Diario di viaggio Alsazia

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Diario di viaggio Alsazia
Diario di viaggio Alsazia
27/4 Venerdì – Castellanza, Hunawhir, Ribeauvillè, Riquewhir
Implacabile e nel cuore della notte, come spesso
capita il primo giorno di vacanza, la sveglia suona Viaggiatori: Alessandra e Massimiliano
tentando di sbatterci fuori dai nostri sogni ovattati.
Non è proprio così presto, sono già le 6:50, il tempo Periodo: 27 Aprile – 2 Maggio 2007
sopra Castellanza è incerto come un bambino che Mezzo: Renault Scenic 1.6
si trova a dover scegliere tra le patatine e il gelato.
Ma questa non è una scusa per rimandare la par- km percorsi: circa 1200
tenza: siamo pronti a tutto, equipaggiati per ogni
evenienza.
Alle 8:15 (ma come accidenti abbiamo fatto ad impiegare così tanto??!!) abbiamo portato le ruote
della Scenic sull'autostrada in direzione Milano.
Grazie alla magia del ponte già iniziato, non ci ritroviamo impantanati nel solito traffico che staziona intorno a Milano, ma riusciamo in breve a guadagnare l'autostrada per Como, da lì passiamo
la dogana di Chiasso e acquistiamo la vignetta. Malgrado il nome non fa molto ridere, nemmeno
la doganiera, etichettata a caratteri a prova di miope come "vignette", sorride molto, ci chiede 30€
in cambio dell'adesivo (e 5 franchi) che permette la circolazione sull'autostrada svizzera per tutto
l'anno... Se non fosse che in Svizzera non ci andiamo mai sarebbe pure conveniente, basta fare il
confronto con quello che si spende in un giorno per andare in Liguria...
Ma torniamo al viaggio: siamo in Svizzera, stiamo attraversando le Alpi e il tempo sembra tendere al peggio, ci becchiamo anche qualche goccia d'acqua. Tra gli sfilacci delle nuvole bianche si
scorge qualche cima un po' innevata. Seguiamo la E35 verso nord. Passiamo dentro i 17km del
traforo del S. Gottardo, arriviamo fino a Basel. Basel suona come "scalino" in milanese, ma probabilmente è la città che noi chiamiamo Basilea. Qui la viabilità si fa un po' più confusa, con continui bivi dove le due strade portano per il 66% agli stessi posti, ma anche da qui riusciamo a districarci e arrivare in Germania. Proseguiamo ancora per un po' sul suolo tedesco sempre verso
nord. Finché ci decidiamo ad attraversare il Reno e arrivare in Francia.
Qui le storie si fanno tese, infatti arrivati a Colmar le indicazioni stradali spariscono come certi
amici al momento del conto. Ci ritroviamo nel centro storico con il dubbio di essere pure in una
zona vietata. Malgrado questo intravvediamo angoli estremamente pittoreschi con colorate case
a graticcio affacciate su placidi canali... un po' a malincuore troviamo l'uscita dal labirinto e la direzione verso cui dobbiamo dirigerci.
Sbuchiamo nella campagna alsaziana, rigata dai regolari filari dei vigneti, verde, piana confinata
a ovest da dolci colline. E finalmente raggiungiamo Hunawhir, il paese dove abbiamo prenotato.
Tutto sommato non è tardi è da poco passata l'una. Solo che il Bed&Breakfast che abbiamo trovato su internet non lo troviamo. Purtroppo non abbiamo il numero civico e non ci resta che percorrere tutta la strada confrontando le case con le foto che ci ricordiamo di aver visto su internet.
Facciamo un paio di "vasche" nella strada periferica dove dovrebbe trovarsi la struttura, ma proprio non riusciamo a riconoscere nulla. Alla fine ci dobbiamo arrendere e chiedere informazioni a
due autoctoni. Che in effetti si rivelano non essere proprio così autoctoni visto che ci dicono che
non sono di qui... cioè immaginiamo che dicano qualcosa del genere visto che non capiamo il
francese.
Intanto un sole caldo e luminoso scalda le messi, le Renault Scenic e i loro passeggeri che iniziano ad essere un po' accaldati.
Ad un certo punto, con passo tanto goffo quanto dinocolato, una cicogna ci attraversa la strada!
Ehi, ma qui... è pieno di cicogne. E fanno anche dei nidi di dimensioni ragguardevoli sui tetti delle
case.
Proviamo a chiedere a due che non possono non essere autoctoni visto che se ne stanno oziosamente attavolati in un giardino. Cioè provo ad abbozzare qualcosa in francese e riesco anche a
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cogliere qualcosa della risposta, ma probabilmente la mia espressione dev'essere un po' provata
perché uno dei due, comprensivo, mi chiede (rigorosamente in francese) se parlo inglese. E io:
yes. E così il dinamico duo inizia a rispiegarmi le cose ... in francese. Boh, magari voleva semplicemente soddisfare una curiosità oziosa. Comunque grazie alle spiegazioni raggiungiamo la nostra nuova e temporanea dimora: Meyer Rooms (che, per completezza, si trova al numero 1, praticamente proprio all'inizio della strada) e il contachilometri segna 419km. Si tratta di una casa in
stile alsaziano con un'ala dove si trovano le camere in affitto. La camera è grande, con decorazioni in legno, con un tavolo tondo ed un enorme armadio (a graticcio), un bagno decoroso e un minifrigo.
Malgrado si trovi vicino alla provinciale, risulta tranquilla e silenziosa.
Visto che è presto e che ci siamo scofanati qualche fetta di pizza durante il viaggio, ci sentiamo
pronti a cominciare l'esplorazione dei dintorni. Così partiamo a piedi 1 verso la vicina cittadina di
Hunawhir.
Col ritmo del turista fotografante e ammirante il paesaggio, impieghiamo una decina di minuti in
leggerissima salita. Il paese non è grande, ma ci accoglie con le sue case dai colori vivaci e dai
caratteristici graticci. La cosa che ci sorprende è che i graticci non sono su una o due case particolarmente ben sistemate o ristrutturate, ma sono la caratteristica di tutto il paese.
Ci facciamo un giro e decidiamo che visto il caldo e il sole che brilla attraverso il cielo terso è
giunta l'ora di un gelato. Entriamo in un ristorante che espone la promettente insegna “Glaces”. Il
gelato è buono, decisamente buono e non solo rispetto alla media dei gelati che abbiamo sperimentato finora all'estero. É solo un po' caro... 2.50€ per 2 gusti...
Continuiamo il giretto un po' rinfrescati e saliamo verso la chiesa fortificata, circondata da un possente muro e un piccolo cimitero.
La chiesa è molto semplice e piccola, all'interno, nel transetto di sinistra troviamo la storia della città di Hunawhir.
La leggenda vuole che il luogo fosse abitato da San
Huno e la sua sposa (!?) Santa Hunas già nell'antichità.
Intorno alla loro residenza si agglomerò pian piano un
centro abitato e la casa dei santi divenne prima una chiesa e poi un palazzo. Poi il tutto divenne una chiesa che si
ingrandì negli anni, fino alle dimensioni attuali.
Dal momento che tutta questa storiella era scritta in francese e noi il francese non l'abbiamo mai studiato potrebbe anche essere stata la ricetta di un piatto tipico...
Fine del giretto torniamo al B&B dove prendiamo la macchina e partiamo alla volta della cittadina di Ribeauvillè.
Il paese lo si raggiunge con pochi minuti di macchina da
Hunawhir. Il centro di Ribeauvillè ci appare in un tripudio
di graticci, colori, graticci, negozi, graticci, turisti e graticci. Il centro è molto caratteristico, ma anche molto turistico, bello anche se eccessivamente patinato.
Approfittiamo di un piccolo market per prendere un paio
di bottiglie d'acqua. Il paese è pieno di pasticcerie e fornai, che espongono ogni genere tentante di delizie dolci e
La piccola chiesa fortificata di Hunawhir
salate. Ogni resistenza è vana e alla fine siamo costretti
a cedere. Alessandra prende un croissant, mentre io prendo una tortina alle nocciole. Scattiamo
un numero sconsiderato di foto e riprendiamo metri e metri di nastro. Alla fine salutiamo Ribeauvillè e, guidati dal morbo del visitatore, andiamo a vedere anche Riquewhir.
Riquewhir è un altro paese caratteristico qui vicino. Arrivando dalla provinciale tutti i parcheggi si
rivelano essere a pagamento. Uno dopo l'altro ci sfilano davanti con la scritta minacciosa “Horo1
Detti anche la bicicletta di Noè il quale probabilmente, visti i tempi, avrebbe preferito un pedalò.
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dateur” (parchimetro). Riusciamo a trovare un posto in sosta non regolamentata solo dopo aver
girato intorno al paese.
Il centro di Riquewhir è recintato da mura. Anche questo paese ha una natura simile a quella di
Ribeauvillè, smaltato e turistico. Anche in questo caso però si riesce a perdonare la patinatura e
ci si sente trasportati in un'atmosfera fiabesca. Le case riportano perlopiù date del 1600. Il graticcio impera ovunque e molte case hanno il primo piano in aggetto 2. Sulle facciate protese verso la
strada penzolano le insegne dei negozi, ritagli pittoreschi di fabbri con il pallino dell'arte.
Ce ne sono parecchie di varie fogge e colori, alcune decisamente artistiche.
Troviamo anche un negozio di addobbi e vario materiale natalizio, ma visto il caldo ci sembra decisamente fuori stagione e lo snobbiamo.
Svicoliamo dalla strada principale e ci troviamo a
percorrere delle stradine non meno caratteristiche, ma con molti meno turisti e meno attività
commerciali.
Inizia a farsi tardi, decidiamo quindi di ritornare al
B&B per una doccia veloce.
Non abbiamo idee precise su dove andare a cenare, così optiamo per il ristorante adiacente alla
nostra stanza.
Qui capiscono subito che siamo stranieri e così ci
serve un ragazzo che parla un inglese passabile.
Siamo un po' in panne con il menù per via della
lingua. Così chiediamo al cameriere se la “Tarte
Flambè” sia dolce o salata visto che la propongoUna casa blu a Riquewhir
no con quello che crediamo essere prosciutto,
formaggio e insalata. La risposta perentoria è:
“dolce”. Mah... strano.
Dopo uno studio attento e approfondito Alessandra opta per un piatto un po' tedesco di patate e
pancetta, mentre io per un altrettanto tedesco piatto di gnocchetti al formaggio.
Arriva il momento del dolce e la scelta è ancora più difficile. Già è difficile con un menù italiano
capire cosa si nasconde dietro ai nomi spesso esotici dei dolci, figurarsi se poi i nomi sono in
francese. Chiediamo quindi al cameriere se ha qualche “suggestion”, dopotutto perché non fidarsi
del consiglio di chi lì ci lavora e ha sicuramente assaggiato tutte le prelibatezze della casa?
Il ragazzo chiede un paio di volte un “what?” e alla fine, illuminato risponde: “Sorry, we have no
suggestion”... saranno finite. Alessandra mi dirà poi che ho fatto una faccia stranissima tra l'incredulo e l'attonito. Il cameriere però è brillante, capisce che c'è qualcosa che non torna e chiama
l'altra persona che serve nel locale, questa ci ascolta, ma anche lei fa un po' di fatica. Alla fine capisce che stiamo chiedendo qual'è il dessert “de la maison” e ci porta un coppone strabordante di
fragole e panna. Va bene così.
Percorriamo i 10 metri che ci separano dalla nostra camera con il naso per aria, contemplando
con una certe preoccupazione i nuvoloni cupi che ci sorvolano.
28/4 Sabato – Colmar, Kaysersberg
Notte tranquilla, saranno le due coperte di lana, ma, malgrado il cielo fa comunque caldo. La colazione si svolge in una piccola sala arredata con gusto e semplicità con un tavolo, una piccola
credenza su cui si trova pane fresco, latte e caffè. Alle pareti quadretti e poster. Sulla tavola: marmellata di fichi, golosa torta ciambelliforme e goccioccoladotata3. La luce è fornita da un'insegna
della birra alsaziana.
La colazione è semplice, ma completa con "rifornimento" a volontà.
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Dal latino “ad jacto” che significa: “se vuoi te la costruisco anche così che sporge fuori al primo piano, ma di certo poi io, lì, non ci entro”.
Certo che questa parola esiste, l'ho usata.
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La proprietaria ci spiega orgogliosamente che a Hunawhir crescono i fichi perché d'estate arriva a
fare parecchio caldo. Vista la giornata di ieri non stentiamo a crederle.
Le chiedo come si pronunciano i nomi dei paesi perché sono abbastanza inconsueti per la toponomastica francese. Hunawhir si pronuncia con l'acca aspirata e la u milanese di bauscia (quella
che, per la precisione, dovrebbe averci sopra i due puntini) e lo si chiude con una "o". Ribeauvillè
è già più francese e lo si pronuncia con l'accento sulla finale, mentre Riquewhir diventa un po'
tipo "rikvir". Comunque, lei ci tiene a precisare con una velata espressione di minaccioso orgoglio
nazionale che loro sono FRANCESI (si, l'ha detto proprio così, tutto maiuscolo), hanno solo un
dialetto che ... "ha dei termini tedeschi?" chiedo io, "soprattutto svizzeri" puntualizza lei. Temo
che ci siamo persi lo spazio di manovra per chiedere lo sconto.
A parte questo, la nostra ospite è molto gentile, ci procura la cartina turistica di Colmar, che visiteremo oggi, e, indicando la sua fornitissima bacheca per turisti, ci dice di prendere pure quello
che vogliamo. E, se lo desideriamo, possiamo anche usare la guida Routard della regione. In effetti accetteremmo, se non fosse che è in francese.
Oggi la tabella di marcia del bravo turista prevede Colmar,
la città dove ci eravamo persi ieri cercando di arrivare alla
stanza. Entrare in città è molto più facile che uscirne. E riusciamo anche a trovare facilmente il parcheggio che ci ha
indicato la proprietaria del Bed&Breakfast, anche perché è
segnalato molto bene. Inutile cercare un parcheggio gratis:
non ce ne sono. Il "Mairie", dove lasciamo, la macchina ha il
pregio di costare meno degli altri4 ed essere proprio alla
partenza del percorso di visita segnato sulla cartina turistica
che abbiamo.
Sarà anche il più economico, ma la targa all'ingresso recita
1,10 euri all'ora.
Il parcheggio coperto sfoggia l'architettura anonima e opprimente di tutti i parcheggi coperti. Forse anche per questo
uscendo dal grande magazzino dove ci ha recapitati l'ascensore l'effetto è ancora più accentuato. Una costruzione
gotica e imponentemente religiosa, all'apparenza una chiesa, delimita un lato di una piazza alberata con tanto di fontana a spruzzo. L'altro lato è chiuso da una parata di case in
tinte pastello squadrettate dai graticci di legno scuro.
La casa delle teste a Colmar
Ed in effetti il centro di Colmar è un trionfo di graticci e di
colori improbabili. Spesso le travi dei graticci sono decorate con motivi celtici o floreali. A volte ci
sono personaggi scolpiti nel legno posti sugli spigoli o in altri punti che probabilmente sembravano un po' troppo vuoti. Ogni negozio ha la propria insegna in ferro battuto dipinto protesa a banderuola verso la strada. Di tanto in tanto si affaccia in fondo ai vicoli la mole slanciata e non pienamente austera a causa del colore caldo tendente all'arancione, di una cattedrale.
L'atmosfera è serena, passando davanti alle pasticcerie le commesse, sulla porta, offrono assaggi di biscotti o altri dolci ai passanti. Ci sono anche chiassosi turisti italiani che ravvivano le strade
di Colmar con la loro caciara5,6.
Inutile dire che il paese è da gustare con calma girando per le strade. Abbiamo visto la casa delle
teste, una curiosa facciata dove quasi ogni spazio libero è occupato da una testa in rilievo. La
maison Pfister che oltre al graticcio mostra dei bei disegni. Abbiamo scoperto che l'ideatore della
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Almeno, questo è quanto sostiene la nostra anfitriona. Il che potrebbe anche voler dire che lei
è la proprietaria del “Mairie”.
Vista la diffusione capillare, sembra che la necessità di riempire le strade del mondo con della
vociante italica caciara sia molto sentita.
Uno dei motivi di lamentela più frequenti degli italiani di ritorno dall'estero è proprio la caciara
dei connazionali in vacanza. Incomincio a pensare che i casinisti siano in realtà cinesi travestiti da italiani.
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statua della Libertà di New York è nato a Colmar in una casa piuttosto anonima invero (cosa che
richiede anche un certo sforzo in centro) e che si chiamava Bertholdi.
Ci sono anche un paio di canali, diciamo un 50m in tutto,
su cui si affacciano le case con i loro immancabili graticci. Questa zona è chiamata "la piccola Venezia". Il paragone con Venezia è un po' forzato, sarebbe come dire
che un monopattino è un piccolo TIR. Ignorando il paragone o facendo finta di non essere mai stati a Venezia,
rimane comunque un bello spettacolo con la possibilità
di percorrere tutti e 50 i metri del canale su una piccola
barca a motore (attenzione però ad abbassare in tempo
la testa per passare sotto le basse campate dei ponti).
Ritornando verso il punto di partenza scopriamo che la
costruzione gotica che avevamo visto appena usciti dal
parcheggio sotterraneo è in realtà il museo dell'Unterlinden (un classico nome francese... come no!). Pranziamo
al ristorante del museo7. Il problema principale dei pasti
in Francia è costituito dalla lingua. O meglio dalla lingua
francese e dalla sua profonda e perseverante differenza
dall'italiano (o, se è per quello, anche dall'inglese). Essendo una lingua derivata dal latino, come l'italiano, potevano anche scegliere di parlare italiano anziché fare di
testa loro. Ormai però il danno è fatto ed è inutile piangeLa piccola Venezia a Colmar
re sulla salsa versata. Il risultato è che noi, dei menù,
non capiamo un tubo. Ci butteremmo anche se non fosse per l'azzardo con cui ci siamo bruciati qualche anno fa in Provenza: un apparentemente innocuo salsiccione s'è rivelato essere un rivoltante e disgustoso involto di frattaglie e quella che
sembrava essere una tranquilla salsina alla ricotta si è palesata come una dirompente salsa allo
zenzero. Da allora cerchiamo di scegliere coraggiosamente di limitare i danni.
Dopo svariato filosofeggiare sui titoli francesi nel menù abbiamo optato per un'insalata del vignaiolo e una quiche lorraine con insalata verde.
Possiamo così appurare che i vignaioli nelle loro insalate ci mettono poca insalata verde, qualche
oliva, qualche sottaceto e tante striscioline di prosciutto e formaggio mescolate con una versione
sfumata della maionese.
La quiche lorraine è invece una torta salata con una specie di frittata e pancetta (e probabilmente
cipolle).
Abbiamo anche preso 0.25l di birra, molto buona, dal sapore corposo, tondo e quasi dolce 8. Totale 25,30€.
Nel pomeriggio visita del museo all'interno di quello che era il convento dei domenicani. L'ingresso costa 7 euri cadacranio, non poco, ma l'audio guida (in italiano!) delle parti più interessanti è
compresa. In effetti il museo contiene tante cose diverse forse un po' troppo diverse, però alcune
opere sono notevoli per la dimensione della cittadina. Ci sono un paio di Picasso, un Monet. Anche se la parte più interessante riguarda la pittura religiosa intorno al 1500. Ci sono dei bei quadri
e tavole d'altare che rappresentano un riuscito cocktail tra la scuola tedesca e quella fiamminga.
Tra le cose meno interessanti c'è una parete di reperti dalla preistoria all'età romana. Un paio di
sale con armi e altri oggetti guerreschi dei secoli bui. Mobili, stufe, porcellane. Queste parti del
museo, a meno di interessi particolari 9, possono essere visitate molto rapidamente. A loro discapito anche le descrizioni dei pezzi molto ridotte e l'assenza del commento dell'audio guida.
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Salon de the du musee, Colmar
A questo punto sarà chiaro a tutti che non sono, nemmeno lontanamente, un intenditore di birra.
Tipo interesse particolare per la noia.
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La cosa più divertente è una tavoletta che rappresenta l'assunzione di Gesù, l'artista riprende i discepoli in piedi a figura intera e,
con notevole effetto drammatico, penzolanti dal lato superiore
della cornice, i piedi del Cristo che è decollato, è il caso di dirlo,
“a razzo” per il cielo.
Pensavamo di riuscire a vedere qualcosa degli ambienti originali
del convento, ma l'unica cosa che abbiamo trovato è il bel chiostro con gli archetti in gotico fiorito e un pozzo con eleganti colonne tortili a sezione quadrata e una piccola cantina oscura con torchio e botti giganti.
Recuperiamo la macchina e, essendo ancora presto per tornare
alla base, decidiamo di andare a vedere Kaysersberg10.
a razzo, museo UnLetteralmente questo nome vuol dire "Fortezza del Kaiser" e non L'assunzione...
terlinden
certo in francese... insomma dicono di essere francesi, ma hanno
i nomi dei luoghi tedeschi, i cognomi sono tedeschi, il dialetto è tedesco e i piatti tipici sono a
base di wurstel, patate, crauti e speck... fate un po' voi.
Il primo problema che incontra il turista "risparmioso" (categoria alla quale apparteniamo senza
ombra di dubbio) a Kaysersberg è l'impossibilità di trovare un parcheggio gratuito. Per quanto
possa girare dedali e viuzze troverà sempre l'infausta scritta "horodateur" che significa “divieto di
sosta” e non “parchimetro” come erroneamente credono i turisti spendaccioni. Non è che le zone
a pagamento siano proprio ovunque, ci sono anche delle zone dove il divieto di sosta è indicato
con il segnale tradizionale. Non essendo possibile fare diversamente alla fine cediamo. La tariffa
è di due euro per tutta la giornata.
Non che a Kaysersberg ci sia così tanto da fare e vedere da dedicarci una giornata... però è comunque una cittadina carina un po' meno tirata a lucido di Ribeauvillè e Riquewhir e quindi un po'
più genuina.
Facciamo poche decine di metri e, malgrado il sole ancora caldo della sera e la luce altrettanto
calda del tramonto, inizia una pioggerellina leggera.
C'è una chiesa (Eglise Ste Croix) con il portale
antico e di valore artistico. Si tratta di un bassorilievo del 1200 in pietra locale, quindi tendente al
rosso, che raffigura l'incoronazione della vergine.
Il particolare più ... pittoresco è l'autoritratto dell'autore in basso a sinistra, raffigurato come un
omino senza gambe, ma con i piedi attaccati direttamente alla veste... d'altronde non è che ci
fosse così tanto spazio per mettere anche le gambe.
Iniziamo a cercare la salita al castello e la pioggerellina, fortunatamente cessa.
Più che castello si tratta di una rocca, di cui rimane solo un'alta torre e qualche pezzo di muro.
Kaysersberg lungo il fiume
Con un minimo di preparazione atletica (e noi ci
siamo preparati per tutto il giorno camminando a
Colmar) è possibile salire i 114 scalini e lasciare che lo sguardo spazi nella piana Alsaziana.
Kaysersberg, forse per l'ora, forse per lo strano tempo, forse per la posizione tra le colline, ti lascia dentro una pace e una tranquillità interiore sorprendente per un posto comunque turistico.
Siamo così in pace con noi stessi che non pensiamo nemmeno a quanto poco dei 2€ pagati per il
parcheggio abbiamo sfruttato.
Rientriamo al Bed&Breakfast e dopo esserci preparati andiamo a cenare nel ristorante11 dove ieri
pomeriggio abbiamo preso il gelato. Arriviamo alle 21:00 passate, c'è un solo tavolo libero da due
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http://www.ville-kaysersberg.fr/
Wistub suzel, 2 Rue de l'èglise, Hunawihr
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(!) e la cameriera ci dice che la cucina sta per chiudere e quindi non ci sarà tutta la scelta possibile prevista dal menù. L'ambiente è rustico: ai muri rifiniti grezzamente sono appesi attrezzi agricoli e altri oggetti della vita e del lavoro in campagna.
Facendoci strada nel menù ridimensionato ordiniamo una omelette ai funghi Champignons per
l'Ale e un Rouland per me. I funghi sono molto gustosi, mentre il Rouland è una specie di rotolo di
pasta ripieno di carne e tanta cipolla.
Chiudiamo con l'unico dolce di produzione propria rimasta: una torta al Rabarbaro 12. Dunque, di
rabarbaro mi ricordo le caramelle che mio nonno aveva in grande quantità quand'ero piccolo, dal
sapore amaro. Forse un trucco dei nonni per insegnare ai nipoti a non chiedere troppe caramelle... non so. Comunque la torta al rabarbaro, per fortuna, è un po' meglio. Si tratta di una specie
di crostata alla frutta ripiena da pezzi che sembrano di verdura... e che di fatto sono l'unico ostacolo tra questa torta e il termine “squisito”.
Vagamente questo dolce ci riporta a molti anni fa, al viaggio in Irlanda quando, in un Bed&Breakfast, la simpatica proprietaria ci offrì una fetta di torta alle verdure che mise a dura prova le nostre
capacità diplomatiche.
Il conto di 31€ ci riporta invece al presente.
Rientriamo in camera facendo il giro largo, cercando di fotografare le case e la chiesa illuminata.
29/4 Domenica – Strasburgo, Obernai
La giornata della tanto attesa visita a Strasburgo si preannuncia con un sole trionfale e una totale
assenza di nuvole in cielo.
Colazioniamo con un gruppo di attempati amici belgi per niente intimiditi dall'abuso del burro a
colazione e che comunque stanno abbastanza sulle loro. Be' non che noi siamo dei
compagnoni...
La proprietaria del Bed & Breakfast ci consiglia dove lasciare la macchina per poi arrivare in centro con il tram e ci presta la guida... in francese della città.
Quando partiamo non è più prestissimo. Seguendo il consiglio cerchiamo di lasciare la macchina
a La Vigie e da lì prendere il tram. Purtroppo la cosa si rivela un po' meno immediata di così. La
Vigie è un nucleo di centri commerciali, ben fornito di parcheggi, ma, per quanto lo cerchiamo,
completamente sprovvisto di tram. Chiediamo in un bar e ci dicono di andare avanti a Illkirch
dove si trova la più vicina fermata del tram. Seguiamo le indicazioni, ma appena entriamo in città
dei lavori in corso ci deviano via dalle istruzioni ricevute. Cerchiamo di riallacciare il percorso, ma
non c'è nulla da fare, dobbiamo ancora chiedere informazioni. Questa volta ci dicono che c'è la
fermata del tram, ma che non ci sono parcheggi. Un po' sconsolati ritorniamo sull'autostrada decisi a mettere l'auto in un parcheggio di Strasburgo per quello che ci può costare, quando vediamo
un cartello che indica parcheggio più tram. Lo seguiamo e finiamo in un parcheggio gratuito13 proprio di fianco alla fermata del tram di Buggersee. Per fare i biglietti c'è un distributore automatico
ad ogni fermata che dà pure il resto. Ci facciamo spiegare come si fa e prendiamo due biglietti
andata e ritorno per il centro.
Il tram di Strasburgo è simile agli “Eurotram” di Milano, nel senso che ha un design da treno ad
alta velocità ed è di colore verde. L'interno è spazioso e comodo, un cartello elettronico indica la
fermata successiva. Cerco di capire un po' meglio a quale fermata dobbiamo scendere studiando
la cartina quando la signora che ci aveva già aiutato al distributore automatico tenta di rendersi
nuovamente utile spiegandoci qual è la fermata per noi più opportuna.
Non so se il rumore di sottofondo del tram disturbi la comunicazione o se la signora abbia un dialetto o un'inflessione particolare, per certo è che ho più di qualche dubbio di aver capito correttamente. A rimuovere i dubbi arriva una provvidenziale guglia gotica svettante sopra le case più o
meno ordinarie. Scendiamo dal tram e come attratti magneticamente da questo polo ci affrettiamo verso la sua base.
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http://it.wikipedia.org/wiki/Rabarbaro
Be' gratuito oggi perché è domenica. Negli altri giorni è a pagamento.
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Arriviamo in breve alla mole imponente della cattedrale. E'
come una Notre Dame di Parigi; un tripudio di decorazioni,
statuette, guglie, gargolle, e tutti gli elementi architettonici dai
nomi troppo facilmente dimenticabili14. Come tutti gli edifici di
questo stile, ma forse anche più degli altri, ogni elemento fornisce un richiamo all'alto, al cielo, è impossibile guardare questo edificio senza sentirsi attratti dall'alto.
Tra l'altro questa cattedrale fu la costruzione più alta del mondo tra il 1600 e quasi il 185015. Mica noccioline!
Tentiamo di entrare, ma c'è una funzione in corso e decidiamo quindi di ripassare più tardi. Passiamo dall'ufficio del turismo e compriamo una cartina della città al conveniente prezzo di un euro.
La mattina (e qui adesso è tarda mattinata) la facciata della
cattedrale è in controluce sparata. Torneremo comunque nel
pomeriggio.
Abbozziamo qualche mini-giretto, ma vogliamo essere in zona
per vedere l'orologio astronomico alle 12:30. Individuiamo suuno scorcio della cattedrale di Strasburgo bito l'orologio astronomico, sul lato sinistro... peccato che
(è impossibile ritrarla tutta con la nostra quando ben ci avviciniamo, intorno alla fatidica ora, ci rendiamacchina fotografica)
mo conto che... non è quello all'esterno, ma si trova all'interno. La doccia fredda arriva però quando scopriamo che, per
poter vedere il carosello degli automi, è necessario acquistare un biglietto per entrare in chiesa e
ormai è troppo tardi, sono le 12:25. Argh!
Insomma... finora Strasburgo ci ha dato una sensazione vagamente fantozziana. Peccato perché
è comunque una bella città. Iniziamo ad avventurarci tra i graticci e le insegne proiettate 16 sulla
strada che, anche qui, non si fanno desiderare. Giriamo i vicoli più o meno seguendo la mappa
turistica, finché arriviamo al museo dei costumi alsaziani. Tre piani affacciati su un cortile interno
con delle balconate ci accompagnano attraverso la storia dei costumi e delle tradizioni alsaziane.
Qui abbiamo la conferma che, anticamente, i graticci di legno venivano riempiti con fango ed erba
secca per formare le pareti esterne della casa; che le alsaziane si addobbavano i capelli con un
enorme fiocco rosso e tante altre cose. Senza contare che l'ingresso è gratuito.
Ritorniamo un po' verso la parte più storica e pranziamo con due coppe di gelato di poco meno
imponenti della cattedrale appena vista.
Siamo all'interno del quartiere chiamato “Piccola Francia”, si tratta di case a graticcio con alcuni
canali, c'è anche un ponte mobile che si apre per far passare un barcone turistico.
Proseguiamo verso il ponte coperto. Cerchiamo sul fiume questo ponte coperto di legno senza
troppa fortuna, vediamo invece lo “sbarramento”, cioè un ponte coperto (ma non IL ponte coperto
che stavamo cercando) che aveva principalmente funzioni militari di regolazione delle acque. Tramite un sistema di chiuse era possibile allagare le campagne a sud della città rendendo estremamente difficoltoso un attacco da quella direzione. Percorriamo lo sbarramento cercando di ignorare il lezzo di urina che si leva pungente dalla penombra. Al termine dello sbarramento troviamo
una placca che indica nelle tre torri che si parano dinnanzi a noi sul fiume l'antico ponte coperto.
Leggendo la storia apprendiamo che lì c'era un ponte coperto, ma dopo essere stato distrutto dall'ennesimo incendio non è stato più ricostruito... incredibile come in certi posti riescano a rendere
un'attrattiva turistica anche quello che non c'è17...
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In effetti qualcuno me lo ricordo, ma non saprei dire a cosa corrisponde.
Wikipedia dice 1625-1847.
Dal Latino “pro jacto” che significa: “se sei troppo alto, occhio che ci sbatti la testa”.
Questo non può non ricordare il castello di Le Beaux che avevamo visitato qualche anno fa
nel corso di un viaggio in Provenza. Anche in quel caso del castello rimanevano ben poche
pietre, ma l'audio guida aiutava ad immaginarlo nel suo aspetto originale “Immaginate ora, qui,
di trovarvi di fronte al portale...”.
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Ritorniamo verso la cattedrale. Adesso la luce è ottima per la
facciata ed infatti riscattiamo e ri-riprendiamo tutte le foto e le
inquadrature della mattina.
Riusciamo anche ad entrare. L'interno è non meno imponente dell'esterno anche se più raccolto, con le colonne longilinee e slanciate, i lampadari a ruota appesi ad un filo la cui
altra estremità si perde nelle altezze smisurate delle volte
acute.
Arriviamo nel transetto di destra e qui ci si presenta l'orologio
astronomico nel pieno del suo fulgore. Così ad occhio sarà
una macchina alta non meno di 6-8m, tipo un armadio a 6
ante e quattro stagioni. Sopra il quadrante alcuni automi sfilano muovendosi. Purtroppo dobbiamo accontentarci di leggere le descrizioni, perché lo fanno solo alle 12:30 e noi ci
siamo persi lo spettacolo. Altri quadranti indicano il sorgere e
il tramontare del sole, le date delle varie ricorrenze religiose,
le date delle eclissi, le posizioni delle stelle, le fasi della
luna... insomma un trionfo del calcolo meccanico non programmabile, soprattutto considerando che la prima versione
La piccola Francia a Strasburgo
funzionante fu completata nel 1352. La versione attuale (che
comprende sicuramente più funzioni) risale al 1838.
Finita la contemplazione del “mostro meccanico”, decidiamo che non è il caso di andare a vedere
il quartiere con le istituzioni europee, dopotutto è un quartiere moderno, è abbastanza fuori e non
ha un significato così particolare da indurci al pellegrinaggio.
Ritorniamo alla fermata del tram e cerchiamo di capire se dobbiamo prendere la linea “A” o “D”
per tornare alla macchina. Il primo tram che passa non ha una targa riconoscibile, così appena ci
si apre una porta davanti proviamo a chiedere “A o D?”, dopo aver insistito non poco, un ragazzo
ci risponde “A”... è il nostro, ma è troppo tardi le porte ci si richiudono in faccia.
Il tram successivo arriva dopo pochi minuti e va bene per noi.
Non è ancora così tardi e passiamo da Obernai.
Si tratta di una bella cittadina con il tipico centro con le case a graticcio ed una chiesona purtroppo fake, perché costruita all'inizio del secolo in stile gotico.
Ripartiamo per il Bed&Breakfast con consecutiva cena al “Caveau du Vignaironne” 18. Questo ristorante l'avevamo scartato ieri perché ci sembrava un po' caro, ma abbiamo deciso di passare
sopra il nostro “braccino corto” quando la proprietaria del Bed&Breakfast ce l'ha consigliato. In effetti ci aveva anche consigliato di andare a cena presto, perché qui cenano tutti intorno alle 19:30
– 20:00, e non, come avviene al sud, molto più tardi. Così ci prepariamo e di tutto punto pronti arriviamo al ristorante poco prima delle 20:00 un po' preoccupati di non trovare posto per l'ora.
Entrati nel cortile e scesa una rampa di scale scopriamo che il nome non è casuale, è proprio un
caveau (cantina) e scopriamo anche che, entrando in una sala vuota, siamo i primi.
L'ambiente è rustico-elegante, sovrastati da travi a vista su un pavimento di cotto sfilano i tavoli
ben apparecchiati con tovaglie beige.
La qualità dei piatti è decisamente elevata, Alessandra prende degli asparagi in pasta sfoglia,
mentre io scelgo un salmone con verdure. Decidiamo di buttarci e prendere una piccola brocca di
vino. Circa a caso scegliamo un “Muscat d'Alsace”, confidando che si tratti di un vino tipico.
Per dolce un gelato alla vaniglia con uvette sottospirito spolverato di cacao a forma di torta flambee affacciato su un laghetto di cremina alla vaniglia. Buono e leggero.
Torniamo satolli, contenti e più leggeri di 42,30€ al nostro Bed&Breakfast.
18
Caveau du Vigneron, 5 Grand' Rue, Hunawihr
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30/4 Lunedì – Friburgo
Colazione non proprio rapida, ma frugale, sempre con la comitiva belga di ieri. Una signora di
questo gruppo appena seduta, espone sulla tavola le sue provviste: un salamino e i formaggini.
Non riesce a nascondere il suo disappunto quando si accorge che questa mattina, a differenza
dei giorni precedenti, il petit-dejuner del B&B include una specie di prosciutto crudo al posto della
torta.
Verso le 10:00 partiamo per Friburgo che si trova a 50km da qui, passato il Reno ed entrati in
Germania.
E sono 50km davvero piacevoli attraverso una rigogliosa campagna verde, di quel bel verde vivo
e sano, di quelli che rinfrancano lo spirito e riposano la vista. Complice è sicuramente il tempo
stupendo: nemmeno una nuvola, manco a pagarla. Siamo nella foresta nera, ma di nero c'è ben
poco.
A Friburgo seguiamo le indicazioni per Statdmitte,
come ci aveva consigliato la proprietaria del
Bed&Breakfast, indicazioni non particolarmente
assidue, tanto che ad un certo punto vediamo sulla destra una guglia di una chiesa e giriamo decisi
cercando un posto dove parcheggiare. Purtroppo
la situazione sembra anche peggio di Kaysersberg. Ogni zona è contrassegnata dai segnali di
sosta regolamentata. Alla fine ci rassegnamo e sistemiamo la macchina vicino ad un parchimetro.
Non avendo monete entro in un bar a chiedere se
mi cambiano un po' di spiccioli e intanto chiedo
quanto ci tocca sborsare per lasciare l'auto tutta la
giornata. La cassiera risponde che non è possibile
Una casa rossa davanti alla cattedrale di Friburgo
lasciarla per più di 2h. Chiedo allora se c'è un parcheggio coperto e lei mi dice che i parcheggi coperti sono dall'altra parte del fiume... in centro. Uops! Nella fretta siamo finiti in periferia anziché in
centro.
Ecco, se arrivate a Friburgo da ovest, magari proprio da Colmar tenete presente che il centro rimane sulla vostra sinistra al di là del fiume. Noi abbiamo lasciato la macchina al parcheggio
Schlossberg. Arrivando da Colmar, girate a sinistra passando il fiume, tenete circa la destra e
avrete alla vostra destra una collina, l'ingresso al parcheggio è ancora sulla destra con una rampa che torna indietro e attraversa la strada da cui arrivate. Non ho delle azioni di questo parcheggio, ma la posizione è buona per iniziare la visita del centro storico.
Dal parcheggio diparte una stradina stretta tra case antiche e guidata da due bassi canaletti laterali. Ho letto da qualche parte che questi canaletti che scorrono per tutta la città, in passato, servivano per domare gli incendi. Vista la quantità d'acqua probabilmente gli incendi erano molto piccoli.
Ci affacciamo sulla piazza della cattedrale dal lato destro. Ecco un'altra cattedrale gotica con tutte
le carte in regola. Forse un po' meno decorata di quella di Strasburgo, è comunque un edificio
notevole.
Intorno alla cattedrale si dipana il mercato, in cui si vende un po' di tutto da frutta e verdura alle
carabattole per i turisti. Accediamo all'interno della cattedrale. Una delle cose che più ci colpisce
è una foto aerea scattata alla chiesa al termine della seconda guerra mondiale che mostra una
Friburgo completamente rasa al suolo tranne questa chiesa. Infatti questo è uno dei pochi edifici
ad essere scampato indenne ai bombardamenti.
La parte di chiesa che corre attorno al coro dell'altare maggiore è visitabile dietro offerta obbligatoria di 1€. Al conferimento del quale ci viene anche prestato un pieghevole in italiano che descrive le varie opere contenute nelle cappelle.
Friburgo è una cittadina vivace e viva, probabilmente complice il fatto di essere una sede universitaria. Il centro non ha molte case a graticcio, anzi, ne ha proprio poche, ci sono però delle case
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particolari per colori e decorazioni. E' piacevole gironzolare per le stradine. Pranziamo con un
cono gelato nella piazza del municipio.
Percorriamo ancora un po' le strade affollate e, nel primo pomeriggio, facciamo ritorno alla macchina.
Ritorniamo verso Colmar, ma decidiamo di fermarci ancora un po' in Germania e più precisamente a Breisach: un paesino minuto sulla riva Tedesca del Reno. Come paese non è niente di spettacolare, la chiesa è stata ricostruita dopo i bombardamenti dell'ultima guerra e non ci sono monumenti degni di particolare rilevanza, è tuttavia grazioso e la campagna intorno è un richiamo
potente al relax. Decidiamo di fare quattro passi sul Reno... cioè non nel senso di camminare sulle acque, ma sul lungo fiume. C'è anche una chiusa per il passaggio delle barche tra due diversi
livelli del fiume. Il fiume è abbastanza affollato di barche a vela, ma nessuna passa dalla chiusa,
peccato: ero curioso di vedere una di queste macchine in funzione.
Torniamo verso l'auto, ma prima di tornare a “casa” decidiamo di mettere la ciliegina sulla torta di
questa giornata teutonica mettendo una ... torta dentro la nostra pancia e una coppa di frutta e
panna e gelato. La torta ovviamente non poteva che essere una ... Selva Nera.
Arriviamo al Bed&Breakfast di Hunawhir e ci prepariamo per andare a Colmar. Infatti abbiamo letto che, la sera, il centro viene illuminato da giochi di luce e ci aspettiamo una visita suggestiva.
La prima cosa che ci colpisce della seconda visita a Colmar è l'assenza della gente. Tanto era
piena di gente la città due giorni prima, tanto ne è vuota ora... eppure non è tardi, è ancora chiaro
e non fa freddo. Vediamo in giro pochi e sparuti turisti. Be' non c'è che dire, così ce la gustiamo
ancora di più. Rifacciamo circa lo stesso giro fino a che decidiamo che è arrivata l'ora di cena.
Scegliamo lo “Streusel”19 vicino all'antica dogana. Visto che le spiegazioni di due giorni fa non ci
avevano convinto proviamo la torta flambee forti del fatto che, se viene servita con l'insalata, poi
così dolce non può essere.
E infatti la torta flambee salata è una specie di piadina molto sottile, su cui viene messo vario
condimento, tipo patate e formaggio, oppure asparagi. Il contorno è tipicamente un'insalatina.
Soddisfatti della cena, paghiamo 25,20€ di conto e ripartiamo all'esplorazione notturna di Colmar.
Non c'è che dire, Colmar di sera è veramente suggestiva. Le case e i monumenti sono illuminati
da proiettori colorati che creano curiosi effetti di luce. Case ed edifici fantasma che si affacciano
sui canali. Riusciamo anche a fare qualche foto, sebbene un fotografo professionista italiano,
pensando probabilmente che eravamo francesi o tedeschi, sbotti sottovoce alla sua compagna su
dove pensavamo di andare con una macchinetta così, in attesa che gli liberassimo il posto.
Invece, alla faccia sua, le foto vengono piuttosto bene... anche con una macchinetta così.
Concluso il giro torniamo al parcheggio che è deserto, per fortuna non completamente: la nostra
auto c'è ancora. Paghiamo e torniamo alla base.
1/5 Martedì – Kaysersberg, Eguisheim.
Primo maggio festa dei lavoratori di tutto il mondo, compresi i dipendenti che lavorano al castello
di Haut Koenigsburg, come apprendiamo con un po' di rammarico. Non tanto perché loro sono in
vacanza, come è giusto che sia, ma perché avevamo programmato di andare oggi a visitare questo castello.
Chiediamo alla proprietaria quali alternative ci consiglia. Lei ci suggerisce di visitare l'eco-museo.
Ma con una giornata come questa non ce la sentiamo proprio di rinchiuderci in un museo per
quanto interessante e accattivante possa essere. Anche oggi il cielo di un blu intenso non ha
nemmeno una nuvola e il tepore si sente già di primo mattino.
Controlliamo per l'ennesima volta la stanza e finalmente, dopo aver pagato e salutato tutti, partiamo.
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Le Streusel, 4 passage de l'ancienne douane, Colmar
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Decidiamo che se Haut Koenigsburg ci fa il gesto dell'ombrello, noi andremo a farci un giro per la campagna. Puntiamo su
Kaysersberg dove avevamo visto il punto di partenza di un
paio di passeggiate tranquille. Arriviamo così, fino a tarda mattinata, camminando tra le dolci salite e discese nei vigneti. Ci
sono sicuramente passeggiate più impegnative, ma noi ci accontentiamo di un giro non eccessivamente faticoso. Anche
così si riesce ad apprezzare la tranquillità di questi luoghi ameni. Dolci colline diligentemente rigate dai filari, solitarie stradine
sterrate che le costeggiano, piccoli borghi assiepati attorno al
loro campanile.
Torniamo soddisfatti alla macchina e partiamo alla volta di
Eguisheim. Avevamo letto di questa città su un diario su internet e l'entusiasmo della descrizione ci aveva colpito. Purtroppo
però, la nostra cartina non riporta questa località e l'unica indicazione che abbiamo è quella di andare verso Turkheim.
Il sole è al centro di un cielo uniformemente blu, mentre noi vaghiamo per la campagna alsaziana scrutando i cartelli indicatori. La segnaletica non è proprio il punto forte della regione.
La rocca di Kaysersberg
Dopo una buona mezz'ora di strada, dopo aver chiesto informazioni a più riprese facendo finta di parlare, ma soprattutto di capire, il francese, riusciamo ad
arrivare a questo paesino.
Iniziamo la visita di Eguisheim lungo una strada curva piena di case a graticcio. Qui troviamo sicuramente le case a graticcio più caratteristiche, tutte addossate tra loro a delimitare il perimetro
del paese. Presto ci rendiamo conto che in questo paese l'urbanistica si è sviluppata a cerchi
concentrici attorno ad un castello. In effetti non si tratta esattamente di un castello, ma di una piccola rocca, tra l'altro privata e non visitabile. Vicino-vicino per tenere compagnia a quello che resta della rocca c'è una piccola chiesetta.
Mentre riprendo il nido di cicogna sul campanile della chiesa, dove è appena atterrato un cicognone, ecco che riparte la sua compagna, proprio davanti all'obbiettivo della telecamera... che
fondo!
Dopo aver percorso i vicoli non ci resta che condividere
pienamente l'entusiasmo dei viaggiatori di cui avevamo letto su internet. Eguisheim è veramente uno dei paesini più
belli tra quelli che abbiamo visto in Alsazia, sarebbe stato
un peccato perderselo. Su molte case, discreti cartelli annunciano la possibilità di affittarle. I prezzi esposti in qualche caso però sono piuttosto inavvicinabili.
Già che ci siamo pranziamo velocemente in una crêperia.
Non che si mangi male, ma probabilmente le crêpe sono tipiche di qualche altra zona della Francia, qui sarebbe stato
meglio optare per piatti diversi.
Prima di partire compriamo da un banchetto due Pretzel, i
tipici biscotti salati “a fiocco” tedeschi francesi.
Mentre entravamo in Eguisheim avevamo visto le indicazioni per Trois Chateaux (i tre castelli) e decidiamo che
possiamo andare a dare un'occhiata.
La strada si inerpica prima tra le viti, poi tra i boschi. I cartelli non sono proprio ad ogni incrocio, ma alla fine individuiamo il parcheggio. Stiamo per fermare la macchina
quando un omino... be', diciamo un omotto, ci fa dei gesti,
una stradina di Eguisheim
ci dice delle cose in francese e in ... comprensibili. Alla fine
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seguiamo la direzione dei suoi sbracciamenti20 e vediamo che da un'auto parcheggiata, circa
esattamente dove volevamo mettere la nostra Scenic, esce, in maniera molto poco rassicurante,
del fumo. Cerchiamo di capire un po' meglio la situazione, ma abbiamo visto troppi film di Hollywood per lasciare la nostra auto di fianco ad un'auto fumante e così parcheggiamo nel posto più
lontano possibile (con varie auto in mezzo).
I Trois Chateaux si raggiungono tramite un sentierino a pochi minuti dal parcheggio. Sono tre ruderi di torri, con tanto di targa che descrive di come “La Società per il Recupero e La Conservazione di Queste Macerie di un Possibile Passato Glorioso” si sia presa la briga di conservarli e,
prima o poi, restaurarli. Per il momento la visita è deludente assai: non si può nemmeno entrare!
Un po' scornati per questa trappola turistica, torniamo al parcheggio in tempo per vedere camion
e camionetta dei pompieri accompagnati da un'auto della Gendarmerie allontanarsi dalla macchina fumante di prima. Intorno c'è una gran pozza di bagnato e ci sono pure i due proprietari che la
stanno aprendo. Tutto è bene quel che finisce bene.
E, a proposito di finire, anche il tempo delle nostre vacanze volge al termine, è l'ora del ritorno anche se piange il cuore lasciare un tempo così splendido e dei luoghi decisamente piacevoli (ruderi a parte).
Riavvolgiamo il nastro d'asfalto che ci ha portato fin qui: Basilea, il traforo del S. Gottardo, il brutto
tempo delle Alpi Svizzere con qualche goccia di pioggia. Tutta la strada scorre senza intoppi fino
a un chilometro prima del confine di Como, dove ... inizia la coda. Si tratta solo di 800m di coda
che si trasforma in traffico intenso e rallentato una volta passato il confine, ma a parte questo tutto bene e sicuramente infinitamente meglio di chi sta tornando in questo momento dal mare o
dall'Italia centro-meridionale.
Il tempo è cupo, il verde malsano dei campi è più grigio del cielo... le vacanze sono proprio
finite... per il momento, ma ci portiamo dentro degli stupendi ricordi ... a graticcio.
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Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito.
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