Outdoor Training e competenze: i dubbi di un direttore vendite

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Outdoor Training e competenze: i dubbi di un direttore vendite
Outdoor Training e competenze: i dubbi di un direttore vendite
di Luciana Zanon
L’Outdoor Training è ormai conosciuto dalle aziende e moltissime società di
consulenza inseriscono abitualmente nel loro carnet di offerte anche questa attività.
Ma perché e quando un’azienda dovrebbe ricorrere a questo tipo di formazione non è
sempre chiaro.
A dir la verità a guidarmi in questo ragionamento è stata una discussione di qualche
sera fa con un amico, direttore vendite in una società farmaceutica. Siccome ha due
bambini di una decina d’anni, ero passata da lui alla ricerca della cassetta di
Pochaontas, che ormai si trova con una certa difficoltà nei negozi di videonoleggio.
Naturalmente era molto curioso di sapere perché mai volessi questa cassetta e
quando gli risposi che mi serviva per un progetto di formazione esperienziale fu come
aprire il vaso di Pandora. Cominciò infatti ad assillarmi con una sfilza di domande,
corredate da battute sornione e commenti perplessi, che però potrei riassumere in
un’unica domanda fondamentale: “Ma perché mai dovrei sceglier di fare un
outdoor rispetto alla formazione tradizionale in aula?”
Di fatto il mio amico faceva riferimento ad una sua esperienza. Qualche mese prima,
aveva richiesto al suo servizio formazione un intervento, di quelli classici diceva lui ,
per i suoi uomini della vendita. Fatto sta che i suoi colleghi della formazione , non so
con quali argomenti , lo convinsero a sperimentare un intervento di formazione sì, ma
formazione outdoor.
“La stagione era bella, il posto scelto magnifico e quindi un po’ per curiosità, un po’
perché non avevo argomenti per controbattere, ho accettato questa novità”.
“Ma non sei stato contento?”
“Come no! I miei uomini erano entusiasti, è stato un po’ caro eh…, però loro erano
veramente contenti. Ma io ancora adesso non ho capito perché dovrei scegliere
un’esperienza come questa piuttosto che la formazione così come l’ho sempre fatta io
e che funziona benissimo”.
Confesso che mi sentivo leggermente innervosita da queste osservazioni un po’ banali,
ma si sa , spesso gli uomini d’azienda, quelli della vendita in particolare,
rappresentano per noi formatori dei personaggi fin troppo pragmatici.
Visto però che mi ero presentata a casa sua piuttosto tardi alla ricerca della mia
cassetta, per ragioni di pubbliche relazioni ho cercato di controllare la mia irritazione.
Riflettendo poi con più calma, ho considerato l’interrogativo del mio amico non solo
degno di attenzione, ma una stuzzicante sollecitazione per i professionisti di Outdoor a
tradurre in un linguaggio aziendale comprensibile le ragioni che motivano la scelta di
questo tipo di intervento rispetto alla tradizionale formazione d’aula. Far luce su
questo punto, pensavo fra me e me, potrebbe anche aiutare le aziende a formulare
delle richieste per interventi outdoor più chiare e consapevoli rispetto a quelle
classiche del tipo “fare gruppo, creare spirito di squadra, aumentare
l’entusiasmo….ecc”.
“Certo sono tornati contenti, erano molto gasati….”
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Entusiasmo, divertimento, energia, coinvolgimento sono i temi che
immediatamente vengono avvertiti e di cui poi ci si ricorda quando si vive
un’esperienza di Outdoor Training.
Durante le attività non credo di aver mai visto nessuno annoiarsi, sbadigliare o
guardare l’orologio. I coffee break talvolta non esistono, ma non sembra che qualcuno
si lamenti di questo. Anche i fumatori più incalliti, quando c’è da portare a termine
una sfida si dimenticano delle sigarette.
Si certo, nelle attività di Outdoor c’è molta energia in circolo e la si percepisce
immediatamente. Adulti più che cresciuti, dirigenti temprati, venditori d’assalto
mentre sono impegnati nelle attività sono completamente concentrati sul compito e
come bambini eccitati, interamente compresi nel loro gioco, non si accorgono del
tempo che passa, del freddo, della fatica. Probabilmente perché ci si sperimenta in
attività nuove, all’aria aperta, con altri colleghi. Forse perché scatta la competizione,
il gusto del rischio e dell’avventura.
Ma questo ancora non risponde alla domanda del mio amico.
Io, esperta nell’apprendimento, posso dire che quando c’è un coinvolgimento così
elevato, quando non solo le facoltà cognitive sono ingaggiate, quando tutto il corpo
partecipa all’attività, ecco allora che l’apprendimento viene facilitato, rimane impresso,
duraturo nel tempo, marcato nella mente e nel cuore dei miei partecipanti. Quando
l’apprendimento passa attraverso il gioco e assume le caratteristiche di sfida tutte le
facoltà creative dell’individuo e del gruppo gareggiano per raggiungere un risultato
comune che poi rimarrà consolidato nella nostra memoria come un patrimonio di
esperienza per il futuro.
“Si questo lo capisco anch’io, ma tu spiegami cosa serve a dei venditori costruire un
ponte tibetano o a dei dirigenti imbragarsi per fare una parete di roccia?”
Ho suggerito al mio amico alcune letture che potessero aiutarlo a definire meglio che
cosa fosse Outdoor ma lui, insistente, si impuntava per sviscerare l’argomento.
“D’accordo hai ragione, ma tu quando chiedi una formazione per i tuoi venditori che
cosa vuoi esattamente? Troppo facile dire che sappiano vendere, raggiungere il
budget…Prova a definire esattamente quali sono le competenze necessarie ai
venditori della tua azienda, in questo momento…”
A questo punto è stato abbastanza naturale che il discorso scivolasse sul tema delle
competenze. Entrambi abbiamo convenuto sul fatto che già la definizione di
competenza risulta alquanto difficoltosa all’interno delle aziende.
“Non mi vorrai dire che ogni volta che un’azienda necessita di un corso di formazione
deve mettere in piedi un’analisi delle competenze, utile certo, ma sicuramente non di
rapida realizzazione …..”
“Certo, non sempre è possibile e non sempre è necessario. Ma forse quello che
sarebbe necessario è una definizione di una, due, o anche tre competenze che il
committente vuole sviluppare con un intervento di formazione. Ad esempio tu che
cosa avevi in mente quando hai richiesto quel famoso intervento?”
“Beh, ci sono diverse cose che a me stanno a cuore nel mio gruppo di lavoro, ad
esempio una scarsa capacità di coordinamento della rete dei venditori fra di loro e,
nello stesso tempo, fra la rete dei venditori e il servizio vendita interno. Inoltre vorrei
che i miei uomini fossero in grado di portare all’interno delle informazioni utili
all’azienda. E poi vorrei coltivare la loro capacità di sviluppare analisi efficaci di tipo
quantitativo, di fare delle previsioni, pianificazioni, di ottimizzare le risorse a
disposizione e conseguire obiettivi sfidanti. Mi piacerebbe accrescere la loro
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adattabilità a contesti diversi, vorrei che fossero in grado di mutare il comportamento
e/o la presentazione di se stessi in contesti diversi…”
“Ehi… calma un attimo, ci serve solo qualche esempio, tanto per intendersi non ti sto
facendo un’intervista per un progetto di formazione…”
A questo punto è chiaro che siamo arrivati al momento in cui si chiarisce con il nostro
committente quali siano esattamente le competenze che intende sviluppare.
Non è per niente strano ad esempio che in questo momento, in cui il formatore chiede
una definizione precisa di competenze per poi costruire il suo progetto, i nostri
committenti scoprano o di avere idee molto diverse sul genere di competenze che
intendono sviluppare oppure si accorgano di attribuire differenti significati alle
medesime parole.
Questo momento può diventare realmente chiarificatore non solo nella prospettiva di
un intervento formativo esperienziale, ma anche nell’ottica di una cultura aziendale
maggiormente condivisa.
Livraghi e Protasoni suggeriscono come uno dei necessari metri di misura per definire
le competenze, sia la definizione dei comportamenti osservabili, ovvero non quello che
la persona sa ma cosa fa concretamente una persona che possiede quella
competenza.
E dunque, se decidiamo di seguire questo suggerimento, insieme al nostro
committente saremo tenuti non solo a definire concettualmente le competenze, ma
anche le azioni osservabili che identificano tale competenza. Questo sarà in qualche
modo il faro che guiderà committente e formatore a progettare e a condividere un
intervento di formazione outdoor.
“Allora prendiamo una delle prime competenze che hai elencato : capacità di
coordinamento della rete dei venditori fra di loro e, nello stesso tempo, fra la rete dei
venditori e il servizio vendita interno. Proviamo a costruire insieme una serie di
azioni osservabili che possano rendere esplicita questa competenza”.
Dopo una non semplicissima discussione, siamo riusciti a stilare una lista di azioni che
sembrava ad entrambi in grado di soddisfare le nostre esigenze:
Capacità di coordinamento della rete dei venditori fra di loro e fra la rete dei
venditori
e il servizio vendita interno. Gestire (acquisire, conservare,
trasferire) informazioni.
Azioni corrispondenti:
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Spiega chiaramente la sua posizione/idea
Trasmette le informazioni in modo chiaro
Verifica che le informazioni siano state comprese
Richiede informazioni
Verifica di aver compreso correttamente
Trasmette know kow
Da istruzioni
Chiede istruzioni
Fa domande ai colleghi
Ascolta senza interrompere i pareri diversi
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Naturalmente con un altro committente l’elenco delle azioni avrebbe potuto essere
molto diverso, ma questo sembrava essere quello più in grado di soddisfare il mio
amico, insonne nonostante l’orario.
Insonne al punto che, divertito da questo balocco voleva rifare il giochetto con un’altra
competenza.
“OK d’accordo, prendiamo ad esempio l’ultima competenza di cui parlavi: capacità di
sviluppare analisi efficaci di tipo quantitativo, di fare delle previsioni, pianificazioni, di
ottimizzare le risorse a disposizione e conseguire obiettivi sfidanti”.
Capacità di sviluppare analisi efficaci di tipo quantitativo, di fare delle
previsioni, pianificazioni, di ottimizzare le risorse a disposizione e conseguire
obiettivi sfidanti.
Azioni corrispondenti:
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Analizza sistematicamente le risorse a disposizione
Verifica e controlla la variabile tempo
Stabilisce delle priorità
Propone tempi e metodi
Verifica le iniziative dei concorrenti
Comunica in modo tempestivo le informazioni in suo possesso
Si espone e definisce degli obiettivi misurabili
Controlla in itinere il loro possibile raggiungimento
Propone delle variazioni in tempo reale
Incoraggia gli altri a rialzare gli obiettivi.
“Interessante, mi piacerebbe effettivamente confrontarmi con i miei colleghi per
verificare se anche loro condividono le mie stesse idee per quel che riguarda queste
due competenze… ad ogni modo, che cosa te ne fai adesso di queste due liste di
“azioni osservabili”?”
Ah, quando si dice gli amici!
“A questo punto progetterò il mio Outdoor Training tenendo presente queste “azioni
osservabili” . Ciò vuol dire che qualsiasi attività io decida di inserire dovrò fare in
modo che le “azioni osservabili” siano realmente riscontrabili in quel tipo di attività.
Dovranno essere “osservabili” anche agli occhi dei partecipanti, che nel momento del
debrief, rifletteranno sulla loro stessa performance e quella dei colleghi alla luce di
queste azioni…..”
“Fammi un esempio….”
“Prendiamo ad esempio la prima competenza. Una bella attività potrebbe essere la
costruzione di una macchina, utilizzando assi di legno, rotelle, corde, pezzi di tela
eccetera. Naturalmente, per aumentare la sfida, il tempo sarà limitato e la macchina
dovrà gareggiare con quelle degli altri gruppi.
Il gruppo si dividerà in progettisti ed operativi. I primi avranno il compito di progettare
le modalità di costruzione, di comunicare tali modalità agli operativi e di
supervisionare il loro lavoro. I secondi dovranno ovviamente realizzare il progetto,
coordinandosi al loro interno. Visto che a noi interessa in modo particolare il passaggio
delle informazioni, potremo prevedere momenti diversi in cui i progettisti comunicano
con gli operativi.
Il trainer focalizzerà la sua attenzione sulle modalità utilizzate dai partecipanti proprio
sul passaggio delle informazioni.”
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“Sembra divertente…..beh anche interessante… e per la seconda competenza cosa
proporresti?”.
Indomito l’amico che non accennava a nessun tentennamento.
“Beh…..per farla molto breve, potremo pensare, ad esempio, alla scalata di una parete
di roccia. Ogni partecipante, scalando la parete, potrà conquistare per il proprio
gruppo un punteggio che sarà diverso a seconda degli ostacoli che supera. Il gruppo
dichiarerà preventivamente il risultato finale che pensa di raggiungere, tenendo conto
che dovrà essere un risultato sfidante. Per raggiungere al meglio l’obiettivo, il gruppo
dovrà analizzare tutte le risorse a disposizione e le modalità con cui utilizzarle, dovrà
stabilire delle priorità e controllare in itinere lo stato dei lavori. Come puoi
immaginare, tutte le “azioni osservabili” che avevamo identificato sono basilari per
riuscire in questa attività”.
“Si, mi stai convincendo… ma una volta finito il gioco?”
Almeno lo stavo convincendo, visto che a questo punto la mezzanotte era già
passata….
“Dopo ogni attività è fondamentale riflettere su quanto è successo, fare il debriefing.
Questo è un momento molto apprezzato dove il gruppo ha la possibilità di auto
celebrarsi, di congratularsi l’un con l’altro, di esprimere l’entusiasmo o, nel caso, la
frustrazione che ha vissuto durante la prova. Anche questo è un momento assai
coinvolgente, con un’energia diversa rispetto a quella adrenalinica che circolava
prima, durante l’attività. Ma anche in questo caso le persone sono realmente partecipi
ed è assai raro vedere qualcuno che si distragga o si annoi. Ciò che è maggiormente
apprezzato è la possibilità di riflettere su come si è lavorato, opportunità non sempre
possibile all’interno dell'azienda. Ma anche la possibilità di dare e ricevere feedback,
siano essi positivi che negativi, dai propri compagni di ventura”.
“Si ma le famose competenze con le relative “azioni osservabili”?”
“L’abilità del trainer sarà quella di facilitare, attraverso la discussione, la riflessione
proprio su quelli che sono i comportamenti che definiscono la nostra competenza. E
dunque ognuno potrà chiedersi ad esempio come, mentre stava progettando la
costruzione della macchina, ha trasmesso le informazioni che possedeva ai suoi
colleghi operativi e se si è mai preoccupato, durante tutta l’attività, di verificarne l’
effettiva la comprensione. I suoi compagni, di rimando, potranno dirgli in quali
momenti è riuscito ha trasmettere le informazioni e in quali no. Potranno riflettere se
loro stessi si sono preoccupati di ascoltare attentamente e di chiedere ulteriori
delucidazioni, senza dare nulla per scontato.
L’attenzione sarà quindi focalizzata su quei processi che costituiscono l’obiettivo del
nostro intervento formativo. Il passaggio successivo sarà quello di riportare queste
considerazioni al contesto lavorativo abituale, valutando quindi il possibile
trasferimento delle consapevolezze acquisite.
E’ fondamentale che il trainer non si faccia influenzare in questo momento dal suo
ruolo di formatore e che dunque non ceda alla tentazione di fare lezioni, fornire
modelli, dare interpretazioni. Il suo ruolo è quello del facilitatore che guida attraverso
delle domande stimolo, ma che poi lascia al gruppo il compito di trarre le conseguenze
di quanto è accaduto e proporre percorsi per il futuro”.
“…quasi convinto, mi rimane solo un piccolo dubbio”.
Dopo questa serata può essere che io conquisti un cliente ma temo che fra un po’
perderò un amico.
“D’accordo e quale sarebbe questo piccolo dubbio?”
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“Non mi è completamente chiaro quali sono le differenze tra simulazioni, role playing,
analisi dei casi e Outdoor Training? Anche lì sono i partecipanti che devono risolvere
questioni, mettersi in gioco in prima persona….”
“L’argomento meriterebbe effettivamente un approfondimento, ma giusto per
concludere la serata e dissolvere il tuo piccolo dubbio, ti dirò che la prerogativa
dell’Outdoor è il fatto di mettere le persone in situazioni inusuali. Divertenti, sfidanti
anche se alla portata di tutti, ma decisamente inusuali e non legate agli abituali temi
lavorativi. In questo modo, uscendo da quella che viene definita “area di comfort”,
non potendo ricorrere alle consuete modalità operative, le persone riescono a far
emergere e a sperimentare possibilità creative talvolta insospettabili. Allo stesso modo
l’elevato livello di coinvolgimento che viene sperimentato nel corso di attività
emozionanti fa sì che le persone si giochino fino in fondo, facendo emergere i
meccanismi del gruppo in modo molto chiaro e genuino. Ovviamente proprio per
questi motivi la sensibilità professionale di chi gestisce queste le attività di outdoor è
altamente raccomandabile, Ma questo ci porterebbe molto lontano nel nostro discorso
e adesso si è fatto veramente tardi….”
Mi abbottono finalmente la giacca, infilo la mia meritata cassetta nella borsa e mi
avvio, accompagnata dall’ amico, verso la porta.
“Ah… dimenticavo di chiederti, ma alla fine, cosa c’entra Pochaontas con le
competenze e l’Outdoor ?”
“Nulla, è solo per costruire la metafora…”
“La metafora? Cioè…..?”
“Eh…. della metafora magari ne parliamo in un’altra serata. Adesso, amico caro,
buona notte davvero”.
Note sull’autore
Luciana Zanon, vive e lavora a Milano come consulente di coaching, formazione e outdoor
training. Opera in azienda su temi come comunicazione, leadership, conflitto, cambiamento, stress,
teamworking. Progetta seminari e percorsi di coaching integrando aspetti cognitivi, emotivi e,
grazie alle arti marziali orientali, sensoriali.
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