2) 1 metro, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati. 53 f) in prossimità di abitazioni, sulla base dei seguenti limiti misurati dal confine dell’insediamento abitativo: 1) 50 metri, nel caso di utilizzo di sistemi a dispersione aerea in pressione; 2) 10 metri, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati e, fatta eccezione per i prati, il tempestivo o immediato interramento; g) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione; h) nei casi in cui i liquami possono venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano; i) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante; j) dopo l’impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico; k) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento; l) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provveda a emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici; m) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso. 3. L’utilizzo dei liquami e dei fanghi è vietato su terreni con pendenza media, riferita a un’area aziendale omogenea, superiore al 10 per cento. Tale limite può essere incrementato fino al 15 per cento adottando le migliori tecniche di distribuzione disponibili quali, in assenza di coltura, l’iniezione diretta nel suolo oppure la distribuzione superficiale a bassa pressione con aratura entro le 12 ore e, in presenza di coltura, l’iniezione diretta, se tecnicamente possibile, oppure la distribuzione superficiale a bassa pressione. L’applicazione del liquame su pendenze superiori al 10 per cento è in ogni caso vietata quando sono previste piogge significative entro i successivi 3 giorni. 3 bis. Nelle zone svantaggiate montane ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (Ce) n. 1257/1999, l’applicazione dei liquami e dei materiali assimilati su pendenze fino al 30 per cento è permessa assicurando che il quantitativo applicato per ciascun singolo intervento non ecceda rispettivamente 50 kg/ha di azoto e 35 t/ha di effluente. Nel caso di colture primaverili-estive deve inoltre essere rispettata almeno una delle seguenti disposizioni aggiuntive: 54 a) le superfici con pendenza declinante verso corpi idrici devono essere interrotte da colture seminate in bande trasversali, oppure da solchi acquai provvisti di copertura vegetale, ovvero da altre misure equivalenti atte a limitare lo scorrimento superficiale (run-off) dei fertilizzanti; b) devono essere mantenute fasce di rispetto tra le aree che si intendono fertilizzare e il limite dei corpi idrici, larghe almeno 20 metri; c) le coltivazioni devono essere seminate trasversalmente rispetto alla massima pendenza, oppure usando procedimenti atti a prevenire il run-off (ad esempio, semina su sodo); d) deve essere assicurata una copertura vegetale durante la stagione invernale. 3 ter. Nei comuni classificati svantaggiati di montagna, individuati ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1 del regolamento (Ce) n. 1257/1999, i divieti di cui al comma 3 bis non si applicano nel caso di appezzamenti coltivati di superficie inferiore a un ettaro. 4. Nel caso di aree caratterizzate da condizioni geomorfologiche e pedologiche sfavorevoli, le Province possono individuare i territori per i quali i limiti di pendenza stabiliti al comma 3 possono essere superati, fino a un massimo del 25 per cento; tale possibilità è ammessa solo in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento e purché siano garantiti: a) il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3; b) il non superamento di un apporto complessivo di azoto di 210 kg/ha per anno, inteso come quantitativo medio aziendale e ottenuto sommando i contributi da effluenti zootecnici, comunque non superiori a 170 kg di azoto, e i contributi da concimi azotati e ammendanti organici. Articolo 24 del regolamento 10/R (Stoccaggio, accumulo e trattamenti) 1. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio degli effluenti zootecnici e per l’accumulo dei letami, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 9, 10, 11 (palabili) e 12 (non palabili) del regolamento 10/R. Vedi pag. 56. 2. La capacità di stoccaggio per i materiali palabili non può essere inferiore al volume di materiale prodotto in 90 giorni, fatta eccezione per le deiezioni degli avicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65 per cento, per le quali non può essere inferiore al volume di materiale prodotto in 120 giorni. 55 3. La capacità di stoccaggio per i materiali non palabili, calcolata in rapporto alla quantità di effluenti prodotti durante la stabulazione del bestiame, al netto del vuoto sanitario, non può essere inferiore al volume di materiale prodotto in: a) 120 giorni per gli allevamenti di bovini da latte o di linea vaccavitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini; b) 180 giorni per: 1) gli allevamenti di bovini da carne, suini e avicoli; 2) gli allevamenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende diverse da quelli di cui alla lettera a). 4. Alla produzione complessiva di liquami da stoccare deve essere sommato il volume delle acque meteoriche, convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte interessate dalla presenza di effluenti zootecnici. 5. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio delle acque reflue di cui al presente regolamento, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 18 del regolamento 10/R. Articolo 9 (TRATTAMENTI) 1. I trattamenti degli effluenti zootecnici e le modalità di stoccaggio devono essere finalizzati: ¾ alla messa in sicurezza igienico-sanitaria; ¾ a garantire la protezione dell’ambiente; ¾ a favorire la corretta gestione agronomica degli effluenti zootecnici, rendendoli disponibili all’utilizzo nei periodi più idonei sotto il profilo agronomico e nelle condizioni adatte per l’utilizzazione. 2. I rendimenti dei trattamenti utilizzati, qualora diversi da quelli riportati a titolo indicativo alla tabella 3 dell’allegato I del regolamento 10/R (a pag. 79), devono essere giustificati nell’ambito della comunicazione. 3. I trattamenti non devono comportare l’addizione agli effluenti zootecnici di sostanze potenzialmente dannose per il suolo, le colture, gli animali e l’uomo per la loro natura o concentrazione. Articolo 10 (Stoccaggio degli effluenti zootecnici PALABILI) 1. Gli effluenti zootecnici palabili destinati all’utilizzazione agronomica devono essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio: 56 ¾ dimensionati secondo le esigenze colturali; ¾ di capacità sufficiente a contenere i medesimi nei periodi in cui l’impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative. 2. Fermo restando quanto disposto al comma 7, lo stoccaggio dei materiali palabili deve avvenire su platea impermeabilizzata, avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o lesioni, il peso del materiale accumulato e dei mezzi utilizzati per la movimentazione. 3. La platea di stoccaggio deve essere munita di idoneo cordolo o di muro perimetrale, con almeno un’apertura per l’accesso dei mezzi meccanici per la completa asportazione del materiale e deve essere dotata di adeguata pendenza per il convogliamento verso appositi sistemi di raccolta e stoccaggio dei liquidi di sgrondo e delle eventuali acque di lavaggio della platea. 4. La capacità di stoccaggio, calcolata in rapporto alla quantità di effluenti prodotti durante la stabulazione del bestiame, al netto del vuoto sanitario, non deve essere inferiore al volume di materiale palabile prodotto in 90 giorni. 5. Il dimensionamento della platea di stoccaggio deve essere calcolato sulla base dei coefficienti di cui alla tabella 1 dell’allegato I del regolamento 10/R. Il dimensionamento della platea deve essere funzionale al tipo di materiale stoccato. Per ottenere la superficie (in metri quadri) di platea necessaria, il volume di stoccaggio dell’effluente zootecnico palabile, stimato sulla base della tabella 1, deve essere diviso per i seguenti coefficienti: – 2 per il letame; – 2 per le lettiere esauste degli allevamenti avicunicoli; – fino a 2,5 per le deiezioni di avicunicoli rese palabili da processi di disidratazione; – 1,5 per le frazioni palabili risultanti da trattamento termico e/o meccanico di liquami; – 1 per fanghi palabili di supero da trattamento aerobico e/o anaerobico di liquami da destinare all’utilizzo agronomico; – 1,5 per letami e/o materiali assimilati sottoposti a processi di compostaggio; – 3,5 per i prodotti palabili, come la pollina delle galline ovaiole allevate in batterie con sistemi di pre-essiccazione ottimizzati, aventi un contenuto di sostanza secca superiore al 65 per cento. Per tali materiali lo stoccaggio può avvenire anche in strutture di contenimento coperte, aperte o chiuse senza limiti di altezza. 57 Per le lettiere permanenti, il calcolo del volume stoccato deve riferirsi alle seguenti altezze massime della lettiera: – 0,60 metri per i bovini; – 0,15 metri per gli avicoli; – 0,30 metri per le altre specie. In considerazione della notevole variabilità delle tecniche di allevamento riscontrabili nel settore avicolo, possono venire adottate altezze massime della lettiera diverse da quelle suindicate; il riconoscimento delle stesse dovrà avvenire con le modalità già indicate per la modifica dei valori della tabella 1. 6. Nel caso di allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni le lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo produttivo sotto forma di cumuli in campo, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie. 7. Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacità di stoccaggio: ¾ le superfici della lettiera permanente, purché alla base siano impermeabilizzate; ¾ le fosse profonde dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati nell’allevamento a terra nel caso delle galline ovaiole e dei riproduttori. 8. I liquidi di sgrondo dei materiali palabili sono assimilati, per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non palabili, fatti salvi i casi in cui i medesimi vengano accumulati in pozzetti annessi alle platee o le modalità di gestione ne consentano la significativa riduzione dei volumi. 9. Fatta eccezione per gli adeguamenti imposti dal regolamento10/R, è vietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio degli effluenti zootecnici palabili nelle zone ad alto rischio di esondazione individuate dal Piano di assetto idrogeologico del bacino del fiume Po. 10. Le aree non impermeabilizzate funzionalmente connesse alle strutture di allevamento e interessate dalla presenza di animali devono essere soggette a periodica asportazione degli effluenti al fine di evitare accumuli di deiezioni. Devono essere adottati accorgimenti volti a contenere i fenomeni di ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e di sgrondo. Articolo 11 (Accumulo dei letami) 1. L’accumulo temporaneo su suolo agricolo di letami maturi, a valle dello stoccaggio effettuato ai sensi degli articoli 10 e 24 (per le zone vulnerabili) – l’affermazione sta a significare che il letame deve rimanere in concimaia almeno 90 giorni –, esclusi gli altri materiali assimilati, è ammesso per un periodo non superiore a tre mesi. 58 2. L’accumulo può essere praticato ai soli fini dell’utilizzazione agronomica sui terreni circostanti non ancora lavorati e in quantitativi non superiori al fabbisogno di letame dei medesimi. 3. L’accumulo non può essere ripetuto nello stesso punto per più di una stagione agraria e deve essere effettuato nel rispetto delle seguenti distanze: a) 5 metri dalle scoline o dal reticolo minore di drenaggio; b) 30 metri dalle sponde dei corsi d’acqua naturali e artificiali; c) 40 metri dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali, nonché dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971; d) 50 metri da abitazioni e 20 metri da strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e per le piste agrosilvopastorali. 4. La conduzione dell’accumulo deve essere tale da: a) limitare lo scorrimento superficiale dei liquidi di sgrondo e il contatto con acque di ristagno; a tale scopo, in assenza di copertura superiore, fatte salve le modifiche conseguenti alla permanenza in campo, l’accumulo deve svilupparsi in altezza favorendo il deflusso superficiale delle acque piovane; b) garantire il drenaggio del percolato prima del trasferimento in campo durante le fasi di stoccaggio; c) favorire l’aerazione della massa. 5. L’accumulo è vietato ai sensi del Piano di assetto idrogeologico del bacino del fiume Po nei territori ricadenti in fascia A e nei terreni sistemati a campoletto. 6. Con deliberazione della Giunta regionale, sono definite, nel rispetto delle finalità del presente regolamento, specifiche norme per la realizzazione di cumuli eseguiti nell’ambito dell’agricoltura biologica o di forme tradizionali di valorizzazione della sostanza organica. Articolo 12 (Stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili) 1. Gli effluenti zootecnici non palabili destinati all’utilizzazione agronomica devono essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio: ¾ dimensionati secondo le esigenze colturali; ¾ di capacità sufficiente a contenerli nei periodi in cui l’impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative. 2. Gli stoccaggi degli effluenti zootecnici non palabili devono essere realizzati in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche, fatta eccezione per le trattrici agricole, quando tali acque siano destinate all’utilizzazione agronomica. 59 3. Alla produzione complessiva di liquami da stoccare, tenuto conto dei valori medi di evaporazione, deve essere sommato il volume delle acque meteoriche convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza di effluenti zootecnici. È necessario deviare ad altra destinazione le acque bianche provenienti da tetti e tettoie, nonché delle acque di prima pioggia provenienti da aree non connesse all’allevamento. Le dimensioni dei contenitori non dotati di copertura atta ad allontanare l’acqua piovana devono essere calcolate tenendo conto delle precipitazioni medie, dei valori medi di evaporazione e di un franco minimo di sicurezza di 10 centimetri. 4. Il fondo e le pareti dei contenitori devono essere adeguatamente impermeabilizzati mediante materiale naturale o artificiale al fine di evitare percolazioni o dispersioni degli effluenti zootecnici stessi all’esterno. 5. Nel caso dei contenitori in terra, qualora i terreni su cui sono costruiti abbiano un coefficiente di permeabilità K 10-7 cm/s, il fondo e le pareti dei contenitori devono essere: ¾ impermeabilizzati con manto artificiale o naturale posto su un adeguato strato di argilla di riporto; ¾ dotati, attorno al piede esterno dell’argine, di un fosso di guardia perimetrale adeguatamente dimensionato e isolato idraulicamente dalla normale rete scolante. 6. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio, al fine di indurre un più alto livello di stabilizzazione dei liquami, deve essere previsto, per le aziende in cui venga prodotto un quantitativo di oltre 6.000 chilogrammi di azoto all’anno, il frazionamento del loro volume di stoccaggio in almeno due contenitori. Il prelievo a fini agronomici deve avvenire dal bacino contenente liquame stoccato da più tempo. 7. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio deve essere calcolato in modo tale da evitare rischi di cedimenti strutturali e garantire la possibilità di omogeneizzazione del liquame. 8. e 9. (riguardano zone non vulnerabili). 10. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio, qualora non sussistano esigenze particolari di una più analitica determinazione dei volumi stoccati, deve essere calcolato sulla base dei coefficienti di cui alla tabella 1 dell’allegato I del regolamento 10/R (pag. 70). 11. Nel caso di allevamenti esistenti ricadenti in zone classificate come montane dalla vigente normativa regionale, è comunque ammessa una capacità di stoccaggio pari a 90 giorni. 60 12. Fatto salvo quanto previsto ai commi 8, 9 e 10, è raccomandata una capacità di stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili pari ad almeno 180 giorni. 13. Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli esistenti non sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati. 14. Fatta eccezione per gli adeguamenti imposti dal presente regolamento, è vietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili nelle zone ad alto rischio di esondazione individuate dal Piano di assetto idrogeologico del bacino del fiume Po. 15. Le aree non impermeabilizzate, funzionalmente connesse alle strutture di allevamento e interessate dalla presenza di animali: ¾ devono essere soggette a periodiche asportazioni degli effluenti al fine di evitare accumuli di deiezioni; ¾ necessitano di accorgimenti volti a contenere i fenomeni di ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e di sgrondo. Articolo 25 del regolamento 10/R (Modalità di utilizzazione agronomica) NB – TALI REGOLE VALGONO PER TUTTI I TERRENI IN ZVN, ANCHE SE L’AZIENDA NON RAGGIUNGE IL 25% DELLA SAU IN ZONA VULNERABILE DA NITRATI 1. L’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici e delle acque reflue, nonché dei concimi azotati e degli ammendanti organici è vietata nella stagione autunno-invernale e in particolare nei seguenti periodi minimi: a) 90 giorni (a partire dal 15 novembre) per ¾ concimi azotati ¾ ammendanti organici ¾ letami e materiali ad essi assimilati, salvo: il letame con contenuto di sostanza secca pari o superiore al 20 per cento e assenza di percolati, utilizzato sui praper cui il divieto ti permanenti o avvicendati si applica dal 15 dicembre l’ammendante compostato con tenore al 15 gennaio di azoto totale inferiore al 2,5 per cento sul secco, di cui non oltre il 15 per cento come azoto ammoniacale 61 le deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65 per cento per cui il divieto si applica dal 1° novembre alla fine di febbraio b) 120 giorni (a partire dal 1° novembre) per ¾ i liquami ¾ i materiali ad essi assimilati ¾ le acque reflue fatto salvo il liquame distribuito su terreni dotati di copertura vegetale (prati, pascoli, cereali vernini, erbai autunno-invernali, colture arboree inerbite, cover-crops), per il quale il divieto si applica dal 15 novembre al 15 febbraio. 2. Fatto salvo il divieto di spandimento dei liquami e dei materiali ad essi assimilati nel periodo 1° novembre-31 gennaio, su richiesta motivata e provvedendo a informarne il ministero dell’Ambiente e tutela del territorio e del mare, la Giunta regionale può disporre la temporanea sospensione dei periodi di divieto di cui al comma 1, in caso di particolari situazioni climatiche. 3. La Giunta regionale può inoltre disporre una diversa decorrenza dei periodi di cui al comma 1, con riferimento all’ordinamento colturale o alle caratteristiche climatiche e pedologiche. Articolo 26 del regolamento 10/R (Dosi di applicazione dei fertilizzanti) 1. Al fine di garantire il riequilibrio territoriale dell’utilizzo dei fertilizzanti, attraverso l’incremento dell’efficienza azotata degli effluenti zootecnici in sostituzione di concimi azotati, sono prioritariamente impiegati come fertilizzanti, ove disponibili, gli effluenti zootecnici la cui quantità di applicazione al terreno è calcolata tenendo conto, (ai fini del rispetto del bilancio dell’azoto): ¾ del reale fabbisogno delle colture; ¾ della mineralizzazione netta dei suoli; ¾ degli apporti degli organismi azoto-fissatori. 2. La quantità di effluente zootecnico di cui al comma 1 non deve comunque determinare in ogni singola azienda o allevamento un apporto di azoto superiore a 170 kg/ha e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale riferito ai terreni utilizzati per l’applicazione degli effluenti zootecnici e calcolato sulla base dei valori della tabella 2 dell’allegato I o, in alternativa, di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citati nell’allegato stesso. 62 2 bis. Il limite di apporto azotato di cui al comma 2 può essere superato, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalla Commissione europea con propria decisione ai sensi del paragrafo 2, lettera b) dell’allegato III della direttiva 91/676/Cee, nel rispetto delle indicazioni operative definite con apposita deliberazione della Giunta regionale (Vedi box gestione della deroga a pag. 80). 3. I limiti di cui al comma 2 sono comprensivi delle deiezioni depositate dagli animali, quando sono tenuti al pascolo e degli eventuali fertilizzanti organici di origine animale e dalle acque reflue di cui al presente regolamento. 4. Le dosi di effluente zootecnico e l’eventuale integrazione di ¾ fertilizzanti ¾ ammendanti organici sono definite nel rispetto dei criteri generali di cui all’allegato II, nonché delle indicazioni tecniche e dei limiti massimi colturali di cui all’allegato V. Per le aziende ricadenti in parte anche in zone non vulnerabili, il quantitativo medio aziendale di cui al comma 2 deve intendersi riferito esclusivamente alla superficie aziendale ricadente in zona vulnerabile. 5. Al fine di contenere la dispersione di nutrienti nelle acque superficiali e sotterranee, le tecniche di distribuzione devono assicurare: ¾ il rispetto dei criteri generali e dei vincoli di cui all’articolo 13 del regolamento 10/R (vedi box a pag. 63); ¾ la conformità delle pratiche irrigue alle disposizioni di cui all’allegato IV del regolamento 10/R. 6. Ai fini dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, al di fuori del periodo di durata del ciclo della coltura principale, devono essere garantite: una copertura dei suoli tramite colture intercalari o colture di copertura o altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati, quali l’interramento di paglie e stocchi. 7. L’utilizzazione agronomica dei fertilizzanti e degli ammendanti organici deve avvenire nel rispetto dei criteri generali stabiliti nell’allegato V. Articolo 13 (Tecniche di distribuzione) 1. La scelta delle tecniche di distribuzione deve tenere conto: ¾ delle caratteristiche: – del sito (idrogeologiche e geomorfologiche); – del suolo (pedologiche); ¾ del tipo di effluente zootecnico utilizzato; ¾ delle colture praticate e della loro fase vegetativa. 63 2. Le tecniche di distribuzione devono assicurare: ¾ il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di aerosol verso aree non interessate da attività agricola; ¾ l’incorporazione al terreno simultaneamente allo spandimento o entro il giorno successivo alla distribuzione in campo; ¾ l’elevata utilizzazione degli elementi nutritivi; ¾ l’uniformità di applicazione dell’effluente zootecnico; ¾ la prevenzione della percolazione dei nutrienti nei corpi idrici sotterranei. 3. Per rispettare i criteri del comma 2, la fertirrigazione deve essere realizzata privilegiando i metodi a maggiore efficienza. A tale scopo sono vietate le pratiche fertirrigue: ¾ per scorrimento, nei suoli con pendenza superiore al 10 per cento, ovvero caratterizzati da ristagno idrico temporaneo; ¾ con getto irrigatore ad alta pressione. 3 bis. Nelle zone di montagna è possibile adottare la pratica fertirrigua per scorrimento nei suoli con pendenza superiore al 10 per cento, purché destinati a prato-pascolo o pascolo. 4. In particolare, nei suoli soggetti a forte erosione, nel caso di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici al di fuori del periodo di durata della coltura principale, deve essere garantita una copertura dei medesimi tramite vegetazione spontanea, colture intercalari, colture di copertura o altre pratiche agronomiche atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati. Articolo 26, comma 5, allegato IV (IRRIGAZIONE) I volumi irrigui da apportare ai terreni sui quali sono distribuiti effluenti di origine zootecnica, a integrazione della componente minerale della concimazione, devono essere dimensionati per limitare l’infiltrazione negli orizzonti subsuperficiali delle acque somministrate, che potrebbero portare alle falde azoto in forma nitrica disciolta o trascinare sostanze in sospensione, nonché per limitare il ruscellamento verso il reticolo superficiale artificiale o naturale. A tal fine, con riferimento alle particelle di terreno che ricevono acqua in forma turnata, non è consentito l’apporto di liquami o l’interramento di letame il giorno precedente a quello in cui cade la ruota irrigua. Analogamente, per le particelle che ricevono acqua “alla domanda” non è consentito apportare liquami o interrare letame il giorno che precede il programmato intervento irriguo. Fa eccezione a quanto precisato l’attività di fertirrigazione. 64 Nell’ambito del Codice di buona pratica agricola per l’irrigazione previsto dal Piano regionale di tutela delle acque, saranno fornite ulteriori indicazioni tecniche per una corretta irrigazione. Dettagli aggiuntivi potranno inoltre derivare dai risultati dell’attività sperimentale in corso avviata dalla Regione Piemonte in materia di fertirrigazione. Articolo 26 del regolamento 10/R, comma 7, allegato V Criteri e vincoli generali per l’utilizzazione agronomica Per: ¾ ridurre i fenomeni di perdita d’azoto per lisciviazione ¾ ottimizzare l’efficienza della concimazione la distribuzione dell’azoto deve avvenire nelle fasi di maggior necessità delle colture, favorendo il frazionamento del quantitativo in più somministrazioni. Fatta eccezione per l’uso agronomico di effluenti zootecnici, acque reflue e ammendanti organici, l’utilizzo di concimi azotati è consentito soltanto in ¾ presenza della coltura ¾ al momento della semina a eccezione dei seguenti casi di presemina: 1) su colture annuali a ciclo primaverile-estivo, limitando al massimo il periodo intercorrente tra fertilizzazione e semina; 2) con impiego di concimi contenenti più elementi nutritivi. Nei casi 1) e 2), la somministrazione di azoto in presemina non può essere superiore a 30 kg/ha. Fatte salve le norme più restrittive indicate dal regolamento 10/R per le singole colture, non sono ammessi apporti di azoto in un’unica soluzione superiori: ¾ ai 100 kg/ha per le colture erbacee e orticole ¾ ai 60 kg/ha per le colture arboree. L’apporto di azoto proveniente dalla fertilizzazione non deve superare i quantitativi di cui alla tabella 1. Nel caso in cui la coltura praticata non sia compresa nella suddetta tabella, deve essere adottato il limite che si applica alla categoria principale cui la coltura appartiene. Nel caso di doppia coltura, restano validi i singoli limiti per ciascuna. 65 Tabella 1 – Valori massimi di azoto efficiente da apportare alle colture con la fertilizzazione per conseguire la resa media indicata. Il fattore correttivo indica l’ulteriore quota di azoto efficiente applicabile per ogni unità di produzione che superi la resa media. LEGENDA: ss = sostanza secca; gran = granella all’umidità commerciale; tq = tal quale. Coltura Erbacee di pieno campo Frumento tenero Frumento duro e grani di forza Orzo Avena Segale Triticale Riso Mais irriguo da granella Mais non irriguo da granella Mais irriguo da insilato Mais non irriguo da insilato Sorgo da granella Sorgo da insilato Erbaio invernale di loiessa Erbaio estivo di panico Prati avvicendati o permanenti Prati avvicendati di sole leguminose Leguminose da granella (pisello, soia) Colza Girasole Barbabietola da zucchero Apporto massimo kg N/ha Resa t/ha Fattore correttivo note kg N/t 180 6,5 gran 22 1 190 150 110 120 150 160 280 6 6 4,5 4,5 6 7 13 gran gran gran gran gran gran gran 25 20 20 21 20 18 17 1 1 1 1 1 210 280 10,4 23 gran ss 10 17 2 2 210 220 220 18,4 7,5 16 ss gran ss 10 23 11 2 3 3 120 110 7 7 ss ss 14 13 300 13 ss 18 170 2 4 5 30 150 120 4 3,5 gran gran 30 27 5 6 6 160 60 tq 2 6 66 Coltura Tabacco Patata Pomodoro Arboree Actinidia Albicocco Ciliegio Melo Nocciolo Noce Pero Pesco Susino Vite su suolo lavorato Vite alta produzione Pioppo Pioppo da biomassa Orticole Aglio Asparago verde Basilico Bietola da coste Bietole rosse Bietola da foglie Broccolo Cavolo cappuccio Carota Cavolfiore Cavolo verza Cece Cetriolo Cicoria Cipolla Cocomero Endivie Apporto massimo kg N/ha 200 190 180 Resa t/ha 4,4 48 80 tq tq tq 150 135 120 120 100 120 120 175 120 70 100 120 130 25 13 9 35 2 4 30 25 20 9 18 20 15 tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq ss ss 170 210 110 190 90 280 180 250 195 225 165 80 225 210 160 130 130 9 7 20 35 40 25 20 27 55 35 30 3 25 32 35 60 35 tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq Fattore correttivo note kg N/t 36 3,2 6e7 1,8 6e7 8 67 Coltura Fagiolino da industria Fagiolino da mercato fresco Fagiolo Finocchio Fragola Lattuga Mais dolce Melanzana Melone Peperone Porro Prezzemolo Radicchio Chioggia Radicchio Ravanello Ravanello da seme Scalogno Sedano Spinacio da industria Spinacio da mercato fresco Verza Verza da industria Verza da seme Zucca Zucchino da industria Zucchino da mercato fresco Apporto massimo kg N/ha 70 Resa t/ha 9 tq 50 70 240 160 130 170 175 140 200 126 100 161 190 80 160 120 250 190 9 4 38 35 30 16 70 35 50 35 20 35 20 30 n.d. 8 80 20 tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq tq 125 150 150 160 210 190 13 35 35 n.d. 40 50 tq tq tq tq tq tq 190 50 tq Fattore correttivo note kg N/t NOTE 1) I valori sono validi sia per i cereali trebbiati, sia raccolti come erbaio dopo la maturazione latteocerosa; 2) ridurre N efficiente e resa del 20 per cento in caso di semina tardiva dopo erbaio invernale. Il fattore correttivo non cambia; 3) ridurre N efficiente e resa del 45 per cento in caso di semina dopo la raccolta di un cereale vernino. Il fattore correttivo non cambia; 68 4) ridurre N efficiente e resa del 30 per cento se il prato non è irrigato, in aree con piovosità annuale inferiore a 1.000 millimetri. Il fattore correttivo non cambia; 5) la fertilizzazione è ammessa solo alla preparazione del terreno per la semina o alla semina; 6) dopo la raccolta i residui colturali rimangono in campo; 7) classificabili anche come colture orticole; 8) nel caso di più cicli di colture orticole sul medesimo terreno nello stesso anno, la somma dei fabbisogni di N efficiente delle diverse colture non può comunque superare i 340 kg/ha (450 kg/ha per colture in serra o sotto tunnel). I quantitativi di azoto della tabella 1 sono espressi come azoto efficiente. Ai fini del calcolo dell’azoto efficiente: ¾ considerata pari a 1 l’efficienza dell’azoto dei concimi minerali; ¾ per gli effluenti di allevamento dipende dal tipo di effluente, dall’epoca di distribuzione, dal tipo di suolo e dai quantitativi applicati, così come valutati all’allegato B. I limiti in tabella 1 devono essere ridotti nei seguenti casi: ¾ coltura che segue l’aratura di un prato avvicendato di almeno 3 anni = – 40 kg N/ha; ¾ coltura che segue l’aratura di un medicaio di almeno 3 anni = – 60 kg N/ha. Titolo IV del regolamento 10/R - Norme finali e transitorie Articolo 32 (Norme transitorie) 6. Fatta eccezione per i casi di ampliamento di allevamenti zootecnici esistenti, le aziende zootecniche che, in applicazione delle disposizioni regionali vigenti in materia, abbiano provveduto all’adeguamento delle proprie strutture di stoccaggio degli effluenti zootecnici, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2003 e l’entrata in vigore del regolamento 10/R, sono esonerate dall’eventuale obbligo di ulteriore adeguamento delle strutture stesse in applicazione di diversi limiti imposti dal presente regolamento, fino al 31 dicembre 2013. 69 TABELLE DI CUI ALL’ALLEGATO II DEL REGOLAMENTO 10/R Valutazione della quantità di effluente zootecnico prodotta I dati in tabella 1 corrispondono a quelli riscontrati con maggiore frequenza e sono stati adottati in scala nazionale dal decreto ministeriale 7 aprile 2006. Qualora il legale rappresentante dell’azienda ritenga validi per il proprio allevamento valori diversi da quelli riportati, può presentare alla Provincia competente per territorio una relazione tecnica sottoscritta da un professionista che illustri dettagliatamente: ¾ materiali e metodi utilizzati per la definizione dei valori aziendali relativi all’effluente zootecnico prodotto; ¾ risultati di studi e ricerche presenti nella letteratura scientifica atti a dimostrare l’affidabilità dei dati riscontrati e la buona confrontabilità coi risultati ottenuti in altre realtà aziendali; ¾ piano di monitoraggio per il controllo, nel tempo, del mantenimento dei valori dichiarati; la Provincia può richiedere l’adozione di appositi sistemi di controllo e la presentazione di un report periodico di monitoraggio. Qualora la relazione sia ritenuta valida, l’azienda potrà adottare i valori aziendali per la presentazione della Comunicazione finché le attività di monitoraggio periodico confermeranno i suddetti valori. Tabella 1 – Quantità di effluente zootecnico prodotta per peso vivo e per anno in relazione alla tipologia di stabulazione. Allegato I del regolamento 10/R. Nella tabella non sono conteggiate le acque di lavaggio di strutture, attrezzature e impianti zootecnici (ad esempio, acque della sala di mungitura, impianti di lavaggio uova ecc.), né le acque meteoriche raccolte e convogliate nelle vasche di stoccaggio; per la valutazione del fabbisogno aziendale di capacità di stoccaggio, le acque aggiuntive devono essere conteggiate stimandole sulla base della specifica situazione aziendale nonché della piovosità media della zona. Categoria animale e tipologia di stabulazione SUINI RIPRODUZIONE Scrofe in gestazione, box multiplo senza corsia esterna di defecazione Pavimento pieno, lavaggio alta pressione Pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m) Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) 160-200 73 44 70 Letame (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) Categoria animale e tipologia di stabulazione SUINI Pavimento totalmente fessurato Scrofe in gestazione, box multiplo con corsia esterna di defecazione Pavimento pieno (anche corsia esterna), cassone a ribaltamento Pavimento pieno (anche corsia esterna), lavaggio alta pressione Pavimento pieno e corsia esterna fessurata Pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m) e corsia esterna fessurata Pavimento totalmente fessurato Scrofe in gestazione, in posta singola Pavimento pieno, lavaggio alta pressione Pavimento fessurato Scrofe in gestazione, in gruppo dinamico Zona di alimentazione e di riposo fessurate Zona di alimentazione fessurata, zona di riposo con lettiera Scrofe in zona parto, in gabbie Gabbie sopraelevate e non, rimozione con acqua delle deiezioni ricadenti sul pavimento pieno sottostante Gabbie sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo, oppure sottostante e rimozione a fine ciclo, oppure asportazione meccanica, oppure ricircolo Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) Letame (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 17 23,8 17 23,8 37 160-200 73 55 55 44 37 160-200 55 37 160-200 37 22 160-200 73 55 71 Categoria animale e tipologia di stabulazione SUINI Scrofe in zona parto, in box Su lettiera integrale Verri Su lettiera Senza lettiera SVEZZAMENTO Lattonzoli, box multiplo senza corsia esterna di defecazione Pavimento pieno, lavaggio alta pressione Pavimento parzialmente fessurato Pavimento totalmente fessurato Su lettiera Lattonzoli, gabbie Gabbie sopraelevate, rimozione con acqua delle deiezioni ricadenti sul pavimento pieno sottostante Gabbie sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo, oppure asportazione meccanica, oppure ricircolo ACCRESCIMENTO E INGRASSO Magroncello Magrone e scrofetta Suino magro da macelleria Suino magro da macelleria Suino grasso da salumificio Suino grasso da salumificio Box multiplo senza corsia esterna di defecazione Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 0,4 22 31,2 0,4 37 22 31,2 22 31,2 Letame 160-200 250 7-30 73 44 37 0,4 7-30 55 37 31-50 51-85 86-110 31-110 86-160 31-160 72 Categoria animale e tipologia di stabulazione SUINI Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) Pavimento pieno, lavaggio alta pressione Pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m) Pavimento totalmente fessurato Box multiplo con corsia esterna di defecazione Pavimento pieno (anche corsia esterna), cassone a ribaltamento Pavimento pieno (anche corsia esterna), lavaggio alta pressione Pavimento pieno e corsia esterna fessurata Pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m) e corsia esterna fessurata Pavimento totalmente fessurato Box con lettiera Lettiera limitata alla corsia di defecazione Lettiera integrale Categoria animale e tipologia di stabulazione BOVINI Vacche e bufale da latte in produzione Stabulazione fissa con paglia Stabulazione fissa senza paglia Stabulazione libera su lettiera permanente Stabulazione libera su cuccette senza paglia Letame (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 6 18 25,2 0,4 22 31,2 73 44 37 73 55 55 44 37 Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 9 26 34,8 22 45 Letame 600 33 14,6 33 73 Categoria animale e tipologia di stabulazione BOVINI Stabulazione libera su cuccette con paglia, groppa a groppa Stabulazione libera su cuccette con paglia, testa a testa Stabulazione libera su cuccette con paglia totale (anche nelle aree di esercizio) Stabulazione libera su lettiera inclinata Rimonta vacche da latte Bovini e bufalini all’ingrasso Vacche nutrici Stabulazione fissa con paglia Stabulazione libera su fessurato Stabulazione libera con lettiera solo in area di riposo Stabulazione libera su cuccette senza paglia Stabulazione libera su cuccette con paglia, groppa a groppa Stabulazione libera su cuccette con paglia, testa a testa Stabulazione libera su cuccette con paglia totale (anche nelle aree di esercizio) Stabulazione libera su lettiera inclinata Vitelli (0-6 mesi) in svezzamento Su lettiera Su fessurato Vitelli a carne bianca Gabbie sopraelevate singole o multiple, lavaggio a bassa pressione Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 20 15 19 13 22 26,3 9 26 30,6 9 26 37,1 1,5-5 13-22 17-30 16 27,4 16 11 13,9 9 18 21,5 1.5-4 13-26 17-31 1.5-4 13-26 17-39 1.5-4 22 13-22 17-44 Letame 300 350 550 26 13 26 100 130 91 74 Categoria animale e tipologia di stabulazione BOVINI Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) Gabbie sopraelevate singole o multiple, lavaggio ad alta pressione Gabbie sopraelevate singole o multiple, senza acque di lavaggio Stabulazione fissa con paglia Letame (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 26 50,8 55 27 40 + Categoria animale e tipologia di stabulazione AVICOLI Ovaiole e riproduttori razza leggera Ovaiole e riproduttori razza pesante Batterie di gabbie, con tecniche di predisidratazione (nastri ventilati) Batterie di gabbie, con tecniche di predisidratazione (fossa profonda e tunnel, esterno o interno) Batterie di gabbie, senza tecniche di predisidratazione A terra con fessurato (posatoio) totale o parziale e disidratazione della pollina nella fossa sottostante Pollastre Batterie di gabbie, con tecniche di predisidratazione (nastri ventilati) Batterie di gabbie, senza tecniche di predisidratazione A terra Polli da carne a terra su lettiera Faraone a terra su lettiera Tacchini maschi a terra su lettiera Tacchini femmine a terra su lettiera Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 0,05 9,5 19 0,1 7 17 0,15 9 18 0,05 9,5 19 22 0-1,2 14 18,7 1,0 0,8 0-1,2 0-1,7 8 8 13,5 13 9,0 0-0,9 4,5 6,2 4,5 0-0,9 4,5 6,2 Letame 1,8 2,0 22 0,7 75 Categoria animale e tipologia di stabulazione CUNICOLI conigli da carne riproduttore fattrice nell’allevamento a ciclo chiuso (compresi i conigli da carne) in gabbia, con asportazione delle deiezioni con raschiatore in gabbia, con predisidratazione nella fossa sottostante e asportazione con raschiatore OVICAPRINI agnello 0-3 mesi agnellone 3-7 mesi pecora/capra in recinti individuali o collettivi su fessurato EQUINI puledro da ingrasso riproduttore in recinti individuali o collettivi Peso vivo Liquame (kg/capo) (mc/t pv/anno) Letame (t/t pv/anno) (mc/t pv/anno) 8 13 1,7 3,5 16,6 20 15 35 50 7 16 15 24,4 5 15 24,4 170 550 I valori indicati sono riferiti all’unità di peso vivo (t) mediamente presente nel posto-stalla, non al peso vivo prodotto in un anno dal singolo posto-stalla. 76 Tabella 2 – Valori di azoto al campo per anno (al netto delle perdite), per categoria animale e tipologia di stabulazione. Azoto al campo kg/t pv anno Totale Nel liquame Nel letame Categoria animale e tipologia di stabulazione SUINI Scrofe con suinetti fino a 30 kg pv senza lettiera con lettiera Accrescimento e ingrasso senza lettiera con lettiera BOVINI Vacche da latte in produzione senza lettiera libera con lettiera permanente fissa con lettiera libera con lettiera inclinata libera a cuccette con paglia, groppa a groppa libera a cuccette con paglia, testa a testa Rimonta vacche da latte libera su fessurato libera a cuccette senza paglia fissa con lettiera libera con lettiera permanente solo in zona di riposo libera con lettiera permanente anche in zona di alimentazione libera con lettiera inclinata Vitelli su fessurato su lettiera Bovini all’ingrasso libera su fessurato libera a cuccette senza paglia fissa con lettiera libera con lettiera permanente solo in zona di riposo libera con lettiera permanente anche in zona di alimentazione libera con lettiera inclinata 77 101 101 101 110 110 110 138 138 62 39 39 76 99 99 85 53 53 85 120 120 26 94 61 59 17 17 103 103 120 20 100 84 84 18 66 43 41 12 12 72 72 120 120 84 Azoto al campo kg/t pv anno Totale Nel liquame Nel letame 73 73 32 41 20 53 20 53 Categoria animale e tipologia di stabulazione Vacche nutrici senza lettiera libera con lettiera permanente fissa con lettiera libera con lettiera inclinata libera a cuccette con paglia, groppa a groppa libera a cuccette con paglia, testa a testa Vitelli a carne bianca su fessurato su lettiera AVICOLI Ovaiole e riproduttori in gabbia, senza essiccazione della pollina in gabbia, con essiccazione della pollina a terra con lettiera Pollastre in gabbia, senza essiccazione della pollina in gabbia, con essiccazione della pollina a terra con lettiera Polli da carne a terra con lettiera Tacchini a terra con lettiera Faraone a terra con lettiera CUNICOLI Fattrici in gabbia capi all’ingrasso, in gabbia OVICAPRINI in recinti individuali o collettivi su fessurato EQUINI in recinti individuali o collettivi 67 45 28 28 67 45 12 55 230 230 230 230 288 288 288 288 250 250 118 118 240 240 143 143 143 99 44 99 55 48 21 48 69 78 Valutazione dell’effetto dei trattamenti sulla composizione e la forma fisica dei liquami suini e bovini. Tabella 3 – Perdite di azoto volatile in percentuale dell’azoto totale escreto e ripartizione percentuale dell’azoto residuo tra frazioni liquide e solide risultanti da trattamenti di liquami suini e bovini. Ripartizione dell’azoto del volume Linea % perdita di azoto di trattamento volatile di tabella 2 % nella frazione solida liquida solida liquida TRATTAMENTO DI LIQUAMI SUINI Stoccaggio a 120-180 gg. del 0 0 100 0 100 liquame tal quale Separazione delle frazioni solide grossolane (vagliatura) + stoccaggio Efficienza media 0 6 94 4 96 Efficienza massima 4 13 87 5 95 Separazione delle frazioni solide grossolane (vagliatura) + ossigenazione + stoccaggio Efficienza media 19 7 93 4 96 Efficienza massima 28 17 83 5 95 Separazione delle frazioni solide (centrifuga o nastropressa) + stoccaggio Efficienza media 0 30 70 15 85 Efficienza 14 30 70 20 80 massima Separazione delle frazioni solide (centrifuga o nastropressa) + ossigenazione del chiarificato + stoccaggio Efficienza media 19 37 63 15 85 Efficienza massima 25 34 66 20 80 Separazione delle frazioni solide (centrifuga o nastropressa) + trattamento aerobico a fanghi attivi del chiarificato + stoccaggio Efficienza media 60 75 25 18 82 Efficienza massima 68 65 35 23 77 TRATTAMENTO DI LIQUAMI BOVINI Stoccaggio a 120-180 gg. del 0 0 100 0 100 liquame tal quale 79 Ripartizione dell’azoto del volume Linea % perdita di azoto di trattamento volatile di tabella 2 % nella frazione solida liquida solida liquida Separazione delle frazioni solide grossolane (separatore cilindrico rotante) + stoccaggio Efficienza media 0 30 70 24 76 Efficienza massima 4 35 65 32 68 Separazione delle frazioni solide grossolane (separatore cilindrico rotante) + ossigenazione + stoccaggio Efficienza media 19 37 63 24 76 Efficienza massima 28 46 54 32 68 Separazione delle frazioni solide (separatore a compressione elicoidale) + stoccaggio Efficienza media 0 20 80 14 Efficienza massima 4 25 75 20 Separazione delle frazioni solide (separatore a compressione elicoidale) + ossigenazione del chiarificato + stoccaggio Efficienza media 19 25 75 14 Efficienza massima 28 33 67 20 86 80 Separazione delle frazioni solide (centrifuga) + stoccaggio Efficienza media 0 30 70 20 Efficienza massima 14 30 70 25 80 75 Separazione delle frazioni solide (centrifuga) + ossigenazione del chiarificato + stoccaggio Efficienza media 19 37 63 20 Efficienza massima 25 34 66 25 80 75 86 80 GESTIONE DELLA DEROGA IN ZVN La deroga è una possibilità concessa alle aziende con terreni in zona vulnerabile da nitrati, non è un obbligo di legge. Chi aderisce è autorizzato a distribuire in campo: ¾ 250 kg/ha di azoto di origine zootecnica (su tutta la superficie in Zvn); ¾ anziché 170. A fronte di ciò, gli viene chiesto il rispetto di una serie di impegni di buona gestione agronomica, superiori ai criteri obbligatori previsti in Zvn dal regolamento 10/R. 80 L’adesione alla deroga è aziendale e annuale, da presentare entro il 15 febbraio di ogni anno nell’ambito della Comunicazione di utilizzo agronomico redatta tramite l’Anagrafe agricola unica. Può aderire alla deroga l’azienda che: ¾ effettua l’utilizzo agronomico di effluenti zootecnici bovini o suini, sia di origine aziendale sia extra-aziendale, su terreni ricadenti in Zvn di cui ha titolo per tale utilizzo; ¾ dispone di una capacità di stoccaggio degli effluenti zootecnici almeno pari al minimo stabilito dalle vigenti norme regionali (regolamento 10/R); sono fatte salve le tolleranze previste dal decreto della giunta regionale 116-9440 del 1° gennaio 2008. Il titolare dell’azienda aderendo alla deroga sottoscrive un impegno al rispetto dei vincoli agronomici e gestionali previsti. È possibile recedere dall’adesione alla deroga fino alla data della presentazione della domanda unica; in tal caso, il titolare dell’azienda sottoscrive una comunicazione motivata di rinuncia che, firmata in originale, viene depositata nel fascicolo aziendale. I vantaggi per l’azienda beneficiaria della deroga, distribuendo un quantitativo di effluente zootecnico per ettaro sensibilmente maggiore rispetto all’azienda standard, consistono: ¾ nella riduzione della concimazione chimica; ¾ nella riduzione delle superfici in concessione per lo spandimento (asservimenti); ¾ nella riduzione delle distanze da percorrere per il trasporto in campo degli effluenti; ¾ nella possibilità di aumentare il carico di animali per ettaro. L’azienda che applica la deroga è autorizzata a distribuire in campo un quantitativo medio di effluenti zootecnici pari a 250 kg/ha di azoto, fatto salvo il rispetto dei tetti massimi per coltura “Mas” (tabella 1, allegato V del regolamento 10/R, pag. 66), previsti per tutti i terreni coltivati nelle Zvn. Effluenti zootecnici ammessi in deroga: ¾ bovini, sia palabili, sia non palabili, sia tal quali, sia trattati. Il “trattamento” comprende anche la digestione anaerobica per distribuire in deroga il digestato; deve essere contemplata la prevalenza di uno dei reflui zootecnici ammessi (come da decreto della giunta regionale 64-10874 del 23 febbraio 2009); ¾ suini, per la sola frazione liquida derivante dal trattamento di separazione solido/liquido attuato con impianti tali da permettere di ottenere un materiale chiarificato con un rapporto azoto/fosfato 81 di almeno 2,5 (in genere, i separatori a compressione elicoidale, le centrifughe e le nastropresse sono in grado di soddisfare questo requisito). La frazione solida ottenuta deve essere destinata a terreni aziendali in zona non vulnerabile, oppure essere delocalizzata fuori dall’azienda. L’azienda beneficiaria della deroga deve presentare il Pua, con le modalità previste dal regolamento 10/R, per ciascuna annualità di adesione alla deroga e impegnarsi al rispetto delle seguenti buone pratiche agronomiche: ¾ almeno il 70 per cento della Sau in Zvn di cui ha titolo d’uso per l’utilizzo agronomico deve essere coltivato con una o più colture irrigue ad alto asporto e lungo ciclo di crescita nel periodo estivo: – mais irriguo classe Fao 600-700 (seminato entro i primi giorni di aprile) – cereali autunno-vernini seguiti da un erbaio estivo – cereali estivi seguiti da un erbaio autunno-vernino – prati temporanei e permanenti, purché non abbiano prevalenza le specie leguminose; ¾ i residui colturali del mais classe Fao 600-700 devono essere raccolti e allontanati dal campo; ¾ i prati temporanei devono essere arati in primavera ed entro due settimane dalla lavorazione si deve seminare una coltura ad alto asporto e lungo ciclo di crescita, senza effettuare concimazioni; ¾ nel caso delle doppie colture, l’intervallo tra la coltura principale e l’erbaio secondario deve essere al massimo di due settimane; ¾ l’effluente non palabile deve essere applicato mediante le migliori tecniche disponibili per la distribuzione in campo (fertirrigazione, spandimento a raso per bande; spandimento superficiale a bassa pressione seguito da interramento entro 24 ore, iniezione profonda o per scarificatura a solco aperto, o iniezione superficiale con concomitante chiusura del solco o erpicatura); fatta eccezione per le superfici prative, l’effluente palabile deve essere interrato in ogni caso entro 24 ore; ¾ l’utilizzo agronomico degli effluenti viene programmato in modo da distribuire almeno 2/3 dell’azoto entro il 30 giugno di ogni anno (il che pone forti limitazioni alla prevalenza di utilizzo di colture vernine) e la rimanente parte entro 1° novembre; ¾ non si può utilizzare fosforo sotto forma di concime minerale. È possibile l’adesione di una o più unità tecniche economiche (Ute), con la totalità dei relativi terreni in Zvn. 82 È possibile scorporare solo: ¾ terreni in altre regioni senza deroga; ¾ terreni in asservimento che rimangono a 170 kg/ha, se il conduttore non sottoscrive la dichiarazione di impegno, oppure se tali terreni non sono in un fascicolo aziendale (appartenenti o condotti da soggetti non agricoli). L’azienda beneficiaria della deroga: ¾ deve tenere il Pua e la comunicazione sempre aggiornati (7 giorni dall’eventuale modifica); ¾ deve effettuare un’analisi del terreno per azoto totale e fosforo Olsen almeno ogni Upa, ogni 5 ettari e ogni 4 anni (prelievo entro il 1° giugno di ogni anno); ¾ qualora effettui il trattamento di separazione solido/liquido dell’effluente suino, deve tenere monitorata la qualità dell’effluente chiarificato, effettuando un’analisi chimica delle due frazioni per sostanza secca, azoto totale e fosforo totale, da rinnovarsi qualora si modifichino la natura del refluo o la tipologia di separatore utilizzato; ¾ qualora effettui trasporti di effluente zootecnico a distanze superiori ai 30 km, è tenuta alla registrazione e alla mappatura tramite sistemi di posizionamento geografico (Gps); ¾ deve registrare le fertilizzazioni sia organiche sia minerali; ¾ per quanto riguarda l’acqua irrigua, deve disporre di uno dei seguenti documenti: – copia dell’autorizzazione al prelievo idrico o del contratto con il consorzio irriguo; – dichiarazione attestante che i terreni ricadono in una zona in cui le acque sotterranee sono a contatto con la zona radicale (Carta regionale della soggiacenza: classe 0-1,5 metri). In funzione dei vincoli agronomici e gestionali previsti, è sicuramente opportuno: ¾ definire meglio il calendario degli spandimenti; ¾ rivedere la rotazione delle colture, pianificando, ad esempio, l’introduzione di erbai di secondo raccolto se non già presenti. Per saperne di più: http://www.regione.piemonte.it/agri/dirett_nitrati/index.htm 83 FERTILIZZANTI: REQUISITI MINIMI RELATIVI ALL’USO I requisiti minimi relativi all’uso di effluenti zootecnici si applicano alle sole aziende agricole che aderiscono ai pagamenti agro-ambientali IMPEGNI Le aziende che fanno domanda di pagamento per le misure agro-ambientali ai sensi dell’articolo 36, lettera a), punto IV) del regolamento Ce n. 1698/2005 e s.m.i. sono tenute al rispetto degli impegni di condizionalità relativi a: 1. atto A4, Requisiti minimi relativi all’uso dei fertilizzanti, nel caso in cui i terreni aziendali appartengano in tutto o in parte alle zone vulnerabili da nitrati (Zvn); 2. Requisiti minimi relativi all’uso dei fertilizzanti, nel caso in cui i terreni aziendali siano interamente al di fuori delle Zvn, ovvero siano compresi nelle cosiddette zone ordinarie (Zo). Nel primo caso, l’azienda deve rispettare: ¾ sia le disposizioni relative alle zone vulnerabili ai nitrati ¾ sia quelle concernenti le zone ordinarie previste dal decreto interministeriale 7 aprile 2006 e dal regolamento 10/R. Nel secondo caso, l’azienda deve rispettare solo gli impegni relativi alle zone ordinarie, che in Piemonte fanno capo al regolamento 10/R. Per quanto attiene agli impegni relativi alle Zvn, si rimanda al capitolo precedente (atto A4). Per le zone ordinarie, in analogia con quanto illustrato nell’atto A4 si distinguono le seguenti tipologie d’impegno: A. obblighi amministrativi; B. obblighi relativi allo stoccaggio degli effluenti; C. obblighi relativi al rispetto dei massimali; D. obblighi e divieti relativi all’utilizzazione degli effluenti: – spaziali; – temporali. Per stabilire gli obblighi amministrativi, le aziende sono classificate in funzione della produzione di “azoto al campo”, calcolato in kg/anno a seconda del tipo di allevamento e della presenza media di capi di bestiame in stabulazione. Per definire la presenza media annuale di capi in azienda, vengono presi in esame il tipo di allevamento, l’organizzazione per cicli e i periodi di assenza di capi in stabulazione. 84 A – Obblighi amministrativi, in relazione all’azoto al campo: azoto al campo prodotto (kg/anno) da 3.001 allevamenti intensivi decreto legislativo 59/2005 bovini con più di 500 Uba obblighi amministrativi comunicazione autorizzazione integrata ambientale con Pua completo Pua completo B – Obblighi relativi agli stoccaggi: ¾ rispetto della capacità, al fine di garantire la prevista autonomia, per le diverse tipologie di effluenti: – presenza del/degli impianti necessari; – corretto dimensionamento in relazione alla produzione di effluenti e del periodo di autonomia da garantire; ¾ stato di funzionalità dell’impianto: – stato di manutenzione; – impermeabilità dell’impianto e assenza di perdite. Per stabilire la capacità minima degli impianti di stoccaggio di cui le aziende devono disporre, occorre calcolare la produzione di effluente nel periodo riportato nella tabella in allegato 5, che definisce i periodi minimi di stoccaggio per: ¾ categoria di animali; ¾ tipo di effluente (liquami o letami). Articolo 10 del regolamento 10/R – Stoccaggio degli effluenti zootecnici palabili (vedi atto A4, pag. 56) Articolo 12 del regolamento 10/R – Stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili – Per i punti omessi, vedi atto A4, pag. 59, mentre gli altri sono di seguito descritti. 8. Fatti salvi specifici provvedimenti in materia igienico-sanitaria, la capacità di stoccaggio non deve essere inferiore al volume di materiale non palabile prodotto in: a) 90 giorni per: 1) gli allevamenti nuovi ed esistenti con produzione inferiore o uguale a 3.000 kg per anno di azoto zootecnico prodotto; 2) gli allevamenti esistenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini; 85 b) 120 giorni per: 1) i nuovi allevamenti o l’ampliamento di quelli esistenti relativamente a bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini di cui al punto a); 2) gli allevamenti esistenti, i loro ampliamenti e i nuovi allevamenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali senza la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini; 3) gli allevamenti di suini e avicunicoli esistenti; 4) gli allevamenti di bovini da carne nuovi, esistenti e loro ampliamenti; c) 180 giorni per i nuovi allevamenti o l’ampliamento di quelli esistenti di suini e avicunicoli. 9. A far data dal 31 dicembre 2013 la capacità di stoccaggio di tutti gli allevamenti suini e avicunicoli non dovrà essere inferiore al volume di materiale non palabile prodotto in 180 giorni. 11. Nel caso di allevamenti esistenti ricadenti in zone classificate come montane dalla vigente normativa regionale, è comunque ammessa una capacità di stoccaggio pari a 90 giorni. C – Obblighi relativi al rispetto dei massimali previsti dall’articolo 10 del decreto ministeriale 7 aprile 2006. È necessario rispettare il massimale di 340 kg/ha/anno di apporto di azoto zootecnico (media aziendale) distribuiti sui terreni a disposizione dell’azienda posti all’interno delle Zo. D – Obblighi relativi al rispetto dei divieti di utilizzazione degli effluenti o di cumuli temporanei di materiali palabili. Per i cumuli vedi articolo 11 del regolamento 10/R, atto A4, pag. 58. DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DEI LETAMI a) Sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per quelle soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento; b) nei boschi; c) entro 5 metri di distanza dalle sponde dei corpi idrici naturali superficiali e da quelli artificiali non arginati del reticolo principale di drenaggio. Sono comunque esclusi i canali artificiali riservati all’uso aziendale; d) entro 10 metri di distanza dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali (laghi); 86 e) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione; f) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provveda a emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici; g) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso. DIVIETI DI UTILIZZAZIONE DEI LIQUAMI a) Sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato nella fase di impianto della coltura e per quelle soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento; b) nei boschi; c) entro 10 metri dalle sponde dei corpi idrici superficiali naturali e da quelli artificiali non arginati del reticolo principale di drenaggio. Sono comunque esclusi i canali artificiali riservati all’uso aziendale; d) entro 10 metri di distanza dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali (laghi); e) in prossimità di strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e le piste agrosilvopastorali, sulla base dei seguenti limiti misurati dal ciglio della strada: ¾ 50 metri, nel caso di distribuzione con sistemi a dispersione aerea in pressione ¾ 1 metro, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati; f) in prossimità di abitazioni, sulla base dei seguenti limiti misurati dal confine dell’insediamento abitativo: ¾ 50 metri, nel caso di utilizzo di sistemi a dispersione aerea in pressione ¾ 10 metri, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati e, fatta eccezione per i prati, il tempestivo o immediato interramento; g) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione; h) su terreni con pendenza media superiore al 10 per cento. Tale limite è elevato al 25 per cento in presenza di suoli inerbiti o di sistemazioni idraulico-agrarie; 87 i) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano; j) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante; k) dopo l’impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico; l) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento; m) nel periodo compreso tra il 1° dicembre e il 31 gennaio di ogni anno. La Giunta regionale può disporre la temporanea sospensione del periodo di divieto in caso di particolari situazioni meteorologiche; n) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provveda ad emettere specifiche disposizioni di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici; o) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso. NB – Si potranno avere maggiori informazioni consultando il regolamento regionale 29 ottobre 2007, n. 10/R, recante “Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue e programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61)”. 88 IDENTIFICAZIONE E REGISTRAZIONE DEGLI ANIMALI Gli animali in allevamento delle specie bovina, bufalina, suina e ovicaprina devono essere identificati attraverso un sistema di registrazione comunemente chiamato “anagrafe”. Il sistema di registrazione memorizza i dati dei singoli animali dalla nascita alla morte, comprendendo tutti i possibili spostamenti (di stalla, mercati e macelli). Attraverso l’anagrafe degli animali è possibile conoscere nel dettaglio tutto il patrimonio zootecnico nazionale per poter intervenire prontamente in casi di emergenze sanitarie. ATTO A6 Direttiva 2008/71/Ce relativa alla identificazione e alla registrazione dei suini Impegni applicabili alle aziende agricole. A – Comunicazione alla Asl per la registrazione dell’azienda: ¾ A.1 – La richiesta del codice aziendale al Servizio veterinario competente deve essere fatta entro 20 giorni dall’inizio attività; ¾ A.2 – È necessario comunicare le eventuali variazioni anagrafiche e fiscali dell’azienda al Servizio veterinario competente per territorio. B – Tenuta del registro aziendale e comunicazione della consistenza dell’allevamento: ¾ B.1 – L’azienda ha l’obbligo di detenere il registro aziendale, regolarmente aggiornato con entrata e uscita dei capi; ¾ B.2 – La comunicazione della consistenza dell’allevamento deve essere aggiornata almeno una volta l’anno, preferibilmente entro il mese di marzo, nel registro aziendale e nella banca dati nazionale (Bdn); ¾ B.3 – La comunicazione di ciascuna variazione della consistenza zootecnica dell’azienda (nascite, morti, movimentazioni) deve essere inoltrata al Servizio veterinario competente per territorio e alla Bdn. La movimentazione dei capi deve essere accompagnata dal modello 4, ovvero la dichiarazione di provenienza dell’animale, riportante il numero dei capi, da allegare e registrare nel registro aziendale. Le mo89 vimentazioni in entrata e in uscita dall’allevamento devono essere registrate entro 3 giorni dall’evento sul registro di carico e scarico ed entro 7 giorni dall’evento in Bdn. C – Identificazione e registrazione degli animali ¾ C.1 – L’allevatore ha l’obbligo di marcare individualmente gli animali con codice aziendale (tatuaggio) entro 70 giorni dalla nascita e comunque prima dell’uscita del capo dall’azienda. ATTO A7 Regolamento (Ce) 1760/2000, che istituisce un sistema di identificazione e registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine e che abroga il regolamento (Ce) n. 820/97 Impegni applicabili alle aziende agricole. A – Registrazione dell’azienda presso l’Asl e in Bdn: ¾ A.1 – Registrazione presso il Servizio veterinario competente e richiesta del codice aziendale entro 20 giorni dall’inizio attività; ¾ A.2 – Registrazione dell’azienda presso la Bdn; ¾ A.3 – Comunicazione opzione su modalità di registrazione degli animali: – direttamente nella Bdn con accesso tramite smart card; – tramite, a scelta: Asl, organizzazione professionale di categoria, veterinario riconosciuto, altro operatore autorizzato; ¾ A.4 – Comunicazioni al Servizio veterinario competente per territorio di eventuali variazioni anagrafiche e fiscali dell’azienda. B – Identificazione e registrazione degli animali: ¾ B.1 – Obbligo di tenuta del registro aziendale, regolarmente aggiornato con entrata e uscita dei capi; ¾ B.2 – Richiesta codici identificativi specie bovina (due marche auricolari) direttamente alla Bdn o tramite operatore delegato. Le marche auricolari sono individuali; ¾ B.3 – Effettuazione della marcatura dei bovini entro 20 giorni dalla nascita e comunque prima che l’animale lasci l’azienda; nel caso di importazione di un capo da paesi terzi, entro 20 giorni dai controlli di ispezione frontaliera. Presenza di marcatura ai sensi del 90 ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ decreto del Presidente alla Repubblica 437/2000 per tutti gli animali nati dopo il 31 dicembre 1997. Gli animali oggetto di scambi intracomunitari devono essere identificati, a partire dal 1° gennaio 1998, ai sensi del regolamento 1760/2000; B.4 – Compilazione, contestuale alla marcatura, della cedola identificativa se l’allevatore non aggiorna direttamente la Bdn; B.5 – Aggiornamento del registro aziendale entro 3 giorni dall’identificazione; B.6 – Consegna della cedola identificativa al Servizio veterinario dell’Asl competente per territorio o ad altro soggetto delegato entro 7 giorni dalla marcatura del capo (se non registra direttamente in Bdn); B.7 – Registrazione delle nascite in Bdn, se l’allevatore la aggiorna direttamente; B.8 – Acquisizione del passaporto dal Servizio veterinario o altro soggetto delegato; B.9 – Comunicazioni al Servizio veterinario competente per territorio di eventuali furti/smarrimenti di animali, marchi auricolari e passaporti; B.10 – Nel caso i capi vengano acquistati da paesi terzi, consegna al Servizio veterinario competente per territorio o ad altro soggetto delegato, entro 7 giorni dai controlli per l’importazione, della documentazione prevista, debitamente compilata, per l’iscrizione in anagrafe. C – Registro aziendale: ¾ C.1 – Corretto aggiornamento del registro aziendale entro 3 giorni dagli eventi (nascite, morti, movimentazioni). D – Movimentazione dei capi, quali nascite, ingresso in azienda, decesso: ¾ D.1 – Registrazione sul registro aziendale, entro 3 giorni, degli estremi del modello 4 nel caso di movimentazioni in ingresso; ¾ D.2 – Comunicazione del decesso e consegna del passaporto del capo al Servizio veterinario dell’Asl entro 7 giorni; ¾ D.3 – Nel caso il capo acquistato/scambiato con un altro paese Ue venga immediatamente macellato, non occorre comunicare la richiesta di iscrizione in anagrafe; ¾ D.4 – Per bovini introdotti in allevamento: annotazione del passaggio di proprietà sul retro del passaporto e aggiornamento entro 3 giorni del registro di stalla; 91 ¾ D.5 – Registrazione della nascita entro 3 giorni sul registro aziendale, comunicazione della nascita entro 7 giorni alla Bdn, successivo ritiro del passaporto dal Servizio veterinario. E – Movimentazione dei capi in uscita dall’azienda: ¾ E.1 – Compilazione del modello 4; ¾ E.2 – Aggiornamento del registro aziendale entro 3 giorni; ¾ E.3 – Comunicazione delle variazioni entro 7 giorni, direttamente in Bdn oppure tramite invio copia del modello 4 al Servizio veterinario o ad altro soggetto delegato. ATTO A8 Regolamento (Ce) n. 21/2004 del Consiglio del 17 dicembre 2003, che istituisce un sistema di identificazione e registrazione di ovini e caprini; modifica del regolamento (Ce) 1782/2003 e delle direttive 92/102/Cee e 64/432/Cee (Gazzetta Ufficiale l5 del 9 gennaio 2001, pag. 8) Impegni applicabili alle aziende agricole con allevamenti ovicaprini. A – Registrazione dell’azienda all’Asl e in Bdn: ¾ A.1 – Richiesta, al Servizio veterinario competente, del codice aziendale entro 20 giorni dall’inizio attività; ¾ A.2 – Comunicazione opzione su modalità di registrazione degli animali: – direttamente nella Bdn con accesso tramite smart card; – tramite Asl, organizzazione professionale di categoria, veterinario riconosciuto, altro operatore autorizzato; ¾ A.3 – Comunicazioni al Servizio veterinario competente per territorio di eventuali variazioni anagrafiche e fiscali dell’azienda. B – Registro aziendale e Bdn: ¾ B.1 – Obbligo di registrazione della consistenza dell’allevamento (aggiornata almeno una volta l’anno) entro il mese di marzo dell’anno successivo nel registro aziendale e in Bdn; ¾ B.2 – Movimentazione dei capi tramite modello 4, ovvero Dichiarazione di provenienza dell’animale, riportante il numero dei capi e i relativi codici di identificazione aziendale e da allegare o registrare nel Registro aziendale e in Bdn; 92 ¾ B.3 – Dal 1° gennaio 2010: obbligo della registrazione sul registro aziendale e in Bdn delle marche auricolari individuali dei capi; ¾ B.4 – Aggiornamento del registro aziendale entro 3 giorni dall’evento (nascita, decesso e movimentazione dei capi) e aggiornamento della Bdn entro 7 giorni. C – Identificazione e registrazione degli animali: ¾ C.1 – Per i nati prima del 9 luglio 2005: obbligo di marcatura individuale con tatuaggio riportante il codice aziendale, più un secondo tatuaggio o un marchio auricolare riportante un codice progressivo individuale; ¾ C.2 – Per i nati dopo il 9 luglio 2005: obbligo di marcatura individuale (doppio marchio auricolare, oppure un marchio più un tatuaggio, oppure identificatori elettronici ai sensi del regolamento (Ce) 933/08) con codice identificativo rilasciato dalla Bdn. Le marche auricolari non possono essere utilizzate in altri allevamenti; ¾ C.3 – Per i nati dopo il 9 luglio 2005, capi di età inferiore a 12 mesi destinati al macello: identificazione mediante unico marchio auricolare riportante almeno il codice aziendale (sia maschi, sia femmine). Agnelli: fino a 6 mesi di tempo per apporre la marcatura, se non lasciano prima l’allevamento. ATTO B9 Direttiva 91/414/Cee Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari Alle aziende agricole si applicano gli impegni di seguito indicati. Per le imprese i cui titolari siano acquirenti o utilizzatori di prodotti fitosanitari valgono gli impegni previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 290 del 23 aprile 2001 e in particolare quelli previsti dalla circolare del Mipaaf del 30 ottobre 2002, in applicazione dell’articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica citato. Gli impegni si differenziano in base alla classificazione tossicologica dei prodotti utilizzati. In relazione alle informazioni sopraindicate, si considera quanto segue. Obblighi validi per tutte le aziende: ¾ disponibilità, conformità e aggiornamento del registro dei trattamenti (quaderno di campagna); ¾ rispetto delle prescrizioni di utilizzo previste nell’etichetta del prodotto impiegato; 93 L’etichetta apposta sulle confezioni dei prodotti fitosanitari fornisce una serie di indicazioni, sia di tipo tecnico-funzionale, sia di tipo normativo, sull’utilizzazione a norma di legge riguardo: – composizione: principio attivo e percentuale nel formulato commerciale. Va detto che con lo stesso principio attivo vi sono diversi formulati commerciali che differiscono solo per la diversa percentuale e da esso possono derivare anche diverse indicazioni di legge per il loro uso; – autorizzazione: qual è il provvedimento legislativo che ne permette l’utilizzazione in Italia e in quali colture è consentito l’uso; – dosi di utilizzazione; – caratteristiche funzionali; – caratteristiche intrinseche; – eventuali divieti (per esempio, divieto di impiego in serra); – fitotossicità; – effetti sull’ambiente; – informazioni per il medico. ¾ presenza dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) previsti; DPI I dispositivi di protezione individuale sono strumenti che servono a evitare il contatto della soluzione antiparassitaria con le vie respiratorie o digestive o con la pelle. Si riporta una breve rassegna. – Casco: è il dispositivo più efficace per la protezione della testa dell’operatore; assicura un contatto pressoché nullo con la cute e protegge anche le vie respiratorie e la bocca; è concepito in modo tale che vi sia un ricambio d’aria all’interno, grazie a un motorino elettrico che fa passare l’aria in ingresso su un filtro; è alimentato a pila o collegato al trattore. Si deve aver cura che ci sia un buon contatto sulle spalle e che non vi siano rotture nel punto di congiunzione fra visiera e maschera. – Maschera: protegge il volto (in tal caso si parla anche di pieno facciale) e di conseguenza evita il contatto con occhi, naso, bocca. – Semimaschera: protegge naso e bocca. È necessario utilizzare semimaschere a tenuta e provviste di filtro sostituibile; meglio scegliere semimaschere con due respiratori. È assolutamente sconsigliabile l’uso di semimaschere antipolvere. – Filtri: esistono diversi tipi di filtro in commercio. Di solito quelli usati in agricoltura sono contrassegnati con una sigla, per esempio A2P2 o A1P1 o A2P3: la lettera A indica che il filtro è efficace contro vapori organici e solventi, mentre la lettera P indica che il filtro è efficace contro polveri tossiche, fumi, nebbie; i numeri invece indicano la capacità filtrante (1 meno filtrante, 3 più filtrante). Naturalmente quelli con maggiore capacità filtrante andranno utilizzati con prodotti fitosanitari più tossici o che presentino il rischio di cancro. Vi sono poi altri tipi di filtro, meno uti- 94 lizzati in agricoltura, che servono contro gas e vapori inorganici (tipo B) e che servono nel caso in cui si debbano utilizzare acidi (per esempio, se si deve acidificare l’acqua irrigua) o per l’ammoniaca (filtro tipo K). Infine esistono filtri tipo E per anidride solforosa, che di solito non trova impiego in agricoltura. In ogni caso è fondamentale sostituire i filtri secondo le indicazioni del costruttore e comunque nel caso si senta cattivo odore. Un filtro che ha accumulato più antiparassitario del dovuto diventa una fonte di intossicazione invece che una protezione per l’operatore. – Occhiali: proteggono gli occhi nel caso in cui si utilizzi una semimaschera. – Stivali e guanti: devono essere integri e lavati, ancora indossati, dopo ogni intervento. – Tuta: questo mezzo di protezione è più importante di quanto si possa pensare, poiché le contaminazioni tramite la via cutanea sono importanti e frequenti. È sufficiente una tuta in cotone o in tyvek. – Cabina pressurizzata: funziona con lo stesso principio illustrato per il casco, isolando l’operatore dall’aria esterna, che viene introdotta solo dopo il passaggio su tre filtri (meccanico, antipolvere, a carboni attivi). ¾ presenza in azienda di un sito per il corretto immagazzinamento dei prodotti fitosanitari ed evitare la dispersione nell’ambiente; Norme di immagazzinamento nell’azienda agricola. I prodotti fitosanitari devono essere conservati attenendosi esattamente alle indicazioni delle etichette, come ad esempio: a) armadietti o casse destinati solamente a tale scopo; b) chiusura a chiave o con lucchetto; c) gli armadietti o le casse devono essere contrassegnati con cartelli monitori (ad esempio, veleni, antiparassitari, fitofarmaci ecc.); d) dal momento dell’acquisto e fino al consumo, il prodotto deve essere sempre conservato nella sua confezione originale, lontano da fonti di calore e dove non sono tenuti in deposito alimenti. ¾ documentazione d’acquisto costituita da: – fatture o documenti equivalenti intestati all’azienda o al suo titolare, contenenti informazioni sul tipo di prodotto acquistato e la sua quantità; – nel caso di ricorso a contoterzista, scheda trattamento contoterzisti (all. 4, circ. ministeriale 30 ottobre 2002, n. 32469); – archiviazione delle fatture d’acquisto dei prodotti. 95 Obblighi validi per le aziende che utilizzano anche prodotti classificati come molto tossici, tossici o nocivi (T+, T, XN) ¾ Disponibilità e validità dell’autorizzazione per l’acquisto e l’utilizzazione dei prodotti (patentino); ¾ presenza dei moduli di acquisto rilasciati dal venditore (vedi comma 6 dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 290/2001) i quali, oltre alle informazioni sul prodotto acquistato, contengano chiaro riferimento al nominativo del titolare dell’autorizzazione all’acquisto e del relativo numero di patentino. 96 Il quaderno di campagna deve contenere i seguenti dati: ¾ elenco cronologico dei trattamenti eseguiti sulle diverse colture, oppure, in alternativa, una serie di moduli distinti, relativi ciascuno ad una singola coltura agraria; ¾ prodotto fitosanitario utilizzato e quantità; ¾ superficie della coltura a cui si riferisce il singolo trattamento (per superficie si intende anche l’indicazione dell’appezzamento interessato); ¾ avversità per la quale si è reso necessario il trattamento; ¾ registrazione delle fasi fenologiche/agronomiche principali di ogni coltura: semina o trapianto, inizio fioritura e raccolta. Il registro deve essere aggiornato entro 30 giorni dall’esecuzione di ogni trattamento. Inoltre, si sottolinea che: ¾ la presenza del registro dei trattamenti in azienda, aggiornato e conforme, pur essendo un impegno diretto solo per l’atto B11, è considerata condizione necessaria per il rispetto del presente atto e pertanto l’inosservanza di tale impegno viene considerata una non conformità esclusivamente per l’atto B11; ¾ la presenza in azienda di un sito per il corretto immagazzinamento dei prodotti fitosanitari è un impegno previsto: – dal presente atto, per quanto attiene alla verifica delle quantità di prodotti fitosanitari acquistati, utilizzati e immagazzinati; – all’atto A2, per quanto riguarda la dispersione nell’ambiente di sostanze pericolose; – all’atto B11, per quanto attiene al pericolo di contaminazione delle derrate prodotte. LIMITAZIONI TERRITORIALI PER USO FITOFARMACI Nelle zone della Regione Piemonte designate come vulnerabili da fitofarmaci si applicano gli impegni definiti dal decreto del ministro della Salute 9 marzo 2007, che impone limitazioni all’impiego di prodotti fitosanitari (decreto ministeriale 9 marzo 2007, Limitazioni di impiego dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive bentazone, cinosulfuron, dimetenamide, molinate, quinclorac, nel territorio della regione Piemonte, ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, articolo 5, comma 20). 97 TERBUTILAZINA Comunicazione del Settore fitosanitario regionale del 13 marzo 2012, prot. 6121/DB1106, “Limitazioni d’impiego degli erbicidi contenenti terbutilazina. Annata agraria 2012”. Dalla campagna agraria 2008 sono in commercio e vanno impiegati esclusivamente formulati che contengono la terbutilazina in miscela con altre sostanze attive diserbanti. Sulle etichette di tutte queste miscele sono riportate le seguenti limitazioni all’impiego della terbutilazina: “Rispettare una fascia di sicurezza non trattata, distante almeno 5 metri dai corpi idrici superficiali. Nelle aree definite vulnerabili, ai sensi del D.Lgs 152/2006, impiegare ad anni alterni ed esclusivamente con interventi localizzati sulla fila di semina”. Come già segnalato negli anni precedenti, si comunica che per la campagna in corso, relativamente alla limitazione d’impiego che prevede i trattamenti ad anni alterni con distribuzione localizzata sulla fila di semina, l’area in cui permane tale limitazione coincide con gli areali definiti TO08 e TO09. Di conseguenza: ¾ nei suddetti areali, chi avesse impiegato diserbanti contenenti terbutilazina nel 2011, nell’anno in corso non potrà utilizzarli sugli stessi appezzamenti; ¾ mentre là dove è stata impiegata terbutilazina nel 2010 e non nel 2011, nell’attuale campagna la sostanza attiva potrà essere utilizzata, ma sempre con distribuzione localizzata sulla fila di semina e facendo ricorso a formulati che la contengono in miscela con altri erbicidi. Le superfici che ricadono nei due areali suddetti vengono riportate nella tabella allegata alla presente comunicazione. Si precisa, infine, che la limitazione relativa al mantenimento di una fascia di sicurezza non trattata, distante almeno 5 metri dai corpi idrici superficiali, va comunque rispettata su tutto il territorio regionale e nazionale. 98 Fogli di mappa, relativi comuni di appartenenza e zone idrogeologicamente separate (Zis), nei quali sono vigenti le prescrizioni previste in etichetta per la sostanza attiva terbutilazina: z.i.s. codice TO08 TO08 TO08 TO09 001009 001012 001048 001058 TO09 001059 TO08 001078 TO08 TO09 TO08 TO08 001123 001127 001153 001156 TO09 001156 TO08 001197 TO09 001197 TO08 001203 TO09 001203 TO08 TO08 TO09 TO08 001215 001257 001257 001280 TO09 TO09 TO09 TO09 004041 004062 004140 004222 comune fogli di mappa denominazione Provincia di Torino Andezeno da 006 a 011, 013, 014 Arignano da 011 a 017 Cambiano 004, da 007 a 021 da 006 a 015, da 032 a Carignano 038, 040, 041, 093, 097 da 001 a 049, 054, da 057 a Carmagnola 092, da 098 a 118, da 124 a 146, 164, da 166 a 172 da 025 a 034, da 037 a 046, Chieri da 053 a 063, da 066 a 093 Isolabella tutti La Loggia 020 Mombello di Torino 008 Moncalieri, sez. censuaria 019, 022, 023, da 025 a 028, Moncalieri da 039 a 056 Moncalieri, sez. censuaria da 057 a 066 Moncalieri da 001 a 029, 031, da 039 a Poirino 055, da 076 a 095, da 106 a 108 030, da 032 a 038, da 056 a Poirino 075, da 096 a 105, da 109 a 138 da 001 a 009, 011, 012, 019, Pralormo 020 da 021 a 029, da 038 a 049, Pralormo 056 Riva presso Chieri tutti Santena da 001 a 012 Santena da 013 a 025 Trofarello da 004 a 015, da 018 a 021 Provincia di Cuneo Caramagna Piemonte da 005 a 007 Ceresole d’Alba da 001 a 035 Monteu Roero 001, 006, 007 Sommariva del Bosco da 001 a 004 99 z.i.s. codice TO08 TO08 TO08 TO08 TO08 005012 005033 005052 005101 005112 TO08 005118 comune denominazione Provincia di Asti Buttigliera d’Asti Cellarengo Dusino San Michele San Paolo Solbrito Valfenera Villanova d’Asti fogli di mappa da 001 a 003, da 007 a 013 da 001 a 005 001, da 008 a 010 001, 002 da 001 a 004, da 007 a 011, 013, 014, 016 da 001 a 003, da 009 a 050 BENTAZONE Limitazioni di impiego per la sostanza attiva bentazone: ¾ è vietato l’impiego di prodotti fitosanitari contenenti bentazone nelle aree precisate nell’allegato 1; ¾ in tutte le altre aree del territorio piemontese, è vietato l’impiego di prodotti fitosanitari contenenti bentazone sulla coltura del riso coltivato in sommersione. DIMETENAMIDE Limitazioni di impiego per la sostanza attiva dimetenamide: ¾ è vietato l’impiego di prodotti fitosanitari contenenti dimetenamide nelle aree precisate nell’allegato 1. MOLINATE Limitazioni di impiego per la sostanza attiva molinate: ¾ è vietato l’impiego di prodotti fitosanitari contenenti molinate nelle aree precisate nell’allegato 1. NB – I principi attivi cinosulfuron e quinclorac sono privi di registrazione. 100 Estratto dell’allegato 1 “ZONE IDROGEOLOGICAMENTE SEPARATE (Z.I.S.), FOGLI DI MAPPA E RELATIVI COMUNI DI APPARTENENZA, PRODOTTI FITOSANITARI”. Fogli di mappa della provincia di Torino ove non è possibile utilizzare il principio attivo bentazone: comune Maglione Mazzè Verolengo Verrua Savoia Villareggia fogli di mappa 019 037, da 076 a 079 043 001, da 006 a 008, 010, 011 da 003 a 005, da 007 a 035 NB – Sono presenti aree con limitazioni anche nelle province di Vercelli, Novara e Biella. FITOFARMACI: REQUISITI MINIMI PER L’USO Si applicano alle sole aziende agricole che aderiscono ai pagamenti agro-ambientali ai sensi dell’articolo 36 lettera a) punto iv) del regolamento Ce n. 1698/2005 e s.m.i. Recepimento Decreto legislativo 152/2006, articolo 93, Individuazione delle zone vulnerabili da fitosanitari. Descrizione degli impegni. Le aziende che fanno domanda di pagamento con la misura 214 del Psr – Azioni agro-ambientali – sono tenute al rispetto di requisiti di condizionalità inerenti al corretto utilizzo dei prodotti fitosanitari, aggiuntivi a quelli previsti dagli atti B9 e B11: ¾ l’obbligo di verifica funzionale dell’attrezzatura per l’irrorazione, con cadenza almeno quinquennale – due volte nel quinquennio per le azioni 214.1 Integrata e 214.2 Biologica –; ¾ il rispetto delle disposizioni sull’uso di pesticidi nelle vicinanze di corpi idrici o altri luoghi sensibili, conformemente alla legislazione nazionale. 101 Per quanto riguarda l’entrata in vigore dell’obbligo di verifica delle attrezzature per l’irrorazione, in base a quanto indicato dal decreto ministeriale 30125 e s.m.i., la data entro la quale l’obbligo deve essere assolto è: ¾ il 30 giugno 2011 per tutte le aziende che hanno attivato l’impegno relativo alla misura 214 negli anni 2007, 2008 e 2009; ¾ il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui si assume l’obbligo per tutte le aziende che hanno attivato l’impegno relativo alla misura 214 negli anni successivi al 2009. 102 SANITÀ ANIMALE ATTO B10 Sostanze ad azione ormonica L’atto interessa le aziende con allevamenti zootecnici di: bovini, bufalini, suini, equini, ovicaprini, avicoli, cunicoli e impianti di acquacoltura. La normativa nazionale di riferimento è il D.Lgs. n. 158 del 16 marzo 2006. La somministrazione e la detenzione di sostanze ad azione ormonica (effetto estrogeno, androgeno, gestageno e sostanze beta-agoniste) SONO VIETATE. Dette sostanze, utilizzate per migliorare gli accrescimenti degli animali da carne, sono particolarmente pericolose per la salute umana data la potenziale attività dei residui che permangono nelle carni e che agiscono anche nell’uomo. Il loro impiego può essere autorizzato dalle autorità veterinarie esclusivamente a fini terapeutici (per bovini, equini, animali da compagnia). I controlli del rispetto dell’atto prevedono: ¾ verifica dei medicinali presenti in azienda; ¾ analisi sugli animali; ¾ corretta tenuta del registro dei trattamenti somministrati sotto la supervisione del veterinario aziendale; ¾ presenza in azienda di una copia delle ricette del veterinario, che devono essere conservate per 5 anni; ¾ se è necessario l’utilizzo di farmaci della categoria di questo atto quale terapia veterinaria, bisogna rispettare il tempo di sospensione previsto prima della macellazione. GESTIONE DI MALATTIE ANIMALI PARTICOLARMENTE PERICOLOSE PER L’INFETTIVITÀ O LA TRASMISSIBILITÀ ALL’UOMO Malattie Encefalopatie spongiformi (mucca pazza) Afta epizootica Specie suscettibili bovini, bufalini, ovicaprini bovini, ovicaprini, bufalini, suini ed equini 103 Malattie Malattia vescicolare del suino Peste bovina Peste dei piccoli ruminanti Febbre catarrale maligna degli ovini Malattia emorragica epizootica dei cervi Vaiolo degli ovicaprini Stomatite vescicolare Malattia di Teschen (o encefalomielite epizootica) Dermatite nodulare contagiosa Febbre della Rift Valley Febbre catarrale degli ovini Bluetongue Lingua Blu (BT) Specie suscettibili bovini, suini, ovicaprini, ungulati selvatici bovini e bufalini ovicaprini ovicaprini bovini, bufalini, ovicaprini ovicaprini equini, bovini, suini e cervidi suini bovini ovicaprini, bovini bovini, ovini e caprini ATTO B12 Prevenzione, controllo ed eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (Tse), “mucca pazza” La prevenzione di questa malattia avviene principalmente rispettando gli atti: – A7 e A8, sull’identificazione degli animali; – B11, a riguardo della rintracciabilità dei mangimi. Impegni. L’azienda: ¾ non deve somministrare proteine derivate da mammiferi (conservare eventuali analisi di mangimi); ¾ deve rispettare le limitazioni di movimento disposte dall’autorità sanitaria per gli animali sospettati di malattia e per quelli presenti in allevamenti in cui sono stati trovati animali sospetti (conservare eventuale documentazione); ¾ in caso di sospetta o palese infezione da Tse, essa deve darne comunicazione al Servizio veterinario competente per territorio, portarne a conoscenza le autorità sanitarie e quindi conservare la documentazione di avvenuta notifica. 104 ATTO B13 Misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica Impegni: ¾ rispetto degli adempimenti contenuti nel decreto legislativo 274/ 2006, articolo 3, ossia denuncia immediata al Servizio veterinario della presenza o sospetta presenza di afta epizootica, conservare la documentazione di avvenuta notifica; ¾ tenere gli animali infetti o sospetti di infezione lontani dai luoghi in cui sono presenti altri animali di specie sensibili di afta epizootica (vedi tabella specie suscettibili). ATTO B14 Introduzione di misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali, nonché di misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini Impegni. Obbligo di notifica immediata dei casi sospetti o palesi di: ¾ malattia vescicolare del suino; ¾ peste bovina; ¾ peste dei piccoli ruminanti; ¾ febbre catarrale maligna degli ovini; ¾ malattia emorragica epizootica dei cervi; ¾ vaiolo degli ovicaprini; ¾ stomatite vescicolare; ¾ malattia di Teschen (o encefalomielite epizootica); ¾ dermatite nodulare contagiosa; ¾ febbre della Rift Valley. È necessario conservare la documentazione di avvenuta notifica (in caso di presenza o sospetto di malattia). È necessario il rispetto degli adempimenti e dei divieti contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 362/1996. 105 ATTO B15 Disposizioni specifiche relative alle misure di lotta ed eradicazione della febbre catarrale degli ovini (lingua blu) Impegni: ¾ obbligo di notifica immediata dei casi sospetti o palesi di febbre catarrale degli ovini. È necessario conservare la documentazione di avvenuta notifica (in caso di presenza o sospetto di malattia). 106 SICUREZZA ALIMENTARE ATTO B11 Regolamento (Ce) 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio Principi e requisiti generali della legislazione alimentare, istituzione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, procedure nel campo dell’alimentare Le norme a cui si riferisce l’atto fanno parte del cosiddetto PACCHETTO IGIENE. L’impianto normativo comunitario in materia di sicurezza alimentare è stato ridisegnato dal regolamento (Ce) n. 178/2002, che introduce il principio fondamentale di un approccio integrato di filiera. Ciò comporta: la responsabilizzazione di tutti gli operatori della filiera alimentare, dalla produzione agricola primaria alla distribuzione finale al consumatore, ristorazione compresa. Una delle principali componenti del nuovo quadro normativo europeo è rappresentata dal cosiddetto Pacchetto Igiene, che comprende principalmente 4 testi legislativi, ai quali si affianca il regolamento sui controlli ufficiali di mangimi e alimenti, complessivamente destinati a razionalizzare e unificare la normativa comunitaria in materia di igiene dei prodotti alimentari e di controlli ufficiali, precedentemente dispersa in 17 direttive. I principali provvedimenti in applicazione sono: ¾ regolamento (Ce) 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari; ¾ regolamento (Ce) 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale; ¾ regolamento (Ce) 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali; ¾ regolamento (Ce) 183/2005, che stabilisce requisiti per l’igiene dei mangimi. 107 Il coinvolgimento dell’impresa agricola. L’imprenditore agricolo è coinvolto nella “catena alimentare” in quanto produttore di alimenti che, direttamente o indirettamente (prodotti primari e trasformati vegetali e/o animali), raggiungono i consumatori. Esso è chiamato ad assumersi le seguenti responsabilità: ¾ garantire che gli alimenti o i mangimi soddisfino condizioni igienico-sanitarie di sicurezza in tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione; ¾ registrare e quindi saper individuare i fornitori di ogni singolo prodotto alimentare, mangime, animale destinato alla produzione alimentare o di qualsiasi sostanza destinata a far parte di un alimento o di un mangime. In altre parole, egli deve sempre sapere “chi ha fornito cosa”; ¾ registrare e quindi saper individuare le imprese alle quali ha fornito i propri prodotti. In altre parole, egli deve sempre sapere “chi ha ricevuto cosa”; ¾ etichettare o identificare chiaramente alimenti e mangimi immessi sul mercato, rispettando le disposizioni previste in materia di etichettatura. PRODUZIONE PRIMARIA (campo – allevamento) CONSUMO TRACCIABILITÀ RINTRACCIABILITÀ All’atto sono soggette le aziende che producono: ¾ alimenti destinati all’alimentazione umana; ¾ mangimi e foraggi per l’alimentazione animale. Impegni applicabili alle aziende agricole: le aziende produttrici devono rispettare il complesso degli adempimenti previsti dalla normativa sulla sicurezza alimentare per il loro settore di attività, in funzione del processo produttivo realizzato. 108 A tal fine si distinguono i seguenti settori della produzione primaria: 1. produzioni animali; 2. produzioni vegetali; 3. produzione di latte crudo; 4. produzione di uova; 5. produzioni di mangimi o alimenti per gli animali. 1. Produzioni animali: 1.a – Curare il corretto stoccaggio e la manipolazione delle sostanze pericolose al fine di prevenire ogni contaminazione (atto A2); 1.b – Prevenire l’introduzione e la diffusione di malattie infettive trasmissibili all’uomo attraverso gli alimenti, con opportune misure precauzionali (atti B12, B13, B14, B15); 1.c – Assicurare il corretto uso degli additivi dei mangimi e dei prodotti medicinali veterinari, così come previsto dalla norma; 1.d – Tenere opportuna registrazione di: ¾ natura e origine degli alimenti e mangimi somministrati agli animali; ¾ prodotti medicinali veterinari o altri trattamenti curativi somministrati agli animali; ¾ risultati di ogni analisi effettuata sugli animali, che abbia una rilevanza ai fini della salute umana; ¾ ogni rapporto o controllo effettuato sugli animali o sui prodotti di origine animale; 1.e – Immagazzinare gli alimenti destinati agli animali separatamente da prodotti chimici o da altri prodotti o sostanze proibite per l’alimentazione animale; 1.f – Immagazzinare e manipolare separatamente gli alimenti trattati a scopi medici, destinati a determinate categorie di animali, al fine di ridurre il rischio che siano somministrati impropriamente o che si verifichino contaminazioni. 2. Produzioni vegetali: 2.a – Curare il corretto stoccaggio e la manipolazione delle sostanze pericolose al fine di prevenire ogni contaminazione (atto A2); 2.b – Assicurare il corretto uso dei prodotti fitosanitari, così come previsto dalla norma (atto B9); 2.c – Tenere opportuna registrazione di: ¾ ogni uso di prodotti fitosanitari, tranne che per l’uso esclusivo in orti e giardini familiari destinati all’autoconsumo (atto B9); ¾ risultati di ogni analisi effettuata sulle piante o sui prodotti vegetali, che abbia una rilevanza ai fini della salute umana. 109 Per opportuna registrazione s’intende l’insieme delle informazioni che caratterizzano l’evento: date, tipi di prodotti utilizzati, quantità, fasi fenologiche delle colture ecc.. 3. Produzione di latte crudo: 3.a – Assicurare che il latte provenga da animali: ¾ in buona salute, che non presentino segni di malattie o di ferite che possano causare contaminazione del latte; ¾ ai quali non siano state somministrate sostanze proibite o abbiano subito trattamenti illegali; ¾ che abbiano rispettato i previsti tempi di sospensione dalla produzione, nei casi di utilizzazione di prodotti o sostanze ammesse; ¾ ufficialmente esenti da brucellosi e da tubercolosi, oppure che sia latte utilizzabile a seguito del consenso dell’autorità competente; 3.b – Assicurare che le strutture e gli impianti rispondano a determinati requisiti minimi: ¾ deve essere efficacemente assicurato l’isolamento degli animali infetti o che si sospetta siano affetti da brucellosi o tubercolosi, in modo da evitare conseguenze negative per il latte di altri animali; ¾ le attrezzature e i locali nei quali il latte è munto, immagazzinato, manipolato e refrigerato devono essere posizionati e costruiti in modo da limitare i rischi della sua contaminazione; ¾ i locali dove il latte è stoccato devono avere adeguati impianti di refrigerazione, essere protetti contro agenti infestanti ed essere separati da quelli nei quali gli animali sono ospitati; ¾ i materiali, gli utensili, i contenitori, le superfici con cui è previsto che venga in contatto il latte devono essere costituiti da materie non tossiche e devono essere facili da lavare e disinfettare; ¾ l’attività di lavaggio e disinfezione degli impianti e dei contenitori deve essere effettuata dopo ogni utilizzo; 3.c – Assicurare che le operazioni di mungitura e di trasporto del latte avvengano secondo modalità adatte a garantire pulizia, igiene e corrette condizioni di stoccaggio: ¾ lavaggio della mammella prima della mungitura; ¾ scarto del latte proveniente dagli animali sotto trattamento medico; ¾ stoccaggio e refrigerazione del latte appena munto, in relazione alla cadenza di raccolta e dei disciplinari di produzione di prodotti trasformati; 3.d – Assicurare la completa rintracciabilità del latte prodotto, attraverso: 110 ¾ per i produttori di latte alimentare fresco: la predisposizione di un manuale aziendale per la rintracciabilità del latte; ¾ per i produttori di latte crudo: l’identificazione, la documentazione e la registrazione del latte venduto e della sua prima destinazione. 4. Produzione di uova: 4.a – Assicurare che all’interno dei locali aziendali le uova siano conservate pulite, asciutte, lontane da fonti di odori estranei e dall’esposizione diretta alla luce solare, protette dagli urti in maniera efficace; 4.b – Identificazione, documentazione e registrazione delle uova vendute e loro prima destinazione. 5. Produzione di mangimi o alimenti per gli animali: 5.a – Registrazione dell’operatore all’autorità regionale competente, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera a) del regolamento (Ce) 183/05, in quanto requisito obbligatorio per poter svolgere l’attività; 5.b – Curare il corretto stoccaggio e la manipolazione dei mangimi o degli alimenti per animali al fine di prevenire ogni contaminazione biologica, fisica o chimica dei mangimi stessi; 5.c – Tenere nella giusta considerazione i risultati delle analisi realizzate su campioni prelevati su prodotti primari e altri campioni rilevanti ai fini della sicurezza dei mangimi; 5.d – Tenere opportuna registrazione di: ¾ ogni uso di prodotti fitosanitari e biocidi (atto B9); ¾ l’uso di semente geneticamente modificata; ¾ la provenienza e la quantità di ogni elemento costitutivo del mangime e la destinazione e la quantità di ogni output di mangime. Per opportuna registrazione s’intende: date, tipi di prodotti utilizzati, quantità, fasi fenologiche delle colture ecc.. Per i produttori di latte fresco, il manuale di cui al punto 3.d deve contenere le seguenti informazioni: Parte generale denominazione azienda data di emissione data ultima revisione firma del legale rappresentante numero di pagine complessive indice definizioni riferimenti normativi modalità di gestione della documentazione modalità di gestione delle non conformità 111 Parte speciale (riferita al ruolo di produttore nella filiera del latte fresco) denominazione azienda data di emissione data ultima revisione firma del legale rappresentante numero di pagine complessive indice finalità latte venduto e sua destinazione Il titolare dell’attività è responsabile dell’archiviazione e della conservazione della documentazione, che comprende anche tutte le registrazioni utilizzate ai fini della rintracciabilità del latte. Il manuale e la documentazione devono comunque essere sempre presenti e reperibili in azienda, anche in copia. Occorre inoltre segnalare che le attività di registrazione dei trattamenti fitosanitari e dei pesticidi, a carico delle aziende che a vario titolo producono prodotti vegetali, sono considerate come impegno diretto solo per il presente atto, benché siano condizioni necessarie per rispetto dell’atto B9. 112 BENESSERE ANIMALE ATTO C16 Protezione dei vitelli Definizione “Vitello”: un animale della specie bovina di età inferiore a sei mesi (direttiva 2008/119/Ce). Decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 126, Attuazione della direttiva 2008/119/Ce che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. Ambiti d’interesse Presenza in azienda di allevamenti zootecnici bovini con vitelli. Azienda: qualsiasi luogo, anche all’aria aperta, in cui gli animali sono allevati o detenuti anche temporaneamente. Questo atto interessa le aziende che: ¾ allevano vitelli per la produzione di carne bianca; ¾ svezzano vitelli per il successivo ingrasso; ¾ allevano vitelli destinati alla riproduzione. In ogni caso devono essere attuati tutti gli interventi necessari e devono essere rispettati i requisiti minimi delle strutture di allevamento per la salvaguardia del benessere del vitello. Impegni Modalità e pratiche di allevamento: ¾ allevare gli animali in gruppo, garantendo sufficiente spazio per l’esercizio fisico, i contatti con altri bovini e i normali movimenti; ¾ le pareti dei box devono essere traforate per garantire il contatto visivo e tattile tra i vitelli; ¾ non legare i vitelli se non per brevi momenti (al massimo per un’ora) durante la somministrazione dell’alimento; ¾ non effettuare il taglio della coda (se non per fini terapeutici certificati); ¾ non effettuare la cauterizzazione delle corna dopo le prime tre settimane di vita; ¾ garantire un minimo di spazio individuale: – fino a 150 kg di peso vivo (Pv): 1,5 mq; – fino a 220 kg di Pv: 1,7 mq; – oltre 220 kg di Pv: 1,8 mq; ¾ non rinchiudere alcun vitello di età superiore alle otto settima113 ne in un recinto individuale, a meno che un veterinario non abbia certificato che il suo stato di salute o il suo comportamento esiga che sia isolato dal gruppo al fine di essere sottoposto a un trattamento diagnostico e terapeutico. Dette disposizioni non si applicano alle aziende con meno di sei vitelli e ai vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell’allattamento; ¾ la larghezza del recinto individuale deve essere almeno pari all’altezza al garrese del vitello, misurata quando l’animale è in posizione eretta, e la lunghezza deve essere almeno pari alla lunghezza del vitello, misurata dalla punta del naso all’estremità caudale della tuberosità ischiatica e moltiplicata per 1,1. Ogni recinto individuale per vitelli, salvo quelli destinati a isolare gli animali malati, non deve avere muri compatti ma pareti divisorie traforate che consentano un contatto diretto, visivo e tattile tra i vitelli. Dall’allegato 1 del decreto 126/11. 1. I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione e, in particolare, dei recinti e delle attrezzature con cui i vitelli possono venire a contatto non devono essere nocivi per tali animali e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati. 2. Fino all’istituzione di regole comunitarie in materia, l’installazione delle apparecchiature e dei circuiti elettrici deve essere conforme alla regolamentazione nazionale in vigore, volta a evitare qualsiasi scossa elettrica. 3. L’isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione – ambiente d’allevamento – devono consentire di mantenere entro limiti non dannosi per i vitelli la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e le concentrazioni di gas. 4. Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute e il benessere dei vitelli deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non fosse possibile, occorre prendere misure adeguate per salvaguardare la salute e il benessere dei vitelli fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo in particolare a metodi alternativi disponibili di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfacenti. Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un opportuno sistema sostitutivo che permetta un ricambio d’aria sufficiente per preservare la salute e il benessere dei vitelli in caso di guasti all’impianto, nonché un sistema di allarme che segnali i guasti all’allevatore. Il sistema di allarme deve essere verificato regolarmente. 5. I vitelli non devono restare continuamente al buio. (Illumina114 zione). A tal fine, onde soddisfare le loro esigenze comportamentali e fisiologiche, è opportuno prevedere una illuminazione adeguata, naturale o artificiale, che, in questo ultimo caso, dovrà essere almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale normalmente disponibile tra le ore 9 e le ore 17. Dovrà inoltre essere disponibile un’illuminazione adeguata (fissa o mobile) di intensità sufficiente per consentire di controllare i vitelli in qualsiasi momento. 6. Sorveglianza – Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal proprietario e dalla persona responsabile almeno due volte al giorno e quelli allevati all’esterno almeno una volta al giorno. I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure e, qualora un vitello non reagisca al trattamento dell’allevatore, deve essere consultato al più presto un veterinario. Se necessario, i vitelli malati o feriti devono essere isolati in locali appropriati, con lettiera asciutta e confortevole. 7. I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire a ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi e accudire a se stesso senza difficoltà. 8. I vitelli non devono essere legati, a eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo massimo di un’ora al momento della somministrazione di latte e succedanei del latte. Se si utilizzano attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e devono essere regolarmente esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole agli animali. Ogni attacco deve essere concepito in modo tale da evitare il rischio di strangolamento o di ferimento e da consentire ai vitelli di muoversi secondo quanto disposto al punto 7. 9. Cura dei locali di stabulazione. La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi. Gli escrementi, l’urina e i foraggi che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento devono essere rimossi con la dovuta regolarità per ridurre al minimo gli odori e la presenza di mosche o roditori. 10. I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai vitelli e devono essere costruiti in modo da non causare lesioni o sofferenza ai vitelli in piedi o coricati. Essi devono essere adeguati alle dimensioni e al peso dei vitelli e devono costituire una superficie rigida, piana e stabile. La zona in cui si coricano i vitelli deve essere confortevole, pulita, adeguatamente prosciugata e non dannosa per i vitelli. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata. 11. Ai vitelli deve essere somministrata un’alimentazione adeguata 115 all’età e al peso e conforme alle loro esigenze comportamentali e fisiologiche, onde favorire buone condizioni di salute e di benessere. A tal fine, gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente a raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mm/litro: una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata a ogni vitello dopo la seconda settimana di vita e il quantitativo deve essere portato da 50 a 250 grammi al giorno per i vitelli di età compresa fra 8 e 20 settimane. Ai vitelli non deve essere messa la museruola. 12. Tutti i vitelli devono essere nutriti almeno due volte al giorno. Se sono stabulati in gruppo e non sono alimentati ad libitum (a piacere) o mediante un sistema automatico di alimentazione, ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo. 13. A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca adeguata in quantità sufficiente, oppure poter soddisfare il proprio fabbisogno in liquidi bevendo altre bevande. Tuttavia, i vitelli malati e sottoposti a condizioni atmosferiche di grande calore devono poter disporre di acqua fresca in ogni momento. 14. Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell’acqua destinati ai vitelli. 15. Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita. Condizioni per l’importazione dei vitelli Gli animali in importazione, provenienti da Paesi terzi, devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dalla competente autorità del Paese di provenienza in cui si attesti che i medesimi hanno ricevuto un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria, quale quello previsto dal decreto 126/11. ATTO C17 Protezione dei suini Decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 122 Attuazione della direttiva 2008/120/Ce che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini Ai sensi del presente decreto, s’intende per: a) suino: un animale della specie suina, di qualsiasi età, allevato per la riproduzione o l’ingrasso; 116 b) verro: un suino di sesso maschile che ha raggiunto la pubertà ed è destinato alla riproduzione; c) scrofetta: un suino di sesso femminile che ha raggiunto la pubertà, ma non ha ancora partorito; d) scrofa: un suino di sesso femminile che ha già partorito una prima volta; e) scrofa in allattamento: un suino di sesso femminile nel periodo tra la fase perinatale e lo svezzamento dei lattonzoli; f) scrofa asciutta e gravida: una scrofa nel periodo tra lo svezzamento e la fase perinatale; g) lattonzolo: un suino dalla nascita allo svezzamento; h) suinetto: un suino dallo svezzamento all’età di 10 settimane; i) suino all’ingrasso: un suino dall’età di 10 settimane alla macellazione o all’impiego come riproduttore; Definizione di azienda: qualsiasi luogo, anche all’aria aperta, in cui gli animali sono allevati o detenuti, anche temporaneamente. Requisiti minimi generali per le aziende che allevano animali appartenenti alla specie suina (dall’articolo 3, decreto 122/11). 1. Le superfici libere a disposizione di ciascun suinetto o suino all’ingrasso allevato in gruppo, escluse le scrofette dopo la fecondazione e le scrofe, devono corrispondere ad almeno: Peso vivo kg Fino a 10 Oltre 10 fino a 20 Oltre 20 fino a 30 Oltre 30 fino a 50 Oltre 50 fino a 85 Oltre 85 fino a 110 Oltre 110 Superficie mq 0,15 0,20 0,30 0,40 0,55 0,65 1,00 117 2. Le superfici libere totali a disposizione di ciascuna scrofetta dopo la fecondazione e di ciascuna scrofa qualora dette scrofette o scrofe siano allevate in gruppi, devono essere rispettivamente di almeno 1,64 mq e 2,25 mq; se i suini in questione sono allevati in gruppi di: ¾ meno di 6 animali, le superfici libere disponibili devono essere aumentate del 10%; ¾ 40 o più animali, le superfici libere disponibili possono essere ridotte del 10%. Le pavimentazioni devono essere conformi ai seguenti requisiti: per le scrofette e le scrofe gravide una parte della superficie libera sia pari ad almeno 0,95 mq per scrofetta e ad almeno 1,3 mq per scrofa. La pavimentazione deve essere costituita da pavimento pieno continuo riservato per non oltre il 15% alle aperture di scarico; qualora si utilizzino pavimenti fessurati in calcestruzzo per suini allevati in gruppo: Categoria animali lattonzoli suinetti suini all’ingrasso scrofette dopo la fecondazione e le scrofe Ampiezza in mm Massima Minima delle aperture dei travetti 11 50 14 18 80 20 3. Le scrofe e le scrofette devono essere allevate in gruppo nel periodo compreso tra 4 settimane dopo la fecondazione e una settimana prima della data prevista per il parto. I lati del recinto dove viene allevato il gruppo di scrofe o di scrofette devono avere una lunghezza superiore a 2,8 metri. Allorché sono allevati meno di 6 animali i lati del recinto dove viene allevato il gruppo devono avere una lunghezza superiore a 2,4 metri. 4. In deroga alle disposizioni di cui al comma 3, le scrofe e le scrofette allevate in aziende di meno di 10 scrofe possono essere allevate individualmente nel periodo indicato nel comma 3, a condizione che gli animali possano girarsi facilmente nel recinto. 5. Fatto salvo quanto previsto all’allegato I del decreto 122/11, le scrofe e le scrofette devono aver accesso permanente al materiale manipolabile di cui al punto 4) del citato allegato. 118 Le disposizioni illustrate a sinistra si applicano a tutte le aziende nuove o ricostruite o adibite a tale uso per la prima volta dopo il 1° gennaio 2003. A decorrere dal 1° gennaio 2013 dette disposizioni si applicano a tutte le aziende. È vietato costruire o convertire impianti in cui le scrofe e le scrofette siano tenute all’attacco, nonché il relativo utilizzo. 6. Le scrofe e le scrofette allevate in gruppo devono essere alimentate utilizzando un sistema idoneo a garantire che ciascun animale ottenga mangime a sufficienza senza essere aggredito, anche in situazione di competitività. 7. Per calmare la fame e tenuto conto del bisogno di masticare, le scrofe e le scrofette asciutte gravide devono ricevere mangime riempitivo o ricco di fibre in quantità sufficiente, così come alimenti ad alto tenore energetico. 8. Premesso che i suini devono essere allevati in gruppo, in deroga devono essere tenuti temporaneamente in recinto individuale se sono stati attaccati da altri suini o se sono malati o feriti. In tal caso, il recinto individuale deve permettere all’animale di girarsi facilmente salvo controindicazioni del veterinario (quanto disposto a riguardo del recinto individuale si applica a tutte le aziende nuove o ricostruite o adibite a tale uso per la prima volta dopo il 1° gennaio 2003. A decorrere dal 1° gennaio 2013 si applica a tutte le aziende). Condizioni relative all’allevamento (dall’articolo 4, decreto 122/11). 1. Le condizioni relative all’allevamento di suini devono essere conformi alle disposizioni generali stabilite nell’allegato I. Formazione del personale (dall’articolo 5, decreto 122/11). 1. Qualsiasi persona che assume o comunque impiega personale addetto ai suini deve garantire che gli addetti agli animali abbiano ricevuto istruzioni pratiche sulle disposizioni di cui all’articolo 3 e all’allegato I. Condizioni per l’importazione di suini (dall’articolo 7, decreto 122/11). 1. Per essere importati, gli animali provenienti da un Paese terzo devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dall’autorità competente di tale Paese, in cui si attesta che essi hanno beneficiato di un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria, sulla base del presente decreto. Dall’allegato I, decreto 122/11 In aggiunta alle disposizioni pertinenti di cui all’allegato del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146 (atto C18), relativo alla protezione degli animali negli allevamenti, si applicano i seguenti requisiti: ¾ AMBIENTE D’ALLEVAMENTO Nella parte del fabbricato dove sono stabulati i suini vanno evitati i rumori continui di intensità pari a 85 dBA, nonché i rumori costanti o improvvisi; 119 i suini devono essere tenuti alla luce di intensità di almeno 40 lux per un periodo minimo di 8 ore al giorno; i locali di stabulazione dei suini devono essere costruiti in modo da permettere agli animali di: a) avere accesso a una zona in cui coricarsi, confortevole dal punto di vista fisico e termico e adeguatamente prosciugata e pulita, che consenta a tutti gli animali di stare distesi contemporaneamente; b) riposare e alzarsi con movimenti normali; c) vedere altri suini; tuttavia, nella settimana precedente al momento del parto e nel corso del medesimo, scrofe e scrofette possono essere tenute fuori dalla vista degli animali della stessa specie; i pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai suini e progettati, costruiti e mantenuti in modo da non arrecare lesioni o sofferenze ai suini. Essi devono essere adeguati alle dimensioni e al peso dei suini e, se non è prevista una lettiera, costituire una superficie rigida, piana e stabile; ¾ ETOLOGIA DELL’ANIMALE I suini devono avere accesso permanente a una quantità sufficiente di materiali che consentano loro adeguate attività di esplorazione e manipolazione, quali ad esempio paglia, fieno, legno, segatura, composti di funghi, torba o un miscuglio di questi, salvo che il loro uso possa comprometterne la salute e il benessere; ¾ ALIMENTAZIONE E ABBEVERATA Tutti i suini devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Se i suini sono alimentati in gruppo e non ad libitum o mediante un sistema automatico di alimentazione individuale, ciascun suino deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri suini del gruppo; a partire dalla seconda settimana di età, ogni suino deve poter disporre in permanenza di acqua fresca sufficiente; ¾ MUTILAZIONI Sono vietate tutte le operazioni effettuate per scopi diversi da quelli terapeutici o diagnostici o per l’identificazione dei suini e che possono provocare un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo o un’alterazione della struttura ossea, ad eccezione: a) di una riduzione uniforme degli incisivi dei lattonzoli mediante levigatura o troncatura, entro i primi sette giorni di vita, che lasci una superficie liscia intatta; delle zanne dei verri che possono essere ridotte, se necessario, per evitare lesioni agli altri animali o per motivi di sicurezza; b) del mozzamento di una parte della coda; c) della castrazione di suini di sesso maschile con mezzi diversi dalla lacerazione dei tessuti; d) dell’apposizione di un anello al naso, che è ammessa soltanto quan120 do gli animali sono detenuti in allevamenti all’aperto e nel rispetto della normativa nazionale. Il mozzamento della coda e la riduzione degli incisivi dei lattonzoli non devono costituire operazioni di routine, ma devono essere praticati soltanto ove sia comprovata la presenza di ferite ai capezzoli delle scrofe o agli orecchi o alle code di altri suini. Prima di effettuare tali operazioni si devono adottare misure intese a evitare le morsicature delle code e altri comportamenti anormali, tenendo conto delle condizioni ambientali e della densità degli animali. È pertanto necessario modificare condizioni ambientali o sistemi di gestione inadeguati. Tutte le operazioni sopra descritte devono essere praticate da un veterinario, o da altra persona formata ai sensi dell’articolo 5, che disponga di esperienza nell’eseguire le tecniche applicate con mezzi idonei e in condizioni igieniche. Qualora la castrazione o il mozzamento della coda siano praticati dopo il settimo giorno di vita, devono essere effettuati unicamente da parte di un veterinario, sotto anestesia e con somministrazione prolungata di analgesici. Disposizioni specifiche per le varie categorie di suini ¾ VERRI – I recinti per i verri devono essere sistemati e costruiti in modo da permettere all’animale di girarsi e di avere il contatto uditivo, olfattivo e visivo con gli altri suini. Il verro adulto deve disporre di una superficie libera al suolo di almeno 6 mq. – Qualora i recinti siano utilizzati per l’accoppiamento, il verro adulto deve disporre di una superficie al suolo di 10 mq e il recinto deve essere libero da ostacoli. ¾ SCROFE E SCROFETTE – Vanno adottate misure per ridurre al minimo le aggressioni nei gruppi. – Le scrofe gravide e le scrofette devono, se necessario, essere sottoposte a trattamento contro i parassiti interni o esterni. Se sono sistemate negli stalli da parto, esse devono essere pulite. – Nella settimana precedente al parto, scrofe e scrofette devono disporre di una lettiera adeguata in quantità sufficiente, a meno che ciò non sia tecnicamente realizzabile per il sistema di eliminazione dei liquami utilizzato nell’allevamento. – Dietro alla scrofa o alla scrofetta deve essere prevista una zona libera che renda agevole il parto naturale o assistito. – Gli stalli da parto in cui le scrofe possono muoversi liberamente devono essere provvisti di strutture, quali ad esempio apposite sbarre, destinate a proteggere i lattonzoli. 121 ¾ LATTONZOLI – Una parte del pavimento, sufficientemente ampia per consentire agli animali di riposare insieme contemporaneamente, deve essere piena o ricoperta da un tappetino, da paglia o da altro materiale adeguato. – Nel caso si usi uno stallo da parto, i lattonzoli devono disporre di spazio sufficiente per poter essere allattati senza difficoltà. – Nessun lattonzolo deve essere staccato dalla scrofa prima che abbia raggiunto un’età di 28 giorni, a meno che la permanenza presso la madre influenzi negativamente il benessere o la salute del lattonzolo o di questa ultima. – I lattonzoli possono tuttavia essere svezzati fino a sette giorni prima di tale età qualora siano trasferiti in impianti specializzati. Tali impianti devono essere svuotati e accuratamente puliti e disinfettati prima dell’introduzione di un nuovo gruppo e devono essere separati dagli impianti in cui sono tenute le scrofe, in modo da ridurre al minimo i rischi di trasmissione di malattie ai piccoli. ¾ SUINETTI E SUINI ALL’INGRASSO – Quando i suini sono tenuti in gruppo occorre prendere misure per evitare lotte che vadano oltre il comportamento normale. – Essi dovrebbero essere tenuti in gruppi con il minimo di commistione possibile. Qualora si debbano mescolare suini che non si conoscono, occorre farlo il prima possibile, di preferenza prima dello svezzamento o entro una settimana da quest’ultimo. All’atto del mescolamento, i suini devono disporre di spazi adeguati per allontanarsi e nascondersi dagli altri. – Qualora si manifestino segni di lotta violenta, occorre immediatamente indagare le cause e adottare idonee misure, quali fornire agli animali abbondante paglia, se possibile, oppure altro materiale per esplorazione. Gli animali a rischio o particolarmente aggressivi vanno separati dal gruppo. – La somministrazione di tranquillanti per facilitare la commistione va limitata a condizioni eccezionali e dietro prescrizione di un veterinario. 122 ATTO C18 Protezione degli animali negli allevamenti Ambiti d’interesse Presenza in azienda di allevamenti zootecnici. Le aziende devono rispettare gli adempimenti e i divieti contenuti nel decreto legislativo n. 146/2001 e s.m.i., che stabilisce le misure minime da osservare negli allevamenti per la protezione degli animali. Gli adempimenti e i divieti previsti dal decreto legislativo n. 146/ 2001 non si applicano agli animali: a) che vivono in ambiente selvatico; b) destinati a partecipare a gare, esposizioni, manifestazioni, attività culturali o sportive; c) da sperimentazione o da laboratorio; d) invertebrati. Gli allevamenti, in generale, devono possedere caratteristiche strutturali (stalle, ricoveri, recinti ecc.) e impiantistiche coerenti con le necessità delle specie allevate e con la loro sicurezza. Gli animali, inoltre, devono essere accuditi da un numero sufficiente di addetti con adeguate capacità e competenze professionali. Impegni: ¾ gli animali devono essere ispezionati almeno una volta al giorno; ¾ deve essere disponibile l’illuminazione per il controllo anche notturno; ¾ gli animali malati vanno isolati e curati prontamente anche con l’aiuto di un veterinario; ¾ rispettare gli obblighi di registrazione dei trattamenti terapeutici (vedi atti sanità animale); ¾ garantire la libertà di movimento degli animali a seconda della specie allevata; ¾ i fabbricati e le strutture di stabulazione devono essere costruiti con materiali adeguati e secondo gli standard e le esigenze fisiologiche ed etologiche delle specie allevate; ¾ gli animali allevati, in assenza di fabbricati di stabulazione, devono comunque avere ripari dalle intemperie o dai predatori; ¾ gli impianti automatici per aerazione, alimentazione, abbeverata ecc., devono essere ispezionati almeno un volta al giorno; 123 ¾ l’alimentazione e l’acqua devono essere in quantità e frequenza adeguata alle esigenze nutrizionali degli animali senza che possa avvenire una qualsiasi forma di contaminazione; ¾ sono vietate le mutilazioni, con eccezione per alcune pratiche tradizionali sotto controllo veterinario. Le pratiche di allevamento devono garantire condizioni di benessere evitando tutte le sofferenze o lesioni. NB – Si possono avere maggiori informazioni consultando: ¾ Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146 “Attuazione della direttiva 98/58/Ce relativa alla protezione degli animali negli allevamenti”. (G.U. della Repubblica Italiana n. 95 del 24 aprile 2001) – modificato dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306 (G.U. della Repubblica Italiana n. 302 del 27 dicembre 2004); ¾ Circolare del ministero della Salute del 5 novembre 2001, n. 10 (G.U. della Repubblica Italiana n. 277 del 28 novembre 2001). 124 BUONE CONDIZIONI AGRONOMICHE E AMBIENTALI OBIETTIVO 1: EROSIONE DEL SUOLO Proteggere il suolo mediante misure idonee Norma 1: misure per la protezione del suolo Standard 1.1 – Gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali specifiche. Ambito d’applicazione: ¾ superfici a seminativo (impegni del punto a); ¾ tutte le superfici agricole (impegni dei punti b e c). Nei terreni in pendenza, in assenza di sistemazioni agrarie appropriate (ad esempio, terrazzamenti) lo scorrimento dell’acqua superficiale è veloce e trascina con sé particelle di terreno non coperto da vegetazione, erodendolo. Le lavorazioni facilitano ulteriormente questo fenomeno. Impegni: a) nelle superfici in pendenza che manifestano fenomeni erosivi, deve essere prevista la realizzazione di solchi acquai temporanei, ad andamento livellare o comunque trasversale alla massima pendenza. I solchi devono essere realizzati in funzione delle caratteristiche specifiche dell’appezzamento e devono avere una distanza tra loro non superiore a 80 metri. In tal modo si riduce la velocità di scorrimento dell’acqua sul suolo. Sono esenti dagli impegni le superfici stabilmente inerbite o impegnate con colture che permangono per l’intera annata agraria. Deroga: se la pendenza non consente la realizzazione dei solchi (pendenza con rischio di ribaltamento dei mezzi), è necessario eseguire ogni 60 metri delle fasce inerbite larghe almeno 5 metri, o altri conservativi equivalenti; b) divieto di effettuare livellamenti non autorizzati. Deroga: sono consentiti i livellamenti ordinari per la messa a coltura e per la sistemazione dei terreni a risaia; 125 c) garantire l’efficienza e la funzionalità nello sgrondo delle acque attraverso la manutenzione della rete idrica aziendale e della baulatura in tutte le superfici agricole (provvedere alla pulizia da vegetazione arbustiva o erbacea e alla rimozione periodica dei sedimenti depositati in alveo). Deroghe: ¾ in presenza di drenaggio sotterraneo; ¾ in caso di trasformazione fondiaria è concesso il ridisegno della rete scolante. Baulatura Sistemazione di un terreno per cui, arandolo, le zolle rimosse vengono ammassate sempre verso il centro, favorendo così lo scolo laterale delle acque. Standard 1.2 – Copertura minima del suolo. Ambito d’applicazione: ¾ superfici a seminativo ritirate dalla produzione (impegni del punto a); ¾ tutte le superfici agricole (impegni del punto b). Sono superfici ritirate dalla produzione quelle sulle quali non vengono praticate coltivazioni a fini produttivi. Tali superfici non devono essere adibite né a fini lucrativi, né per la produzione di alcuna coltura ad usi commerciali; fanno eccezione le aziende condotte interamente con metodo di produzione biologico e l’uso delle superfici ritirate dalla produzione allo scopo di ottenere materie prime (no food ). 126 Impegni: a) nelle superfici a seminativo non più utilizzate a fini produttivi, in presenza di fenomeni erosivi e in assenza di sistemazioni, assicurare una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l’anno. Deroghe: ¾ pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide; ¾ terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi; ¾ colture a perdere per la fauna, lettera c) articolo 1 del decreto ministeriale 7 marzo 2002; ¾ nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all’esecuzione di interventi di miglioramento fondiario; ¾ lavorazioni del terreno eseguite allo scopo di ottenere una produzione agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non prima del 15 luglio dell’annata agraria precedente all’entrata in produzione; b) terreni con presenza di rigagnoli (erosione) in assenza di sistemazioni, ovvero con presenza di fenomeni di soliflusso *: ¾ assicurare una copertura vegetale nell’intervallo compreso tra il 15 novembre e il 15 febbraio successivo; ¾ o, in alternativa, adottare tecniche per la protezione del suolo (come, ad esempio, la discissura o la ripuntatura in luogo dell’ordinaria aratura, lasciare i residui colturali ecc.). In ogni caso, per tutti i terreni di cui all’impegno b) vige il divieto di lavorazioni e di affinamento del terreno per 90 giorni consecutivi a partire dal 15 novembre. Deroga: nel caso di superfici oggetto di domanda di estirpazione del vigneto – ai sensi del regolamento (Ce) 1234/2007 – sono ammesse le lavorazioni funzionali all’intervento. * Soliflusso: scorrimento verso valle della coltre detritica di un pendio, per effetto della saturazione in acqua, con velocità che vanno da qualche millimetro a qualche metro ogni anno. Standard 1.3 – Mantenimento dei terrazzamenti. Ambito d’applicazione: tutte le superfici agricole con terrazzamenti. 127 I terrazzamenti rappresentano un elemento del paesaggio rurale di immenso valore, ma anche opere di grande importanza agronomica contribuiscono a preservare i suoli in pendenza dal degrado e dall’abbandono. Impegni: divieto di eliminazione dei terrazzamenti esistenti delimitati a valle da muretto a secco oppure da scarpata inerbita. Rispetto dei provvedimenti comunali in materia urbanistica, che prevedano la salvaguardia delle terrazze esistenti e l’autorizzazione degli interventi di livellamento dei terreni. Rispetto dei provvedimenti adottati localmente dalla Regione o dai Piani di gestione delle aree Zps e Sic (vedi scheda 1 atti A1 e A5). Deroga: è consentito il rimodellamento dei terrazzamenti per renderli economicamente convenienti all’uso della meccanizzazione. OBIETTIVO 2: SOSTANZA ORGANICA DEL SUOLO Mantenere i livelli di sostanza organica del suolo mediante opportune pratiche Norma 2: misure per il mantenimento dei livelli di sostanza organica nel suolo Standard 2.1 – Gestione delle stoppie e dei residui colturali. Ambito d’applicazione: superfici a seminativo. Bruciare i residui colturali (stoppie, paglia ecc.) comporta una perdita significativa di sostanza organica che, con il tempo, porta a un progressivo impoverimento dei suoli agrari. Inoltre, i fuochi sono un pericolo oggettivo per la fauna selvatica e per l’ambiente e rappresentano un elevato fattore di rischio per la propagazione di incendi. Impegni: ¾ è vietato effettuare la bruciatura delle stoppie, delle paglie e dei residui colturali lasciati in campo dopo la raccolta, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati; 128 ¾ non accendere fuochi a una distanza inferiore a 50 metri da terreni boscati o cespugliati. Deroghe: ¾ la bruciatura è ammessa nelle superfici a risaia in applicazione del regolamento approvato dal Consiglio provinciale di Vercelli con deliberazione n. 347 del 15 settembre 1998, il quale prevede che la combustione delle stoppie e dei residui vegetali in genere sia consentita alle seguenti condizioni: – si può effettuare dal 1° marzo al 15 dicembre; – deve essere effettuata a una distanza superiore a metri 100 dal limite delle carreggiate delle strade provinciali e, comunque, di pubblico transito, nonché dalle case, dai boschi, dalle piantagioni, dalle siepi, dai mucchi di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile; – deve essere effettuata in un luogo preventivamente circoscritto e isolato con mezzi efficaci ad arrestare il fuoco; – per ciascuna azienda di superficie fino a 100 ettari, può riguardare giornalmente una superficie non superiore ai 5 ettari; – per ciascuna azienda di superficie superiore a 100 ettari, non può superare un ventesimo della superficie aziendale totale; – è consentita esclusivamente nelle ore diurne, in assenza di vento e di nebbia; – deve esaurirsi inderogabilmente entro e non oltre le ore 17, o le ore 18 nel periodo dell’ora legale; ¾ la bruciatura è ammessa nei casi di emergenza di carattere fitopatologico su autorizzazione dei Servizi fitosanitari della Regione. In caso di applicazione della deroga per i casi di carattere fitosanitario devono essere ripristinati i livelli di sostanza organica tramite le tecniche di sovescio, letamazione o altri fertilizzanti organici; ¾ detti provvedimenti di deroga non sono applicabili all’interno dei siti di importanza comunitaria, delle zone speciali di conservazione e delle zone di protezione speciali, individuati ai sensi delle direttive 92/43/Cee e 79/409/Cee Rete Natura 2000, atti A1 e A5; ¾ applicando le deroghe suddette l’azienda deve rispettare le norme vigenti per la prevenzione degli incendi e gli eventuali regolamenti locali in materia. Standard 2.2 – Avvicendamento delle colture. Ambito d’applicazione: superfici a seminativo coltivate a cereali. 129 L’avvicendamento colturale favorisce il mantenimento della sostanza organica e salvaguarda la struttura del suolo, quindi è vietata la monosuccessione di cereali per un periodo superiore ai cinque anni. Impegni: avvicendare le colture di cereali. Le colture intercalari in secondo raccolto non interrompono la monosuccessione. Per monosuccessione di cereali s’intende la coltivazione dello stesso cereale, sul medesimo appezzamento, per due o più anni consecutivi. I cereali interessati a questa norma sono frumento tenero e duro, triticale, spelta, segale, orzo, avena, miglio, scagliola, farro, mais e sorgo. La successione dei cereali (detti da paglia) quali frumento tenero e duro, triticale, spelta, segale, orzo, avena, miglio, scagliola, farro, è considerata come monosuccessione dello stesso cereale. Il computo degli anni di monosuccessione decorre a partire dall’anno 2008. Deroghe: ¾ monosuccessione di riso; ¾ è possibile prolungare la monosuccessione oltre il quinquennio dimostrando di mantenere il livello di sostanza organica mediante analisi del terreno da eseguirsi, in conformità alle metodiche ufficiali (Walkly Black, Springer Klee, analizzatore elementare), durante il primo quinquennio di monosuccessione e dopo il raccolto del cereale in ogni anno del “periodo in deroga” (si intende ogni anno successivo al termine del quinquennio in cui è consentita la monosuccessione). Modalità analisi terreno: un’analisi del terreno per ogni coltura in monosuccessione; scegliere un appezzamento rappresentativo dei suoli interessati dalla monosuccessione; il prelievo deve essere conforme alle indicazioni contenute nelle norme tecniche per l’azione 214.1, reperibili al seguente indirizzo internet: http://www.sistemapiemonte.it/agricoltura/agrichim/mod_camp.pdf; i referti analitici devono comprendere gli estremi catastali del terreno oggetto di prelievo, o essere corredati da una dichiarazione integrativa del titolare dell’azienda contenente tale informazione. Se in un anno del periodo di deroga l’analisi evidenzia una diminuzione del livello di sostanza organica, sulle superfici interessate dalla monosuccessione deve essere effettuato almeno uno dei seguenti interventi di ripristino: – letamazione; – apporto di liquame; – apporto di digestato da impianti di digestione anaerobica per la produzione di biogas; 130 – apporto di ammendante compostato; – restituzione al terreno delle stoppie e delle paglie (asporto della sola granella); – sovescio. Le analisi del terreno non sono richieste se si effettua in via preventiva in ogni anno del periodo di deroga almeno uno degli interventi sopra citati sui terreni interessati dalla monosuccessione. In questo caso l’utilizzo agronomico dei fertilizzanti azotati organici deve rientrare in un sistema di tracciabilità riconosciuto dall’amministrazione regionale; ¾ nelle zone montane, in cui le coltivazioni a semina primaverile sono assai scarsamente coltivate o assenti, è ammessa la monosucessione di cereali vernini. OBIETTIVO 3: STRUTTURA DEL SUOLO Mantenere la struttura del suolo mediante misure adeguate Norma 3: misure per la protezione della struttura del suolo Standard 3.1 – Uso adeguato delle macchine. Ambito d’applicazione: qualsiasi superficie agricola. Il peso dei mezzi meccanici che transitano sulle superfici del terreno esercita un’azione di compattazione del suolo. L’effetto della compattazione è tanto più grave quanto più alta è la pressione esercitata dagli stessi mezzi e quanto più frequente è l’intervento. È molto importante adeguare la meccanizzazione per diminuire il calpestamento attraverso la scelta di pneumatici adeguati, la riduzione del numero e dell’intensità delle lavorazioni e del transito delle macchine. Impegni: esecuzione delle lavorazioni del terreno in condizioni di umidità appropriate (stato di tempera) e con modalità d’uso delle macchine tale da evitare il deterioramento della struttura del suolo. Deroga: sono consentiti i livellamenti ordinari per la preparazione dei letti di semina e la sistemazione dei terreni a risaia. 131 OBIETTIVO 4: LIVELLO MINIMO DI MANTENIMENTO Assicurare un livello minimo di mantenimento dei terreni ed evitare il deterioramento degli habitat Norma 4: misure per il mantenimento dei terreni e degli habitat Standard 4.1 – Protezione del pascolo permanente. Ambito d’applicazione: superfici a pascolo permanente. Sono pascoli permanenti i terreni utilizzati per la coltivazione di erba o di altre erbacee da foraggio, coltivate (seminate) o naturali (spontanee), e non compresi nell’avvicendamento delle colture dell’azienda per cinque anni o più. Impegni: a) non ridurre la superficie a pascolo permanente; b) non convertire i pascoli permanenti all’interno della zone Natura 2000 – Zps, Sic e Zsc – (atti A1 e A5), salvo diversa prescrizione della competente autorità di gestione; c) non effettuare lavorazioni del terreno (eccetto quelle di rinnovo/infittimento del cotico e gestione dello sgrondo delle acque superficiali). Deroghe: in ordine ai precedenti impegni di cui alle lettere a) e c), sono ammesse deroghe nel caso in cui il regolamento (Ce) n. 1122/09 e specifiche disposizioni comunitarie e nazionali prevedano interventi agronomici e/o adempimenti diversi da quelli del presente standard. Standard 4.2 – Evitare la propagazione di vegetazione indesiderata sui terreni agricoli. Ambito d’applicazione: tutte le superfici a esclusione degli oliveti, dei vigneti e del pascolo permanente. Per: – evitare l’abbandono progressivo delle superfici agricole; – prevenire la formazione di potenziali inneschi di incendi, in particolare nelle condizioni di siccità; – evitare la diffusione delle infestanti; – tutelare la fauna selvatica. 132 Le superfici interessate devono essere soggette all’attuazione di pratiche agronomiche consistenti in operazioni di sfalcio o altre operazioni equivalenti, e relativi periodi di divieto. Impegni: attuazione dello sfalcio o altre operazioni equivalenti (trinciatura) almeno una volta all’anno, non oltre il 10 ottobre, rispettando i periodi di divieto: – in zone Natura 2000 – Zps e Sic – dal 15 febbraio al 15 luglio di ogni anno (vedi atti A1 e A5); – altre zone, dal 15 marzo al 15 luglio di ogni anno. È comunque obbligatorio eseguire sfalci e/o lavorazioni del terreno per la realizzazione di fasce antincendio conformemente a quanto previsto dalle normative in vigore. Deroghe: ¾ sono escluse le superfici ordinariamente coltivate; ¾ solo in altre zone (non Sic o Zps, salvo diversa indicazione dell’Autorità di gestione) le operazioni di sfalcio o equivalenti possono essere eseguite nei periodi di divieto per evitare la fioritura e quindi la disseminazione dei semi infestanti. Standard 4.3 – Mantenimento degli oliveti e dei vigneti in buone condizioni vegetative. Ambito d’applicazione: superfici a olivo e vigneti. Gli alberi di olivo e di vite, per mantenere funzionalità ed equilibrio vegetativo, necessitano di adeguate cure colturali. Tra queste, l’attuazione di tecniche colturali, quali la potatura e la pulizia da vegetazione spontanea competitiva, sono ritenute indispensabili per il loro mantenimento in buone condizioni vegetative. Impegni: attuare tecniche colturali rivolte alla pianta allo scopo di mantenere un equilibrato sviluppo vegetativo dell’impianto, nonché evitare la propagazione di erbe infestanti e il rischio di incendi. Oliveti: ¾ potare gli olivi almeno un volta ogni cinque anni; ¾ eliminare i rovi e altra vegetazione pluriennale infestante almeno ogni tre anni; ¾ la spollonatura deve essere eseguita almeno una volta ogni tre anni. 133 Vigneti: ¾ eseguire la potatura invernale entro il 30 maggio di ogni anno; ¾ eliminare i rovi e altra vegetazione pluriennale infestante almeno ogni tre anni. Deroghe: x motivi di carattere fitosanitario; x nei parchi nazionali o regionali o in zone Sic e Zps ove esistono disposizioni specifiche. Standard 4.4 – Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio. Ambito d’applicazione: tutte le superfici agricole. Il mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio ha lo scopo di evitare il deterioramento degli habitat e del territorio nel suo complesso. Assicurare un livello minimo di mantenimento dei terreni ed evitare il deterioramento degli habitat tramite il mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio, vuol dire rispettare quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché la non eliminazione di muretti a secco, siepi, stagni, alberi isolati o in gruppo o in filari. Definizioni: ¾ ai fini dell’individuazione dell’elemento caratteristico del paesaggio per il suo mantenimento, è stabilita una lunghezza lineare minima di 25 metri; ¾ per filare si intende un andamento lineare e/o sinuoso caratterizzato dalla ripetizione di elementi arborei in successione o alternati. Impegni: ¾ rispetto dei provvedimenti nazionali e regionali di tutela degli elementi caratteristici del paesaggio. Strumenti urbanistici comunali che prevedono norme sulla conservazione del paesaggio: assetto fondiario, sistemazioni idrauliche agrarie, strade rurali, manufatti, costruzioni rurali ecc.; ¾ conservazione di muretti a secco, siepi, stagni, alberi isolati, in gruppo o in filari; ¾ tutela degli alberi storici ovvero quelli che per età e dimensione 134 possono essere considerati rari esempi di maestosità o longevità o quelli che hanno un riferimento a eventi o memoria storica (divieto di danneggiamento o abbattimento in assenza di autorizzazione). Deroghe: ¾ presenza di motivazioni di ordine fitosanitario riconosciute dalle autorità competenti; ¾ formazioni arboree o arbustive senza carattere di tipicità; ¾ interventi di ordinaria manutenzione delle formazioni arboreo/arbustive, comprendenti anche il taglio a raso di ceppaie e il taglio dei ricacci delle capitozze; ¾ eliminazione di soggetti arborei o arbustivi appartenenti a specie invadenti, pollonanti o non autoctone (ad esempio, ailanto, robinia pseudoacacia ecc.) o eliminazione di soggetti arbustivi lianosi (ad esempio, rovo). Standard 4.5 – Divieto estirpazione olivi. Ambito d’applicazione: tutte le superfici agricole con presenza di piante di olivo. Al fine di assicurare un livello minimo di mantenimento degli oliveti e delle singole piante di olivo, è disposto il divieto di estirpazione delle piante di olivo ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale del 27 luglio 1945, n. 475. Impegni: divieto di estirpazione delle piante di olivo senza la presenza di autorizzazione all’estirpo rilasciata dal prefetto della provincia. Deroga: in caso di reimpianto di olivi o per motivi di ordine fitosanitario accertati. L’abbattimento degli alberi di olivo per i quali sia accertata la morte fisiologica, ovvero la permanente improduttività dovuta a cause non rinnovabili, e di quelli che, per eccessiva fittezza dell’impianto, rechino danno all’oliveto, può essere autorizzato dal prefetto della provincia, a seguito di accertamento dell’esistenza delle condizioni stesse, compiuto dal servizio Ispettorato regionale per l’agricoltura, e su parere conforme del Comitato provinciale dell’agricoltura. Nella prassi, i produttori indirizzano le domande relative ad abbattimenti o estirpi di olivi, ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale n. 475/ 1945 al Comitato per la tutela dell’olivicoltura, presso le Camere di commercio, agricoltura, industria e artigianato, che, prima di rilasciare l’autorizzazione contenente le indicazioni d’intervento, chiede al servizio Ispetto- 135 rato regionale per l’agricoltura il parere di competenza. Il Corpo forestale dello Stato, nel caso di abbattimenti non autorizzati o di mancato rispetto dell’obbligo di reimpianto, ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale n. 475/1945, articolo 4, provvede all’applicazione dell’ammenda stabilita dalla normativa citata. Standard 4.6 – Densità di bestiame minime e/o regimi adeguati. Ambito d’applicazione: pascoli permanenti, prati-pascoli permanenti, prati permanenti. La giusta densità di animali al pascolo garantisce un livello minimo di mantenimento del terreno senza incorrere in forme di degrado del cotico erboso e quindi del suolo con fenomeni di erosione e compattazione. Impegni: in conformità all’articolo 22, comma 1, del decreto ministeriale n. 30125 del 22 dicembre 2009, e al fine di assicurare un livello minimo di mantenimento dei terreni e di evitare il deterioramento dell’habitat, il presente standard prevede il rispetto delle seguenti prescrizioni. Per i pascoli permanenti – intesi come superfici utilizzate soltanto mediante pascolamento – è richiesto il rispetto di un’adeguata densità di bestiame da pascolo per ettaro di superficie pascolata; ¾ il carico massimo non può essere superiore a 4 Uba/ha all’anno (nel caso di periodi di pascolamento inferiori all’anno, il numero di Uba per unità di superficie viene quindi proporzionalmente aumentato); ¾ il carico minimo non può essere inferiore a 0,2 Uba/ha all’anno. Per i prati-pascoli permanenti è richiesto il rispetto dei parametri di carico di bestiame sopra indicati o, in alternativa, l’effettuazione di almeno uno sfalcio all’anno. Per i prati permanenti è richiesta l’effettuazione di almeno uno sfalcio all’anno. Deroghe: nel caso di interventi agronomici e/o impegni diversi da quelli del presente standard, ove previsti dal regolamento (Ce) n. 1122/09. 136 OBIETTIVO 5: PROTEZIONE E GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE Proteggere le acque dall’inquinamento e dal ruscellamento e gestire l’utilizzo delle riserve idriche Norma 5: misure per la protezione e la gestione delle acque Standard 5.1 – Rispetto delle procedure di autorizzazione quando l’utilizzo delle acque a fini di irrigazione è soggetto ad autorizzazione. Ambito d’applicazione: tutte le superfici agricole. Al fine di assicurare un minimo livello di protezione delle acque, è previsto il rispetto delle procedure di autorizzazione (concessione, licenza di attingimento ecc.) quando l’utilizzo delle acque ai fini di irrigazione è soggetto ad autorizzazione a titolo gratuito od oneroso, ai sensi della norma vigente. Impegni: rispetto della procedura di autorizzazione quando l’utilizzo delle acque a fini di irrigazione è soggetto ad autorizzazione. Lo standard è rispettato con la presenza di autorizzazione o documentazione attestante l’iter procedurale per il rilascio dell’autorizzazione. Standard 5.2 – Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua. Lo standard entra in applicazione dal 1° gennaio 2012. Le regole si applicano a qualsiasi superficie agricola dell’azienda beneficiaria dei pagamenti diretti o dei pagamenti nell’ambito dei programmi di sostegno per la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti o dei pagamenti agro-ambientali ad esclusione degli oliveti, nonché del pascolo permanente. Obiettivi: al fine di proteggere le acque superficiali e sotterranee dall’inquinamento derivante dalle attività agricole nei terreni soggetti, si deve mantenere o costituire una fascia tampone lungo i corpi idrici superficiali di torrenti, fiumi e canali. Sono esclusi dall’applicazione: ¾ scoline e fossi collettori situati lungo i campi coltivati per la raccolta dell’acqua in eccesso e altre strutture idrauliche artificiali de137 stinate a raccogliere e convogliare temporaneamente le acque meteoriche; ¾ adduttori di acqua per l’irrigazione, le cui acque sono destinate soltanto ai campi coltivati; ¾ pensili (corpi idrici in cui la quota del fondo risulta superiore rispetto al campo coltivato); ¾ corpi idrici provvisti di argini rialzati rispetto al campo coltivato, che determinano una barriera tra il campo e l’acqua. I fiumi, i torrenti e i canali cui si applica lo standard sono esclusivamente quelli indicati negli elaborati del Piano di gestione dell’Autorità di bacino. “FASCIA TAMPONE” è una fascia ¾ stabilmente inerbita, spontaneamente o seminata; ¾ oppure arbustiva o arborea, spontanea o impiantata. La larghezza minima è differenziata in funzione dello stato attuale del corpo idrico, risultante dal monitoraggio: ¾ almeno 5 metri di larghezza per corpi idrici superficiali il cui stato attuale è classificato come “cattivo” o “scarso”; ¾ almeno 3 metri di larghezza per corpi idrici superficiali il cui stato attuale è classificato come “sufficiente” o “buono”. La fascia tampone può non essere presente per corpi idrici superficiali il cui stato attuale è classificato come “elevato”. In mancanza della classificazione, è comunque richiesta l’introduzione della fascia tampone di 5 metri. La larghezza della fascia tampone si misura a partire dal ciglio di sponda del corso d’acqua e al netto della superficie eventualmente occupata da strade che non siano anche solo parzialmente – inerbite. 138 Si fa presente che: ¾ “ciglio di sponda” è il punto della sponda dell’alveo inciso o alveo attivo a quota più elevata; ¾ “alveo inciso” è la porzione della regione fluviale associata a un corso d’acqua, compresa tra le sponde dello stesso, sede normalmente del deflusso di portate inferiori alle piene esondanti; ¾ “sponda” è l’alveo di scorrimento non sommerso; ¾ “argini” sono i rilevati di diverse tipologie costruttive, generalmente in terra, che servono a contenere le acque onde impedire che dilaghino nei terreni circostanti più bassi. Impegni da rispettare nella fascia tampone: ¾ entro la larghezza minima richiesta per la fascia tampone è vietato effettuare lavorazioni del terreno, escluse quelle propedeutiche alla capacità filtrante della fascia esistente; ¾ è vietato applicare fertilizzanti inorganici entro 5 metri dai corsi d’acqua. Tale impegno si intende rispettato con limite di 3 metri, in presenza di stato attuale del corpo idrico superficiale interessato “buono” o “elevato” e con frutteti e vigneti inerbiti di produzione integrata o biologica. Nel solo caso di fertirrigazione, l’impegno si considera rispettato se si verificano le due condizioni; ¾ l’utilizzo dei letami e dei materiali ad esso assimilati, nonché dei concimi azotati e degli ammendanti organici, è soggetto a quanto stabilito dall’articolo 22 del Decreto ministeriale 7 aprile 2006 (atto A4) . Il loro utilizzo agronomico è vietato almeno entro: 5 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali individuati dalle Regioni come non significativi; 10 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali significativi; 25 metri di distanza dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonché dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971; ¾ l’uso dei liquami è soggetto a quanto stabilito dall’articolo 23 del decreto ministeriale 7 aprile 2006 (atto A4) L’utilizzo di liquami e dei materiali ad essi assimilati, nonché dei fanghi derivanti da trattamenti di depurazione è vietato almeno entro: 10 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali; 30 metri di distanza dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonché dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971. 139 L’eventuale irregolarità riscontrata nel corso di controlli su questa disposizione non viene sommata a quella relativa all’atto A4 della condizionalità riguardante le zone vulnerabili da nitrati. Sono esclusi dall’obbligo di estirpazione gli impianti arborei produttivi compresi nella fascia tampone esistenti alla data di entrata in vigore del decreto. Sono ammessi l’impianto e il re-impianto purché vengano rispettati gli obblighi inerenti la fascia tampone, fatto salvo il rispetto della normativa vigente in materia di opere idrauliche e regime delle acque e delle relative autorizzazioni. Si può DEROGARE dall’obbligo nei seguenti casi: ¾ ¾ ¾ ¾ terreni coltivati a risaia; particelle agricole ricadenti in “aree montane”; terreni stabilmente inerbiti per l’intero anno solare; colture autunno-vernine seminate prima del 1/1/2012. Per assicurare la necessaria informazione a livello di singola azienda agricola e l’effettiva controllabilità del requisito, la classificazione e la cartografia dei corsi d’acqua, è disponibile sul sito della Regione Piemonte – Agricoltura – nella sezione del sito internet dedicata alla condizionalità: http://www.regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/misure/condizionalita.htm uno strumento cartografico (web gis) atto a visualizzare i corpi idrici soggetti allo standard e il loro “stato attuale”. Una carta riepilogativa regionale è a pag. 141. 140 141 BIBLIOGRAFIA – Regione Piemonte - Deliberazione della giunta regionale 19 marzo 2012, n. 88-3598. Applicazione del regime di condizionalità in attuazione del decreto ministeriale n. 30125 del 22 dicembre 2009, modificato dal decreto ministeriale n. 10346 del 13 maggio 2011 e dal decreto ministeriale n. 27417 del 22 dicembre 2011. Revoca del decreto della giunta regionale n. 24-2640 del 26 settembre 2011. ALLEGATO 1 - CRITERI DI GESTIONE OBBLIGATORI ALLEGATO 2 - CRITERI DI GESTIONE OBBLIGATORI: ATTO A4 ALLEGATO 3 - ELENCO DELLE NORME E DEGLI STANDARD PER IL MANTENIMENTO DEI TERRENI IN BUONE CONDIZIONI AGRONOMICHE E AMBIENTALI. – Regione Piemonte - Determinazione dirigenziale n. 296 del 5 aprile 2012, riguardante lo standard di condizionalità 5.2. – Decreto ministeriale 22 dicembre 2011. Modifica al decreto ministeriale n. 30125 del 22 dicembre 2009, recante “Disciplina del regime di condizionalità ai sensi del regolamento (Ce) n. 73/2009 e delle riduzioni ed esclusioni per inadempienze dei beneficiari dei pagamenti diretti e dei programmi di sviluppo rurale”, come modificato dal decreto ministeriale n. 10346 del 13 maggio 2011. – Bozza circolare di coordinamento Agea, Applicazione della normativa comunitaria e nazionale in materia di condizionalità, Anno 2012. – Testo Consolidato del decreto n. 30125 del 22 dicembre 2009, modificato dal decreto n. 10346 del 13 maggio 2011 e dal decreto n. 27417 del 22 dicembre 2011. Documento prodotto nell’ambito della Rete Rurale Nazionale. – Regione Veneto - Schede Condizionalità. 142 PSR 2007-2013 – MISURA 111.1 Sottoazione B – Informazione nel settore agricolo corso De Gasperi, 161 - Rivoli via Pio VII, 97 - primo piano - Torino RIVOLI corso Indipendenza, 50 - Rivarolo Canavese RIVAROLO TORINO - ZONA via Roma, 20 - Perosa Argentina Presso COMUNITÀ MONTANA piazza A. Chiesa, 2 - Gassino Torinese GASSINO via Bignone, 85/12 - Pinerolo palazzo Einaudi, lungo piazza d’Armi, 6 - Chivasso CHIVASSO PINEROLO via XX Settembre, 33 - Poirino POIRINO via Monte Stella, 2/e - Ivrea via XXV Aprile, 8 - Chieri CHIERI IVREA via Giovanni XXIII, 2 - Carmagnola CARMAGNOLA via Vittorio Veneto, 3/b - Ciriè via Col. Bettoia, 70 - Caluso CALUSO via Umberto I, 6 - Lanzo Torinese via Traforo, 12 - Bussoleno BUSSOLENO CIRIÈ via Pio VII, 97 - secondo piano - Torino TORINO - SEDE LANZO INDIRIZZO SPORTELLO 143 0124-428171 0124-425332 011-9566606 011-6177219 011-6177221 0123-28326 0125-641294 0125-49470 0121-303629 0121-303630 011-9214940 011-9101016 011-9172590 011-9607802 011-9453194 011-9425745 011-9470233 011-9721715 011-9831339 011-9891084 0122-647519 011-6177275 TELEFONO mattino 8:30 - 13:00 pomeriggio lunedì e giovedì 14:00 - 17:30 mattino 8:30 - 13:00 mattino 8:30 - 13:00 pomeriggio 14:00 - 16:00 pomeriggio lunedì e giovedì 13:30 - 16:30 mattino 8:30 - 12:30 pomeriggio martedì, mercoledì e giovedì 13:45 - 16:00 mattino 8:30 - 12:30 pomeriggio martedì, mercoledì e giovedì 13:30 - 16:00 mattino lunedì e giovedì 8:30 - 12:30 pomeriggio 13:45 - 17:15 mattino 8:30 - 12:30 pomeriggio lunedì, mercoledì e giovedì 14:00 - 16:00 mattino 8:30 - 12:30 mattino 8:30 - 12:30 pomeriggio lunedì e mercoledì 14:00 - 16:00 mattino martedì e giovedì 8:30 - 12:30 mattino 8:00 - 13:00 pomeriggio martedì 14:00 - 16:00 mattino 8:00 - 12:30 pomeriggio martedì 13:30 - 16:30, mercoledì e giovedì 13:30 - 16:00 mattino 8:00 - 13:00 ORARIO mattino 8:00 - 12:30 pomeriggio 13:30 - 17:30 mattino 8:30 - 12:30 pomeriggio lunedì e giovedì 13:00 - 17:00 ELENCO SPORTELLI INFORMATIVI IN PROVINCIA DI TORINO (tutti gli sportelli sono chiusi il venerdì pomeriggio e il sabato) Supplemento al n. 12 de Il Coltivatore Piemontese, 16-30 giugno 2012 Realizzato da Ufficio Stampa Coldiretti Torino. A cura di Patrizia Salerno, Filippo Tesio. In distribuzione gratuita presso le sedi di Coldiretti Torino. Videoimpaginazione e stampa: la fotocomposizione – Torino 144