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MENSILE N.11 NOVEMBRE 2014 € 3,50
fondazione ente™
dello spettacolo
I N T E R V I S T A
Jane Fonda
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
Vivace, anzi smagliante.
È la vedova allegra
di This Is Where
I Leave You
VIVA TORINO
Dalla deliziosa Gemma Bovery a Dumont
e Allen. Un tesoro sotto la Mole
IL CASO McTIERNAN
La vera storia del regista di Die Hard.
Più potente di un film
PER VISUALIZZARE I
CONTENUTI EXTRA SCARICA
L'APP DI AR-CODE
E INQUADRA LA COPERTINA
O LA LOCANDINA
DEL FLIM
INTERSTELLAR
Matthew McConaughey e l’infinito secondo Christopher Nolan
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Tridente, composta da Ghibli, Quattroporte, GranTurismo e GranCabrio. Creazioni uniche in cui trova compimento la perfetta unione tra
lusso, tecnologia all’avanguardia, perfomance senza compromessi e uno stile mozzafiato - ognuna delle quali è realizzata con cura artigianale
e personalizzata con passione, per soddisfare una nuova ed altrettanto esigente clientela.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Punti di vista
Nuova serie - Anno 83 n. 11 novembre 2014
In copertina Interstellar di Christopher Nolan
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Frontiere
DIRETTORE RESPONSABILE
Ivan Maffeis
Quando gli viene offerta la possibilità di scegliere, a sorpresa il
tenente J. Dumbar chiede di essere inviato in un lontano presidio,
ai margini della prateria, mosso dal desiderio di “vedere la
frontiera”. Nell’avamposto più dimenticato, il soldato – che aveva
tentato il suicidio – troverà nell’incontro con l’altro la via per dare
nuovo senso alla vita, un’identità che lo porta a diventare Balla
coi lupi e a integrarsi nella cultura, nelle tradizioni e negli affetti
GHOSRSRORFKHO¬KDDFFROWR/DSDUDERODUDFFRQWDWDGDO²OPGL
Costner ci introduce alla XVIII edizione di Tertio Millennio Film Fest
(Roma, 9-14 dicembre). Le opere di questa rassegna - organizzata
dalla Fondazione Ente dello Spettacolo
con il Progetto Culturale della Cei, il patrocinio
GHL3RQWL²FL&RQVLJOLGHOOH&RPXQLFD]LRQL6RFLDOL
e della Cultura, nonché del Presidente della
Repubblica - sono accomunate quest’anno da
XQ²ORFKHSRUWDVXOFULQDOH)URQWLHUH&HUFDQGR
un’immagine tra due mondi.
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio
Sammarco
CONTATTI
[email protected]
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Angela Bosetto, Massimo Giraldi, Orio Caldiron,
Margherita Campanaro, Matteo Caruso, Gianluigi
Ceccarelli, Andrea Chimento, Elena Ciofalo,
Patrizio Costantino, Alessandro De Simone,
Karen Di Paola, Bruno Fornara, Gianlorenzo
Franzì, Giuseppe Gariazzo, Mauro Gervasini,
Marco Letizia, Massimo Monteleone, Franco
Montini, Mattia Pasquini, Manuela Pinetti, Angela
Prudenzi, Emanuele Rauco, Marco Spagnoli,
Chiara Supplizi
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
7LSRJUD²D6753UHVV6UO9LD&DUSL
Pomezia (RM)
Finita di stampare nel mese di ottobre 2014
MARKETING E ADVERTISING
Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano
7HO)D[
Cell. 335-5428.710
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DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
ME.PE. Milano
ABBONAMENTI
ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro
ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro
C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo
PER ABBONARSI
[email protected]
Tel. 06.96.519.200
PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Ivan Maffeis
DIRETTORE
Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
XI²FLRVWDPSD#HQWHVSHWWDFRORRUJ
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta - [email protected]
COORDINAMENTO SEGRETERIA
Marisa Meoni - [email protected]
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Kevin Costner
in Balla coi lupi
Frontiere chiuse, come quella imposte dalla
GLWWDWXUDDUDFFRQWDUOHLQSUHVDGLUHWWDVDUjXQ
regista di fama internazionale.
Frontiere che abbruttiscono nell’ignoranza e
nell’arretratezza, presenti anche in Paesi che con
orgoglio s’accreditano per sviluppati.
Frontiere smarrite negli ingranaggi della
burocrazia che, dopo aver illuso, inibisce ogni
desiderio d’incontro.
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burrascosi tra generazioni.
Frontiere violente, che calpestano gli affetti più sacri e costringono
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a casa. E le frontiere che condannano intere minoranze
all’emarginazione o quelle del potere giudiziario che, a prescindere
da torti e ragioni, rende tutti vittime; frontiere ferite, che alzano
rughe e cicatrici e isolano nell’amarezza e nel risentimento. A
queste frontiere daremo un nome nella conferenza stampa romana
di giovedì 20 novembre. L’intento con cui le proponiamo è quello
di chi non s’arrende a considerarle barriere insormontabili. Perché
anche per registi e produttori vale quel che Claudio Magris dice
GHOORVFULWWRUH©XRPRGLIURQWLHUDªFKH©PXRYHQGRVLOXQJRGLHVVD
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senso del mondo con un movimento senza sosta che è un continuo
slittamento di frontiere”.
Interstellar non ne è forse una prova?
Via Aurelia, 468 - 00165 Roma
Tel. 06.96.519.200 - Fax 06.96.519.220
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Associato all’USPI
Unione Stampa - Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il contributo della
Direzione Generale Cinema - Ministero per i
Beni e le Attività Culturali
La testata fruisce dei contributi statali diretti
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
5
SOMMARIO
NOVEMBRE 2014
18 Glamorous
12 Brividi di genere
14
Una rubrica da paura
NEW!
14 No Martini, no Torino
Dietro il Festival c’è sempre
stata lei. Ora è il direttore: alla
scoperta della 32° edizione
18 Hunger Games
I segreti del Canto della rivolta
raccontati dal regista Francis
Lawrence
23 Aspettando le feste
Sul set del nuovo cinepanettone
Filmauro. E intanto dai creatori
di Boris…
MAGIC IN THE MOONLIGHT
DI ALLEN AL TFF
28
28 COVER STORY
Interstellar
18
Christopher Nolan si rimette in
gioco dopo Batman e ci regala
uno sci-fi formidabile
35 La parola ai giurati
Dov’era finito John McTiernan?
Ecco la sua storia
38 Vedova allegra
This Is Where I Leave You:
sempre battagliera, Jane Fonda
INTERSTELLAR
42 Roma, la prova del 9
23
Sguardo retrospettivo sulla
kermesse capitolina
54 Michael Madsen
JENNIFER
LAWRENCE
È ANCORA
KATNISS
OGNI MALEDETTO
NATALE
35
38
Di nuovo con Tarantino (The
Hateful Eight ), l’attore ci svela
Hope Lost e 2047: Sights of Death
56 Ritratti
Hedy Lamarr, non solo diva
59,²OPGHOPHVH
Recensioni, anteprime, colpi di
fulmine
72 Dvd & Blu-ray
Transformers 4, Dragon
Trainer 2 e (fuori)serie
78 Borsa del cinema
JOHN
McTIERNAN
THIS IS WHERE
I LEAVE YOU
80 Libri
82 Colonne sonore
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
7
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
glamorous
a cura di Gianluca Arnone foto di Karen Di Paola e Giuseppe Vitale
Quanto
sei bella
Roma
Se una Festa si giudica
dagli invitati, quella
capitolina che voto merita?
Valutate voi
8
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Lily Collins
novembre 2014
Nina Hoss
Elisa Sednaoui
Riccardo Scamarcio
Valentina Lodovini
Spandau Ballet
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
9
glamorous
Rooney Mara
Benicio Del Toro
10
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Richard Gere
Ksenia Rappoport
novembre 2014
Francesco Scianna
Clive Owen
SMART TV
PC
TABLET
SMARTPHONE
brividi di genere NEW!
I FESTIVAL
a cura di 0DVVLPR0RQWHOHRQH
Agenda del
mese: ecco gli
appuntamenti da
non perdere
KOLNO’A
1 PITIGLIANI
FESTIVAL
Località Roma, Italia
Periodo 1-5 novembre
Tel. (06) 5800539
Web pitiglianikolnoafestival.it
Mail [email protected]
Resp. Dan Muggia, Ariela
Piattelli
D’OMBRA 2 LINEA
FESTIVAL CULTURE
GIOVANI
Località Salerno, Italia
Periodo 13-15 novembre
Tel. (089) 662565
Web festivalculturegiovani.it
Mail info@
festivalculturegiovani.it
Resp. Peppe D’Antonio
SULLE
ORME DI
FULCI
FILM FESTIVAL
3 AS
Località Roma, Italia
Periodo 15-16 novembre
Tel. 3403329284
WebDV²OPIHVWLYDORUJ
Mail LQIR#DV²OPIHVWLYDORUJ
Resp. Giuseppe Cacace
4 N.I.C.E.
USA 2014
Appunti, idee, curiosità:
RdC inaugura una rubrica
da paura. Cominciando
con Sette note in nero
L
ucio Fulci è stato
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HVSORUDFRPHPROWHDOWUH
RSHUHGHOUHJLVWDURPDQR
Località New YorkWashington D.C.-San
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TXHOORGHLYLYL3HUODUHJLD
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DXWRFRVWLWXLVFRQRYHUH
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0DUJKHULWL
L’aldilà / 1981
Un gatto nel cervello / 1990
GIUSEPPE GARIAZZO
Da non perdere
Zombi 2 / 1979
Primo horror di
Fulci sull’onda
GHO²OPGL
Romero.
12
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
Porte aperte
sull’inferno
nella densità del
buio.
Gli incubi di un
regista. Fulci
interpreta se
stesso.
Periodo 17 novembre - 8
dicembre
Tel. (055) 290393
(riferimento a Firenze)
Web nicefestival.org
Mail [email protected]
Resp. Viviana del Bianco
PARI! LA PAROLA
5 SIAMO
ALLE DONNE
Località Milano, Italia
Periodo 21-23 novembre
Tel. (02) 55231193
Web siamopari.it
Mail [email protected]
Resp. Marco Chiesara
FILM FESTIVAL
6 TORINO
Località Torino, Italia
Periodo 21-29 novembre
Tel. (011) 8138811
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Mail LQIR#WRULQR²OPIHVWRUJ
Resp. Emanuela Martini
FILM FESTIVAL
7 CITY
Località Napoli, Italia
Periodo 27 novembre - 3
dicembre
Tel. 3480561993
WebFLW\²OPIHVWLYDORUJ
Mail LQIR#FLW\²OPIHVWLYDORUJ
Resp./RUHQ]R&LRI²6LOYLD
Angrisani
DEI POPOLI
8 FESTIVAL
Località Firenze, Italia
Periodo 28 novembre - 5
dicembre
Tel. (055) 244778
Web festivaldeipopoli.org
Mail info@festivaldeipopoli.
org
Resp. Alberto Lastrucci
SMART TV
PC
TABLET
SMARTPHONE
TORINO
NO LOGO
Moretti, Amelio e Virzì: dietro loro c’era
sempre lei, ma ora il neodirettore
Emanuela Martini ci mette anche la faccia.
E i film: da Woody Allen a Wild, passando
per la nuova Hollywood
di Federico Pontiggia
14
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
TFF32
Il neodirettore del
Torino Film Festival
Emanuela Martini, e il
poster della 32esima
edizione con un
selfie di Schatzberg.
A fianco, Reese
Whiterspoon in Wild
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
15
TFF32
L
Là dove troneggiava Moretti,
campeggiava Amelio, motteggiava
Virzì, ora c’è lei: Emanuela Martini,
critico di lungo corso, occhio fino e
penna acuta. Non è una notizia: c’è
sempre stata, ma da vice, un pass(o)
dietro i Nanni, i Gianni, i Paolini. Ora
direttore del Torino Film Festival (32ma
edizione dal 21 al 29 novembre) lo è
anche di nome e levarsi qualche
sassolino è un fatto: “A parte il
Sundance, era un’anomalia mondiale:
non ci sono altri festival così, ma la
normalizzazione è passata
tranquillamente, perché la città ci crede”.
Martini, s’è chiuso l’album delle
figurine?
Macché, erano teste pensanti, e la
ricerca della faccia, della firma vale
anche per la carta stampata.
Purtroppo, il rischio è un altro: perdere
di vista l’oggetto principale del festival
che non è la star che lo presenta, ma il
film.
Non sembra il caso di questa Torino.
Qui arrivano attori e registi ancora
sconosciuti, ma di grande futuro:
Payne è nato qui, Assayas idem, e a
Bergamo. Siamo lontani dal divismo,
puntiamo sui giovani, sulle opere
prime: dovrebbe interessare anche i
giornalisti, no?
Che hanno fatto Nanni & Co. e che
farai tu?
Nel 2007 Nanni mantenne l’identità del
Cinema Giovani, una carta vincente
anche su Roma; Gianni ha dalla sua una
grande cinefilia; Virzì ha sottolineato
che è un festival pop in senso alto. E
io… beh, io sono pazza, e mischio
sofisticato e basso, raffinatissimi film
thailandesi e horroracci.
Tutto qui?
Ci metto la faccia, e non solo: passione,
competenza e anche mancanza di
diplomazia, una certa franchezza.
Il programma: facciamo nomi e
cognomi?
Apriamo con Gemma Bovery, una
(non) commedia carina e bizzarra,
scritta da Pascal Bonitzer e
interpretata dal magnifico Fabrice
Luchini: il prodotto giusto per il
pubblico misto dell’inaugurazione.
Chiudiamo con Wild, storia di stile e
regia firmata Jean-Marc Vallée, con una
Reese Witherspoon da Oscar.
Bene, e poi?
Quattordici i titoli in concorso, tra
opere prime e seconde. E il nuovo di
Woody Allen Magic in the Moonlight.
Poi Cold in July tratto dal romanzo di
Joe F. Lansdale: lui e il regista Jim
Magic in the Moonlight
di Woody Allen, con
Emma Stone e Colin
Firth; sopra, The
Theory of Everything e
Gemma Bovery
Mickle saranno con noi. E ancora The
Theory of Everything, su Stephen
Hawking, regia di James Marsh. E la
doppietta di Duel e Lo squalo, perché
per me sono lo stesso film, uno a basso
e l’altro ad alto budget.
Retrospettiva?
La seconda parte di New Hollywood,
con altri 33 titoli, quali The Big Fix con
Richard Dreyfuss, Una squillo per
“Non va perso di vista l’oggetto
principale di un festival: non la star
che lo presenta, ma il film”
16
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
l’ispettore Klute, Taking Off e Chi è
Harry Kellerman e perché parla male di
me? con Dustin Hoffman.
Altri quattro titoli, e ci fermiamo.
La miniserie con cui Bruno Dumont
prende per il culo il suo cinema, P’tit
Quinquin, e The Disappereance of
Eleanor Rigby nei due film in cui era
originariamente inteso: Him e Her. E
poi Ogni maledetto Natale della banda
di Boris e Diplomatie di Schlöndorff.
Il tutto alla modica cifra di?
2,4 milioni di euro era il budget
dell’anno scorso, quest’anno è
diminuito: non so ancora di quanto.
Ma la mia speranza è a prescindere:
che il pubblico venga, e trovi
soddisfazione.
fantablockbuster
Fine dei
Hunger Games al capolinea: suona Il canto
quello che c’è da sapere sul film secondo il
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
giochi!
della rivolta, penultimo atto della saga. Tutto
regista: Francis Lawrence di Gianluca Arnone
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
19
fantablockbuster
F
ine dei giochi, o quasi.
Come già accaduto per
Harry Potter e Twilight,
anche gli Hunger Games
si concludono
sdoppiandosi: Il canto
della rivolta – Parte I,
terzo capitolo della saga, uscirà il
prossimo 20 novembre, mentre la Parte
II sarà nelle sale solo nell’autunno 2015,
pur essendo stata girata
contemporaneamente alla prima. Finale
dilazionato per ragioni di business più
che per esigenze di racconto. Stiamo
parlando di un franchise capace di
incassare con i primi due film un
miliardo e mezzo di dollari worldwide. E
poi ai fan – milioni di – va bene così: è
maledettamente difficile separarsi dai
propri feticci. Una saga che ha saputo
far crescere il pubblico del fantasy,
sdoganando tra gli adolescenti
tematiche adulte come la politica, la
violenza, lo spettacolo. Che è nata dark
e si è incupita ulteriormente fino a
intristirsi con la tragica uscita di scena
del grande Philip Seymour Hoffman,
scomparso una settimana prima della
fine delle riprese: “Non è facile
parlarne. Philip è stato un amico, un
fantastico compagno di viaggio, uno
splendido attore. È stato uno shock
per me e per tutti quelli coinvolti nel
film. Ma, brutto sottolinearlo, la sua
morte non ha compromesso il lavoro”,
ci dice Francis Lawrence, che ha
assunto il timone della saga dal
“Vedremo fare a Katniss delle
cose che non ci saremmo mai
aspettati da lei”
Woody Harrelson.
Sopra Jennifer
Lawrence tra Liam
Hemsworth e Josh
Hutcherson
20
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
Philip Seymour
Hoffman e Julianne
Moore. In basso, il
regista Francis
Lawrence
secondo film e non lo ha più lasciato.
Aveva già completato i suoi ciak?
Sì, tranne uno. Abbiamo fatto ricorso
agli effetti speciali per realizzare quella
scena.
Qual è il tema fondamentale del Canto
della rivolta?
È lo stesso che Suzanne Collins ha
pensato per la saga letteraria fin
dall’inizio: quali sono le conseguenze di
uno stato di guerra permanente?
Quest’idea si è sviluppata ed è
diventata più articolata con il proseguo
della storia, libro dopo libro.
L’intuizione interessante è che guerra e
violenza hanno bisogno di
un’organizzazione, di una forma, di uno
stile. La carta vincente si è rivelata
invece quest’eroina indomita, che non
si arrende mai e combatte per
cambiare le cose. La gente ama la sua
evoluzione e la sua integrità.
Ne La ragazza di fuoco si
mescolavano continuamente le carte.
Emergeva forte l’ambiguità dei
personaggi: nessuno era quel che
sembrava. E’ una chiave di lettura che
avete mantenuto?
Assolutamente. Pur essendo un testo di
fantapolitica, Hunger Games è
totalmente realistico. E nella vita
nessuno è bianco o nero. Le persone
sono piene di sfumature. Questa cosa
vale paradossalmente anche per
Katniss. Ve ne accorgerete nei due
ultimi film. Molto spesso la vedremo
fare delle cose che non ci saremmo mai
aspettati da lei.
Fa il suo ingresso nella saga Julianne
Moore. Qual è il suo ruolo?
Julianne interpreterà il Presidente Alma
Coin, leader della rivolta contro il
Campidoglio. È un personaggio che la
Collins ha introdotto nell’ultimo libro
della serie e che noi vedremo sia nella
prima che nella seconda parte del
Canto della rivolta. Si tratta in
apparenza della salvatrice di Katniss.
Abbiamo visto come alla fine de La
ragazza di fuoco, Katniss venga tratta
in salvo dai 75esimi Hunger Games e
portata al Distretto 13. Ebbene, dietro
quest’azione di salvataggio c’è proprio
la Coin. Ma le sue intenzioni sono
tutt’altro che genuine. Non aggiungo
altro...
A proposito di Katniss: la si può
definire la prima eroina femminista del
terzo millennio?
Non ho fatto ricerche, ma se parliamo
di pop culture non ho alcun dubbio che
la nostra Katniss abbia dato una bella
sterzata al sessismo che pure esiste a
Hollywood.
Un altro aspetto interessante di
Hunger Games è la relazione che pone
tra fascismo e televisione.
Esiste un rapporto tra qualunque media
e qualsiasi punto di vista politico.
Questo aspetto sarà particolarmente
evidente nella prima parte del Canto
della rivolta, in rapporto al diverso uso
che Capitol City e il Distretto 13 fanno
del mezzo televisivo, pur utilizzandolo
entrambi in funzione propagandistica.
Ogni agenda politica, credo, si pone il
fondamentale quesito di come poter
utilizzare la tv per cambiare le cose o,
almeno, per evitare che cambino.
Altro tema centrale: lo spettacolo
della violenza e la responsabilità di
cinema e tv.
Ognuno ha una sua opinione riguardo
alla violenza. La mia è che la violenza fa
parte della vita e che le migliori storie
sono quelle che t’insegnano qualcosa
della vita. In questo film impariamo che
la violenza danneggia tutti, non solo chi
la commette. Ci sono tutta una serie di
effetti laceranti causati dalla violenza:
chi la subisce cambia per sempre, ma
anche chi ne è testimone o chi la
commette non sarà più lo stesso. L’idea
intrigante di Hunger Games è che la
violenza può essere sottile, non
percepita, camuffandosi da
intrattenimento. È una violenza ancora
più subdola e pericolosa.
Rispetto agli Harry Potter e ai Twilight,
Hunger Games è senza dubbio più
ambizioso e complesso. Crede che la
sterzata verso problematiche più
adulte potrà contribuire a far crescere
il fantasy?
Penso che le migliori saghe si
costruiscano a partire da idee forti e da
temi reali. La Collins è partita dalle
conseguenze della violenza e della
guerra e ha pian piano costruito una
storia, dei personaggi. Ad Hollywood
hanno intuito che era il momento di
portare questo tipo di storie a un
pubblico Young Adult. Gli adolescenti
di oggi non vogliono più essere trattati
come bambini o cerebrolesi, ma da
adulti. Proporgli storie forti, tematiche
importanti, li fa sentire più grandi, li
eleva e insieme li rispetta.
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
21
ciak si gira
IL NUOVO CORSO DELLA
COMMEDIA TARGATA
FILMAURO E IL TRIO DI BORIS
PER GUASTARE LE FESTE
NATALE
SUL
SET
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
23
ciak si gira
SORPRESA
CINEPANETTONE
di Emanuele Rauco
Volfango De Biasi al posto
di Neri Parenti. Lillo & Greg
protagonisti assoluti: in sala
dal 18 dicembre per vincere
al box office
FINO A POCO TEMPO FA, il film di Natale significava
località esotiche, donne seducenti, frizzi e lazzi. Ma da un
paio d’anni la storia è cambiata. Grazie a Lillo & Greg che
hanno guidato la transizione: i due comici romani sono
ora protagonisti assoluti di Un Natale stupefacente, il film
con cui Aurelio e Luigi De Laurentiis puntano a superare
l’abbandono di Christian De Sica e Neri Parenti.
Dopo i protagonisti, nuovo anche il regista, quel Volfango
De Biasi che aveva scritto gli episodi di Lillo & Greg in
Colpi di fulmine e Colpi di fortuna. Loro tre, assieme ad
Ambra Angiolini e Paolo Calabresi ci hanno accolto sul
set del film in uscita il 18 dicembre, un bellissimo casale
sull’Appia Antica, accanto alle catacombe di Cecilia
Metella. La trama ce la racconta Lillo: “Io e Greg siamo
due amici costretti a badare a nostro nipote quando i
suoi genitori finiscono in carcere per droga. Così per non
farci togliere il bambino dai servizi sociali, mettiamo in
scena un piano improbabile per far credere che siamo
una vera famiglia, coinvolgendo la mia ex-moglie e la
nuova fiamma di Greg”. Una commedia degli equivoci in
puro stile italiano che abbandona la pochade per puntare
su un umorismo familiare con i guizzi surreali tipici. Punto
forte del rinnovamento è lo spazio femminile dato ad
Angiolini e Minaccioni, la prima femme fatale innamorata
di Greg, la seconda ex-moglie di Lillo che sarà
“riconquistata” dal marito. “Sono contenta – dice
Minaccioni – di essere in questo film, perché lavoro con
Lillo & Greg da 15 anni, ma soprattutto perché ci sono
due ruoli femminili veri, non legati al cliché della bella
oca o della brutta simpatica, ma personaggi che fanno
ridere in modo vario, sfruttando anche il fatto che siamo
attrici e non solo comiche. È una soddisfazione che viene
dopo anni di lavoro e di gavetta e che i ‘belli da fiction’
non avranno così facilmente”. “È importante – continua
Angiolini – poter uscire dagli stereotipi, soprattutto nelle
commedie, poter arrivare come attrici ad avere in un film
la stessa importanza degli uomini. Qui, io e Paola
possiamo lavorare su diversi tipi di situazioni ed è un
bene. Come professioniste, ma anche come donne”.
Ovviamente però il piatto forte del nuovo corso è nella
coppia di protagonisti, che hanno dovuto lavorare un po’
per entrare in piena sintonia con il progetto: “Dopo le
esperienze con Neri Parenti – racconta Greg -, in cui ci
siamo trovati a cambiare situazioni scritte per altri o non
da noi, qui abbiamo voluto partecipare alla scrittura per
non fare un patchwork tra vari tipi di comicità. Quando
abbiamo letto la prima stesura non ci convinceva molto e
allora assieme al regista e agli altri sceneggiatori
abbiamo migliorato i personaggi e dato più spessore alle
situazioni per non renderle banali”. Questo nuovo
metodo è figlio di un cambiamento naturale, dopo 30
anni di storie che raccontavano una società che ora non
esiste più e per guardare anche altri contesti: il veicolo di
questo cambiamento è proprio De Biasi, regista pronto a
raccogliere “l’eredità” di Parenti alla guida del film di
Natale: “Non so se è proprio un’eredità che devo
raccogliere. Sono consapevole della responsabilità che
De Laurentiis mi ha messo sulle spalle, ma io faccio
semplicemente ciò che so fare e ciò che mi piace,
portando le mie esperienze e il cinema che amo, non solo
la commedia all’italiana, ma anche Wilder, Lubitsch e
l’umorismo ebraico, passione che condivido con Greg.
Per esempio, credo che anche nella comicità sia
importante vedere, e allora mi piace dare più
movimento anche all’immagine, non solo agli attori”.
Carrelli, dolly e persino droni per provare a confrontarsi
con il cinema con la C maiuscola anche in un prodotto
popolare. “È un ringiovanimento che serviva – sostiene
Lillo –. Neri è un grande professionista, che sapeva
esattamente cosa voleva e aveva una sua precisa idea di
commedia, Volfango invece vuole confrontarsi con altri
modelli, vuole raccogliere più idee possibile per poi
lavorare al montaggio, speriamo solo che il pubblico
gradisca”. “Lo spera soprattutto Aurelio – scherza Greg
– che ha capito che il corso doveva cambiare. Non se ne
fa una ragione, ma per nostra fortuna lo ha capito”.
ciak si gira
BORIS SOTTO L’ALBERO
Il trio della serie cult per mostrare l’altra faccia del Natale. Con la
coppia Cattelan - Mastronardi, in anteprima al festival di Torino
di Angela Prudenzi
IL 25 DICEMBRE la festività più
amata? Niente di più sbagliato,
oramai chi non lo sa che intorno
all’albero esplodono rancori,
ansie, insoddisfazioni.
Dell’argomento è esperto Mattia
Torre, che con Luca Vendruscolo
e Giacomo Ciarrapico ha firmato
Ogni maledetto Natale, una delle
pellicole più attese delle festività,
in anteprima al festival di Torino e
in uscita il 27 novembre.
Torre, ma quanto è maledetto
questo Natale?
È una giornata capace di
trasformarsi in incubo sociale,
psicologico, emotivo. Le persone
si dispongono al meglio, poi
l’atmosfera di frustrazione prende
il sopravvento e gli eventi
precipitano. I nostri due giovani
protagonisti (Alessandro Cattelan
e Alessandra Mastronardi, ndr) ne
sanno qualcosa, impreparati
come sono a fronteggiare la
disfatta.
Già, due ragazzi da poco
assieme al confronto con le
rispettive famiglie: una miscela
esplosiva.
Infatti il vero tema del film è:
riuscirà il loro amore a
sopravvivere? S’innamorano a
ridosso del Natale, una vera
sciagura. Dovrebbero sprizzare
gioia, invece si ritrovano a vivere
l’apocalisse.
Un cast eclettico, a parte i
fidanzatini Cattelan e
Mastronardi avete chiamato a
raccolta Pannofino, Laura
Morante, Caterina e Corrado
Guzzanti. In più li avete costretti
a farsi in due…
Gli interpreti sono la nostra gioia.
Cattelan si è rivelato di una
bravura sorprendente, al terzo
provino lo abbiamo torchiato per
otto ore e non ha ceduto. Gli altri
SE LA COLONNA
FA LA COMMEDIA
Da Anime
nere a Ogni
maledetto
Natale, la
musica
secondo
Giuliano
Taviani
Ogni maledetto
Natale. A sinistra
Marco Giallini, sopra
Francesco Pannofino
e Alessandra
Mastronardi. Qui
con Alessandro
Cattelan
si sono divertiti un mondo a dar
vita ai vari rappresentanti di due
famiglie tanto opposte. Non un
gioco facile perché si trattava per
ogni personaggio di inventarsi
soluzioni diverse, tic differenti,
parlate strane. Approfitto per
sottolineare che, visti i tempi di
crisi, abbiamo pure risparmiato
sulla paga!
Una regia a tre è di per sé
complessa, in più qua c’è di
mezzo il Natale.
Boris era un’operazione
collaudata che nasceva da
situazioni a noi note, questa volta
abbiamo rischiato molto. Per la
prima volta ci siamo confrontati
con una storia nata da zero.
Un’avventura complessa e
bellissima. Sembra impossibile,
ma anche noi come tutti alla fine
siamo sopravvissuti al Natale. White Christmas, Stille Nacht, Jingle
Bells, Happy Christmas… quale
identifica meglio la festività?
È curioso, è la stessa domanda che ci
siamo posti con Carmelo Travia
lavorando alle musiche di Ogni
maledetto Natale. La scelta è caduta
su Jingle Bells, usata per
sottolineare le insofferenze dei
protagonisti nei confronti del Natale.
Per la parte originale, attraverso
l’uso della musica sinfonica abbiamo
creato un’atmosfera disneyana
contaminata però da sonorità di altri
generi, horror compreso. Se invece
penso alla mia canzone di Natale,
Happy Xmas di John Lennon con il
coro di bambini resta una delle più
toccanti.
Una strana filmografia la sua, ricca
di film d’autore come di commedie.
Cambia l’approccio nel comporre la
colonna sonora?
Ogni film è un’avventura diversa ma
alla fine si tratta sempre di entrare in
sintonia con il regista. Ho cominciato
scrivendo le musiche per opere a
basso costo, guadagnandomi la fama
di compositore di cinema d’autore.
Poi ho avuto la fortuna di lavorare
alla serie tv Boris, da lì si è aperto un
altro mondo e sono arrivati Lucini,
Bruno, i Vanzina. Non credo che il
mio approccio sia diverso, mi pongo
al servizio del film che sia una
commedia o un film drammatico
come Anime nere di Munzi.
A proposito di Anime nere, nel film
vi è un equilibrio perfetto tra musica
e immagini. È stato difficile
raggiungerlo?
Non c’è cosa peggiore che avere la
sensazione che una musica sia là per
sostenere le immagini. Anime nere è
ricco di silenzi, proprio per questo la
musica assume un’importanza
maggiore. Non è una questione di
quantità, ma appunto di equilibrio.
A.P.
COVER STORY
Il cielo
stellato
sopra
di noi
Verso l’infinito, e
oltre. Christopher
Nolan prende da
Kant e imbarca dubbi
esistenziali nello
spazio profondo:
Interstellar, la
fantascienza come
non l’abbiamo (più)
vista
di Angela Bosetto
L’astronauta
Anne Hathaway
scruta le stelle;
pagina a fianco,
un fotogramma di
Interstellar
COVER STORY
C
hristopher Nolan può piacere o meno, ma c’è almeno un punto su cui fan irriducibili e detrattori, che lo
accusano di essersi venduto a Hollywood, concordano: al di là
delle polemiche sulla sua onestà intellettuale (riaccese dal coinvolgimento
produttivo nel reboot di Superman),
Nolan è probabilmente il regista di
maggior talento che il cinema abbia
avuto dal 2000 in poi. Nessuna sorpresa, dunque, che Interstellar (in Italia
dal 6 novembre) sia uno dei titoli chiave del 2014.
L’attesa spasmodica che circonda la
pellicola non nasce dal rinnovato interesse per la fantascienza spaziale (vedi
Gravity), bensì dal fatto che Interstellar è il primo lavoro di Nolan dopo la
conclusione della fortunatissima trilogia iniziata con Batman Begins (2005),
proseguita con Il cavaliere oscuro
(2008) e conclusasi con Il cavaliere
oscuro – Il ritorno (2012). Tuttavia,
continuare a chiamarlo “il regista di
Batman”, per quanto il trittico sia importante, significa sminuirlo a rielaboratore di mondi altrui, quando è il suo,
semmai, quello in cui lui permette ad
altri personaggi – non importa che
provengano dai fumetti DC o da un altro film (come nel caso di Insomnia,
30
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
2002, remake dell’omonimo thriller
norvegese) – di esistere ed evolversi.
Sin dall’esordio (Following, 1998), Nolan ha tratteggiato un universo personale inchiostrato di ombre e luci, dove
le linee, le curve e le simmetrie perfette cozzano con il furibondo caos interiore dei personaggi, sospesi tra ricordo e amnesia (Memento, 2000), vendetta e ambizione (The Prestige,
2006), realtà e sogno (Inception,
2010) o, più semplicemente, fra ciò
che è vero e ciò che non lo è, obbligati
a confrontarsi costantemente con due
spazi paralleli: quello che li circonda e
quello che hanno dentro se stessi.
Ed eccoci quindi a Interstellar, un progetto che amplifica tutti i dubbi esistenziali cari a Nolan secondo la kantiana Critica della ragion pratica: “Due
cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il
cielo stellato sopra di me e la legge
morale in me. Queste due cose io non
ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle […] io le vedo davanti a
me e le connetto immediatamente con
la coscienza della mia esistenza”. Per
Interstellar Nolan ha schierato al completo la squadra di fiducia: il fratello
sceneggiatore Jonathan, la moglie
produttrice Emma Thomas, il montatore Lee Smith, il musicista Hans Zimmer, lo scenografo Nathan Crowley e
l’attore feticcio Michael Caine. Manca
Wally Pfister, direttore di fotografia sin
da Memento e premio Oscar per Inception, che ha preferito debuttare come regista in Transcendence. A sostituirlo è arrivato l’olandese Hoyte Van
Hoytema, spalla di Tomas Alfredson in
Lasciami entrare (2008) e La talpa
(2011).
Nonostante Jonathan abbia steso la
prima bozza di sceneggiatura già nel
2007 su interessamento di Steven
Spielberg, Christopher (che in seguito
ha riscritto il copione insieme al fratello) è riuscito a tenere la trama top secret quasi fino alla fine, imponendo co-
Nolan è probabilmente
il regista di maggior talento
del Terzo Millennio
me falso titolo di lavorazione Flora’s
Letter. La storia, basata sugli studi del
fisico teorico Kip Thorne, parte da un
mondo ridotto a una landa rurale, in
cui il progresso scientifico, i governi e
l’economia non esistono più. Fra incendi e terremoti, la popolazione sopravvive solo con le coltivazioni di granoturco, per altro minacciate da una
nuova malattia. “La Terra ne ha avuto
abbastanza di noi. Ci restano due, forse tre generazioni. Poi il nostro tempo
sarà finito” spiega la biologa Brand
(Anne Hathaway). Il pilota ingegnere
Cooper (Matthew McConaughey, nel
suo anno di grazia) ha però scoperto
nel proprio campo una sonda spaziale
che prova l’esistenza di un pianeta
ghiacciato in un altro sistema solare:
basterebbe raggiungerlo attraverso il
tunnel spaziotemporale sfruttato dalla
sonda per creare una colonia. Grazie a
un’équipe scientifica clandestina, la
spedizione interstellare è possibile, ma
senza alcuna garanzia di successo.
“Tornerò. È una promessa” dice Cooper alla figlia Murph (interpretata nelle
varie fasce d’età da Mackenzie Foy,
Jessica Chastain. Nella pagina a fianco, il
protagonista Matthew McConaughey, sotto
il regista di Interstellar Christopher Nolan
Jessica Chastain ed Ellen Burstyn) prima di partire con Brand verso l’ignoto.
Non sarà affatto facile mantenere la
parola data…
“Sono cresciuto in un’epoca di grande
fantascienza, nella quale il sogno di
ogni bambino era diventare astronauta, per cui mi hanno sempre attratto le
questioni scientifiche e filosofiche riguardanti i viaggi nello spazio” spiega
Nolan. “Blade Runner (1982), Guerre
stellari (1977) e 2001: Odissea nello
spazio (1968) sono pietre miliari non
solo della sci-fi, ma del cinema stesso.
Se oggi il termine ‘film di genere’ è diventato un riduttivo è perché spesso ci
si riferisce a filoni così codificati da
avere perso la forza dirompente che
avevano un tempo. Ciò che cerco di
fare è creare dei moderni equivalenti
che parlino con la stessa potenza di allora”.
Se c’è qualcuno in grado di portarci oltre l’infinito, quello è proprio Nolan.
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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COVER STORY
BigMc
“All right, all right, all right”: Matthew McConaughey
non è più bello, ma s’è scoperto bravo. E dopo l’Oscar,
Nolan lo manda in orbita
di Federico Pontiggia
M
atthew McConaughey, ora, Dimagrendo e ancora dimagrendo,
sacrificando pettorali e addominali sixInterstellar lo è davvero.
pack alla svolta di qualità: l’Oscar per
Ma solo ora, dopo Killer
Dallas Buyers Club, almeno per i
Joe, passando per The
bifolchi wasp ma non vispi
Paperboy, Mud e Magic
dell’Academy, Matthew non l’ha vinto
Mike, fino a The Wolf of Wall Street e
sullo schermo, ma sulla bilancia.
Dallas Buyers Club, che gli è valso
Ebbene, il nostro Big Mc non ha
l’Oscar. Insomma, un bel giorno
Matthew il bisteccone texano, Matthew ringraziato la lancetta calante, ma
tutto il resto sì: un acceptance speech
“Prima o poi mi sposo”, Matthew “La
vario ed eventuale, per i detrattori da
rivolta delle ex” s’è svegliato, s’è
coatto ripulito, per gli altri confuso,
guardato allo specchio – o in dvd, che
comunque confuso. Matthew ha
per un attore è la stessa cosa – e s’è
ringraziato Dio; il padre defunto,
trovato brutto, meglio, disutile: non
immaginandoselo con una birra in
esteticamente – ma vedremo poi –
mano; la madre, che gli ha insegnato il
quanto qualitativamente. Conto in
rispetto; il suo irraggiungibile eroe,
banca gonfio, i pettorali pure, ma poi?
ovvero se stesso 10 anni nel futuro. Tra
Quel mattino Matthew il bello ha
un “Amen” e un “Keep on Livin’”,
deciso di diventare – di provarci
soprattutto è spuntato fuori un “All
almeno – bravo, ha deciso di fare
right, all right, all right” non casuale: lo
“L’attore”. Il serial True Detective non
ha fatto che confermare
questa “inattesa” bravura e
The Sea of Trees
alla vigilia degli 86esimi
di Gus Van Sant
Academy Awards – via
e a lato Matthew
McConaughey
Rachel Syme del New
Yorker – si parlava già di
McConaissance. Per
catalizzare definitivamente
il passaggio dal bello al
bravo, Matthew ha avuto
bisogno di trasformarsi a
uso e consumo dei caproni
che votano agli Oscar e del
popolo bue Oltreoceano –
cui noi forniamo qualche
bell’esemplare –, e come?
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
diceva il suo David Wooderson in La
vita è un sogno (Dazed and
Confused), il film che nel 1993 lo portò
al cinema. Ora quel “all right” certifica
il suo ingresso nel cinema che conta,
ma non solo i soldi: Chris Nolan lo
manda tra le stelle, eppure il problema
– si sa – non è la caduta, ma
l’atterraggio. Chi è, anzi, ci perdoni,
che cos’è il Matthew McConaughey di
talento? Lo smagrito da statuetta, un
Leo DiCaprio oscarizzato e più avanti
con gli anni? Quale è l’Inception di Big
Mc nello showbiz “d’autore”? Dopo
Interstellar arriverà – con ogni
probabilità lo vedremo a Cannes – The
Sea of Trees di Gus Van Sant, in cui
Matthew medita il suicidio in Giappone
e si riscopre vivo e innamorato (di
Naomi Watts, non è difficile), ma
scommettiamo che a portarlo alla
grandezza tout court sarà
prima che poi Martin
Scorsese? Del resto, l’ha già
diretto due volte nel 2013,
in The Wolf e nello spot –
magistrale – per
Dolce&Gabbana Street of
Dreams, dove il nostro
belloebravo recitava al
fianco di Scarlett
Johansson. E indovinate
come si chiamava il
profumo? The One.
Matthew spera sia davvero
il suo, sia davvero lui: the
one and only Big Mc.
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
33
“Delizioso. Una commedia magica. “Una commedia potente e divertente.
Con un cast straordinario”
Un magico Woody”
- Il Venerdì di Repubblica -
- Ciak -
Scritto e Diretto da Woody Allen
GRAVIER PRODUCTIONS PRESENTA UNA PRODUZIONE DIPPERMOUTH IN ASSOCIAZIONE CON PERDIDO PRODUCTIONS & SKE-DAT-TDE-DAT PRODUCTIONS “MAGIC IN THE MOONLIGHT”
A ER CASTING JULIET TAYL
A OR PATRICIA DICERTO COSTUMI SONIA GRANDE
EILEEN ATKINS COLIN FIRTH MARCIA GAY
A HARDEN HAMISH LINKLATER SIMON MCBURNEY EMMA STONE JACKI WEAV
MONTAGGIO ALISA LEPSELTER
L , A.C.E. SCENOGRAFIA ANNE SEIBEL, ADC DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA DARIUS KHONDJI, ASC, AFC CO-PRODUTTORE ESECUTIVO JACK ROLLINS PRODUTTORE ESECUTIVO RONALD L. CHEZ
CO-PRODUTTORI HELEN ROBIN RAPHAËL BENOLIEL PRODOTTO DA LETTY ARONSON, p.g.a. STEPHEN TENENBAUM, p.g.a. EDWARD
W WWALSON, p.g.a. SCRITTO E DIRETTO DA WOODY ALLEN
WWW.MAGICINTHEMOONLIGHT-ILFILM.IT
© 2014 GRAVIER PRODUCTIONS, INC.
DAL 4 DICEMBRE
AL CINEMA
FACEBOOK.COM/WARNERBROSITA
L’affare McTiernan
di Alessandro De Simone
artwork di Marco Letizia
Lo strano caso del regista di Die Hard e
Predator. Tra produttori potenti, loschi
detective privati e agenti federali, ecco la sua
storia. Più avvincente di un film
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
35
Quando era
ormai prossimo
alla bancarotta
fraudolenta,
John Travolta lo
chiamò per
fargli dirigere
Warbirds
CHE FINE HA FATTO JOHN McTIERNAN,
McTiernan con Bruce
Willis per Die Hard.
Sopra sul set di
Predator, in basso con
Schwarzenegger per
Last Action Hero
36
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
regista di grandi action come
Trappola di cristallo e Predator? Di lui
si sono perse le tracce nel 2003 dopo
Basic, thriller militare successivo al
tremendo remake di Rollerball. Ed è
una storia che va raccontata.
Tutto inizia nel 2001, durante la
difficilissima lavorazione del
rifacimento del film di Norman
Jewison, regista con cui McTiernan si
era già confrontato nel 1999 con
Gioco a due, elegante rivisitazione de
Il caso Thomas Crown. Sulla carta
John è la scelta migliore: regista
raffinato, amante del cinema europeo
e dei cineasti americani degli anni
Settanta, su cui si formò durante gli
studi cinematografici, come
raccontato a settembre durante una
dolorosa lezione di cinema al Festival
du cinéma américaine di Deauville,
che gli ha tributato un doveroso
premio alla carriera.
Qualcosa non funziona sul set, il
produttore Charles Roven non è
convinto del lavoro di McTiernan e
cerca di boicottare il film. Almeno
questo è ciò che pensa il regista, che
per accertarsene decide di assoldare
un investigatore privato, Anthony
Pellicano, per far controllare Roven.
Il film si chiude con enormi problemi e
la vita va avanti. McTiernan dopo
Basic non trova produttori,
conseguenza dell’essersi messo
contro uno degli uomini più potenti di
Hollywood.
Arriviamo al 2006: Pellicano viene
fantapolitica
arrestato dall’FBI, protagonista di uno
scandalo che scuote il mondo dello
show business. L’investigatore
intercettava e registrava illegalmente
le conversazioni di potenti personaggi
del cinema per ricattarli o rivendere le
informazioni a loro rivali. Il Bureau
rovista tra gli archivi di Pellicano e
risale a McTiernan. Chiamato in causa
dai federali con una semplice
telefonata, il regista nega di avere
fatto uso del detective. Convocato a
testimoniare in aula, McTiernan rivede
la sua posizione, ammettendo di avere
mentito a un agente federale, reato
che prevede una detenzione di
almeno quattro mesi. John potrebbe
cavarsela con una dichiarazione di
Il controverso
Anthony Pellicano.
Sotto McTiernan al
recente Festival di
Deauville
colpevolezza e una multa, ma non lo
fa. Decide di dare battaglia, convinto
di avere subito un’imboscata, una
linea difensiva che nega la
dichiarazione rilasciata in tribunale e
che lo porterebbe a una condanna per
spergiuro.
Che è quanto accade nel 2010, mentre
Pellicano sta già scontando il
secondo dei suoi quindici anni di
carcere. McTiernan viene omaggiato
di dodici mesi in una prigione
federale, ricorre in appello, spende
tutto quello che ha in avvocati per
uscire da una situazione tra Kafka e
John Grisham. Ma la realtà non è il
cinema, e il regista de Il 13° guerriero
non ha un’alba gloriosa: perde
l’appello e nell’aprile del 2013 finisce
in galera, da dove esce nel febbraio
del 2014.
I guai non sono finiti. Il tribunale del
Wyoming gli consegna un’istanza per
bancarotta fraudolenta, a seguito di
un disperato tentativo della famiglia
McTiernan di non perdere il proprio
ranch, ipotecato per sostenere le
spese legali. Ad agosto, durante
l’udienza susseguente, la rivelazione:
John Travolta, sua star in Basic, ha
dato la disponibilità a lavorare in un
progetto diretto da McTiernan dal
titolo Warbirds, per cui il regista
riceverà un milione di dollari, mentre
un altro è in sviluppo. Così da poter
pagare i debiti e ricominciare a
lavorare.
L’ultimo atto si consuma sul palco di
Deauville, dove McTiernan trasforma
la consegna del suo premio in un
gesto politico con un discorso da
brividi.
“Negli Stati Uniti è in corso una
seconda guerra civile, perpetrata da
chi aveva perso la prima. La
conseguenza è un buon presidente
prigioniero della Casa Bianca e una
nazione che negli ultimi vent’anni ha
ospitato nelle sue prigioni il 15% della
popolazione adulta, la maggior parte
proveniente dalle classi più povere,
togliendole il diritto di voto. E se il
15% della popolazione non può votare,
questo basta per avere il controllo
della nazione”.
Sembra una storia fantapolitica degli
anni Settanta. John dovrebbe proprio
farne un bel film.
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
37
intervista
76 anni a chi? Forma
smagliante, lingua tagliente e
ancora tanta, tanta voglia di
stupire: This Is Where I Leave
You. Parola di Lady Fonda
di Mattia Pasquini
55
anni di carriera e 76 appena compiuti, Jane Fonda
continua ad attraversare il cinema e i suoi generi
con un piglio non comune, come dimostra il personaggio della vedova protagonista di This Is Where
I Leave You, film diretto da Shawn Levy e sceneggiato dallo stesso autore del romanzo, Jonathan Tropper (edito in
Italia da Garzanti con il titolo Portami a casa). Rigida e affettuosa,
nostalgica e pragmatica, è lei il trait d’union di una famiglia allargata
e disfunzionale - composta da Jason Bateman, Tina Fey, Adam Driver, Rose Byrne, Corey Stoll e Connie Britton - riunitasi per la morte
del padre. Dopo due Oscar come Miglior Attrice e una quarantina
abbondante di film, continua a nascondersi quando si parla di talento comico, ma sullo schermo il risultato parla da solo. Merito di direzione e sceneggiatura, sicuramente, ma anche del carisma e del carattere che dimostra nelle battute regalateci a Toronto dove era per
presentare il film e la sua Hillary. Un personaggio per il quale si è offerta volontaria e ha accettato di ‘indossare’ un prorompente seno
finto che le richiedeva ogni volta tre ore di trucco e del quale odia
parlare (ma solo perché ammette di aver sperato che la gente pensasse fosse vero).
Impossibile non complimentarsi per l’interpretazione, come anche
non chiedersi perché sia così raro ormai vederla sullo schermo...
Grazie per il complimento, ma il perché non mi si veda più spesso al
cinema è semplice: perché sono vecchia. E Hollywood non è molto
amichevole con le donne anziane.
Eppure Dustin Hoffman ha recentemente dichiarato che i 70 anni
sono i nuovi 30, non è d’accordo?
Mente!
Perché, quanti anni si sente?
Settanta! Mi sento una settantenne. Vado per i settantasette, ma
non me ne sento più di una settantina. E non so cosa succeda a lui…
forse scherzava.
Non c’è un sistema per sentirsi più giovani?
Certo, dei buoni jeans e tanti soldi.
Anche un film come questo può aiutare, soprattutto a far emergere la commedia in una storia di fondo drammatica.
Oltre a un buon produttore e un meraviglioso regista. Paula Weinstein (produttrice insieme a Jeff Levine e Shawn Levy, ndr), aveva
comprato i diritti del libro circa sei anni fa e ha lavorato molto per
conservarne l’equilibrio anche sullo schermo.
Il cast tutto ha dato sicuramente qualcosa in più, come avete
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
Jane Fonda
protagonista della
divertente
commedia di
Shawn Levy
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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intervista
creato il legame tra voi?
Nasce tutto dal fatto di essere
in una grossa scatola che
chiamiamo recitazione, ma il
testo di Jonathan Tropper e il
modo in cui l’ha scritto hanno
davvero creato l’atmosfera.
Shawn Levy racconta di aver
voluto la gente giusta per il
tono che voleva dare al racconto e che vi radunavate
tutti su uno stesso letto a
scherzare e riposarvi. Come è
stato passare 25 giorni nella
stessa casa di Long Island in
una comunione tanto stretta?
Un inferno! Scherzo, è stato
fantastico. È davvero uno di
quei casi in cui si può dire di
essersi trovati. E voglio aggiungere che devo togliermi il
cappello davanti a Shawn, per
la caparbietà e il genio con cui ha insistito su una cosa in particolare; ha voluto davvero fortemente
Adam Driver, e non avrebbe accettato un no, per
quanto fosse molto, molto difficile. Ha dovuto vendere l’anima per poterlo portare da Girls al ruolo di Phillip, il fratello minore. Lo ringrazio davvero per questo.
Eppure il rapporto più intimo lei sembra averlo
avuto con Debra Monk, considerato il bacio che Hillary scambia con Linda.
Ho adorato farlo. Abbiamo provato per settimane,
baci veri! L’ho chiesto io. Sarà per questo che mi sono identificata tanto con Hillary. Shawn non ci credeva, ma abbiamo davvero fatto le prove; con Debra
“Sono sparita di scena?
Hollywood non è molto amichevole
con le donne anziane”
siamo diventate molto amiche, di fatto, e ci siamo divertite molto preparandoci. Ancora oggi ci vogliamo
molto bene e ne vogliamo ai nostri rispettivi partner.
Anche il suo prossimo progetto la porterà di nuovo
40
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
Jason Bateman
con Tina Fey. Sotto
ancora Jane Fonda
con Debra Monk in
This Is Where I
Leave You
a incontrare vecchie amiche: di nuovo con Lily
Tomlin e Dolly Parton 35 anni dopo Dalle 9 alle 5...
orario continuato nella serie Grace and Frankie, con
Sam Waterston di The Newsroom e Martin Sheen
nei panni di suo marito.
Sì, sto preparando questa serie proprio sulle donne
di una certa età, ma non c’è molto di quel film. Se
vogliamo, è un tornare indietro nel tempo, ma stavolta sarà più dinamico e meno conservativo. Non faremo quello che facemmo allora. Per altro mi dicono
che a Broadway fosse più divertente di quanto fosse
il film.
È la tv il vero cinema, oggi?
Non so se il vero cinema sia in televisione oggi. Che
sia ormai il modo migliore per entrare nelle case, non
c’è dubbio. Così come è indiscutibile che abbia alcuni
dei migliori autori in circolazione e che fare film sia diventato troppo caro. Alcuni di quelli che ho fatto oggi
non sarebbero potuti essere realizzati dagli Studios,
sarebbero stati film indipendenti. Il che vuol dire che
avrebbero dovuto trovare finanziamenti in maniera
davvero ardua. Studios e produttori indipendenti non
vogliono assumersi rischi a meno di non vedere una
chiara possibilità di guadagno. La televisione ne sta
godendo i benefici e oggi ci sono grandi attori - tra i
quali molti di questo film, direi tutti - che ci lavorano.
Credo che la cosa migliore sia fare avanti e indietro
tra i due media.
Prima di salutarla, una curiosità: continua a intimidire gli attori, soprattutto quelli giovani?
Forse per due minuti. Ma sono fondamentalmente
una persona molto alla mano, semplice, e non ci vuole
molto in genere perché gli altri, anche gli attori più
giovani, si accorgano che sono spaventata esattamente come loro. Non so se le persone di talento siano spaventate dal fatto di presentarsi al pubblico con
tutte se stesse, di diventare fisicamente la tela su cui
un pittore costruisce la sua opera, ma io sì. Quando la
gente lo capisce, smette di avere paura di me.
LUIGI MUSINI, ELISABETTA OLMI E RAI CINEMA PRESENTANO
UN FILM DI
ERMANNO OLMI
CON
CLAUDIO SANTAMARIA
ALESSANDRO SPERDUTI
FRANCESCO FORMICHETTI
ANDREA DI MARIA
CAMILLO GRASSI
NICCOLÒ SENNI
E CON
foto: Simone Falso - grafica: P. Sestito
DOMENICO BENETTI
ANDREA BENETTI
UNA PRODUZIONE CINEMAUNDICI, IPOTESI CINEMA CON RAI CINEMA
IN ASSOCIAZIONE CON BANCA POPOLARE DI VICENZA AI SENSI DELLE NORME SUL TAX CREDIT IN ASSOCIAZIONE CON RENATO RAGOSTA TEAM HOLDING S.R.L. AI SENSI DELLE NORME SUL TAX CREDIT
IN ASSOCIAZIONE CON NONINO DISTILLATORI S.P.A. AI SENSI DELLE NORME SUL TAX CREDIT IN COLLABORAZIONE CON EDISON S.P.A.
CON IL SOSTEGNO DELLA REGIONE DEL VENETO FONDO REGIONALE PER IL CINEMA E L’AUDIOVISIVO
FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE CON CONTRIBUTO DEL MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO - DIREZIONE GENERALE PER IL CINEMA
T
CON IL SOSTEGNO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - STRUTTURA DI MISSIONE PER GLI ANNIVERSARI DI INTERESSE NAZIONALE
Città di Asiago
capitale
RO EPPUR
MA
Festival, Festa… Le continue metamorfosi di un “macro evento
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
SI PROVA
metropolitano” ancora in cerca di identità
di Valerio Sammarco
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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capitale
A
‘‘
Lasciando
il glamour a
Cannes e il
cinema d’arte
a Venezia,
quanti
film-evento
rimangono?
nche il futuro di un macroevento di
cinema scaturisce dalla possibilità di
fornire risposte nuove, in un’andata e
ritorno continua con il proprio passato,
ripercorso e ragionato”. Film “popolari ma
singolari”, “centralità del pubblico, che diviene
protagonista assoluto nel valutare i film, i contenuti
del programma”. “Mettersi in gioco, regalarsi
inversioni di rotta”. Da Festa a Festival
Internazionale, per ritornare Festa e avvicinarsi “alle
nuove filosofie dei macroeventi metropolitani, che
devono rimanere sempre in movimento, come le
città che li ospitano”. I virgolettati sono quelli di
Marco Müller, all’ultimo mandato da direttore della
rassegna capitolina che qualche giorno fa ha calato
il sipario sulla IX edizione (e che ha visto anche le
dimissioni del dg Lamberto Mancini). Dei film, nello
specifico, ne parliamo poco più avanti: qui
proviamo a capire a che punto è arrivata la
“metamorfosi” di un evento che, agli albori della sua
ancor breve esistenza, portava sul red carpet Martin
Scorsese e Leonardo Di Caprio (The Departed) e
che oggi affida la chiusura a Ficarra & Picone. Una
Festa è pur sempre una Festa, a prescindere dagli
“invitati”? Per noi addetti ai lavori, ammettiamolo,
vedere un film sapendo che in sala ci sia Scorsese o
Ficarra cambia poco. Ma per chi volesse assicurarsi
– a 25 euro… - il biglietto per la première in Sala
Santa Cecilia, applaudire Di Caprio o Picone è la
stessa cosa? Ok, The Departed non era in anteprima
mondiale, a differenza di Andiamo a quel paese che
però, guarda caso, esce in sala il 6 novembre, a
pochi giorni dalla fine del Festival.
“Anteprima mondiale”… Il Festival quest’anno, nella
Selezione ufficiale, ne ha presentate 24 (su 51
lungometraggi), 16 delle quali battenti bandiera
italiana: 3 su 8 in Cinema d’oggi, 5 su 6 in Gala, 8 su
8 in… Prospettive Italia. Tra gli 11 “Eventi” altri 9
inediti mondiali, 5 dei quali italiani. Riassumendo: 33
anteprime mondiali, 21 italiane. Una Festa
“nostrana”, dunque? Un controcampo italiano di
Ficarra e Picone:
Andiamo a quel
paese. A destra La
foresta di
ghiaccio, sopra
I milionari. In
apertura Soap
opera
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
“mülleriana, lagunare” memoria?
Etichettare così la kermesse sarebbe francamente
ingeneroso, il mondo si è presentato con altri 20
paesi partecipanti (compreso il Qatar), ma è la
dimensione complessiva della manifestazione che
continua a sfuggire, “schizofrenica” come da un
paio d’anni l’ha ribattezzata lo stesso Müller, mai del
tutto Festival, ancora poco Festa: al pubblico, lo
crediamo fortemente, che il film scelto sia o meno
un’anteprima mondiale importa relativamente.
Diverso è provare a convincerlo di essere parte di
un “evento”: si pensi alla scorsa edizione, al delirio
che accompagnò Jennifer Lawrence per Hunger
Games – La ragazza di fuoco. In quell’occasione si
risvegliò una macchina che fece tornare alla mente
– e agli occhi – il festoso caos che vestiva
l’Auditorium nel 2006: allora il budget era di circa 9
milioni di euro, oggi sono diventati 6. Il problema, al
netto di una relativa flessione in termini di capacità
economica e di un ormai abituale trend che
coinvolge anche altri Festival (leggi: Venezia),
inerente la difficoltà da parte delle major di
(sovra)spendere per mandare film e talents in giro
per l’Europa, è quello del posizionamento: si dice da
sempre, si nega dallo stesso tempo, ma lasciando il
glamour a Cannes e il cinema d’arte a Venezia, quali
e quanti potranno mai essere, in un anno, i filmevento che potrà mai ospitare Roma?
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Le Aziende del Cinema, della TV, della Comunicazione
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Tutte le e-mail ed i siti
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Le sale e le multisale italiane
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GALASSIA
SOMMERSA
Finiti i super, rimangono
gli eroi: la Marvel pesca dal
mazzo il jolly che non
t’aspetti e punta sui
Guardiani. Un azzardo con
tutte le carte in regola
di GianLorenzo Franzì
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
C’È UNA STRATEGIA IN CORSO, all’interno degli studi
della casa editrice Marvel Comics: preso atto dell’enorme
successo dei film direttamente prodotti da lei - con i
nuovissimi e dinamici Marvel Studios, che hanno sfornato
blockbuster assoluti come Iron Man, Thor e Avengers - e
considerando che i diritti su alcuni eroi “storici” sono
appannaggio di altre case di produzione - parliamo degli
X-Men e dei Fantastici Quattro con la Fox, di Spider-Man
con la Sony - i creativi di Park Avenue stanno lentamente
mettendo da parte i superesseri di cui non possono
parlare al cinema spostando il fuoco su eroi meno
conosciuti, ma sempre appartenenti a quel pantheon
mitico e soprattutto pieno di storie da raccontare che è il
Saga divertente, con una miscela
riuscita tra Guerre stellari, Avengers
e tanto “cinema B”
loro universo. È in quest’ottica che va vista la rinascita
editoriale dei Guardiani della Galassia, gruppo spaziale
nato tantissimi anni fa ma solo recentemente
protagonista di un mensile autonomo: e che adesso
sbarca e sbanca al cinema per mano dell’ex Troma James
Gunn, autore che diverte perché si diverte a raccontare di
un super team composto da un procione e un albero
parlanti, dalla figlia di un criminale, da un ex deportato e
da un Peter Pan fuori di testa. Questo è il curriculum di
partenza di Guardians of The Galaxy, che fin dalla prima
inquadratura dà l’emozione di una space-saga con una
miscela riuscita di Guerre stellari, Avengers e tanto
“cinema B” pieno di vitalità ed energia. Avventura,
dramma e commedia sono dosati al bilancino, ma sempre
con passione; e lo spirito sincero e dissacrante dei
personaggi, quindi per traslato del regista, fa il resto,
restituendo un film che colma la distanza fra Spielberg e
J.J. Abrams - come dire, la miglior fantascienza al cinema
di ieri e di oggi. È in questo senso che questo nuovo
tassello Marvel divertentissimo e appassionato sembra
suonare le stesse note che toccava Lucas tanti anni fa (e
ora non più), ed è così che si appresta a diventare (uno
dei) miglior cinecomic di sempre, senza toccare gli abissi
di depressione e/o ossessione del Nolan batmaniano e
senza avvicinarsi al vuoto pneumatico di un qualsiasi
Transformers. Ma restando felicemente in volo, in mezzo.
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
47
e Gala
Steven Soderbergh si dà alla televisione.
E il risultato è The Knick: al livello della sua fama
MOLTI SI CHIEDONO se e quando
Steven Soderbergh terrà fede al suo
proposito di smettere con il cinema. Di
fatto ha mantenuto la parola, dato che
la sua ultima fatica Dietro i candelabri è
in realtà un film tv prodotto dalla HBO,
un successo di critica e di pubblico che
deve avergli dato fiducia. Inevitabile
l’approccio alla serialità, a modo suo
ovviamente. The Knick – ospitata tra i
Gala del Festival di Roma – racconta le
avventure del Dr. John Thackery,
geniale chirurgo che all’alba del
ventesimo secolo prende le redini del
Knickerbocker Hospital, raccogliendo
l’eredità del suo mentore morto
suicida. L’ospedale è in difficoltà, ma il
team vuole fornire un’assistenza
sanitaria moderna, rivoluzionaria, e
nelle dieci puntate della prima stagione
scopriremo come e quali complicati
intrecci si formeranno.
Trama a parte, The Knick (vedi pag. 76)
è un prodotto di altissimo livello,
curiosa e affascinante traslazione
temporale di un riuscitissimo mix tra
E.R. e House, a cui Soderbergh, che ha
diretto tutti gli episodi della prima
stagione, ha aggiunto una potente
componente politica e sociale,
spaziando dalla discriminazione
razziale, quella perpetrata nei confronti
del dottor Algernon Edwards,
eccellente chirurgo ma di colore,
all’aborto, fino agli attualissimi
problemi del sistema sanitario
americano, non risolti dalla riforma
Obama. Il tutto confezionato con
grande classe, con la dovizia di
particolari a cui Soderbergh ci aveva
abituati all’inizio della sua carriera,
quella di Delitti e segreti, di cui
ritroviamo a tratti la pedante
perfezione formale, volutamente
sporcata da una regia opportunamente
schizofrenica. Nei panni del Dr.
Thackery troviamo un magnifico Clive
Owen, luminare cocainomane e dalle
multiple personalità. Un alter ego dello
stesso Soderbergh, che prima o poi
deciderà cosa vuole fare da grande.
Per ora la televisione sembra divertirlo,
dato che per il 2015 sono previsti la
seconda stagione di The Knick e il
debutto della serie tratta dal suo film
The Girlfriend Experience. Tifiamo tutti
per Sasha Grey protagonista.
PARLANDO
“SERIALMENTE”...
di Alessandro De Simone
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
i film
Pop sì, ma di
qualità: le quattro
perle da
collezione nella
sezione Gala
GEMME D’AUTORE
Escobar: Paradise Lost
(di Andrea Di Stefano)
Andrea Di Stefano, attore per
Bellocchio, Argento, Özpetek e Ang
Lee, esordisce come regista con un
film che ha la scattante energia di un
B-movie e può avvalersi di un
protagonista di richiamo come Benicio
Del Toro. Girato a Panama e
ambientato nella Colombia dei narcos,
il film racconta del giovane Nick (Josh
Hutcherson), turista e surfista
canadese, che incontra Maria e se ne
innamora. Non può sospettare che la
ragazza sia la nipote del boss della
coca Pablo Escobar (Del Toro), giunto
ormai agli ultimi anni del suo regno.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
Escobar: Paradise Lost è un thriller
d’azione e tensione, condotto con
mano ferma e con un Del Toro
magnetico e fisicamente
camaleontico. Certo, il film utilizza gli
stereotipi del genere e può essere
visto come un compendio di situazioni
colombiane ad uso del pubblico
americano ed europeo. Certo, Nick si
trova preso in una serie di svolte che
lo fanno essere più l’eroe di
un’avventura che non un verosimile
personaggio. Ma non è questo che si
chiede al film: che è racconto
romanzesco e romantico, con una
buona dose di violenza. Il mare del
tropico, la giungla, la corruzione, le
stravaganze, il sangue. Più l’Escobar di
Del Toro, tutto droga e famiglia, un
bravo sia pur mostruoso ragazzone
dai toni populisti cui sembra sia
capitato per caso di trafficare in droga
e che con questo commercio tiene in
piedi l’economia locale. Del Toro non è
il Brando del Padrino, ma è pur
sempre convincente come papà, come
amata figura pubblica e come esperto
criminale. Insomma, l’esordiente e
ambizioso Di Stefano lascia il segno.
BRUNO FORNARA
Still Alice
(di W. Westmoreland, R. Glatzer)
Oltre 36 milioni di persone in tutto il
mondo sono affette da Alzheimer.
Entro il 2050, 1 persona su 85 sarà
colpita dalla malattia. Basterebbero
questi numeri a giustificare
l’interesse per un film come Still
Alice, non il primo a tema ma
inedito nell’approccio in soggettiva.
Tratto dal bestseller di Lisa Genova
e diretto da Wash Westmoreland e
Richard Glatzer (quest’ultimo
affetto da SLA), è incentrato su una
professoressa universitaria (Julianne
Moore), cui viene diagnosticata una
forma precoce di Alzheimer. L’ottica
spostata sulla protagonista finisce
per sacrificare il côté familiare
(peccato perché i personaggi
sembrano interessanti e gli
interpreti partecipi, da Alec Baldwin
a Kate Bosworth, da Hunter Parrish
alla sorprendente Kristen Stewart),
ma si rivela efficace a sprofondarci
nell’abisso della malattia. La sua
forza è questa soggettiva sdoppiata
in cui la Alice sana, quella di un
tempo, osserva la Alice di ora,
sempre più irriconoscibile.
Funzionale in questo processo l’uso
insistito degli specchi e quello della
tecnologia, con la protagonista che
usa il proprio smartphone o il pc per
aiutare la persona che sta
diventando a ricordare e, nel caso,
ad agire come si deve. Il progressivo
scivolamento di Alice nello spazio
bianco dove non ci sono più parole,
significati e ricordi, avviene senza la
temuta enfasi melodrammatica.
Anche se la performance
spaccacuore della Moore è di quelle
che nemmeno l’Academy – finora
ingenerosa con l’attrice – potrà
ignorare.
GIANLUCA ARNONE
Eden
(di Mia Hansen-Løve)
Parigi, 1990. Qualcosa si
muove nei bassifondi della
musica dance. Una sorta di
“maggio francese” sonoro
che vede Paul tra i pionieri,
insieme a un duo di ragazzi
dimessi che si fanno
chiamare Daft Punk,
destinati a diventare
l’ensemble di elettronica più
famoso del mondo. La
fanzine “Eden” diventa il
testo sacro di una forma più
ossessiva di house, il
cosiddetto garage. Inglesi e
americani parlano di “french
touch”. La rivoluzione ha
inizio. Mia Hansen-Løve
racconta una generazione
che riparte da zero. Di un
ventennio prima le ideologie,
degli anni 80 il riflusso.
Adesso tocca rimettere in
circolo le energie, prima di
tutto creative, in un contesto
già lisergico di suo.
L’insostenibilità dell’essere,
che investe uno degli amici
di Paul, è diffusa; le difficili
relazioni sentimentali fanno
presagire (melo)drammi più
vasti, in un film che pare la
decalcomania estetica di
Désordre – Disordine
(Assayas, 1986) però con
sceneggiatura di Philippe
Garrel. Nonostante Paul sia il
centro di gravità permanente
della storia, Eden è una
polifonia con l’ambizione di
raccontare i ventenni di un
decennio che sta tornando di
moda, prosciugato da molti
suoi riferimenti iconici e
invece saturo di suoni
moderni ancora oggi. Nel
cast volti del cinema
francese. A parte i Daft Punk
nel ruolo di se stessi, da
segnalare il giovane
protagonista Félix de Givry.
MAURO GERVASINI
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
51
i film
L’amore bugiardo
(di David Fincher)
Una donna (R. Pike) sparisce il
giorno del suo quinto anniversario
di matrimonio. Principale indiziato: il
marito (B. Affleck). Nonostante lo
spunto, L’amore bugiardo di
Fincher non è un thriller. Manca la
detection e anche la suspense abita
altrove. È allora un mélo? Potrebbe,
se il regista amasse i suoi
personaggi. Il fatto è che questo
Amore bugiardo appare ogni volta
altro dalle nostre presupposizioni.
Più che essere, non è: né mistery né
comedy né dramedy. Testo
mimetico, che si camuffa dietro un
nickname che non rimanda a nulla,
se non a se stesso. Come The Social
Network. Curioso che pure stavolta
le forze rigeneratrici del capitalismo
Usa vengano ricondotte a pulsioni
narcisistiche collettive e individuali.
Che la vera merce del millennio sia
ancora una volta l’intimità? E poi la
donna scomparsa non è diversa
dall’oggetto nella cultura del
packaging e dall’amico nella
socialità facebookiana. È solo vuoto
e desiderio. Come questo film.
GIANLUCA ARNONE
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
E GLI
ITALIANI?
Dopo Venezia, i nostri
non concedono il bis: dai
Milionari a Biagio, manca
sempre qualcosa. Con
un’eccezione: Fino a
qui tutto bene
di Federico Pontiggia
C
HE ITALIA CHE FA? Se
Venezia aveva convinto con il
tris Martone, Munzi e
Costanzo, Roma non bissa, e
non c’è da stupirsi: non abbiamo
abbastanza qualità per mettere in
cartellone sei film di valore in due
mesi. Nel concorso – non concorso di
Roma, ovvero Cinema d’Oggi (CdO),
Alessandro Piva racconta con stile
classico, sul modello del gangster
movie di formazione alla Quei bravi
ragazzi, I milionari: derivazione
libraria, focus psicologico sul
wannabe borghese e camorrista per
inerzia Francesco Scianna, un
prodotto onesto, dignitoso, ma nulla
più. Poi, Biagio (CdO) di Pasquale
Scimeca: cristico, pauperista,
francescano e quel che volete, ma
dopo 100 anni e passa di storia del
cinema non può esistere così com’è.
Va bene il naïf, ma si esagera, c’è
conversione ma non sulla via
dell’update poetico-formale. Opposto
il problema de La foresta di ghiaccio
(CdO), opera seconda del talentuoso
Claudio Noce: sequenze persino
mozzafiato, regia che vuole e sa osare,
ma la sceneggiatura non è all’altezza
delle ambizioni del soggetto, che
mischia Balcani, fratellanza,
redenzione e vendetta. Bravi gli
interpreti (Adriano Giannini, Emir
Kusturica, Ksenia Rappoport e
Domenico Diele), ma troppi buchi,
vuoti e omissis drammaturgici. Se Soap
Opera (Gala), film d’apertura di
Alessandro Genovesi, è metafora
troppo facile e detrattiva, sono i Tre
tocchi quelli buoni a dire per
paradosso dell’intero festival: visione,
concentrazione, velocità. Non solo per
quello eponimo di Marco Risi (Gala),
collage di storie di attori sfigati cui
pare impossibile legarsi, ma per l’intera
pattuglia tricolore vale il contrario: tutti
e tre insieme, questi tocchi non li ha
nessuno. Anzi, uno li ha: Fino a qui
tutto bene (Prospettive Italia), opera
seconda di Roan Johnson. Protagonisti
cinque universitari a Pisa che stanno
consumando l’ultimo weekend nella
casa dove hanno convissuto, stretto
amicizia, fatto feste, bevuto, amato e,
sì, anche studiato. Fresco, vitale e
libero, scorre che è un piacere, grazie
ad attori sconosciuti quanto bravi, uno
script “rubato” agli studenti intervistati
e… la vita. La vita.
/itonidellamoreilfilm
@KochMediaIT
20 NOVEMBRE AL CINEMA
www.itonidellamore.it
Consigliato da
intervista
A breve sul nuovo set di Tarantino, l’ex Iena ci parla anche
di Hope Lost e 2047: Sights of Death: “Non è facile trovare
la chiave per accedere a personaggi oscuri”
di Emanuele Rauco
Michael Madsen
Cattivo per finta
UNA CAMICIA che pare una tela di Miró, lo sguardo sempre un po’ serrato, come se il sole lo colpisse in volto. Michael Madsen non è un tipo che fa fede al suo personaggio: è il suo personaggio. E quando lo incontriamo per parlare dei due film che sta promuovendo con la Ambi Pictures (2047: Sights of Death e Hope Lost, prodotti e diretti
da cineasti italiani), l’ex Iena e amico di Tarantino non ci delude, visto che il periodo per lui è particolarmente ricco.
Dei due film che stai promuovendo, Hope Lost sembra
molto duro anche per i tuoi standard.
In questo film c’è una violenza che non avevo mai visto
prima. Ci sono due scene in particolare davvero disturbanti e sono credibili ed efficaci anche grazie al cast che produttori e regista hanno messo insieme, da Danny Trejo a
Mischa Barton; e anche Sights of Death è notevole, con il
grande Rutger Hauer come protagonista.
Visto che in questo momento lavori molto, ci racconti
come scegli i progetti?
I buoni film oggi sono rari, soprattutto perché fare film costa molto meno di un tempo, e quindi chiunque pensa di
poterlo fare. Quello che mi spinge a scegliere un personaggio, anche atroce e tremendo, è il fatto di potergli dare
una coscienza, un’umanità,
esplorare il lato “chiaro”
del male. Non è facile trovare la chiave per accedere
a personaggi così oscuri,
andando anche contro la
mia coscienza di uomo:
H o p e L o s t ra cco n t a d i
schiave e sfruttamento
della prostituzione e il mio
personaggio è ispirato a
un uomo realmente esistiMichael Madsen
con Harvey Keitel
to, ma anche se fa male,
e Steve Buscemi
cerco di dare umanità done Le iene
ve possibile. Un altro moti-
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
vo per cui scelgo sono i colleghi o le location, e in questo
caso Sights of Death è perfetto: la storia è intrigante, i
compagni erano fantastici (oltre a Hauer, Daryl Hannah,
ndr) e Roma in cui abbiamo girato è eccezionale, con
maestranze dedite e appassionate al proprio lavoro. A novembre comincio a girare The Hateful Eight con Quentin
Tarantino. È la quarta volta che lavoro con lui, lo stimo come uomo e genio. E poi ho girato una love story nera a
Las Vegas (Death in the Desert) e un film a Istanbul, appena finito (Magi). Insomma, mi tengo impegnato.
Al di là dei tuoi film, sei un’icona per un certo tipo di cinema di genere. Sei d’accordo e cosa si prova?
Sono felice di essere entrato nell’immaginario, anche se
non credo di essere un’icona e faccio solo il mio lavoro. Se
sono diventato ciò che sono come attore lo devo in parte
a James Cagney, un attore di cui lessi la biografia da giovane e raccontava il modo in cui lavorava sui contrasti dei
personaggi: se era il cattivo ne tratteggiava l’umanità e le
ragioni, se era il buono i lati oscuri. Eroi con segreti, cattivi
con lampi eroici. Ecco forse perché la gente mi ama.
Visto che per questo motivo sei uno dei principali elementi di interesse nelle opere in cui appari, partecipi in
qualche modo al processo
creativo?
Mi piacerebbe molto aiutare gli sceneggiatori, i produttori e i registi a creare il
f i l m , p e rc h é h o s p e ss o
grandi aspettative sui progetti che non sempre si traducono in grandi film. Ma
credo giusto che ognuno
abbia la propria idea, che
faccia la propria parte nel
processo produttivo, abbia
il ruolo che gli spetta senza
interferenze.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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RITRATTI
di Orio Caldiron
Dark lady
autodistruttiva,
con King Vidor
l’incontro più
importante.
Fisicità e fisica:
che “salto di
frequenza”!
Lamarr
Venere
peccatrice
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
N
Hedy Lamarr.
A sinistra nel
ritratto di Marco
Letizia
Nessun’altra attrice incarna meglio di
Hedwig Eva Maria Kiesler gli splendori e le
miserie dell’emigrazione sulla rotta ViennaBerlino-Hollywood, prima e dopo l’avvento
del nazismo. Figlia di un direttore di banca e
di un’ex-pianista entrambi di origine ebraica,
nasce a Vienna il 9 novembre 1914. Studia
recitazione con Max Reinhardt, che la dirige
a teatro, mentre la si nota nelle sue prime
apparizioni sullo schermo. La celebrità arriva
soltanto con Estasi (1933) di Gustav Machatý
che, premiato alla 2° Mostra di Venezia, fa
della impacciata diciottenne che corre nuda
nel bosco prima di tuffarsi nel lago il sex
symbol degli anni trenta. Nell’autunno del
’37 – dopo una rocambolesca fuga dalla
prigione dorata in cui il primo marito,
l’equivoco mercante d’armi Fritz Mandl
l’aveva rinchiusa – viene scoperta da Louis B.
Mayer, il mogul della Mgm che la ribattezza
Hedy Lamarr ancor prima dello sbarco in
Usa. Negli studi californiani affollati di
europei, per la nuova arrivata ci sono solo
ruoli di straniera bellissima ma calamitosa.
L’avventuriera traditrice di Un’americana
nella casbah (1938), la spregiudicata
rovinafamiglie di La febbre del petrolio
(1940), la disinibita indigena di La sirena del
Congo (1942) confermano la sua strepitosa
fotogenia, la marmorea fisicità di un corpo
senz’anima. L’incontro più importante è
quello con King Vidor per Il molto onorevole
Mr. Pulham (1941), un’amara commedia che
si interroga sull’american dream dove è
un’immigrata europea dallo spiccato
accento austriaco decisa a affermarsi a ogni
costo, diventando più americana degli
americani. Negli alti e bassi di una carriera
diseguale, si cimenta in tutti i generi, nel
musical e nell’esotico, nello spionistico e nel
drammatico, accanto ai divi del momento da
Charles Boyer a Clark Gable, senza mai
allontanarsi troppo dal personaggio della
predatrice compulsiva e scandalosa. Nel ’46
tenta la produzione indipendente con
Venere peccatrice, il piccolo capolavoro noir
firmato Edgar G. Ulmer che rivela le fragilità
di una autodistruttiva dark lady in cui si
riconosce. Quando DeMille la vuole per
Sansone e Dalila (1949), fumetto biblico
magniloquente, la popolarità della diva è al
massimo. In coppia con Victor Mature, la sua
abbagliante sensualità fa fremere le platee.
Ma negli anni seguenti siamo già al fine
partita. La sua vita privata, in cui colleziona
sei mariti, due figli, innumerevoli relazioni, è
sempre più in bilico tra laceranti conflitti
emotivi che confida allo psicoanalista e
momenti di grande lucidità in cui gioca in
Borsa con successo. La stampa si occupa di
lei solo in occasione degli arresti per
cleptomania. Se ne ricorda Andy Warhol nel
suo film Hedy the Shoplifter del ’66,
spericolato omaggio alla “donna più bella
del mondo” ormai sfiorita. Ma la rivincita
arriva quando nel 1997 l’Electronic Frontier
Foundation le conferisce il Pioneer Award
per l’invenzione del frequency hopping, il
salto di frequenza che aveva brevettato più
di cinquant’anni prima, rivelatosi alla base
della moderna telefonia mobile. “Era ora”,
commenta la coriacea ultraottantenne che il
19 gennaio 2000 scompare in Florida.
Nasceva un secolo fa,
per Andy Warhol era la
“donna più bella del
mondo”
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
57
OGNI LEGGENDA HA UN INIZIO.
La vera storia del gruppo icona degli Anni ‘60.
IN BLU-RAY E DVD
DAL 19 NOVEMBRE
PER VISUALIZZARE
I CONTENUTI EXTRA DEL FILM
SCARICA L’APP DI AR-CODE
E INQUADRA L’IMMAGINE
I TOP 5
60
al Cinema
OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO
Due giorni, una notte
62
66
Frank
65
Storie pazzesche
69
Calvary
Il sale della terra
64
66
No Good Deed
Tre cuori
67
Sils Maria
68
Adieu au langage
60 Due giorni, una notte
62 Il sale della terra
64 Tre cuori
65 Storie pazzesche
65 Trash
66 Frank
66 No Good Deed
67 Sils Maria
68 Adieu au langage
69 Preview
Calvary
Il ragazzo invisibile
Magic in the Moonlight
Lo Hobbit: La
battaglia delle cinque
armate - 3D
Ritorno a casa
Sognando Masterchef
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
59
i film del mese
C'è un cuore,
un'anima e un
corpo a pezzi nel
nuovo lavoro dei
Dardenne
60
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
DUE GIORNI,
UNA NOTTE
I fratelli belgi non arretrano di un centimetro: ecce homo
al tempo della crisi. Straziante la Cotillard
In uscita
Regia Jean-Pierre e Luc Dardenne
Con Marion Cotillard, Fabrizio
Rongione
Genere Drammatico (95’)
C
è un cuore, un’anima
e un corpo smembrato
nel nuovo film dei
fratelli Dardenne.
Il cuore che suda, sanguina,
pulsa, è di Marion Cotillard,
che “alla prima” con i
maestri belgi conserva il
sapore di ruggine e ossa
che le aveva lasciato
addosso Audiard: sfibrata,
smunta, scarmigliata,
completamente off
glamour, mai così
veracemente bella. E brava.
’
È nuda, tant’è fragile. E
vinta. La sua rassegnazione
può farti ammattire. Chi
scommetterebbe sulla sua
riuscita? Neanche il tempo
di rialzarsi da una
depressione, che lei
sprofonda di nuovo, messa
al tappeto dall’azienda che
le ha messo tra i piedi la
tagliola del licenziamento:
d’altra parte, perché pagare
uno stipendio in più quando
puoi ottenere stessa resa a
minor costo (ovvero
quando gli altri possono
lavorare di più, per lei)? La
palla passa ai suoi sedici
colleghi, cui è stato
promesso un bonus di mille
euro all’anno se voteranno
sì alla rimozione della
donna. Non è la legge della
crisi ma la logica del
Capitale, nessuno se ne
scandalizza più (e non è
questo forse lo scandalo?).
Sandra – il nome della
nostra riluttante eroina – è
sul punto di arrendersi. Chi
voterebbe mai a suo favore?
I Dardenne interpellano
tutti, certo, ma il dilemma
morale è altrove, e riguarda
appunto la scelta di Sandra:
arrendersi all’evidenza o
provarci? Rintanarsi a letto
o convincere i colleghi
nonostante tutto? Ma tutto
cosa? Ciò che impressiona
di più di questo
vagabondaggio alla ricerca
di solidarietà è l’arrogante
debolezza dell’egoismo:
non ha ragion d’essere, mille
euro all’anno non ti
cambiano la vita, eppure…
Eppure il male ha messo
radici. Due giorni, una notte,
questo tempo circoscritto e
insieme assoluto - un
tranquillo weekend di
Passione nella via crucis di
Sandra - mantiene intatta la
forza del cinema dei
Dardenne, che è quella della
rivelazione: laddove altri
avrebbero cavato fuori uno
scontato pamphlet sulla
crisi, i due belgi cercano
ancora una volta Adamo,
rifiutando qualunque forma
di mediazione politicosociale. Palese d’altra parte
come non ci sia (più) etica
nel capitalismo (con buona
pace di Weber) né
vicinanza tra il proletariato
(con tanti saluti a Marx).
Forse una volta c’erano le
classi e uno schema di
rappresentazione del
mondo. Oggi rimangono al
massimo un corpo sociale
smembrato e una dilagante
guerra tra poveri. Ma anche
queste sono definizioni di
comodo. Per i Dardenne ci
sono essenzialmente uomini
e donne. Alcuni ti voltano le
spalle, altri te ne offrono
una su cui piangere. C’è
l’azienda ma anche la
famiglia, autentica anima di
questa storia. Il dirigente
infido e l’amore paziente di
un marito. E ci sono, come
sempre nel loro cinema, i
bambini, custodi di una
rinnovata speranza. Persino
oggi. Anzi, oggi più che
mai.
GIANLUCA ARNONE
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
61
i film del mese
IL SALE DELLA TERRA
Il capolavoro di Wenders per “ritrarre con la luce” i capolavori di Salgado
In sala
Regia Wim Wenders, Juliano Ribeiro
Salgado
Genere Documentario (109’)
FOTOGRAFARE. Dal greco: scrivere
con la luce, ritrarre. In pochi lo hanno
saputo fare, lo sanno fare, come
Sebastião Salgado, raccontato da Wim
Wenders (e dal figlio Juliano Ribeiro
Salgado) nello splendido documentario
The Salt of the Earth, presentato in Un
Certain Regard al Festival di Cannes
(Premio Speciale della Giuria), e
recentemente nella sezione Wired Next
Cinema del Festival di Roma. Seguendo
il fotografo negli ultimi viaggi, e
ascoltando dalla sua voce la storia dei
suoi scatti più importanti, il regista
tedesco dà vita ad una creazione che
alimenta il cinema con il suo nutrimento
primario: l’immagine.
Il sale della Terra sono gli uomini, seguiti
62
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
da Salgado in 40 anni di carriera: alcuni
tra i fatti più sconvolgenti della nostra
storia - conflitti internazionali, carestie sono stati immortalati nel bianco e nero
inconfondibile, di rara potenza, del
fotografo brasiliano. Da Other Americas
a Sahel, The End of the Road, da
Workers a Exodus, il lavoro di Wenders
e Salgado Jr. tenta di riscrivere,
attraverso una nuova luce,
l’interminabile cammino di Salgado, la
completa adesione di quest’uomo al
“momento” che ha saputo fermare,
consegnando alla Storia le troppe,
innumerevoli storie che l’umanità
avrebbe altrimenti continuato ad
ignorare. Il genocidio in Rwanda, quello
più recente dei Balcani: Salgado ha
“catturato” questioni che hanno
rischiato di “allontanarlo” dal suo
soggetto principale, l’uomo. Con il
quale lo stesso fotografo ha finito per
non riconoscersi più. Solamente più
tardi, realizzando Genesis, l’incontro
ravvicinato con la fauna e la flora
selvagge, unitamente al grandioso
progetto portato avanti con la moglie e
il figlio, atto al rimboschimento di quella
che un tempo era (solo) la loro tenuta
in Brasile (e ora è un parco nazionale),
Salgado - secondo Wenders - ha avuto
una sorta di risarcimento dopo la
disperazione di cui è stato testimone:
“Non ha soltanto consacrato Genesis
alla natura, dice il regista, ma è proprio
la natura ad avergli permesso di non
perdere la sua fede nell’uomo”.
VALERIO SAMMARCO
Alimenta il cinema con il suo
nutrimento primario: l’immagine
i film del mese
TRE CUORI
Possente impianto mélo per un viaggio verso, dentro la morte
In sala
Regia Benoît Jacquot
Con Benoît Poelvoorde, Charlotte Gainsbourg
Genere Drammatico (106’)
TUTTO NASCE DAL CASO, da sguardi
che si sfiorano. Un incontro inatteso,
di notte, in una città della provincia
francese, fra un uomo e una donna.
Due figure solitarie che si
incamminano, senza conoscersi
eppure già ben conoscendosi, una a
fianco dell’altra, che si esprimono per
poche parole e fondamentali piccoli
grandi gesti. Inizia così 3 cœurs di
Benoît Jacquot. Un viaggio verso,
dentro la morte compiuto con
magistrale equilibrio e una crescente
tensione narrativa, visiva, musicale. Ne
sono protagonisti Marc, impiegato,
alla soglia dei cinquant’anni, e Sylvie,
quasi quarantenne che lavora nel
negozio d’antiquariato di famiglia. Il
cuore, nel senso dei sentimenti e della
64
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
malattia, regola e scompagina con le
sue aritmie gli orari, le attese, gli
appuntamenti. Marc e Sylvie si
perderanno e Marc troverà, senza
saperlo, nella sorella della possibile
amata, Sophie, la donna con la quale
costruire una famiglia.
Jacquot tesse una possente tela mélo
dove ogni interprete è adeguato al
personaggio: Charlotte Gainsbourg,
immensa nel ruolo di Sylvie; Chiara
Mastroianni nei panni di Sophie;
Catherine Deneuve e Benoît
Poelvoorde in quelli della madrematrona che tutto controlla e
dell’uomo sofferente di cuore che non
ha smesso di amare Sylvie.
3 cœurs è un film che vive di oggetti
(un accendino, le fotografie appese
alle pareti, gli abiti indossati da
Sylvie), di gesti ripetuti, delicati e
indelebili (quello abituale che
compiono le sorelle portandosi le dita
alle labbra), di occhi, mani, corpi che
si cercano, vicini e lontani, per le
stanze, su Skype, dietro un vetro.
Personaggi che, in maniera diversa, si
avviano verso un altrove, unico luogo
possibile dove ri-trovarsi felici, dopo
avere chiuso gli occhi. In un film in cui,
con struggente naturalezza, in tre
momenti decisivi entra in campo la
voce di un narratore come se fossimo,
e lo siamo, dentro un romanzo dove
non si ha paura di esprimere i molti
battiti del cuore descrivendoli e
filmandoli con rara intensità.
GIUSEPPE GARIAZZO
Rara intensità, ogni interprete è
adeguato al personaggio
TRASH Operazione The Millionaire. Ma Daldry non è Boyle
discarica di Rio e passano i loro giorni
a smistare rifiuti per venderli a peso.
Un giorno s’imbattono in un borsello
contenente soldi, una carta d’identità,
una mappa e una piccola chiave che
apre un armadietto in cui sono stipati
gli “scheletri” di un politico locale
disonesto. Storia modello “Davide
contro Golia”, che pur parlando di
favelas, corruzione e religiosità - tre
aspetti chiave della società brasiliana si rivela fin troppo leggera per lasciare
il segno. Eccellenti i giovani interpreti
(Tevez, Luis e Weinstein), tutti non
professionisti ma dotati di un carisma
innato. Il problema è che lo script di
Richard Curtis è a corto di idee, mentre
Stephen Daldry è così preoccupato di
non dispiacere a nessuno (produzione
in primis) da non piacere
probabilmente nemmeno a se stesso.
GIANLUCA ARNONE
L’HANNO RIBATTEZZATO il gemello
sudamericano di The Millionaire. E in
effetti Trash di Stephen Daldry
(vincitore a Roma) punta a rinverdire i
fasti dell’esotismo in salsa
hollywoodiana riusciti a Danny Boyle
nella sua sortita indiana, ma il risultato
stavolta è ampiamente inferiore. Tratto
dal romanzo originale di Andy Mulligan
(ambientato in un generico paese
emergente), il film è incentrato su tre
adolescenti che vivono vicino a una
Anteprima
Regia Stephen Daldry
Con Rickson Tevez, Eduardo Luis
Genere Commedia (112’)
STORIE
PAZZESCHE
Dark comedy a episodi
per inquadrare
l’Argentina di oggi
In uscita
Regia Damián Szifrón
Con Ricardo Darín, Oscar Martínez
Genere Commedia (122’)
UN OGGETTO MISTERIOSO in
concorso all’ultimo Festival di Cannes:
tra pellicole impegnate, opere di
denuncia e film di grandi autori
conosciuti in tutto il mondo, ha trovato
spazio il bizzarro Storie pazzesche
diretto dal misconosciuto regista
argentino Damián Szifrón. Prodotto da
Pedro Almodóvar, è un film a episodi
che racconta diverse vicende
grottesche che sfociano nel sangue e
nella violenza: da un’esilarante sfida
automobilistica tra due uomini che non
se le mandano a dire, a una famiglia
benestante che tenta di coprire il reato
compiuto dal figlio, fino a un ingegnere
alle prese con la rimozione forzata della
sua auto. Una serie di sketch che
possono apparire come semplici
barzellette portate sul grande schermo
ma che, dietro la superficie del
divertissement scanzonato,
nascondono un’interessante riflessione
sulla difficile situazione odierna del
paese di Szifrón: corruzione, cinismo e
follie burocratiche sono gli ingredienti
di questa piacevole pellicola, che ha nel
surreale incipit (a bordo di un
aeroplano) il maggior punto di forza.
Rimane però la (piccola) delusione per
un episodio conclusivo non all’altezza
dei precedenti. Ottime le musiche di
Gustavo Santaolalla.
ANDREA CHIMENTO
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
65
i film del mese
FRANK Gioiello "d'avanguardia". Superbo Fassbender
ASPIRANTE MUSICISTA, Jon (Gleeson)
si ritrova a sostituire il tastierista degli
impronunciabili “Soronprfbs”, band
d’avanguardia capitanata da Frank
(Fassbender). Che lì in mezzo è “il più
sano di tutti”, anche se nessuno sa
quale sia il suo vero aspetto, visto che
ispirazioni e psicosi, romanzo di
formazione e libertà dissacrante.
Supportato da uno straordinario lavoro
sulle (e sulla creazione delle) musiche
(curate da Stephen Rennicks), Frank dà
il meglio di sé quando la band si
“rinchiude” in una baita irlandese per
concepire il nuovo album: ululati e
theremin, osservazione e cattura del
momento… Facile a dirsi: crisi e follie
varie minano la convivenza e la riuscita
del tutto. Jon lotta per far sì che Frank
trovi il grande pubblico, ma la realtà è
in quella bettola texana dove il film
trova un finale bellissimo e
malinconico: I Love You All, canta un
magnifico Fassbender. La testona non
c’è più: resta il genio. E una band di
pazzoidi (compresa Clara Azar degli
Autolux) a dargli corda.
vive indossando una maschera di
cartapesta, con tanto di “certificato
medico”. Lenny Abrahamson si ispira
liberamente alla figura di Frank
Sidebottom, alter ego del comico e
musicista britannico Chris Sievey, e tira
fuori dal cilindro un gioiello che fonde
VALERIO SAMMARCO
di forza di No Good Deed. Avvincente
soltanto nelle primissime battute, il film
fa presto perdere l’interesse allo
spettatore, diventando sempre più
scontato con il passare dei minuti. Oltre
alla continua sensazione di già visto, la
pellicola è vittima di una serie
interminabile di cliché drammaturgici e
di dialoghi artefatti e poco credibili. Il
regista Sam Miller, più adatto al passo
delle serie tv che a quello del grande
schermo, fatica a tenere la durata del
lungometraggio e non riesce a ripetere
i discreti risultati di Luther, il cui
protagonista era lo stesso Idris Elba.
L’attore, inoltre, è decisamente fuori
parte e poco a suo agio nei panni del
villain di turno; meglio Taraji P. Henson,
nota ai fan della serie Person of Interest.
In uscita
Regia Lenny Abrahamson
Con Domhnall Gleeson, Michael Fassbender
Genere Commedia (95’)
NO GOOD
DEED
Dal piccolo (Luther) al
grande schermo, passo
falso di Miller ed Elba
In uscita
Regia Sam Miller
Con Taraji P. Henson, Idris Elba
Genere Thriller (84’)
ATLANTA. Terri (Taraji P. Henson) lascia
il suo lavoro di procuratrice distrettuale
per passare più tempo con i suoi due
figli. Un giorno, invita in casa un uomo
(Idris Elba) affascinante e gentile,
rimasto in panne con l’automobile. Colui
che sembrava un perfetto gentiluomo,
una volta entrato nell’abitazione si
trasforma in un criminale psicopatico,
che terrorizza il nucleo familiare: Terri
dovrà combattere per mettere in salvo
se stessa e la sua famiglia. Fin dalla
trama generale, si evince facilmente
come l’originalità non sia certo il punto
66
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
ANDREA CHIMENTO
SILS MARIA
L’Effetto notte di Assayas. Per riflettere su attrice e personaggio
In sala
Regia Olivier Assayas
Con Juliette Binoche, Kristen Stewart
Genere Drammatico (124’)
CLOUDS OF SILS MARIA (questo il
titolo internazionale del film) – rimando
al fenomeno del “Maloja Snake” che
Olivier Assayas ripropone anche
attraverso gli storici filmati di Arnold
Fanck – è un’altra profonda riflessione
sul ruolo dell’attore, sulla persona che si
nasconde dietro al personaggio e sul
personaggio che non riesce a lasciare
andare la persona. Sul testo, sul
significato e sul significante. E sul
tempo. La sua inesorabilità e il mistero
dietro al suo scorrere ineludibile. Come
le nuvole che attraversano il passo del
Maloja, fenomeno naturale mozzafiato e
inspiegabile. È un gioco di
sovrapposizioni e nuove forme, il film di
Assayas, che chiede ad una Binoche
inarrivabile di ragionare su se stessa, di
nascondersi nel ricordo di un ruolo che
non le appartiene più e di aprirsi ad una
nuova consapevolezza di sé, radicata
nel presente. Centrale, poi, è il ruolo
dell’assistente Valentine (Kristen
Stewart): è lei che quasi smette di
preoccuparsi di organizzare l’agenda o
gli impegni di Maria e incomincia - nel
gioco di ruolo dato dalla “recita” del
testo - a trasformarsi nel riflesso della
donna, nella Sigfrid che Maria deve
imparare a non cercare più. Finendo per
sovrapporre (di nuovo) la finzione al
vero, e sparire, proprio come una
nuvola che solo fino a poco prima
sembrava eterna.
Assayas - che ha accettato di dirigere il
film partendo da un soggetto pensato
proprio dalla Binoche... - non racconta
nulla di nuovo, in fin dei conti,
considerando quante altre volte il
cinema ha saputo confrontarsi con se
stesso (da Godard a Fellini, da Truffaut
ad Allen), e quante volte i suoi
protagonisti hanno “lavorato sul proprio
mestiere”. Ma il regista francese
dimostra che si può ancora riflettere su
un riflesso, giocare su diversi livelli il
discorso del doppio (Maria e Valentine,
Helena e Sigfrid, Jo-Ann Ellis e Jo-Ann
Ellis...), allargando lo spettro
d’introspezione: è un film che cala il
sipario, Sils Maria, per poi riaprirlo
nuovamente sul primo piano della
Binoche. Che accetta la nuova parte
pensata per lei. Dalla finzione. E dalla
vita.
VALERIO SAMMARCO
Il titolo rimanda al suggestivo
fenomeno del “Maloja Snake”
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
67
ADIEU AU LANGAGE
Capolavoro o boiata pazzesca? L’ultimo Jean-Luc Godard non si giudica, si applaude
Anteprima
Regia Jean-Luc Godard
Con Héloise Godet, Kamel Abdeli
Genere n.d. (70’)
CINEFILO O CINOFILO?
Tridimensionale per fare spettacolo o
accecare gli spettatori? La seconda: in
una dissolvenza incrociata
stereoscopica, tocca tenere un occhio
aperto e l’altro chiuso, viceversa,
blackout. Soprattutto, capolavoro o
boiata pazzesca? Risponde il sommo
Jean-Luc Godard con Adieu au langage,
accolto all’ultimo Festival di Cannes da
code bibliche, spintoni generosi e…
standing ovation. Che poi gli applausi
fossero per sincero apprezzamento o
inconfessa incomprensione vai a
saperlo. 70 minuti di durata (e lo spettro
della Corazzata secondo Fantozzi…) e la
musica, apertura e chiusura, che parla
italiano: “Il potere agli operai! No alla
scuola del padrone! Sempre uniti
68
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
vinceremo, viva la rivoluzione!”.
Già, canta Lotta Continua: JLG (ri)va
alla rivoluzione, con gli occhialini 3D e
un film – un film? – che mette insieme
Google e Solženicyn, Hitler (Machiavelli,
Richelieu e Bismarck) e “la
predisposizione al totalitarismo della
democrazia moderna”, le
nanotecnologie e il terrorismo,
chiedendosi, tra mille altre cose, se “è
possibile produrre un concetto
d’Africa?”. Godard frulla vecchi film (il
Mabuse di Lang, e non solo), il lago di
Ginevra, una coppia, il cane, divide tra 1
La Natura e 2 La Metafora, esplode
colpi di pistola, stressa in anamorfosi il
3D, riflette se la società possa accettare
l’omicidio per combattere la
disoccupazione, interroga sulla
differenza tra un’idea e la metafora.
Sono passati appena 20 minuti e non si
capisce se il “film” è nuovo di suo o
semplicemente ti ha fatto invecchiare,
ma JLG ha una risposta buona per
tutto: “L’esperienza interiore oggi è
proibita nella società e in particolare
nello spettacolo”, indi, becchiamoci il
suo stream of consciousness, da
rendere cinéma de papa – quello tanto
vituperato dalla sua Nouvelle Vague –
Michael Snow, Baruchello e Grifi. Ma
Adieu o Ah Dieux? JLG serve entrambi,
sfodera la dichiarazione universale del
buon animale e afferma che gli uomini
sono ciechi: la coscienza non ci
permette di guardare il mondo. E anche
questo film?
FEDERICO PONTIGGIA
La coscienza non ci permette di
guardare il mondo. E questo film?
i film del mese preview
a cura di Manuela Pinetti
MAGIC IN THE
MOONLIGHT
SOGNANDO
MASTERCHEF
IL RAGAZZO
INVISIBILE
LA VECCHIA EUROPA continua ad
esercitare fascino su Woody Allen, che
ha scelto stavolta l’assolato sud della
Francia per la sua nuova commedia,
ambientata negli anni venti e che narra
dell’intrigo e del sentimento tra un
celebre illusionista inglese (Firth) e la
sedicente, giovane e affascinante
medium Sophie (Stone), di cui l’uomo
dovrà smascherare trucchi e inganni.
Fotografia del Premio Oscar Darius
Khondji.
PER CREARE una buona ricetta
l’armonia delle parti è più importante
dei singoli elementi, proprio come
accade con la musica. Forte di questo
pensiero, e con un’abilità fuori dal
comune tra i fornelli, il giovane Mark
investe i risparmi destinati agli studi
universitari per partecipare a un talent
show culinario, col nobile scopo di
salvare il ristorante di famiglia dal
fallimento e diventarne chef. Incanterà
tutti.
TREDICI ANNI sono un’età bella e
difficile: il corpo cambia, i rapporti
con gli altri si fanno più complessi, le
prime cotte straziano il cuore.
Michele ha tredici anni, a scuola non è
popolare, è timido e la ragazzina di
cui è invaghito non lo degna di uno
sguardo. Una mattina come tante
altre si guarda allo specchio e si
scopre invisibile: cosa potrà fare
con questo straordinario
superpotere?
Regia Woody Allen
Con Emma Stone, Colin Firth
Regia Gina Kim
Con Michelle Yeoh, Henry Lau
Regia Gabriele Salvatores
Con Valeria Golino, Fabrizio Bentivoglio
RITORNO A CASA
LO HOBBIT: LA BATTAGLIA
DELLE CINQUE ARMATE - 3D
CALVARY
I FANTASMI della rivoluzione culturale
cinese sono più presenti che mai
nell’intenso, struggente e romantico
Coming Home, che ha strappato
lacrime e applausi Fuori Concorso
all’ultimo Festival di Cannes. Notevole
la trasformazione di Gong Li nei panni
di una donna dalla vita durissima tra
tradimenti e solitudine, che al ritorno
del marito dopo anni in un campo di
lavoro viene colta da amnesia e non
riesce più a riconoscerlo.
CAPITOLO FINALE della trilogia, vede
il gruppo capeggiato da Bilbo
Baggins fronteggiare il drago Smaug,
mentre Sauron è pronto a scatenare il
suo esercito di orchi e gli elfi si
mettono in viaggio per reclamare il
tesoro custodito dal drago. Epico
climax della saga che ha rifondato
l’industria cinematografica
neozelandese e consacrato l’enfant
prodige Jackson nell’olimpo del
fantasy internazionale.
IRLANDA, giorni nostri. Per vendicare
un abuso subito da un prete ormai
defunto, un uomo decide di uccidere il
parroco della sua città, un borgo di
pescatori, annunciandoglielo in
confessionale e dandogli una
settimana di tempo per sistemare le
proprie cose e riflettere. Padre James
Lavelle (Gleeson) è uomo buono e
amato, con una figlia in visita dal
proprio passato e un enigma spirituale
da sciogliere in tempi brevi.
Regia Zhang Yimou
Con Chen Daoming, Gong Li
Regia Peter Jackson
Con Martin Freeman, Ian McKellen
Regia John Michael McDonagh
Con Brendan Gleeson, Kelly Reilly
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
69
Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore
TELECOMANDO
A cura di Valerio Sammarco
Dvd & Blu-ray
Di “serie”: Twin Peaks,
Gomorra
Borsa del cinema
Film d’essai e Peter
Greenaway
Libri
Non solo Charlot, parla
Er Monnezza
Colonne sonore
Frank, “testa” e cuore
Biografia di un genio
TELECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Gomorra
La serie
Anche in Blu-ray la prima
stagione dell’evento tv dell’anno
A
soli sei mesi dalla messa in onda, Gomorra – La serie arriva in Blu-ray e Dvd. La saga dei Savastano e la guerra tra due clan
camorristici rivali in 12 avvincenti episodi arricchiti da due ore e mezza di contenuti speciali inediti ed esclusivi, tra cui alcune featurette realizzate
dall’autore dell’omonimo bestseller e ideatore della serie, Roberto Saviano. Negli extra, oltre al videoclip dei Mokadelic, uno Speciale (Arte – La
bellezza e l’inferno, il backstage, L’altra faccia di
Gomorra) e le conversazioni con Roberto Saviano
e l’attore Marco D’Amore (Interpretare il male,
Crimine da esportazione, Onora la madre rispetta
il figlio, Anime violate, Finzione e realtà).
DISTR. 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
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Laclasse
deiclassici
a cura di Bruno Fornara
L’orribile verità
Nelle commedie americane
degli anni Trenta, lei e lui si
incrociano, si incontrano, si
mettono insieme e alla fine,
dopo la conclusione del
film, si sposano. Nelle
classiche commedie del
“rimatrimonio”, i due non
ne possono più di essere
sposati, divorziano,
cercano altri compagni ma
finiscono per accorgersi
che è meglio tornare
insieme.
Una magnifica commedia
“rimatrimoniale” è L’orribile
verità di Leo McCarey. La
ricerca della felicità di Lucy
– Irene Dunne, adorabile! –
e di Jerry – Cary Grant,
fantastico! – viene
premiata, dopo tante
peripezie. L’orribile verità
che il film nasconde è il
sospetto del reciproco
tradimento. Divorziano, lei
trova un buzzurrone
dell’Oklahoma, lui una
gallinella del Sud. Alla fine,
in una notte con la porta
della stanza che non si
chiude e certi discorsi fin
troppo sofistici, finiscono a
letto insieme mentre il lui e
la lei dell’orologio a cucù si
rintanano nello stesso
sportellino... Grandi
momenti di musica e
canto: il gorgheggio con
risatina della Dunne è
stupefacente. Film
meraviglioso.
Regia Leo McCarey
Con Irene Dunne, Cary Grant
Genere Commedia (Usa, 1937)
Distr. Columbia Classics
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
73
TELECOMANDO
/// Dvd & Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Lo Hobbit - La
desolazione di
Smaug
In attesa del terzo,
conclusivo capitolo (La battaglia
delle cinque armate, in sala a Natale), arriva dal 19
novembre in Blu-ray (anche 3D)
e Dvd l’Extended Edition de Lo
Hobbit - La desolazione di
Smaug, secondo episodio della
trilogia firmata da Peter Jackson.
25 minuti di scene inedite e più
di 9 ore di nuovi contenuti speciali, che includono il commento
audio del regista, produttore e
sceneggiatore Peter Jackson e di
Philippa Boyens, co-produttrice
e sceneggiatrice. In più “Le Appendici”, un documentario in
più parti incentrato su vari aspetti del film e della trilogia, e molto altro ancora.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
Le mani sulla città
Disponibile per la
prima volta in
Dvd, il film Leone
d’Oro del 1963 di
Francesco Rosi
con Rod Steiger
nei panni del costruttore Edoardo Nottola, consigliere comunale
di un partito di destra, denunciato a seguito del crollo di un palazzo in un vicolo di Napoli, probabilmente costruito in maniera
abusiva. Interpretato anche da
Salvo Randone, Guido Alberti,
Carlo Fermariello, Angelo D’Alessandro e Dany París, il film è arricchito da interessanti extra, curati da Umberto Rondi: interviste
esclusive a Roberto Saviano e a
Raffaele Cantone, Presidente
dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, oltre al commento audio
di Francesco Rosi.
DISTR. MUSTANG ENTERTAINMENT
74
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
Transformers 4
L’era dell’estinzione
C
inque anni dopo i catastrofici
eventi che hanno distrutto Chicago, la CIA ha segretamente deciso di mettere fine alla presenza dei
Transformers sul suolo terrestre.
Persino il leader degli Autobot, Optimus
Prime, è costretto a nascondersi, almeno
finché Cade Yeager, un inventore temerario ma sfortunato, finisce accidentalmente per ritrovarlo.
Quarto capitolo della saga Hasbro diretta da Michael Bay, arriva in Blu-ray, Dvd
e Blu-ray 3D dopo aver incassato oltre 1
miliardo di dollari in tutto il mondo: interpretato da Mark Wahlberg e Stanley
Tucci, Transformers 4 – L’era dell’estinzione è arricchito – per le versioni Bluray – da un disco aggiuntivo con oltre
tre ore di contenuti speciali, tra i quali
un’intervista a Michael Bay (sull’approccio alle sequenze mozzafiato del film) e
“Generazione 2”: sguardo sulle nuove
facce della saga, quelle umane e quelle
delle macchine.
DISTR. UNIVERSAL PICTURES H. E.
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Twin Peaks
The Entire Mistery: 10 dischi, 30 episodi.
“Chi ha ucciso Laura Palmer?”
La città incantata
Dragon Trainer 2
Il più grande capolavoro di Hayao
Miyazaki, vincitore
del premio Oscar
nel 2003 come miglior film d’animazione, arriva finalmente in Bluray. Ancor prima di essere distribuito negli Stati Uniti e in
Europa, era già considerato il
primo film non americano della
storia ad aver incassato 200 milioni di dollari. Chihiro è una ragazzina di dieci anni convinta
che l’intero universo debba sottostare ai suoi capricci. Quando
i suoi genitori le dicono che devono cambiare casa, la bambina
si aggrappa al ricordo dei suoi
amici e di un mazzo di fiori, e
parte per un viaggio che si rivelerà denso di sfide e cambiamenti. Indimenticabile.
Arriva il 24 novembre, in Blu-ray e
Dvd, il film d’animazione campione
d’incassi del 2014:
il secondo ed emozionante capitolo dell’epica trilogia di Dragon Trainer ci riporta
nel fantastico mondo dell’eroico
vichingo Hiccup e del suo fedele drago Sdentato. L’inseparabile
duo, deve proteggere la pace e
salvare il futuro degli uomini e
dei draghi dal loro nemico assetato di potere: Drago. Extra a
non finire, tra i quali Drago Statistiche di Fishleg, La macchina
da guerra di Dragon, Il mondo
del Drago di Berk, Invenzioni
per il volo di Hiccup, Scene eliminate, trailer, galleria d’immagini, video musicali e molto, molto altro ancora.
DISTR. LUCKY RED
MAESTRI
Solamente qualche settimana fa
l’annuncio shock: “Nel 2016
arriveranno nuovi episodi
successivi a Twin Peaks”, sempre
firmati da David Lynch. Quale
occasione migliore, nell’attesa, se
non quella di andare a rispolverare
i 30 episodi che cambiarono per
sempre il concetto di serialità
televisiva? Dal 19 novembre, in
cofanetto Blu-ray, potremo tornare a immergerci nelle
suggestive e sulfuree atmosfere di Twin Peaks, piccola
cittadina montana situata nello stato di Washington, a
cinque miglia dal confine tra Stati Uniti e Canada.
Famosa per i suoi boschi, le cascate e le migliori torte di
ciliegie dello stato, Twin Peaks è un paradiso di
tranquillità, dove rilassare lo spirito e godersi i sani
piaceri della vita. Il 24 febbraio 1989 però, la città viene
scossa da un fatto agghiacciante: la giovane liceale
Laura Palmer, la ragazza più popolare della scuola e ben
vista nella comunità, viene ritrovata morta assassinata
nei pressi del fiume, nuda e avvolta nella plastica. Il fatto,
di feroce brutalità, provoca un dramma collettivo in tutta
la città. “Chi ha ucciso Laura Palmer?”…
DISTR. UNIVERSAL PICTURES HOME ENTERTAINMENT
DISTR. 20TH CENTURY FOX H.E.
STANLEY PER SEMPRE
Kubrick - The Masterpiece Collection
Otto Blu-ray in cofanetto. Packaging mozzafiato e libro
fotografico
8 film in Blu-ray, 2 dischi bonus, un libro
fotografico da collezione di 78 pagine,
The “Kubrick remembered” documentary
letter e una art card realizzata da
Christiane Kubrick, attrice, pittrice,
cantante e ballerina tedesca nonché
ultima moglie di Stanley
Kubrick. Otto capisaldi della
filmografia kubrickiana – Lolita,
Il dottor Stranamore, 2001:
Odissea nello spazio, Arancia
meccanica, Barry Lyndon,
Shining, Full Metal Jacket e
Eyes Wide Shut – più cinque
documentari: oltre all’inedito
Kubrick Rememberer (83
minuti nella vita del grande
regista, con interviste alla
moglie, alla famiglia e ai
colleghi), Stanley Kubrick: A Life in
Picture (2001), O Lucky Malcom! (2006),
Once Upon a Time… A Clockwork Orange
(2011) e Stanley Kubrick in Focus (2012).
DISTR. WARNER HOME VIDEO
Ogni maledetta
domenica
Contenuti speciali
inediti per la “15th
Anniversary Edition” del film di
Oliver Stone, che
dirige uno straordinario cast (in primis il coach Al
Pacino, poi Dennis Quaid, James Woods, Cameron Diaz, Jamie Foxx, LL Cool J) per raccontare le vicende di una malridotta squadra di football americano.
Negli extra mai visti prima:
“Any Given Sunday: Anything
Can Happen”, scene di football
inedite commentate dal regista,
oltre al making of del film, ai 3
video musicali, alle scene inedite e quelle aggiuntive, al commento di Stone e di Jamie
Foxx, all’audizione dell’attore e
altro ancora. Touch Down!
DISTR. WARNER HOME VIDEO
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
75
TELECOMANDO
/// Serie Tv ///---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
The Knick
[CANALE 110 DI SKY]
Dall’11 novembre, in prima serata, la serie di Soderbergh con Clive Owen
D
opo la recente presentazione
al Festival di Roma, Sky Atlantic HD (ch. 110), trasmette
dall’11 novembre, ogni martedì in prima serata, i dieci episodi di The Knick,
serie tv diretta da Steven Soderbergh e
interpretata da Clive Owen.
Creata da Jack Amiel e Michael Begler,
la serie è ambientata nel 1900 e racconta le vicende del dottor John Thackery:
dopo l’improvviso suicidio del suo
filminorbita
76
mentore, John assume la guida del reparto di chirurgia del Knickerbocker
Hospital, noto semplicemente come
“The Knick”. Geniale e cocainomane, il
medico (la cui figura è ispirata al chirurgo William Stewart Halsted) detesta
la concorrenza e accoglie non di buon
grado l’arrivo di un altro dottore (André Holland), di origine africana ma
formatosi in Europa. “Le serie tv ambientate negli ospedali hanno avuto
sempre successo perché la posta in palio è alta: si parla di vita e di morte.
A quell’epoca c’erano progressi continui, e il mio personaggio si assume dei
rischi, non si ferma davanti a nulla”, dice Clive Owen, che aggiunge: “Non mi
preoccupo mai di far sì che i personaggi che interpreto siano simpatici, quello
che conta è affrontare i ruoli cercando
di capirli. Solamente così si può riuscire a renderli credibili”.
a cura di Federico Pontiggia
Senza muro
Via col vento
Bob’s Burger’s 4
Studio Universal
Studio Universal
Fox Animation
A 25 anni (9 novembre
1989) dalla caduta del
Muro, il lunedì alle 21.15
quattro film, da Il sipario
strappato a Gorky Park.
Nel 75° anniversario, il 30
alle 17 torna il filmone da 8
Oscar e fama imperitura:
“Dopotutto, domani è un
altro giorno”.
Dal 6 novembre ogni
giovedì alle 21.50, la
serie animata vincitrice
dell’Emmy 2014: panini,
risate e… musical.
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
SMART TV
PC
TABLET
SMARTPHONE
TELECOMANDO
S
/// Borsa del cinema ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
i può definire d’essai un film che
nelle sale aderenti alla FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai) raccoglie poco più del 6% dei propri introiti?
Evidentemente no, ma nella classifica dei
50 maggiori incassi d’essai della stagione
2013-14, resa nota in occasione del convegno mantovano di ottobre organizzato dalla FICE, compaiono film come Un boss in
salotto, Una donna per amica e Sotto
una buona stella, tutti titoli che, avendo
ottenuto il bollino di film di interesse culturale, in base alla normativa vigente, diventano automaticamente d’essai.
È chiaro che in questo meccanismo c’è
qualcosa che non funziona e che è necessario intervenire con urgenza perché la confusione fra film autenticamente d’essai, che
non a caso nelle sale FICE arrivano a rastrellare fra l’80 e il 90% del proprio totale, come accaduto nella stagione appena trascorsa a Oh Boy - Un caffè a Berlino, In ordine
di sparizione, Father and Son e a moltissimi altri ancora, e film che non lo sono affatto, da una parte rende difficile quantificare
i numeri e il peso del cinema di qualità e
dall’altro rischia di penalizzare ingiustamen-
te quegli esercenti che svolgono realmente
una programmazione meritevole di essere
assistita. Infatti alle agevolazioni e ai premi
previsti per la programmazione d’essai oggi
possono accedere anche sale che raggiungono le quote previste proiettando esclusivamente film che d’essai hanno solo un
marchio ministeriale derivato, come già accennato, dal fatto di essere film di interesse
culturale.
Si tratta di un bollino che, allo scopo di sostenere la produzione nazionale, oggi viene
ottenuto con estrema facilità. Il risultato è
che le risorse a disposizione delle sale d’essai, già molto scarse e assai ridotte rispetto
al passato, vengono suddivise fra un numero sempre più consistente di schermi, con
la conseguenza che il singolo sostegno è diventato progressivamente sempre più esiguo e quindi poco utile.
Al contrario, la funzione che svolgono le
sale d’essai - quelle aderenti alla FICE sono
355 - è importantissima perché si tratta dei
soggetti essenziali nel difficile compito
della formazione del pubblico. Queste sale
di fatto si sono sostituite alla televisione
pubblica, che da anni ha rinunciato al suo
ruolo, e alla scuola, che non si è mai interessata allo studio dell’audiovisivo. Da qui
la necessità di un intervento legislativo
che ristabilisca con precisione il concetto
di film d’essai e una revisione complessiva
degli incentivi alla programmazione destinati alle sale che vanno attualizzati e accresciuti.
Inoltre il circuito d’essai, che forse meriterebbe una nuova definizione, perché il termine oggi appare superato, vecchio, desueto, oltre che incomprensibile alle nuove
generazioni, soffre, più ancora che altri tipi
di esercizio, la mancanza di un’offerta per
molti, troppi mesi all’anno e continua ad
incontrare notevoli difficoltà nella pratica
della multiprogrammazione, che consentirebbe alle sale monoschermo di moltiplicare il numero delle proposte, consentendo di rivolgersi nella stessa giornata a target diversi di pubblico. In ogni caso, nonostante queste difficoltà, come ha ricordato
il presidente della FICE Mimmo Dinoia, nel
citato convegno mantovano, il segmento
essai rappresenta il 37,5% del mercato italiano: abbandonarlo o farlo morire sarebbe
un peccato mortale.
CAOS D’ESSAI
Non basta il bollino “di interesse culturale”: ecco come
dovrebbe cambiare la catalogazione del cinema d’autore
di Franco Montini
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Surfing
Marco Spagnoli
La variante di Greenaway
“Ormai sono un fossile”, dice il regista. Che riflette sulle
nuove tecnologie: “Chissà Derek Jarman che cosa
avrebbe fatto oggi…”
a realtà è che io sono un
‘fossile’ e il mio cinema e di
tante altre persone della mia
età appartiene ad un’altra era
geologica. Personalmente trovo, in
genere, molto più interessante
quello che accade nei Social
Media, oggi, rispetto a quanto
vedo proiettato nelle sale
cinematografiche o ai Festival
dove trovo i lavori di altri ‘fossili’
come me”. Peter Greenaway
scherza, ma non troppo: Internet e
i Social Media hanno realizzato il
sogno sessantottino di ‘prendere
una macchina da presa e andare a
fare un film in strada’ e il web,
sebbene privo di redditività per chi
crea contenuti, è pieno di cose
interessanti soprattutto agli occhi
di un autore provocatorio e
controverso come il regista de
I misteri del giardino di Compton
House e L’ultima tempesta è
sempre stato. E non è solo il
cineasta inglese a pensarla così.
Con le persone che dedicano
sempre più tempo all’interazione
digitale su Facebook, Twitter e le
altre piattaforme, anche altri
filmaker guardano con curiosità a
L
‘‘
Importante
è la funzione
delle sale
aderenti alla
FICE:
meriterebbero
incentivi
maggiori
quanto accade in rete in termini di
produzione autonoma di filmati
non necessariamente destinati a
diventare prodotti di largo o
piccolo consumo da parte degli
Internauti. “Una catastrofe
naturale, un evento lieto, un
piccolo video filosofico sono
certamente una forma espressiva e
perfino artistica più interessante e
innovativa di tanto cinema che
abbiamo visto fino ad oggi. Uno
scambio di video in tempo reale
con un amico che abita a Shanghai
può rivelarsi più sorprendente
dell’ultimo lavoro di un autore
affermato. Lei ha un telefono, un
computer, un iPad e una
connessione in rete? Lei può fare
un film meglio di tanti autori che
partono dal testo”. Perché i Social
Media affascinano alcuni registi più
del cinema d’essai di oggi?
Greenaway non ha dubbi: “Io,
Lynch, Burton, Schnabel, pur nelle
nostre considerevoli differenze,
abbiamo tutti una formazione
artistica da pittori. Su Internet è
l’immagine a vincere più ancora
che il testo. Non è vero che al
principio di tutto c’era il ‘verbo’,
all’inizio c’era il buio e poi sono
arrivate le immagini a squarciare le
tenebre. Sarà il web a portare il
cinema verso l’immagine lontano
da quella ‘passeggiata in libreria’
che è diventato oggi”. E
Greenaway, alla fine sospira: “Alle
volte mi domando cosa avrebbe
potuto fare Derek Jarman con la
tecnologia digitale se solo fosse
stato vivo oggi. Sarebbe forse
stato l’utente dei Social Media di
maggiore talento che avremmo
potuto conoscere”.
novembre 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
79
TELECOMANDO
/// Libri ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il trucido e l’attore
Tomas Milian
(con Manlio
Gomarasca)
Monnezza amore
mio
Cubano
de Roma
Di Er Monnezza, lo sboccato
meccanico-ladro in tutta blu e
Adidas, si conosce quasi tutto,
mentre, al di là del curriculum
stracult, poco si sa del suo interprete: Tomas Milian, il giovane
cubano (classe 1933), che a Roma trovò la sua America (e che il
Festival di Roma ha recentemente omaggiato), un attore nel cui
carnet non ci sono solo registi di
genere come Umberto Lenzi, Sergio Corbucci, Stelvio Massi e Lucio Fulci, ma anche intellettuali
del calibro di Visconti, Lattuada,
Bertolucci e Antonioni, o cineasti
americani quali Sydney Pollack,
Steven Spielberg, Oliver Stone e
Steven Soderbergh. Dall’infanzia
spezzata dal suicidio del padre al
ritiro nella Miami degli anni ’80,
ecco la cronaca spericolata e, al
tempo stesso, malinconica di una
vita al massimo.
(Rizzoli, Pagg. 306, € 18,50)
Cronaca spericolata e
malinconica di un attore
(non solo) stracult.
Omaggiato dal Festival
capitolino
ANGELA BOSETTO
Librodrome
David
Cronenberg
Divorati
Nathan e Naomi
sono due giovani fotogiornalisti
freelance (“Scrivere e basta non è più sufficiente. Dobbiamo produrre immagini, audio, video”), ossessionati
dalla tecnologia e dalle inchieste
morbose, che fanno coppia a distanza come “una moderna variante delle Relazioni pericolose”.
80
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Mentre Nathan contrae una rara
malattia venerea indagando su
un controverso chirurgo di Budapest, Naomi segue “un succoso
caso di omicidio-suicidio sessualcannibal-filosofico francese”, in
cui un noto intellettuale libertino
è accusato di aver ucciso e mangiato la moglie per poi darsi alla
fuga. Al suo primo romanzo, il
regista scrive come gira (freddo,
asettico, crudo e provocatorio) e
dipana tutti i temi del proprio cinema contaminato, da Il demone
sotto la pelle a Cosmopolis. Puro
Cronenberg.
(Bompiani, Pagg. 352, € 18,50)
ANGELA BOSETTO
novembre 2014
Io, Giannini
Giancarlo
Giannini
Sono ancora un
bambino (ma
nessuno può
sgridarmi)
A settantadue anni, Giancarlo
Giannini, attore, doppiatore, inventore e orgoglio nazionale, pur
non avendo alcuna intenzione di
mettersi a riposo (“Devo avere
idee, altrimenti mi spengo. Devo
sperimentare, pensare, creare, al-
trimenti è come entrare in letargo
e buttare via qualcosa di prezioso. Non mi sono mai fermato, in
tutta la mia vita.”), si è preso il
tempo necessario per raccontarsi,
seguendo il filo dei ricordi, delle
emozioni e delle sensazioni, che
vanno dall’infanzia alla cucina
(inclusa la ricetta del suo imbattibile pesto), dall’Italia all’America,
dal cinema alle riflessioni più
personali sulla vita e la morte. Il
risultato è un libro emozionante
e coinvolgente come solo le migliori autobiografie riescono a essere. (Longanesi, Pagg. 288, €
16,40)
ANGELA BOSETTO
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Gattopardo
Vi
presento
Charlot
Una vita tra luci e ombre, tragedia e
farsa, raccontata da Peter Ackroyd
ne, ma che l’autore tenta di decifrare ripercorrendo la storia del
cinema tramite l’utilizzo del corpo. Dallo slapstick alla farsa, poi
la commedia sofisticata alla Lubitsch e la commedia all’italiana,
fino alla malinconia dei nuovi
comici, il cinema ha fin dai suoi
albori messo in scena il corpo
comico con le sue deformazioni,
stravaganze, normalità e trasformazioni, sfruttandone la capacità
di sconfiggere persino la morte e
di esorcizzare la realtà con un’arma insospettabile: la risata.
(Edizioni FEdS, pagg. 275, €
11,90)
di Angela Bosetto
CHIARA SUPPLIZI
Sostiene Lattuada
Gianni Volpi
Il cinema
secondo
Lattuada.
Bellezza, eros e
stile
Come si ride?
Alessandro
Cappabianca
Ontologia del
corpo nel cinema
comico
Cos’è il comico?
È possibile misurare il potenziale sovversivo di
una risata, calcolarne il coefficiente di non-senso? Quanto residuo delle antiche pratiche “basse” o corporee è insito nel meccanismo della comicità? Quesiti
filosofici di non facile risoluzio-
Charlie Chaplin
dietro la
macchina da
presa
Ecco la pubblicazione delle
chiacchierate avvenute tra Gianni Volpi e Alberto Lattuada dal
1976 al 1989. Tali incontri avrebbero dovuto costituire la base
per una monografia (mai realizzata) sul cineasta: invece hanno
dato il via a quella che Goffredo
Fofi, ospite del libro con PaulLouis Thirard, definisce “una delle conversazioni più simpatiche
e più serie che mai critico abbia
stabilito con un regista”. Da spirito arguto, ma con una punta di
tristezza (“In questo paese gli
spiriti indipendenti, da Dante a
Giordano Bruno, a Giacomo
Matteotti, sono sempre stati presi
a bastonate”), Lattuada offre il
proprio punto di vista sul cinema, il teatro, l’arte, la letteratura,
le donne e la società italiana.
(Donzelli, Pagg. 106, € 17,00)
ANGELA BOSETTO
Charlie Chaplin
“Benvenuti nel mondo di South
London nell’ultimo decennio del
Diciannovesimo secolo. La metà
meridionale di Londra era miserevole,
squallida, con negozi angusti e
generalmente luridi. Non vi era la
minima traccia della ricchezza e
dell’energia che caratterizzavano la
zona più importante della città
sull’altro lato del Tamigi.” Con questo
inizio dickensiano, comincia
l’appassionante biografia che il grande
Peter Ackroyd (se non avete mai letto
un suo libro, non sapete cosa vi siete
persi) dedica al leggendario Charlie
Chaplin. Nato il 16 aprile 1889 nei
bassifondi londinesi, il futuro Charlot
lottò con le unghie e con i denti per
imporsi. Fu un genio e un innovatore
che rese il proprio nome sinonimo di
cinema, ma di certo non un santo ed
è nelle sue contraddizioni che
Ackroyd lo ritrae: brillante e crudele,
acuto e ossessivo, perfezionista e
irascibile, tenero e geloso, quattro
mogli, undici figli e uno sterminato
numero di amanti. Una vita tra luci e
ombre, tragedia e farsa, senza
perdere quella malinconia da ex
ragazzino cresciuto nei sobborghi di
Londra e animato da un’inesauribile
sete di rivalsa, sino a quando Chaplin
“morì nel sonno prima dell’alba del 25
dicembre 1977. Aveva sempre odiato
il Natale. Fu sepolto nel cimitero di
Vevey due giorni dopo. Se ne andò
così un grande visionario dei
sobborghi londinesi, che per un certo
numero di anni fu l’uomo più famoso
della Terra”.
TELECOMANDO
/// Colonne sonore ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
LA STORIA DELLA
PRINCIPESSA SPLENDENTE
Un tassello dopo l’altro, un processo
gestaltico senza eguali, un
compositore come nessun altro, Joe
Hisaishi. Armonie tradizionali e musica
orchestrale, ottimismo per basso
continuo e analogie che spaziano da
Prokofiev a - nella magnifica
Yamasato - Bach, Arvo Pärt e
Morricone. Se vogliamo trovare una
pecca, il finale non è all’altezza, ma a
far capolino è una promessa di felicità
che speriamo possa essere esaudita: il
sodalizio di Joe con il regista Isao
Takahata come quello con Hayao
Miyazaki?
F.P.
FRANKAMENTE ME LA FISCHIO!
LAVORO SORPRENDENTE, quello di Stephen
Rennicks per Frank di Lenny Abrahamson, operetta
rock del nuovo millennio così lontana dai capolavori
glam degli anni 70, rassegnata al ruolo subalterno
della musica odierna nei confronti dell’immagine.
Rennicks alterna le malriposte ambizioni del
protagonista (Jon’s Crap Songs) al commento
musicale, per poi dare spazio alle sessions dei
Soronprfbs di Frank, un Captain Beefheart in grado
di destrutturare la musica prima ancora di farla.
Abbozzi di canzoni (Creaky Door), crescendo che
non portano in alcun luogo (Ginger Crotuton),
improvvisazioni melodiche alla Daniel Johnston
(Lone Standing Tuft), il tutto affidato all’incredibile
carisma di Michael Fassbender (caoadiuvato da
Carla Azar degli Autolux, vera musicista indie). A
tratti la canzone sembra decollare, prendere forma
(Secure the Galactic Perimeter), per poi implodere
ancora una volta. Ma sono quei pochi secondi di
musica vera la ragione di vita di persone altrimenti
perse in un mondo troppo grande e smaliziato per
loro (I’m Just Me, la geniale cover di Lighthouse
Keeper). Si fa musica per se stessi, per ritrovarsi: e
si è folli per questo, sembra voler dire Frank nel
finale con la splendida I Love You All, ancora una
volta nata dal nulla e destinata a tornare nel nulla al
termine dei titoli di coda.
GIANLUIGI CECCARELLI
82
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2014
IL LORDE DELLA
RIVOLTA
Yellow Flicker Beat: è di
Lorde la traccia principale
di Hunger Games - Il canto
della rivolta: parte 1.
Ma non finisce qui: la
cantautrice neozelandese,
18 anni il 6 novembre, ha
supervisionato l’intera OST
firmata da James Newton
F.P.
Howard.
LO SCIACALLO
Il compositore James Newton
Howard per l’esordio alla regia di Dan
Gilroy, e non c’è da stupirsi: con il
fratello Tony, James ha già lavorato in
Michael Clayton, Duplicity e The
Bourne Legacy. Insomma, affari di
famiglia. Ma come suona James, forse
il più multiforme, ondivago e
poliedrico dei grandi del cinespartito?
Chitarre d’atmosfera, elettronica
d’ambiente, archi e percussioni per i
momenti drammatici, ma nulla che
colpisca davvero: a dar nell’orecchio
sono solo i passaggi orchestrali, più
energ(et)ici, ma la coesione dell’OST
F.P.
rimane una chimera.
G H I B L I
LA MENTE DICE SÌ
IL CUORE DICE
ASSOLUTAMENTE SÌ.
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