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NEWSLETTER 52-2015 Iscriviti QUI alla Newsletter del Biologico…e non solo! ...ora siamo anche in Facebook!! NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO INSIEME PER SALVARE LA FORESTA. Un orango salvato dagli incendi per la palma da olio Nelle piantagioni di palma della compagnia Bumitama Gunajaya Agro (BGA) nel Borneo, gli oranghi sono messi in fuga dalle motoseghe. Per favore, aiutateci a fermare la deforestazione e l’importazione di olio di palma. … Indifeso, un orango si aggrappa ai resti di un ultimo albero. Intorno a lui tutto é deserto. I lavoratori della Bumitama Gunajaya Agro (BGA) hanno raso al suolo completamente diversi chilometri della foresta circondante. Altri tre oranghi affamati, tra loro una femmina in gravidanza, cosí come una madre con il suo cucciolo sulle spalle, si stringono ai resti di un tronco e alle radici degli alberi tagliati. “Ci sono altri oranghi nelle piccole porzioni rimaste di foresta in mezzo alla piantagione, e anche altri animali in pericolo di estinzione come la scimmia nasica”, spiega Adi Irawan della organizzazione International Animal Rescue (IAR). “Gli animali sono minacciati a causa della piantagione. La compagnia deve fermare la sua attivitá immediatamente”. Difficile da credersi, peró la compagnia palmicultrice dal 2007 vanta il marchio di certificazione della RSPO per la palma sostenibile. Tra i clienti della BGA si trovano la IOI, la Wilmar e la Sinar Mas che forniscono di olio di palma le aziende europee alimentari e di agrocombustibili (“bio” combustibili). Nonostante le tante critiche, l’Unione Europea riconosce la RSPO come sistema di certificazione per la sostenibilitá degli agrocombustibili. (da Salviamo la Foresta – dicembre 2015) “PESTICIDI ILLEGALI”: COSÌ HANNO CREATO LA XYLELLA di Tiziana Colluto «Secondo gli inquirenti, il Piano di interventi targato Silletti è “univocamente diretto alla drastica e sistematica distruzione del paesaggio salentino”». Comincia a prendere forma anche l'interesse delle multinazionali Monsanto e Basf nella vicenda. **Il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2015 (m.p.r.) Lecce. Dietro la diffusione della malattia che ha colpito gli ulivi del Salento, secondo la Procura di Lecce, ci sono dieci responsabili. Tanti quanti sono i nomi delle persone iscritte sul registro degli indagati, tra cui il commissario straordinario per l’emergenza nominato dal governo, il comandante del Corpo Forestale della Puglia, Giuseppe Silletti. Oltre a lui, ci sono ricercatori di CNR e IAM, e funzionari regionali. I nomi emergono dal decreto di sequestro preventivo d’urgenza di tutti gli alberi destinati all’eradicazione. Un blocco ai tagli che si aggiunge a quello già disposto su buona parte delle piante dal Tar Lazio. Il provvedimento penale è stato firmato dal procuratore capo Cataldo Motta e dai pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci ed è stato notificato ieri da agenti del Corpo forestale dello Stato. I reati ipotizzati a vario titolo sono di diffusione colposa di una malattia delle piante; violazione dolosa e colposa delle disposizioni in materia ambientale; falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici; getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Oltre al commissario Silletti, sono indagati Antonio Guario, già dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari, e il suo successore, Silvio Schito; Giuseppe D’Onghia, dirigente del servizio Agricoltura della Regione; Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Vito Nicola Savino, direttore del centro di ricerca Basile Caramia di Locorotondo; Franco Nigro, docente di Patologia vegetale all’Università di Bari; Donato Boscia, responsabile della sede operativa di Bari dell’Istituto per la Protezione sostenibile delle piante del CNR; Maria Saponari, ricercatrice dello stesso istituto; Franco Valentini, ricercatore dell’Istituto agronomico mediterraneo di Bari. Sotto accusa sono finiti non solo i piani di contenimento del batterio adottati dal commissario, ma anche l’impianto su cui si fondano. La consulenza allegata al decreto «ha posto in serio dubbio - scrivono i PM - l’attendibilità delle conclusioni scientifiche rappresentate all’Europa e che hanno costituito il presupposto delle determinazioni assunte sia a livello europeo che a livello nazionale». Non solo, secondo gli inquirenti, il Piano di interventi targato Silletti è «univocamente diretto alla drastica e sistematica distruzione del paesaggio salentino». E questo nonostante «il ruolo specifico di Xylella fastidiosa nella sindrome del disseccamento degli alberi di ulivo resta ancora da capire». Ma come è arrivato il batterio nel Salento? Per i consulenti tecnici nominati dalla Procura, «ci potrebbero essere state non un’unica introduzione dalla Costa Rica, come qualcuno ha ipotizzato, ma più introduzioni». Quali? L’attenzione è concentrata soprattutto su due vicende: la prima è il Convegno sulla Xylella, tenutosi nell’ottobre 2010 presso lo Iam di Bari, e durante il quale, come scrivono i PM, «è stato introdotto sul territorio italiano un patogeno da quarantena in violazione della normativa di settore». Poi, ci sono i campi sperimentali avviati nel Gallipolino, area del primo focolaio, tra il 2010 e il 2012, per testare prodotti fitosanitari contro la lebbra dell’olivo. In quell’occasione, è stato concesso l’utilizzo in deroga di fitofarmaci. Per la Procura, è «altamente probabile l’ipotesi che i prodotti impiegati, unitamente ad altri fattori antropici e ambientali, abbiano causato un abbassamento delle difese immunitarie degli alberi di olivo, favorendo la virulenza dell’azione dei funghi e batteri tra i quali Xylella fastidiosa». Di più, «quel che è dato acquisito è che le due società interessate alle sperimentazioni in campo nel Salento (Monsanto e Basf) sono collegate tra loro da investimenti comuni, avendo la Monsanto acquisito sin dal 2008 la società Allelyx (specchio di Xylella…) dalla società brasiliana Canavialis, e avendo la Basf investito 13,5 milioni di dollari in Allelyx nel marzo 2012». (da Il Fatto Quotidiano – dicembre 2015) Appendice all’articolo: leggete cliccando sul titolo qui sotto: Xylella, l'ombra del complotto con le multinazionali. I PM: "Il batterio importato durante un convegno" e guardate: Ulivi, il reportage fra i giganti abbattuti nel Salento da Repubblica.it – dicembre 2015 GRATITUDINE (di Giovanni De Mauro) Tra le tante storie dell’11 settembre ce n’è una meno nota. Quel giorno di quattordici anni fa venne chiuso lo spazio aereo degli Stati Uniti e centinaia di voli provenienti da ogni parte del mondo furono costretti ad atterrare altrove. Alcuni arrivarono a Gander, una cittadina canadese di diecimila abitanti. Nel giro di poche ore atterrarono 38 aerei da cui sbarcarono 6.122 passeggeri e 473 membri degli equipaggi. Erano spaventati, disorientati, senza informazioni (all’epoca i cellulari statunitensi non funzionavano in Canada). La cittadina si mobilitò per aiutare quelli che vennero chiamati i “plane people” (la gente degli aeroplani). Le scuole, le caserme dei pompieri, le sale da ballo e le chiese furono trasformate in dormitori, le persone anziane e le donne incinte vennero ospitate nelle case, gli abitanti di Gander prepararono pasti, offrirono vestiti, coperte e cuscini, giocattoli per i bambini, il necessario per lavarsi. A ognuno fu data la possibilità di telefonare e collegarsi a internet. Furono organizzate gite, vennero impegnati gli studenti delle scuole superiori. Andò avanti così per giorni. Poi gli aerei decollarono e tutti tornarono a casa. Potrebbe finire qui, ma c’è un seguito, e una storia di solidarietà diventa anche una storia di gratitudine: sul volo Delta 15 appena decollato da Gander, il personale di bordo nota qualcosa di strano. Tutti si chiamano per nome, si scambiano i numeri di telefono, si raccontano come hanno trascorso gli ultimi giorni. A un certo punto uno dei passeggeri chiede di usare il microfono. Di solito non è consentito, ma vista la situazione il comandante accetta. Il passeggero dice di voler fare qualcosa per ringraziare gli abitanti di Gander e propone di creare un Fondo con cui pagare delle borse di studio per i ragazzi della cittadina canadese. Fino a oggi hanno raccolto un milione e mezzo di dollari, e hanno aiutato duecento ragazzi ad andare all’università. È anche uscito un libro, “Il giorno in cui il mondo arrivò in città”. (… se volete testare le vostre conoscenze linguistiche, il libro “The day the world came to town” è disponibile in lingua inglese su Amazon.it) (da Internazionale – dicembre 2015) NON C’È CRISI PER LE SPESE MILITARI Pochi giorni prima del varo della «Legge di stabilità», contenente gli ennesimi tagli al welfare e in particolare all’Istruzione e alla Sanità, è arrivato il sì del governo Usa per la vendita al nostro Paese di due droni Predator e relativo equipaggiamento (156 missili Hellfire e 50 bombe Laser GBU), per una spesa complessiva di 129 milioni di dollari. Se è vero che si tratta di un ordine d’acquisto risalente al 2012, è altrettanto vero che mentre negli ultimi anni la scure dei tagli alla spesa pubblica si è abbattuta senza clemenza su gran parte dei servizi pubblici, le spese militari sono rimaste nel tempo pressoché invariate. Si tratta di circa 23 miliardi di euro l’anno, l’1,7% del PIL, di cui 5 destinati all’acquisto di nuovi armamenti. In tempi di grandi tagli e austerità, siamo così al 12° posto al mondo per spese militari, ma ultimi in classifica tra i paesi Ocse per la spesa per la scuola, ferma al 4,6% del PIL, l’università e la ricerca, dove l’Italia investe appena l’1%. Eppure, come afferma il Codacons in un recente documento pubblicato in occasione della settimana del disarmo, ci sarebbe tanto da tagliare nel settore delle spese militari. Oltre ai recenti aerei senza pilota, di prossimo acquisto, c’è l’annosa vicenda degli F-35, i più costosi caccia della storia dell’aviazione: ognuno di questi velivoli costa all’erario da 111 a 200 milioni di euro (il prezzo esatto non è ancora noto) e nonostante la sospensione decretata dal Parlamento sembra che il governo italiano si appresti ad acquistarne altri quattro oltre ai 10 già presenti nella nostra flotta. A questi va aggiunta la gloriosa portaerei Cavour, nave ammiraglia entrata in servizio nel 2009, il cui solo mantenimento ci costa circa 200.000 euro al giorno. C’è poi l’eccezione tutta italiana di una forza armata dove i comandanti sono più dei comandati: 94 mila ufficiali e sottufficiali, contro 83.400 uomini di truppa. Tra Esercito, Marina e Aeronautica, assicuriamo ogni mese lo stipendio a 425 generali che comandano 178 mila militari. Negli Stati Uniti sono in 900, ma guidano una forza armata dieci volte più numerosa di quella italiana. Un po’ troppo per tempi di magra e soprattutto tempi di pace. E certo la resistenza a tagliare la spesa militare non può essere giustificata dalle continue minacce che provengono dall’Is. Il terrorismo non si combatte né con i droni, né con le portaerei. La pace si tutela riempiendo i granai e le scuole, non gli arsenali. §§§ Le rinnovabili sono mature I giochi crescere che fanno (da Terra Nuova – dicembre 2015) LE FATTORIE VERTICALI POTREBBERO PRODURRE IL DELL'AGRICOLTURA BIOLOGICA CONSUMATA DAI PARIGINI 30% Continuare a vivere in città senza peggiorare il riscaldamento globale? È possibile, secondo l'architetto Vincent Callebaut: la città deve diventare intelligente, a basse emissioni di carbonio, autosufficiente dal punto di vista energetico grazie ad un'economia circolare dove tutto può essere riciclato all'infinito. Un modo per riconsiderare l'agricoltura urbana. Da adolescente, Vincent Callebaut non voleva diventare un architetto, ma un orticoltore, affascinato com'era dal giardino dei suoi genitori e dal frutteto dei suoi nonni. Di origine belga, è cresciuto in una cittadina mineraria del Borinage, ai tempi in piena deindustrializzazione. Ma sognava un giorno di vivere a Parigi. Sogno realizzato dopo aver studiato architettura a Bruxelles. Appartiene alla generazione ecologica allevata con tutte le previsioni più ansiogene. E che immagina fattorie urbane a New York e Parigi. Le città possono produrre come i campi? Funzionare come villaggi virtuosi? Lei sottolinea il carattere generazionale del suo lavoro ... A 20 anni, eravamo già condannati ad aspettare la fine del mondo differenziando la spazzatura e spegnendo la spia luminosa della nostra televisione. Ma io appartengo anche alla generazione 2.0, quella che interconnette i saperi. Tra le nuove tecnologie della comunicazione e nuove tecnologie di rinverdimento delle città, possiamo creare progetti ibridi portando la campagna nelle città. Gli architetti della mia età vogliono tutti costruire edifici a energia positiva, scollegati dalle reti energetiche tradizionali, e perciò dai combustibili fossili. La mia professione di architetto mi ha permesso di fare proposte per uscire da questa logica di crisi imposta. Alcuni dei vostri piani sembrano usciti da un film di fantascienza. Bisogna immaginare futuri possibili e avere progetti entusiasmanti. Il crocevia di vincoli in cui viviamo è in realtà favorevole al rinnovamento. Quindi io non ho esitato a lavorare su progetti "manifesto" che possono sembrare utopici, ma che sono realizzabili tecnicamente ed economicamente. Come ad esempio Dragonfly (Libellula), una fattoria verticale a New York lungo l'East River. Per questo prototipo di fattoria urbana gestita dai suoi stessi abitanti, abbiamo collaborato con il MIT/Massachusetts Institute of Technology che era già ben avanzato sull'agricoltura verticale. Abbiamo anche creato un progetto di isole galleggianti per i rifugiati climatici, Lilypad. Alla base di questi progetti, c'è il concetto di smart city ... Una città intelligente deve essere auto-alimentata e a differenza di cio' che succedeva prima, i rifiuti devono diventare risorse. Potremmo, ad esempio, riciclare i rifiuti delle aziende agricole verticali in facciate fatte di acquari alimentati da bioreattori a base di alghe verdi quelle che troviamo sulle spiagge di Normandia e Bretagna – che trasformano i rifiuti organici in biocarburante. Nella parte inferiore della torre, lagune di fitodepurazione garantirebbero il riciclaggio di tutte le acque reflue dell'edificio, in stagni decorati da pesci e piante. La pescicoltura permette sì di fornire pesce, ma anche di riciclare tutti i nutrienti contenuti nelle loro deiezioni come concime naturale per le piante dei giardini pensili. Si tratta di creare un'economia circolare in cui tutto si trasforma all'infinito. Dragonfly, per esempio, è la giustapposizione di una torre di uffici con una torre - giardino di abitazioni. Di notte, il calore - compreso quello dei data center – è reindirizzato verso gli alloggi. Spesso l'intelligenza della città risiede semplicemente nella sua riprogrammazione. Perchè tanta vegetazione? E' un modo per combattere contro il forte calore urbano. Abbiamo notato, nell'ultima ondata di caldo in Francia, che le temperature erano ancora più elevata nelle aree urbane. Noi viviamo in ambienti grigi troppo impermeabili, bisognerebbe trasformarli in città verdi permeabili. Una città in grado di assorbire l'acqua piovana e di bioclimatizzarsi naturalmente. Per questo, dobbiamo limitare il numero di facciate minerali e sostituirle con tetti e facciate verdi. Abbiamo anche in programma di tornare all'agricoltura urbana. Potremmo produrre il 30% dell'agricoltura biologica consumata dai parigini. Siccome tutto è inquinato, vogliamo recuperare siti agricoli. Sarebbe un cibo più costoso? Al contrario, eliminandole spese di trasporto e quelle di refrigerazione, riduciamo i costi. E' un modo per invitare i cittadini a diventare protagonisti dell'economia locale e della solidarietà. Con l'agricoltura urbana, proponiamo nuovi posti di lavoro che non esistono ancora. Incrociando un architetto con un ingegnere agronomo, un orticoltore con un droghiere di vendita al dettaglio. Dobbiamo abbattere le barriere tra le discipline esistenti. Creare nuovi posti di lavoro un po' funambolici che prendano in considerazione i desideri schizofrenici delle nostre società: essere “geek” [è un termine di origine anglosassone che indica una persona eccentrica o non collocabile nella massa, con una forte passione o esperienza nel campo tecnologico-digitale o in un altro speciale campo di interesse, che lo porta a essere percepito come troppo intellettuale (da Wikipedia)], ma anche arrampicarsi sugli alberi. (da Bio@gricoltura Notizie di AIAB – dicembre 2015) RENZI, UN ANNO DI LEGGI SALVA-EVASORI. COSÌ SI ALZA LA SOGLIA DI “ILLEGALITÀ CONSENTITA”. A CACCIA DI NUOVI VOTI PER IL PD "Il fatto non è più previsto come reato". Così nel 2015 sono usciti indenni dai processi manager e imprenditori, come l'ex patron di Emmelunga, l'ex ad di Sisal, l'ex consigliere delegato di Ilva... E persino lo showman Luca Laurenti. Grazie a una serie di provvedimenti del governo che depenalizzano l'abuso del diritto, alzano le soglie di punibilità e ampliano la zona grigia delle irregolarità consentite. "Meglio incassare subito le sanzioni", argomenta il presidente del consiglio. "Una mano tesa ai potenziali nuovi elettori", replicano i critici. Tra cui Economist e Financial Times. §§§ La prima condanna è stata annullata il giorno stesso dell’entrata in vigore delle nuove norme, l’1 ottobre. “Il fatto non è più previsto dalla legge come reato”, ha sancito la Cassazione mandando assolto un imprenditore che in appello si era visto invece confermare un anno di carcere per dichiarazione infedele. Uno dei decreti attuativi della delega fiscale, varato durante l’estate dal governo Renzi, stabilisce infatti che chi aggira il fisco con operazioni mirate solo a pagare meno tasse rischia al massimo una multa. E’ la filosofia che sta alla base di diversi provvedimenti su fisco ed evasione adottati dall’esecutivo guidato dal leader PD. Come la depenalizzazione della dichiarazione infedele sotto i 150mila euro (prima con 50mila si rischiava il carcere) e di quella fraudolenta “mediante altri artifici”, non più reato se vengono sottratti al fisco meno di 1,5 milioni (la soglia precedente era di 1 milione): meglio badare al sodo, cioè a incassare le somme evase. Secondo i critici, un modo per strizzare l’occhio a imprenditori, liberi professionisti e commercianti e ampliare il bacino elettorale del Pd renziano. Resta da vedere se ampliare la zona grigia delle irregolarità “tollerate” sia la strategia giusta in un Paese con 122 miliardi di evasione annua stimata sui circa 1000 dell’intera UE, e meno di 200 persone condannate in via definitiva per reati fiscali. Ma a dirlo sarà il confronto tra i 14,2 miliardi recuperati dall’Erario nel 2014 e i risultati di quest’anno e dei prossimi. Di sicuro, per ora, c’è che a un anno dalle polemiche sulla prima versione del decreto sull’abuso del diritto (quello che sanava evasione e frode fiscale se limitate a somme inferiori al 3% dell’imponibile) le nuove norme varate nel frattempo da Palazzo Chigi e via XX Settembre hanno salvato dal carcere molti evasori. Anche eccellenti. IlFattoQuotidiano.it ha fatto un primo bilancio, per forza di cose provvisorio, e ha chiesto ad alcuni addetti ai lavori un giudizio sulle scelte dell’esecutivo e una “diagnosi” sulle motivazioni di fondo: rimpinguare le casse dello Stato o guadagnare il consenso di alcune categorie di elettori? Intanto, la lista dei provvedimenti borderline si allunga di giorno in giorno: ora è in fase di approvazione un decreto che toglie rilevanza penale alla violazione delle norme antiriciclaggio da parte degli intermediari finanziari. E le bordate non arrivano solo dalle opposizioni ma anche dalla crème della stampa finanziaria internazionale, particolarmente critica per esempio nei confronti dell’innalzamento da mille a 3mila euro del tetto all’uso del contante. “L’immensa economia sommersa dell’Italia rimane uno dei fardelli più pesanti per il Paese e nulla di buono potrà arrivare da una misura che serve solo a peggiorare il problema”, è stato il verdetto del Financial Times. (da IlFattoQuotidiano.it – dicembre 2015) LE CRISI BANCARIE E LA SOLIDITA' DI BANCA ETICA Basse sofferenze e indici di patrimonializzazione in linea con il mercato. Con delle caratteristiche uniche: trasparenza, partecipazione, niente bonus ai manager, valutazione sociale dei crediti, niente incentivi per vendere determinati prodotti. Una banca diversa, che comunque gode delle tutele previste per tutte le altre... Leggi QUI tutto l’articolo FINANZA ETICA CONTRO GUERRA ED ARMI Abbiamo pubblicato due riflessioni sul ruolo della finanza nell'attuale scenario di guerra, e sull'importanza delle nostre scelte per fermare questa spirale di violenza: leggi l’editoriale di Nicoletta Dentico: "Banca Etica ripudia le guerra e la violenza" e quello di Ugo Biggeri: "Per fermare l'economia del terrore" (da BancaNote News di Banca Etica – dicembre 2015) Slow Food – nell’augurare a tutti un prospero Anno Nuovo, ci propone una semplice scheda con alcuni utili consigli da seguire per un migliore 2016: ** scaricatela cliccando QUI Leggiamo dal Brasile: Rio Doce: un fiume tossico alimenta le comunità da Slow Food– dicembre 2015 Cellulari: le regole per non andare...a farci friggere! Nel 2014 in Italia sono stati venduti 25 milioni di device mobili tra smartphone, tablet e cellulari tradizionali. Nel 2013 il 97% degli over 16 aveva un telefonino, e la maggior parte ci sta attaccata giorno e notte. Con effetti per la salute che possono essere devastanti. §§§ La ripresa dei consumi è comprate il meno possibile una sciagura, Si odono cori di ripresa, c’è la micro crescita, finalmente i consumi stanno riprendendo e quindi fanfare di gloria per l’Italia che riparte e riprende a correre. Ma veramente c’è di che gioire di fronte a tutto questo comprare? (da Il Cambiamento – dicembre 2015) JUNIOR VOLEVA ESSERE UN BAMBINO di Margherita Bo Quanto costa il vostro smartphone? Badate bene, non mi riferisco a quanto lo paghiamo, che quello lo sappiamo tutti, parlo del suo costo umano, dell’impatto che la sua produzione ha sulla vita degli altri. Rispondere a questa domanda è un po’ più complesso e richiede di risalire di qualche gradino la catena produttiva. Su fino agli stabilimenti Apple in Cina ad esempio, quelli che persino l’oramai leggendario Steve Jobs rifiutò di visitare o ancora più su, fino alla Repubblica Democratica del Congo. Il Congo è un paese enorme, grande quanto tutta l’Europa Occidentale, ed estremamente generoso: vi si trovano tutti i minerali conosciuti in natura, tra cui l’80 per cento del coltan estratto nel mondo. Il coltan è una sabbia nera leggermente radioattiva essenziale per la produzione di dispositivi high-tech come i nostri smartphone. L’estrazione del coltan è concentrata nella regione di Kivu, all’estremo est del Congo, di gran lunga la regione più ricca di risorse del paese, ma anche la più povera nonché la più tormentata da oltre vent’anni di guerre volte ad accaparrarsi le sue immense ricchezze. L’area, lontana dalla capitale Kinshasa al punto da essere nei fatti terra di nessuno, è controllata da fazioni di guerriglieri che, terrorizzando e trucidando la popolazione, hanno assunto il monopolio di queste preziosissime risorse. È il caso delle principali miniere di coltan dell’area, Bisiye e Walikale, controllate del Fdlr (Forces Démocratiques pour la Libération du Rwanda). In queste miniere, che sono buchi nella terra nei quali i minatori (spesso bambini) si calano per scavare, i guerriglieri richiedono una tangente sul coltan raccolto, che andrà a finanziare le armi necessarie alla guerra. In seguito questo viene trasportato nelle città di Rubaya o Goma e da qui parte per il Ruanda, dove finalmente viene acquistato dalle principali multinazionali del settore high-tech. Il fatto che venga acquistato in Ruanda e non in Congo, tra l’altro, non è casuale: è in Ruanda che avviene la prima transazione ufficiale e tracciata del materiale, il primo passaggio “pulito”. Il fatto di trasportare il coltan dal Congo al Ruanda infatti serve proprio a questo: “ripulire” il materiale, sfumare il legame tra il coltan (e quindi i nostri telefoni) e le guerre, i soprusi, lo sfruttamento legati alla sua estrazione. Peccato solo che in Ruanda non vi siano giacimenti del materiale, rendendo tale manovra goffa e sfacciata al punto da risultare crudele. È proprio qui che sta il principale dramma legato al coltan: proviene quasi tutto da un paese soltanto, con la conseguenza che con volontà e impegno sarebbe possibile pretendere e garantire una sua tracciabilità. Con il Kimberley Process è stato possibile regolamentare il commercio dei diamanti per evitare che questi finanzino la guerra. Con il coltan dovrebbe essere più semplice e invece gli interessi di signori della guerra e multinazionali possono agire indisturbati, cullati dal silenzio dei media, mentre il sangue versato per il suo controllo viene attribuito a guerre tribali, un problema loro, che non ci tocca, non ci riguarda. Da qualche settimana per me il costo umano di uno smartphone ha un nome e un volto: si chiama Junior e ho avuto il privilegio di incontrarlo presso il Centro Studi Sereno Regis di Torino in occasione della presentazione del suo libro “Si ma vie d’enfant soldat pouvait être racontée”…. (continua QUI la lettura dell’articolo) (da comune.info – dicembre 2015) NO AI BREVETTI SULLE PIANTE! Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si chiede di vietare i brevetti di piante ottenute tramite la tradizionale selezione vegetale. I deputati ricordano che la selezione vegetale è un processo innovativo praticato dagli agricoltori e dalle comunità agricole sin dalla nascita dell’agricoltura. Inoltre, ritengono che l’accesso al materiale biologico sia essenziale per stimolare l’innovazione e lo sviluppo di nuove varietà, al fine di garantire la sicurezza alimentare a livello globale, far fronte ai cambiamenti climatici e impedire la nascita di monopoli. I deputati, sorpresi dalla decisione dell’Ufficio europeo brevetti di concedere brevetti su tali prodotti, chiedono alla Commissione di chiarire con urgenza le norme UE esistenti e di tutelare l’accesso dei produttori al materiale biologico. La risoluzione, approvata con 413 voti favorevoli, 86 voti contrari e 28 astensioni, stabilisce che i prodotti ottenuti dai procedimenti essenzialmente biologici, come piante, sementi, caratteristiche autoctone e geni, dovrebbero quindi essere esclusi dalla brevettabilità. Già nel 2012 il Parlamento aveva posto diversi vincoli alla brevettabilità di “procedimenti essenzialmente biologici” andando verso un sostanziale divieto di brevettabilità di varietà, accessioni ed ecotipi tradizionali. La brevettabilità limita la libertà dei piccoli agricoltori, pertanto Slow Food accoglie con favore la direzione presa dal Parlamento. ***Leggi QUI il documento di posizione Slow Food sui semi. §§§ ALLA SCOPERTA DI FORNO DI ZOLDO Solcata dal Maè, affluente di destra del Piave, la Zoldana è un’affascinante valle dolomitica, meta di turismo invernale (oltre 80 chilometri di piste da sci) ed estivo (escursioni e ascese ai monti Civetta, Pelmo, Pramper). Ma, perlomeno alle quote meno elevate, è godibile anche nelle mezze stagioni. Buona base di partenza per passeggiate adatte a tutti e luogo di soggiorno rilassante è Forno di Zoldo, comune ad altitudini variabili dai 600 ai 2500 metri (il capoluogo è a quota 848), compreso in parte nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Il toponimo riflette la presenza antica di forni fusori del ferro a sostegno di un’attività mineraria fiorente per secoli e oggi abbandonata; eredità tuttora viva del passato è invece l’artigianato dei gelati, frutto di un’emigrazione stagionale che, prima in forma ambulante e poi in sede fissa, ha “colonizzato” molte regioni italiane e del resto d’Europa. Risalendo la valle da Longarone, tra bei panorami, boschi di larici, faggi, abeti e i tipici tabià – stalle o fienili ora in gran parte convertiti a pittoresche abitazioni –, poco prima della galleria sulla strada per Forno troverete la Trattoria Insonnia, un’istituzione sia per i locali sia per i turisti. Sarete accolti in una grande sala o nella più intima stanzetta del fogher o fogolar, che qui si chiama anche larin: termine di derivazione latina e forse prima ancora etrusca, a significare la centralità e sacralità di questo luogo della casa sul quale secondo i Romani vegliavano i Lari, gli spiriti degli antenati. Da L’Insonnia non si devono ordinare i piatti: il menù è fisso e le portate si susseguono d’ufficio. Comincerete con insalate di cavolo verza e di fagioli. Intanto il carrello dove campeggia l’enorme tagliere con la polenta inizierà il giro tra i tavoli: non vi sarà portato il pane e dovrete accompagnare tutto con la polenta, ottima e abbondante. Quindi, in rapida sequenza, ecco lo spezzatino, il pastin (salsiccia di maiale e manzo cotta con vino e spezie), il muset (così si chiama il cotechino anche nel vicino Friuli), il formaggio fritto servito direttamente dalla padella e con una porzione “minima” rappresentata da un quarto della forma… Intanto la polenta continuerà a girare fra i tavoli, come pure il resto, di cui vi saranno proposti bis e tris. Si beve vino locale sfuso e si conclude con un gelato e l’immancabile grappa. Il conto è di 20 euro, l’accoglienza genuina e i sapori schietti sono in grado di farci ritornare alle radici. Essendo il locale molto frequentato vi raccomandiamo di prenotare per tempo e, date le porzioni generose, di avvicinarvi a questa esperienza con buon appetito. (Carlo Petrini in Slow Food – dicembre 2015) Oceani di microplastica: ce n'è molta di più di quanto si credesse fino a ora §§§ Oddball, il coraggioso pastore maremmanno che ha salvato una colonia di piccoli pinguini – (guarda QUI il videotrailer da You Tube) (da Greenme.it – dicembre 2015) L’ALBERO MARCIO DELLA FINANZA C’è un piccolo paese dell’entroterra toscano, in cui un’intera comunità di trecento famiglie si è trovata in una notte con i risparmi di una vita totalmente azzerati. E con la drammatica scoperta che quel funzionario di quell’unica banca che incontravano tutti i giorni – che nella comunità locale era uno dei punti di riferimento cui affidarsi – li aveva coinvolti in un giro di investimenti ad alto rischio, finito nel peggiore dei modi. Naturalmente, quel funzionario non era diventato improvvisamente malvagio: stava solo cercando di eseguire al meglio il suo lavoro, essendo, ormai da anni, la sua efficienza contrattualmente misurata in base a quanti prodotti finanziari aveva collocato presso i propri concittadini. Vero è che fino al 2009, quando una banca proponeva ad un cittadino un investimento in obbligazioni subordinate, aveva l’obbligo di comunicare gli scenari probabilistici dello stesso. Ma sono arrivati gli anni della crisi, e il mandato di Bankitalia ad una forte ricapitalizzazione delle banche ha spinto queste ultime, data la fuga dei classici investitori istituzionali, ad inondare i cittadini di prodotti finanziari: ed ecco allora la Consob eliminare prima l’obbligo di comunicazione degli scenari probabilistici, poi, dal 2011, persino la comunicazione facoltativa degli stessi. Solo per fare un esempio, ai cittadini che hanno investito in obbligazioni subordinate della Banca dell’Etruria e del Lazio nell’ottobre 2013, nessuno ha comunicato una probabilità pari al 62,7 per cento di perdere la metà del capitale. E, naturalmente, quanto prescritto dalla normativa europea in merito alla “profilatura del cliente”, ovvero alla sua conoscenza e propensione agli investimenti finanziari, è stato facilmente aggirato, facendo risultare, nell’ultimo caso delle banche coinvolte, il 75 per cento dei cittadini come grandi conoscitori degli strumenti finanziari. Il via libera alle banche verso la spoliazione dei cittadini ha fatto da specchio alle contestuali gestioni del credito da parte delle stesse, che, in molti casi, le ha portate al fallimento. Come sempre, ad ogni scoppio del bubbone, la prima reazione a tutti i livelli è lo scarico delle responsabilità verso l’anello superiore od inferiore della catena, a cui segue una levata di scudi generale in direzione di drastiche misure affinché non accada mai più. Fino all’ormai classica conclusione in cui il nuovo scandalo viene riclassificato nella categoria di ”mela marcia in albero sano”. Che le cose non stiano affatto così ce lo dicono i dati: in questi ultimi sette anni sono oltre 35 i miliardi fatti investire ai cittadini in obbligazioni subordinate e, mentre le quattro banche, ormai famose, vengono salvate dai provvedimenti governativi, sono ad oggi altre 12 quelle commissariate per gli stessi motivi. Per farsi un’idea di cosa sia strutturalmente diventata l’attività di gestione del risparmio, basti vedere cosa scrive Consob (procedimento 20638/14) in merito all’attività di Poste Italiane, ovvero la società a cui si rivolge la parte più semplice dei risparmiatori: “vendite di prodotti in conflitto di interesse con la rete BancoPosta, strutture commerciali pressate per raccogliere volumi e incentivi legati al budget, forme di marketing scorrette, poche e ottimistiche profilazioni di clienti che permettevano al 74,5 per cento di essi di sottoscrivere strumenti complessi (come le opzioni certificates su sottostanti cartolarizzati)”. Siamo dunque di fronte ad una crisi di “sistema”, che, aldilà delle situazioni specifiche, può essere affrontata solo con proposte sistemiche. La prima delle quali non può che essere una legge che sancisca la netta separazione tra banche commerciali e banche d’investimento (finanza), avviata con un immediato provvedimento di divieto totale di vendita di prodotti finanziari agli sportelli; in secondo luogo, occorre una drastica inversione di rotta sulla trasformazione delle banche popolari in SpA ed una loro reale riforma, che ne sancisca la territorialità, attraverso la gestione partecipativa dei lavoratori e delle comunità locali. Il terzo filone non può che riguardare l’inversione di rotta sulla privatizzazione di Poste italiane e sulla trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti, da avviare con la separazione, e relativa immissione in un circuito pubblico, partecipativo e sociale, del risparmio postale; in quarto luogo, provvedimenti in favore del risparmio etico e della diffusione di tutte le esperienze, anche autorganizzate, che vanno in quella direzione. Perché o si mettono in campo con la mobilitazione diffusa misure che disegnano un’altra società basata sulla mutualità cooperante, o niente e nessuno ci salverà da un modello che ci vuole tutte e tutti immersi nella solitudine competitiva. (da comune.info – dicembre 2015) La Cooperativa El Tamiso Augura a tutti gli Amici, Simpatizzanti, Clienti, Famigliari, Soci, Fornitori, e a quanti hanno piacere – e pazienza - di leggerci un sereno e prospero 2016 !!