Risparmio energetico - Regione Emilia-Romagna
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Risparmio energetico - Regione Emilia-Romagna
EDURES ENNE ERRGGIIAA IINN GGIIOOCCOO MANUALE PER INSEGNANTI SEZIONE RISPARMIO ENERGETICO Provincia di Ravenna Indice Il risparmio energetico, una priorità globale pag. 1 Efficienza Energetica … dalla quantità alla qualità pag. 8 Buone pratiche energetiche pag. 14 Risparmio energetico negli edifici pag. 18 Mobilità sostenibile pag. 33 Il risparmio energetico, una priorità globale La produzione dei beni e dei servizi che quotidianamente utilizziamo richiede sempre una certa quantità di energia primaria. Era così anche prima della rivoluzione industriale. Anzi, la quantità di energia necessaria per produrre un bene, ad esempio un metro di tessuto, era sicuramente molto più elevata in passato piuttosto che oggi. La diffèrenza sta nel fatto che allora venivano prodotti e consumati molti meno metri di tessuto. A determinare un costante aumento della quantità di energia consumata non è stato l'avvento delle macchine e dell'industria, le quali piuttosto hanno permesso una graduale riduzione della quantità di energia necessaria per realizzare ogni singolo prodotto, ma la quantità dei beni prodotti e consumati, insieme all’aumento del numero di abitanti sulla terra. Nel ‘600 l’Europa era popolata da poco più di 100 milioni di abitanti, i quali utilizzavano energia sostanzialmente per nutrirsi e produrre quel poco di cui avevano bisogno (tessuti, pellami, legnami lavorati, vasellame e manufatti metallici). Oggi in Europa vivono quasi 400 milioni di persone, i cui consumi principali sono rappresentati soltanto in minima parte da ciò di cui hanno bisogno di nutrirsi. Agli “arnesi di un tempo” si sono aggiunti, apparati elettrici ed elettronici, mezzi di trasporto via terra, mare e aria, edifici e strutture, che per produrre e far funzionare consumano molta energia. Il cibo non viene più prodotto nelle immediate vicinanze, ma spesso in luoghi lontani e richiede quindi di essere trasportato, con un certo consumo di energia. Per arare i campi non ci si affida più agli animali ma ai trattori, che consumano gasolio. A consumare energia è ciascuno di noi, che, direttamente o indirettamente, utilizza ciò che l'agricoltura, l'industria o il settore dei servizi producono. Oggi ci spostiamo dalle nostre case alle scuole, ai luoghi di lavoro a quelli di vacanza, disponiamo di un tempo libero inimmaginabile nel passato, andiamo al cinema, a teatro, al VM 1 ristorante, in discoteca. Consumiamo ogni sorta di merci, di beni e di servizi, ognuno dei quali, per essere prodotto, richiede una certa quantità di energia. Crescendo la popolazione e, soprattutto, la quantità di energia che ogni abitante della Terra consumerà in futuro per migliorare la qualità della sua esistenza, e considerando che le risorse energetiche fossili (carbone, petrolio e gas naturale) si stanno esaurendo, si comprende come la questione dell'energia sia già oggi, ma ancora più in futuro, di cruciale importanza. La quantità di energia che ogni occidentale consuma oggi può e deve essere ridotta, ma quell'energia è servita e serve a migliorare la qualità e la durata della vita. Senza la rivoluzione industriale non si sarebbero potute sviluppare le tecnologie che oggi permettono di sintetizzare farmaci, effettuare interventi chirurgici sempre più sofisticati, permettere alle persone di comunicare e di viaggiare. La durata della vita delle persone in occidente è cresciuta enormemente, oltre il doppio nell'arco di meno di tre secoli. Nel Seicento gli europei consumavano poca energia, ma bastava una epidemia di peste come quella del 1610-1630 per uccidere un quarto della popolazione. Abbiamo e continueremo ad avere bisogno di energia e, soprattutto, ne avranno bisogno quei popoli che ancora non godono del privilegio di vivere bene e a lungo come noi occidentali. Consumi, sprechi e risparmio in Italia Quando dopo la grande crisi petrolifera degli anni Settanta ci si rese conto che le risorse energetiche fossili non erano inesauribili né avrebbero potuto continuare per sempre ad essere a buon mercato, si impose la necessità di risparmiare energia. Da allora sono passati quasi trent'anni e molto è stato detto a questo proposito, ma non altrettanto si è fatto. Certamente le automobili consumano molto meno che in passato, esistono apparecchiature elettriche molto più efficienti, ma i risultati sono ancora molto lontani da quanto si poteva e si può oggi fare. Se si esaminano i dati relativi ai consumi di energia, si può immediatamente osservare come la dinamica che si è sviluppata negli ultimi tre decenni sia tutt'altro che positiva. Nel 1970 in Italia sono stati consumati in totale 114 milioni di TEP (tonnellate equivalenti di petrolio), nel 2004 oltre 196 milioni (fonte: rapporto ENEA ’04). Eppure la popolazione italiana è rimasta quasi stazionaria. Certo, la ricchezza prodotta è cresciuta sensibilmente, ma sappiamo anche che l'intensità energetica (cioè la quantità di energia necessaria per produrre un unità di reddito interno lordo) è sensibilmente diminuita, infatti il consumo energetico dell'industria nei primi anni ’70 superava il 40% dei consumi nazionali, mentre nel 2004 era circa il 29%. A far crescere il totale dei consumi sono stati piuttosto gli usi civili (servizi e residenziale), che sono passati dai 27% dei primi anni ’70 al 30,2% del 2004, ma soprattutto il settore dei trasporti, passato dal 15% al 31%. E' facile immaginare che cosa sia accaduto: il trasporto privato individuale ha visto una crescita spaventosa; il settore terziario ha più che raddoppiato il numero 2 degli addetti e triplicato la ricchezza prodotta; sono mutate le abitudini e le esigenze delle persone; il numero degli apparati elettrici presenti nelle abitazioni degli italiani è vertiginosamente cresciuto; la stragrande maggioranza degli uffici, dei cinema, dei teatri e degli alberghi dispone di aria condizionata, tanto che il tradizionale picco massimo dei consumi di elettricità, che per decenni si era sempre registrato nei mesi più freddi, oggi si verifica in piena estate. Ma è anche accaduto che, di fronte a questa crescente domanda di energia non siano state proposte delle efficaci azioni capaci di indurre le persone a risparmiare o, quanto meno, a non sprecare. Nel corso degli ultimi due decenni sono state varate alcune leggi destinate a migliorare la situazione e molte industrie hanno indirizzato i loro sforzi di ricerca in direzione di una maggiore efficienza energetica. Qualche risultato, indubbiamente, è stato conseguito, come ad esempio il completamento della rete del metano, che ha permèsso di eliminare qualche milione di scaldabagni elettrici, ingordi ed inefficienti, l’invenzione dei moderni motori per automobili a basso consumo. Senza questi miglioramenti, il bilancio dell'energia in Italia sarebbe stato ancora più pesante. Ma resta ancora moltissimo da fare, soprattutto nel settore dei trasporti e nelle abitazioni di ciascuno di noi. Numerosi sono gli studi condotti in questo campo e tutti dicono che è possibile, attraverso un'azione di risparmio energetico generalizzata, conseguire importanti risultati. La condizione per conseguirli è che l'iniziativa venga presa in maniera integrata e su più fronti: i trasporti pubblici, i consumi energetici delle attività produttive (incluso il terziario), i consumi energetici delle famiglie, la sostituzione delle fonti non rinnovabili con quelle rinnovabili. Consumi e risparmio energetico negli usi civili Per quanto attiene i consumi energetici negli usi civili, occorre fare una distinzione tra attività del settore terziario e residenziale. Per quanto attiene il settore terziario è possibile realizzare economie importanti: un'oculata gestione degli edifici (riscaldamento, aria condizionata, illuminazione, coibentazione ed isolamento) potrebbe permettere di ridurre i consumi di energia anche di alcuni milioni di TEP, che però verrebbero assorbiti dai maggiori consumi energetici derivanti dallo sviluppo del settore medesimo, destinato a crescere costantemente nei prossimi due decenni. Un capitolo di notevole interesse è costituito dai consumi delle famiglie. Il consumo energetico del settore residenziale (riscaldamento, acqua calda, usi di cucina ed usi elettrici) è infatti cresciuto dai 19 milioni di TEP del 1971 agli attuali 30 milioni di TEP. I consumi domestici di energia per il riscaldamento, l’acqua calda, la cucina, gli elettrodomestici, ecc. coprono più di un quinto degli usi energetici finali totali. Secondo recenti studi una famiglia potrebbe risparmiare sulle spese sostenute per tali consumi senza fare particolari rinunce, semplicemente usando meglio l’energia. A tal fine il mercato offre una vasta gamma di prodotti tecnicamente molto più avanzati 3 rispetto a qualche anno fa, che permettono di economizzare energia a vantaggio anche della qualità dell’ambiente. Intraprendere dei lavori di risparmio energetico significa: - migliorare l’efficienza energetica nelle abitazioni per ridurre i consumi; - migliorare l’isolamento delle case accrescendo il suo comfort; - partecipare allo sforzo nazionale di riduzione sensibile dei consumi di combustibili fossili; - proteggere l’ambiente e contribuire alla riduzione dell’inquinamento. VM Per raggiungere questi obiettivi si sono avviati, in questi ultimi anni, diversi programmi rivolti ad un uso razionale dell’energia negli edifici. Tali programmi prevedono sia migliori criteri di progettazione nelle nuove costruzioni, più attenti all’aspetto energetico, sia interventi di contenimento dei consumi sul patrimonio edilizio esistente. In questo ambito i risultati positivi che potrebbero essere conseguiti sono di grande peso: alcune stime riferiscono di risparmi fino al 40 per cento in energia elettrica e fino al 30 per cento in combustibili fossili realizzabili attraverso la diffusione di tecniche di risparmio di estrema semplicità: - sostituzione delle tradizionali lampadine ad.incandescenza con lampadine fluorescenti ad alta efficienza; - sostituzione degli scalda acqua elettrici con scalda acqua a metano o a gpl; - sostituzione delle vecchie caldaie a gas con nuovi modelli più efficienti; - sostituzione dei semplici vetri tradizionali con doppi vetri; - isolamento termico dei tetti e delle pareti esterne degli edifici; - regolazione corretta della temperatura nei diversi ambienti, con valvole termostatiche; - contabilizzazione individuale del calore nel caso di impianti centralizzati; - diffusione delle pompe di calore. Si tratta di interventi che richiedono soltanto l'attenzione dei singoli e che non richiedono alcun costo aggiuntivo, il risparmio energetico attuato dai singoli consumatori può contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti e nello stesso tempo tagliare la spesa economica delle famiglie. 4 Consumi e risparmio energetico nel settore industriale In campo industriale, l'aumento dell'efficienza energetica conseguito negli ultimi anni è già considerevole, in ragione del peso relativo che l'energia assume in numerosi processi produttivi. L'elemento di concorrenzialità primario nella definizione dei prezzi finali delle merci (l'acciaio, l'alluminio, il cemento, le plastiche e la gomma, il vetro) è costituito proprio dall'energia consumata. Ciò ha determinato una graduale riduzione dei consumi energetici di tutto il comparto industriale, anche a prescindere dal fatto che, in Occidente ed in Italia in particolare, esso abbia visto un ridimensionamento generale a favore di altre attività. Non è dunque prevedibile che in questo ambito si possano conseguire risparmi di energia significativi, se non in seguito a programmi di sviluppo e innovazione del comparto industriale a scala internazionale. Consumi e risparmio energetico nei trasporti Nel 1971, in Italia, circolavano 12 milioni di automobili. Oggi ne circolano 34 milioni. Settantadue italiani su cento oggi si recano al lavoro utilizzando la propria autovettura; nel 1971 erano soltanto 26. Quello dei trasporti è l'ambito nel quale maggiore è stato l'incremento dei consumi energetici e ove si potrebbero conseguire i risparmi più significativi. Le strade da percorrere per raggiungere risultati rilevanti sono molteplici. Anzitutto servirebbero trasporti pubblici, urbani in particolare, più veloci, efficaci ed efficienti. In tutta Italia sono oggi in funzione sette linee di metropolitana, nella sola Parigi sono 17, a Londra più di 20. Servirebbero più corsie preferenziali per gli autobus, corse più frequenti, mezzi più confortevoli, aree pedonali più vaste e senza deroghe, parcheggi di scambio custoditi e a prezzi convenienti per coloro che provengono da località più lontane. L'Italia dei primi anni Settanta, quando le automobili erano una ogni cinque abitanti e la maggior parte delle persone viaggiava accalcata su vecchi autobus rumorosi, è un lontano ricordo. L'accresciuto benessere ha permesso a milioni di famiglie di acquistare una, due o tre automobili. Ed è più comodo viaggiare con la propria vettura posteggiata sotto casa che raggiungere la fermata e attendere il mezzo pubblico. È indubbio che per molte famiglie l'automobile è diventato l'unico possibile mezzo di trasporto: in oltre città sono sorti nuovi quartieri, le aree urbane si sono allargate a macchia d'olio e le distanze percorse mediamente da ogni italiano per recarsi 'al lavoro si sono enormemente dilatate. Ma è altrettanto indubbio che pochi sembrano essere capaci di rinunciare alla comodità di raggiungere ogni luogo in ogni momento con la propria autovettura, anche per percorrere brevi tragitti che chiunque, in passato, avrebbe compiuto naturalmente a piedi. In alcuni paesi europei, come la Danimarca, sono stati adottati provvedimenti di carattere fiscale, che hanno disincentivato enormemente l'acquisto e l'uso delle autovetture private. Altrove, come in Germania, si è scelto di rendere inaccessibili i centri di qualsiasi città o cittadina, costringendo a 5 lasciare le autovetture nelle zone periferiche. In altri Paesi, come in Francia, non si è quasi per nulla intervenuto, mettendo però a disposizione un sistema di mezzi di trasporto pubblici tanto efficiente da risultare più veloc'è e comunque meno costoso della vettura privata. Ma in questione non è soltanto il trasporto urbano delle persone. Anche i trasporti extraurbani potrebbero essere sensibilmente migliorati per indurre un crescente numero di persone a rinunciare all'automobile. Così come di assoluto rilievo è la modalità di trasporto delle merci, che in Italia avviene per il 70 per cento su strada, con autocarri e furgoni d'ogni genere, lasciando alla ferrovia, meno costosa ed enormemente più efficiente sotto il profilo energetico, un ruolo marginale. Si tratta comunque di un problema di dimensioni continentali: dagli anni Settanta ad oggi, in Europa, il volume di traffico dei passeggeri su ferrovia è rimasto invariato a circa 300 miliardi di passeggeri per chilometro all'anno, quello relativo al trasporto aereo è cresciuto fino a raggiungerei valori della ferrovia, quello relativo all'automobile è quasi triplicato, sfiorando, i 4 mila miliardi di passeggeri per chilometro percorso. Per quanto attiene il trasporto delle merci, il ricorso alla ferrovia è in trent’anni leggermente calato, attestandosi attorno ai 250 miliardi di tonnellate per chilometro percorso. Non è facile calcolare quanta energia potrebbe essere risparmiata in un paese come l'Italia attuando appropriate misure di carattere collettivo e promuovendo corretti comportamenti individuali. Le variabili in gioco sono numerose e non tutte possono essere controllate e stimate con adeguata precisione. In materia di risparmio energetico, infatti i comportamenti individuali (riduzione dell'uso dell'autovettura privata, interventi domestici di risparmio" investimenti finalizzati alla riduzione dei consumi) hanno un peso complessivo determinante. Questi comportamenti, a loro volta, non possono essere positivamente indotti soltanto sulla base di una adesione di carattere morale o ideale, bensì richiedono anche un vantaggio materiale, di carattere economico. E tali vantaggi economici possono derivare soltanto da una oculata politica di definizione dei prezzi dell'energia unita ad azioni di incentivazione e sostegno da parte dei poteri pubblici. Se a queste già numerose variabili si aggiunge l'imprevedibilità delle azioni individuali e la difficile stima della dinamica dei prezzi futuri dell'energia, si può facilmente comprendere quanto difficile sia calcolare l'entità dei risparmi possibili ed economicamente sostenibili. Inoltre nel settore dei trasporti ci sono in gioco ci sono gli imponenti investimenti necessari per rendere più efficiente la rete dei trasporti, siano essi urbani così come interurbani e nazionali, i comportamenti individuali, la dinamica dei prezzi dei combustibili, i tempi necessari per verificare ricadute positive. Si tratta di un ambito nel quale la misura dei risultati è possibile soltanto dopo un periodo relativamente lungo e le risorse economiche e gestionali in gioco sono di notevole entità. La realizzazione di interventi strutturali destinati a riconvertire almeno una parte del traffico automobilistico privato verso il 6 trasporto pubblico collettivo richiede infatti tempi relativamente lunghi, anche se alcuni interventi minimi possono essere realizzati anche nel breve periodo. E' comunque ragionevole ritenere che, attraverso simili azioni (metropolitane, pedonalizzazione dei centri urbani, corsie preferenziali, miglioramento. delle reti e dei mezzi di trasporto, sviluppo di piani aziendali di mobilità il così detto mobility management) si potrebbero realizzare importanti economie, ma in un arco temporale piuttosto ampio: sviluppando adeguati interventi su un lasso di 20 anni, si potrebbero conseguire economie energetiche nell'ordine dei 15 milioni di TEP, pari all'8 per cento degli attuali consumi energetici complessivi. Se si considera che nello stesso arco temporale di 20 anni i consumi energetici per i trasporti sono, secondo le stime più attendibili, destinati ad aumentare di circa 10 - 15 milioni di TEP, si deve concludere che anche le migliori iniziative pubbliche, in questo campo, permetterebbero nel migliore dei casi di stabilizzare i consumi energetici del settore dei trasporti. Il che, considerate le dinamiche verificatesi negli ultimi tre decenni (da 16 a 42 milioni di TEP all'anno) sarebbe comunque un eccellente risultato. 7 Efficienza Energetica…dalla quantità alla qualità Introduzione Per secoli abbiamo creduto che il nostro pianeta fosse un “contenitore” cui prelevare risorse e “depositare scarti” inquinando aria, acqua e suoli. Si è creduto (e sfortunatamente si crede ancora!) che la natura dovesse incondizionatamente adeguarsi al nostro invasivo sviluppo; che l’ambiente fosse il luogo che circonda l’uomo e non quel “sistema complesso” cui esso indissolubilmente appartiene. Una visione notevolmente antropocentrica, che nel tempo si è trasformata in un sostanzioso problema per tutti gli esseri viventi presenti sulla Terra e che mette in luce l’incapacità dell’Uomo di confrontarsi con numerosi aspetti del concetto di “limite”. “Il problema con la Terra, è che hanno smesso di crearla da un bel po’” (M. TOZZI, 2003), ma accettare la realtà di vivere in un mondo “finito” è impegnativo, significa imparare a vivere senza chiedere di più (mode, tendenze, ecc.), rivalutando i concetti di merce e prodotto (certificazioni ambientali, mercato equo e solidale, auto-produzione, “obiettivo decrescita”), di amministrare sostenibilmente beni e servizi; significa cercare di migliorare comfort e qualità del nostro esistere chiedendo meno e utilizzando al meglio ciò che ci circonda: essere, cioè, maggiormente efficienti. La strada della “efficienza energetica” è un percorso che basa le sue fondamenta sull’etica (visto che la sola “intelligenza” dell’auto-referenziato homo sapiens sapiens ci ha portato all’attuale criticità), sulla sobrietà (cioè la sufficienza: non chiedere di più), sulla ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica e l’informazione. Per garantire servizi “puliti” e “sostenibili”, dobbiamo imparare ad essere più efficienti. L’impostazione mentale che questo percorso consiglia, può essere facilmente compresa se, ad esempio, abbiamo un problema così formulato: qual’è il sistema di climatizzazione (riscaldamento/raffrescam ento) da istallare in un edificio? In un’ottica di efficienza energetica invece, la domanda dovrebbe essere riformulata in altri termini tipo: qual è il modo più efficiente per avere una temperatura interna VM confortevole per noi sia d’estate che d’inverno e che non sia fortemente 8 impattante per l’ambiente? Nel primo caso l’interrogativo nasconde in realtà una scelta: il livello di efficienza da raggiungere viene già vincolato dalla stessa domanda, imponendo la ricerca della soluzione migliore fra le tecnologie a disposizione. Avremo quindi, una serie di opportunità pari al numero di apparecchiature esistenti sul mercato più o meno efficienti. Fatta la scelta, l’operazione è conclusa ed occorre riformulare una domanda per raggiungere maggiori livelli di comfort. Nel secondo caso, invece, le scelte saranno effettuate su una serie di tecniche e soluzioni di progettazione dell’involucro, di coibentazione degli ambienti interni, di arieggiamento e ventilazione, di sfruttamento del calore solare o di ombreggiamento e molto altro ancora. Solo in un secondo momento, sarà definito l’apporto che il sistema di climatizzazione dovrà fornire all’edificio e, magari, scoprire che gli impianti pensati non sono strettamente necessari. Avere oggi un sistema efficiente di produzione ed utilizzo dell’energia, significa quindi integrare, migliorare ed ottimizzare: i sistemi di produzione e trasformazione dell’energia, le reti di trasporto dell’energia, la mobilità delle persone e delle merci, i servizi, i processi industriali ed agro-zootecnici, la progettazione e la gestione degli edifici e delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il nostro sistema energetico è un secchio bucato… “[…] Ho un secchio bucato e sto provando a riempirlo d’acqua con una bottiglia, ma non riesco. Cosa posso fare? a. sostituire la bottiglia con un bottiglione b. sostituire la bottiglia con un bicchiere c. chiudere i buchi del secchio in modo che dopo mi basti un bicchierino a riempirlo […] Il secchio bucato è un immagine fedele dei modi in cui utilizziamo l’energia. […] Più della metà (dei consumi energetici italiani) se ne va in sprechi, inefficienze ed usi impropri”. dott. Maurizio Pallante Il secchio rappresenta la nostra casa, il sistema di trasporto di energia, i bassi rendimenti dei convertitori di energia. La bottiglia che stiamo usando è il sistema attuale italiano per la produzione di energia. Il bottiglione può essere paragonato al potenziamento delle centrali termoelettriche esistenti. Al bicchiere spetta il compito di rappresentare le poco competitive fonti rinnovabili. Chiudendo i buchi le fonti rinnovabili acquistano potenzialità e convenienza rispetto all’uso delle fonti fossili. Efficienza nel produrre energia Guardare al problema energetico dal punto di vista dell’efficienza, ci porta fin da subito a considerare con attenzione anche la terminologia utilizzata. La termodinamica c’insegna che nei processi reversibili l’energia non viene né prodotta né consumata, bensì può essere solo trasformata per fornire un lavoro, degradandosi inevitabilmente ad uno stato di minor “utilizzabilità”. Possiamo pensare 9 che il “sistema Terra” sia dotato di un grande serbatoio di energia utilizzabile (a bassa entropia) composto oggi giorno da combustibili fossili e dai materiali suscettibili di fissione o fusione nucleare. Ogni volta che estraiamo l’energia contenuta in questo serbatoio per i nostri usi e consumi, trasferiamo l’energia in un secondo serbatoio non più utilizzabile (alta entropia). Il percorso inverso è impossibile. Quello che abbiamo davanti agli occhi quindi, non è tanto l’impossibilità di utilizzare energia perché il suo livello diminuisce, bensì l’incapacità di poterla trasformare in lavoro. Per questo motivo è necessario occuparsi d’efficienza nella produzione di energia, affinché dal primo serbatoio non venga prelevata più energia di quanta il Sole e la Natura riescano a creare (e quindi “ricaricare il serbatoio”) attraverso la fotosintesi e le catene alimentari (ciclo del carbonio), l’evaporazione dell’acqua (ciclo dell’acqua), il riscaldamento dell’atmosfera (processi meteorologici), ecc. In questi termini, l’efficienza non riguarda solo una situazione puntuale (una macchina, una fabbrica, una casa, ecc.), ma il “sistema Terra”, il sistema economico di un Paese (i trasporti, la produzione di beni, il commercio, la produzione di alimenti, ecc.). Questi sono concetti particolarmente importanti, soprattutto quando vengono utilizzate fonti non rinnovabili ed in particolar modo i combustibili fossili (gas naturali, GPL, olio combustibile e carbone). I rendimenti degli impianti e delle apparecchiature che trasformano l’energia da una forma ad un’altra (luce, calore, movimento, elettricità, massa), hanno un limite ben preciso dettato dal secondo principio della termodinamica. Nelle centrali termoelettriche italiane, Centrale termoelettrica: dispersioni e rendimenti. solo il 30-35% del calore (corso formazione FRED) ricavato dal combustibile fossile che viene bruciato in caldaia, si trasforma in corrente elettrica nelle turbine. Il rimanente viene disperso sotto forma di calore nell’ambiente perché non più utile al processo. Con le migliori tecnologie che oggi abbiamo a disposizione (centrali turbogas a ciclo combinato) si può superare di poco il 50%; una grossa quota di energia rimane comunque inutilizzata ed il combustibile adoperato nel processo sarà “rigenerato” dai naturali processi geologici e biologici in centinai di milioni di anni. 10 Efficienza della rete di distribuzione dell’elettricità Un sistema energetico efficiente deve essere improntato sull’effettiva minimizzazione delle trasformazioni e del trasporto di energia, garantendo flessibilità, continuità e sicurezza della rete. Un sistema fondato sulla produzione di elettricità in grandi impianti ed in poli di elevata concentrazione di potenza, è l’esatto contrario della flessibilità; rappresenta rigidità ed incapacità di adattamento a sbalzi dovuti a guasti, incidenti o forti variazioni orarie e stagionali della domanda. La rigidità rende ovviamente il sistema vulnerabile: un qualsiasi problema di sovraccarico o di caduta di tensione in un punto della rete, si ripercuote inevitabilmente sull’intero sistema (vedi black out del 2003). L’attuale sistema energetico fatto di produzioni concentrate in impianti di grande potenza, dovrebbe gradualmente essere limitato ad una produzione strategica di base che abbia come prioritario compito, quello di coprire le richieste pervenute dal sistema industriale e dalle grandi aree antropizzate. Il restante dovrebbe essere prodotto in impianti prossimi all’utenza da soddisfare, in modo da poter essere progettati per la fornitura di “servizi energetici integrati” (dalle caldaie ad alto rendimento alla co-generazione, dal solare al micro-eolico, dal gas naturale alle biomasse,) e garantire un elevata elasticità gestionale, adatta quindi ad una progressiva sostituzione dei combustibili fossili con fonti energetiche rinnovabili. Un sistema fondato su una rete di “isole” di fornitura di energia (prodotta con impianti di media e piccola taglia) diffuse sul territorio e connesse alla rete nazionale, potrebbe garantire flessibilità, sicurezza e continuità richiesti dagli utenti e, se abbinate ad una progettazione adeguata dei nuovi edifici e un cospicuo risanamento di quelli esistenti, di consentire lo sviluppo dell’uso di fonti rinnovabili e dei servizi energetici ad alta efficienza. Efficienza di processi e di servizi Quello dei processi produttivi è certamente un settore in cui molto può essere fatto, ma necessita da parte dei governi, del mondo scientifico, degli attori economici nazionali ed internazionali, di ricerche, volontà, scelte e tempistiche non sempre conciliabili con le dinamiche del moderno sistema economico mondiale. La filosofia di base si fonda sul fatto di considerare la domanda come un parametro in base al quale modulare l’offerta e non come variabile governabile anche (e soprattutto) sulla base di aspetti ambientali e sociali. Rendere efficiente il settore industriale significa puntare sullo sviluppo di nuove composti bio-degradabili, di nuovi processi produttivi a “ciclo chiuso”, di spinte virtuose dei mercati energetici emergenti. Un grande impegno per tutta la comunità mondiale. Come individui, però, e come collettività, possiamo intraprendere delle azioni che potrebbero avere un peso ed un’efficacia più o meno ampia e variabile nel tempo nelle modifiche e negli indirizzi di questo importante settore economico. Come consumatori, possiamo effettuare delle scelte 11 con forte impatto sia sul piano ambientale che sociale. Fra gli scaffali dei supermercati o lungo le strade provinciali che collegano le zone rurali, sono sempre più presenti aziende e prodotti con certificati ambientali, biologici o di qualità (EcoLabel, Certificati Bio, qualità, Trans Fair, Energy Safety), garantendo così equità sociale ed ambientale del prodotto acquistato. Efficienza nella mobilità di merci e persone Per quanto riguarda i consumi nazionali di energia primaria nel settore dei trasporti (con circa il 30% del totale al pari merito con industria e settore edile), occorre prima di tutto porre l’accento che trascorrere maggior tempo a camminare, pedalare o pattinare, non fa che bene alla nostra salute (evitando particolari zone trafficate, sfruttando circuiti verdi urbani, percorsi preferenziali per le biciclette, ecc.). Spesso però, questo non è realizzabile e ci ritroviamo da soli in macchina bloccati in qualche ingorgo stradale. Oggi, in ogni modo, comincia ad espandersi fra i cittadini, le amministrazioni pubbliche e le imprese, l’idea di convertire e razionalizzare l’utilizzo del proprio parco d’autovetture (car-sharing, car-pooling, “mobility manager”, rottamazione o conversione auto, ecc.). Il Governo Italiano e le Amministrazioni Comunali favoriscono i propri cittadini con incentivi e contributi, a convertire o “rottamare” la propria auto, stimolando così l’utilizzo di combustibili a basso impatto (metano, GPL, bio-carburanti) o nuove autovetture dai bassi consumi, con motori ibridi o “bi-power”. Quando però vogliamo valutare l’efficienza di un sistema di trasporto, non possono essere presi in considerazione soltanto i consumi unitari del parco degli autoveicoli circolanti. È necessario analizzare anche i motivi degli spostamenti delle persone e delle merci, i percorsi, le modalità (via nave, via treno, in bici, ecc.). Applicare criteri d’efficienza al sistema dei trasporti potrebbe consentire una consistente riduzione dei consumi di Figura 1: Il trasporto su via ferrata risulta il metodo combustibili fossili e quindi più pulito per spostare persone e soprattutto merci su dell’emissioni in atmosfera di gas lunghi percorsi (foto di Vincenzo Crocetti) serra e sostanze inquinanti. Quello dei trasporti infatti, è un settore completamente dipendente dal petrolio (basta pensare alla benzina, ai rivestimenti interni in plastica, 12 alle gomme, ecc.) e considerando che le sue emissioni sono quantitativamente in crescita, ogni modesto miglioramento apportato all’efficienza dei mezzi circolanti (in sostanza maggior chilometri percorsi con un litro di carburante), viene vanificato in assenza di politiche efficaci di ri-orientamento del sistema. Per esempio, nel pianificare il sistema di trasporti di una città, si prende in considerazione il numero di persone che si muovono su ciascun percorso, le modalità, i tempi, ecc., organizzando così su questi dati le relative infrastrutture. Se ci poniamo nell’ottica dell’efficienza del sistema nel suo complesso, possiamo scoprire che anziché allargare una strada, sarebbe più conveniente ricollocare certi servizi e certi insediamenti urbani che contribuiscono in modo consistente alla domanda del trasporto stesso. In tal caso la migliore soluzione non è quella di incentivare i mezzi (anche ecologici), o le modalità di trasporto più efficaci (mezzi pubblici, biciclette, ecc.), bensì semplicemente quella di eliminare quel determinato bisogno di spostamento dovuto, magari, ad un servizio lontano dalla nostra abitazione. Efficienza degli edifici Ponendosi in un’ottica di efficienza, la migliore soluzione non è necessariamente utilizzare le apparecchiature più efficienti, ma rendere inutili tali apparecchiature attraverso interventi strutturali e gestionali. Un esempio concreto per capire l’attuale inefficienza del sistema “edificio-impianti” (inteso come involucro in muratura e relativi impianti termici, elettrici, idrici e telecomunicativi), può essere l’analisi della produzione nelle abitazioni di acqua calda sanitaria attraverso energia elettrica (scaldabagni e boiler). Come abbiamo visto, il rendimento medio di una centrale termoelettrica è del 30-35%, e parte dell’energia elettrica prodotta (nobile fonte energetica secondaria) viene dispersa durante il trasporto negli elettrodotti (circa il 10%, fonte GNRT). Quando finalmente la corrente elettrica arriva nelle nostre case, il boiler trasforma nuovamente l’elettricità in calore a bassa temperatura. In conclusione abbiamo utilizzato un combustibile per produrre calore ad altissima temperatura (vapore acque a 900°C prodotto nelle centrali), per avere un po’ di calore a bassa temperatura (40-60°C). Questo paradosso termodinamico si ripete ogni giorno in numerose famiglie italiane. Considerando ora il riscaldamento ed il raffrescamento degli ambienti interni agli edifici, la situazione non migliora. Tralasciando le inefficienze nell’uso e consumo errato e massiccio di apparecchiature elettriche ed impianti termici, la nostra casa segue inesorabilmente i principi della termodinamica e perde “fisiologicamente” calore dalle mura, dalle finestre, dai tetti, dai balconi, dagli stessi impianti di produzione ed uso del calore. Questo fenomeno può raggiungere grandi dimensioni se, ad esempio, l’edificio o l’impianto non sono progettati adeguatamente (orientamento, superfici vetrate, indice di compattezza, tipologia impianti, ecc.), se il sistema è gestito erroneamente (sovrastima impianti, sbagliata organizzazione ambienti interni, mancate verifiche e controlli, ecc.), se non sono presenti buoni isolamenti degli ambienti interni (coibentazioni, rottura dei ponti termici, ventilazione, ecc.). 13 BUONE PRATICHE DI SOSTENIBILITÁ Riducendo gli sprechi, le perdite e gli usi impropri, riduciamo i consumi, le spese e produciamo meno sostanze dannose all’ambiente. INTERVENTI COMPORTAMENTALI: eliminare sprechi ed usi impropri, far funzionare al meglio quello che già c’è. ELETTRODOMESTICI ED ILLUMINAZIONE Frigorifero e Congelatore • Sbrinate annualmente freezer e frigoriferi; • Evitate di riporre nei frigoriferi/congelatori cibi ancora caldi, favorisce la formazione di brina; • Controllate spesso lo stato delle guarnizioni delle apparecchiature; • Pulite da polvere e ragnatele il radiatore di condensazione posto nel retro dell’apparecchi; • Lasciate spazio fra l’apparecchio e la parete, per facilitare la circolazione dell’aria; • Non lasciate aperto il frigorifero inutilmente, evitate di aprirlo e chiuderlo frequentemente; • Organizzate i prodotti da inserire nel frigo su di un ripiano esterno, prima di riporli nel frigorifero; • Organizzate i prodotti nei ripiani, così come ci viene consigliato dalla ditta produttrice; • Evitate di riempire completamente l’interno; • Favorite la circolazione dell’aria fra i ripiani interni; • Evitate di addossare i prodotti sulla parete posteriore del frigo; • Una volta svuotati frigorifero e/o freezer (se possibile), spegnete gli apparecchi durante i periodi di assenza prolungata; • Regolate il termostato degli apparecchi in una posizione di temperatura intermedia; • Riportate il termostato dei surgelatori in posizione conservazione, dopo aver congelato i cibi freschi inseriti; 14 Uso dell’elettricità • Evitate il più possibile di usare elettricità per produrre calore (scaldabagni elettrici, stufette, piastre elettriche,…); • Preoccupatevi di spegnere le luci quando non servono; • Evitate di lasciare in stand-by gli apparecchi elettronici; • Preferite l’utilizzo, se presenti, programmi elettrodomestici (lavatrici, lavastoviglie, …); • Asciugate il bucato all’aria aperta o in casa (vicino radiatori) e non nelle macchine asciugatrici; • Razionalizzate la durata di accensione delle illuminazioni condominiali (scale, scantinati,…); di risparmio degli Riscaldamento/Raffrescamento • Chiudete i radiatori dei locali non frequentati (garage, stanzini, lavanderie,…); • Chiudete le aperture di ventilazione nei locali non frequentati; • Mantenete efficienti e pulite tutte le parti dell’impianto di climatizzazione; • Chiudete persiane e tapparelle delle finestre nelle ore calde estive e al tramonto in inverno; • Coprite e/o chiudete gli spifferi degli infissi (utilizzando materiale recuperato); • Controllate stato deterioramento isolamento tubature esterne dell’impianto di riscaldamento; • Installate tende davanti le finestre, creando intercapedine tampone; ma… • Non nascondete o coprite i radiatori con tende e mobili; • Regolate nelle caldaie la temperatura della acqua calda sui 35° - 45° C; • Usate coperchi per far bollire l’acqua (se possibile pentola a pressione); • Utilizzate acqua calda usata per cucinare, anche per lavare le stoviglie; • In inverno, mantenete temperatura radiatori sui 19-20° C durante ore diurne, e inferiore di notte; 15 INTERVENTI STRUTTURALI: aumentare l’efficienza energetica. Interventi di basso costo, con effetti immediati • Sostituire ed utilizzare lampadine ad alta efficienza (dove mediamente le lampadine sono accese più ore); • Fare manutenzione e far verificare periodicamente l’efficienza ed il rendimento della caldaia, delle canne fumarie, dei fumi (COSI’ COME PRESCRIVE LA LEGGE!); • Sostituire le guarnizioni deteriorate di infissi, porte, frigoriferi, freezer, isolante tubazioni, …; • Applicazione di uno o più cronotermostati (zona giorno, zona notte, zone non abitate) programmabili (giornalmente e settimanalmente); • Applicazione valvole termostatiche regolabili manualmente ai radiatori; • Installare pannelli isolanti e riflettenti dietro i radiatori disposti sulle mura esterne della casa; • Installare interruttori ottici o timer che regolano l’accensione e lo spegnimento delle lampade esterne delle abitazioni, dei distributori di bevande calde, ecc.; Interventi con costi variabili bassi, recuperabili nel medio periodo • Eseguire check up energetico casa (incluso blower door test – test di permeabilità al vento); • Identificare e isolare tutte infiltrazioni (finestre, porte, cassettoni, tracce tubi e cavi, …); • Collegare lavastoviglie e lavatrici, direttamente al circuito idraulico dell’acqua calda sanitaria; • Sostituire ed installare apparecchi elettrodomestici ad alta efficienza (classe A o superiore); • Sostituire boiler elettrici e caldaie vecchie, con caldaie a gas a condensazione o alto rendimento; • Installare collettori solare diretti o con accumulatore, integrati al normale sistema di riscaldamento produzione acqua calda; Interventi costi variabili alti, estremamente efficaci, recuperabili nel lungo periodo • Montare nuove finestre con vetri termoisolanti di bassa emissività e/o trasmittanza; • Sostituire cassettoni tapparelle, infissi deteriorati e di materiale metallico; 16 • Isolare il soffitto dello scantinato, se questo è riscaldato, isolare le pareti esterne; • Migliorare l’isolamento termico del tetto (sia per dispersione calore che riscaldamento estivo); • Migliorare l’isolamento termico delle pareti perimetrali, delle fondamenta; • Isolare in modo estremamente efficace i “ponti termici” dell’abitazione (porticati, colonne portanti a vista sull’esterno, balconi, …) • Sostituire e modificare l’impianto di riscaldamento dei locali, differenziandoli per tipi di utenza, preferendo tecnologie cogenerative e trigenerative; • Installare ed integrare i sistemi di riscaldamento con tecnologie a biomassa e combustibili eco-compatibili; • Integrare l’impianto elettrico con generatori elettrici fotovolatici, micro eolico e micro idrico; • Sostituire e adottare sistema di riscaldamento cogenerativo, in particolar modo nei medi e grandi condomini; • Installare ovunque, anche nelle illuminazioni esterne, lampade compatte ad alta efficienza; • Installare impianti di produzione elettrica alternativi (piccoli aereogeneratori, fotovoltaico, cogenerativo, biomassa, …) con sistema di accumulo energetico o collegamento alla rete nazionale; 17 Risparmio energetico negli edifici Consumi energetici negli edifici Per poter riscaldare edifici pubblici (scuole, ospedali, uffici amministrativi, ecc.) e privati (abitazioni, condomini, locali commerciali, ecc.) ogni anno consumiamo tanta energia primaria quanto le industrie ed il sistema di trasporto italiano (circa 30% ognuno, fonte ENEA ‘05). Consultando ulteriori dati, vediamo che sul totale di energia consumata in un’abitazione, la maggior parte riguarda il riscaldamento degli ambienti interni, seguito dal riscaldamento di acqua sanitaria, cucina ed elettricità. Le fonti maggiormente utilizzate sono il metano ed il gasolio, seguite dall’elettricità e le biomasse (in particolar modo legna e carbone vegetale da ardere). Considerando i risultati emersi dall’ultimo censimento italiano (2001), più del 20% degli edifici italiani ha più di 70 anni (quindi sottoposti a vincoli architettonici) e solo il 30% ha più di trent’anni. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una parco edilizio obsoleto, costruito con metodi e tecniche che principalmente miravano a far risparmiare nelle fasi di costruzione, piuttosto che nei futuri consumi energetici. Quanto consuma la nostra casa? Gli edifici domestici sono ambienti nei quali passiamo la maggior parte del nostro tempo. Dopo la cute ed i vestiti, possiamo considerare gli edifici come una “terza pelle”, in cui dormiamo, studiamo, lavoriamo, mangiamo, cresciamo e facciamo giocare i nostri figli. Di conseguenza è nostro interesse abitare in un ambiente confortevole, salutare, che sia rilassante e accogliente. Quando dobbiamo comprare od affittare una casa, subito ci viene in mente di cercare quella che al prezzo più basso ci possa offrire maggiori superfici, confort e servizi. Quello che non però non viene mai messo in conto, è la domanda “quanto consuma questa casa?”. A differenza delle domande che ci poniamo quando acquistiamo una macchina, un elettrodomestico o un giaccone (Quanto consuma questa macchina? Posso entrarci Figura 1: Antico Mulino “Mengozzi” Fiumicello – FC. (foto Luciano Vogli) 18 in centro con il blocco del traffico? Il giubbotto è caldo e impermeabile?), nulla di questo avviene durante la vendita e/o la locazione di un’abitazione, ne da parte dell’acquirente nel suo interesse futuro, ne da parte del venditore che non valorizza le prestazioni energetiche dell’edificio. Per riscaldare gli edifici, alcune leggi tedesche non consentono di superare più di 70 kWh al metro quadro all’anno (altrettanto in Austria, in Svezia i 60 kWh). Questo però, non impedisce a chi vi abita di condurre una vita di qualità inferiore. In Italia (dove fa ben più caldo!) se ne consumano da 150 a 200 kWh al metro quadro all’anno. Considerando che i consumi elettrici domestici sono più o meno simili a quelli italiani, vuol dire che una percentuale variabile tra la metà e i due terzi dell’energia termica prodotta nel nostro paese, viene utilizzata male nel suo scopo (dispersioni, inefficienze, manutenzione, ecc.) (M. Pallante). Il risparmio dei consumi energetici negli edifici, può essere visto come una fruttuosa fonte. In effetti, valutando la quantità di fonti non rinnovabili che direttamente o indirettamente utilizziamo, il nostro appartamento è un piccolo “giacimento petrolifero” (M. Pallante, 2004). Le nostre abitazioni possono essere pensate, realizzate e quindi gestite anche come centro di produzione d’energia da parte del sistema “edificio-impianto” (cogenerazione, fotovoltaico, teleriscaldamento, ecc.). Ma lo sfruttamento del “giacimento di petrolio” avviene indirettamente, limitando proprio l’utilizzo di queste fonti e quindi riducendo i consumi nella produzione, nel trasporto e nei consumi finali. Considerando l’efficienza del nostro sistema e utilizzando al limite le miglior tecnologie che oggi abbiamo a disposizione, la nostra casa può “trasformarsi” in un piccolo centro integrato di produzione di energia, una “fonte rinnovabile” locale e diffusa che quotidianamente sostiene i consumi interni della casa e cede l’energia prodotta in surplus. Questa fonte alternativa è caratterizzata: • dall’immediata accessibilità per tutti; • dalla possibilità di usufruire di scale d’investimento minime (anche di poche centinaia di euro); • da tempi di ammortamento in genere contenuti; • dall’installazione di tecnologie con durata medio/lunga di esercizio. Come rispettare gli standard energetici, mantenendo il giusto confort? Obiettivo impegnativo, ma facilmente raggiungibile, è quello di ridurre i consumi energetici nelle costruzioni mantenendo i confort attuali. Le prime azioni da effettuare, saranno sicuramente indirizzate verso un’analisi dei consumi degli edifici e delle possibili perdite presenti. Successivamente saranno individuati gli interventi necessari a ridurre la quantità di energia consumata, cercando di sfruttare al meglio 19 quello che già c’è, e la valutazione degli impianti di riscaldamento e raffrescamento da istallare o rinnovare. Ovviamente la progettazione di una casa ex-novo o la ristrutturazione di un edifico già esistente, prevedono degli interventi estremamente differenti. Consumi come quelli delle Case Passive (tipologia di case che consumano 15 kWh/mq l’anno), possono essere raggiunti esclusivamente con una progettazione ex-novo di un edificio. Ristrutturando un edificio già esistente, però, oggi possono essere raggiunti consumi di 70 kWh/mq anno (ulteriori riduzioni di consumi potrebbero far salire notevolmente il costo dell’intervento e renderlo sconveniente). A prescindere comunque dall’edificio e dall’intervento da effettuare, le strategie d’azione si indirizzeranno sempre verso una rivalutazione delle prestazione dell’edifico (involucro) e degli impianti (elementi che regolano i flussi energetici), e poi verso un’analisi accurata dei flussi di energia e materia che attraversano l’edificio, al fine di contenere gli impatti all’esterno e garantire il confort all’interno dell’involucro. Il patrimonio edilizio italiano Dal 1991, il parco degli edifici in Italia è aumentato di oltre 3 milioni d’unità abitative (censimento ISTAT, 2001). L’edilizia residenziale raggiunge circa i 30 milioni d’alloggi, rappresentando circa il 60% dei 4000 milioni di m2 del patrimonio edilizio italiano (censimento ISTAT, 2001). La qualità delle prestazioni energetiche di una costruzione, dipende da molti fattori: dalla progettazione alle modalità costruttive dell’edificio, dall’installazione alla gestione degli impianti termici ed elettrici. Nel corso dei secoli, il modo di costruire gli immobili si è lentamente modificato. In funzione della tipologia costruttiva delle pareti perimetrali, troviamo tre distinti periodi storici: (censimento ISTAT, 2001): • fino al 1910, con la presenza di strutture in muratura portante esterna; • dal 1910 al 1970, in cui convivono muratura portante e strutture in cemento armato; l’antico ruolo della parete portante viene sostituito da quello di parete di contenimento esterno; • dopo il 1970, in cui predominano le strutture in cemento armato; alle pareti esterne è affidato esclusivamente il ruolo di chiusura perimetrale non portante; Figura 2: Appennino Tosco-Emiliano, edilizia rurale. Queste situazioni sono molto congeniali per sviluppare sistemi di produzione energetica integrati (foto: Luciano Vogli) L’elemento che più caratterizza il mercato dell’edilizia dagli anni ’80 è la crescita vistosa del recupero. La 20 consistente porzione del patrimonio edilizio italiano con età superiore ai 50 anni (40%) e la tendenza a conservarlo hanno comportato la necessità di interventi di manutenzione straordinaria e di recupero. Anche se è difficile tratteggiare lo scenario dei primi anni 2000, a causa delle numerose variabili interne ed esterne, si può ipotizzare in ogni caso che il recupero continuerà a crescere, e che a partire dal 2020 riguarderà l’80% del mercato (censimento ISTAT, 2001). Casa Sprecona e Casa Intelligente Oggi i termini “bio-architettura” e “bio-edilizia” sono entrati di comune uso fra progetti, piani e regolamenti edilizi sia per opere pubbliche che private. Queste due nuove aree che abbracciano le Scienze delle Costruzione, dei Materiali, il mondo della Meccanica, l’Architettura, l’Urbanistica ed altro ancora, offrono un contributo notevole alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile del settore edile in armonia con l’ambiente. La Bio-Architettura considera tutti gli aspetti inerenti l’involucro e l’impianto di riscaldamento dell’edifico, analizzandone a fondo la struttura, le proprietà e le possibili applicazioni. È possibile porre a base dell’edilizia sostenibile tre punti nodali e fondamentali (REGIONE TOSCANA, 2005): • eco-sostenibilità del costruito (attenzione progettuale agli impatti fisici, biologici, storici ed ecologici che l’edificio determina, ecc.); • bio-ecologicità del costruito (attenzione alla salubrità di materiali ed arredi, sulle modalità di vita dentro gli edifici, del benessere psico-fisico, delle potenzialità negative dei materiali utilizzati per la nostra salute, ecc.); • sostenibilità sociale dell’edilizia (attenzione sulla condivisione dei futuri fruitori sulle scelte effettuate nella progettazione, sulle scelte politiche e tecniche delle Amministrazioni, sull’interesse dei portatori d’interesse del settore edile, ecc.). Questo avviene principalmente, attraverso: a. la progettazione razionale dell’opera in base alle condizioni climatiche e le risorse locali; b. l’utilizzo di materiali edili e costruttivi che non derivano dal petrolio (bioedilizia); c. la realizzazione di strutture meno impattanti per il suolo ed il paesaggio; d. l’utilizzo di tecniche e metodologie costruttive volte al risparmio di risorse del territorio, energetiche ed idriche; e. sulla promozione dello sviluppo sostenibile con metodologie partecipazione attiva, divulgazione e comunicazione per i cittadini; 21 di Gli aspetti energetici principali presi in considerazione in un edificio, così come richiesto dalle norme tecniche di verifica e certificazione energetica (UNI & CEN), possono essere riassunte in: 1. Analisi storica del sito (aspetti geografici, climatici, geologici, sociali, ecc.); 2. Considerazioni sull’orientamento e la geometria dell’edificio; 3. Valutazione sull’isolamento dell’edificio (tetti, finestre, mura, balconi, ecc.); 4. Valutazione dei sistemi e degli impianti di climatizzazione (caldo-freddo); 5. Valutazione degli impianti e dei sistemi di produzione e uso dell’elettricità; Orientamento e geometria dell’edificio La priorità è quella di fornire minor superficie possibile di scambio di calore con l’esterno. Più l’edificio risulterà compatto meno disperderà dalle pareti. Per misurare questa compattezza possiamo rapportare la superficie esterna (S) con il volume interno (V), ed avere così un indice di compattezza. La figura geometrica che ha il miglior rapporto S/V è la sfera (non ha caso gli igloo sono costruiti come delle semi sfere). Aspetto altrettante importante è la posizione dell’involucro, che deve essere in linea con i punti cardinali geografici. Il principio è quello di orientare l’edifico verso SUD, in modo di che, soprattutto alle alte latitudini, si possa sfruttare anche in inverno il calore delle radiazioni solari. In estate, quando il sole è alto in cielo, sistemi di verande, balconi e persiane, creano coni d’ombra sulle finestre evitando così il loro surriscaldamento. Consequenziale è, ovviamente, l’organizzazione dei vani interni. Le stanze utilizzate di giorno vengono posizionate a Sud (sala da Pranzo, cucina, studio, ecc.), ed i locali di servizio verso Nord (stanzini, bagni, ripostigli, ecc.), le camere da notte a Nord/Est per sfruttare il sole mattutino ed evitare il VM surriscaldamento nei pomeriggi estivi. La corretta disposizione di piante ed arbusti, dove possibile, ha un forte rilievo. Nel lato Sud sono preferiti alberi caducifogli e la costruzioni di pergolati (in estate le foglie ci riparano dal sole, in inverno entrano i raggi), nel lato Nord sempreverdi e siepi (che accumulano calore e assorbono acqua dalla parete). Spesso vengono realizzate verande e serre, con 22 VM l’obiettivo di fungere da intercapedine fra l’interno e l’esterno. Ad esempio a Ravenna, porremo una serra verso Nord/Est, in modo che crei un ambiente “tampone” tra l’interno e la fredda parete esposta a Nord. Ad Amburgo invece a Sud, in modo da creare un ambiente che possa accumulare calore e fungere da volano fra l’esterno e l’interno della casa. Isolamento degli Edifici Così come qualsiasi materiale, pareti, vetri, finestre, porte, conducono suoni e calore. Viene infatti definita in Fisica conducibilità termica, la capacità dei corpi di condurre calore. Questa capacità è direttamente proporzionale al tipo di materiale cui è costituito (il legno conduce meno del ferro), allo spessore dello strato attraversato dal flusso di calore (maggior spessore, minore dispersione), all’ampiezza della superficie attraversato dal flusso (una vetrata conduce di più di un oblò). Un’idea sul flusso di calore che fuoriesce dalle nostre case, si può avere pensando alla condensa che d’inverno si crea sulle finestre. In Natura, il calore si propaga sempre da una sorgente più calda ad una più fredda. Questo flusso, riesce a trasportare con se tutto quello che è sospeso in aria: vapore acqueo, polvere, particelle. Il flusso di calore attraversando la finestra, deposita sul vetro il vapore acqueo, che condensa appannando la finestra. Lo stesso effetto si verifica ad esempio negli spigoli del soffitto (si creano infatti le muffe) oppure sopra i radiatori (il calore che sale trascina polvere lasciando strisce nere sui muri). Negli edifici le dispersioni avvengono soprattutto attraverso i tetti, le finestre e le pareti. Un discorso appropriato deve essere fatto per quelli che vengono definiti ponti termici (ad es. balconi, piloni portanti esterni, transetti, ecc.). Poiché il calore per sua natura tende ad andare verso l’alto, sarà fondamentale isolare adeguatamente soffitte, solai e/o tetti. Al piano terra è importante diminuire il flusso di umidità che risale dal terreno, evitando così dispersioni d’energia dai locali che non abitiamo (cantine, garage, ecc.). Per ridurre le dispersioni possiamo coibentare le pareti con pannelli e/o elementi esterni /o interno (i cosiddetti cappotti termici), diminuire il rapporto di compattezza, aumentare lo spessore delle pareti, ecc. Agli infissi in alluminio e ferro, tipiche degli ultimi anni di costruzioni edili, sono preferiti infissi in legno e metallo isolato. Il vetro singolo viene sostituito con particolari vetri che riducono la dispersione del calore (vetri doppi, tripli, ecc.). Produzione di energia Una volta coibentato l’edificio, cioè una volta che sono state ridotte al minimo le dispersioni verso l’esterno, l’impianto di climatizzazione (riscaldamento e climatizzazione) può essere istallato e tarato in base agli effettivi consumi di chi vi 23 abita. Per produrre energia termica in un edificio, il mercato oggi offre un vasta gamma di tecnologie. Nella progettazione comunque, dovrà essere sempre ben presente l’idea di realizzare un impianto integrato, cioè un impianto che sfrutti il più possibile più fonti energetiche presenti sul territorio. Per fornire un edificio di energia elettrica, possiamo usufruire dell’energia solare grazie ai pannelli fotovoltaici, dell’energia eolica ed idrica grazie a piccoli impianti eolici ed idrici. Per riscaldare un edificio invece possiamo fare affidamento a collettori solari, caldaie ad alta efficienza, pompe di calore, ecc. Particolarmente interessante nel calcolo del fabbisogno di energia primaria di un edificio, è l’analisi degli apporti di calore passivi da parte del Sole, del nostro corpo, dei congegni elettrici ed elettronici e della cucina. Impianti di riscaldamento L’impianti di riscaldamento possono essere suddivisi in due grandi gruppi, quelli “per convenzione” (ad es. il classico impianto con radiatori in ghisa) che necessitano di alte temperature di esercizio del fluido interno (60-70°C) e quello per “irraggiamento” (ad es. impianti a pavimento) che necessitano di una bassa temperatura di esercizio dell’impianto. Il primo impianto di riscaldamento a pavimento venne eseguito più di 2000 anni fa dai cinesi, i quali attraverso un focolare interno facevano scorrere i fumi della combustione all'interno di una miriade di cunicoli localizzati sotto il pavimento. Successivamente i romani affinarono questa tecnica e, attraverso un focolare esterno, convogliavano i fumi sotto i cunicoli del pavimento e nelle intercapedini Figura 3: Antica Roma, Terme di Caracalla ricavate dentro le murature. Questi (www. unicaen.fr, foto : D. Lauvernier) sistemi comunque, sono stati per molti secoli esempi puntuali e decisamente mirati ad un utilizzo commerciale dall’alto costo (terme, bagni di vapore, bagni turchi, ecc.). Nel corso della storia il riscaldamento degli edifici, è stato sempre affidato ai focolari. Osservando un vecchio palazzo, piuttosto che trovare un impianto idraulico che trasporta un liquido per riscaldare le stanze, troviamo infatti o un fuoco o una stufa a legna che riscalda i singoli ambienti. Soltanto all'inizio del secolo e grazie all'innovazione tecnologica, venne studiato un nuovo sistema nel 1908. Il prof. Baker per primo promosse e diffuse una tipologia di impianto di riscaldamento a pavimento che aveva come elementi costitutivi una 24 tubazione sottotraccia in acciaio e l'acqua come fluido vettore. Questa metodologia è stata usata fino agli anni ‘60, quando la scarsa esperienza degli operatori del settore, causò non pochi danni agli utenti. Le elevate temperature immesse nel circuito creavano fastidiosi effetti vaso-dilatatori, localizzati soprattutto in prossimità delle gambe. L'uso di materiali non appropriati come il ferro e il rame per i tubi, e l'assenza di regolazioni climatiche (o la presenza di regolazioni molto approssimative), amplificò ulteriormente tali indesiderati fenomeni. Negli ultimi vent'anni, questa tecnologia dispone di soluzioni in grado di conciliare qualunque esigenza. Ne è riprova l'accelerazione della diffusione di questi sistemi soprattutto nelle aree europee centro-settentrionali (Francia e Germania in particolare), dove la quota di mercato nelle nuove costruzioni, supera abbondantemente il 50%. Fra i vari sistemi disponibili oggi troviamo sistemi a battiscopa, a soffitto, a parete e a pavimento. L'impiego di un impianto a pavimento, consente temperature di esercizio molto basse e per questo influenti positivamente sul consumo energetico globale dell'impianto. Può essere facilmente integrato ad un sistema di collettori solari ed accumulatori termici, ma necessita di lunghi periodi di attivazione e quindi sconsigliati per edifici utilizzati saltuariamente. Contabilizzazione dell’energia Nei decenni passati, anche per la maggiore diffusione del metano, molti hanno scelto di sostituire l’impianto di riscaldamento centralizzato con impianti individuali autonomi. Questa tendenza si giustifica con il desiderio delle famiglie di gestire in modo autonomo il riscaldamento, senza sottostare alle decisioni, sempre difficili, dell’assemblea condominiale. Con un impianto autonomo si ha una maggiore libertà di scelta dei tempi di accensione dell’impianto e delle temperature degli ambienti. Inoltre, pagando per ciò che ciascuno consuma, gli utenti sono responsabilizzati individualmente e quindi si possono ridurre gli sprechi. Tuttavia, la grande popolarità degli impianti individuali negli edifici condominiali non è giustificata. In alcune circostanze, tipo quando l’edifico è utilizzato solo in alcuni periodi dell’anno (fine settimana, vacanze, lavoro, ecc.) o l’impianto condominiale non è stato ben progettato, l’impianto autonomo è la migliore soluzione. Ma nella maggior parte dei casi, la trasformazione dell’impianto centralizzato in impianto autonomo, comporta molti svantaggi, mentre un impianto centralizzato permette buoni risultati in termini di risparmio energetico ed economico, nonché una maggiore sicurezza. Per gestire in modo efficiente e razionale il riscaldamento dei condomini, esiste una terza via che unisce i vantaggi degli impianti centralizzati ed autonomi. Si tratta di un impianto centralizzato con la possibilità di regolare autonomamente la temperatura e di contabilizzare il calore consumato. In pratica, questo sistema permette di poter gestire in modo autonomo il riscaldamento del proprio appartamento senza che nessuno abbia una caldaietta in casa. La centrale termica è unica per tutto il 25 condominio, ma ogni proprietario/occupante degli appartamenti ha la possibilità di spegnere, ridurre o aumentare (entro i limiti di legge) la temperatura della propria abitazione, ufficio, negozio, ecc. Grazie a contatori individuali, ciascuno paga solo il calore che ha effettivamente consumato. Caldaie standard o tradizionali Le caldaie tradizionali sono dotate di un bruciatore al cui interno viene fatta confluire aria comburente in quantità costante. La resa media può arrivare all' 85-86%, ma può scendere anche all' 82-83%, soprattutto quando la caldaia comincia a soffrire di vecchiaia. Nei periodi meno freddi, quando non eroga tutta la potenza disponibile, le caldaie standard consumano proporzionalmente una maggiore quantità di combustibile. La temperatura dei fumi varia fra i 150 e i 200°C, la temperatura di esercizio del fluido termovettore (cioè che dalla caldaia porta il calore all’interno delle stanze) è generalmente intorno ai 60 – 80°C. Caldaie a condensazione Attualmente rappresentano quanto di meglio possa fornire il mercato. La temperatura dei fumi, nelle condizioni migliori, può arrivare anche a 40° C, mentre i rendimenti possono arrivare al 107-08%. Tali rendimenti sono possibili in quanto queste macchine sfruttano e recuperano l'energia latente contenuta nell' acqua di condensa prodotta durante la combustione. Nelle caldaie a condensazione, i fumi vengono fatti raffreddare sino al punto che il vapore d'acqua contenuto in essi si trasforma in acqua allo stato liquido. Il cambiamento di stato dell'acqua presente nei fumi, comporta la cessione di una certa quantità di calore (detta calore latente di condensazione) che viene sfruttato per riscaldare il fluido termovettore. La caldaia a condensazione è più efficiente rispetto ad una di tipo tradizionale, semplicemente perché a parità di energia ceduta consuma meno combustibile. La caldaia a condensazione esprime il massimo delle prestazioni, quando l'impianto di riscaldamento richiede temperature dell'acqua relativamente basse (ad es. 30-50° C), ad esempio impianti con pannelli radianti. Ma il risparmio energetico è molto consistente (dell'ordine del 7-10%) anche in caso di impianti tradizionali a radiatori, dal momento che la temperatura media dell'impianto nell'arco della stagione del riscaldamento è di circa 40-60°C. Generatori a biomasse legnose Quello di cucinare e scaldare gli ambienti interni utilizzando legna o carbone, è stato da sempre il metodo più utilizzato. Fin dai Romani, le abitazioni erano provviste di un focolare al centro della stanza o appoggiato al muro (se la copertura non era di legno). Il fumo usciva dall’ambiente o da un apertura disposta sul tetto, o da una finestra sulla parete o dalle trombe delle scale delle palazzine. Occorre aspettare l’800 d.C. per vedere i primi focolari pensati per il riscaldamento: un fuoco di legna 26 bruciava dentro una specie di forno in pietra, con una bocca larga ed un sistema di tubi per far uscire il fumo esternamente l’abitazione. Da allora questo focolare si è evoluto in stufe e camini ed oggi non parliamo più di legna o carbone, ma di biomasse e stufe ad alta efficienza e/o camini integrati all’impianto di riscaldamento sono una realtà sempre più crescente. Collettori solari e accumulatori termici La tecnologia per l’utilizzo termico dell’energia solare, ha raggiunto un livello di maturità ed affidabilità tali da farla primeggiare tra i modi più razionali e puliti per scaldare acqua o l’aria nell’abitazioni. Le applicazioni più comuni sono relative ad impianti per l’acqua Figura 4. Impianto integrato termico ed elettrico, Scuola calda sanitaria, riscaldamento Verde di Isola del Gran Sasso (foto: Vincenzo Crocetti) degli ambienti e piscine. Un impianto solare termico (figura 2.10) è costituito fondamentalmente da (A) un collettore solare (piano, a tubo vuoto, ad accumulo integrato, ad acqua, ad aria, ecc.) capace di catturare l’energia solare e trasferirla al liquido vettore che scorre al suo interno, (B) un accumulatore termico (un grande “termos” in cui viene stoccato il calore proveniente dal collettore e viene scaldata l’acqua di entrata all’impianto domestico), (C) pompe idrauliche, valvole, ecc. Il circuito può essere a circolazione forzata o naturale. Nel primo caso l’accumulatore è situato più in basso del collettore e le pompe garantiscono la circolazione dell’acqua.. Nel secondo caso l’accumulatore e installato sulla parte superiore del collettore (figura 2.10) e per naturale caduta l’acqua scende all’interno dell’impianto di riscaldamento domestico. Il tutto deve essere integrato da una piccola caldaia, oppure da una resistenza elettrica (generalmente inserita all’interno dell’accumulatore), capace di portare in temperatura di servizio l’acqua in quei giorni in cui l’apporto termico del sole non è sufficiente. Pompe di calore e assorbitori Le nuove esigenze legate al miglio standard di vita, comportano oggi l’utilizzazione del condizionamento non solo negli ambienti di lavoro, ma anche nelle abitazioni, con inevitabili aumenti dei consumi elettrici. La pompa di calore, grazie alla sua capacità di generare sia caldo che freddo, rappresenta un mezzo per migliorare il livello di comfort degli ambienti abitativi. La pompa di calore è una macchina in grado di trasferire calore da un ambiente a temperatura più bassa ad un altro a temperatura più alta e viceversa. È costituita da un circuito chiuso, percorso da uno speciale 27 fluido (frigogeno) che, a seconda delle condizioni di temperatura e pressione in cui si trova, assume lo stato di liquido e vapore. Il circuito chiuso è costituito da: un compressore, un condensatore, una valvola di espansione, un evaporatore. Il secondo e l’ultimo sono costituiti da scambiatori di calore, cioè tubi in cui circola fluido frigogeno, posti a contatto con un fluido di servizio (acqua o aria). Grazie poi al compressore ed alla valvola di espansione, il fluido frigogeno condensa o evapora cedendo o prendendo calore dall’aria interna agli edifici. Queste tecnologie si distinguono in base alla sorgente fredda e al pozzo caldo che possono utilizzare (aria, acqua e suolo) La co-generazione e tri-generazione Come abbiamo visto, oggi l’energia elettrica viene prodotta in un limito numero di grandi centrali (che spesso superano il migliaio di MW) e da lì viene distribuita fino a miglioni di utenti finali la cui maggior parte richiede potenze dai 3 ai 6 kW (BUTERA, 2004). Questo modello di produzione – trasmissione - distribuzione è consolidato in tutto il mondo, ma non è efficiente considerando il sistema energetico complessivo. Un’altra opportunità che si sta profilando all’orizzonte è l’utilizzo (figura 2.12) delle tecnologie di co-generazione (potenze superiori anche ai 100kW) e microgenerazione (potenze dai 5 ai 100 kW). Ideate e sviluppate durante le crisi petrolifero del decennio 1973-83, da ingegneri italiani all’interno degli stabilimenti della FIAT, queste apparecchiature non sono altro che un normale motore a scoppio o diesel collegate ad una dinamo. Grazie all’energia meccanica prodotta dal motore, la dinamo produce energia elettrica ed il calore sviluppato dal motore viene recuperato per fornire energia termica agli edifici. Con una sola fonte produciamo due forme di energia con notevoli guadagni in termini i economici ed ambientali (minor consumo di combustibili, minor emissioni di anidride carbonica, minor inquinamento termico, ecc.). Figura 5: Schema comparativo rendimenti generazione energia termica ed elettrica (fonte: www.la220azzurra.it) 28 Dal 1982, data in cui alla Fiera di Hannover la FIAT presenta il suo “totem” (un motore di una FIAT127 che riusciva a produrre 15kW elettrici e 34 kW termici ad una temperatura di 80°C), in 5-6 anni circa 2000 co-generatori vengono introdotti nei vari paesi. Questo innovativo prodotto però, non riuscì a decollare: il prezzo del petrolio era nuovamente sceso, ma soprattutto si fece sentire l’opposizione dei monopolisti enti elettrici che creavano difficoltà all’interconnessione in rete dei moduli. Infatti la migliore modalità d’uso di un co-generatore e quella detta “termico a guidare”, cioè si modula la potenza dall’unita sulla base della richiesta di calore, e a questa è legata una proporzionale produzione di elettricità. Poiché la domanda di calore dipende dalle condizione climatiche, mentre la domanda di elettricità dipende dall’ora e dal modo d’uso degli elettrodomestici, è evidente che l’elettricità prodotta dal co-generatore sia, istante per istante, o eccedente o insufficiente. Occorre quindi essere interconnessi alla rete nazionale che fornisce o assorbe il flusso di energia. Oggi la co-generazione può essere utilizzata in particolar modo per il teleriscaldamento di quartieri, nuclei urbani, o semplicemente in grandi condomini, centri commerciali, industrie, ospedali, cinema, ecc. Mentre la micro-cogenerazione si adatta ad alimentare case unifamiliari, piccoli condomini, piccoli edifici del terziario. Con la crescente domanda di energia elettrica durante il periodo estivo per migliorare il comfort domestico grazie all’uso dei climatizzatori d’aria, di recente è stata introdotta un'altra opportunità offerta dalla co-generazione: la “tri-generazione”, con cui si intende la generazione combinata di elettricità, caldo e freddo. Il freddo si ottiene dal calore impiegando macchine ad assorbimento, le stesse che ebbero un enorme successo e sviluppo durante la fine del 19° secolo per la produzione di ghiaccio ad uso dell’industria alimentare (BUTERA, 2004). Il principio di funzionamento di una macchina frigorifera ad assorbimento è questo: supponiamo di avere due recipienti chiusi (A e B), parzialmente riempiti da una miscela di acqua e ammoniaca, collegati attraverso un tubo che si innesta nella parte superiore. Il recipiente B si trova nell’ambiente che vogliamo raffreddare. Riscaldiamo il recipiente A ad una temperatura superiore al recipiente B. La differenza di temperatura crea una differenza di pressione che permette all’ammoniaca del recipiente A di evaporare, trasferirsi ed essere assorbita nell’altro recipiente. Ciò fatto si va a raffreddare, per esempio con acqua, il recipiente A; si crea nuovamente uno scompenso di pressione e parte della miscela presente in B migra indietro. L’evaporazione dell’ammoniaca avviene con sottrazione di calore che viene prelevato dall’ambiente (che quindi si raffredda) in cui è immerso B. Poiché l’unico input al sistema è il calore per riscaldare il recipiente A, le tecnologie ad assorbimento trasformano calore in freddo. La tri-generazione rende economicamente competitiva la co-generazione anche in quelle aree climatiche in cui gli inverni sono brevi e non molto freddi. La co-generazione e la tri-generazione si possono ottenere non solo con i motori a combustione interna di derivazione automobilistica. Un’altra tecnologia che appare molto promettente è quella delle micro-turbine. L’esperienza accumulata nelle piccole 29 turbine ausiliarie sviluppate per il settore aeronautico è stata trasferita al settore terziario e residenziale con potenze delle micro-turbine da 30, 60 e 100 kW. Le turbine presenta il vantaggio di avere meno organi in movimento, di creare meno problemi per le vibrazione ed il rumore e, soprattutto, di richiedere una manutenzione più diradata nel tempo (BUTERA, 2004). Certificazione energetica edifici Da alcuni anni in Italia, decenni in Europa, comincia ad affermarsi la necessità di trovare uno strumento efficace che certifichi la quantità di energia consumata dalle abitazioni, aggiungendo così un valore aggiunto al mercato edile. Nella provincia autonoma di Bolzano, già dal 2002, è stato istituito il certificato energetico “Casa Clima”. Questo, riprendendo i concetti ed i principi di progetti europei (ad es. Figura 6: classi energetiche degli edifici, adottate nel sistema di certificazione "CasaClima" (fonte: www.casaclima.info) “klimaHouse”), valuta l’efficienza energetica degli edifici secondo procedure e metodi di calcolo standardizzati. A seguito delle misurazioni, viene valutata la quantità di energia termica per metro quadro consumata dall’edificio all’anno (misurata in kWh/ mq anno). In base al valore ottenuto, l’edificio viene classificato ed etichettato da “classe A” se consuma poco (casa a basso consumo con meno di 30 kWh/mq anno consumati), a “classe G” (consumi maggiori di 160 kWh/mq anno - edilizia tradizionale anni ’60 – ’70). Così come per le lavatrici ed i frigoriferi, esistono anche edifici di classe A+. Sono edifici, chiamati “Case Passive”, estremamente particolari, costruiti con particolari tecnologie e accorgimenti i cui consumi non devono superare per legge i 15kWh/mq anno. 30 Tabella: consumi elettrici di una famiglia tipo (fonte: ENEA) La città del futuro: l’esempio di Göteborg? A scala urbana, Göteborg rappresenta forse il miglior esempio di una città sostenibile. Questa metropoli svedese ha circa 500.000 abitanti, fornisce energia mediante un impianto di tele-riscaldamento a tutte le case. Nel 2000 l’86% di questo calore proveniva da fonti non convenzionali e solo il 14% dalla combustione del metano. Tutto questo è possibile sfruttando situazioni locali e ricorrendo a efficienti cicli. La maggior parte del calore (il 33%) è lo scarto delle due raffinerie che si trovano vicino la città (con relativa diminuzione dell’inquinamento termico di fiumi ed aria). Il 26% viene dall’impianto di incenerimento dei rifiuti (dopo un attenta e valida raccolta differenziata) dei rifiuti non riciclabili. L’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti alimenta un co-generatore e l’elettricità prodotta alimenta un enorme pompa 31 di calore producendo ben 165 MW termici (il 16% della produzione annua). Allo scopo di massimizzare l’efficienza della pompa, il sistema preleva il calore alla temperatura più alta possibile, che non è l’acqua del fiume ma quelle delle fognature precedentemente depurate. Così facendo parte del calore utilizzato per scaldare le acque sanitarie (a cui pensa già il teleriscaldamento) o quelle ad uso degli elettrodomestici (lavatrici e lavastoviglie) ritorna alla rete. Il 7% del calore proviene da co-generatori che usano fonti fossili, la cui elettricità prodotta viene immessa nella rete. Rimane un 4% prodotto da un impianto di co-generazione alimentato a bio-gas a sua volta prodotto dalla digestione dei fanghi di trattamento delle acque reflue. Considerando in ultimo che la produzione di calore dell’impianto di incenerimento in estate supera la domanda, la società che gestisce l’impianto offre ai suoi utenti un ulteriore servizio. A chi decide di dotarsi di un impianto di condizionamento dell’aria, essa fornisce il freddo istallando (a proprie spese) particolari macchine ad assorbimento alimentate dal calore della rete di tele-riscaldamento e fatturando le frigorie consumate (www.sustdev.org). Göteborg no è lontana dalla auto-sufficienza energetica: sarà sufficiente un po’ di energia elettrica prodotta da co-generatori a biomassa e qualche parco eolico (già in fase di programmazione). 32 Mobilità sostenibile I trasporti complessivamente emettono il 2l % delle emissioni mondiali di CO2 derivanti dalle attività umane. E il problema va peggiorando perché la gente si sposta nelle periferie, aumentando la lunghezza della pendolarità giornaliera per andare al lavoro, e poi Figura 1: Stazione ferroviaria (foto di Vincenzo Crocetti) intasa le strade nel fine settimana alla ricerca di quei meravigliosi parchi e montagne che vengono mostrati ogni sera alla TV nelle pubblicità dei fuoristrada. La benzina rilascia circa 2,4 kg di CO2 per litro, così per una macchina che fa 8,5 km al litro si tratta di 0,28 kg di CO2 per ogni km percorso e di strade ne percorriamo veramente tante; non mancano neanche in mezzo alla campagna. In più per la maggior parte dei viaggi le macchine sono così comode, che la gente non riesce neanche a pensarci ad usare un mezzo pubblico, un treno. Il carbonio che bruciamo sta sciogliendo il ghiaccio dell'Artico, che è stato stabile per milioni di anni, e questo non è che un piccolo annuncio di ciò che sta per avvenire. All'orizzonte c'è la prospettiva di un sistema di trasporti diverso, più sostenibile. In questo mondo futuro, treni veloci ed efficienti e sistemi di trasporto pubblico collegheranno le nostre comunità e ci trasporteranno per la maggioranza dei viaggi; andare in bicicletta diventerà facile e sicuro. I sobborghi verranno ridisegnati come comunità pedonali con i loro propri centri. Auto e camion saranno alimentati con l'idrogeno derivato dalle alghe o dal sole, e dovranno pagare il prezzo pieno per le strade e le aree di parcheggio che usano. Le carte personali elettroniche "intelligenti" ci daranno l'accesso a un mondo ricco di alternative di trasporto. Oltre alla flessibilità di spostamento che cerchiamo, un sistema simile renderà pulita l'aria, ridurrà la terribile litania di morti e feriti sulla strada, riporterà in vita i centri delle città, e restaurerà la cultura della strada che rende tanto piacevole la vita urbana. Un sistema di questo tipo sta già prendendo forma in parti della Svizzera e della Danimarca; può succedere anche altrove, se ce n'è la volontà. Richiede capacità di visione, perseveranza, e la buona volontà di investire su piste ciclabili, sui trasporti pubblici e altre alternative, invece che sulle strade. 33 Sistemi di trasporto alternativi all’automobile privata CAR POOLING Car pooling significa organizzarsi con i colleghi di lavoro, i compagni di scuola o gli amici per prendere una sola macchina e fare spostamenti in modo codificato ed organizzato. Se l’automobile è condivisa da più persone, che quotidianamente percorrono la stessa strada, le emissioni gassose necessarie al trasporto delle medesime sono ridotte di 3 o 4 volte. Inoltre con questa pratica si diminuisce il numero dei veicoli in sosta per strada, aumentano i parcheggi disponibili riducendo il tempo di percorrenza dei veicoli in cerca di parcheggio. Esso presenta vantaggi oltre che per l’ambiente anche benefici per il consumatore infatti si riduce il tempo passato alla guida, ma soprattutto consente di risparmiare dividendo le spese (stime condotte dall’ACI hanno dimostrato che l’utilizzo condiviso dell’auto tra più persone a rotazione consente di risparmiare circa 1.500 euro annui). CAR SHARING E’ un sistema di “autonoleggio” self service che mette a disposizione alcune auto, in ogni ora del giorno e della notte. E’ un’organizzazione che consente ai propri associati di condividere una flotta comune dei veicoli, e si occupa del suo parcheggio, di tutte le pratiche e delle spese di mantenimento. Il car sharing è cominciato in Germania e in Svizzera nei tardi anni '80, offrendo alla gente la convenienza di avere una macchina senza la frenesia di doverne possedere una. Normalmente, comprando una macchina, si paga il prezzo d'acquisto, l'assicurazione, e le tasse di circolazione, ma il costo reale della guida è molto basso, il che incoraggia la gente a guidare anche per i percorsi più brevi. Il car sharing offre l'accesso a una macchina senza pagare l'intero costo della proprietà, dato che si paga per il singolo viaggio; genera un incentivo ad andare a piedi, in bici o a usare il trasporto pubblico, e a usare l'auto solo quando se ne ha la necessità. Il car sharing è un metodo alternativo di trasporto, che fornisce anche un incentivo ad utilizzare i mezzi pubblici, riducendo al contempo i costi complessivi. BICICLETTA A PEDALATA ASSISTITA Non presenta problemi di parcheggio e ha bassissimi costi di funzionamento, e lo Stato ha messo a disposizione degli incentivi per l’acquisto di tali veicoli a cui possono aggiungersi anche incentivi comunali. Inoltre diversi Comuni attraverso 34 cooperative sociali effettuano servizio di noleggio biciclette, fornendo agli utenti biciclette sia con pedalata assistita, che normali. Le auto elettriche Le auto elettriche non hanno emissioni di gas nocivi per l’ambiente, inoltre il costo dell’automobile è recuperato velocemente in quanto un’auto Figura 2: muoversi pulito (Foto Vincenzo Crocetti) elettrica è in grado di percorrere 90 km con 2,30 Euro circa di elettricità; gode di alcuni sgravi particolari (per 5 anni non si paga il bollo, per 5 anni si paga soltanto il 50% dell’assicurazione), per di più le auto elettriche possono accedere alle zone a traffico limitato della città. Sono previsti inoltre incentivi statali per l’acquisto di tali veicoli. Miglior utilizzo della propria automobile LE DIMENSIONI DELLE AUTOMOBILI Il peso e le dimensioni dell'automobile sono fattori, in parte correlati tra loro, da cui dipende il consumo di benzina. In genere un'automobile utilitaria ha un peso medio di una tonnellata ed è in grado di trasportare al massimo cinque persone ma, solitamente, viene utilizzata dal guidatore accompagnato al massimo da un passeggero. In questi casi optare per un'automobile utilitaria dalle dimensioni e dal peso più contenuto non riduce l'utilità del mezzo e consente di abbattere la spesa del carburante. Inoltre, in città sono un fattore indispensabile per la ricerca del parcheggio. Le piccole dimensioni non riducono la sicurezza attiva e passiva garantita al guidatore ed al passeggero. Attualmente molte utilitarie di piccole dimensioni sono premiate in sicurezza con quattro o cinque stelle ai test europei EuroNcap. In conclusione le automobili di piccole dimensioni consumano una minore quantità di carburante, fanno perdere meno tempo nella ricerca del parcheggio e consentono anche di risparmiare sulla spesa dell'assicurazione e del bollo. LA PRESSIONE DEI PNEUMATICI Può sembrare strano ma i pneumatici sono una delle principali cause dell'eccessivo e inutile consumo di carburante. Una pressione dei pneumatici troppo bassa provoca un maggiore attrito tra il pneumatico e la strada causando un effetto frenante, un consumo maggiore di carburante e una rapida usura del battistrada. 35 LO STILE DI GUIDA E IL RISPARMIO Lo stile di guida che fa risparmiare benzina. Premere sull'acceleratore per ottenere rapidi accelerazioni ha un costo enorme in quanto comporta forti consumi di carburante ed una rapida usura delle parti meccaniche e dei pneumatici. Se il vostro obiettivo è quello di ridurre la spesa della vostra automobile imparate quindi a realizzare una partenza morbida. Premere sull'acceleratore in modo fluido e cambiare marcia tra i 2.000 ed i 3.000 giri del motore senza tirarle troppo. Intorno ai 90km/h utilizzate la quinta marcia. Utilizzo di combustibili meno inquinanti IL METANO Il metano come carburante non è una scoperta recente. Negli anni '50 le automobili a metano erano il 3% del parco circolante italiano ed erano operative ben 1.300 stazioni di rifornimento a metano. L'Agip pubblicizzava il metano come un carburante del futuro. La situazione cominciò a cambiare radicalmente negli anni '60 con l'arrivo delle benzine a basso costo. In pochi anni chiusero il 90% dei distributori e rimasero attive sul territorio nazionale soltanto 95 stazioni di servizio. Le crisi petrolifere degli anni '70 rilanciarono il metano come carburante alternativo e gli investimenti privati nel settore triplicarono rapidamente. Purtroppo, questa crescita naturale del mercato venne immediatamente bloccata da un intervento del governo italiano che introdusse nel 1976 una tassazione tale da far aumentare in una sola settimana il prezzo del metano come carburante da 67 a 200 lire. Soltanto negli anni '90 venne rimossa questa dura penalizzazione delle tariffe e il settore riprese a crescere seguendo la naturale spinta di mercato. Oggi sono in funzione 470 impianti di rifornimento a metano e circa 40 impianti sono in costruzione o di imminente apertura, alcuni dei quali anche sulla rete autostradale e nelle regioni meridionali, fino ad oggi penalizzate dalla scarsa presenza delle stazioni di rifornimento. Quali sono i vantaggi del metano come carburante? In primo luogo il suo basso impatto ambientale. Il metano non è prodotto dai processi di raffinazione ed è già pronto all'uso in natura come carburante ecologico. L'utilizzo del metano riduce radicalmente le emissioni inquinanti delle automobili ed il livello di smog urbano. Un'automobile a metano non scarica polveri sottili (PM) e riduce del 14% le emissioni di CO2 rispetto alla benzina e del 18% rispetto al diesel. La convenienza economica per chi acquista un'automobile a metano è un altro aspetto importante. A parità di chilometri percorsi, attualmente l'utilizzo del metano permette di risparmiare fino al 65% rispetto alla benzina, fino al 45% nei confronti del Gpl, fino al 50% nei confronti del Gasolio (fonte Ferdermetano). 36 Esistono delle leggende metropolitane da sfatare. Per fare il pieno di metano occorrono 3-5 minuti al distributore, è possibile parcheggiare ovunque in quanto il metano ha una densità inferiore a quella dell'aria e il rischio di infiammabilità in caso di incidente è inferiore rispetto a quello degli altri carburanti. L'Unione Europea ha inserito il metano tra i principali sostituti dei prodotti petroliferi da qui al 2020. Per il metano è prevista una quota percentuale di mercato del 10% contro il 5% per l’idrogeno e il 6% per il biofuel. GPL Il GPL è un carburante meno inquinante di quelli tradizionali ma ancora troppo poco diffuso nel parco circolante pubblico e privato. Il GPL (Gas Petrolio Liquefatti) è una miscela di gas butano-propano liquefatta a basse pressioni. Viene prodotto dalle fonti naturali o come sottoprodotto della raffinazione del greggio ed è da tempo presente in commercio come carburante alternativo alla benzina e al diesel. Quasi tutte le case automobilistiche presentano nel listino almeno una versione alimentata a GPL. Finora deve la sua diffusione di mercato grazie al basso costo di rifornimento alle stazioni di servizio rispetto alla benzina e al diesel. Ultimamente il GPL sta conquistando una maggiore attenzione anche per il fatto di poter circolare liberamente durante il blocco del traffico. L'impatto sull'ambiente di un'automobile GPL è nettamente inferiore alle versioni benzina e diesel, le emissioni di polveri sottili nel caso del GPL sono quasi del tutto abbattute. Altro vantaggio del GPL è l'assenza di zolfo e degli idrocarburi aromatici nel carburante, ed il contenuto di idrogeno del GPL permette anche un minore impatto in termini di CO2. Esistono a questo proposito anche incentivi e contributi all'acquisto delle versioni GPL a livello nazionale e regionale. Dal punto di vista della sicurezza una normativa del 2001 impone la presenza di una speciale valvola per far fuoriuscire il GPL in caso di sovrapressione provocata da surriscaldamento o da incendio. Durante la fuoriuscita il gas si trasforma dallo stato liquido a quello gassoso disperdendosi nell'aria. Oggi le automobili a GPL omologate in base a questa normativa possono parcheggiare anche nei primi piani seminterrati. La distribuzione sul territorio delle stazioni di servizio GPL è forse l'unico handicap da superare. La situazione è, comunque, decisamente migliorata negli ultimi anni, oggi circa 2.500 stazioni di servizio hanno affiancato l'offerta del GPL ai tradizionali carburanti. BIOCARBURANTI I biocarburanti sono prodotti agricoli in grado di sostituire la benzina e il diesel. La loro origine naturale è più facilmente riassorbibile dalla natura e consente di ridurre 37 del 70% le emissioni di gas serra dal trasporto privato e diminuire l'importazione di petrolio dall'estero. Due argomenti presi in seria considerazione dall'Unione Europea che impone a tutti i paesi membri l'obiettivo di soddisfare almeno il 2% della domanda di energia nazionale tramite l'ausilio dei biocarburanti; un obiettivo intermedio per giungere alla copertura finale del 5,75% della domanda entro il 2010. I vantaggi per l'occupazione. Il carburante biologico apporta una nuova spinta produttiva e occupazionale al settore agricolo nazionale creando una domanda per fini "energetici" dei prodotti agricoli. Esistono principalmente due biocarburanti: il biodiesel e il bioetanolo. Quest'ultimo è il sostituto vegetale della benzina ed è molto diffuso in Brasile dove sono attualmente vendute automobili Flex in grado di andare sia a benzina sia a bioetanolo. Il biodiesel e i biocarburanti sono al centro dell'attenzione nelle politiche ambientali europee per il rispetto degli accordi previsti nel Protocollo di Kyoto. L’origine vegetale del Biodiesel garantisce la biodegradabilità e l’assenza di metalli pesanti, zolfo ed idrocarburi policiclici aromatici. Il Biodiesel consente una riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e la salute umana. Le emissioni di gas serra CO2 della combustione del Biodiesel sono riassorbite dall'ambiente mediante la fotosintesi delle colture destinate a produrre il biocarburante. Pertanto nel caso del Biodiesel l'inquinamento prodotto e riassorbito si chiude tendenzialmente in pareggio. Secondo l'Assobiodiesel italiana si ottiene un risparmio complessivo di 2,5 tonnellate di anidride carbonica per ogni tonnellata di gasolio sostituito (fonte www.assobiodiesel.it). L'impatto sulla salute umana è VM notevolmente inferiore ai carburanti derivati dal petrolio. il Biodiesel non contiene idrocarburi aromatici e zolfo pertanto l'emissione di sostante inquinanti e nocive è decisamente ridotta. Secondo uno studio dell'dell'Health and Safety Institute (organo Sanitario Governativo Britannico) l'impatto sul particolato fine (PM10) viene abbattuto complessivamente del 58%. Il risultato dello studio presenta dati positivi anche nella riduzione della particella carboniosa (soot) del particolato, la più pericolosa poiché assorbibile dall'organismo umano durante la respirazione aumentando il rischio cancerogeno ai polmoni, in questo caso si ottiene una riduzione del 76% delle emissioni inquinanti. L'uso del biodiesel consente pertanto i seguenti risultati: • 58% in meno di PM10 38 • 58% in meno di monossido di carbonio • 68% in meno di composti aromatici L'uso del biocarburante oltre a garantire un miglioramento sull'impatto ambientale dei carburanti e quindi sulla salute dei cittadini consente anche molti vantaggi economici e sociali non trascurabili: 1. Favorisce l'auto-approvvigionamento europeo sui carburanti riducendo la dipendenza dai paesi esportatori di petrolio. 2. 2. Stimola la redditività delle attività agricole dedicate alla produzione dei prodotti agricoli destinati alla produzione di biodiesel, con chiari effetti occupazionali e redistributivi della ricchezza. Considerando la perenne situazione di sovraproduzione alimentare in cui versa la Ue, l'utilizzo della produzione agroalimentare per fini energetici rappresenta un'opportunità interessante per tutti i paesi membri dell'Unione Europea. per biodiesel e bioetanolo vedi la sezione fonti rinnovabili cap. biomasse Il futuro: automobili a idrogeno L'idrogeno come carburante delle automobili del prossimo futuro. Cominciamo subito col dire che non si tratta di una fonte d'energia bensì di un vettore energetico, esattamente come i cavi di rame che portano l'energia, già utilizzato come propellente per le navicelle spaziali. Sulla Terra l'idrogeno non è presente allo stato puro ma legato in composti come l'acqua e gli idrocarburi. Deve quindi essere prodotto tramite elettrolisi. Quando saranno vendute le prime automobili a idrogeno? I pareri di diversi esperti scientifici indicano il 2010 come data entro la quale vedremo in circolazione le prime automobili ibride a idrogeno. Secondo gli esperti, la concentrazione del petrolio in aree geopolitiche instabili, la sua futura scarsità e il crescente problema dello smog cittadino spingeranno ad accelerare l'introduzione dell'idrogeno come carburante "sostenibile". Le case automobilistiche hanno investito soprattutto sulla tecnologia fuel cell, speciali sistemi a celle di combustione da cui scaturisce l'energia elettrica per muovere i veicoli con motore elettrico. Fa eccezione soltanto la casa tedesca BMW che ha avviato la progettazione e la produzione delle automobili a combustione diretta di idrogeno, annunciando anche la commercializzazione in forma ibrida entro il 2007. General Motors prevede invece l'inizio della commercializzazione dei primi modelli a idrogeno a partire dal 2010. 39 Le automobili a idrogeno non inquinano. Da un punto di vista ambientale le automobili a idrogeno hanno il grande vantaggio di non avere emissioni inquinanti ma soltanto vapore acqueo. Saranno la soluzione definitiva ai problemi dello smog urbano e del conseguente impatto sulla salute dei cittadini. L'inquinamento delocalizzato nelle automobili viene concentrato nei centri di produzione dell'idrogeno, più facilmente controllabili rispetto alle automobili. Inoltre la produzione dell'idrogeno è sfasata temporalmente rispetto all'utilizzo, cioè, può essere fatta di notte quando l'energia costa meno e viene prodotta in modo meno inquinante. Come sarà prodotto l'idrogeno? Oltre ai viaggi spaziali l'idrogeno ha trovato applicazione nella produzione dell'ammoniaca e del gas di città. Con molta probabilità questi settori industriali saranno quelli privilegiati ad ospitare la filera produttiva dell'idrogeno. Nel reforming l'idrogeno viene estratto dai combustibili fossili producendo però in forma concentrata le emissioni inquinanti evitate dallo scarico delle automobili. L'altra strada per produrre idrogeno è il processo di elettrolisi per scindere l'acqua in atomi di idrogeno e di ossigeno. Quest'ultimo processo produttivo non è inquinante ma richiede una grande quantità di energia per funzionare. In base alle indiscrezioni dei governi l'energia per l'elettrolisi potrebbe essere fornita dalle centrali nucleari e dalle energie rinnovabili in modo pulito. In entrambi i casi si evitano emissioni di gas serra in atmosfera. La distribuzione delle stazioni di servizio a idrogeno. Un aspetto critico per la diffusione dell'idrogeno come carburante sarà l'adeguamento della rete distributiva. Fin quando non esisteranno stazioni di servizio a idrogeno sarà poco probabile che decolli il mercato delle automobili Hydrogen pure se in presenza di prodotti tecnologicamente competitivi. La creazione, o più realisticamente l'adeguamento, della rete potrebbe diventare un vincolo non indifferente per la diffusione della mobilità tramite idrogeno. Shell completerà la conversione delle stazioni di servizio alla distribuzione capillare dell'idrogeno tra il 2015 e il 2025. Questa osservazione rafforza l'idea che la futura filiera produttiva dell'idrogeno vedrà privilegiare soprattutto il settore petrolchimico da cui dipende l'attuale distribuzione delle stazioni di servizio. In conclusione dovremo pertanto attendere pochi anni per guidare un'automobile a idrogeno. Per una completa sostituzione del parco circolante saranno necessari diversi decenni in cui vedremo circolare contemporaneamente automobili a idrogeno, gas GPL o metano, benzina, diesel e biodiesel. Curiosità: come funziona un motore a idrogeno 40 L'unione dell'idrogeno e dell'ossigeno da luogo nuovamente all'acqua H2O liberando energia pronta per l'uso. Su questo processo sono basate le "celle a combustibile" (dette fuel cell). Le emissioni di scarto del processo sono assolutamente non inquinanti, trattandosi di acqua calda e vapore acqueo. La tecnologia "fuel cell" potrà essere utilizzata sia sotto forma di motore elettrico per le automobili e i trasporti sia come centrale industriale per la produzione di energia elettrica. Curiosità: come funziona una cella a combustibile Una fuel cell riceve in entrata due flussi: idrogeno dal polo negativo e ossigeno dal polo positivo. Nel momento in cui gli atomi di idrogeno entrano in contatto con il catalizzatore gli elettroni si separano dal nucleo, generando energia elettrica, spostandosi verso il polo positivo dove si uniscono agli atomi di ossigeno caricandoli negativamente. Il processo termina con il passaggio delle molecole di idrogeno (positive) verso quelle di ossigeno (negative) dalla cui reazione chimica si forma l'acqua. FONTI: AA.VV., 2005, Manuale per l’edilizia sostenibile – la qualità energetico ambientale degli edifici in Toscana; BUTERA F. M., 2004, Dalla caverna alla casa ecologica; ENEA, 2003, collana Opuscoli Energia; MARINO - GRIECO, 2006, La certificazione energetica degli edifici; PALLANTE M., 2004, Un futuro senza luce - come sopravvivere al black out senza costruire nuove centrali; PALLANTE M., 2005, La decrescita felice - la qualità della vita non dipende dal PIL; KORN, 2003, Uso razionale dell’energia in casa; SITI: www.bioarchitettura.org /// www.ilsolea360gradi.it /// www.windside.com /// www.dawinci.istat.it /// www.enea.it /// www.governo.it /// www.regione.emiliaromagna.it 41