contratti incompleti - Dipartimento di Economia e Diritto

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contratti incompleti - Dipartimento di Economia e Diritto
Che cos’è un contratto incompleto?
Si definisce incompleto il contratto sottoscritto da due o più soggetti, i cui termini siano osservabili dalle parti
contrattuali ma non verificabili ed eseguibili (enforceable) con certezza e in via forzosa, da terze parti (un
giudice o un arbitro) nel caso in cui sorgano controversie tra i contraenti.
Cause di incompletezza contrattuale (Hart e Holmstrom, 1987; Milgrom e Roberts, 1990; Tirole, 1999):
1. l’impossibilità da parte dei contraenti di prevedere ogni possibile contingenza futura che dovesse verificarsi
nel corso della relazione;
2. gli elevati costi di contrattazione (bargaining costs) sostenuti dalle parti per accordarsi su ogni singola
circostanza e il costo di descriverla (in modo non ambiguo) nel contratto;
3. il costo di ricorrere al sistema legale per ottenere l’adempimento del contratto;
4. la difficoltà di ottenere l’enforcement del contratto, a causa delle informazioni asimmetriche esistenti tra le
parti riguardo ad azioni, caratteristiche o stati del mondo (non osservabilità), oppure alla difficoltà di
trasmettere queste informazioni − anche se condivise tra le parti − all’autorità esterna (non verificabilità);
5. in alcune circostanze, il rischio di dare luogo a comportamenti distorti (dysfunctional) induce le parti a
lasciare fuori dal contratto anche elementi verificabili (“incompletezza endogena”), al fine di permettere un
adattamento efficiente del contratto nel corso del suo adempimento.
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Il problema di hold-up
Definiamo il grado di specificità di una risorsa produttiva (asset) (o di un investimento) come il grado di
riutilizzo della risorsa in impieghi alternativi senza che ciò comporti una diminuzione del valore della risorsa
stessa o costi significativi di riqualificazione (switching costs).
Distinguiamo le seguenti diverse forme di specificità:
(i) Specificità della localizzazione (site specificity), relativa a risorse che per motivi geografici comportano
un valore minore se utilizzate per transazioni la cui localizzazione comporta più elevati costi di
trasporto (ad esempio la miniera vicino alla ferrovia; l’impresa di trasformazione chimica vicino alla
raffineria e così via);
(ii) Specificità fisica o materiale (physical asset specificity) relativa alle caratteristiche materiali di una
risorsa rispetto ad altre risorse o altre componenti di un dato prodotto o processo produttivo;
(iii) Specificità del capitale umano (human asset specificity) relativa a investimenti in formazione
specialistica e in learning-by-doing, il cui valore diminuisce o si annulla se impiegati in attività
alternative (si pensi al costo opportunità della frequenza di un corso di lingua giapponese per un
impiego in Italia);
(iv) Risorse dedicate o idiosincratiche (dedicated or idiosyncratic asset) relative ad investimenti
personalizzati mirati ad un’unica attività o ad una particolare clientela, per i quali il grado di specificità è
massimo.
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Williamson e l’Approccio NIE
Secondo Williamson (1985, 140):
“(1) la specificità delle risorse si riferisce agli investimenti durevoli effettuati come supporto di particolari
transazioni, investimenti il cui costo–opportunità è molto minore di quello che si avrebbe nei migliori impieghi
alternativi o per un soggetto alternativo qualora la transazione dovesse concludersi prematuramente;
(2) in queste circostanze la specifica identità delle parti della transazione è estremamente rilevante, il che
equivale a dire che si attribuisce importanza alla continuità del rapporto;
(3) le transazioni di questo tipo hanno il supporto di salvaguardie contrattuali e organizzative che sono
superflue (darebbero luogo a costi evitabili) nel caso della più nota varietà neoclassica (non specifica) delle
transazioni”.
Un investimento specifico produce una quasi rendita data dalla differenza tra il valore dell’investimento
all’interno della relazione contrattuale specifica e il valore del medesimo investimento nel migliore uso
alternativo (Klein, Crawford e Alchian, 1978).
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Opportunismo post-contrattuale
L’impossibilità di ottenere da un soggetto terzo una piena verifica delle promesse contrattuali espone i
contraenti al rischio di opportunismo post-contrattuale (o di hold-up) della controparte:
- dal momento che la controparte non può rivolgersi a un giudice per ottenere l’esecuzione forzosa del contratto
(specific performance) o il pagamento di danni proporzionali ai guadagni attesi (expected damages), ciascun
soggetto ha incentivo a ritardare o a non effettuare affatto la realizzazione dei propri investimenti, in modo da (i)
evitare di vincolarsi alla relazione contrattuale prima di esser certo che anche l’altro abbia fatto altrettanto; (ii)
approfittare dell’eventuale investimento dell’altro per rinegoziare i termini contrattuali prima di realizzare il
proprio investimento.
Questo rischio di dipendenza economica ex-post prende il nome di problema di hold-up (lett. ‘minaccia di
rapina’): il soggetto che effettua investimenti specifici in presenza di contratti incompleti si espone, in
conseguenza di ciò, al rischio di rinegoziazione o di interruzione della relazione contrattuale.
Nel caso di rinegoziazione dei termini contrattuali il soggetto che ha effettuato investimenti specifici si espone
al rischio di dover cedere parte dei guadagni attesi alla controparte contrattuale, in ragione del maggior grado
di dipendenza economica ex-post che caratterizza la sua partecipazione alla relazione contrattuale.
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Investimenti specifici unilaterali
Per illustrare questo caso, consideriamo dapprima il seguente esempio. Immaginiamo di avere due contraenti,
Pininfarina (P) e Ford (F), che devono effettuare il seguente contratto). Pininfarina disegna e produce la
carrozzeria di un nuovo modello di autovettura di cui Ford ha acquistato i diritti di proprietà intellettuale e che
intende immettere sul mercato. La ‘scocca’ della nuova autovettura, una volta prodotta, non è impiegabile in usi
alternativi (per altri modelli tradizionali) né da Ford, né tanto meno dai suoi concorrenti nell’industria
automobilistica (a meno che Ford non ceda a questi ultimi i diritti di produzione del modello). Ne deriva che la
produzione della carrozzeria da parte di Pininfarina si configuri come un investimento specifico.
Assumiamo la seguente struttura temporale del contratto.
t=0
Sottoscrizione del contratto
t=1
P investe nella carrozzeria
t=2
esecuzione del contratto
rinegoziazione o recesso
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§ La realizzazione del particolare modello di carrozzeria da parte di Pininfarina comporta un investimento
specifico s tale che 0<s<30 espressi in migliaia di euro.
§ In particolare assumiamo che, una volta acquisita la carrozzeria specifica di Pininfarina, Ford possa
venderla sul mercato ad un valore S’ ben più alto(S’=100) rispetto a quello (S=40) al quale sono venduti i
modelli esistenti di Ford.
Abbiamo dunque le seguenti possibilità:
(a)
investimento specifico di Pininfarina nella creazione di un nuovo modello, con generazione di un
surplus positivo rispetto al valore associato alla produzione dei tradizionali modelli (S’-S>0), ma anche
con un concreto rischio di hold-up da parte di Ford;
(b)
investimento generico da parte di Pininfarina con il conseguente costo-opportunità di rinunciare ad
una parte dei possibili guadagni attesi, ma con la certezza di non subire alcun rischio di hold-up.
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Assumiamo che le parti contrattino in t=0 che ciò che ciascuno ottiene individualmente è un valore pari alla
metà del valore sul mercato dell’automobile prodotta.
Ciò significa che, nel caso di investimenti generici di P (i=0), ciò che ciascuno otterrà individualmente è un
valore pari alla metà del valore di mercato dell’automobile prodotta (S=40), il che equivale a dire che P e F
fissano prezzo contrattuale di scambio della carrozzeria uguale a p=20; nel caso invece di investimenti
specifici l’automobile sarà venduta al prezzo S’=100 e ciò che ciascuno ottiene individualmente è 50 (che
equivale ad un prezzo contrattuale della carrozzeria pari a p’=50).
Se i contratti sono completi, le parti possono stabilire agevolmente quali sono le caratteristiche
dell’investimento di P che comportano una divisione dei guadagni tale da generare un livello ottimale degli
investimenti.
Se tuttavia i contratti sono incompleti, tali caratteristiche saranno non verificabili e la selezione di un
investimento specifico da parte di Pininfarina, può esporlo alla minaccia di rinegoziazione (hold-up) di Ford.
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Ad esempio nel caso in cui Ford detenga tutto il potere contrattuale nella fase di rinegoziazione ex-post
(potendo imporre alla controparte una scelta del tipo ‘prendere o lasciare’) questi avrà la capacità di spostare la
ripartizione dei guadagni ex-post dal punto contrattato z ad un punto quale y, nel quale Ford si appropria di
tutto il surplus atteso, lasciando cioè a Pinifarina un guadagno pari a quello che avrebbe ottenuto producendo
una carrozzeria generica.
Pininfarina
80
x
_
_
20
z (50, 50)
d_
_
20
80
8
y
Ford
Quale effetto produce questa possibile minaccia di hold-up di Ford in t=1 sugli incentivi di Pininfarina a
realizzare l’investimento specifico in t=0? Il seguente gioco sequenziale illustra il caso.
Stipula del contratto tra P ed F
t=0
P
investimento
specifico
investimento
generico
t=1
F
F
esecuzione
esecuzione
t=2
(50-s, 50)
hold -up
rinegoziazione
(20-s,80) (20,20)
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hold -up
rinegoziazione
uscita
(20,20)
Si immaginino un venditore S e un compratore B impegnati in un contratto incompleto che prevede la vendita di
S a B di bene intermedio specifico che B utilizza come un input per la realizzazione di un bene o di un servizio.
La realizzazione del bene intermedio richiede dunque investimenti specifici s>0 da parte di S, (dove s
rappresenta il costo dell’investimento specifico in unità monetarie correnti). L’investimento specifico sostenuto
da S riduce i costi sostenuti da S per la produzione del bene intermedio specifico. La funzione di costo di S,
c(s), è decrescente e convessa, con derivata prima rispetto ad s decrescente c’(s)<0 e derivata seconda
crescente c”(s)>0.
I costi complessivi sostenuti da S sono allora dati da c(s)+s. Immaginiamo inoltre che B abbia una valutazione
del bene pari a v, con v≥c(0). Il surplus netto generato dalla relazione contrattuale è dato allora da
W = v − c(s) − s .
La condizione di primo ordine per la massimizzazione del surplus netto è data da:
∂W
∂c( s*)
=−
−1 = 0
∂s
∂s
Assumiamo due distinti momenti temporali. In t=0 avviene il contratto, in t=1 vengono prese le decisioni di
investimento e in t=2 avviene lo scambio.
Nel caso di contratti completi in t=0 viene fissato un prezzo di scambio al periodo t=2, pari p.
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La funzione di profitto del venditore sarà allora data da
π S = p − c( s ) − s
la cui condizione di primo ordine (la massimizzazione rispetto all’investimento s) comporta
∂c( s*)
= −1.
∂s
Ciò significa che nel caso di contratti completi gli incentivi del venditore sono tali da spingere quest’ultimo
alla selezione di un livello di investimento s* tale da massimizzare il surplus aggregato.
Infatti, nel caso in cui il contratto sia incompleto, ad esempio a causa della incapacità delle parti di fissare
con certezza in t=0 il prezzo di scambio p in t=1, il prezzo effettivo di scambio in t=1 dipenderà dal potere
contrattuale delle parti.
Ad esempio, nel caso in cui le parti abbiano il medesimo potere contrattuale, con β=1/2 (soluzione di
bargaining di Nash), il prezzo di scambio in t=2 dovrà essere tale da eguagliare le rendite ottenute dai due
soggetti:
v − p = p − c(s)
ovvero
p=
v + c(s )
2
dove p è in questo caso il prezzo contrattato ex-post.
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Sostituendo l’espressione del prezzo ex-post nell’espressione del profitto del venditore si ottiene:
"S =
v c( s )
!
!s
2
2
la cui condizione di primo ordine è data da
"c( s°)
= !2
"s
che, data la convessità della funzione c(s), implica che, nel caso di incompletezza contrattuale, la scelta ottima
del venditore corrisponde ad un esito di sotto-investimento rispetto all’investimento ottimale nel caso di
completezza contrattuale, s°<s* .
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Investimenti specifici bilaterali
La presenza di investimenti specifici bilaterali è diversa?
Torniamo all’esempio illustrato nel precedente paragrafo, assumendo adesso che Pininfarina e Ford effettuino
entrambi investimenti specifici nel senso che la carrozzeria è specifica alle parti meccaniche ma anche queste
sono specifiche alla carrozzeria (in quanto, ad esempio, destinate ad occupare un certo spazio volumetrico).
Per semplificare assumiamo che il valore degli investimenti specifici (s per P e b per F) sia lo stesso per
entrambi e sia pari a 0<s<30, 0<b<30.
Carrozzeria e parti meccaniche sono complementari, nel particolare senso che ogni automobile ha bisogno di
entrambe le componenti, e co-specifiche, nel senso che la particolare automobile oggetto del contratto tra
Ford e Pininfarina è il prodotto dell’unione di una particolare carrozzeria con un particolare insieme di parti
meccaniche non facilmente adattabili ad usi alternativi (altri modelli di autovetture).
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Il problema che si pone in questo caso è un problema di coordinamento.
Se, nel nostro esempio, entrambi i contraenti, Ford e Pininfarina, ritardassero i propri investimenti, il risultato
sarebbe quello di ritrovarsi al periodo in cui il contratto deve essere eseguito (t=2) esattamente nella stessa
condizione in cui le parti si trovavano prima che il contratto fosse sottoscritto (t=0).
In altri termini, se nessuno dei due soggetti investe prima di osservare l’investimento della controparte, le
promesse contrattuali saranno incomplete e la sottoscrizione di un contratto non avrà alcuna efficacia.
Assumiamo che il surplus congiunto sia dato da S=100 e che le parti fissino in t=0 un prezzo di scambio p che
garantisce a ciascuno le metà del surplus ottenibile (il surplus sociale netto è dato da 60).
Agente P
Sottoinvestimento
Investimento specifico
20 , 20
80-s , (20-s)
(20-b) , 80-s
50-b , 50-s
Sottoinvestimento
Agente
F
Investimento
specifico
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Come si può facilmente osservare, nel caso di investimenti co-specifici, entrambi i soggetti hanno interesse a
sotto-investire (ovvero a dilazionare la scelta dell’investimento) indipendentemente da ciò che effettivamente
farà l’altro.
In altre parole, la strategia di sotto-investimento è una strategia dominante per entrambi i soggetti, in quanto,
da un lato, non è razionale vincolarsi unilateralmente al contratto, mentre dall’altro è sempre razionale
rinegoziare i termini se la controparte ha già effettuato l’investimento specifico.
L’esito è quello noto di un equilibrio sub-ottimale di Nash: i due soggetti finiranno per selezionare la soluzione
sub-ottimale (20, 20), sebbene potenzialmente sia disponibile una soluzione ottimale (50-b, 50-s), non
raggiungibile a causa dell’incompletezza del contratto.
Una possibile soluzione a questo problema di coordinamento è stata individuata da Hart (1987) nella
parcellizzazione dell’investimento co-specifico.
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Estendiamo la precedente formalizzazione vista nel caso di investimento unilaterale al caso di investimento
bilaterale.
Aggiungiamo alle ipotesi già fatte quella che anche il compratore effettui adesso un proprio investimento
specifico (b>0, ad. es. parti meccaniche) che consentirà di realizzare il bene finale (automobile) da vendere sul
mercato.
Sia inoltre u (b) l’utilità del compratore di possedere il bene intermedio e c(s ) il costo di produzione del
venditore. Assumiamo che l’utilità del compratore dipenda positivamente dall’investimento specifico del
compratore, con derivata prima crescente rispetto all’investimento
funzione concava.
u ' (b) >0 e assumiamo che u sia una
Assumiamo inoltre che gli investimenti specifici abbiamo un costo lineare pari a h euro, con h > 0, h ∈ {s, b}.
Il surplus congiunto è adesso dato da:
S = [u(b) − c(s) − b − s]
con S > vb + vs , dove v rappresenta le opportunità extra-contrattuali iniziali (outside options) che ciascun
soggetto ottiene in assenza di investimenti specifici.
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Se i contratti sono completi, il compratore e il venditore possono scrivere un contratto che descrive
perfettamente la natura degli investimenti, il surplus S e un prezzo di scambio p che determina la ripartizione di
S tra il venditore e il compratore. In questo caso, entrambe le parti manterranno l’incentivo a selezionare il
livello ottimale dei rispettivi investimenti specifici, quello cioè che massimizza il surplus congiunto S.
Gli investimenti efficienti di venditore e compratore sono definiti dal livello di investimenti che risolve il seguente
problema di massimizzazione:
max [u(b) − c(s) − b − s].
b, s
Dal momento che la condizione necessaria di massimizzazione richiede che la derivata prima di S sia posta
uguale a zero, gli investimenti efficienti sono dati da quei livelli b* e s* che soddisfano le seguenti equazioni:
⎧ ∂S
⎪ ∂b [u (b) − c( s) − b − s ] = 0
⎪
⎨
⎪ ∂S
⎪ [u (b) − c( s) − b − s ] = 0
⎩ ∂s
⎧u ' (b*) = 1
⎪
⎨
⎪c' ( s*) = −1
⎩
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Assumiamo adesso che i contratti siano incompleti.
Dal momento che l’incompletezza contrattuale può produrre ex-post l’esito di rinegoziazione, la determinazione
della regola di ripartizione del surplus S, dipenderà dal potere contrattuale ex-post di compratore e venditore,
indicati, rispettivamente con α e (1 − α ) , dove 0 < α < 1 . Il potere contrattuale dunque rappresenta la
quota di surplus che ciascun soggetto può aspirare ad ottenere.
Nel caso di contratti incompleti, il payoff atteso di ciascun soggetto è dato dalla quota di surplus netto atteso,
sommato a quanto comunque il soggetto otterrebbe in caso di produzione separata, ma al netto dei costi di
investimento h > 0, h ∈ {s, b}.
Dal punto di vista del compratore, il payoff da massimizzare è dato da (cd. Nash bargaining solution):
max α [u (b) − c( s) − vb − v s ] + vb − b ,
b
mentre per il venditore sarà
max (1 − α )[u (b) − c( s) − vb − v s ] + v s − s .
s
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Se adesso risolviamo questi due problemi di massimizzazione, applicando le note condizioni
⎧ ∂{α [u (b) − c( s ) − vb − v s ] + vb − b}
=0
⎪
∂
b
⎪⎪
⎨
⎪ ∂{(1 − α )[u (b) − c( s ) − v − v ] + v − s}
b
s
s
⎪
=0
⎪⎩
∂s
⎧ ˆ 1
⎪u ' (b) =
α
⎪⎪
⎨
⎪
1
⎪c' ( sˆ) = −
⎪⎩
(1 − α )
osserviamo che l’incompletezza contrattuale produce, per entrambi gli agenti, l’esito del sottoinvestimento, dal
ˆ
momento che α<1, u ' (b) > u ' (b*) ,
c' (sˆ) < c' (s*) ,
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ˆ
e dunque b < b * e sˆ < s * .
Utilità
u’(b*)=1
u(b*)
u(
)
bˆ
u(b)
Sotto -investimento
u' (bˆ) = 1/ !
b̂
b*
Livello degli
investimenti
La possibilità di ottenere solo una quota del surplus congiunto comporta che ciascun soggetto selezioni il livello
ˆ
di investimento appena sufficiente a generare la quota di surplus attesa, con S (b, sˆ) < S (b*, s*) .
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Il trade-off tra opportunismo e adattamento:
l’incompletezza contrattuale endogena
Fino a questo momento abbiamo considerato l’incompletezza contrattuale come un dato del problema
economico affrontato nel caso di relazioni caratterizzate da investimenti specifici.
In tale quadro, la rigidità contrattuale, ad esempio la determinazione di un prezzo fisso e verificabile di scambio,
può rappresentare uno strumento efficace di enforcement contrattuale e favorire la realizzazione di investimenti
specifici. In particolare, la rigidità contrattuale impedisce forme di rinegoziazione e dunque previene
comportamenti opportunistici di estrazione della quasi rendita ex-post.
Occorre tuttavia osservare che la rigidità contrattuale può impedire non solo forme di opportunismo, ma anche
forme di adattamento efficiente dei contratti, inducendo nuove forme di opportunismo. In un contesto di
incertezza, imporre regole contrattuali rigide può aumentare addirittura aumentare il rischio di distorsioni.
In tali casi, l’adattamento ex-post di un contratto incompleto può essere più efficiente di un contratto molto
dettagliato che impedisce ogni forma di rinegoziazione.
Il caso Alcoa/Essex
Il caso GM-FB
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Soluzioni istituzionali al problema di hold-up
Si individuano, in particolare, le seguenti tipologie di soluzioni:
- integrazione proprietaria;
- soluzioni di natura gerarchica-organizzativa (relazione di autorità);
- salvaguardie contrattuali e rimedi legali;
- strumenti indiretti di enforcement, quali quelli che caratterizzano i contratti relazionali e forme di
contrattazione implicita (viste nel quarto capitolo) basate sulla reputazione e sulla fiducia o, ancora, le
norme sociali, l’autoregolamentazione e la ‘disciplina di mercato’.
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L’integrazione proprietaria
P
M
F
L
Fig. 7.1
Scambio p arite tic o di mercato tra unità decisionali indi
pendenti
P
M
L
Fig. 7.2
Integrazione proprietaria verticale
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F
Nella definizione qui seguita, i processi di integrazione verticale sostituiscono l’acquisto di un fattore produttivo
sul mercato con la sua produzione interna, presentando due caratteristiche distintive:
(a)
essi permettono “l’organizzazione di due stadi successivi di produzione all’interno di un’unica
impresa” (Riordan, 1990);
(b)
essi riuniscono in un’unica proprietà gli asset impiegati nei diversi stadi produttivi (Grossman e Hart,
1986).
Contrattazione incompleta
Integrazione proprietaria
Profitto di S
π S = (1 − α )[v − c( s) − s]
πs=v-c(s)-s
Profitto di B
π B = α [v − c ( s ) − s ]
B riceve un budget o un salario predeterminato
W=πs+ πB =v-c(s)-s
W=πs+ πB =v-c(s)-s
Surplus aggregato
In questo caso, dunque, l’integrazione proprietaria permette il conseguimento di un livello efficiente di
investimenti specifici. In particolare l’acquisizione del diritto di proprietà dell’impresa B da parte di S
conferisce a questi il diritto al reddito residuale prodotto, ovvero alla quota residuale di W prodotta al netto
dei costi sostenuti per remunerare i fattori produttivi.
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Questa conclusione è alla base della teoria dell’impresa, si deve a Coase (1937).
Potremmo cosi sintetizzare la teoria coasiana dell’impresa: quando, per una data transazione, i costi di
ricorso al mercato (“buy”) superano i costi di organizzare una data attività all’interno dell’impresa (“make”),
quest’ultima costituisce l’istituzione alternativa al mercato capace di ridurre i costi di transazione e viceversa.
Ciò ha spinto alcuni autori (Williamson, 1985) a suggerire, nello spirito di Coase, che la scelta ultima di
unificare o meno la proprietà degli asset coinvolti in una relazione contrattuale incompleta non possa essere
decisa una volta per tutte, ma debba invece essere valutata alla luce della comparazione tra i costi di
transazione del governo unificato della transazione e i costi associati alla contrattazione di mercato.
Ciò significa che la scelta ottima istituzionale di governo delle transazioni avviene sempre in un contesto di
second best e che il problema istituzionale di fondo sia quello di minimizzare i costi di transazione.
Il caso Fisher Body/General Motors (Klein, Crawford e Alchian, 1978)
Evidenza empirica: Monteverde e Teece (1982), Globerman (1980), Walker e Weber (1984, 1987), Masten
(1984), Masten, Meehan e Snyder (1989).
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Diritti residuali di controllo e relazione di autorità
La proprietà degli asset rilevanti in una transazione incompleta svolge tuttavia un’altra importante funzione:
quella di attribuire al titolare del diritto la possibilità di controllare gli usi e di indirizzarne l’impiego nel processo
produttivo.
Il diritto residuale di controllo si affianca dunque al diritto al reddito residuale, divenendo anzi per alcuni
autori (Hart, 1995) l’elemento essenziale che attribuisce alla proprietà un efficace ruolo di enforcement in
relazioni contrattuali incomplete.
Per dirla con Williamson (1985, pag. 102), rispetto alle regole generali che governano lo scambio di mercato “le
anomalie contrattuali si spiegano con l’esigenza di ridefinire i diritti di proprietà, talvolta in modi complessi […].
La contrattazione […] di mercato è soppiantata da forme di contrattazione più complesse poiché queste
consentono di collocare i diritti residuali di controllo nelle mani di coloro che possono utilizzarli al meglio”.
In un contesto di incompletezza contrattuale, “la proprietà è una fonte di potere quando i contratti sono
incompleti” (Hart, 1995).
E’ questa caratteristica che permette di ripristinare incentivi corretti all’investimento specifico ottimale.
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L’assegnazione dei diritti di proprietà rileva, in un contesto di incompletezza contrattuale, in quanto essa
attribuisce al titolare il particolare diritto di decidere gli usi non contrattabili della risorsa oggetto di proprietà e
dunque di risolvere eventuali problemi di adattamento in modo da massimizzare la rendita aggregata.
Il diritto residuale di controllo trasforma una relazione contrattuale in una relazione di autorità o gerarchica,
nella quale il titolare ha il diritto di definire gli elementi essenziali della relazione e dell’uso delle risorse non
contrattabili ex-ante, coprendo ‘i buchi’ presenti in un contratto incompleto.
La relazione di autorità si caratterizza dunque come “il potere di coprire contingenze contrattuali non
specificate in precedenza” (Tirole, 1988).
Secondo Williamson, questa relazione di autorità attribuisce all’impresa il ruolo di ordinamento privato,
agendo come una sorta di tribunale interno nel quale le controversie sono risolte dal soggetto che detiene il
controllo.
L’attribuzione della relazione d’autorità fornisce al titolare tutto il potere contrattuale in sede di rinegoziazione,
in quanto a questi spetterà il compito di formulare una proposta di scambio alla controparte e di decidere sulla
prosecuzione o meno del contratto.
Ne deriva che l’attribuzione dell’autorità influenzi il punto di status quo nello spazio di negoziazione ex-post.
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Trade –offs
Come rileva Tirole (1988), l’attribuzione di autorità tramite assegnazione dei diritti di proprietà comporta minori
costi di transazione, in quanto evita alle parti di stilare un contratto ad hoc che disciplini il conferimento di
autorità tra i contraenti.
Disporre del diritto residuale di controllo conferisce al titolare i massimi incentivi alla realizzazione del contratto
e alla realizzazione di un livello ottimale di investimenti specifici.
Tuttavia, per la stessa ragione, in un contesto di investimenti specifici bilaterali, assegnare ad un parte il
diritto residuale di controllo significa disincentivare le controparti a realizzare un livello efficiente di
investimenti specifici.
Ciò comporta che l’attribuzione di una relazione di autorità sia sempre associata ad un risultato di second best
e al costo-opportunità di selezionare il soggetto più idoneo, dal punto di vista dell’efficienza aggregata, a
guidare la relazione di autorità.
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La nuova scuola dei diritti proprietari
La nuova scuola dei diritti proprietari (Grossman e Hart (1986), Hart e Moore (1990), Hart (1995)) ha
elaborato una teoria dell’efficiente allocazione dei diritti proprietari in un contesto di contratti incompleti e
investimenti specifici.
In particolare, la nuova scuola dei diritti proprietari (o approccio GHM) si concentra su relazioni contrattuali
complesse nelle quali concorrono sia il capitale fisico o materiale che il capitale umano.
La specificità del capitale umano comporta problemi aggiuntivi a quelli relativi ai beni capitali fisici, in quanto
non è possibile separare la proprietà del capitale dal soggetto che la controlla (perlomeno in un mondo che ha
bandito la schiavitù).
L’integrazione verticale tra risorse che comprendono il capitale umano non è dunque attuabile con una
semplice integrazione della proprietà fisica (come nel caso in cui General Motors acquisti Fisher Body).
Occorre stabilire quali relazioni di complementarietà si realizzino tra capitale fisico e capitale umano al fine di
individuare i soggetti più adatti a controllare l’insieme di risorse coinvolte nella relazione contrattuale
(l’impresa).
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La principale conclusione dell’approccio GHM è che dal momento che l’assegnazione dell’autorità incentiva al
massimo i soggetti che la detengono ma disincentiva al massimo i soggetti chi vi sono esposti, l’attribuzione dei
diritti residuali di controllo debba essere sempre efficiente e dunque destinata ai soggetti che più contribuiscono
a massimizzare l’efficienza aggregata, sulla base dei rapporti di complementarietà esistenti tra capitale umano
e capitale fisico.
Il modello GHM considera il caso in cui un insieme di agenti M, tra di essi complementari, realizzano
investimenti in capitale umano I, i quali unitamente a una data dotazione di capitale fisico A consentono di
generare un surplus aggregato superiore a quello ottenibile con impieghi alternativi del capitale umano e di
quello fisico.
Illustriamo il modello nel caso particolare di due agenti e due beni fisici.
§ Assumiamo il caso più semplice in cui l’insieme degli agenti M è dato da due soli agenti con da M=( M1,
M2) (ma il modello può essere esteso ad n agenti).
§ Assumiamo inoltre che l’insieme del capitale fisico sia dato da due beni capitali con A=(a1, a2) e che
l’insieme degli investimenti in capitale umano sia dato da due tipologie di investimento I=(i, j),dove i è
l’investimento in capitale umano di M1 e j è l’investimento in capitale umano di M2.
30
§ Assumiamo che M2 produca un bene intermedio z, successivamente impiegato da M1 per la produzione
di un bene finale q che sarà poi venduto sul mercato ad un certo prezzo.
§ Sia M1 che M2 realizzano investimenti in capitale umano (che possono essere intesi come investimenti
in conoscenza o apprendimento che migliorano la produttività del soggetto che investe).
§ Il capitale fisico A, composto di due beni, a1 e a2, viene anch’esso impiegato nella produzione,
rispettivamente, di z e/o di x.
M2 + A
t=0
z
Filiera produttiva e
sequenza temporale
degli investimenti
M1 + A
t=1
x
consumatori
t=2
31
Immaginiamo in particolare tre casi di allocazione di A:
- separazione proprietaria, M1{ a1}, M2{a2}, nella quale ciascun agente possiede un bene fisico (la
parentesi graffa indica l’insieme dei beni capitali posseduto da ciascun soggetto);
- proprietà integrata di M1 nel caso in cui M1 possieda entrambi i beni fisici M1{ a1, a2}, M2{ Ø},
- proprietà integrata di M2 nel caso in cui M2 possieda entrambi i beni fisici M2{ a1, a2}, M1{ Ø}.
Dunque per ciascun agente l’insieme dei diritti di proprietà A può essere:
- parziale con A={ a1} oppure A={ a2}
- integrato con A={ a1, a2}
- vuoto con A={ Ø }.
32
Si assuma inoltre che la relazione contrattuale tra M1 e M2 preveda tre periodi:
- nel periodo iniziale, t=0, vengono realizzati gli investimenti specifici;
- nel periodo intermedio, t=1, viene scambiato z tra M1 e M2 al prezzo p;
- nel periodo finale, t=2, viene scambiato x tra M1 e i consumatori.
Sulla base del guadagno realizzabile in t=2 dalla vendita di x ai consumatori, M1 e M2 individuano il surplus
congiunto ottenibile dato da S=S(M, A, x, z).
Le parti hanno informazione simmetrica e conoscono perfettamente i rispettivi costi e benefici relativi alla
partecipazione alla produzione di z e x.
Tuttavia, il contratto che M1 e M2 sottoscrivono per lo scambio di z è incompleto. L’incompletezza è data dal
fatto che vi è incertezza in t=0 sul tipo di bene intermedio, z, che M1 deve utilizzare per ottimizzare la sua
produzione di x in t=1. (Per esempio, si può assumere che solo in t=1 M1 venga a conoscenza di certe
caratteristiche del bene x richiesto dai consumatori e che queste influiscano sulla scelta ottimale di z).
33
L’incertezza sul miglior tipo di z utilizzabile in t=1 rende impossibile la sottoscrizione di un contratto completo in
t=0 che specifichi con precisione le caratteristiche di z.
Inoltre, si assume che anche gli impieghi di A (capitale fisico) siano non verificabili ex-post, pur essendo
osservabili da M1 e M2, semplicemente perché sarebbe troppo costoso (ad esempio in termini di tempo e di
spese legali) per i due soggetti descrivere in dettaglio, in un contratto, i particolari impieghi che selezioneranno
tra i molteplici possibili.
In t=0, M1 e M2 devono realizzare investimenti specifici in capitale umano rispettivamente i e j, al fine di
valorizzare le rispettive produzioni (con i>0 e j>0 che rappresentano valori monetari, ad esempio in euro, del
costo dell’investimento).
Gli investimenti, i e j, sono specifici in quanto essi consentono la realizzazione del massimo surplus possibile S,
solo se lo scambio tra M1 e M2 ha effettivamente luogo in t=1.
Fuori dalla specifica relazione contrattuale con M2, l’investimento i realizzato da M1, ha cioè un valore positivo,
ma inferiore a quello che esso avrebbe se impiegato nella relazione contrattuale con M2. Analogo discorso per
l’investimento j di M2.
34
Rispetto ai modelli trattati nei precedenti capitoli, tuttavia, si assume qui che, nel caso di scambio con soggetti
diversi da M1 e M2, gli investimenti specifici realizzati non vadano interamente sprecati in quanto si assume
che essi comunque producano un valore positivo per il soggetto che li effettua, rispetto al caso di investimenti
nulli.
In altri termini si assume che l’investimento specifico i (rispettivamente j) incrementi comunque, rispetto al caso
di investimento nullo, il profitto di M1 aumentando i benefici ottenibili da z (rispettivamente di M2 riducendo i
costi di produzione di z) anche nel caso in cui non si proceda allo scambio con M2 (rispettivamente con M1),
sebbene l’incremento dei benefici (la riduzione dei costi) sia inferiore al caso in cui avvenga uno scambio tra
M 1 e M 2.
35
Consideriamo i guadagni ottenibili da M1 e M2 nei due casi di matching ottimale tra di essi e di scambio con
altri soggetti economici reperibili sul mercato.Nel caso di M1, il guadagno ottenibile è dato da:
⎧ R[(i, A) − p] − i se z è acquistato da M 2 al prezzo p
⎪
⎨
⎪r[(i, A) − p ] − i se z è acquistato da soggetti diversi da M al prezzo p
2
⎩
dove la differente espressione di R e r, con R > r , evidenzia il diverso ricavo ottenibile da M1 dalla vendita di
beni intermedi con diversa qualità z e z riflessa peraltro nel diverso prezzo corrisposto, con p < p.
Siano inoltre dove R’ e r’ le rispettive derivate prime delle funzioni R e r rispetto agli investimenti specifici i e si
assuma che:
R' (i, A) > r ' (i, a1 , a 2 ) ≥ r ' (i, a1 ) ≥ r ' (i, Ο/ )
∀i:0 < i < ∞ .
La circostanza che r ' (i, a1 , a 2 ) ≥ r ' (i, a1 ) > 0 deriva dall’ipotesi sopra richiamata che, anche in assenza di
M2, l’investimento specifico di M1 produca comunque un effetto positivo sui guadagni di M1. Questa ipotesi è
centrale nel modello in quanto da essa dipendono le principali conclusioni in merito all’ottima allocazione dei
diritti di proprietà sui beni capitali.
36
Nel caso di M2, il guadagno ottenibile (misurato in termini della differenza tra prezzo di vendita di z al netto del
costo di investimento j) è dato da:
⎧[ p − C ( j , A)] − j se z è venduto a M 1 al prezzo p
⎪
⎨
⎪[ p − c( j , A)] − j se z è venduto a soggetti
diversi
⎩
da M 1 al prezzo
p
dove la differente espressione C e c, indica il diverso costo di produzione di z e z riflesso anche nel diverso
prezzo di vendita con p < p. Siano inoltre C’ e c’ indicano le derivate prima rispetto a j delle rispettive funzioni
C e c e si assuma che:
C ' ( j , A) > c' ( j , a1 , a 2 ) ≥ c' ( j , a 2 ) ≥ c' ( j , Ο
/)
37
∀ j :0 < j < ∞
Dalle espressioni sopra richiamate deriva che la quasi rendita associata agli investimenti specifici dei due
soggetti è data dalle seguenti espressioni:
- per M1 :
[ R(i, A) − p] − i − {[r (i, A) − p ] − i} = R(i, A) − p − r (i, A) − p ] > 0
- per M2 :
[ p − C ( j , A)] − j − {[ p − c( j , A)] − j} = [ p − C ( j , A)] − [ p − c( j , A)] > 0
Il surplus congiunto S (al lordo del costo degli investimenti i, j) ottenibile da M1 e M2 è dunque dato da:
S = {R(i, a1 ) − p − [r (i, a1 ) − p ]}+ {[ p − C ( j , A)] − [ p − c( j , A)]} > 0
nella quale si è assunto che:
S = [ R(i, a1 ) − C( j, a2 )] > [r (i, a1 ) − c( j, a2 )] ≥ 0 .
38
Decisioni di investimento con contratti completi
Se il contratto fosse completo, e le parti potessero con esattezza specificare gli usi corretti di a1 e a2 , nonché
il tipo di bene intermedio z e il prezzo p di scambio, sia M1 che M2 sarebbero incentivati a selezionare in t=0 i
livelli ottimali di investimento, i*, j* che massimizzano il surplus aggregato S. Consideriamo il surplus aggregato
netto S = {R(i, a1 ) − C( j, a2 ) − i − j}. Per stabilire i valori ottimali degli investimenti in t=0, risolviamo le
note condizioni di derivate del primo ordine, rispetto a i e a j:
∂S
⎧ ∂S
=
0
e
=0
⎪ ∂i
∂j
⎪⎪
⎨ovvero
⎪ ∂R(i, a )
1
⎪
− 1 = R' (i*, a1 ) − 1 = 0
⎪⎩ ∂i
e −
∂C ( j , a 2 )
− 1 = − C ' ( j*, a 2 ) − 1 = 0
∂j
ovvero, in altri termini
⎧ R ' (i*, a1 ) = 1
⎪
⎨e
⎪ C ' ( j*, a ) = 1
2
⎩
39
E’ facile a questo punto mostrare che i valori di (i*, j*) che massimizzano S, sono gli stessi che selezionano M1
e M2 per massimizzare le rispettive funzioni di profitto date da:
per M1 :
π 1 = {R(i, a1 ) − p − i}
per M2 : π 2 = {p − C( j, a2 ) − j}.
Nel caso di contratti completi gli incentivi delle parti conducono al livello efficiente degli investimenti
indipendentemente dall’allocazione proprietaria su A. Ciò è dovuto alla circostanza che,nel caso di
completezza contrattuale, le parti possono specificare con certezza il prezzo di scambio e la quota attesa di
surplus.
40
Decisioni di investimento con contratti incompleti
Se i contratti sono incompleti, le parti saranno indotte, come ormai è noto, a sotto-investire in specificità,
indipendentemente dall’allocazione della proprietà sui beni A.
Tuttavia, ed è questo il punto che mostriamo di seguito, l’allocazione proprietaria può influenzare il livello o
il grado del sotto-investimento, a secondo di come si combinano capitale umano e capitale fisico.
Assumiamo inizialmente che vi sia separazione proprietaria, con M1{ a1} e M2{ a2}.
Assumiamo inoltre che l’incompletezza contrattuale non permetta alle parti di determinare ex-ante il prezzo di
scambio p in t=0, prima cioè di effettuare gli investimenti specifici. Ne deriva che il prezzo di scambio, ovvero la
ripartizione del surplus tra M1 e M2 sarà rinviata a t=1, dopo che gli investimenti sono stati realizzati e questa
circostanza espone i soggetti al rischio di hold-up, in quanto le quote appropriabili di surplus vengono
determinate in t=1 sulla base del rispettivo potere contrattuale
41
Assumiamo che le parti, a seguito di negoziazione in t=1, decidano ex-post di dividersi a metà (50:50) il surplus
prodotto, dato dalla quasi rendita ottenibile da ciascuno, ovvero da:
S = [ R(i, a1 ) − C( j, a2 )] − [r (i, a1 ) − c( j, a2 )] .
Il prezzo p al quale M1 e M2 decidono di ripartirsi il surplus viene determinato a partire dal prezzo p che
otterrebbero altrimenti rispettivamente rivendendolo o acquistandolo sul mercato, aggiungendo a tale valore la
metà del surplus netto prodotto (omettendo, per semplificare, le variabili nelle parentesi tonde):
p= p+
1
S
2
ovvero
p = p+
1
1
( R − r ) − (C − c) .
2
2
42
Dato il prezzo di scambio p, si derivano i seguenti guadagni (senza considerare per il momento il costo i>0, j>0
degli investimenti specifici):
per M1
1
1
1
1
1
π 1 = R − p = r − p + [(R − C ) − (r − c)] = − p + R + r − C + c
2
2
2
2
2
- per M2
1
2
1
2
1
2
π 2 = p − C = p − c + [(R − C ) − (r − c)] = p − C − c +
1
1
R − r.
2
2
Le espressioni dei guadagni degli agenti sopra riportati sono calcolati al lordo del costo degli investimenti
specifici effettuati in quanto fanno riferimento agli esiti della contrattazione ex-post, in t=1, quando gli
investimenti irrecuperabili sono già stati effettuati e non incidono sull’ammontare del surplus appropriabile dalle
parti.
43
Se invece vogliamo calcolare qual è l’impatto di questa aspettativa di distribuzione del surplus data dal prezzo
p = p + (1 / 2) S sugli incentivi delle parti a investire ex-ante in t=0 dobbiamo sottrarre ai guadagni degli
agenti il costo degli investimenti.
Sottraendo dunque dalle precedenti espressioni il costo degli investimenti specifici (i, j) si hanno le seguenti
espressioni :
- per M1
1
1
1
1
π 1 − i = − p + R(i, a1 ) + r (i, a1 ) − C ( j, a 2 ) + c( j, a 2 ) − i
2
2
2
2
- per M2
1
2
1
2
π 2 − j = p − C ( j , a 2 ) − c( j , a 2 ) +
44
1
1
R(i, a1 ) − r (i, a1 ) − j
2
2
Proviamo adesso a ricavare le condizioni di primo ordine per M1 e M2 nel nuovo contesto:
⎧ ∂ (π 1 − i ) 1
1
= R ' (iˆ, a1 ) + r ' (iˆ, a1 ) − 1 = 0
⎪
2
2
⎪⎪ ∂i
⎨
⎪ ∂ (π 2 − j ) 1
1
⎪
= C ' ( ˆj , a 2 ) + c' ( ˆj , a 2 ) − 1 = 0
⎪⎩
∂j
2
2
, si può immediatamente osservare che i valori di iˆ e ˆj che
massimizzano, rispettivamente (π1 − i ) e (π 2 − j ) sono inferiori a i* e j*, con iˆ < i * e ˆj < j * , riproponendo il
noto risultato di sottoinvestimento in investimenti specifici in presenza di contratti incompleti.
In particolare, si ha che
Dal momento che, per ipotesi, R’>r’ e che
C ' > c'
R' (i, A) >
1
1
R' (iˆ, a1 ) + r ' (iˆ, a1 ) .
2
2
Data la stretta concavità di R, ciò significa che il livello di investimenti che massimizza (π1 − i) si trovi alla
sinistra di i*, come si mostra nella figura seguente (analogo discorso vale per j).
45
R
R’=1
R
1
1
R ' (ˆi , a1 ) + r ' (iˆ, a1 ) = 1
2
2
î
i*
investimento
Un aspetto importante di questo risultato di sottoinvestimento è che esso si ripresenta, con diversa gravità, a
seconda dell’allocazione iniziale alternativa del capitale fisico. L’allocazione della proprietà sul capitale fisico
può influenzare il grado di sottoinvestimento.
46
Per comprendere ciò, basta richiamare l’ipotesi fatta sulla produttività degli investimenti di M1 e M2. Nel caso
di M1 si è assunto che: R' (i, A) > r ' (i, a1 , a 2 ) ≥ r ' (i, a1 ) ≥ r ' (i, Ο/ ) ∀ i : 0 < i < ∞ .
Dal momento che
1
1
1
1
1
1
R' (i, A) + r ' (i, a1 , a 2 ) > R' (i, A) + r ' (i, a1 ) > R' (i, A) + r ' (i, Ο
/)
2
2
2
2
2
2
ne deriva che, come si può osservare dal grafico seguente, il grado di sotto-investimento di M1 cresca man
mano che diminuisce il numero di beni capitali posseduti da M2 (con i*>î>ĩ>ī).
R' (i, A) >
R’
1
1
1
R ' (i , A ) +
r ' ( i , !/ ).
2
2
1
2
_
R' (i, A) +
1
2
r ' (i , a1 )
1
1
R ' (i , A) + r ' (i, a1 , a2 )
2
2
_
î
47
i*
investimento
In presenza di investimenti specifici bilaterali si pone il trade-off tra allocazione proprietaria e incentivi
collettivi agli investimenti specifici con la conseguenza che ad ogni allocazione proprietaria
corrisponderà una situazione di second best.
Qual è, allora, la migliore struttura proprietaria in una transazione caratterizzata da investimenti specifici in
capitale umano, capacità complementari e contratti incompleti? E’ quella che, a parità di altre condizioni, e date
le relazioni di complementarietà e di, sostituibilità esistenti tra capitale umano e capitale fisico assegna al
soggetto maggiormente produttivo la proprietà sui beni fisici.
Sulla base delle caratteristiche economiche degli agenti e dei beni capitali impiegati nel processo produttivo
possiamo allora distinguere i criteri in base ai quali valutare i profili delle risorse umane e fisiche impiegate
nella transazione per allocare in via ottimale la proprietà dei beni capitali fisici contenuti nell’insieme A.
48
In particolare i criteri in base ai quali valutare tali profili sono dati dalle seguenti caratteristiche:
- grado di produttività degli investimenti; la produttività degli investimenti è riferita all’impatto esercitato dagli
investimento sul surplus aggregato. Ad esempio se l’investimento di M2 è caratterizzato da bassa produttività
allora è ottimale conferire a M1 la proprietà integrata del capitale fisico, con M1={a1,a2};
- grado di indipendenza dei beni capitali; i beni fisici che compongono A si definiscono indipendenti se
r ' (i, a1 , a2 ) ≡ r ' (i, a1 ). In altri termini, in assenza di M2, è indifferente per M1 avere proprietà parziale o integrata
se egli ha già accesso ad a1 e viceversa. Se i beni che compongono A sono indipendenti, allora la proprietà
parziale è ottimale, con M1={a1} e M2={a2};
- grado di complementarietà dei beni capitali; due beni a1 e a2 si definiscono complementari in senso
stretto se r' (i, a1 ) ≡ r' (i, Ο/ ). In questo caso, per M1 la proprietà parziale non ha alcun valore. Se i beni che
compongono A sono strettamente complementari, ogni forma di integrazione proprietaria è ottimale;
- essenzialità del capitale umano; il capitale umano di M1 si definisce essenziale al processo produttivo se
c' ( j, a1 , a2 ) ≡ c' ( j, Ο
/ ). Se il capitale umano di M1 è essenziale, allora è ottimale conferire a M1 la proprietà integrata
del capitale fisico, con M1={a1,a2}. In questo caso, infatti, l’accesso all’intero capitale fisico da parte di M2 non
ne incrementala produttività in assenza di M1.
49
Procedure di rinegoziazione e contratti con opzione
Nel caso di investimenti specifici bilaterali, alcuni contributi (Aghion, Dewatripont e Rey (1996), in seguito ADR)
suggeriscono un meccanismo di enforcement che fissi, come status quo nello spazio di rinegoziazione, un
livello medio di scambio.
In altre parole, il modello ADR assume che un terzo soggetto, l'autorità che svolge la funzione di giudice, possa
verificare che il venditore ha prodotto la quantità q e il compratore ha offerto il prezzo p.
guadagnov
enditore
Spazi di rinegoziazione
ex-post
x
z
h
d
_
k
y
guadagno
compratore
50
La variazione esogena delle opportunità extra-contrattuali
Consideriamo il caso in cui per una qualche ragione esogena, cioè indipendente dalla volontà delle parti
contrattuali, le outside options di almeno un soggetto mutino nel corso della relazione contrattuale.
MacLeod e Malcomson (1993) studiano il caso in cui, nel corso di una relazione contrattuale incompleta, le
opportunità extra-contrattuali di uno o di entrambi i soggetti contraenti mutino a seguito di variazioni esogene
della struttura di mercato.
guadagnov
enditore
Variazione della outside option del
venditore
x
_
j
_
d
_
t
_
_
z
surplus
_
y
guadagno
compratore
51
La variazione endogena delle opportunità extra-contrattuali
Nel modello di MacLeod e Malcomson appena illustrato la variazione delle outside option non dipende dalle
azioni delle parti.
Ipotizziamo che questa relazione assuma la seguente forma:
v j = V − vh
∀j, h ∈ (s, b) and j ≠ h
dove V and v sono parametri positivi. Sostituendo questa espressione nei pay-off del compratore e del
venditore si ottengono i nuovi valori di investimento che massimizzano i rispettivi guadagni:
1
⎧
⎪⎪u ' (b ) = α − v
⎨
⎪− c ' ( s ) = 1 − v
⎪⎩
1−α
52
Data la concavità delle funzioni u and –c, si ha che i nuovi livelli di investimento sono maggiori dei livelli di sotto
investimento, con bˆ < b and sˆ < s . In particolare, con α=1/2 e v=1 si ha che bˆ = b e sˆ = s .
In altre parole, per dati valori di a e dati valori v, l’effetto di deterrenza dell’investimento specifico controbilancia
l’incentivo al sottoinvestimento in presenza di contratti incompleti, come illustra la seguente figura.
Utilità del
compratore
u(b*)
u(
u(
)
)
bbˆ
u(b)
sottoinvestimento
b̂
Effetto controbilanciante
b
b*
53
investimento
⎧1 − α α ⎫
v
>
max
,
⎨
⎬
In particolare, tale effetto di bilanciamento è tale che in alcuni casi, quando
α
1 − α ⎭ , le parti
⎩
possono addirittura sovrainvestire in specificità (con livelli cioè che si trovano a destra rispetto a quelli ottimali).
Questo risultato, controintuitivo e sorprendente, dimostra come le parti possano, in taluni casi, utilizzare il
mercato come strumento di disciplina di contratti incompleti.
Addirittura, quando l’impatto sui concorrenti è cosi forte da ridurre le outside option della controparte,
l’investitore è indotto a sovrainvestire anche quando i contratti sono incompleti.
Naturalmente il sovrainvestimento è costoso e l’incentivo alla sua realizzazione dipenderà dal livello di quasi
rendita dissipata per il suo ottenimento.
54
Il modello può poi essere esteso fino a considerare il caso più generale – e forse davvero raro – nel quale un
certo investimento non ha solo la capacità di ridurre l’outside option della controparte ma anche quello di
incrementare la propria. In questo caso l’espressione delle outside option delle parti diventa:
v s = V − vb + v s
vb = V − vb + v b
con v > 0. In questo caso i livelli che massimizzano i guadagni di compratore e venditore sono dati da:
1
1−α
⎧ ~
u
'
(
b
)
=
−
v
−
v
⎪⎪
α
α
⎨
1
α
⎪− c' (~
s) =
−v−
v
⎪⎩
1−α
(1 − α )
~
~
con un effetto di bilanciamento ancora più forte dato che bˆ < b < b and sˆ < s < s . Anche in questo caso,
se
αv + (1 − α )v > max{α , 1 − α}, le parti saranno indotte a sovrainvestire.
In presenza di outside option endogene, dunque, le parti possono in taluni casi utilizzare le dinamiche di
mercato come meccanismo di enforcement dei contratti.
55