Modulo 10 Le leve di marketing mix 2016

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Modulo 10 Le leve di marketing mix 2016
BIBLIOGRAFIA
P. Kotler, “Marketing Management”, ISEDI, 1991
B. Mason, H. Ezell, “Marketing”, Jackson, 1991
P. Kotler, A. Andreasen, “Marketing per le organizzazioni non profit”, Il Sole 24 Ore, 1998
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Le azioni che un’impresa può intraprendere per influenzare i potenziali clienti comportano l’utilizzo di
determinate leve di marketing.
Con la locuzione “marketing mix” intendiamo l’insieme delle leve di marketing tramite le quali
un’azienda supporta uno o più prodotti.
Le diverse leve di marketing si raggruppano solitamente in quattro categorie (le 4P di McCarthy):
• Prodotto
• Prezzo
• Promozione
• Distribuzione e canali di marketing (Place)
Si possono elencare alcune regole per un marketing mix efficace:
• Orientamento alle esigenze dei clienti
• Orientamento al vantaggio competitivo
• Coerenza interna tra le diverse componenti (ad esempio, se la pubblicità di un prodotto
lancia messaggi di esclusività e prestigio, le caratteristiche del prodotto, la scelta del prezzo
e delle modalità distributive dovrà essere coerente con tali messaggi)
• Coerenza con la strategia aziendale, in particolare con gli obiettivi di quota di mercato e di
posizionamento.
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Un prodotto è tutto ciò che può essere offerto ad un mercato in grado di soddisfare un desiderio o un
bisogno.
Pertanto, parlare di oggetti fisici è riduttivo, in quanto soddisfano la definizione di prodotto anche
servizi, persone, località, istituzioni ed idee.
Le decisioni di marketing che riguardano i prodotti di un’impresa sono particolarmente complesse, tra
queste:
• la combinazione di prodotti
• la gestione di una linea di prodotti
• la gestione dei singoli prodotti
• la gestione dei prodotti-servizi
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Per sviluppare azioni di marketing efficaci può essere utile classificare i prodotti ed individuare, per
ogni classe, le strategie di marketing più efficaci.
Tra le molte classificazioni possibili – ognuna più o meno significativa in relazione allo scopo per la
quale è stata progettata – ne proponiamo una che si basa sulla tangibilità, sulla durata e sull’intensità
di consumo del prodotto.
Tale classificazione distingue tra:
• Beni di consumo
• Beni durevoli
• Servizi
Per ognuna delle tre classi individuate sono indicate alcune tra le variabili di marketing più
significative.
Ciascuna classe può essere ulteriormente scomposta; ad esempio, tra i beni di consumo si possono
individuare beni di convenienza (acquistati di frequente e per i quali il consumatore riduce al minimo
lo sforzo di comparazione) e beni ad acquisto saltuario e ponderato (es: vestiti).
Una tendenza sempre più diffusa delle politiche di prodotto è quella di passare dalla vendita di un
“prodotto tangibile” alla vendita di un “prodotto/servizio”. Secondo questo indirizzo, ogni business è
in realtà un service business.
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Il prodotto ha un significato diverso per chi lo realizza e per chi lo acquista; è pertanto fondamentale
progettare e produrre in modo da fornire prestazioni “adeguate” alle esigenze del cliente (che non
necessariamente sono le migliori dal punto di vista tecnico).
In quest’ottica la gestione del prodotto si specifica nella gestione delle prestazioni offerte al cliente.
Il cliente non acquista un prodotto, ma una soluzione ad uno specifico problema.
Ogni prodotto offerto al consumatore può essere considerato secondo quattro livelli.
• Il prodotto base è ciò che l’acquirente effettivamente acquista (es: un’automobile).
• Il prodotto atteso è costituito dalle specifiche caratteristiche del prodotto, dal suo aspetto
esteriore, dalla qualità, dalle prestazioni, dalla marca, dalla confezione (es: un’automobile con
determinate caratteristiche di velocità, sicurezza, silenziosità,…).
• Il prodotto ampliato è costituito dal prodotto atteso più i vari servizi associati, quali la garanzia, la
manutenzione, l’installazione e la consegna gratuita.
• Occorre inoltre tenere in considerazione che un prodotto potrebbe soddisfare bisogni di cui il
cliente non ha ancora consapevolezza (prodotto auto + servizio di parcheggio nelle principali città
italiane).
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L’assortimento dei prodotti di un’impresa è l’insieme dei prodotti che essa offre in vendita.
L’assortimento è caratterizzato da quattro variabili:
• Ampiezza: numero delle differenti linee di prodotto
• Lunghezza: numero totale dei prodotti offerti
• Profondità: numero di varianti di ogni prodotto della linea
• Coerenza delle linee di prodotto in relazione alle caratteristiche d’uso, ai canali di
distribuzione, al mercato servito, ecc.
Queste variabili sono le principali leve che un’impresa può utilizzare per impostare la propria strategia
di prodotto.
Una linea di prodotto è un gruppo di prodotti strettamente collegati e simili riguardo a funzioni, classe
di prezzo, clienti e canali commerciali. L’assortimento di prodotti è in genere costituito da diverse
linee, per ognuna delle quali esiste – di solito – un responsabile nell’organizzazione.
Alcune decisioni notevoli sulle linee di prodotto sono:
• L’allungamento verso il basso (fasce inferiori di mercato) o verso l’alto (fasce superiori di
mercato). Questa decisione deve pesare il rischio di cannibalizzazione dei vecchi prodotti
dell’impresa da parte dei nuovi.
• Rilancio della linea: modernizzazione e innovazione dei prodotti della linea.
• Semplificazione della linea, ovvero la rimozione dei “rami secchi”, i prodotti che deprimono
i profitti.
• Lancio di una nuova linea. La decisione viene presa quando non è possibile occupare nuovi
mercati con gli attuali prodotti/marchi dell’impresa.
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Nella slide sono riportate le principali decisioni riguardanti i prodotti commercializzati dal Gruppo FIAT
– marchio FIAT Auto – nel continente Europeo ed in quello americano.
In questa e nella slide successiva è possibile riconoscere le variabili dell’assortimento dei prodotti:
Ampiezza dell’assortimento: è la prima colonna, quella che contraddistingue i segmenti in cui è
suddiviso il mercato dell’auto (indipendentemente da FIAT);
Lunghezza dell’assortimento: è la seconda colonna, quella che riporta l’elenco completo dei prodotti
commercializzati dal marchio FIAT Auto;
Profondità: non è indicata esplicitamente nella slide, ma rappresenterebbe il numero di versioni per
ogni modello dell’assortimento. E’ il numero delle varianti disponibili per quanto riguarda, ad
esempio:
• Alimentazione
• Motorizzazione
• Colore
• Interni
• Optional disponibili
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Per quanto riguarda le decisioni relative alle linee di prodotto, il caso del Gruppo FIAT è molto
significativo in quanto consente una lettura complessiva delle scelte operate in un contesto multibrand. Un esempio sono la FIAT Idea, MPV (Multi Purposes Vehicle) Compatto e la Lancia Musa:
appartenenti allo stesso segmento, ma commercializzati con marchi diversi.
Un esempio di allungamento verso il basso di una linea di prodotti è stata l’introduzione della Punto
EVO a fianco della Punto e della Grande Punto: nel 2010 questi 3 modelli erano commercializzati
contemporaneamente. Questo ha consentito a FIAT di rafforzare la propria posizione all’interno del
segmento delle Piccole, anche se questa scelta ha causato una certa «cannibalizzazione» di clienti da
un modello all’altro.
Il piano industriale di FIAT è orientato a diversificare in modo più netto i vari marchi, evitando al
massimo le sovrapposizioni di assortimento che si possono essere verificate fino ad oggi.
Ciò significa che difficilmente saranno attuati allungamenti verso l’alto o verso il basso delle linee di
prodotto, sia all’interno dello stesso marchio che fra i marchi del Gruppo (FIAT, Lancia, Chrysler e Alfa
Romeo).
Sono invece previsti importanti e continui rilanci di modelli di prodotti già affermati che riscuotono
successo – nella slide il Doblò e il Qube, in quella precedente la 500 e, soprattutto, la Panda con
l’introduzione di un modello sostitutivo completamente nuovo e un rilancio dopo qualche anno; sono
altresì previsti lanci di nuovi prodotti che andranno a sostituire i rami secchi – semplificazione delle
linee.
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“I prodotti sono oggetti, le marche sono relazioni”, L. Basset
Intendiamo con marca (brand) un nome e/o un simbolo che identificano i prodotti di un’impresa o di
un gruppo di imprese, differenziandoli da quelli dei concorrenti.
Una marca può aggiungere o togliere valore ai prodotti di un’impresa (brand equity), per questo
motivo la gestione delle marche è un aspetto integrante della strategia di prodotto.
Il valore di una marca dipende:
• dalla conoscenza di cui gode (brand awareness)
• dalla sua potenza evocativa (brand association)
• dai comportamenti d’acquisto che è in grado di influenzare (es: fedeltà all’acquisto)
La slide propone le principali decisioni che un’impresa si trova ad affrontare nella gestione delle
proprie marche.
Ad esempio, nelle scelte di estensione della marca l’impresa valuta se utilizzare una marca di successo
per prodotti modificati o totalmente nuovi. A fronte di un vantaggio nelle spese di pubblicità e
promozione, l’azienda sostiene il rischio di un danno agli altri prodotti se i nuovi non sono coerenti
con la marca.
Un’impresa che utilizza una strategia global brand/company brand (una sola marca per tutti i prodotti
e per tutti i mercati geografici) può essere rischiosa; ad esempio, un difetto su un prodotto può
danneggiare l’immagine di tutti i prodotti della marca.
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La determinazione del prezzo di un prodotto è tanto più semplice quanto più chiari sono gli obiettivi
che l’impresa intende perseguire.
I principali obiettivi dell’impresa sono:
• la sopravvivenza
• la massimizzazione dei profitti correnti; in questo caso l’impresa dà maggiore importanza ai risultati
finanziari a breve termine piuttosto che a quelli a lungo termine
• la leadership della quota di mercato; le aziende che perseguono questo obiettivo e che operano in
un mercato in cui la domanda è elastica rispetto al prezzo saranno portate a fissare il prezzo più
basso possibile
• la leadership della qualità del prodotto; l’impresa vende prodotti a prezzi più alti rispetto a quelli
dei concorrenti per coprire l’alto livello di servizio e le spese di R&D
La slide mostra come – per una certa azienda e relativamente ad un certo prodotto – il prezzo che
massimizza la quota di mercato, il prezzo che massimizza i ricavi e il prezzo che massimizza i profitti
sono in genere diversi tra loro.
Oltre agli obiettivi strategici dell’impresa, gli altri fattori che influenzano la determinazione dei prezzo
sono:
• il costo del prodotto
• le strategie della concorrenza
• il valore del prodotto percepito dall’acquirente
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Il prezzo incide sui ricavi direttamente (ne è una componente) e indirettamente (attraverso il volume):
R = P x Q.
Per la maggior parte dei beni, il prezzo e la quantità domandata sono inversamente proporzionali:
maggiore è il prezzo e minore è la domanda e viceversa. Nel caso dei prodotti di lusso, invece, la
proporzionalità tra prezzo e quantità domandata – entro certi range di prezzo – può essere positiva; in
questi casi la maggior parte degli acquirenti percepisce il prezzo come un indicatore di qualità e di
status.
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo si definisce come il rapporto tra la percentuale di
variazione della quantità domandata nel periodo e la percentuale di variazione di prezzo.
Una domanda si dice anelastica se a fronte di una piccola variazione di prezzo la domanda rimane
quasi immutata, mentre si dice elastica se la variazione di domanda è notevole.
Principali determinanti dell’elasticità/dell’anelasticità della domanda:
• Numero di concorrenti o di prodotti sostitutivi
• Grado di consapevolezza, da parte degli acquirenti, dell’aumento di prezzo
• Propensione degli acquirenti a modificare le proprie abitudini di acquisto e ricercare prezzi
inferiori
• Misura in cui la variazione di prezzo è messa in relazione con variazioni qualitative del
prodotto
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I principali metodi utilizzati dalle imprese per determinare il prezzo di mercato sono:
1. Cost-plus pricing: il prezzo viene fissato stabilendo una percentuale di ricarico sul costo del
prodotto.
La percentuale di ricarico varia notevolmente tra categorie merceologiche e all’interno delle stesse
categorie. Il cost-plus pricing è un metodo molto semplice e per questo motivo piuttosto diffuso.
Il cost-plus price può essere pericoloso in quanto svincola completamente il prezzo di vendita dalla
domanda di mercato.
2. Analisi del break-even point: il prezzo stabilito è quello che permette all’impresa di ottenere il
profitto ricercato. Il metodo si avvale del grafico del break even point in cui sono rappresentati i
ricavi, i costi fissi e i costi variabili. L’inclinazione della curva dei ricavi indica il prezzo. Nel
diagramma del BEP non viene presa in considerazione l’elasticità della domanda rispetto al prezzo.
Una analisi break even completa tiene conto delle variazione delle curve in funzione del tempo e
dei mercati di riferimento.
BEP =
Costi fissi totali
Prezzo di vendita unitario – costi variabili per unità
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3. I metodi del valore percepito si adattano alle moderne strategie di posizionamento del prodotto;
molte imprese fissano il prezzo non in base ai costi o al prezzo della concorrenza, ma al valore
percepito dall’acquirente. In questo caso, le leve promozionali del marketing possono risultare
efficaci per aumentare, a parità di prodotto, la percezione di valore dei potenziali acquirenti.
Se tutte le aziende adottassero correttamente il metodo del valore percepito otterrebbero la
medesima quota di mercato, dato che offrirebbero lo stesso rapporto valore/prezzo.
4. Metodi basati sul riferimento ai concorrenti. Quando i costi del prodotto sono difficilmente
calcolabili oppure quando la risposta della concorrenza è incerta, la determinazione del prezzo
può avvenire considerando come riferimento principale i prezzi dei concorrenti.
Spesso le imprese minori “imitano” i prezzi delle aziende leader posizionandosi poco al di sotto o
poco al di sopra rispetto ad essi.
5. Offerte competitive in busta chiusa. Per vincere un appalto, un’impresa deve fissare un prezzo
minore rispetto alle aziende concorrenti che però le permetta di sopravvivere e prosperare. Il
prezzo scelto deriverà dalla massimizzazione del profitto atteso attribuendo ad ogni prezzo il
profitto e la probabilità di vincere la gara corrispondenti.
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Nei piani di marketing di un’impresa il prezzo può ricoprire diversi ruoli.
• La strategia attiva-alta viene impiegata per creare un’immagine di prestigio e di alta qualità presso i
potenziali acquirenti quando questi non hanno altri elementi, oltre al prezzo, per valutare la qualità
di un prodotto (es: profumi). Il prezzo, in questo caso, è un elemento fondamentale del piano di
marketing e degli sforzi promozionali.
• La strategia attiva-bassa comporta l’offerta sul mercato di prodotti di qualità accettabile a prezzi
bassi ed è particolarmente indicata per raggiungere i segmenti di clientela particolarmente attenti
al prezzo. L’azienda promuove aggressivamente i propri prezzi basando su di essi buona parte delle
proprie campagne promozionali.
• Con la strategia passiva-alta l’impresa fissa i prezzi dei propri prodotti ad un livello più alto rispetto
a quello della concorrenza e, per promuovere i propri prodotti, pone l’accento sulla qualità, sulle
prestazioni e sul servizio.
• La strategia passiva-bassa prevede che l’impresa che offre prodotti di qualità più bassa rispetto alla
concorrenza non manifesti e non utilizzi il prezzo nelle proprie strategie in modo tale da non
indurre i consumatori a confrontare il prezzo con la qualità.
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Il modello del ciclo di vita del prodotto è utile per capire le dinamiche di prezzo nel tempo.
Nella fase di introduzione, ad esempio, alcune imprese fissano il cosiddetto “prezzo di penetrazione”,
ovvero un prezzo basso per catturare una quota di mercato che sia la più vasta possibile.
Il “prezzo di penetrazione” risulta efficace se ricorrono le seguenti condizioni:
• Domanda elastica rispetto al prezzo
• Il prodotto non è facilmente differenziabile rispetto a quello dei concorrenti
• Il prodotto ha un ciclo di vita relativamente lungo
• L’impresa gode di vantaggi di costo rispetto ai concorrenti
• L’impresa può usufruire di economie di scala
• E’ facile per i concorrenti entrare nel mercato
Al contrario, altre aziende preferiscono fissare un “prezzo di scrematura”, ovvero un prezzo alto per
recuperare i costi in breve tempo. “Il prezzo di scrematura” risulta efficace quando:
• La domanda è anelastica rispetto al prezzo
• Il prodotto si differenzia notevolmente rispetto ai prodotti concorrenti
• Il mercato è segmentato rispetto al prezzo
• I costi di produzione e di marketing del prodotto non sono noti con precisione
• L’ingresso nel mercato non è facile
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La promozione è una delle quattro variabili del marketing-mix ed è il modo con cui l’azienda entra in
contatto con i potenziali acquirenti.
Può essere utile scomporre le azioni promozionali in quattro aree fondamentali:
1. La pubblicità: forma di presentazione e promozione impersonale di idee, beni o servizi da
parte di un promotore ben identificato, effettuata a titolo oneroso
2. La promozione delle vendite: varietà di strumenti volti ad ottenere una risposta del
mercato consistente e a breve termine
3. La propaganda: stimolo impersonale della domanda di un prodotto, di un settore o di una
attività attraverso la diffusione di informazioni rilevanti tramite mezzi di comunicazione,
senza onere diretto per il promotore
4. La vendita personale: presentazione diretta ad uno o più acquirenti potenziali finalizzata
alla vendita
La slide propone alcuni degli strumenti fondamentali della promozione.
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Il mix promozionale e la sua intensità sono influenzati da vari fattori:
• Il più importante riguarda la strategia adottata (push o pull). Quando un’impresa segue una
strategia push viene data più enfasi alla vendita personale, quando la strategia seguita è pull nel
marketing mix prevale nettamente la pubblicità per stimolare la domanda nel consumatore.
• Maggiore è la distanza in termini di numero di intermediari tra produttore e consumatore, più
importante è il ruolo della pubblicità. Le imprese che impiegano un canale diretto di distribuzione si
affidano in prevalenza alla vendita personale, mentre quelle che si affidano ad una lunga catena di
intermediari investono in grandi campagne pubblicitarie.
• Ammontare dei fondi disponibili: molte piccole imprese non possono sopportare l’onere di una
campagna pubblicitaria su giornali a diffusione nazionale o televisione, così come la
sponsorizzazione di eventi sportivi molto seguiti.
• Caratteristiche del prodotto/servizio. La pubblicità cresce di importanza nel mix quando i prodotti e
le marche sono facilmente differenziabili, la qualità del prodotto non è facilmente percepibile,
esistono motivazioni psicologiche all’acquisto, l’acquirente percepisce un basso rischio di acquisto, i
prodotti non sono durevoli e hanno prezzi bassi. Se il prodotto ha un alto valore unitario, un elevato
contenuto tecnico, è acquistato con bassa frequenza e richiede una dimostrazione, la vendita
personale può essere prevalente.
• Caratteristiche del mercato selezionato: mentre la pubblicità viene utilizzata soprattutto in mercati
vasti e in cui i consumatori sono dispersi nel territorio, la vendita personale si può rivelare
particolarmente utile quando il mercato è ristretto e concentrato e l’acquisto non è frequente.
• Stadio del prodotto nel suo ciclo di vita: vedi slide seguente.
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Gli sforzi promozionali di un’impresa variano durante il ciclo di vita del prodotto in termini di obiettivi,
enfasi e mix.
Vediamo, a titolo di esempio, come varia il ruolo della pubblicità nel marketing mix lungo il ciclo di
vita.
• Nella fase di introduzione l’obiettivo principale è quello di creare nel consumatore la
consapevolezza del nuovo prodotto oppure di nuove applicazioni di prodotti già esistenti.
• Nelle fasi di crescita e di maturità, in cui l’azienda è interessata ad aumentare la propria
penetrazione nel mercato oppure a massimizzare il fatturato, la pubblicità ha spesso l’obiettivo di
creare o rafforzare l’immagine di marca. E’ anche possibile incoraggiare esplicitamente il
cambiamento di una marca tramite la pubblicità comparativa.
• Nelle fase di maturità avanzata e di declino il prodotto è già conosciuto e l’azienda deve evitare che
le quote di mercato siano erose da nuovi prodotti di aziende concorrenti. In questi contesti, la
pubblicità ha spesso l’obiettivo primario di ricordare l’acquisto del prodotto, soprattutto per
prodotti a consumo stagionale (es.: panettoni).
Il compito della pubblicità, come osservato, è quello di informare e convincere, ma anche quello di
sedurre e persuadere.
L’obiettivo prioritario della pubblicità vendere oggi e costruire una marca per il futuro.
I tre vantaggi che la pubblicità deve offrire sono:
• razionali: ciò che il prodotto fa
• percettivi: aspetto, forma, odore, sensazioni al tatto, rumore
• emozionali: sensazioni o sentimenti che il prodotto evoca
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L’influenza sulla decisione di acquisto del consumatore è il risultato ultimo di tutti gli sforzi
promozionali, tuttavia tale decisione è lo stato finale di un lungo processo.
Tutti i modelli di risposta agli sforzi promozionali considerano tre stadi:
• Lo stadio conoscitivo, in cui la promozione cerca di ottenere una risposta cognitiva
• Lo stadio affettiva, in cui l’obiettivo è suscitare una risposta emozionale
• Lo stadio comportamentale, in cui viene stimolata l’azione all’acquisto
Tra questi, modello della gerarchia degli effetti considera sei passi per portare un soggetto ad uno
stato di alta propensione all’acquisto:
1. Consapevolezza. Uno dei presupposti fondamentali dell’atto d’acquisto è che l’acquirente sia
informato dell’esistenza del prodotto / del marchio
2. Nella fase di conoscenza i consumatori vengono informati selettivamente su determinate
caratteristiche del prodotto.
3. Un pubblico consapevole di un certo prodotto può essere influenzato sul suo gradimento tramite
opportune azioni promozionali (ad esempio, interviste a clienti soddisfatti del prodotto)
4. Alcuni consumatori possono gradire un prodotto ma preferirne altri; uno degli obiettivi della
promozione può essere la modifica di tali preferenze (es: pubblicità comparativa)
5. Un’azione di convinzione può essere impiegata quando i consumatori non avvertono l’esigenza o
l’utilità di un prodotto, anche se preferito rispetto ai prodotti concorrenti.
6. Alcune azioni quali offerte promozionali o sconti possono portare all’azione di acquisto potenziali
clienti che, pur essendo convinti, rimandano l’acquisto ad esempio al fine di acquisire informazioni
aggiuntive.
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La scelta del mezzo di comunicazione dipende:
• dagli obiettivi di marketing
• dalla composizione del marketing mix
• dal budget promozionale
• dalla copertura del mezzo
• dalla selettività del mezzo
• dalla frequenza e dall’esposizione dei messaggi garantite dal mezzo
• dall’impatto emotivo del mezzo.
La maggior parte delle imprese non ha risorse tali da permettere una presenza continua su tutti i
mezzi di comunicazione. Un indicatore che viene impiegato di frequente per guidare la scelta tra
mezzi di comunicazione dello stesso tipo è il costo per soggetto raggiunto.
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La promozione delle vendite si può avvalere sostanzialmente di tre strumenti che hanno l’obiettivo di
aumentare le vendite di un prodotto nel breve termine all’interno di una definita strategia di
marketing:
• la promozione verso la forza vendita
• la promozione verso i rivenditori
• la promozione verso il consumatore
La slide mostra i principali strumenti di promozione delle vendite nei tre diversi casi.
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Le decisioni relative ai canali distributivi sono fra le più critiche che il management deve assumere per
le seguenti ragioni:
• Condizionano tutte le altre scelte di marketing (ad esempio, politica di prezzo, pubblicità,
forza di vendita).
• Implicano l’assunzione di impegni a medio lungo termine nei confronti di altre imprese (gli
intermediari distributivi). Il sistema distributivo è una risorsa esterna chiave, così come lo
sono risorse interne come la produzione e la ricerca e sviluppo.
• Riguardano generalmente investimenti elevati e rischiosi.
Un canale di marketing (o canale di distribuzione o canale commerciale) è un insieme di istituzioni
deputate a trasferire i prodotti e i loro titoli di proprietà dal produttore al consumatore.
La slide mostra le principali funzioni svolte dai canali di marketing.
Ad esempio, gli intermediari possono assumersi – in tutto o in parte – il rischio di mercato
dell’azienda; inoltre essi sono impegnati nella ricerca di nuovi clienti e nella promozione presso di loro
dei prodotti dell’azienda.
Queste funzioni possono anche essere svolte interamente dall’impresa, senza ricorso ad intermediari;
spesso, tuttavia, gli intermediari possono svolgerle in modo più efficiente.
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Con l’adozione della strategia push, ogni attore della catena distributiva – tranne ovviamente il
consumatore finale – effettua delle azioni di promozione delle vendite e/o di vendita personale verso
l’attore a valle.
Per l’impresa produttrice la strategia push comporta minori spese pubblicitarie e minori rischi di
mercato, tuttavia essa diviene più condizionata dagli intermediari della distribuzione i quali avranno
dei margini più elevati rispetto a quelli che avrebbero con l’adozione della strategia pull.
L’approccio push è tipico dei concorrenti minori oppure di aziende operanti in settori poco
concorrenziali e in categorie merceologiche poco sensibili alla spesa pubblicitaria (es: ferramenta).
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L’adozione della strategia pull comporta per l’impresa l’onere di stimolare la domanda di mercato, per
questo motivo essa indirizza i propri sforzi promozionali direttamente verso i potenziali acquirenti.
Se le azioni dell’impresa hanno successo, gli acquirenti domanderanno i prodotti ai dettaglianti e
questi, a loro volta, li domanderanno ai grossisti.
Con la strategia pull l’impresa cerca di compensare gli elevati investimenti pubblicitari con i minori
costi derivanti dalla limitata dipendenza dai canali distributivi e con minori margini concessi a questi
ultimi.
La politica pull è largamente usata dalle aziende leader produttrici di beni di largo consumo (es: Coca
Cola).
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Nel decidere il numero di intermediari della catena distributiva è possibile prendere in considerazione
tre strategie.
• La strategia di distribuzione intensiva mira ad ottenere un alto volume di vendite e una vasta
copertura di mercato. Essa comporta elevati costi di gestione, scarso controllo sulla rete distributiva
e viene impiegata soprattutto per prodotti di largo consumo che sono caratterizzati da utilità di
luogo (es: sigarette), che beneficiano di un elevato grado di esposizione e della comodità di
acquisto.
• Con la distribuzione selettiva si limita la disponibilità di un prodotto in un dato mercato ad un
numero limitato di punti vendita possibili. Mantenendo un certo controllo sul canale di vendita
l’impresa può proteggere i propri marchi e, instaurando buoni rapporti con intermediari selezionati,
l’impresa può contare su sforzi di vendita superiori. E’ la forma distributiva tipica dei beni al
consumo durevole (es: frigoriferi). Rispetto alla distribuzione intensiva, la distribuzione selettiva
permette di gestire minori volumi di vendita e di sostenere minori spese di gestione della rete.
• La strategia di distribuzione esclusiva permette di mantenere un elevato controllo sui prodotti, sui
prezzi e sulle marche. La distribuzione esclusiva viene impiegata diffusamente nel mercato
automobilistico. Spesso il distributore viene vincolato all’esclusiva di acquisto, in base alla quale
non può acquistare e distribuire i prodotti dei concorrenti (es: alcune marche di abbigliamento).
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Il canale diretto è particolarmente indicato per beni deperibili e tecnicamente complessi e quando
l’impresa non desidera impegnarsi in legami distributivi. D’altra parte questa struttura distributiva
comporta elevati investimenti iniziali ed elevati costi di gestione.
Nei canali indiretti sono presenti, oltre al produttore e al consumatore, anche i grossisti e i
dettaglianti.
Principali funzioni svolte dai grossisti:
• Assorbimento scorte e costi immagazzinamento
• Condivisione del rischio dei mercato, di deterioramento e di obsolescenza
• Facilitazione dell’acquisto per i clienti tramite acquisto anticipato dai produttori
Principali funzioni dei dettaglianti:
• Per prodotti stagionali, ordini anticipati rispetto alla stagione di vendita
• Suddivisione delle quantità ricevute da produttori e grossisti in quantità adatte per i
consumatori
• Possibilità di garantire ampia diffusione dei prodotti
• Funzioni di esposizione, promozione, vendita, assistenza e consiglio ai clienti
Gli intermediari distributivi possono garantire un migliore controllo del mercato e una maggiore
stabilità della produzione.
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La slide mostra le fasi in cui può articolarsi la definizione e la gestione di una forza vendita.
Gli obiettivi della forza vendita sono stabiliti congruentemente al posizionamento nei mercati
obiettivo.
Tra le diverse strategie di vendita ci sono i contatti diretti venditore-acquirente, i contatti venditoregruppi di acquirenti, le conferenze di vendita e i seminari di vendita.
Le principali decisioni relative alla struttura della forza vendita sono relative alla dimensione della zona
di vendita e alla forma della zona.
La fase della remunerazione della forza vendita comporta la definizione di stipendi, provvigioni e
premi.
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La presente slide e la slide successiva illustrano le principali differenze nell’impiego degli strumenti di
marketing mix tra le imprese a fine di lucro e le imprese no-profit.
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