Risparmio energetico - Regione Emilia-Romagna

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Risparmio energetico - Regione Emilia-Romagna
EDURES
ENNE
ERRGGIIAA IINN GGIIOOCCOO
MANUALE PER INSEGNANTI
SEZIONE RISPARMIO ENERGETICO
Provincia di
Ravenna
Indice
Il risparmio energetico, una priorità globale
pag. 1
Efficienza Energetica … dalla quantità alla qualità
pag. 8
Buone pratiche energetiche
pag. 14
Risparmio energetico negli edifici
pag. 18
Mobilità sostenibile
pag. 33
Il risparmio energetico, una priorità globale
La produzione dei beni e dei servizi che quotidianamente utilizziamo richiede sempre
una certa quantità di energia primaria. Era così anche prima della rivoluzione
industriale. Anzi, la quantità di energia necessaria per produrre un bene, ad esempio
un metro di tessuto, era sicuramente molto più elevata in passato piuttosto che oggi.
La diffèrenza sta nel fatto che allora venivano prodotti e consumati molti meno metri
di tessuto. A determinare un costante aumento della quantità di energia consumata
non è stato l'avvento delle macchine e dell'industria, le quali piuttosto hanno
permesso una graduale riduzione della quantità di energia necessaria per realizzare
ogni singolo prodotto, ma la quantità dei beni prodotti e consumati, insieme
all’aumento del numero di abitanti sulla terra.
Nel ‘600 l’Europa era popolata da poco più di 100 milioni di abitanti, i quali
utilizzavano energia sostanzialmente per nutrirsi e produrre quel poco di cui avevano
bisogno (tessuti, pellami, legnami lavorati, vasellame e manufatti metallici). Oggi in
Europa vivono quasi 400 milioni di persone, i cui consumi principali sono
rappresentati soltanto in minima parte da ciò di cui hanno bisogno di nutrirsi. Agli
“arnesi di un tempo” si sono aggiunti, apparati elettrici ed elettronici, mezzi di
trasporto via terra, mare e aria, edifici e strutture, che per produrre e far funzionare
consumano molta energia. Il cibo non viene più prodotto nelle immediate vicinanze,
ma spesso in luoghi lontani e richiede quindi di essere trasportato, con un certo
consumo di energia. Per arare i campi non ci si affida più agli animali ma ai trattori,
che consumano gasolio.
A consumare energia è
ciascuno di noi, che,
direttamente
o
indirettamente,
utilizza
ciò
che
l'agricoltura,
l'industria o il settore dei
servizi producono. Oggi
ci spostiamo dalle nostre
case alle scuole, ai
luoghi di lavoro a quelli di
vacanza, disponiamo di
un
tempo
libero
inimmaginabile
nel
passato, andiamo al
cinema, a teatro, al VM
1
ristorante, in discoteca. Consumiamo ogni sorta di merci, di beni e di servizi, ognuno
dei quali, per essere prodotto, richiede una certa quantità di energia.
Crescendo la popolazione e, soprattutto, la quantità di energia che ogni abitante
della Terra consumerà in futuro per migliorare la qualità della sua esistenza, e
considerando che le risorse energetiche fossili (carbone, petrolio e gas naturale) si
stanno esaurendo, si comprende come la questione dell'energia sia già oggi, ma
ancora più in futuro, di cruciale importanza. La quantità di energia che ogni
occidentale consuma oggi può e deve essere ridotta, ma quell'energia è servita e
serve a migliorare la qualità e la durata della vita. Senza la rivoluzione industriale non
si sarebbero potute sviluppare le tecnologie che oggi permettono di sintetizzare
farmaci, effettuare interventi chirurgici sempre più sofisticati, permettere alle persone
di comunicare e di viaggiare. La durata della vita delle persone in occidente è
cresciuta enormemente, oltre il doppio nell'arco di meno di tre secoli. Nel Seicento gli
europei consumavano poca energia, ma bastava una epidemia di peste come quella
del 1610-1630 per uccidere un quarto della popolazione. Abbiamo e continueremo
ad avere bisogno di energia e, soprattutto, ne avranno bisogno quei popoli che
ancora non godono del privilegio di vivere bene e a lungo come noi occidentali.
Consumi, sprechi e risparmio in Italia
Quando dopo la grande crisi petrolifera degli anni Settanta ci si rese conto che le
risorse energetiche fossili non erano inesauribili né avrebbero potuto continuare per
sempre ad essere a buon mercato, si impose la necessità di risparmiare energia. Da
allora sono passati quasi trent'anni e molto è stato detto a questo proposito, ma non
altrettanto si è fatto. Certamente le automobili consumano molto meno che in
passato, esistono apparecchiature elettriche molto più efficienti, ma i risultati sono
ancora molto lontani da quanto si poteva e si può oggi fare. Se si esaminano i dati
relativi ai consumi di energia, si può immediatamente osservare come la dinamica
che si è sviluppata negli ultimi tre decenni sia tutt'altro che positiva. Nel 1970 in Italia
sono stati consumati in totale 114 milioni di TEP (tonnellate equivalenti di petrolio),
nel 2004 oltre 196 milioni (fonte: rapporto ENEA ’04). Eppure la popolazione italiana
è rimasta quasi stazionaria. Certo, la ricchezza prodotta è cresciuta sensibilmente,
ma sappiamo anche che l'intensità energetica (cioè la quantità di energia necessaria
per produrre un unità di reddito interno lordo) è sensibilmente diminuita, infatti il
consumo energetico dell'industria nei primi anni ’70 superava il 40% dei consumi
nazionali, mentre nel 2004 era circa il 29%. A far crescere il totale dei consumi sono
stati piuttosto gli usi civili (servizi e residenziale), che sono passati dai 27% dei primi
anni ’70 al 30,2% del 2004, ma soprattutto il settore dei trasporti, passato dal 15% al
31%. E' facile immaginare che cosa sia accaduto: il trasporto privato individuale ha
visto una crescita spaventosa; il settore terziario ha più che raddoppiato il numero
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degli addetti e triplicato la ricchezza prodotta; sono mutate le abitudini e le esigenze
delle persone; il numero degli apparati elettrici presenti nelle abitazioni degli italiani è
vertiginosamente cresciuto; la stragrande maggioranza degli uffici, dei cinema, dei
teatri e degli alberghi dispone di aria condizionata, tanto che il tradizionale picco
massimo dei consumi di elettricità, che per decenni si era sempre registrato nei mesi
più freddi, oggi si verifica in piena estate. Ma è anche accaduto che, di fronte a
questa crescente domanda di energia non siano state proposte delle efficaci azioni
capaci di indurre le persone a risparmiare o, quanto meno, a non sprecare.
Nel corso degli ultimi due decenni sono state varate alcune leggi destinate a
migliorare la situazione e molte industrie hanno indirizzato i loro sforzi di ricerca in
direzione di una maggiore efficienza energetica. Qualche risultato, indubbiamente, è
stato conseguito, come ad esempio il completamento della rete del metano, che ha
permèsso di eliminare qualche milione di scaldabagni elettrici, ingordi ed inefficienti,
l’invenzione dei moderni motori per automobili a basso consumo. Senza questi
miglioramenti, il bilancio dell'energia in Italia sarebbe stato ancora più pesante. Ma
resta ancora moltissimo da fare, soprattutto nel settore dei trasporti e nelle abitazioni
di ciascuno di noi. Numerosi sono gli studi condotti in questo campo e tutti dicono
che è possibile, attraverso un'azione di risparmio energetico generalizzata,
conseguire importanti risultati. La condizione per conseguirli è che l'iniziativa venga
presa in maniera integrata e su più fronti: i trasporti pubblici, i consumi energetici
delle attività produttive (incluso il terziario), i consumi energetici delle famiglie, la
sostituzione delle fonti non rinnovabili con quelle rinnovabili.
Consumi e risparmio energetico negli usi civili
Per quanto attiene i consumi energetici negli usi civili, occorre fare una distinzione tra
attività del settore terziario e residenziale. Per quanto attiene il settore terziario è
possibile realizzare economie importanti: un'oculata gestione degli edifici
(riscaldamento, aria condizionata, illuminazione, coibentazione ed isolamento)
potrebbe permettere di ridurre i consumi di energia anche di alcuni milioni di TEP,
che però verrebbero assorbiti dai maggiori consumi energetici derivanti dallo sviluppo
del settore medesimo, destinato a crescere costantemente nei prossimi due decenni.
Un capitolo di notevole interesse è costituito dai consumi delle famiglie. Il consumo
energetico del settore residenziale (riscaldamento, acqua calda, usi di cucina ed usi
elettrici) è infatti cresciuto dai 19 milioni di TEP del 1971 agli attuali 30 milioni di TEP.
I consumi domestici di energia per il riscaldamento, l’acqua calda, la cucina, gli
elettrodomestici, ecc. coprono più di un quinto degli usi energetici finali totali.
Secondo recenti studi una famiglia potrebbe risparmiare sulle spese sostenute per
tali consumi senza fare particolari rinunce, semplicemente usando meglio l’energia. A
tal fine il mercato offre una vasta gamma di prodotti tecnicamente molto più avanzati
3
rispetto a qualche anno fa, che permettono di economizzare energia a vantaggio
anche della qualità dell’ambiente. Intraprendere dei lavori di risparmio energetico
significa:
-
migliorare l’efficienza energetica nelle abitazioni per ridurre i consumi;
-
migliorare l’isolamento delle case accrescendo il suo comfort;
-
partecipare allo sforzo nazionale di riduzione sensibile dei consumi di combustibili
fossili;
-
proteggere l’ambiente e contribuire alla riduzione dell’inquinamento.
VM
Per raggiungere questi obiettivi si sono avviati, in questi
ultimi anni, diversi programmi rivolti ad un uso razionale
dell’energia negli edifici. Tali programmi prevedono sia
migliori criteri di progettazione nelle nuove costruzioni, più
attenti all’aspetto energetico,
sia
interventi di
contenimento dei consumi sul patrimonio edilizio
esistente.
In questo ambito i risultati positivi che potrebbero essere
conseguiti sono di grande peso: alcune stime riferiscono
di risparmi fino al 40 per cento in energia elettrica e fino al
30 per cento in combustibili fossili realizzabili attraverso la
diffusione di tecniche di risparmio di estrema semplicità:
-
sostituzione delle tradizionali lampadine ad.incandescenza con lampadine
fluorescenti ad alta efficienza;
-
sostituzione degli scalda acqua elettrici con scalda acqua a metano o a gpl;
-
sostituzione delle vecchie caldaie a gas con nuovi modelli più efficienti;
-
sostituzione dei semplici vetri tradizionali con doppi vetri;
-
isolamento termico dei tetti e delle pareti esterne degli edifici;
-
regolazione corretta della temperatura nei diversi ambienti, con valvole
termostatiche;
-
contabilizzazione individuale del calore nel caso di impianti centralizzati;
-
diffusione delle pompe di calore.
Si tratta di interventi che richiedono soltanto l'attenzione dei singoli e che non
richiedono alcun costo aggiuntivo, il risparmio energetico attuato dai singoli
consumatori può contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti e nello stesso
tempo tagliare la spesa economica delle famiglie.
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Consumi e risparmio energetico nel settore industriale
In campo industriale, l'aumento dell'efficienza energetica conseguito negli ultimi anni
è già considerevole, in ragione del peso relativo che l'energia assume in numerosi
processi produttivi. L'elemento di concorrenzialità primario nella definizione dei prezzi
finali delle merci (l'acciaio, l'alluminio, il cemento, le plastiche e la gomma, il vetro) è
costituito proprio dall'energia consumata. Ciò ha determinato una graduale riduzione
dei consumi energetici di tutto il comparto industriale, anche a prescindere dal fatto
che, in Occidente ed in Italia in particolare, esso abbia visto un ridimensionamento
generale a favore di altre attività. Non è dunque prevedibile che in questo ambito si
possano conseguire risparmi di energia significativi, se non in seguito a programmi di
sviluppo e innovazione del comparto industriale a scala internazionale.
Consumi e risparmio energetico nei trasporti
Nel 1971, in Italia, circolavano 12 milioni di automobili. Oggi ne circolano 34 milioni.
Settantadue italiani su cento oggi si recano al lavoro utilizzando la propria
autovettura; nel 1971 erano soltanto 26. Quello dei trasporti è l'ambito nel quale
maggiore è stato l'incremento dei consumi energetici e ove si potrebbero conseguire
i risparmi più significativi. Le strade da percorrere per raggiungere risultati rilevanti
sono molteplici. Anzitutto servirebbero trasporti pubblici, urbani in particolare, più
veloci, efficaci ed efficienti. In tutta Italia sono oggi in funzione sette linee di
metropolitana, nella sola Parigi sono 17, a Londra più di 20. Servirebbero più corsie
preferenziali per gli autobus, corse più frequenti, mezzi più confortevoli, aree
pedonali più vaste e senza deroghe, parcheggi di scambio custoditi e a prezzi
convenienti per coloro che provengono da località più lontane. L'Italia dei primi anni
Settanta, quando le automobili erano una ogni cinque abitanti e la maggior parte
delle persone viaggiava accalcata su vecchi autobus rumorosi, è un lontano ricordo.
L'accresciuto benessere ha permesso a milioni di famiglie di acquistare una, due o
tre automobili. Ed è più comodo viaggiare con la propria vettura posteggiata sotto
casa che raggiungere la fermata e attendere il mezzo pubblico. È indubbio che per
molte famiglie l'automobile è diventato l'unico possibile mezzo di trasporto: in oltre
città sono sorti nuovi quartieri, le aree urbane si sono allargate a macchia d'olio e le
distanze percorse mediamente da ogni italiano per recarsi 'al lavoro si sono
enormemente dilatate. Ma è altrettanto indubbio che pochi sembrano essere capaci
di rinunciare alla comodità di raggiungere ogni luogo in ogni momento con la propria
autovettura, anche per percorrere brevi tragitti che chiunque, in passato, avrebbe
compiuto naturalmente a piedi. In alcuni paesi europei, come la Danimarca, sono
stati adottati provvedimenti di carattere fiscale, che hanno disincentivato
enormemente l'acquisto e l'uso delle autovetture private. Altrove, come in Germania,
si è scelto di rendere inaccessibili i centri di qualsiasi città o cittadina, costringendo a
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lasciare le autovetture nelle zone periferiche. In altri Paesi, come in Francia, non si è
quasi per nulla intervenuto, mettendo però a disposizione un sistema di mezzi di
trasporto pubblici tanto efficiente da risultare più veloc'è e comunque meno costoso
della vettura privata. Ma in questione non è soltanto il trasporto urbano delle
persone. Anche i trasporti extraurbani potrebbero essere sensibilmente migliorati per
indurre un crescente numero di persone a rinunciare all'automobile. Così come di
assoluto rilievo è la modalità di trasporto delle merci, che in Italia avviene per il 70
per cento su strada, con autocarri e furgoni d'ogni genere, lasciando alla ferrovia,
meno costosa ed enormemente più efficiente sotto il profilo energetico, un ruolo
marginale. Si tratta comunque di un problema di dimensioni continentali: dagli anni
Settanta ad oggi, in Europa, il volume di traffico dei passeggeri su ferrovia è rimasto
invariato a circa 300 miliardi di passeggeri per chilometro all'anno, quello relativo al
trasporto aereo è cresciuto fino a raggiungerei valori della ferrovia, quello relativo
all'automobile è quasi triplicato, sfiorando, i 4 mila miliardi di passeggeri per
chilometro percorso. Per quanto attiene il trasporto delle merci, il ricorso alla ferrovia
è in trent’anni leggermente calato, attestandosi attorno ai 250 miliardi di tonnellate
per chilometro percorso.
Non è facile calcolare quanta energia potrebbe essere risparmiata in un paese come
l'Italia attuando appropriate misure di carattere collettivo e promuovendo corretti
comportamenti individuali. Le variabili in gioco sono numerose e non tutte possono
essere controllate e stimate con adeguata precisione. In materia di risparmio
energetico, infatti i comportamenti individuali (riduzione dell'uso dell'autovettura
privata, interventi domestici di risparmio" investimenti finalizzati alla riduzione dei
consumi) hanno un peso complessivo determinante. Questi comportamenti, a loro
volta, non possono essere positivamente indotti soltanto sulla base di una adesione
di carattere morale o ideale, bensì richiedono anche un vantaggio materiale, di
carattere economico. E tali vantaggi economici possono derivare soltanto da una
oculata politica di definizione dei prezzi dell'energia unita ad azioni di incentivazione
e sostegno da parte dei poteri pubblici. Se a queste già numerose variabili si
aggiunge l'imprevedibilità delle azioni individuali e la difficile stima della dinamica dei
prezzi futuri dell'energia, si può facilmente comprendere quanto difficile sia calcolare
l'entità dei risparmi possibili ed economicamente sostenibili. Inoltre nel settore dei
trasporti ci sono in gioco ci sono gli imponenti investimenti necessari per rendere più
efficiente la rete dei trasporti, siano essi urbani così come interurbani e nazionali, i
comportamenti individuali, la dinamica dei prezzi dei combustibili, i tempi necessari
per verificare ricadute positive. Si tratta di un ambito nel quale la misura dei risultati è
possibile soltanto dopo un periodo relativamente lungo e le risorse economiche e
gestionali in gioco sono di notevole entità. La realizzazione di interventi strutturali
destinati a riconvertire almeno una parte del traffico automobilistico privato verso il
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trasporto pubblico collettivo richiede infatti tempi relativamente lunghi, anche se
alcuni interventi minimi possono essere realizzati anche nel breve periodo.
E' comunque ragionevole ritenere che, attraverso simili azioni (metropolitane,
pedonalizzazione dei centri urbani, corsie preferenziali, miglioramento. delle reti e dei
mezzi di trasporto, sviluppo di piani aziendali di mobilità il così detto mobility
management) si potrebbero realizzare importanti economie, ma in un arco temporale
piuttosto ampio: sviluppando adeguati interventi su un lasso di 20 anni, si potrebbero
conseguire economie energetiche nell'ordine dei 15 milioni di TEP, pari all'8 per
cento degli attuali consumi energetici complessivi. Se si considera che nello stesso
arco temporale di 20 anni i consumi energetici per i trasporti sono, secondo le stime
più attendibili, destinati ad aumentare di circa 10 - 15 milioni di TEP, si deve
concludere che anche le migliori iniziative pubbliche, in questo campo,
permetterebbero nel migliore dei casi di stabilizzare i consumi energetici del settore
dei trasporti. Il che, considerate le dinamiche verificatesi negli ultimi tre decenni (da
16 a 42 milioni di TEP all'anno) sarebbe comunque un eccellente risultato.
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Efficienza Energetica…dalla quantità alla qualità
Introduzione
Per secoli abbiamo creduto che il nostro pianeta fosse un “contenitore” cui prelevare
risorse e “depositare scarti” inquinando aria, acqua e suoli. Si è creduto (e
sfortunatamente si crede ancora!) che la natura dovesse incondizionatamente
adeguarsi al nostro invasivo sviluppo; che l’ambiente fosse il luogo che circonda
l’uomo e non quel “sistema complesso” cui esso indissolubilmente appartiene. Una
visione notevolmente antropocentrica, che nel tempo si è trasformata in un
sostanzioso problema per tutti gli esseri viventi presenti sulla Terra e che mette in
luce l’incapacità dell’Uomo di confrontarsi con numerosi aspetti del concetto di
“limite”. “Il problema con la Terra, è che hanno smesso di crearla da un bel po’” (M.
TOZZI, 2003), ma accettare la realtà di vivere in un mondo “finito” è impegnativo,
significa imparare a vivere senza chiedere di più (mode, tendenze, ecc.), rivalutando
i concetti di merce e prodotto (certificazioni ambientali, mercato equo e solidale,
auto-produzione, “obiettivo decrescita”), di amministrare sostenibilmente beni e
servizi; significa cercare di migliorare comfort e qualità del nostro esistere chiedendo
meno e utilizzando al meglio ciò che ci circonda: essere, cioè, maggiormente
efficienti.
La strada della “efficienza energetica” è un percorso che basa le sue fondamenta
sull’etica (visto che la sola “intelligenza” dell’auto-referenziato homo sapiens sapiens
ci ha portato all’attuale criticità), sulla sobrietà (cioè la sufficienza: non chiedere di
più), sulla ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica e l’informazione. Per garantire
servizi “puliti” e “sostenibili”, dobbiamo imparare ad essere più efficienti.
L’impostazione mentale che questo percorso consiglia, può essere facilmente
compresa se, ad esempio, abbiamo un problema così formulato: qual’è il sistema di
climatizzazione
(riscaldamento/raffrescam
ento) da istallare in un
edificio? In un’ottica di
efficienza
energetica
invece,
la
domanda
dovrebbe
essere
riformulata in altri termini
tipo: qual è il modo più
efficiente per avere una
temperatura
interna
VM
confortevole per noi sia
d’estate che d’inverno e
che non sia fortemente
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impattante per l’ambiente? Nel primo caso l’interrogativo nasconde in realtà una
scelta: il livello di efficienza da raggiungere viene già vincolato dalla stessa domanda,
imponendo la ricerca della soluzione migliore fra le tecnologie a disposizione.
Avremo quindi, una serie di opportunità pari al numero di apparecchiature esistenti
sul mercato più o meno efficienti. Fatta la scelta, l’operazione è conclusa ed occorre
riformulare una domanda per raggiungere maggiori livelli di comfort. Nel secondo
caso, invece, le scelte saranno effettuate su una serie di tecniche e soluzioni di
progettazione dell’involucro, di coibentazione degli ambienti interni, di arieggiamento
e ventilazione, di sfruttamento del calore solare o di ombreggiamento e molto altro
ancora. Solo in un secondo momento, sarà definito l’apporto che il sistema di
climatizzazione dovrà fornire all’edificio e, magari, scoprire che gli impianti pensati
non sono strettamente necessari. Avere oggi un sistema efficiente di produzione ed
utilizzo dell’energia, significa quindi integrare, migliorare ed ottimizzare: i sistemi di
produzione e trasformazione dell’energia, le reti di trasporto dell’energia, la mobilità
delle persone e delle merci, i servizi, i processi industriali ed agro-zootecnici, la
progettazione e la gestione degli edifici e delle apparecchiature elettriche ed
elettroniche.
Il nostro sistema energetico è un secchio bucato…
“[…] Ho un secchio bucato e sto provando a riempirlo d’acqua con una bottiglia, ma non
riesco. Cosa posso fare?
a. sostituire la bottiglia con un bottiglione
b. sostituire la bottiglia con un bicchiere
c. chiudere i buchi del secchio in modo che dopo mi basti un bicchierino a riempirlo
[…] Il secchio bucato è un immagine fedele dei modi in cui utilizziamo l’energia. […] Più
della metà (dei consumi energetici italiani) se ne va in sprechi, inefficienze ed usi
impropri”.
dott. Maurizio Pallante
Il secchio rappresenta la nostra casa, il sistema di trasporto di energia, i bassi rendimenti
dei convertitori di energia. La bottiglia che stiamo usando è il sistema attuale italiano per
la produzione di energia. Il bottiglione può essere paragonato al potenziamento delle
centrali termoelettriche esistenti. Al bicchiere spetta il compito di rappresentare le poco
competitive fonti rinnovabili. Chiudendo i buchi le fonti rinnovabili acquistano potenzialità
e convenienza rispetto all’uso delle fonti fossili.
Efficienza nel produrre energia
Guardare al problema energetico dal punto di vista dell’efficienza, ci porta fin da
subito a considerare con attenzione anche la terminologia utilizzata. La
termodinamica c’insegna che nei processi reversibili l’energia non viene né prodotta
né consumata, bensì può essere solo trasformata per fornire un lavoro,
degradandosi inevitabilmente ad uno stato di minor “utilizzabilità”. Possiamo pensare
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che il “sistema Terra” sia dotato di un grande serbatoio di energia utilizzabile (a
bassa entropia) composto oggi giorno da combustibili fossili e dai materiali
suscettibili di fissione o fusione nucleare. Ogni volta che estraiamo l’energia
contenuta in questo serbatoio per i nostri usi e consumi, trasferiamo l’energia in un
secondo serbatoio non più utilizzabile (alta entropia). Il percorso inverso è
impossibile. Quello che abbiamo davanti agli occhi quindi, non è tanto l’impossibilità
di utilizzare energia perché il suo livello diminuisce, bensì l’incapacità di poterla
trasformare in lavoro. Per questo motivo è necessario occuparsi d’efficienza nella
produzione di energia, affinché dal primo serbatoio non venga prelevata più energia
di quanta il Sole e la Natura riescano a creare (e quindi “ricaricare il serbatoio”)
attraverso la fotosintesi e le catene alimentari (ciclo del carbonio), l’evaporazione
dell’acqua (ciclo dell’acqua), il riscaldamento dell’atmosfera (processi meteorologici),
ecc. In questi termini, l’efficienza non riguarda solo una situazione puntuale (una
macchina, una fabbrica, una casa, ecc.), ma il “sistema Terra”, il sistema economico
di un Paese (i trasporti, la produzione di beni, il commercio, la produzione di alimenti,
ecc.).
Questi
sono
concetti
particolarmente
importanti,
soprattutto quando vengono
utilizzate fonti non rinnovabili ed
in particolar modo i combustibili
fossili (gas naturali, GPL, olio
combustibile e carbone). I
rendimenti degli impianti e delle
apparecchiature
che
trasformano l’energia da una
forma ad un’altra (luce, calore,
movimento, elettricità, massa),
hanno un limite ben preciso
dettato dal secondo principio
della
termodinamica.
Nelle
centrali termoelettriche italiane,
Centrale termoelettrica: dispersioni e rendimenti.
solo il 30-35% del calore
(corso formazione FRED)
ricavato dal combustibile fossile
che viene bruciato in caldaia, si trasforma in corrente elettrica nelle turbine. Il
rimanente viene disperso sotto forma di calore nell’ambiente perché non più utile al
processo. Con le migliori tecnologie che oggi abbiamo a disposizione (centrali
turbogas a ciclo combinato) si può superare di poco il 50%; una grossa quota di
energia rimane comunque inutilizzata ed il combustibile adoperato nel processo sarà
“rigenerato” dai naturali processi geologici e biologici in centinai di milioni di anni.
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Efficienza della rete di distribuzione dell’elettricità
Un sistema energetico efficiente deve essere improntato sull’effettiva minimizzazione
delle trasformazioni e del trasporto di energia, garantendo flessibilità, continuità e
sicurezza della rete. Un sistema fondato sulla produzione di elettricità in grandi
impianti ed in poli di elevata concentrazione di potenza, è l’esatto contrario della
flessibilità; rappresenta rigidità ed incapacità di adattamento a sbalzi dovuti a guasti,
incidenti o forti variazioni orarie e stagionali della domanda. La rigidità rende
ovviamente il sistema vulnerabile: un qualsiasi problema di sovraccarico o di caduta
di tensione in un punto della rete, si ripercuote inevitabilmente sull’intero sistema
(vedi black out del 2003). L’attuale sistema energetico fatto di produzioni concentrate
in impianti di grande potenza, dovrebbe gradualmente essere limitato ad una
produzione strategica di base che abbia come prioritario compito, quello di coprire le
richieste pervenute dal sistema industriale e dalle grandi aree antropizzate. Il
restante dovrebbe essere prodotto in impianti prossimi all’utenza da soddisfare, in
modo da poter essere progettati per la fornitura di “servizi energetici integrati” (dalle
caldaie ad alto rendimento alla co-generazione, dal solare al micro-eolico, dal gas
naturale alle biomasse,) e garantire un elevata elasticità gestionale, adatta quindi ad
una progressiva sostituzione dei combustibili fossili con fonti energetiche rinnovabili.
Un sistema fondato su una rete di “isole” di fornitura di energia (prodotta con impianti
di media e piccola taglia) diffuse sul territorio e connesse alla rete nazionale,
potrebbe garantire flessibilità, sicurezza e continuità richiesti dagli utenti e, se
abbinate ad una progettazione adeguata dei nuovi edifici e un cospicuo risanamento
di quelli esistenti, di consentire lo sviluppo dell’uso di fonti rinnovabili e dei servizi
energetici ad alta efficienza.
Efficienza di processi e di servizi
Quello dei processi produttivi è certamente un settore in cui molto può essere fatto,
ma necessita da parte dei governi, del mondo scientifico, degli attori economici
nazionali ed internazionali, di ricerche, volontà, scelte e tempistiche non sempre
conciliabili con le dinamiche del moderno sistema economico mondiale. La filosofia di
base si fonda sul fatto di considerare la domanda come un parametro in base al
quale modulare l’offerta e non come variabile governabile anche (e soprattutto) sulla
base di aspetti ambientali e sociali. Rendere efficiente il settore industriale significa
puntare sullo sviluppo di nuove composti bio-degradabili, di nuovi processi produttivi
a “ciclo chiuso”, di spinte virtuose dei mercati energetici emergenti. Un grande
impegno per tutta la comunità mondiale. Come individui, però, e come collettività,
possiamo intraprendere delle azioni che potrebbero avere un peso ed un’efficacia più
o meno ampia e variabile nel tempo nelle modifiche e negli indirizzi di questo
importante settore economico. Come consumatori, possiamo effettuare delle scelte
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con forte impatto sia sul piano ambientale che sociale. Fra gli scaffali dei
supermercati o lungo le strade provinciali che collegano le zone rurali, sono sempre
più presenti aziende e prodotti con certificati ambientali, biologici o di qualità (EcoLabel, Certificati Bio, qualità, Trans Fair, Energy Safety), garantendo così equità
sociale ed ambientale del prodotto acquistato.
Efficienza nella mobilità di merci e persone
Per quanto riguarda i consumi nazionali di energia primaria nel settore dei trasporti
(con circa il 30% del totale al pari merito con industria e settore edile), occorre prima
di tutto porre l’accento che trascorrere maggior tempo a camminare, pedalare o
pattinare, non fa che bene alla nostra salute (evitando particolari zone trafficate,
sfruttando circuiti verdi urbani, percorsi preferenziali per le biciclette, ecc.). Spesso
però, questo non è realizzabile e ci ritroviamo da soli in macchina bloccati in qualche
ingorgo stradale. Oggi, in ogni modo, comincia ad espandersi fra i cittadini, le
amministrazioni pubbliche e le imprese, l’idea di convertire e razionalizzare l’utilizzo
del proprio parco d’autovetture (car-sharing, car-pooling, “mobility manager”,
rottamazione o conversione auto, ecc.). Il Governo Italiano e le Amministrazioni
Comunali favoriscono i propri cittadini con incentivi e contributi, a convertire o
“rottamare” la propria auto, stimolando così l’utilizzo di combustibili a basso impatto
(metano, GPL, bio-carburanti) o nuove autovetture dai bassi consumi, con motori
ibridi o “bi-power”.
Quando però vogliamo valutare
l’efficienza di un sistema di
trasporto, non possono essere
presi in considerazione soltanto i
consumi unitari del parco degli
autoveicoli circolanti. È necessario
analizzare anche i motivi degli
spostamenti delle persone e delle
merci, i percorsi, le modalità (via
nave, via treno, in bici, ecc.).
Applicare criteri d’efficienza al
sistema dei trasporti potrebbe
consentire
una
consistente
riduzione
dei
consumi
di
Figura 1: Il trasporto su via ferrata risulta il metodo
combustibili
fossili
e
quindi più pulito per spostare persone e soprattutto merci su
dell’emissioni in atmosfera di gas
lunghi percorsi (foto di Vincenzo Crocetti)
serra e sostanze inquinanti. Quello dei trasporti infatti, è un settore completamente
dipendente dal petrolio (basta pensare alla benzina, ai rivestimenti interni in plastica,
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alle gomme, ecc.) e considerando che le sue emissioni sono quantitativamente in
crescita, ogni modesto miglioramento apportato all’efficienza dei mezzi circolanti (in
sostanza maggior chilometri percorsi con un litro di carburante), viene vanificato in
assenza di politiche efficaci di ri-orientamento del sistema. Per esempio, nel
pianificare il sistema di trasporti di una città, si prende in considerazione il numero di
persone che si muovono su ciascun percorso, le modalità, i tempi, ecc.,
organizzando così su questi dati le relative infrastrutture. Se ci poniamo nell’ottica
dell’efficienza del sistema nel suo complesso, possiamo scoprire che anziché
allargare una strada, sarebbe più conveniente ricollocare certi servizi e certi
insediamenti urbani che contribuiscono in modo consistente alla domanda del
trasporto stesso. In tal caso la migliore soluzione non è quella di incentivare i mezzi
(anche ecologici), o le modalità di trasporto più efficaci (mezzi pubblici, biciclette,
ecc.), bensì semplicemente quella di eliminare quel determinato bisogno di
spostamento dovuto, magari, ad un servizio lontano dalla nostra abitazione.
Efficienza degli edifici
Ponendosi in un’ottica di efficienza, la migliore soluzione non è necessariamente utilizzare le
apparecchiature più efficienti, ma rendere inutili tali apparecchiature attraverso interventi
strutturali e gestionali. Un esempio concreto per capire l’attuale inefficienza del sistema
“edificio-impianti” (inteso come involucro in muratura e relativi impianti termici, elettrici,
idrici e telecomunicativi), può essere l’analisi della produzione nelle abitazioni di acqua calda
sanitaria attraverso energia elettrica (scaldabagni e boiler). Come abbiamo visto, il rendimento
medio di una centrale termoelettrica è del 30-35%, e parte dell’energia elettrica prodotta
(nobile fonte energetica secondaria) viene dispersa durante il trasporto negli elettrodotti (circa
il 10%, fonte GNRT). Quando finalmente la corrente elettrica arriva nelle nostre case, il boiler
trasforma nuovamente l’elettricità in calore a bassa temperatura. In conclusione abbiamo
utilizzato un combustibile per produrre calore ad altissima temperatura (vapore acque a 900°C
prodotto nelle centrali), per avere un po’ di calore a bassa temperatura (40-60°C). Questo
paradosso termodinamico si ripete ogni giorno in numerose famiglie italiane. Considerando
ora il riscaldamento ed il raffrescamento degli ambienti interni agli edifici, la situazione non
migliora. Tralasciando le inefficienze nell’uso e consumo errato e massiccio di
apparecchiature elettriche ed impianti termici, la nostra casa segue inesorabilmente i principi
della termodinamica e perde “fisiologicamente” calore dalle mura, dalle finestre, dai tetti, dai
balconi, dagli stessi impianti di produzione ed uso del calore. Questo fenomeno può
raggiungere grandi dimensioni se, ad esempio, l’edificio o l’impianto non sono progettati
adeguatamente (orientamento, superfici vetrate, indice di compattezza, tipologia impianti,
ecc.), se il sistema è gestito erroneamente (sovrastima impianti, sbagliata organizzazione
ambienti interni, mancate verifiche e controlli, ecc.), se non sono presenti buoni isolamenti
degli ambienti interni (coibentazioni, rottura dei ponti termici, ventilazione, ecc.).
13
BUONE PRATICHE DI SOSTENIBILITÁ
Riducendo gli sprechi, le perdite e gli usi impropri, riduciamo i consumi, le spese e
produciamo meno sostanze dannose all’ambiente.
INTERVENTI COMPORTAMENTALI: eliminare sprechi ed usi impropri, far
funzionare al meglio quello che già c’è.
ELETTRODOMESTICI ED ILLUMINAZIONE
Frigorifero e Congelatore
•
Sbrinate annualmente freezer e frigoriferi;
•
Evitate di riporre nei frigoriferi/congelatori cibi ancora caldi, favorisce la
formazione di brina;
•
Controllate spesso lo stato delle guarnizioni delle apparecchiature;
•
Pulite da polvere e ragnatele il radiatore di condensazione posto nel retro
dell’apparecchi;
•
Lasciate spazio fra l’apparecchio e la parete, per facilitare la circolazione
dell’aria;
•
Non lasciate aperto il frigorifero inutilmente, evitate di aprirlo e chiuderlo
frequentemente;
•
Organizzate i prodotti da inserire nel frigo su di un ripiano esterno, prima
di riporli nel frigorifero;
•
Organizzate i prodotti nei ripiani, così come ci viene consigliato dalla ditta
produttrice;
•
Evitate di riempire completamente l’interno;
•
Favorite la circolazione dell’aria fra i ripiani interni;
•
Evitate di addossare i prodotti sulla parete posteriore del frigo;
•
Una volta svuotati frigorifero e/o freezer (se possibile), spegnete gli
apparecchi durante i periodi di assenza prolungata;
•
Regolate il termostato degli apparecchi in una posizione di temperatura
intermedia;
•
Riportate il termostato dei surgelatori in posizione conservazione, dopo
aver congelato i cibi freschi inseriti;
14
Uso dell’elettricità
•
Evitate il più possibile di usare elettricità per produrre calore (scaldabagni
elettrici, stufette, piastre elettriche,…);
•
Preoccupatevi di spegnere le luci quando non servono;
•
Evitate di lasciare in stand-by gli apparecchi elettronici;
•
Preferite l’utilizzo, se presenti, programmi
elettrodomestici (lavatrici, lavastoviglie, …);
•
Asciugate il bucato all’aria aperta o in casa (vicino radiatori) e non nelle
macchine asciugatrici;
•
Razionalizzate la durata di accensione delle illuminazioni condominiali
(scale, scantinati,…);
di
risparmio
degli
Riscaldamento/Raffrescamento
•
Chiudete i radiatori dei locali non frequentati (garage, stanzini,
lavanderie,…);
•
Chiudete le aperture di ventilazione nei locali non frequentati;
•
Mantenete efficienti e pulite tutte le parti dell’impianto di climatizzazione;
•
Chiudete persiane e tapparelle delle finestre nelle ore calde estive e al
tramonto in inverno;
•
Coprite e/o chiudete gli spifferi degli infissi (utilizzando materiale
recuperato);
•
Controllate stato deterioramento isolamento tubature esterne dell’impianto
di riscaldamento;
•
Installate tende davanti le finestre, creando intercapedine tampone; ma…
•
Non nascondete o coprite i radiatori con tende e mobili;
•
Regolate nelle caldaie la temperatura della acqua calda sui 35° - 45° C;
•
Usate coperchi per far bollire l’acqua (se possibile pentola a pressione);
•
Utilizzate acqua calda usata per cucinare, anche per lavare le stoviglie;
•
In inverno, mantenete temperatura radiatori sui 19-20° C durante ore
diurne, e inferiore di notte;
15
INTERVENTI STRUTTURALI: aumentare l’efficienza energetica.
Interventi di basso costo, con effetti immediati
•
Sostituire ed utilizzare lampadine ad alta efficienza (dove mediamente le
lampadine sono accese più ore);
•
Fare manutenzione e far verificare periodicamente l’efficienza ed il
rendimento della caldaia, delle canne fumarie, dei fumi (COSI’ COME
PRESCRIVE LA LEGGE!);
•
Sostituire le guarnizioni deteriorate di infissi, porte, frigoriferi, freezer,
isolante tubazioni, …;
•
Applicazione di uno o più cronotermostati (zona giorno, zona notte, zone
non abitate) programmabili (giornalmente e settimanalmente);
•
Applicazione valvole termostatiche regolabili manualmente ai radiatori;
•
Installare pannelli isolanti e riflettenti dietro i radiatori disposti sulle mura
esterne della casa;
•
Installare interruttori ottici o timer che regolano l’accensione e lo
spegnimento delle lampade esterne delle abitazioni, dei distributori di
bevande calde, ecc.;
Interventi con costi variabili bassi, recuperabili nel medio periodo
•
Eseguire check up energetico casa (incluso blower door test – test di
permeabilità al vento);
•
Identificare e isolare tutte infiltrazioni (finestre, porte, cassettoni, tracce
tubi e cavi, …);
•
Collegare lavastoviglie e lavatrici, direttamente al circuito idraulico
dell’acqua calda sanitaria;
•
Sostituire ed installare apparecchi elettrodomestici ad alta efficienza
(classe A o superiore);
•
Sostituire boiler elettrici e caldaie vecchie, con caldaie a gas a
condensazione o alto rendimento;
•
Installare collettori solare diretti o con accumulatore, integrati al normale
sistema di riscaldamento produzione acqua calda;
Interventi costi variabili alti, estremamente efficaci, recuperabili nel lungo periodo
•
Montare nuove finestre con vetri termoisolanti di bassa emissività e/o
trasmittanza;
•
Sostituire cassettoni tapparelle, infissi deteriorati e di materiale metallico;
16
•
Isolare il soffitto dello scantinato, se questo è riscaldato, isolare le pareti
esterne;
•
Migliorare l’isolamento termico del tetto (sia per dispersione calore che
riscaldamento estivo);
•
Migliorare l’isolamento termico delle pareti perimetrali, delle fondamenta;
•
Isolare in modo estremamente efficace i “ponti termici” dell’abitazione
(porticati, colonne portanti a vista sull’esterno, balconi, …)
•
Sostituire e modificare l’impianto di riscaldamento dei locali,
differenziandoli per tipi di utenza, preferendo tecnologie cogenerative e
trigenerative;
•
Installare ed integrare i sistemi di riscaldamento con tecnologie a biomassa e combustibili eco-compatibili;
•
Integrare l’impianto elettrico con generatori elettrici fotovolatici, micro
eolico e micro idrico;
•
Sostituire e adottare sistema di riscaldamento cogenerativo, in particolar
modo nei medi e grandi condomini;
•
Installare ovunque, anche nelle illuminazioni esterne, lampade compatte
ad alta efficienza;
•
Installare impianti di produzione elettrica alternativi (piccoli
aereogeneratori, fotovoltaico, cogenerativo, biomassa, …) con sistema di
accumulo energetico o collegamento alla rete nazionale;
17
Risparmio energetico negli edifici
Consumi energetici negli edifici
Per poter riscaldare edifici pubblici (scuole, ospedali, uffici amministrativi, ecc.) e
privati (abitazioni, condomini, locali commerciali, ecc.) ogni anno consumiamo tanta
energia primaria quanto le industrie ed il sistema di trasporto italiano (circa 30%
ognuno, fonte ENEA ‘05). Consultando ulteriori dati, vediamo che sul totale di
energia consumata in un’abitazione, la maggior parte riguarda il riscaldamento degli
ambienti interni, seguito dal riscaldamento di acqua sanitaria, cucina ed elettricità. Le
fonti maggiormente utilizzate sono il metano ed il gasolio, seguite dall’elettricità e le
biomasse (in particolar modo legna e carbone vegetale da ardere). Considerando i
risultati emersi dall’ultimo censimento italiano (2001), più del 20% degli edifici italiani
ha più di 70 anni (quindi sottoposti a vincoli architettonici) e solo il 30% ha più di
trent’anni. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una parco edilizio obsoleto, costruito con
metodi e tecniche che principalmente miravano a far risparmiare nelle fasi di
costruzione, piuttosto che nei futuri consumi energetici.
Quanto consuma la nostra casa?
Gli edifici domestici sono ambienti nei quali
passiamo la maggior parte del nostro
tempo. Dopo la cute ed i vestiti, possiamo
considerare gli edifici come una “terza
pelle”, in cui dormiamo, studiamo,
lavoriamo,
mangiamo,
cresciamo
e
facciamo giocare i nostri figli. Di
conseguenza è nostro interesse abitare in
un ambiente confortevole, salutare, che sia
rilassante e accogliente. Quando dobbiamo
comprare od affittare una casa, subito ci
viene in mente di cercare quella che al
prezzo più basso ci possa offrire maggiori
superfici, confort e servizi. Quello che non
però non viene mai messo in conto, è la
domanda “quanto consuma questa casa?”.
A differenza delle domande che ci poniamo
quando acquistiamo una macchina, un
elettrodomestico o un giaccone (Quanto
consuma questa macchina? Posso entrarci
Figura 1: Antico Mulino “Mengozzi”
Fiumicello – FC. (foto Luciano Vogli)
18
in centro con il blocco del traffico? Il giubbotto è caldo e impermeabile?), nulla di
questo avviene durante la vendita e/o la locazione di un’abitazione, ne da parte
dell’acquirente nel suo interesse futuro, ne da parte del venditore che non valorizza
le prestazioni energetiche dell’edificio.
Per riscaldare gli edifici, alcune leggi tedesche non consentono di superare più di 70
kWh al metro quadro all’anno (altrettanto in Austria, in Svezia i 60 kWh). Questo
però, non impedisce a chi vi abita di condurre una vita di qualità inferiore. In Italia
(dove fa ben più caldo!) se ne consumano da 150 a 200 kWh al metro quadro
all’anno. Considerando che i consumi elettrici domestici sono più o meno simili a
quelli italiani, vuol dire che una percentuale variabile tra la metà e i due terzi
dell’energia termica prodotta nel nostro paese, viene utilizzata male nel suo scopo
(dispersioni, inefficienze, manutenzione, ecc.) (M. Pallante).
Il risparmio dei consumi energetici negli edifici, può essere visto come una fruttuosa
fonte. In effetti, valutando la quantità di fonti non rinnovabili che direttamente o
indirettamente utilizziamo, il nostro appartamento è un piccolo “giacimento
petrolifero” (M. Pallante, 2004). Le nostre abitazioni possono essere pensate,
realizzate e quindi gestite anche come centro di produzione d’energia da parte del
sistema “edificio-impianto” (cogenerazione, fotovoltaico, teleriscaldamento, ecc.). Ma
lo sfruttamento del “giacimento di petrolio” avviene indirettamente, limitando proprio
l’utilizzo di queste fonti e quindi riducendo i consumi nella produzione, nel trasporto e
nei consumi finali. Considerando l’efficienza del nostro sistema e utilizzando al limite
le miglior tecnologie che oggi abbiamo a disposizione, la nostra casa può
“trasformarsi” in un piccolo centro integrato di produzione di energia, una “fonte
rinnovabile” locale e diffusa che quotidianamente sostiene i consumi interni della
casa e cede l’energia prodotta in surplus. Questa fonte alternativa è caratterizzata:
• dall’immediata accessibilità per tutti;
• dalla possibilità di usufruire di scale d’investimento minime (anche di
poche centinaia di euro);
• da tempi di ammortamento in genere contenuti;
• dall’installazione di tecnologie con durata medio/lunga di esercizio.
Come rispettare gli standard energetici, mantenendo il giusto confort?
Obiettivo impegnativo, ma facilmente raggiungibile, è quello di ridurre i consumi
energetici nelle costruzioni mantenendo i confort attuali. Le prime azioni da
effettuare, saranno sicuramente indirizzate verso un’analisi dei consumi degli edifici e
delle possibili perdite presenti. Successivamente saranno individuati gli interventi
necessari a ridurre la quantità di energia consumata, cercando di sfruttare al meglio
19
quello che già c’è, e la valutazione degli impianti di riscaldamento e raffrescamento
da istallare o rinnovare. Ovviamente la progettazione di una casa ex-novo o la
ristrutturazione di un edifico già esistente, prevedono degli interventi estremamente
differenti. Consumi come quelli delle Case Passive (tipologia di case che consumano
15 kWh/mq l’anno), possono essere raggiunti esclusivamente con una progettazione
ex-novo di un edificio. Ristrutturando un edificio già esistente, però, oggi possono
essere raggiunti consumi di 70 kWh/mq anno (ulteriori riduzioni di consumi
potrebbero far salire notevolmente il costo dell’intervento e renderlo sconveniente). A
prescindere comunque dall’edificio e dall’intervento da effettuare, le strategie
d’azione si indirizzeranno sempre verso una rivalutazione delle prestazione
dell’edifico (involucro) e degli impianti (elementi che regolano i flussi energetici), e poi
verso un’analisi accurata dei flussi di energia e materia che attraversano l’edificio, al
fine di contenere gli impatti all’esterno e garantire il confort all’interno dell’involucro.
Il patrimonio edilizio italiano
Dal 1991, il parco degli edifici in Italia è aumentato di oltre 3 milioni d’unità abitative
(censimento ISTAT, 2001). L’edilizia residenziale raggiunge circa i 30 milioni
d’alloggi, rappresentando circa il 60% dei 4000 milioni di m2 del patrimonio edilizio
italiano (censimento ISTAT, 2001). La qualità delle prestazioni energetiche di una
costruzione, dipende da molti fattori: dalla progettazione alle modalità costruttive
dell’edificio, dall’installazione alla gestione degli impianti termici ed elettrici. Nel corso
dei secoli, il modo di costruire gli immobili si è lentamente modificato. In funzione
della tipologia costruttiva delle pareti perimetrali, troviamo tre distinti periodi storici:
(censimento ISTAT, 2001):
• fino al 1910, con la presenza di strutture in muratura portante esterna;
• dal 1910 al 1970, in cui convivono muratura portante e strutture in cemento
armato; l’antico ruolo della parete
portante viene sostituito da quello
di parete di contenimento esterno;
•
dopo il 1970, in cui
predominano le strutture in
cemento armato; alle pareti
esterne è affidato esclusivamente
il ruolo di chiusura perimetrale non
portante;
Figura 2: Appennino Tosco-Emiliano, edilizia
rurale. Queste situazioni sono molto congeniali
per sviluppare sistemi di produzione energetica
integrati (foto: Luciano Vogli)
L’elemento che più caratterizza il
mercato dell’edilizia dagli anni ’80 è
la crescita vistosa del recupero. La
20
consistente porzione del patrimonio edilizio italiano con età superiore ai 50 anni
(40%) e la tendenza a conservarlo hanno comportato la necessità di interventi di
manutenzione straordinaria e di recupero. Anche se è difficile tratteggiare lo scenario
dei primi anni 2000, a causa delle numerose variabili interne ed esterne, si può
ipotizzare in ogni caso che il recupero continuerà a crescere, e che a partire dal 2020
riguarderà l’80% del mercato (censimento ISTAT, 2001).
Casa Sprecona e Casa Intelligente
Oggi i termini “bio-architettura” e “bio-edilizia” sono entrati di comune uso fra progetti,
piani e regolamenti edilizi sia per opere pubbliche che private. Queste due nuove
aree che abbracciano le Scienze delle Costruzione, dei Materiali, il mondo della
Meccanica, l’Architettura, l’Urbanistica ed altro ancora, offrono un contributo notevole
alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile del settore edile in armonia con
l’ambiente. La Bio-Architettura considera tutti gli aspetti inerenti l’involucro e
l’impianto di riscaldamento dell’edifico, analizzandone a fondo la struttura, le
proprietà e le possibili applicazioni. È possibile porre a base dell’edilizia sostenibile
tre punti nodali e fondamentali (REGIONE TOSCANA, 2005):
•
eco-sostenibilità del costruito (attenzione progettuale agli impatti fisici,
biologici, storici ed ecologici che l’edificio determina, ecc.);
•
bio-ecologicità del costruito (attenzione alla salubrità di materiali ed arredi,
sulle modalità di vita dentro gli edifici, del benessere psico-fisico, delle
potenzialità negative dei materiali utilizzati per la nostra salute, ecc.);
•
sostenibilità sociale dell’edilizia (attenzione sulla condivisione dei futuri
fruitori sulle scelte effettuate nella progettazione, sulle scelte politiche e
tecniche delle Amministrazioni, sull’interesse dei portatori d’interesse del
settore edile, ecc.).
Questo avviene principalmente, attraverso:
a. la progettazione razionale dell’opera in base alle condizioni climatiche e le
risorse locali;
b. l’utilizzo di materiali edili e costruttivi che non derivano dal petrolio (bioedilizia);
c. la realizzazione di strutture meno impattanti per il suolo ed il paesaggio;
d. l’utilizzo di tecniche e metodologie costruttive volte al risparmio di risorse
del territorio, energetiche ed idriche;
e. sulla promozione dello sviluppo sostenibile con metodologie
partecipazione attiva, divulgazione e comunicazione per i cittadini;
21
di
Gli aspetti energetici principali presi in considerazione in un edificio, così come
richiesto dalle norme tecniche di verifica e certificazione energetica (UNI & CEN),
possono essere riassunte in:
1. Analisi storica del sito (aspetti geografici, climatici, geologici, sociali, ecc.);
2. Considerazioni sull’orientamento e la geometria dell’edificio;
3. Valutazione sull’isolamento dell’edificio (tetti, finestre, mura, balconi, ecc.);
4. Valutazione dei sistemi e degli impianti di climatizzazione (caldo-freddo);
5. Valutazione degli impianti e dei sistemi di produzione e uso dell’elettricità;
Orientamento e geometria dell’edificio
La priorità è quella di fornire minor superficie possibile di scambio di calore con
l’esterno. Più l’edificio risulterà compatto meno disperderà dalle pareti. Per misurare
questa compattezza possiamo rapportare la superficie esterna (S) con il volume
interno (V), ed avere così un indice di compattezza. La figura geometrica che ha il
miglior rapporto S/V è la sfera (non ha caso gli igloo sono costruiti come delle semi
sfere).
Aspetto altrettante importante è la posizione dell’involucro, che deve essere in linea
con i punti cardinali geografici. Il principio è quello di orientare l’edifico verso SUD, in
modo di che, soprattutto alle alte latitudini, si possa sfruttare anche in inverno il
calore delle radiazioni solari. In estate, quando il sole è alto in cielo, sistemi di
verande, balconi e persiane, creano coni d’ombra sulle finestre evitando così il loro
surriscaldamento. Consequenziale è, ovviamente,
l’organizzazione dei vani interni. Le stanze utilizzate di
giorno vengono posizionate a Sud (sala da Pranzo,
cucina, studio, ecc.), ed i locali di servizio verso Nord
(stanzini, bagni, ripostigli, ecc.), le camere da notte a
Nord/Est per sfruttare il sole mattutino ed evitare il
VM
surriscaldamento nei pomeriggi estivi.
La corretta disposizione di piante ed arbusti, dove
possibile, ha un forte rilievo. Nel lato Sud sono preferiti
alberi caducifogli e la costruzioni di pergolati (in estate
le foglie ci riparano dal sole, in inverno entrano i
raggi), nel lato Nord sempreverdi e siepi (che
accumulano calore e assorbono acqua dalla parete).
Spesso vengono realizzate verande e serre, con
22
VM
l’obiettivo di fungere da intercapedine fra l’interno e l’esterno. Ad esempio a
Ravenna, porremo una serra verso Nord/Est, in modo che crei un ambiente
“tampone” tra l’interno e la fredda parete esposta a Nord. Ad Amburgo invece a Sud,
in modo da creare un ambiente che possa accumulare calore e fungere da volano fra
l’esterno e l’interno della casa.
Isolamento degli Edifici
Così come qualsiasi materiale, pareti, vetri, finestre, porte, conducono suoni e calore.
Viene infatti definita in Fisica conducibilità termica, la capacità dei corpi di condurre
calore. Questa capacità è direttamente proporzionale al tipo di materiale cui è
costituito (il legno conduce meno del ferro), allo spessore dello strato attraversato dal
flusso di calore (maggior spessore, minore dispersione), all’ampiezza della superficie
attraversato dal flusso (una vetrata conduce di più di un oblò).
Un’idea sul flusso di calore che fuoriesce dalle nostre case, si può avere pensando
alla condensa che d’inverno si crea sulle finestre. In Natura, il calore si propaga
sempre da una sorgente più calda ad una più fredda. Questo flusso, riesce a
trasportare con se tutto quello che è sospeso in aria: vapore acqueo, polvere,
particelle. Il flusso di calore attraversando la finestra, deposita sul vetro il vapore
acqueo, che condensa appannando la finestra. Lo stesso effetto si verifica ad
esempio negli spigoli del soffitto (si creano infatti le muffe) oppure sopra i radiatori (il
calore che sale trascina polvere lasciando strisce nere sui muri).
Negli edifici le dispersioni avvengono soprattutto attraverso i tetti, le finestre e le
pareti. Un discorso appropriato deve essere fatto per quelli che vengono definiti ponti
termici (ad es. balconi, piloni portanti esterni, transetti, ecc.). Poiché il calore per sua
natura tende ad andare verso l’alto, sarà fondamentale isolare adeguatamente
soffitte, solai e/o tetti. Al piano terra è importante diminuire il flusso di umidità che
risale dal terreno, evitando così dispersioni d’energia dai locali che non abitiamo
(cantine, garage, ecc.). Per ridurre le dispersioni possiamo coibentare le pareti con
pannelli e/o elementi esterni /o interno (i cosiddetti cappotti termici), diminuire il
rapporto di compattezza, aumentare lo spessore delle pareti, ecc. Agli infissi in
alluminio e ferro, tipiche degli ultimi anni di costruzioni edili, sono preferiti infissi in
legno e metallo isolato. Il vetro singolo viene sostituito con particolari vetri che
riducono la dispersione del calore (vetri doppi, tripli, ecc.).
Produzione di energia
Una volta coibentato l’edificio, cioè una volta che sono state ridotte al minimo le
dispersioni verso l’esterno, l’impianto di climatizzazione (riscaldamento e
climatizzazione) può essere istallato e tarato in base agli effettivi consumi di chi vi
23
abita. Per produrre energia termica in un edificio, il mercato oggi offre un vasta
gamma di tecnologie. Nella progettazione comunque, dovrà essere sempre ben
presente l’idea di realizzare un impianto integrato, cioè un impianto che sfrutti il più
possibile più fonti energetiche presenti sul territorio. Per fornire un edificio di energia
elettrica, possiamo usufruire dell’energia solare grazie ai pannelli fotovoltaici,
dell’energia eolica ed idrica grazie a piccoli impianti eolici ed idrici. Per riscaldare un
edificio invece possiamo fare affidamento a collettori solari, caldaie ad alta efficienza,
pompe di calore, ecc. Particolarmente interessante nel calcolo del fabbisogno di
energia primaria di un edificio, è l’analisi degli apporti di calore passivi da parte del
Sole, del nostro corpo, dei congegni elettrici ed elettronici e della cucina.
Impianti di riscaldamento
L’impianti di riscaldamento possono essere suddivisi in due grandi gruppi, quelli “per
convenzione” (ad es. il classico impianto con radiatori in ghisa) che necessitano di
alte temperature di esercizio del fluido interno (60-70°C) e quello per “irraggiamento”
(ad es. impianti a pavimento) che necessitano di una bassa temperatura di esercizio
dell’impianto.
Il primo impianto di riscaldamento a
pavimento venne eseguito più di
2000 anni fa dai cinesi, i quali
attraverso un focolare interno
facevano scorrere i fumi della
combustione all'interno di una
miriade di cunicoli localizzati sotto il
pavimento.
Successivamente
i
romani affinarono questa tecnica e,
attraverso un focolare esterno,
convogliavano i fumi sotto i cunicoli
del pavimento e nelle intercapedini
Figura 3: Antica Roma, Terme di Caracalla
ricavate dentro le murature. Questi
(www. unicaen.fr, foto : D. Lauvernier)
sistemi comunque, sono stati per
molti secoli esempi puntuali e decisamente mirati ad un utilizzo commerciale dall’alto
costo (terme, bagni di vapore, bagni turchi, ecc.). Nel corso della storia il
riscaldamento degli edifici, è stato sempre affidato ai focolari. Osservando un vecchio
palazzo, piuttosto che trovare un impianto idraulico che trasporta un liquido per
riscaldare le stanze, troviamo infatti o un fuoco o una stufa a legna che riscalda i
singoli ambienti.
Soltanto all'inizio del secolo e grazie all'innovazione tecnologica, venne studiato un
nuovo sistema nel 1908. Il prof. Baker per primo promosse e diffuse una tipologia di
impianto di riscaldamento a pavimento che aveva come elementi costitutivi una
24
tubazione sottotraccia in acciaio e l'acqua come fluido vettore. Questa metodologia è
stata usata fino agli anni ‘60, quando la scarsa esperienza degli operatori del settore,
causò non pochi danni agli utenti. Le elevate temperature immesse nel circuito
creavano fastidiosi effetti vaso-dilatatori, localizzati soprattutto in prossimità delle
gambe. L'uso di materiali non appropriati come il ferro e il rame per i tubi, e l'assenza
di regolazioni climatiche (o la presenza di regolazioni molto approssimative),
amplificò ulteriormente tali indesiderati fenomeni.
Negli ultimi vent'anni, questa tecnologia dispone di soluzioni in grado di conciliare
qualunque esigenza. Ne è riprova l'accelerazione della diffusione di questi sistemi
soprattutto nelle aree europee centro-settentrionali (Francia e Germania in
particolare), dove la quota di mercato nelle nuove costruzioni, supera
abbondantemente il 50%. Fra i vari sistemi disponibili oggi troviamo sistemi a
battiscopa, a soffitto, a parete e a pavimento. L'impiego di un impianto a pavimento,
consente temperature di esercizio molto basse e per questo influenti positivamente
sul consumo energetico globale dell'impianto. Può essere facilmente integrato ad un
sistema di collettori solari ed accumulatori termici, ma necessita di lunghi periodi di
attivazione e quindi sconsigliati per edifici utilizzati saltuariamente.
Contabilizzazione dell’energia
Nei decenni passati, anche per la maggiore diffusione del metano, molti hanno scelto
di sostituire l’impianto di riscaldamento centralizzato con impianti individuali
autonomi. Questa tendenza si giustifica con il desiderio delle famiglie di gestire in
modo autonomo il riscaldamento, senza sottostare alle decisioni, sempre difficili,
dell’assemblea condominiale. Con un impianto autonomo si ha una maggiore libertà
di scelta dei tempi di accensione dell’impianto e delle temperature degli ambienti.
Inoltre, pagando per ciò che ciascuno consuma, gli utenti sono responsabilizzati
individualmente e quindi si possono ridurre gli sprechi. Tuttavia, la grande popolarità
degli impianti individuali negli edifici condominiali non è giustificata. In alcune
circostanze, tipo quando l’edifico è utilizzato solo in alcuni periodi dell’anno (fine
settimana, vacanze, lavoro, ecc.) o l’impianto condominiale non è stato ben
progettato, l’impianto autonomo è la migliore soluzione. Ma nella maggior parte dei
casi, la trasformazione dell’impianto centralizzato in impianto autonomo, comporta
molti svantaggi, mentre un impianto centralizzato permette buoni risultati in termini di
risparmio energetico ed economico, nonché una maggiore sicurezza.
Per gestire in modo efficiente e razionale il riscaldamento dei condomini, esiste una
terza via che unisce i vantaggi degli impianti centralizzati ed autonomi. Si tratta di un
impianto centralizzato con la possibilità di regolare autonomamente la temperatura e
di contabilizzare il calore consumato. In pratica, questo sistema permette di poter
gestire in modo autonomo il riscaldamento del proprio appartamento senza che
nessuno abbia una caldaietta in casa. La centrale termica è unica per tutto il
25
condominio, ma ogni proprietario/occupante degli appartamenti ha la possibilità di
spegnere, ridurre o aumentare (entro i limiti di legge) la temperatura della propria
abitazione, ufficio, negozio, ecc. Grazie a contatori individuali, ciascuno paga solo il
calore che ha effettivamente consumato.
Caldaie standard o tradizionali
Le caldaie tradizionali sono dotate di un bruciatore al cui interno viene fatta confluire
aria comburente in quantità costante. La resa media può arrivare all' 85-86%, ma può
scendere anche all' 82-83%, soprattutto quando la caldaia comincia a soffrire di
vecchiaia. Nei periodi meno freddi, quando non eroga tutta la potenza disponibile, le
caldaie standard consumano proporzionalmente una maggiore quantità di
combustibile. La temperatura dei fumi varia fra i 150 e i 200°C, la temperatura di
esercizio del fluido termovettore (cioè che dalla caldaia porta il calore all’interno delle
stanze) è generalmente intorno ai 60 – 80°C.
Caldaie a condensazione
Attualmente rappresentano quanto di meglio possa fornire il mercato. La temperatura
dei fumi, nelle condizioni migliori, può arrivare anche a 40° C, mentre i rendimenti
possono arrivare al 107-08%. Tali rendimenti sono possibili in quanto queste
macchine sfruttano e recuperano l'energia latente contenuta nell' acqua di condensa
prodotta durante la combustione. Nelle caldaie a condensazione, i fumi vengono fatti
raffreddare sino al punto che il vapore d'acqua contenuto in essi si trasforma in
acqua allo stato liquido. Il cambiamento di stato dell'acqua presente nei fumi,
comporta la cessione di una certa quantità di calore (detta calore latente di
condensazione) che viene sfruttato per riscaldare il fluido termovettore. La caldaia a
condensazione è più efficiente rispetto ad una di tipo tradizionale, semplicemente
perché a parità di energia ceduta consuma meno combustibile. La caldaia a
condensazione esprime il massimo delle prestazioni, quando l'impianto di
riscaldamento richiede temperature dell'acqua relativamente basse (ad es. 30-50°
C), ad esempio impianti con pannelli radianti. Ma il risparmio energetico è molto
consistente (dell'ordine del 7-10%) anche in caso di impianti tradizionali a radiatori,
dal momento che la temperatura media dell'impianto nell'arco della stagione del
riscaldamento è di circa 40-60°C.
Generatori a biomasse legnose
Quello di cucinare e scaldare gli ambienti interni utilizzando legna o carbone, è stato
da sempre il metodo più utilizzato. Fin dai Romani, le abitazioni erano provviste di un
focolare al centro della stanza o appoggiato al muro (se la copertura non era di
legno). Il fumo usciva dall’ambiente o da un apertura disposta sul tetto, o da una
finestra sulla parete o dalle trombe delle scale delle palazzine. Occorre aspettare
l’800 d.C. per vedere i primi focolari pensati per il riscaldamento: un fuoco di legna
26
bruciava dentro una specie di forno in pietra, con una bocca larga ed un sistema di
tubi per far uscire il fumo esternamente l’abitazione. Da allora questo focolare si è
evoluto in stufe e camini ed oggi non parliamo più di legna o carbone, ma di
biomasse e stufe ad alta efficienza e/o camini integrati all’impianto di riscaldamento
sono una realtà sempre più crescente.
Collettori solari e accumulatori termici
La tecnologia per l’utilizzo
termico dell’energia solare, ha
raggiunto un livello di maturità
ed affidabilità tali da farla
primeggiare tra i modi più
razionali e puliti per scaldare
acqua o l’aria nell’abitazioni. Le
applicazioni più comuni sono
relative ad impianti per l’acqua
Figura 4. Impianto integrato termico ed elettrico, Scuola
calda sanitaria, riscaldamento Verde di Isola del Gran Sasso (foto: Vincenzo Crocetti)
degli ambienti e piscine. Un
impianto solare termico (figura 2.10) è costituito fondamentalmente da (A) un
collettore solare (piano, a tubo vuoto, ad accumulo integrato, ad acqua, ad aria, ecc.)
capace di catturare l’energia solare e trasferirla al liquido vettore che scorre al suo
interno, (B) un accumulatore termico (un grande “termos” in cui viene stoccato il
calore proveniente dal collettore e viene scaldata l’acqua di entrata all’impianto
domestico), (C) pompe idrauliche, valvole, ecc. Il circuito può essere a circolazione
forzata o naturale. Nel primo caso l’accumulatore è situato più in basso del collettore
e le pompe garantiscono la circolazione dell’acqua.. Nel secondo caso
l’accumulatore e installato sulla parte superiore del collettore (figura 2.10) e per
naturale caduta l’acqua scende all’interno dell’impianto di riscaldamento domestico. Il
tutto deve essere integrato da una piccola caldaia, oppure da una resistenza elettrica
(generalmente inserita all’interno dell’accumulatore), capace di portare in
temperatura di servizio l’acqua in quei giorni in cui l’apporto termico del sole non è
sufficiente.
Pompe di calore e assorbitori
Le nuove esigenze legate al miglio standard di vita, comportano oggi l’utilizzazione
del condizionamento non solo negli ambienti di lavoro, ma anche nelle abitazioni, con
inevitabili aumenti dei consumi elettrici. La pompa di calore, grazie alla sua capacità
di generare sia caldo che freddo, rappresenta un mezzo per migliorare il livello di
comfort degli ambienti abitativi. La pompa di calore è una macchina in grado di
trasferire calore da un ambiente a temperatura più bassa ad un altro a temperatura
più alta e viceversa. È costituita da un circuito chiuso, percorso da uno speciale
27
fluido (frigogeno) che, a seconda delle condizioni di temperatura e pressione in cui si
trova, assume lo stato di liquido e vapore. Il circuito chiuso è costituito da: un
compressore, un condensatore, una valvola di espansione, un evaporatore. Il
secondo e l’ultimo sono costituiti da scambiatori di calore, cioè tubi in cui circola
fluido frigogeno, posti a contatto con un fluido di servizio (acqua o aria). Grazie poi al
compressore ed alla valvola di espansione, il fluido frigogeno condensa o evapora
cedendo o prendendo calore dall’aria interna agli edifici. Queste tecnologie si
distinguono in base alla sorgente fredda e al pozzo caldo che possono utilizzare
(aria, acqua e suolo)
La co-generazione e tri-generazione
Come abbiamo visto, oggi l’energia elettrica viene prodotta in un limito numero di
grandi centrali (che spesso superano il migliaio di MW) e da lì viene distribuita fino a
miglioni di utenti finali la cui maggior parte richiede potenze dai 3 ai 6 kW (BUTERA,
2004). Questo modello di produzione – trasmissione - distribuzione è consolidato in
tutto il mondo, ma non è efficiente considerando il sistema energetico complessivo.
Un’altra opportunità che si sta profilando all’orizzonte è l’utilizzo (figura 2.12) delle
tecnologie di co-generazione (potenze superiori anche ai 100kW) e microgenerazione (potenze dai 5 ai 100 kW). Ideate e sviluppate durante le crisi petrolifero
del decennio 1973-83, da ingegneri italiani all’interno degli stabilimenti della FIAT,
queste apparecchiature non sono altro che un normale motore a scoppio o diesel
collegate ad una dinamo. Grazie all’energia meccanica prodotta dal motore, la
dinamo produce energia elettrica ed il calore sviluppato dal motore viene recuperato
per fornire energia termica agli edifici. Con una sola fonte produciamo due forme di
energia con notevoli guadagni in termini i economici ed ambientali (minor consumo di
combustibili, minor emissioni di
anidride
carbonica,
minor
inquinamento termico, ecc.).
Figura 5: Schema comparativo rendimenti generazione
energia termica ed elettrica (fonte: www.la220azzurra.it)
28
Dal 1982, data in cui alla Fiera
di Hannover la FIAT presenta il
suo “totem” (un motore di una
FIAT127
che
riusciva
a
produrre 15kW elettrici e 34 kW
termici ad una temperatura di
80°C), in 5-6 anni circa 2000
co-generatori
vengono
introdotti nei vari paesi. Questo
innovativo prodotto però, non
riuscì a decollare: il prezzo del
petrolio era nuovamente sceso, ma soprattutto si fece sentire l’opposizione dei
monopolisti enti elettrici che creavano difficoltà all’interconnessione in rete dei
moduli. Infatti la migliore modalità d’uso di un co-generatore e quella detta “termico a
guidare”, cioè si modula la potenza dall’unita sulla base della richiesta di calore, e a
questa è legata una proporzionale produzione di elettricità. Poiché la domanda di
calore dipende dalle condizione climatiche, mentre la domanda di elettricità dipende
dall’ora e dal modo d’uso degli elettrodomestici, è evidente che l’elettricità prodotta
dal co-generatore sia, istante per istante, o eccedente o insufficiente. Occorre quindi
essere interconnessi alla rete nazionale che fornisce o assorbe il flusso di energia.
Oggi la co-generazione può essere utilizzata in particolar modo per il teleriscaldamento di quartieri, nuclei urbani, o semplicemente in grandi condomini, centri
commerciali, industrie, ospedali, cinema, ecc. Mentre la micro-cogenerazione si
adatta ad alimentare case unifamiliari, piccoli condomini, piccoli edifici del terziario.
Con la crescente domanda di energia elettrica durante il periodo estivo per migliorare
il comfort domestico grazie all’uso dei climatizzatori d’aria, di recente è stata
introdotta un'altra opportunità offerta dalla co-generazione: la “tri-generazione”, con
cui si intende la generazione combinata di elettricità, caldo e freddo. Il freddo si
ottiene dal calore impiegando macchine ad assorbimento, le stesse che ebbero un
enorme successo e sviluppo durante la fine del 19° secolo per la produzione di
ghiaccio ad uso dell’industria alimentare (BUTERA, 2004).
Il principio di funzionamento di una macchina frigorifera ad assorbimento è questo:
supponiamo di avere due recipienti chiusi (A e B), parzialmente riempiti da una
miscela di acqua e ammoniaca, collegati attraverso un tubo che si innesta nella parte
superiore. Il recipiente B si trova nell’ambiente che vogliamo raffreddare.
Riscaldiamo il recipiente A ad una temperatura superiore al recipiente B. La
differenza di temperatura crea una differenza di pressione che permette
all’ammoniaca del recipiente A di evaporare, trasferirsi ed essere assorbita nell’altro
recipiente. Ciò fatto si va a raffreddare, per esempio con acqua, il recipiente A; si
crea nuovamente uno scompenso di pressione e parte della miscela presente in B
migra indietro. L’evaporazione dell’ammoniaca avviene con sottrazione di calore che
viene prelevato dall’ambiente (che quindi si raffredda) in cui è immerso B. Poiché
l’unico input al sistema è il calore per riscaldare il recipiente A, le tecnologie ad
assorbimento trasformano calore in freddo. La tri-generazione rende
economicamente competitiva la co-generazione anche in quelle aree climatiche in
cui gli inverni sono brevi e non molto freddi.
La co-generazione e la tri-generazione si possono ottenere non solo con i motori a
combustione interna di derivazione automobilistica. Un’altra tecnologia che appare
molto promettente è quella delle micro-turbine. L’esperienza accumulata nelle piccole
29
turbine ausiliarie sviluppate per il settore aeronautico è stata trasferita al settore
terziario e residenziale con potenze delle micro-turbine da 30, 60 e 100 kW. Le
turbine presenta il vantaggio di avere meno organi in movimento, di creare meno
problemi per le vibrazione ed il rumore e, soprattutto, di richiedere una manutenzione
più diradata nel tempo (BUTERA, 2004).
Certificazione energetica edifici
Da alcuni anni in Italia, decenni in
Europa, comincia ad affermarsi la
necessità
di
trovare
uno
strumento efficace che certifichi la
quantità di energia consumata
dalle abitazioni, aggiungendo così
un valore aggiunto al mercato
edile. Nella provincia autonoma di
Bolzano, già dal 2002, è stato
istituito il certificato energetico
“Casa
Clima”.
Questo,
riprendendo i concetti ed i principi
di progetti europei (ad es. Figura 6: classi energetiche degli edifici, adottate nel sistema
di certificazione "CasaClima" (fonte: www.casaclima.info)
“klimaHouse”), valuta l’efficienza
energetica degli edifici secondo procedure e metodi di calcolo standardizzati. A
seguito delle misurazioni, viene valutata la quantità di energia termica per metro
quadro consumata dall’edificio all’anno (misurata in kWh/ mq anno). In base al valore
ottenuto, l’edificio viene classificato ed etichettato da “classe A” se consuma poco
(casa a basso consumo con meno di 30 kWh/mq anno consumati), a “classe G”
(consumi maggiori di 160 kWh/mq anno - edilizia tradizionale anni ’60 – ’70). Così
come per le lavatrici ed i frigoriferi, esistono anche edifici di classe A+. Sono edifici,
chiamati “Case Passive”, estremamente particolari, costruiti con particolari tecnologie
e accorgimenti i cui consumi non devono superare per legge i 15kWh/mq anno.
30
Tabella: consumi elettrici di una famiglia tipo (fonte: ENEA)
La città del futuro: l’esempio di Göteborg?
A scala urbana, Göteborg rappresenta forse il miglior esempio di una città
sostenibile. Questa metropoli svedese ha circa 500.000 abitanti, fornisce energia
mediante un impianto di tele-riscaldamento a tutte le case. Nel 2000 l’86% di questo
calore proveniva da fonti non convenzionali e solo il 14% dalla combustione del
metano. Tutto questo è possibile sfruttando situazioni locali e ricorrendo a efficienti
cicli. La maggior parte del calore (il 33%) è lo scarto delle due raffinerie che si
trovano vicino la città (con relativa diminuzione dell’inquinamento termico di fiumi ed
aria). Il 26% viene dall’impianto di incenerimento dei rifiuti (dopo un attenta e valida
raccolta differenziata) dei rifiuti non riciclabili. L’energia prodotta dalla combustione
dei rifiuti alimenta un co-generatore e l’elettricità prodotta alimenta un enorme pompa
31
di calore producendo ben 165 MW termici (il 16% della produzione annua). Allo
scopo di massimizzare l’efficienza della pompa, il sistema preleva il calore alla
temperatura più alta possibile, che non è l’acqua del fiume ma quelle delle fognature
precedentemente depurate. Così facendo parte del calore utilizzato per scaldare le
acque sanitarie (a cui pensa già il teleriscaldamento) o quelle ad uso degli
elettrodomestici (lavatrici e lavastoviglie) ritorna alla rete. Il 7% del calore proviene da
co-generatori che usano fonti fossili, la cui elettricità prodotta viene immessa nella
rete. Rimane un 4% prodotto da un impianto di co-generazione alimentato a bio-gas
a sua volta prodotto dalla digestione dei fanghi di trattamento delle acque reflue.
Considerando in ultimo che la produzione di calore dell’impianto di incenerimento in
estate supera la domanda, la società che gestisce l’impianto offre ai suoi utenti un
ulteriore servizio. A chi decide di dotarsi di un impianto di condizionamento dell’aria,
essa fornisce il freddo istallando (a proprie spese) particolari macchine ad
assorbimento alimentate dal calore della rete di tele-riscaldamento e fatturando le
frigorie consumate (www.sustdev.org). Göteborg no è lontana dalla auto-sufficienza
energetica: sarà sufficiente un po’ di energia elettrica prodotta da co-generatori a
biomassa e qualche parco eolico (già in fase di programmazione).
32
Mobilità sostenibile
I trasporti complessivamente
emettono il 2l % delle
emissioni mondiali di CO2
derivanti
dalle
attività
umane. E il problema va
peggiorando perché la gente
si sposta nelle periferie,
aumentando la lunghezza
della pendolarità giornaliera
per andare al lavoro, e poi
Figura 1: Stazione ferroviaria (foto di Vincenzo Crocetti)
intasa le strade nel fine
settimana alla ricerca di quei meravigliosi parchi e montagne che vengono mostrati
ogni sera alla TV nelle pubblicità dei fuoristrada.
La benzina rilascia circa 2,4 kg di CO2 per litro, così per una macchina che fa 8,5 km
al litro si tratta di 0,28 kg di CO2 per ogni km percorso e di strade ne percorriamo
veramente tante; non mancano neanche in mezzo alla campagna. In più per la
maggior parte dei viaggi le macchine sono così comode, che la gente non riesce
neanche a pensarci ad usare un mezzo pubblico, un treno.
Il carbonio che bruciamo sta sciogliendo il ghiaccio dell'Artico, che è stato stabile per
milioni di anni, e questo non è che un piccolo annuncio di ciò che sta per avvenire.
All'orizzonte c'è la prospettiva di un sistema di trasporti diverso, più sostenibile. In
questo mondo futuro, treni veloci ed efficienti e sistemi di trasporto pubblico
collegheranno le nostre comunità e ci trasporteranno per la maggioranza dei viaggi;
andare in bicicletta diventerà facile e sicuro. I sobborghi verranno ridisegnati come
comunità pedonali con i loro propri centri. Auto e camion saranno alimentati con
l'idrogeno derivato dalle alghe o dal sole, e dovranno pagare il prezzo pieno per le
strade e le aree di parcheggio che usano. Le carte personali elettroniche "intelligenti"
ci daranno l'accesso a un mondo ricco di alternative di trasporto. Oltre alla flessibilità
di spostamento che cerchiamo, un sistema simile renderà pulita l'aria, ridurrà la
terribile litania di morti e feriti sulla strada, riporterà in vita i centri delle città, e
restaurerà la cultura della strada che rende tanto piacevole la vita urbana.
Un sistema di questo tipo sta già prendendo forma in parti della Svizzera e della
Danimarca; può succedere anche altrove, se ce n'è la volontà. Richiede capacità di
visione, perseveranza, e la buona volontà di investire su piste ciclabili, sui trasporti
pubblici e altre alternative, invece che sulle strade.
33
Sistemi di trasporto alternativi all’automobile privata
CAR POOLING
Car pooling significa organizzarsi con i colleghi di lavoro, i compagni di scuola o gli
amici per prendere una sola macchina e fare spostamenti in modo codificato ed
organizzato.
Se l’automobile è condivisa da più persone, che quotidianamente percorrono la
stessa strada, le emissioni gassose necessarie al trasporto delle medesime sono
ridotte di 3 o 4 volte. Inoltre con questa pratica si diminuisce il numero dei veicoli in
sosta per strada, aumentano i parcheggi disponibili riducendo il tempo di percorrenza
dei veicoli in cerca di parcheggio. Esso presenta vantaggi oltre che per l’ambiente
anche benefici per il consumatore infatti si riduce il tempo passato alla guida, ma
soprattutto consente di risparmiare dividendo le spese (stime condotte dall’ACI
hanno dimostrato che l’utilizzo condiviso dell’auto tra più persone a rotazione
consente di risparmiare circa 1.500 euro annui).
CAR SHARING
E’ un sistema di “autonoleggio” self service che mette a disposizione alcune auto, in
ogni ora del giorno e della notte. E’ un’organizzazione che consente ai propri
associati di condividere una flotta comune dei veicoli, e si occupa del suo
parcheggio, di tutte le pratiche e delle spese di mantenimento.
Il car sharing è cominciato in Germania e in Svizzera nei tardi anni '80, offrendo alla
gente la convenienza di avere una macchina senza la frenesia di doverne possedere
una. Normalmente, comprando una macchina, si paga il prezzo d'acquisto,
l'assicurazione, e le tasse di circolazione, ma il costo reale della guida è molto basso,
il che incoraggia la gente a guidare anche per i percorsi più brevi.
Il car sharing offre l'accesso a una macchina senza pagare l'intero costo della
proprietà, dato che si paga per il singolo viaggio; genera un incentivo ad andare a
piedi, in bici o a usare il trasporto pubblico, e a usare l'auto solo quando se ne ha la
necessità. Il car sharing è un metodo alternativo di trasporto, che fornisce anche un
incentivo ad utilizzare i mezzi pubblici, riducendo al contempo i costi complessivi.
BICICLETTA A PEDALATA ASSISTITA
Non presenta problemi di parcheggio e ha bassissimi costi di funzionamento, e lo
Stato ha messo a disposizione degli incentivi per l’acquisto di tali veicoli a cui
possono aggiungersi anche incentivi comunali. Inoltre diversi Comuni attraverso
34
cooperative sociali effettuano servizio di noleggio biciclette, fornendo agli utenti
biciclette
sia
con
pedalata
assistita, che normali.
Le auto elettriche
Le auto elettriche non hanno
emissioni di gas nocivi per
l’ambiente,
inoltre
il
costo
dell’automobile
è
recuperato
velocemente in quanto un’auto Figura 2: muoversi pulito (Foto Vincenzo Crocetti)
elettrica è in grado di percorrere
90 km con 2,30 Euro circa di elettricità; gode di alcuni sgravi particolari (per 5 anni
non si paga il bollo, per 5 anni si paga soltanto il 50% dell’assicurazione), per di più
le auto elettriche possono accedere alle zone a traffico limitato della città. Sono
previsti inoltre incentivi statali per l’acquisto di tali veicoli.
Miglior utilizzo della propria automobile
LE DIMENSIONI DELLE AUTOMOBILI
Il peso e le dimensioni dell'automobile sono fattori, in parte correlati tra loro, da cui
dipende il consumo di benzina. In genere un'automobile utilitaria ha un peso medio di
una tonnellata ed è in grado di trasportare al massimo cinque persone ma,
solitamente, viene utilizzata dal guidatore accompagnato al massimo da un
passeggero. In questi casi optare per un'automobile utilitaria dalle dimensioni e dal
peso più contenuto non riduce l'utilità del mezzo e consente di abbattere la spesa del
carburante. Inoltre, in città sono un fattore indispensabile per la ricerca del
parcheggio. Le piccole dimensioni non riducono la sicurezza attiva e passiva
garantita al guidatore ed al passeggero. Attualmente molte utilitarie di piccole
dimensioni sono premiate in sicurezza con quattro o cinque stelle ai test europei
EuroNcap. In conclusione le automobili di piccole dimensioni consumano una minore
quantità di carburante, fanno perdere meno tempo nella ricerca del parcheggio e
consentono anche di risparmiare sulla spesa dell'assicurazione e del bollo.
LA PRESSIONE DEI PNEUMATICI
Può sembrare strano ma i pneumatici sono una delle principali cause dell'eccessivo
e inutile consumo di carburante. Una pressione dei pneumatici troppo bassa provoca
un maggiore attrito tra il pneumatico e la strada causando un effetto frenante, un
consumo maggiore di carburante e una rapida usura del battistrada.
35
LO STILE DI GUIDA E IL RISPARMIO
Lo stile di guida che fa risparmiare benzina. Premere sull'acceleratore per ottenere
rapidi accelerazioni ha un costo enorme in quanto comporta forti consumi di
carburante ed una rapida usura delle parti meccaniche e dei pneumatici. Se il vostro
obiettivo è quello di ridurre la spesa della vostra automobile imparate quindi a
realizzare una partenza morbida. Premere sull'acceleratore in modo fluido e
cambiare marcia tra i 2.000 ed i 3.000 giri del motore senza tirarle troppo. Intorno ai
90km/h utilizzate la quinta marcia.
Utilizzo di combustibili meno inquinanti
IL METANO
Il metano come carburante non è una scoperta recente. Negli anni '50 le automobili a
metano erano il 3% del parco circolante italiano ed erano operative ben 1.300
stazioni di rifornimento a metano. L'Agip pubblicizzava il metano come un carburante
del futuro.
La situazione cominciò a cambiare radicalmente negli anni '60 con l'arrivo delle
benzine a basso costo. In pochi anni chiusero il 90% dei distributori e rimasero attive
sul territorio nazionale soltanto 95 stazioni di servizio. Le crisi petrolifere degli anni
'70 rilanciarono il metano come carburante alternativo e gli investimenti privati nel
settore triplicarono rapidamente. Purtroppo, questa crescita naturale del mercato
venne immediatamente bloccata da un intervento del governo italiano che introdusse
nel 1976 una tassazione tale da far aumentare in una sola settimana il prezzo del
metano come carburante da 67 a 200 lire. Soltanto negli anni '90 venne rimossa
questa dura penalizzazione delle tariffe e il settore riprese a crescere seguendo la
naturale spinta di mercato. Oggi sono in funzione 470 impianti di rifornimento a
metano e circa 40 impianti sono in costruzione o di imminente apertura, alcuni dei
quali anche sulla rete autostradale e nelle regioni meridionali, fino ad oggi
penalizzate dalla scarsa presenza delle stazioni di rifornimento.
Quali sono i vantaggi del metano come carburante? In primo luogo il suo basso
impatto ambientale. Il metano non è prodotto dai processi di raffinazione ed è già
pronto all'uso in natura come carburante ecologico. L'utilizzo del metano riduce
radicalmente le emissioni inquinanti delle automobili ed il livello di smog urbano.
Un'automobile a metano non scarica polveri sottili (PM) e riduce del 14% le emissioni
di CO2 rispetto alla benzina e del 18% rispetto al diesel.
La convenienza economica per chi acquista un'automobile a metano è un altro
aspetto importante. A parità di chilometri percorsi, attualmente l'utilizzo del metano
permette di risparmiare fino al 65% rispetto alla benzina, fino al 45% nei confronti del
Gpl, fino al 50% nei confronti del Gasolio (fonte Ferdermetano).
36
Esistono delle leggende metropolitane da sfatare. Per fare il pieno di metano
occorrono 3-5 minuti al distributore, è possibile parcheggiare ovunque in quanto il
metano ha una densità inferiore a quella dell'aria e il rischio di infiammabilità in caso
di incidente è inferiore rispetto a quello degli altri carburanti. L'Unione Europea ha
inserito il metano tra i principali sostituti dei prodotti petroliferi da qui al 2020. Per il
metano è prevista una quota percentuale di mercato del 10% contro il 5% per
l’idrogeno e il 6% per il biofuel.
GPL
Il GPL è un carburante meno inquinante di quelli tradizionali ma ancora troppo poco
diffuso nel parco circolante pubblico e privato. Il GPL (Gas Petrolio Liquefatti) è una
miscela di gas butano-propano liquefatta a basse pressioni. Viene prodotto dalle fonti
naturali o come sottoprodotto della raffinazione del greggio ed è da tempo presente
in commercio come carburante alternativo alla benzina e al diesel. Quasi tutte le
case automobilistiche presentano nel listino almeno una versione alimentata a GPL.
Finora deve la sua diffusione di mercato grazie al basso costo di rifornimento alle
stazioni di servizio rispetto alla benzina e al diesel. Ultimamente il GPL sta
conquistando una maggiore attenzione anche per il fatto di poter circolare
liberamente durante il blocco del traffico. L'impatto sull'ambiente di un'automobile
GPL è nettamente inferiore alle versioni benzina e diesel, le emissioni di polveri sottili
nel caso del GPL sono quasi del tutto abbattute. Altro vantaggio del GPL è l'assenza
di zolfo e degli idrocarburi aromatici nel carburante, ed il contenuto di idrogeno del
GPL permette anche un minore impatto in termini di CO2. Esistono a questo
proposito anche incentivi e contributi all'acquisto delle versioni GPL a livello
nazionale e regionale.
Dal punto di vista della sicurezza una normativa del 2001 impone la presenza di una
speciale valvola per far fuoriuscire il GPL in caso di sovrapressione provocata da
surriscaldamento o da incendio. Durante la fuoriuscita il gas si trasforma dallo stato
liquido a quello gassoso disperdendosi nell'aria. Oggi le automobili a GPL omologate
in base a questa normativa possono parcheggiare anche nei primi piani seminterrati.
La distribuzione sul territorio delle stazioni di servizio GPL è forse l'unico handicap da
superare. La situazione è, comunque, decisamente migliorata negli ultimi anni, oggi
circa 2.500 stazioni di servizio hanno affiancato l'offerta del GPL ai tradizionali
carburanti.
BIOCARBURANTI
I biocarburanti sono prodotti agricoli in grado di sostituire la benzina e il diesel. La
loro origine naturale è più facilmente riassorbibile dalla natura e consente di ridurre
37
del 70% le emissioni di gas serra dal trasporto privato e diminuire l'importazione di
petrolio dall'estero. Due argomenti presi in seria considerazione dall'Unione Europea
che impone a tutti i paesi membri l'obiettivo di soddisfare almeno il 2% della
domanda di energia nazionale tramite l'ausilio dei biocarburanti; un obiettivo
intermedio per giungere alla copertura finale del 5,75% della domanda entro il 2010.
I vantaggi per l'occupazione. Il carburante biologico apporta una nuova spinta
produttiva e occupazionale al settore agricolo nazionale creando una domanda per
fini "energetici" dei prodotti agricoli.
Esistono principalmente due biocarburanti: il biodiesel e il bioetanolo. Quest'ultimo è
il sostituto vegetale della benzina ed è molto diffuso in Brasile dove sono attualmente
vendute automobili Flex in grado di andare sia a benzina sia a bioetanolo.
Il biodiesel e i biocarburanti sono al centro dell'attenzione nelle politiche ambientali
europee per il rispetto degli accordi previsti nel Protocollo di Kyoto.
L’origine vegetale del Biodiesel garantisce la biodegradabilità e l’assenza di metalli
pesanti, zolfo ed idrocarburi policiclici aromatici. Il Biodiesel consente una riduzione
delle emissioni nocive per l'ambiente e la salute umana. Le emissioni di gas serra
CO2 della combustione del Biodiesel sono riassorbite dall'ambiente mediante la
fotosintesi delle colture destinate a produrre il biocarburante. Pertanto nel caso del
Biodiesel l'inquinamento prodotto e riassorbito si chiude tendenzialmente in pareggio.
Secondo l'Assobiodiesel italiana si ottiene
un risparmio complessivo di 2,5 tonnellate
di anidride carbonica per ogni tonnellata di
gasolio
sostituito
(fonte
www.assobiodiesel.it).
L'impatto
sulla
salute
umana
è
VM
notevolmente inferiore ai carburanti derivati
dal petrolio. il Biodiesel non contiene
idrocarburi aromatici e zolfo pertanto
l'emissione di sostante inquinanti e nocive è
decisamente ridotta. Secondo uno studio
dell'dell'Health and Safety Institute (organo Sanitario Governativo Britannico)
l'impatto sul particolato fine (PM10) viene abbattuto complessivamente del 58%. Il
risultato dello studio presenta dati positivi anche nella riduzione della particella
carboniosa (soot) del particolato, la più pericolosa poiché assorbibile dall'organismo
umano durante la respirazione aumentando il rischio cancerogeno ai polmoni, in
questo caso si ottiene una riduzione del 76% delle emissioni inquinanti. L'uso del
biodiesel consente pertanto i seguenti risultati:
•
58% in meno di PM10
38
•
58% in meno di monossido di carbonio
•
68% in meno di composti aromatici
L'uso del biocarburante oltre a garantire un miglioramento sull'impatto ambientale dei
carburanti e quindi sulla salute dei cittadini consente anche molti vantaggi economici
e sociali non trascurabili:
1. Favorisce l'auto-approvvigionamento europeo sui carburanti riducendo la
dipendenza dai paesi esportatori di petrolio.
2. 2. Stimola la redditività delle attività agricole dedicate alla produzione dei
prodotti agricoli destinati alla produzione di biodiesel, con chiari effetti
occupazionali e redistributivi della ricchezza.
Considerando la perenne situazione di sovraproduzione alimentare in cui versa la
Ue, l'utilizzo della produzione agroalimentare per fini energetici rappresenta
un'opportunità interessante per tutti i paesi membri dell'Unione Europea.
per biodiesel e bioetanolo vedi la sezione fonti rinnovabili cap. biomasse
Il futuro: automobili a idrogeno
L'idrogeno come carburante delle automobili del prossimo futuro. Cominciamo subito
col dire che non si tratta di una fonte d'energia bensì di un vettore energetico,
esattamente come i cavi di rame che portano l'energia, già utilizzato come
propellente per le navicelle spaziali. Sulla Terra l'idrogeno non è presente allo stato
puro ma legato in composti come l'acqua e gli idrocarburi. Deve quindi essere
prodotto tramite elettrolisi.
Quando saranno vendute le prime automobili a idrogeno? I pareri di diversi esperti
scientifici indicano il 2010 come data entro la quale vedremo in circolazione le prime
automobili ibride a idrogeno. Secondo gli esperti, la concentrazione del petrolio in
aree geopolitiche instabili, la sua futura scarsità e il crescente problema dello smog
cittadino spingeranno ad accelerare l'introduzione dell'idrogeno come carburante
"sostenibile". Le case automobilistiche hanno investito soprattutto sulla tecnologia
fuel cell, speciali sistemi a celle di combustione da cui scaturisce l'energia elettrica
per muovere i veicoli con motore elettrico. Fa eccezione soltanto la casa tedesca
BMW che ha avviato la progettazione e la produzione delle automobili a combustione
diretta di idrogeno, annunciando anche la commercializzazione in forma ibrida entro
il 2007. General Motors prevede invece l'inizio della commercializzazione dei primi
modelli a idrogeno a partire dal 2010.
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Le automobili a idrogeno non inquinano. Da un punto di vista ambientale le
automobili a idrogeno hanno il grande vantaggio di non avere emissioni inquinanti
ma soltanto vapore acqueo. Saranno la soluzione definitiva ai problemi dello smog
urbano e del conseguente impatto sulla salute dei cittadini. L'inquinamento
delocalizzato nelle automobili viene concentrato nei centri di produzione
dell'idrogeno, più facilmente controllabili rispetto alle automobili. Inoltre la produzione
dell'idrogeno è sfasata temporalmente rispetto all'utilizzo, cioè, può essere fatta di
notte quando l'energia costa meno e viene prodotta in modo meno inquinante.
Come sarà prodotto l'idrogeno? Oltre ai viaggi spaziali l'idrogeno ha trovato
applicazione nella produzione dell'ammoniaca e del gas di città. Con molta
probabilità questi settori industriali saranno quelli privilegiati ad ospitare la filera
produttiva dell'idrogeno. Nel reforming l'idrogeno viene estratto dai combustibili fossili
producendo però in forma concentrata le emissioni inquinanti evitate dallo scarico
delle automobili. L'altra strada per produrre idrogeno è il processo di elettrolisi per
scindere l'acqua in atomi di idrogeno e di ossigeno. Quest'ultimo processo produttivo
non è inquinante ma richiede una grande quantità di energia per funzionare. In base
alle indiscrezioni dei governi l'energia per l'elettrolisi potrebbe essere fornita dalle
centrali nucleari e dalle energie rinnovabili in modo pulito. In entrambi i casi si evitano
emissioni di gas serra in atmosfera.
La distribuzione delle stazioni di servizio a idrogeno. Un aspetto critico per la
diffusione dell'idrogeno come carburante sarà l'adeguamento della rete distributiva.
Fin quando non esisteranno stazioni di servizio a idrogeno sarà poco probabile che
decolli il mercato delle automobili Hydrogen pure se in presenza di prodotti
tecnologicamente competitivi. La creazione, o più realisticamente l'adeguamento,
della rete potrebbe diventare un vincolo non indifferente per la diffusione della
mobilità tramite idrogeno. Shell completerà la conversione delle stazioni di servizio
alla distribuzione capillare dell'idrogeno tra il 2015 e il 2025. Questa osservazione
rafforza l'idea che la futura filiera produttiva dell'idrogeno vedrà privilegiare
soprattutto il settore petrolchimico da cui dipende l'attuale distribuzione delle stazioni
di servizio.
In conclusione dovremo pertanto attendere pochi anni per guidare un'automobile a
idrogeno. Per una completa sostituzione del parco circolante saranno necessari
diversi decenni in cui vedremo circolare contemporaneamente automobili a idrogeno,
gas GPL o metano, benzina, diesel e biodiesel.
Curiosità: come funziona un motore a idrogeno
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L'unione dell'idrogeno e dell'ossigeno da luogo nuovamente all'acqua H2O liberando
energia pronta per l'uso. Su questo processo sono basate le "celle a combustibile"
(dette fuel cell). Le emissioni di scarto del processo sono assolutamente non
inquinanti, trattandosi di acqua calda e vapore acqueo. La tecnologia "fuel cell" potrà
essere utilizzata sia sotto forma di motore elettrico per le automobili e i trasporti sia
come centrale industriale per la produzione di energia elettrica.
Curiosità: come funziona una cella a combustibile
Una fuel cell riceve in entrata due flussi: idrogeno dal polo negativo e ossigeno dal
polo positivo. Nel momento in cui gli atomi di idrogeno entrano in contatto con il
catalizzatore gli elettroni si separano dal nucleo, generando energia elettrica,
spostandosi verso il polo positivo dove si uniscono agli atomi di ossigeno caricandoli
negativamente. Il processo termina con il passaggio delle molecole di idrogeno
(positive) verso quelle di ossigeno (negative) dalla cui reazione chimica si forma
l'acqua.
FONTI:
AA.VV., 2005, Manuale per l’edilizia sostenibile – la qualità energetico ambientale
degli edifici in Toscana;
BUTERA F. M., 2004, Dalla caverna alla casa ecologica;
ENEA, 2003, collana Opuscoli Energia;
MARINO - GRIECO, 2006, La certificazione energetica degli edifici;
PALLANTE M., 2004, Un futuro senza luce - come sopravvivere al black out senza
costruire nuove centrali;
PALLANTE M., 2005, La decrescita felice - la qualità della vita non dipende dal PIL;
KORN, 2003, Uso razionale dell’energia in casa;
SITI:
www.bioarchitettura.org /// www.ilsolea360gradi.it /// www.windside.com ///
www.dawinci.istat.it /// www.enea.it /// www.governo.it /// www.regione.emiliaromagna.it
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