IL GARANTE DEL CONTRIBUENTE PER UNA BUONA
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IL GARANTE DEL CONTRIBUENTE PER UNA BUONA
IL GARANTE DEL CONTRIBUENTE PER UNA BUONA AMMINISTRAZIONE TRIBUTARIA. SOMMARIO: .1 Alla ricerca di una migliore tutela dei diritti dei cittadini. – .2.– I Garanti dei diritti del contribuente.. – .3 Competenza per materia – .4 L’ambito regionale di intervento –5 I problemi di un organo collegiale –6 La temporaneità dell’incarico – .7 Qualificazione e professionalità del Garante – .8 L’autonomia dell’organo ed indipendenza economica . –9 La segnalazione al Garante ed i moderni processi di comunicazione fiscale –.10 Il potere di attivazione dell’autotutela –.11 Riflessioni conclusive. 1. Alla ricerca di una migliore tutela dei diritti dei cittadini. Il Garante del contribuente non ha ancora avuto, presso l’ampio pubblico dei contribuenti ma anche degli stessi giuristi, quella risonanza che le funzioni ad esso attribuite permettevano di poter sperare. Ad oltre otto anni di distanza dalla sua istituzione questa nuova figura stenta ad imporsi, in parte soffocata dalla presenza di altre Authority1 di maggiore rilevanza2 ed impatto mediatico, quale quella sugli scioperi o sulla Privacy, in parte travolta dalla vivacità delle tematiche normative, annunziate ed, alle volte, solo limitatamente attuate negli ultimi otto anni3. L’alba del nuovo millennio è stata, infatti, caratterizzata da una vasta produzione normativa, continuata, anche con maggiore vigore, negli anni successivi, tendente ad aggiornare il diritto scritto4 con il diritto vivente5. L’interpretazione evolutiva6 1 IACOLARI M.A., La rappresentanza e la mediazione degli interessi nell’ordinamento tributario italiano, ESI, 2007, 157, nota 5; V. ONIDA, “La Costituzione”, Mulino, 2004, 105. 2 M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Il Mulino, Bologna 2005; G. GRASSO, Le autorità amministrative indipendenti della Repubblica tra legittimità costituzionale e legittimità democratica, Giuffré, Milano, 2006; la proliferazione di Autorità-Garanti è ora oggetto di riesame, con ipotesi di accorpamento lì dove lo spazio dei confini delle competenze si sta dimostrando di complessa gestione. 3 Anche per il garante del contribuente era stato presentato, alla fine della legislatura, un progetto di legge di ampliamento dei relativi poteri, senza alcuna possibilità temporale di un suo esame ed approvazione. 4 L’evoluzione della semplificazione dell’apparato normativo si è spinto verso una sostanziale abrogazione della precedente normativa, tramite una legge delega. Sul punto vedi alcune riflessioni di P. AQUILANTI, Abrogare le leggi più vecchie, e anche quelle di mezza età, Foro it. 2005, V, 162. 5 Una forte spinta all’evoluzione del diritto vivente è stata fornita dalla nuova attenzione all’”Etica” ed alle sue connessioni con il diritto, specie negli affari. Sul punto vedi G. VISENTINI, Etica e affari. Una prospettiva giuridica, Luiss University Press, 2005, passim.; CAPRIGLIONE F., Etica della finanza e finanza etica, Laterza, 1997, 5, evidenzia che si è in presenza di una tendenza al superamento dell’interpretazione utilitaristica, che in passato ha caratterizzato la rilevanza teorica del mercato. Ciò da luogo ad una lettura dei fenomeni sempre più orientata alla valorizzazione di alcuni principi (quali la solidarietà, la redistribuzione, l’equità, ecc.) che appaiono destinati ad attenuare la rigida applicazione delle categorie proprie della scienza economica ed a consentire un’impostazione etica dei rapporti intersoggettivi. L’Autore intravede una concezione dei rapporti economici nella quale liceità della proprietà privata, libertà d’iniziativa, libertà di associazione dovrebbero essere ispirate alla “cultura del dare”. Da questa riflessione consegue che proprio nel campo tributario si riscontra, in 1 delle norme sembrava mostrare, alle volte, dei limiti sempre più insuperabili e l’emersione ed il consolidarsi di alcuni principi generali richiedeva sempre di più una loro collocazione in nuovi atti normativi. L’intervento del legislatore non si è limitato agli atti comuni di normazione7, ma si è volto anche alla carta costituzionale, proprio nell’intendimento di adeguarla alle nuove esigenze. Il riferimento è alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione8, preceduta da altre significative innovazioni, pur sempre riguardanti le Regioni9 e le fonti di autonomia territoriale in genere10, proseguita poi con ulteriori interventi del legislatore con la legge costituzionale recante “Modifiche alla Parte II della costituzione”11. In un contesto di particolare effervescenza normativa12, alle volte condannata ad esaurirsi nella sola enunciazione di un provvedimento13, è stato emanato un testo normativo di particolare rilievo14, più misura maggiore, la scelta egoistica ed asociale dell’evasore che non “ da”, negando la partecipazione alle spese pubbliche, in relazione alla propria capacità contributiva e nella misura determinata dal legislatore. 6 GUASTINI R., Le fonti del diritto e l’interpretazione, Giuffrè, 1993, 385, ricorda che mutando le circostanze storiche (sociali, culturali, etc.) nelle quali una legge deve essere applicata, deve mutare (“evolversi”) altresì il modo di interpretarla. Dello stesso Autore vedi L’interpretazione dei documenti normativi, in Trattato di diritto civile e commerciale, Giuffré, 2004, 196. 7 Lo sforzo di adeguare le norme alle nuove esigenze non si è tuttavia esaurito ed è stato di recente auspicato da G. ALPA, Riti e normative da semplificare, Il sole 24 ore, sabato 4 marzo 2006, n. 62, 21, nella qualità di Presidente del Consiglio nazionale forense. In particolare, prendendo le mosse dai progetti normativi sui cosiddetti servizi legali, ha dichiarato che l’avvocatura chiede al futuro legislatore di ricevere uno statuto normativo proprio, in relazione al ruolo che essa assolve nel sistema costituzionale, nell’ambito di amministrazione della giustizia, nella soluzione stragiudiziale delle controversie e nel predisporre e concretare le operazioni, che sono il motore dell’economia. Si auspica, quindi, uno “Statuto dell’avvocatura” idoneo ridisegnare la professione forense in forma unitaria, sottraendola ad iniziative non coordinate. E interessante notare che in questo caso è stata invocata la particolare forma normativa “Statuto”, riconoscendo la particolare valenza di tale “forma” nell’ambito della legislazione ordinaria, sulla scia forse dello statuto dei diritti del lavorator prima e del contribuente poi. 8 A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, Lezioni, Giappichelli, 2005, quarta edizione, 4, afferma che le novità sono state di tale ampiezza da non consentirgli di salvare neppure un rigo della precedente trattazione relativa alle fonti regionali e locali in genere. 9 La pressione su un nuovo rapporto stato enti locali faceva perno anche su un diverso criterio di ripartizione dei tributi. Di una rotazione dell’asse del prelievo fiscale dal centro alla periferia parlano G. TREMONTI G. VITALETTI, Il federalismo fiscale. Autonomia municipale e solidarietà sociale, Laterza, 1994. 10 A. FEDELE, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Giappichelli, Torino, 2005, 34, evidenzia come nella nuova formulazione del titolo V della carta costituzionale il contenuto della nozione “sistema tributario” sembra mantenere il suo significato, designando l’insieme di tutti gli istituti fiscali presenti nell’ordinamento giuridico. Osserva che, invece, nuova appare la nozione di “sistema tributario dello Stato”, che identifica i soli tributi erariali, contrapposti a tutti gli altri. Sul punto vedi da ultimo A. DI PIETRO, Federalismo e devoluzione nella recente riforma costituzionale: profili fiscali, Rass. Trib., 2006, 1, 245; P. SELICATO, La nuova autonomia degli enti territoriali, Dir. prat. trib., 2005, I, 1196; S. PELLEGRINI, L’autonomia tributaria delle regioni è condizionata dalle leggi statali di coordinamento, Dir. prat. trib., 2005, II, 1291. 11 G.U. 18 novembre 2005, n. 269; A. PIZZORUSSO, Le riforme costituzionali: una transizione per destinazione sconosciuta, Foro it. , 2005, V, 217. 12 G. MARONGIU, Dallo Statuto del contribuente al Codice tributario nel ricordo di Ezio Vanoni, in AA VV, La politica economica tra mercati e regole, Rubettino, 2005, 243, afferma che alla stabilità normativa giova, indubbiamente, una disciplina per principi che è, esattamente, l’antitesi di quanto è 2 conosciuto come Statuto dei diritti del contribuente, finalizzato ad introdurre nel sistema normativo una nuova forma di tutela indiretta del contribuente. E’ stato puntualmente osservato15 che l’approvazione, dopo una lunga e complessa vicenda parlamentare, della legge 27 luglio 2000, n. 212, costituisce una novità importante nel panorama legislativo. Pur con una certa frammentarietà e con il dichiarato intento di limitare l’intervento ai soli profili di garanzia per il contribuente, la legge si caratterizza come vera e propria legge generale, volta a fissare “principi generali” della materia16 e con l’esplicita previsione di clausole “autorafforzative”17. Nella legge possono enuclearsi, unitamente alla affermazione di principi generali tratti dalla Costituzione, anche nuovi istituti, che costituiscono un insieme di particolare rilevanza in quanto esplicitazione ed attuazione concreta dei principi costituzionali con la stessa norma riaffermati. La giurisprudenza della Corte di cassazione, dopo una iniziale perplessità derivata dalle prime prese di posizione della dottrina, ha accolto con favore il messaggio contenuto nelle disposizioni dello Statuto, richiamandole ed approfondendone il contenuto18. In particolare, con la sentenza n. 17.576 del 10 dicembre 200219, di rilevante valore interpretativo e di indirizzo anche per il legislatore, ha affermato che avvenuto negli ultimi venti anni durante i quali la gran massa di provvedimenti normativi sono connotati da discipline, di settore, per dettagli e continuamente rinnovatesi. 13 G. NAVARRINI, Le forme rituali della politica, Laterza, 2001, 170, evidenzia come la presentazione di un disegno di legge alle volte non corrisponde al desiderio di vederlo subito approvato, ma anche più limitatamente di essere presente sulla scena politica come fabbrica di notorietà. 14 BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 547. 15 A. FANTOZZI A. FEDELE, Statuto dei diritti del contribuente, Prefazione, Giuffrè, 2005, VI; F. D’AYALA VALVA, Dall’ombudsman al garante del contribuente, Studio di un percorso normativo, in Riv. Dir. trib., 2000, 1037. 16 LONGO A., I valori costituzionali come categoria dogmatica.Problemi e ipotesi, Novene, Napoli, 2007, 143, parla di maggior contenuto di valore del principio rispetto alla norma o se si preferisce una sua maggior prossimità rispetto al valore costituzionale cui da attuazione. 17 C. PINELLI, Sulle clausole rafforzative dell’efficacia delle disposizioni dello Statuto del contribuente, Foro it., 2001, V, 102. 18 G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, Giappichelli, Torino, 2008. 19 In Riv. Dir. trib., 11/2004, II, 661, con nota V. MASTROIACOVO, Ancora sull’efficacia dello Statuto dei diritti del contribuente, 672; E. DE MITA, Lo Statuto del contribuente alla prova della gerarchia, Dir. prat. trib., 2004, II, 847. E’ utile ricordare i passi più salienti della pregevole sentenza dovendo in qualche maniera rileggere l’intero apparato normativo tributario alla luce dei principi indicati dallo statuto. :- "Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali" (comma 1). In particolare la Corte ha affermato che l'autoqualificazione delle disposizioni della legge come "principi generali dell'ordinamento tributario" trova puntuale rispondenza nella effettiva natura della maggior parte delle disposizioni stesse, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell'ordinamento tributario, nonché dei relativi rapporti. Ha precisato che quale che possa essere l'incidenza dei quattro enunciati normativi contenuti nel comma 1, dell'art. 1 della L. n. 212 del 2000 (e cioè:autoqualificazione delle disposizioni dello Statuto come attuative delle norme costituzionali richiamate e come "principi generali dell'ordinamento tributario"; divieto di deroga o modifica delle disposizioni stesse in modo "tacito", ovvero mediante leggi speciali), complessivamente considerati, sull'efficacia delle disposizioni statutarie dal punto di vista del sistema costituzionale delle fonti (vale a dire, ad esempio, sul piano della loro "forza" "attiva" e "passiva", ovvero della loro attitudine ad essere qualificate quali possibili parametri, "integrativi" delle norme costituzionali "attuate", nel giudizio di costituzionalità delle leggi) - delicato e complesso problema, questo (relativo, in altri termini, alla possibilità ed alla efficacia di "norme sulla normazione" 3 contenute in fonti pari ordinate a quelle che si intendono disciplinare) è certo, però, che alle specifiche "clausole rafforzative" di autoqualificazione delle disposizioni stesse come attuative delle norme costituzionali richiamate e come - principi generali dell'ordinamento tributario" deve essere attribuito un preciso valore normativo. Infatti, quest'ultima espressione, in particolare, deve essere intesa come formulazione sintetica di quattro diversi e specifici significati: in primo luogo, quello di "principi generali del diritto, dell'azione amministrativa e dell'ordinamento particolare tributari" (artt. 3 e 5-19, che dettano disposizioni volte sia a disciplinare l'efficacia temporale delle norme tributarie, sia ad assicurare la "trasparenza" dell'attività stessa, sia, come è stato rilevato esattamente in dottrina, ad "orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario"); in secondo luogo, quello di "principi fondamentali della legislazione tributaria", tesi a vincolare in vario modo l'attività del futuro legislatore tributario, statale e regionale, sia nella scelta della fonte di produzione (artt. 1, comma 2, e 4) e del relativo oggetto (art. 2, comma 2), sia nella tecnica di redazione delle leggi (art. 2, commi 1, 3 e 4); in terzo luogo, quello di "principi fondamentali della materia tributaria", in relazione all'esercizio della relativa potestà legislativa "concorrente" da parte delle regioni ed infine, quello di "norme fondamentali di grande riforma economico sociale", in relazione all'esercizio della potestà legislativa "esclusiva" da parte delle regioni ad autonomia speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Ha ancora affermato che tanto premesso - e tenuto conto, da un lato, che, alla base delle predette quattro "clausole rafforzative" dell'efficacia delle disposizioni statutarie sta, comunque, l'esplicita intenzione del legislatore, acché le disposizioni stesse (al di là di ogni eventuale ostacolo "formale” o sistematico) magis valeant nella legislazione tributaria; e, dall'altro, che è insita nella categoria dei "principi giuridici" la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell'interpretazione del diritto (cfr., ad esempio, art. 12, comma 2, secondo periodo, delle disposizioni sulla legge in generale) - il tratto comune ai quattro, distinti significati della locuzione principi generali dell'ordinamento tributario" è costituito, quantomeno, dalla "superiorità assiologica" dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l'interprete: in altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla L. n. 212 del 2000, deve essere risolto dall'interprete nel senso più conforme ai principi statutari. Siffatta prospettiva appare ulteriormente confermata da quanto stabilito nell'art. 16, comma 1, dello Statuto, laddove il Governo viene delegato "ad emanare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente necessarie a garantirne la coerenza con i principi desumibili dalle disposizioni della presente legge".È noto che tale delega è stata esercitata dal Governo con l'adozione del (solo) del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32. Ma, al di là del concreto esercizio della delega, conta sottolineare la volontà esplicita del legislatore delegante - ovviamente consapevole della mole enorme "delle leggi tributarie vigenti" e, quindi, della inevitabilità di limitare la delega alla emanazione delle "disposizioni correttive strettamente necessarie a garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti con i principi statutari" (e cioè, alla emanazione di quelle disposizioni relative alle "leggi tributarie vigenti" di più frequente applicazione: come è dimostrato dal contenuto, quantitativamente modesto, delle modificazioni apportate dal D.Lgs. n. 32 del 2001) - di riaffermare, in consonanza con l'art. 1, comma 1, la necessità di "garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti (id est: di tutte le leggi tributarie vigenti) con i principi desumibili dalle disposizioni" dello Statuto. In altre parole se le "disposizioni correttive" del D.Lgs. n. 32 del 2001 per definizione, "garantiscono la coerenza" delle (sole) leggi ivi considerate con i principi statutari - identica coerenza deve essere assicurata non soltanto nell'esercizio dell'attività del futuro legislatore tributario, ma anche nell'esercizio dell'attività dell'interprete, che tali principi è chiamato ad applicare anche con riferimento a leggi tributarie "non corrette" dal legislatore delegato, e cioè a "tutte le altre" leggi tributarie vigenti. Il predetto valore ermeneutico dei principi statutari si fonda su un duplice rilievo. In primo luogo, su quello, secondo cui l'interpretazione conforme a Statuto si risolve, in definitiva, nell'interpretazione conforme alle norme costituzionali richiamate, che lo Statuto stesso dichiara esplicitamente di attuare nell'ordinamento tributario. In secondo luogo e conseguentemente, su quello, secondo cui (alcuni de)i principi posti dalla L. n. 212 del 2000 - proprio in quanto esplicitazioni generali, nella materia tributaria, delle richiamate norme costituzionali - debbono ritenersi "immanenti" nell'ordinamento stesso già prima dell'entrata in vigore dello Statuto e, quindi, vincolanti l'interprete in forza del fondamentale canone ermeneutico della "interpretazione adeguatrice" a Costituzione: cioè, del dovere dell'interprete di preferire, nel dubbio, il significato e la portata della disposizione interpretata conformi a Costituzione. Lo Statuto, pertanto, qualifica gli elementi (non procedimentali) contenuti nel testo come principi generali; poichè questi sono l’attuazione del disposto costituzionale, retroagiscono tendenzialmente al momento della sua promulgazione. I principi della "collaborazione", della "buona fede" e dell'"affidamento". e della “cooperazione”, nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, sanciti dai primi due commi dell'art. 10 e dal settimo comma dell’articolo 12 della L. n. 212 del 2000, anche perché immediatamente deducibili, rispettivamente, dai principi di "buon andamento" e di "imparzialità" dell'Amministrazione, di "capacità contributiva" e di eguaglianza (sub specie del rispetto del canone della ragionevolezza), garantiti dagli artt. 97 comma 1, 53 comma 1, e 3 comma 1, della Costituzione - debbono 4 le disposizioni contenute nello Statuto debbono essere interpretate ed applicate alla luce di quanto affermato nell'art. 1 della stessa legge. L’autoqualificazione come principi generali dell’ordinamento tributario delle norme dello statuto devono costituire un nuovo faro nell’interpretare anche il tessuto normativo precedente e nello stesso tempo indirizzare i comportamenti sia dell’Amministrazione che del contribuente. La figura del Garante del contribuente 20 è posizionata alla fine delle disposizioni, quasi a suggellare la funzione di tutela, diretta ed immediata, delle stesse norme e di quelle tributarie in genere. In particolare non può sfuggire il collegamento con il riaffermato principio di collaborazione e della buona fede21, come modalità necessaria del rapporto tra fisco e contribuente, la cui tutela difficilmente può trovare concreta attuazione dinanzi agli organi giudiziari ordinari. Il Garante, pertanto, si inserisce in questo spazio equidistante tra le distinte posizioni del contribuente e l’Amministrazione finanziaria in tutti i profili nella quale si manifesta. Le Agenzie fiscali, che sono subentrate all’Amministrazione Finanziaria, nonostante i ripetuti interventi di riorganizzazione e controllo di efficienza22, nel loro agire, in relazione anche ai mutati contesti normativi, evidenziano profili comportamentali alle volte, ma sempre con minore frequenza rispetto ai precedenti periodi, sul confine della legalità. Il Garante si inserisce, quindi, in uno spazio rimasto scoperto da un’efficace tutela giudiziaria23. Il livello di “alegalità”, vale a dire di prassi o comportamenti differenziati, che si collocano tra il sistema delle norme, rigidamente uniforme per tutto il territorio nazionale, e l’estrema varietà delle situazioni e dei contesti socio-economici locali, con essere annoverati tra quelli "immanenti" nel diritto e nell'ordinamento tributari già prima dell'entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente (prima, cioè, del 1° agosto 2000: cfr. art. 21 della L. n. 212 del 2000). L'art. 10, comma 1, si riferisce ad un unico principio "della collaborazione e della buona fede", trattando i due diversi termini quasi come espressione di un'endiadi; può osservarsi, innanzitutto, che il termine "collaborazione" allude, per un verso, ai principi: di "buon andamento", "efficienza" ed "imparzialità" dell'azione amministrativa tributaria di cui all'art. 97, comma 1, della Costituzione (richiamato dall'art. 1, comma 1, dello Statuto), e, per l'altro, a comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall'art. 53 comma 1, della Costituzione (anch'esso richiamato dalla predetta disposizione statutaria) ed imposto a "tutti" i contribuenti, di "concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"; in secondo luogo, che il termine "buona fede", se riferito all'Amministrazione finanziaria, coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine "collaborazione", posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell'Amministrazione stessa "coerenti", vale a dire "non contraddittori" o "discontinui" (mutevoli nel tempo); ed infine, che il medesimo termine, se riferito al contribuente, presenta un'analoga, parziale coincidenza con quello di "collaborazione" ed allude ad un generale dovere di correttezza, volto ad evitare, ad esempio, comportamenti del contribuente capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da "abuso" di diritti e/o tesi ad "eludere" una "giusta" pretesa tributaria. 20 L. SALVINI, Il Garante del contribuente, in AA.VV., Lo statuto dei diritti del contribuente, Giappichelli, 2004, nella relazione al convegno tenuto a Genova il 24 ottobre 2003 riporta una indagine dalla quale emerge che la figura e le funzioni del Garante del contribuente sono (ancora) marginalmente conosciute dai cittadini. 21 E. DE MITA, Statuto fondato sull’affidamento, Il sole 24 ore, 22 ottobre 2006, 21. 22 R. GALULLO, Riorganizzazione del fisco, Il Sole 24 ore, 23 gennaio 2006, ricorda che l’Agenzia delle Entrate agisce non solo sul versante assunzioni, per rafforzare i settori informazioni al contribuente, controlli e lotta all’evasione fiscale, ma promuove anche una massiccia opera di riqualificazione del personale. 23 G. ZAGREBESLSKY, La domanda di giustizia, G. Einaudi, 2003, 26, ricorda che la giustizia non si esaurisce nella legalità. 5 “performances” così diverse, sono idonee ad incrinare, in concreto, il sistema delle garanzie e delle aspettative dei cittadini contribuenti. Questa situazione, non risolvibile con i mezzi tradizionalmente predisposti dall’ordinamento24, ha favorito lo studio di una figura estranea alla struttura dell’amministrazione finanziaria statale. Si tratta,dell’introduzione nel nostro sistema tributario di un nuovo soggetto, che si inserisce nel tradizionale rapporto obbligatorio fisco-contribuente25. Da questa originaria matrice, tendente a tutelare il cittadino nei confronti della pubblica amministrazione26, si è sviluppata anche in Italia una pluralità soggetti, con finalità più delimitate ed oggetti diversi27, tra i quali possono identificarsi alcuni, il cui scopo è quello di tutelare anche il cittadino, che riveste la qualifica di contribuente. .2 I Garanti dei diritti del contribuente. Va innanzi tutto rilevato che la norma sul Garante del Contribuente, pur inserita in un contesto esprimente i principi generali del diritto tributario desumibili dalla Carta Costituzionale, richiama o per meglio dire fotografa soggetti, rapporti e tributi vigenti nel contesto normativo e culturale proprio del lungo iter di approvazione della legge. L’interprete non può non riconoscere che l’orizzonte, nel quale era prevista l’operatività del Garante, è ormai molto mutato e richiederebbe un sostanzioso intervento normativo, per renderlo, nel rispetto delle finalità che ne hanno motivato l’istituzione, più aderente alle mutate disposizioni. Rinunciando a creare un Garante del contribuente unico a livello nazionale ed anticipando la successiva approvazione delle norme costituzionali regolanti i nuovi rapporti Stato, Regioni ecc., è stata 24 F. d’AYALA VALVA, Spunti sulle tutele del contribuente e dell’interesse fiscale collettivo, in Atti Convegno Nuove forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nelle esperienze processuali, Messina 26 settembre 2003, Pubblicazione della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina, giuffrè, 2004, 247. 25 BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 551. 26 N. BOBBIO, L’età dei diritti, Einaudi,1997, 262 afferma che non pare dubbio che le varie tradizioni si stiano avvicinando e stiano formando insieme un unico grande disegno di difesa dell’uomo, che comprende i tre sommi beni della vita, della libertà e della sicurezza sociale. Il nuovo rapporto cittadino stato si inserisce, quindi, in questo cambiamento, che mette al centro dell’attenzione l’uomo cittadino e non l’uomo suddito. 27 L’affermazione dei nuovi diritti della persona ha fatto emergere situazioni che progressivamente hanno richiesto una qualche nuova forma di tutela. Da questi si è affermata la figura del “consumatore”, in tutti i profili ove possa estrinsecarsi ed anche indipendentemente dalla qualità di “cittadino”, che sta avendo una considerevole attenzione. Sul punto vedi G. FERRARA, Contributo allo studio della tutela del consumatore. Profili pubblicistici, Giuffrè, Milano, 1983, 377, ove richiama la figura dell’Ombudsman, che vede codificata nella figura del difensore civico. G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Laterza, 2002, 4, afferma che la scoperta del “consumatore” è piuttosto recente ed è un dato tipico delle società opulente e avviene gradualmente in tutti i paesi occidentali. Puntualizza che alla scoperta del consumatore non fa seguito l’adozione immediata di misure legislative a sua difesa. Richiama infine (pag. 439) tra gli strumenti di tutela l’ombudsman in alcune sue applicazioni concrete, soffermandosi in particolare sull’ombudsman bancario. 6 operata la scelta di istituire tale soggetto presso ogni Agenzia Regionale delle entrate, confermando la funzione di collegamento più immediato tra il cittadino e gli uffici tributari locali. La creazione di questo nuovo organo, di derivazione costituzionale e con specifiche funzioni e finalità, prima della nuova suddivisione dei rapporti istituzionali dei nuovi enti locali non può essere sottovalutata e ci si può chiedere se la nuova potestà normativa attribuita successivamente a questi ultimi possa in qualche maniera scalfire o addirittura sostituire le funzioni attribuite al Garante del contribuente. La questione non appare teorica in quanto le regioni, nei loro statuti, tendono ad inserire anche la figura del garante del contribuente di ambito regionale, con funzioni analoghe a quelle attribuite al garante previsto nello Statuto del contribuente. Il differente assetto Stato, regioni ed enti locali e la futura regolamentazione della materia tributaria contenuta nel recente progetto di legge sul federalismo fiscale porterà alla ribalta la figura del Garante ed i rapporti con questi nuovi soggetti. La localizzazione regionale del Garante del contribuente ed i nuovi o anche vecchi tributi regionali o locali ha già portato momenti di contatto con le istituzioni locali e la emersione della necessità di nuove regole a tutela del contribuente locale ed a favore di una migliore organizzazione delle strutture e dei soggetti che, a vari livelli, gestiscono i tributi locali28. Una soluzione già si intravede alla luce della più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di ICI29., valevole per tutti i tributi locali di origine statale, per i quali i nuovi enti non possono incidere se 28 Sul punto vedi le osservazioni ed i richiami di F. BATTOCCHI, Il garante del contribuente, in AA.VV., Statuto dei diritti del contribuente, Giuffrè, 2005, 727 29 La Corte Costituzionale ha avuto l’occasione di precisare che per tributi erariali si intendono anche i precedenti tributi, identificati quali tributi locali per la destinazione del gettito e non per l’origine, negandone la disponibilità da parte dei nuovi enti territoriali locali. Con la recentissima sentenza n. 75 del 24 febbraio 2006 la stessa Corte ha ribadito il proprio pensiero, censurando l’art. 27 della legge regionale Friuli Venezia Giulia 4 marzo 2005, n. 4, poiché quest ultima interveniva su materia non attribuita alla potestà legislativa regionale. In particolare ha affermato: “La potestà legislativa della Regione nella materia tributaria deve esercitarsi «in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» e deve limitarsi all'«istituzione di tributi regionali prevista nell'articolo 51». Quest'ultimo articolo, a sua volta, stabilisce che l'istituzione dei tributi regionali deve essere effettuata con legge regionale, «in armonia col sistema tributario dello Stato, delle Province e dei Comuni». Dal combinato disposto di tali norme risulta, dunque, che la potestà impositiva della Regione può concernere solo i tributi regionali, e cioè quei tributi che la Regione medesima ha facoltà di istituire ai sensi di detto art. 51. L'ICI non è istituita dalla Regione e, quindi, non è un tributo regionale ai sensi dello statuto. È, invece, un tributo erariale, istituito dalla legge dello Stato (art. 1 del citato d.lgs. n. 504 del 1992) e da questa disciplinato (v., ex plurimis, le sentenze numeri 37, 381 del 2004 e n. 397 del 2005), salvo quanto espressamente rimesso all'autonomia dei Comuni (art. 4 del d.lgs. n. 504 del 1992 e art. 59 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, recante «Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali»). Ne consegue che l'impugnato art. 27 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2005, nell'introdurre casi di esenzione dall'ICI, interviene su materia non attribuita dallo statuto alla competenza del legislatore regionale e si pone, perciò, in contrasto con l'evocato art. 5 dello statuto medesimo.” La Corte, per fugare altri dubbi e precisando il suo pensiero sul contenuto dell’espressione finanza locale ha anche precisato che: “Tale conclusione non è smentita dal richiamo della norma impugnata all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 9 del 1997, secondo cui «spetta alla regione disciplinare la finanza locale». Tale articolo, essendo norma di mera attuazione statutaria in tema di ordinamento degli enti locali, può riguardare, infatti, solo quella parte della finanza locale presa in considerazione dallo statuto e non quei tributi comunali che, come l'ICI, sono invece previsti e istituiti esclusivamente dalla legge statale e, nei limiti da questa indicati, disciplinati dai regolamenti comunali.” Ha quindi preso posizione suo rapporto con il nuovo testo della carta costituzionale affermando che: “La Regione Friuli-Venezia Giulia non ha 7 non nei limiti previsti dalle singole normative impositiva, ricomprendono sia i tradizionali tributi erariali che tutti quelli in precedenza istituiti dallo Stato sotto qualsiasi denominazione corrente come tributi locali, comunali o altro. Da ciò può affermarsi che sussiste la competenza del Garante del contribuente, di diretta derivazione Statutaria (l. n. 212/2000), su tutti i tributi preesistenti e le relative regolamentazioni ed uffici ad essi demandati. Da questo spartiacque emerge altresì che i nuovi Garanti, di derivazione statutaria regionale o comunque locale, potranno svolgere la loro funzione di tutela nei confronti dei nuovi futuri tributi locali ed i relativi uffici ad essi preposti. La soluzione ipotizzata porta alla moltiplicazione delle figure dei Garanti del contribuente agenti nello stesso territorio e per la medesima materia tributaria. La distinzione tra tributi erariali e tributi licali non sembra in verità una scelta coerente con i principi di economicità tenendo anche conto la previsione di maggiorazione ai tributi erariali destinate agli enti locali. La costituzione nello Statuto del contribuente di una pluralità di garanti non è stata seguita anche dalla previsione di un organo di collegamento o coordinamento tra i vari Garanti; questa scelta può essere vista quale ulteriore garanzia “di piena autonomia” del singolo Garante, così come recita il secondo comma dell’art 13; d’altro canto non esclude, nell’ambito del potere di auto disciplinare le proprie iniziative, la operatività di periodiche conferenze comuni, in vista, ad esempio, della presentazione della relazione sull’attività svolta al Ministro delle finanze ed agli altri uffici. Sotto questo aspetto si è operata la scelta di creare più collegi di Garanti, con competenza territoriale, pari alle regioni, con ciò avvicinando la nuova figura alla struttura territoriale del difensore civico regionale; i due organi rimangono, comunque, distinti per competenze e sotto la veste formale, in quanto quest’ultimo è un organo monocratico, ove si assommano tutti i poteri; nello stesso tempo, la scelta di un organo collegiale, pur analoga ad altre figure di Autorità o Garanti, distingue quello del contribuente proprio in relazione alla diffusione regionale, non presente nelle altre tipologie, collocate in un unico ufficio centralizzato. Particolare rilievo si deve dare ai rapporti con soggetti privati appaltatori di servizi di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura, previsti esplicitamente nell’ultima parte dell’articolo 14 dello Statuto; la generica previsione di applicabilità della stessa legge a questi ultimi soggetti non sembra tutelare nella medesima misura i contribuenti. Gli istituti dell’autotutela e dei procedimenti disciplinari, posti a garanzia, mal si adattano ai soggetti privati e richiederebbero uno sforzo interpretativo estensivo di particolare portata. potestà legislativa in materia di ICI, non solo ai sensi delle norme statutarie, ma neanche ai sensi del combinato disposto degli articoli 117, terzo comma, Cost. e 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Essendo infatti l'ICI tributo statale, la sua disciplina rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tale riserva di competenza impedisce che le norme denunciate rientrino nella invocata potestà legislativa concorrente e non consente, nella specie, di effettuare la comparazione richiesta dal citato art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 tra le forme di autonomia garantite dalla Costituzione e quelle statutarie”. 8 .3 La competenza per materia. La localizzazione presso l’Agenzia regionale delle entrate non può, tuttavia, significare sotto altro profilo, che la funzione sia limitata ai soli tributi di competenza di tale ufficio, potendosi ben ritenere, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale sopra riportata, che questa sussista anche per tutti i tributi “erariali”. E’ stato da taluni posta in dubbio la possibilità di una tale estensione dei poteri del Garante. Si ipotizzerebbe un Garante su base regionale, con competenza circoscritta ai soli tributi tradizionalmente denominati erariali; questo convincimento viene legato alla circostanza che mentre in numerosi articoli dello Statuto viene indicata genericamente l’amministrazione finanziaria, le attività esterne propriamente propulsive, quali le segnalazioni, le comunicazioni e le relazioni, riguardano le direzioni generali delle imposte, i comandi della guardia di finanza o lo stesso Ministro, omettendo qualsiasi riferimento ad entità territoriali locali. La limitata competenza ipotizzata non sembra poggiare su basi incontrovertibili. Lo Statuto nella sua intitolazione parla di “contribuenti”, non dividendoli in alcun modo in relazione al destinatario della contribuzione né alla fonte dell’obbligo. L’art. 1 dello Statuto, dopo aver premesso che (tutte) le disposizioni della stessa legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53, e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario, invitava le Regioni a statuto ordinario (regolano), le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano (provvedono) e gli enti locali (provvedono) ad adeguare i rispettivi ordinamenti i primi alle norme fondamentali dello Statuto e gli ultimi ai principi. I termini per tali adempimenti erano di gran lunga antecedenti all’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 119 della Costituzione e, quindi, nessun serio dubbio potrebbe opporsi a ritenere parte integrante della normativa di tali enti locali l’intero impianto dello Statuto. Va ricordato, infine, il disposto dell’articolo 17 della medesima legge il quale recita che le disposizioni si applicano anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura. La competenza del Garante dovrebbe ora trovare corrispondenza in tutti i tributi richiamati dall’art. 1 D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992 sul processo tributario, nel testo novellato anche da ultimo con il d.l. 30 settembre 2005, n. 203 convertito con modificazioni nella l. 2 dicembre 2005, n. 24830. Certamente utile alla delimitazione della competenza del Garante può essere il richiamo agli elementi per la qualificazione di una legge come tributaria, così come ricordati dalla Corte Costituzionale nella 30 L’ampliamento della giurisdizione tributaria avviene anche ad opera della giurisprudenza della Corte di cassazione, che ad esempio con la sentenza n. 618 del 13 gennaio 2006 (Corr. Trib. 9/2006, 717) ha riconosciuto che spetta al giudice tributario la giurisdizione in materia di diritti camerali. Sul punto rinvio al mio lavoro Il “nuovo processo tributario” in attesa di una revisione dopo l’ampliamento della giurisdizione delle Commissioni, in Il Fisco, 31/2006, 4741; nonché a F. PISTOLESI, Le nuove materie devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie, Giur. Imp., 2002, n. 6,1463.. 9 sentenza n. 11 del 12 gennaio 1995, in tema di referendum abrogativo, ove è stato affermato che questi sono necessariamente costituiti dall’ablazione delle somme con l’attribuzione delle stesse ad un ente pubblico e la loro destinazione allo scopo di approntare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente medesimo31. Si è assistito negli ultimi anni ad un ampliamento della giurisdizione tributaria, a colpi di pronunzie interpretative della giurisprudenza di legittimità32, a riprova dell’assenza di un concetto univoco33 e definito di tributo34. In particolare, la genericità dell’oggetto della giurisdizione tributaria35, esteso a tutti i tributi di ogni genere e specie comunque denominati , operata con il richiamato d.l. 30 settembre 2005, n. 203 convertito con modificazioni nella l. 2 dicembre 2005, n. 248, ha spinto la Suprema Corte di Cassazione a ricondurvi, nel tempo, qualsivoglia prestazione che non trovasse giustificazione in finalità punitive o fonte in un rapporto sinallagmatico tra prestazione e beneficio percepibile dal singolo, sia quelle esplicitamente ricondotte nell’ambito della giurisdizione tributaria dall’art. 2 d.lgs. 546/1992 come, ad esempio, i contributi per il S.S.N. (Cass. SS.UU. 123/06) – sia quelle riconducibili, per via interpretativa, alla categoria delle prestazioni aventi natura tributaria – come il canone RAI, qualificato entrata tributaria36, in quanto non commisurato alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo (Cass. SS.UU. 24010/07). All’opera di ampliamento disorganico dell’oggetto della giurisdizione tributaria ha contribuito il Legislatore, che ha inserito tra gli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni Tributarie il fermo e l’ipoteca, universalmente ritenuti atti neutri, svincolati dalla qualifica tributaria della pretesa patrimoniale ad essi sottesa37. I confini della giurisdizione tributaria si sono, dunque, gradualmente sbiaditi, nell’incertezza di cosa sia un tributo, visto che l’art. 2 cit. ha assunto le sembianze di un mero contenitore, 31 La natura tributaria di un prelievo è oggetto di un rinnovato studio, stante alcune recenti innovazioni sulla struttura e destinazione dei prelievi. Sul punto vedi da ultimo A. FEDELE, Appunti, cit., 16, R. LUPI, Società, diritto e tributi, Il sole 24 ore, 2005, 119; id, Diritto tributario, Parte generale, Giuffrè, 2005, VIII ed, 35. 32 G.A. MICHELI, Unità dell’ordinamento e processo civile, pag 13 dell’estratto, ricorda la valenza della funzione creativa dell’interprete e segnatamente del giudice, inteso quest’ultimo come strumento della creazione del diritto. 33 Per una ricerca del concetto di tributo negli ordinamenti di fondamenta romanistiche vedi A. AMATUCCI, L’ordinamento giuridico della finanza pubblica, Jovene, 2007, VIII ed., 71 ss.. 34 A. D. GIANNINI, I concetti fondamentali del diritto tributario, Utet, 1956, 57, riconosceva, fin da allora, che “nel nostro ordinamento, come in quello di altri Stati, la distinzione fra le varie specie di tributi è incerta ed oscillante”; E. NUZZO, Modelli ricostruttivi della forma del tributo, Cedam, 1987, 7, ricorda che l’imposizione può attuarsi in forza di meccanismi più disparati. 35 G. LICCARDO, Considerazioni sulla Giustizia tributaria, AA.VV. Sistema di garanzie e processo tributario, Satura ed., Napoli, 2005, XVII. 36 Con la sentenza n. 284/2002 la Corte costituzionale aveva affermato che: “la natura di imposta impressa al canone televisivo esclude ogni nesso di necessaria corrispettività tra obbligo tributario e fruizione effettiva del servizio”. 37 F. D’AYALA VALVA., Le ganasce fiscali ed il giudice tributario. Un porto sicuro, un attracco difficoltoso, Riv. Dir. Trib., 2006, n. 9, 621. 10 a raccolta di una eterogeneità di materie, soggette a continua stratificazione ed attribuite, progressivamente, alla giurisdizione del giudice tributario. Il problema era stato già sottolineato dal prof. Micheli il quale, partendo da altra prospettiva, e cioè dall’esercizio del potere impositivo38, aveva evidenziato proprio la mancanza di una soddisfacente elaborazione della nozione di tributo, con conseguenti incertezze nella legislazione, nella giurisprudenza e nella dottrina39. La situazione de qua ha determinato la Consulta a segnare40, con interventi correttivi, una battuta di arresto all’ampliamento convulso della giurisdizione tributaria, frenando la proliferazione di tendenze legislative ed interpretative volte ad enucleare nuove materie nell’oggetto tributario. Innanzitutto, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 cit., nella parte in cui stabiliva l’appartenenza alla giurisdizione tributaria delle controversie relative al COSAP (C.Cost. 64/08)41, la stessa ha specificato che l’inserimento, da parte del Legislatore, di una determinata materia nell’ambito dell’oggetto tributario non è determinante ai fini della sua effettiva qualificazione42. Da ultimo, è, poi, intervenuta per frenare l’orientamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione (ord. 3171/07), le quali avevano ritenuto che l’opposizione ad atti irrogativi delle sanzioni amministrative, emessi dall’A.F. per violazione degli obblighi di previdenza obbligatoria, rientrasse nell’ambito della giurisdizione tributaria, poiché, concernendo la violazione di norme previdenziali – di natura “tributaria”, in quanto previste nell’interesse della collettività e non a beneficio uti singulus – di riflesso anch’esse dovessero ritenersi a valenza tributaria. La Consulta, interrogata sullo stesso argomento (130/2008)43, ha assoggettato l’art. 2 cit. a declaratoria di incostituzionalità, nella parte in cui era devoluta al giudice tributario la competenza sulle sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari. Con quest’ultima sentenza la Corte Costituzionale 38 Il prof. Micheli faceva riferimento alla concezione del diritto tributario quale complesso di principi e di norme, che disciplinavano l’esercizio della potestà di imposizione dal momento in cui è posta la norma giuridica, che istituisce il tributo, sino alla sua concreta realizzazione. S. LA ROSA, I procedimenti tributari: fasi, efficacia e tutela, Riv. dir. trib., 2008, n. 10, I, 805. 39 G.A. MICHELI, Profili critici in tema di potestà di imposizione, Riv. dir. fin. sc fin., 1964, I, 3. 40 V. MARINELLI, Studi sul diritto vivente, con prefazione di Augusto Cerri, Jovene, 2008, 186, ricorda che la superiorità gerarchica delle norme costituzionali crea un limite generale alla legislazione ordinaria, imponendole di mantenersi nell’alveo della costituzionalità, con la connessa esigenza che, sia nel corso stesso del procedimento legislativo, perché si svolga in tale alveo, sia quando, varata la legge,occorre farne applicazione, si controlli l’osservanza di quel limite. 41 G. MARINI, Incostituzionalità della giurisdizione tributaria e rapporti pendenti, G.T., 2008, n. 5, 376; E. RIGHI, Fuori dalla giurisdizione tributaria le controversie COSAP, Boll. Trib. Inf., n. 9, 2008, 771. 42 Vedi il commento di E. DE MITA, Una definizione soddisfacente di tributo, Il Sole 24 ore, 15 marzo 2008, e poi dello stesso Autore La Corte ritorna a interrogarsi su cosa è tributo, il Sole 24 ore, 27 aprile 2008, ove sottolinea che l’intera vicenda e il problema, che ne è alla base, sono dovuti all’incredibile successione delle leggi tributarie, e all’assenza, pressoché totale, di principi, sia in ordine alla nozione di tributo, sia in ordine alla relativa giurisdizione. 43 S.M. MESSINA, Giurisdizione ordinaria nelle controversie sulle sanzioni per lavoro nero, G. T. 2008, n. 8, 665. 11 ha colto l’occasione di richiamare la sua più recente giurisprudenza sul tema affermando che la giurisdizione tributaria deve essere considerata un organo speciale di giurisdizione preesistente. Ha poi riconosciuto che l’oggetto di tale giurisdizione, così come la disciplina degli organi speciali, ben possono essere modificati dal legislatore ordinario, il quale tuttavia incontra precisi limiti costituzionali consistenti nel non snaturare le materie attribuite a dette giurisdizioni speciali e nell’assicurare la conformità a Costituzione delle medesime giurisdizioni. Il menzionato duplice limite opera con riferimento ad ogni modificazione legislativa riguardante l’oggetto delle giurisdizioni speciali preesistenti e altresì che il mancato rispetto del limite di non snaturare le materie originariamente attribuite a tali giurisdizioni si traduce nell’istituzione di un nuovo giudice speciale, espressamente vietata dall’art. 102 della carta costituzionale. La Corte ha poi precisato che la giurisdizione tributaria deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto e che la medesima non può essere ancorata al solo dato formale e soggettivo (relativo all’ufficio competente ad irrogare la sanzione). L’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali. La stessa ha, in tal modo, negato validità alla tesi della natura tributaria delle sanzioni amministrative de quibus, in virtù di una correlazione con gli oneri previdenziali, intesi quali tasse di scopo; per altro verso, ha, così, inteso ridimensionare ulteriormente l’ambito della giurisdizione tributaria, depurandolo da materie vagamente vicine al concetto indefinito, sotto il profilo processuale, di tributo44. Con la recentissima sentenza n. 335 del 2008 la Corte Costituzionale ha affrontato il complesso problema della natura del canone di depurazione, pervenendo alla (sofferta45) conclusione che si tratta di un corrispettivo, la cui controversia è demandata al giudice ordinario. In particolare ha affermato che l’interpretazione della legge n. 36 del 1994, condotta alla stregua dei comuni criteri ermeneutici, porta a ritenere che la tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo46 direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza. L’inestricabile connessione delle suddette componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto che, a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione. Ne consegue che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete 44 Sulla evoluzione della giurisprudenza costituzionale vedi G. FRANSONI, La nozione di tributo nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in AA. VV., Diritto tributario e Costituzione, ESI, 2006, 123. 45 E. DE MITA, Gli slalom del canone di depurazione, Il Sole 24 ore, 26 ottobre 2008, 23. F. D’AYALA VALVA, Nuove tariffe, prestazioni imposte e giurisdizione tributaria, Giurisprudenza di merito, 2004, n. 6. 12 46 necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito automaticamente nel contratto (art. 13 della legge n. 36 del 1994). Alla luce delle sopra riportate riflessioni giurisprudenziali qualsiasi prelievo, con tali caratteristiche, potrà essere motivo d’intervento del Garante presso l’ente (finanziario)47. Il richiamo al D.lg. n. 546/92 pone il quesito se sia di competenza del Garante anche la segnalazione di disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi anomale o irragionevoli degli uffici del territorio preposti all’intestazione, delimitazione, figura, estensione, classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché degli uffici demandati alla delimitazione della consistenza, classamento delle singole unità immobiliari, urbane e l’attribuzione della rendita catastale. Una lettura restrittiva della norma limitata, alla sostanza del tributo, ne escluderebbe la competenza; una tale interpretazione non sembra condivisibile, stante lo stretto collegamento delle operazioni catastali con il presupposto di numerosi tributi erariali e locali. In ogni caso il generico richiamo “agli uffici dell’amministrazione finanziaria” non può precludere l’intervento del Garante presso gli stessi ora agenzie. Sotto lo stesso profilo il Garante potrà esaminare le istanze relative a questioni in materia di sanzioni irrogate dagli uffici finanziari, non espressamente collegate ad un tributo, o il mancato tempestivo rimborso di somme riscosse coattivamente e riconosciute indebite dalle commissioni tributarie48. Non dovrebbero esservi dubbi sulla competenza anche per i tributi doganali, essendo previsto l’invio della relazione semestrale del Garante nonché di tutte le segnalazioni dei comportamenti dell’amministrazione, che possano determinare un pregiudizio ai contribuenti o conseguenze negative nei rapporti con l’amministrazione, anche ai direttori compartimentali delle dogane. Sullo sfondo potranno rimanere tutte le altre prestazioni patrimoniali, quali i contributi ai consorzi di bonifica o il canone televisivo, ove il profilo tributario della prestazione è diluito dall’interesse del singolo alla stessa prestazione. Le reiterate sentenze della Corte di Cassazione, che hanno affermato la natura tributaria di questi ultimi, militano verso una competenza del Garante anche per tali prestazioni. Di rilievo infine è la controversa collocazione del contributo previdenziale, collocato storicamente nella parafiscalità 47 49 . Ove venisse confermato l’orientamento della più recente dottrina sulla natura tributaria G. GAFFURI, Diritto tributario, V ed. Cedam, 2006,, 16, distingue invece i tributi in generale da altre figure similari, quali i contributi, pur riconoscendo (pag. 14) che la linea di confine tra i due generi di rapporti è di difficile tracciamento. Afferma ancora che la nozione eterogenea e assai allargata desumibile dalle norme processuali non può essere scambiata per un’attendibile definizione di prelievo fiscale in senso proprio, che resta ancorata a presupposti specifici e peculiari e ai criteri fissati dai principi della Costituzione in materia. 48 Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 15, depositata il 4 gennaio 2007, ha affermato che spetta al giudice ordinario, e non al giudice tributario, la competenza a giudicare sulle liti che riguardano il risarcimento del danno per comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria, anche se tale comportamento derivava dalla illegittima richiesta di pagamento di una tassa automobilistica già regolarmente pagata dal contribuente. 49 G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Cedam, 2005, vol. I. 13 del prelievo50 tutte le relative questioni ricadrebbero nella competenza, per materia, del Garante del contribuente. I disservizi sottoponibili all’attenzione del Garante potrebbero, infine, riguardare i concessionari della riscossione oppure tutti gli altri differenti soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di qualunque natura, trovando applicazione l’intera normativa dello Statuto del contribuente anche a questi soggetti, pur se formalmente estranei alla amministrazione finanziaria, ma espressamente destinatari delle disposizioni, ai sensi dell’art. 17 dalla più volte richiamata legge n. 212/2000. Nei confronti di questi ultimi manca una norma che regoli i poteri del Garante, ma questa lacuna potrebbe essere oggetto della segnalazione semestrale o annuale dello stesso Garante. La lacuna normativa è divenuta di pressante attualità dopo l’ampliamento della giurisdizione tributaria anche alla “ganasce fiscali”51. L’ampia libertà per l’uso di tali strumenti di coazione offre un ampio margine di intervento del Garante ove tali poteri non vengano utilizzati non solo legittimamente ma anche correttamente E’ compito del Garante esaminare preliminarmente la propria competenza per materia, in relazione alla segnalazione scritta, e comunicare immediatamente all’autore della segnalazione la propria decisione in caso di diniego. In quest’ultimo caso trattandosi di un atto definitivo emesso da un organo amministrativo si può pensare ad una sua ricorribilità al T.A.R.. Si può così ipotizzare un nuovo veicolo interpretativo, a cura questa volta del giudice amministrativo, sulla natura di talune decisioni del Garante del contribuente e poi sulla tipologia di alcune prestazioni imposte, sia pure sotto il più limitato profilo della competenza del Garante del contribuente. .4 L’ambito regionale di intervento. La norma tace sulla competenza territoriale dell’ufficio del Garante. E’ pur vero che il domicilio fiscale del contribuente radica la relativa competenza con gli uffici tributari, ma è altrettanto vero che i rapporti tributari possono essere incardinati anche con altri uffici, per i quali è irrilevante la residenza. E’ sufficiente a tal fine ricordare l’ICI sulla seconda casa, ubicata in altro comune, di altra regione e l’eventuale richiesta di rimborso riconosciuta fondata dallo stesso comune e rimasta sospesa per inerzia del provvedere. Il collegamento territoriale potrebbe variare secondo il rilievo dato al domicilio del richiedente o dell’ufficio non ottemperante. Utilizzando il principio del foro del convenuto, la competenza territoriale del Garante dovrebbe essere radicata per tutte le questioni riguardanti gli uffici o enti territoriali con sedi nella propria regione, rimanendo irrilevante l’eventuale differente domicilio fiscale del richiedente. Ove, invece, la 50 P. PURI, Destinazione previdenziale e prelievo tributario. Dalla parafiscalità alla fiscalizzazione del sistema previdenziale, Collana diretta da G. Falsitta e A. Fantozzi, Giuffrè, 2005, 141. 51 F. d’AYALA VALVA, Le Ganasce fiscali ed il giudice tributario. Un porto sicuro, un attracco difficoltoso, in Riv. Dir. Trib., 2006, n. 9, I, 621. 14 localizzazione territoriale del Garante dovesse essere intesa quale modo per l’esercizio più immediato del servizio al cittadino, non si potrebbe escludere una competenza per tutte le segnalazioni pervenute da soggetti residenti nella regione e ciò indipendentemente dalla localizzazione dell’ufficio ove si lamenta il disservizio. La questione ha la sua rilevanza anche per le ipotesi nelle quali un singolo ufficio dell’Agenzia deleghi l’espletamento di alcune attività ad altro ufficio della stessa agenzia localizzato in altra regione (all’ufficio di Reggio Calabria sono state attribuite delle funzioni relative a pratiche di contribuenti residenti nel Lazio). Anche in caso di diniego, per incompetenza territoriale, il Garante dovrà comunicare immediatamente all’istante, la propria risoluzione con l’indicazione del Garante ritenuto competente. Questa scelta, tuttavia, potrebbe essere vista come una sostanziale negazione della tutela richiesta e, quindi, sarebbe più opportuna l’immediata trasmissione della segnalazione del Garante che si ritiene incompetente al Garante, ritenuto territorialmente competente, ed analoga comunicazione al contribuente della stessa trasmissione. Il procedimento non esclude, certamente, l’ipotesi di conflitto di competenza territoriale, ove il secondo neghi anch’esso la propria competenza; in mancanza di un organo gerarchico superiore, la questione dovrebbe poter essere risolta dal secondo Garante. .5 I problemi di un organo collegiale. Il garante del contribuente, a differenza del difensore civico, è un organo collegiale, costituito da tre membri, operante in piena autonomia. La scelta e la nomina di detti soggetti spetta ad un organo istituzionalmente estraneo all’Amministrazione Finanziaria, ma non avulso dalle problematiche tributarie, e precisamente al Presidente della Commissione Tributaria Regionale52, nella cui circoscrizione è compresa l’Agenzia Regionale delle entrate. Inoltre il Presidente della Commissione Tributaria Regionale assicura l’assoluta indipendenza nella nomina dei membri dell’organo. Pur essendo libera la scelta, questa deve ricadere su prefissate specifiche tipologie di soggetti, istituzionalmente portatori di un’alta professionalità, idonea allo scopo voluto dalla norma. L’organo è composto di un presidente e da due membri; il Presidente deve essere scelto tra magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio; non è richiesta al designando la residenza nella regione al momento della nomina né l’obbligo di fissarvi la residenza per la durata dell’incarico53. Per i magistrati, non essendovi nella norma altra 52 Di recente è stata risolta positivamente dal TAR di Napoli la questione sulla possibilità che il Presidente f.f. della commissione tributaria regionale possa nominare i Garanti della propria regione, difformemente decisa in precedenza dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria. 53 L’art. 7 del d.ls. 31 dicembre 1992, n. 545 prevede, invece, espressamente tra i requisiti generali dei componenti delle commissioni tributarie, alla lettera f), “avere o aver dichiarato di voler stabilire la residenza nella regione nella quale ha sede la commissione tributaria. Analogamente non sussiste per il Garante del contribuente il divieto previsto espressamente per i componenti delle commissioni tributarie, nel terzo comma dell’art. 8 del medesimo d.ls n. 545, “Nessuno può essere componente di più commissioni tributarie”. 15 qualificazione, si deve intendere quelli ordinari, amministrativi e militari, con ciò escludendo tutti coloro che svolgono una qualche funzione giudiziaria onoraria; non vi rientrano, quindi, sia i giudici tributari sia i giudici di pace. Il Consiglio Superiore della Magistratura è restio a concedere il nulla osta a magistrati in servizio e questa scelta può condividersi, in relazione alla necessità di non distrarre le limitate forze giudiziarie dai gravosi compiti del proprio ufficio istituzionale. Alla luce delle nomine dei magistrati fin qui effettuate queste sono ricadute su soggetti di alta qualità in pensione, per lo più giudici tributari54. Per la categoria “professori universitari” va notato che l’art. 5 lettera b) del D. lgs. 545/1992, sull’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria, richiama i “docenti di ruolo universitari”, e quindi si potrebbe ipotizzare che per il Garante possa essere considerata una difforme e più ristretta platea. Certamente in questa categoria sono considerati i professori universitari di ruolo, fuori ruolo o a riposo, compresi nella prima e nella seconda fascia dell’ordinamento universitario. Il richiamo alla specifica qualifica professionale senza alcuna limitazione comporta che per i soggetti che hanno scelto il tempo definito, non è inibito l’esercizio di una attività professionale. In questo caso il relativo compenso viene attratto nel reddito di lavoro autonomo ed assoggettato ad IVA. Per quanto riguarda i notai, fermo restante il limite del superamento del concorso ed il loro permanere nel relativo albo, non è previsto l’obbligo di residenza nella regione né lo svolgimento dell’attività nella stessa. Proprio la possibilità che il notaio possa continuare a svolgere la propria professione conferma che anche il professore universitario, ove sia anche iscritto ed eserciti una professione possa continuare, senza preclusioni, la propria attività. Gli altri due membri devono, a loro volta, avere una distinta provenienza, al fine evidente di mantenere una necessaria pluralità di esperienze professionali. In particolare, la scelta del secondo membro, deve ricadere su un dirigente dell’Amministrazione finanziaria e su un Ufficiale Generale e Superiore della Guardia di Finanza, scelti in una terna formata per ciascuna delle Direzioni Regionali delle Entrate, rispettivamente per i primi dal Direttore Generale del Dipartimento delle entrate e per i secondi dal Comandante Generale della Guardia di Finanza. Va osservato che la scelta del dirigente dell’Amministrazione finanziaria deve essere effettuata dal Direttore regionale delle entrate, di ciascuna regione, ma, anche in questo caso, non è prescritto che il designato abbia o non abbia svolto la propria attività nella regione o sia ivi residente. La scelta dell’ufficiale generale è, invece, demandata per tutte le 54 Il Consiglio della giustizia tributaria, in un primo moment,o aveva ritenuto sussistere una incompatibilità tra la funzione di giudice tributario e quella di componente del collegio del Garante del contribuente, sia come presidente che come membro. Tale presa di posizione, presupponeva la sussistenza di un potere di ingerenza del primo sulle scelte demandate al Presidente della Commissione tributaria regionale, agente non in una funzione giurisdizionale, nonché l’adozione di una interpretazione più ampia dei casi di incompatibilità previsti dall’art.8 del d.lvo n. 545/1992. La presa di posizione cel Consiglio era stata probabilmente influenzata dalla circostanza che lo stesso soggetto avrebbe ricoperto le due funzioni nella stessa regione. Da ultimo (settembre 2006) il Consiglio ha rimeditato il proprio pensiero, dichiarando la sospensione dell’incarico da giudice tributario, per tutto il tempo in cui lo stesso soggetto va a ricoprire le funzioni di Garante del contribuente. Anche in questo caso non si è tenuto conto dell’eventuale differente localizzazione delle due funzioni. 16 regioni unicamente al comandante Generale della G. di F., anche qui senza alcun vincolo territoriale di provenienza o di residenza. Per una maggiore garanzia di neutralità ed al fine di evitare commistioni o possibili esami di proprie attività o di quella svolta dal precedente ufficio, è previsto che questi soggetti debbano essere a riposo da almeno due anni. Il maggior decorso del tempo dall’inizio del pensionamento, per questa categoria rispetto a quanto previsto per i professionisti, risulta coerente con la necessità di un distacco dalla precedente attività proprio per quei soggetti facenti parte dell’amministrazione, della cui eventuale inefficienza si debba trattare. La scelta, per ogni regione, deve ricadere su di una triade e, quindi, sarà necessario un preventivo accordo di ogni Direttore regionale con il Comando generale della G. di f. per la formalizzazione tempestiva della triade, da sottoporre al Presidente di ogni commissione tributaria regionale. Il terzo membro deve essere scelto anch’esso in una terna, formata per ciascuna Direzione Regionale delle entrate, dagli ordini degli avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati; questi soggetti devono essere già pensionati al momento della nomina e, quindi, il pensionamento può avvenire anche dopo l’indicazione nella terna finale. La formazione della triade, mentre appare più semplice nell’ambito regionale, poiché fornita da tre ordini o collegi professionale, non sembra tenere conto della difforme consistenza numerica degli albi e dei collegi professionali e nella mancanza nell’ambito della regione di un organo di coordinamento interno tra ordini e collegi professionali, tale da esprimere tempestivamente la terna. Il tenore della norma potrebbe indicare che, in ogni regione, gli ordini ed i collegi congiuntamente debbano esprimere la terna da sottoporre al Presidente della commissione tributaria. Un eventuale disaccordo nella presentazione potrebbe portare all’impossibilità per il Presidente di effettuare la scelta, mancando l’elemento dal quale trarre il terzo membro del collegio. Il disaccordo nella composizione della terna potrebbe essere il più vario, iniziando dalla paralisi nella presentazione dell’unica terna, alla presentazione di più terne formate da differenti ordini o collegi professionali. Va osservato che per ciascuna categoria la terna deve essere “formata” dai soggetti rispettivamente indicati, ma ciò non impedisce che le due terne siano composte solo da soggetti provenienti da una sola figura professionale nell’ambito delle due categorie (b/c dell’art. 13); la norma, infatti, richiede che la terna debba essere formata con l’accordo dei rappresentanti, ma non implica anche la necessità della contemporanea presenza nella terna di tutti i profili professionali. La prima terna potrebbe, quindi, essere composta nell’ambito di una singola regione da soli rappresentanti dell’amministrazione finanziaria e la seconda dai soli rappresentanti del collegio dei ragionieri. Quello che conta è la sola volontà dei rappresentanti, identificati dalla norma, di fornire, concordemente, una terna, nella quale il presidente dovrà effettuare la scelta. 17 La nomina non prevede uno specifico atto di accettazione né formule particolari di rispetto della normativa, come ad esempio prescritto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 545 del1992 prima dell’immissione del giudice tributario nelle funzioni. Si può ritenere che sarà comunque necessaria l’apposizione da parte del Presidente della commissione tributaria di un termine per l’accettazione, che potrà avvenire anche con una semplice dichiarazione indirizzata al Presidente della commissione tributaria; decorso tale termine il soggetto deve intendersi non accettante e spetterà al Presidente scegliere un nuovo membro, tratto dalla categoria del non accettante. Poiché l’organo non prevede una sospensione dell’attività indirizzata ad un interesse pubblico, le nuove nomine vengono effettuate tempestivamente, in modo tale da far subentrare il nuovo soggetto accettante al momento della scadenza del precedente. L’ipotesi di una prorogatio è certamente ipotizzabile ma non offre l’esempio di buona amministrazione. .6 La temporaneità dell’incarico. L’incarico ha una durata quadriennale ed è rinnovabile, tenendo presenti professionalità, produttività ed attività già svolta. Il rinnovo dell’incarico dei membri del collegio del Garante del contribuente, avvenuto dopo il primo quadriennio, ha fatto emergere alcune riflessioni. Va ricordato che il problema della rinnovabilità degli incarichi è stato da qualche tempo oggetto di attenta analisi dalla dottrina, ravvisandosi proprio un momento di rottura tra l’indipendenza dell’organo e la potestà di rinnovo dell’incarico. A tal fine può essere ricordata la sentenza n. 25 del 22 gennaio 1976, della Corte Costituzionale che ebbe a dichiarare l’illegittimità della norma sulla riconferma dei membri del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana in sede giurisdizionale. In quella sede la Corte ebbe ad affermare che il carattere temporaneo della nomina per i membri designati dalla Giunta Regionale, ed estranei ai ruoli organici del Consiglio di Stato, non contrasta, di per sé, con i principi costituzionali, che garantiscono l’indipendenza e con essa l’imparzialità dei giudici siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal fine non appare necessaria un’inamovibilità assoluta, specie per i membri laici, che ben possono essere nominati per un determinato e congruo periodo, senza che perciò venga meno l’indipendenza dell’organo o del singolo giudice. L’indipendenza è, invece, compromessa per l’effetto della disposizione, che prevede, al termine di un primo periodo, la possibilità di riconferma dell’incarico, secondo il discrezionale apprezzamento di un organo strettamente collegato con la funzione svolta dal giudice. Sotto questo profilo l’estraneità del Presidente della commissione tributaria all’attività del Garante assicura una tranquillizzante garanzia di indipendenza ed imparzialità nella scelta. Il rinnovo dell’incarico, al pari della scelta iniziale, appare lasciato alla completa discrezionalità del Presidente, il quale tuttavia, dopo la nomina, non è destinatario di alcuna comunicazione diretta dell’attività del Garante e, quindi, non sembra essere messo formalmente in condizione di poter valutare l’opportunità di una conferma di tutti o di alcuni dei membri dell’organo collegiale. Poiché il rinnovo del singolo componente deve tener presente la “professionalità, produttività e attività svolta” si rende 18 necessario riconoscere un potere di esame e controllo del singolo soggetto in scadenza; con la conseguenza che il Presidente della commissione tributaria regionale dovrebbe essere legittimato ad effettuare un controllo diretto sull’attività svolta dal singolo nel periodo quadriennale, per acquisire i relativi elementi di giudizio. In ogni caso il collegio dei garanti potrà inviare anche al Presidente della commissione tributaria copia delle relazioni periodiche sull’attività svolta, che gli stessi garanti sono tenuti a presentare al Ministro ai sensi del comma 12 dell’art 13 dello statuto. Il richiamo alla “professionalità, produttività e attività svolta” deve costituire uno degli elementi del giudizio per il rinnovo, ma non un elemento vincolante, in quanto la scelta può ben ricadere su altro soggetto esterno qualora le caratteristiche personali e la professionalità riconosciuta possano far ritenere quest’ultimo più meritevole per la copertura della carica di Garante in relazione alla delicata funzione da svolgere. Il mancato rinnovo dell’incarico ha provocato alcuni ricorsi al Tar, tutti rigettati con la conferma della più ampia discrezionalità della scelta del presidente della commissione regionale. Non risulta, inoltre, alcuna menzione della procedura da adottare nell’ipotesi di rinuncia o impedimento di taluni membri. La legge 31 luglio 1997, n. 249, sull’istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, prevede espressamente che in caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede all’elezione di un nuovo commissario, il quale resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei membri. L’applicazione di tale procedura anche al garante del contribuente non sembra corretta, potendosi ipotizzare una nuova nomina quadriennale. La sostituzione del Presidente è certamente più agevole, non essendo subordinata da alcuna attività di terzi, mentre la sostituzione degli altri membri potrebbe essere subordinata alla preventiva presentazione di una nuova triade, nella quale effettuare la scelta. L’organo nelle more non sarebbe in condizione di operare, con nocumento della funzione, che richiede invece una sollecita trattazione delle segnalazioni. Anche questa sembra essere una lacuna della disposizione che non prevede membri supplenti. La rinuncia all’incarico deve essere formalizzata e portata a conoscenza del Presidente della commissione tributaria, perché possa attivare la procedura di nomina di altro membro. La norma non prevede ipotesi di decadenza o di sospensione dall’incarico. Certamente una condanna penale, in relazione a fatti che incidano sull’attività del garante, costituisce elemento sufficiente per una tale declaratoria. Può costituire ancora motivo di decadenza la mancata partecipazione, non giustificata, a più riunioni collegiali tale da impedirne la funzionalità previa contestazione dei fatti rilevati. In questo caso il Presidente o il membro più anziano nella funzione, ed in via subordinata per età, potrebbe informare il Presidente della Commissione Tributaria Regionale, perché provveda alla sostituzione. La norma non prevede l’ipotesi di astensione di un membro per un interesse diretto o indiretto nella questione da esaminare oppure l’ipotesi di temporanea indisponibilità del membro per malattia o cause familiari. La questione non è di facile soluzione, non essendo previsti sostituti per i membri del 19 collegio e non potendo lo stesso essere operativo in assenza di un suo membro. Da alcuni collegi si è distinta un’attività istruttoria, delegabile ad un solo componente, dalle attività propriamente decisionali per le quali l’organo collegiale deve operare nella sua interezza. .7 Qualificazione e professionalità del Garante. Da un esame dei vari collegi regionali si può subito rilevare una concreta garanzia di imparzialità, non sempre riscontrabile in una composizione collegiale di diversa estrazione; inoltre l’alta qualificazione prevista costituisce di per sé garanzia per la funzione alla quale gli stessi soggetti sono chiamati. La norma non prevede ulteriori elementi soggettivamente qualificanti i candidati, quali pubblicazioni scientifiche, partecipazione a convegni in qualità di relatore, partecipazione a commissioni di studio ecc.; questo deve essere inteso non nella possibilità di arbitrio nella scelta da parte del Presidente della Commissione Regionale, ma come un elemento comune di base per tutti i candidati, che devono rientrare nelle categorie (professionali) indicate; inoltre per gli altri membri la scelta in una terna prefissata, comporta che sia già avvenuto un vaglio da parte dei rispettivi uffici o organi rappresentativi professionali sulle qualità e l’idoneità dei soggetti proposti. E’ stata già rilevata la diversa posizione dei membri, e la prevalenza della qualifica di pensionato rinvenibile in tutte le tre categorie. La previsione può essere intesa nell’opportunità di non disperdere sicure acquisite qualificazioni professionali in dipendenza della circostanza della maturazione dell’età pensionabile. Il sistema attualmente in vigore prevede un limite di anni lavorativi ed alle volte agevola l’uscita del lavoratore ancora in vede età per il solo fatto dell’avvenuta maturazione di un periodo minimo di contribuzioni, al fine di far subentrare nuove energie o per rinnovar i dirigenti (spoil system). La conseguenza è la presenza sul mercato del lavoro di soggetti idonei e disponibili ad alcune funzioni, non altrimenti inseribili in un processo lavorativo standardizzato. A questi soggetti si rivolge la parte della normativa, favorendo la prosecuzione di un’attività lavorativa professionale, che altrimenti andrebbe perduta. La norma non indica un limite d’età dei membri, con ciò confermando la responsabile scelta che deve essere effettuata dal Presidente della commissione tributaria. In altre situazioni, come per la nomina dei giudici tributari, la norma prevede un limite di età massimo per la permanenza nell’incarico, eliminando possibili situazioni di imbarazzo e di aspettative55. .8 L’autonomia dell’organo ed indipendenza economica. 55 L’identificazione normativa di una età massima, per la chiamata o rinnovo alla funzione di Garante del contribuente, sarebbe auspicabile, anche se, in sede di ricorso la TAR contro il mancato rinnovo per età avanzata, si è fatto presente che la gravosa funzione di Presidente della Repubblica è stata egregiamente ricoperta anche da ultra ottuagenari. 20 La norma, in un breve ma espressivo inciso, afferma che il Garante opera” in piena autonomia”. La dizione è meno estesa di quella prevista dalla legge 14 novembre 1995 n. 481 per tutte le Autorità, ove si parla di “piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione”. Dal testo breve della norma non si rinvengono limiti o regole nell’attività del Garante e, quindi, sarà compito dei singoli garanti l’eliminazione di tutti i vincoli che dovessero frapporsi al conseguimento delle finalità volute dalla norma istitutiva. Autonomia non vuol certamente dire libertà di non osservare la normativa vigente, ma solo non essere soggetto alle direttive di altri uffici o autorità. Vuol anche affermare che in tutte le attività di accesso o di richiesta dati non può essere opposto il rispetto di procedure predisposte per il pubblico. Sotto altro profilo l’operare in piena autonomia deve poter significare che ogni singolo ufficio del Garante ha il potere di auto organizzare la propria struttura e che non possono essere sollevate difficoltà da parte della Direzione regionale in relazione alle scelte operative. Ancora in relazione all’autonomia, quale caratteristica dell’organo di non avere condizionamenti economici, va rimarcato che il compenso per l’attività svolta ed i rimborsi spettanti ai membri sono determinati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Può ben sollevarsi il dubbio sull’effettiva indipendenza dell’organo subordinato, quanto alla sua attività, direttamente dal soggetto controllato o dagli organi del medesimo. Questione ora riproposta con il taglio al compenso precedente, disposto dal Ministero, in ossequio alla generale direttiva precedente legge finanziaria. Nelle relazioni annuali è stata evidenziata la difficoltà di un controllo delle agenzie o degli uffici non ubicati nel capoluogo della regione, non essendo previsto un idoneo servizio, ma il tutto lasciato alla buona volontà, anche economica dei singoli garanti. La recente ristrutturazione dell’Agenzia delle entrate ha portato all’accentramento delle funzioni più rilevanti nei capoluoghi di provincia. Per quanto riguarda le funzioni di segreteria e tecniche, assicurate dagli uffici delle Agenzie Regionali delle entrate, presso il quale è istituito, può legittimamente sollevarsi il dubbio della mancanza di una vera autonomia organizzativa dell’organo, pur riconoscendo una generale fattiva collaborazione delle Direzioni. Spetta in ogni modo all’organo collegiale organizzare la struttura dell’ufficio in piena autonomia in relazione dell’evolversi delle esigenze. .9 La segnalazione al Garante ed i moderni processi di comunicazione fiscale. Dopo aver esaminato la struttura dell’ufficio del garante ormai consolidatasi, può rilevarsi che l’attivazione della funzione è molto informale, essendo sufficiente anche una segnalazione inoltrata per “iscritto” dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato. 21 La circostanza che la norma preveda una segnalazione “per iscritto” non è stata ritenuta preclusiva di altre forme. La norma non prevede specifiche modalità per l’invio e, quindi, oltre alle classiche modalità della presentazione diretta dello scritto presso l’ufficio protocollo o accettazione, della spedizione a mezzo posta e dell’eventuale ma più formale uso dei servizi dell’ufficiale giudiziario, dovrebbe essere ammesso anche l’invio a mezzo Fax oppure E Mail. Non è richiesta specificatamente la sottoscrizione manuale della segnalazione, né l’autentica della firma o l’accompagno della segnalazione con la fotocopia del documento dell'autore della segnalazione. La segnalazione deve, invece, contenere l’indirizzo del mittente, perché possa ricevere l’informazione dell’esito da parte del Garante. I Garanti hanno preso in esame anche le segnalazioni pervenute per posta elettronica. Quest’ultimo mezzo ha ormai raggiunto una sufficiente diffusione e permette una legittima acquisizione della segnalazione. Tra i primi compiti del Garante vi è stato quello di istituire, attraverso le reti telematiche, un canale di scambio tra la segreteria del Garante ed il contribuente, con la finalità di rendere più celere sia l’invio della segnalazione, che la richiesta di chiarimenti in ordine alla stessa, che infine l’invio dell’informativa finale allo stesso autore della segnalazione. L’adozione di idonee strutture elettroniche ha consentito, per altro verso, una più rapida comunicazione delle richieste ai vari uffici e l’evasione delle stesse da parte di questi ultimi. E’ stato osservato che uno dei principali obiettivi della Pubblica amministrazione, nell’impiego della tecnologia, è quello di aumentare la competitività dello Stato e, quindi, la sua efficienza come impresa erogatrice di servizi. Il suo atteggiamento deve, dunque, comprendere un ruolo d’utilizzo, consapevole, ponderato ed efficiente, sia uno di garanzia, ossia di tutela contro possibili effetti perversi derivanti dalla scarsa o erronea regolamentazione della tecnologia stessa. La struttura della segreteria del Garante deve rispondere anche a tali esigenze, ed essere in grado di valutare anche le capacità operative nuove degli uffici, dei quali si lamenta l’inefficienza. Può pertanto ritenersi che, indipendentemente dalla modalità per mezzo con il quale la segnalazione è pervenuta, questa permette la conoscenza della circostanza lamentata e l’attivazione del Garante, avendo la facoltà di operare anche indipendentemente dalla tipologia della segnalazione. Il distinguo potrebbe avere una rilevanza sulla eventuale informativa da inviare all’autore della segnalazione prevista dal sesto comma dell’art. 13, ma questo adempimento potrebbe essere comunque effettuato, ove fosse identificabile l’indirizzo dell’autore, proprio nell’ambito di un più efficiente servizio da rendere al contribuente. La norma non prevede la presentazione dello scritto per il tramite di un soggetto terzo, sia esso procuratore o rappresentante. Certamente non è vietata la presentazione per il tramite di uno dei soggetti previsti dall’art. 63 del d.p.r. 600/72, ma in tal caso è necessaria la procura scritta, che potrà essere apposta sullo stesso documento. Legittimati alla segnalazione sono il contribuente o qualsiasi altro soggetto interessato. Il testo della norma porta ad alcune considerazioni poiché non chiarisce il rapporto tra il soggetto 22 che effettua la segnalazione e l’oggetto della stessa, potendosi identificare distinte posizioni. La norma potrebbe essere intesa sotto il profilo soggettivo della necessaria qualificazione sostanziale di “contribuente” per essere legittimato alla segnalazione, con ciò escludendosi ogni soggetto che, per avventura, non rivesta tale qualità; inoltre potrebbe ipotizzarsi la necessità che la qualità di contribuente sia rivestita non nella generalità dei casi, ma in relazione specifica al fatto ed al tributo segnalato. Il dubbio nasce dalla contrapposizione testuale tra “contribuente” e “qualsiasi altro soggetto interessato” legittimato a presentare la segnalazione scritta; inoltre non è definito se l’interesse alla segnalazione derivi in relazione ad una circostanza che abbia, comunque, attinenza alla posizione del soggetto, che effettua la segnalazione, oppure se sia ammissibile la segnalazione da parte di un soggetto, che venendo a conoscenza di un fatto, che rivesta le caratteristiche di “maladministration”., sia anche interessato alla segnalazione, tesa al miglior funzionamento della struttura amministrativa. La Dottrina ha già identificato alcune figure tipiche di cattiva amministrazione, riscontrabili nella realtà. Sono state così evidenziate alcune forme che portano al fallimento dell’attività amministrativa: 1. la tendenza ad uccidersi di lavoro ovvero a lavorare in maniera antieconomica, in quanto i risultati desiderati vengono ottenuti a costi ingiustificatamente elevati; 2. comportamento controproducente: i risultati effettivamente ottenuti sono contrari a quelli desiderati; 3. l’inerzia che si ravvisa quando, ad uno stimolo interno o esterno, non fa seguito alcuna risposta; 4. l’inefficacia della stessa azione amministrativa, quando la risposta ottenuta consiste esclusivamente in un diversa disposizione degli input e degli output, senza che si produca alcun risultato significativo; 5. l’insoddisfazione perenne, quando ad un aumento di produzione, consegue unicamente una maggiore richiesta. A queste figure sono state affiancate altre ipotesi: A. eccesso e carenza di organizzazione, alle quali consegue pesantezza burocratica per procedure ritualizzate e corruzione; B. sprechi organizzativi: in quanto il personale viene addetto a compiti del tutto superflui; C. la sindrome del bastone conseguente a controlli e minacce controproducenti; D. dimostrazioni di forza con influenze negative derivanti dall’attuazione di misure che, nella realtà, suscitano antagonismi o scatenano meccanismi di risposta perversi; E. ritardi nell’attuazione di interventi necessari che rendono inutili e senza scopo le conseguenti attività; F. fittizia riorganizzazione della struttura, quando i cambiamenti assumono il significato di risposte simboliche, limitandosi ad interventi di facciata che lasciano inalterata la sostanza; G. sub-ottimizzazione quando le singole unità non tengono conto delle finalità globali; H. presenza di obiettivi conflittuali e mancanza di coordinamento; I. frammentazione professionale derivante da continue modifiche nell’attuazione dei compiti e delle spese. Altro autore ha evidenziato che la cattiva amministrazione derivava da disfunzioni imputabili ad assiomi autogiustificativi, quali: a). perseguire obiettivi astratti, senza definire una serie di obiettivi intermedi, che possano essere misurati, valutati e giudicati; b). intraprendere diverse attività contemporaneamente, senza fissare delle precise priorità da rispettare; c). perseguire la logica del “grasso è bello”, ovvero ciò che garantisce i risultati è l’abbondanza e non la competenza; d). essere dogmatici, 23 anziché empirici; e). ignorare l’esperienza passata e ciò che da essa si può imparare; f). credersi immortali e non essere disposti ad abbandonare programmi inconcludenti. Alcune malattie delle amministrazioni pubbliche, derivanti da un male inteso concetto di professionalismo incline a degenerare, sono state così sintetizzate: 1. la perversità il professionismo finisce per diventare nemico degli stessi scopi che dovrebbe servire e si oppone a qualsiasi innovazione; 2. il tradimento – si oppone ai gradini dell’umanità in nome di una malintesa salvaguardia delle proprie procedure; 3. l’egoismo – il professionismo punta ad acquisire sempre maggiori poteri, privilegi e retribuzioni più elevate; 4. l’amore per la complessità e per i gergalismi – la tendenza a collaborare ed a utilizzare metodi di lavoro e gerghi sempre più complicati e laboriosi come strumento per conservare o accrescere il proprio status professionale; 5. timore delle definizioni rigorose – il professionismo è contrario alle decisioni e alle definizioni rigorose, che consentirebbero di adottare dei parametri di misura in base ai quali valutare le prestazioni; 6. l’insofferenza per tutte le forme di controllo – in particolar modo se esercitato dall’opinione pubblica “non informata”; 7. l’autovalutazione – la vanità, la tendenza ad attribuire un valore eccessivo ai risultati professionali conseguiti in passato; 8. la segretezza – il professionalismo non ha mai tollerato la presenza di occhi inquisitori; 9. la mancanza di creatività – le spinte al miglioramento vengono per lo più dai profani e incontrano l’opposizione dei professionisti; 10. l’abuso di potere – il professionalismo si è dimostrato poco cavalleresco, tirannico o addirittura crudele nei confronti dei deboli affidati alla sua tutela; 11. la malignità – all’interno del professionismo si combatte una guerra di calunnie e di offese contro gli innovatori, insinuando che si tratti di elementi anormali, con poco senso pratico, deboli, squilibrati, privi di capacità di giudizio, ignoranti, arruffoni, plagiari, e spinti da motivazioni egoistiche o dalla ricerca dell’autorealizzazione e dell’interesse personale56. Sotto questo profilo va ricordata la possibilità, estesa a chiunque sia interessato, di effettuare segnalazioni telefoniche, per fatti aventi rilevanza fiscale alla Guardia di Finanza; tale servizio è stato qualificato di pubblica utilità, poiché nato per fornire ai cittadini un filo diretto per tutti i problemi che riguardano il fisco. E’ stato così evidenziato che si tratta di uno sforzo dell’amministrazione per aiutare i contribuenti a superare difficoltà amministrative e burocratiche, offrendo a tutti una sponda immediata e facile da raggiungere, coerente con l’obiettivo di ricostruire un rapporto di fiducia e di comunicazione attiva e partecipata fra i cittadini e le istituzioni, in relazione ad una trasformazione di tutta l’amministrazione fiscale, sempre più aderente al disposto dell’art. 97 Cost.. Qualora la notizia non pervenga da una specifica segnalazione scritta, si può ritenere che questa possa essere acquisita per il tramite di qualsiasi mezzo di informazione, quali la stampa, la televisione o anche le notizie diffuse tramite internet. Sotto questo profilo emerge il diverso atteggiarsi del potere 56 In tal senso, S. Cassese, “Maladministration” e rimedi, Foro It., V, 1992, 247; ancora, sulle “storture” del concetto di buona amministrazione, da ultimo, Id., “L’ideale di una buona amministrazione”, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007. 24 dell’organo, in quanto dalla posizione passiva di ricezione della segnalazione fatta pervenire nell’ufficio, si passa gradatamente dalla posizione di acquisizione dei fatti, per il tramite di notizie diffuse da terzi con carattere di generalità, alla ricerca diretta della notizia. Si passa, evidentemente, ad una difforme e più delicata funzione, che richiederebbe specifici poteri ispettivi per l’acquisizione e contestuale valutazione dei dati. Sotto questo profilo la normativa sembra indirizzata ad una regolamentazione restrittiva di tali poteri, anche se non sono vietate attività di accertamento o di ricerca delle eventuali disfunzioni degli uffici. Si potrebbe, infatti, valorizzare il richiamo alle funzioni tecniche, operato dal quinto comma dell’art. 13, per ipotizzare la creazione di una struttura tecnica idonea a realizzare l’acquisizione di tali notizie. Non è altresì prevista una qualche attività di elaborazione o approfondimento del dato, oggetto della segnalazione, ma questa deve intendersi compresa nei poteri del Garante, non dovendo questo fungere da mero ripetitore delle segnalazioni dei cittadini. Il sesto comma dell’art. 13 prevede la possibilità di richiesta di documenti o chiarimenti agli uffici competenti. Per quanto attiene al termine “documenti”, si può ritenere che questo riguardi qualsiasi atto in possesso dell’ufficio, ed indipendentemente dalla sua struttura cartacea o elettronica. La richiesta di documenti dovrà essere circoscritta all’argomento della segnalazione. E’ evidente che la richiesta non potrà che riferirsi a specifiche fattispecie, essendo dubbio che possa riguardare la generalità dei comportamenti. La risposta dell’ufficio dovrà essere sollecita e in ogni modo non dovrà superare i trenta giorni. La mancata risposta o il superamento immotivato del termine potrà essere motivo di ulteriore segnalazione al direttore regionale, quale distinto disservizio percepito direttamente dal Garante. Un potere autonomo del Garante è quello previsto in relazione all’accesso agli uffici finanziari. Questo potere potrebbe essere inteso nel senso che l’accesso non è limitato dall’orario di apertura al pubblico, ma a quello in cui è svolto il servizio; potrebbe inoltre significare che il Garante può predisporre autonomi accessi, indipendentemente da eventuali precedenti segnalazioni di disservizi. Tuttavia l’unico potere di controllo, espressamente previsto, ma collegato al potere di accesso, riguarda quello della funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente. Si tratta di particolari servizi, progressivamente ampliati a favore del cittadino contribuente, di grande utilità, per i quali tuttavia va considerata la tipologia dell’intervento del garante. L’intervento potrebbe essere indirizzato verso un rilievo dell’insufficienza quantitativa o qualitativa dello stesso, con monitoraggio eventuale del servizio ed in particolare delle risposte rese ai quesiti. La qualità delle risposte non potrebbe essere limitata alla semplice esattezza, ma anche alla modalità formale della risposta, sotto il profilo della sua differenziazione in relazione anche al soggetto richiedente. La funzionalità del servizio dovrebbe riguardare il tempo in cui esso è reso nell’arco della giornata per gli sportelli aperti al pubblico e la loro sufficienza in relazione alla domanda. Il controllo andrebbe analogamente esteso anche ai servizi che non prevedono accessi materiali agli uffici poiché resi telefonicamente quali i “Call center” o per posta elettronica. Anche in questo caso non è inibito un monitoraggio delle modalità di espletamento del 25 servizio. Di certamente minore portata, ma ugualmente indicativo, è il potere di controllo dell’agibilità degli spazi aperti al pubblico. Il controllo non dovrebbe essere limitato agli uffici dell’amministrazione finanziaria in senso stretto, ma anche agli uffici degli enti locali, soggetti attivi di tributi, degli stessi concessionari della riscossione ed infine delle commissioni tributarie, poiché locali aperti al pubblico e messi a disposizione dall’Amministrazione Finanziaria. Non sembra che la norma possa essere intesa in forma restrittiva, limitando il potere di controllo dell’agibilità degli spazi aperti al pubblico esclusivamente a quelli ove si svolgono servizi d’assistenza e d’informazione al contribuente da parte della sola amministrazione finanziaria. Il potere di controllo non può certamente essere lasciato al solo gusto soggettivo del Garante, ma dovrà tener presente gli standard previsti anche in sede europea. Di particolare rilevanza è anche la competenza territoriale generale sull’intero territorio della Regione e quindi sugli uffici ivi aventi sede. La qual cosa comporta la necessità dell’accesso anche nelle sedi degli uffici fuori dalla sede propria del Garante, ostacolata dal limitato rimborso delle spese vive e dall’assenza di mezzi propri dell’ufficio che assicurino una decorosa logistica per le attività esclusive. La segnalazione al Garante deve avere per oggetto situazioni identificabili come disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di inclinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione Finanziaria. Va rilevato che l’elenco delle tipologie non sembra dover essere inteso in senso tassativo, potendosi ipotizzare situazioni analoghe, che, pur non concretizzandosi in una violazione di norme, realizzano fattispecie non identificabili come buona amministrazione, sotto il profilo voluto dall’art. 97 della carta costituzionale57. In particolare, il contribuente che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria, ha la possibilità di partecipare all’amministrazione, per il tramite del Garante, detti fatti, che, per le tradizionali vie dell’autocontrollo della gestione, non potrebbero facilmente emergere. Questa segnalazione ha una doppia valenza, sia diretta per l’interessato istante, che si attende una correzione del fatto evidenziato (autotutela negata); sia in relazione ad un mutamento dei comportamenti, concretamente adottati, ritenuti dall’istante come non conformi all’attesa di una buona amministrazione (cambiamento della procedura). Il fatto, oggetto della segnalazione, potrebbe avere dei profili di rilevanza penale, che dovranno essere oggetto di denuncia all’autorità competente. .10 Il potere di attivazione dell’autotutela. 57 R. LUPI, Diritto tributario, cit., 213, riconosce che con la creazione del garante, quello che avrebbe potuto essere un mero servizio reclami è divenuto una struttura indipendente che – pur senza sovrapporsi ai poteri dei giudici tributari – ha maggiore voce in capitolo nei rapporti con i vertici regionali e nazionali dell’amministrazione finanziaria. 26 Di particolare rilevanza è l’inedito potere attribuito al Garante di “attivare le procedure di autotutela”. Nel contesto grammaticale di un sofferto periodo, questo sembra essere un potere consequenziale, e in ogni caso successivo, a quello di rivolgere chiarimenti all’ufficio, in ordine alla pervenuta segnalazione di prassi amministrative anomale o irragionevoli, ma non limitate a queste sole ipotesi. Questo potere risulta circoscritto in relazione agli “atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente”. Dall’insieme della previsione normativa sembra emergere una più limitata competenza, rispetto al potere di autotutela, riservato agli uffici dall’art. 68 del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, nel quale si prevede l’annullamento totale o parziale dei propri atti, riconosciuti illegittimi o infondati. Partendo da questa premessa, va subito rilevato che si deve trattare di atti “notificati” e detta circostanza esclude l’intervento nelle ipotesi sia di atti, per i quali non è prevista la notifica, sia gli stessi avvisi di accertamento o di riscossione non notificati. Il riferimento è a tutte le situazioni previste dall’ultimo comma dell’art. 19 del D.Lgs n. 546/1992 ed a tutte quelle altre ove la Corte Costituzionale ha riconosciuto sussistere il diritto di difesa dinanzi alle commissioni tributarie. Inoltre il riferimento specifico a tali atti sembrerebbe escludere qualsiasi iniziativa nei confronti di atti della G. di f., non rientrando quelli indicati tra le competenze di quest’ultimo corpo. Dopo l’abrogazione della norma, che prevedeva l’avviso di mora, la cartella di pagamento rimane il principale atto di riscossione da notificare al contribuente, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973. Va tuttavia considerato che l’art. 50 dello stesso D.P.R. n. 602, nel testo modificato dall’art. 16 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, con effetto dal 1 luglio 1999, ha introdotto nel tessuto normativo un nuovo atto, denominato “avviso”, che deve essere notificato al contribuente, assoggettato a riscossione coattiva, qualora l’espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella. Detto atto deve contenere l’intimazione a adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni dalla notifica, va redatto in conformità al modello approvato con Decreto del Ministro delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla notifica. Trattandosi di un atto prodromico alla riscossione la competenza del Garante non potrebbe essere esclusa. Stante la genericità del richiamo agli atti di accertamento e di riscossione va considerata l’ipotesi dell’ipoteca sul bene immobile e la possibilità di un intervento del garante nell’ipotesi di sproporzione tra il valore dell’immobile, anche qualora questo fosse l’unico posseduto dal debitore, ed il credito tributario che si vuole tutelare oppure l’inerzia del concessionario nella eliminazione di una tale garanzia tributaria dopo una decisione favorevole della commissione tributaria. Per quanto attiene gli altri avvisi di accertamento l’espressione non deve essere intesa in maniera restrittiva, ma seguendo l’insegnamento della Corte Costituzionale, vanno ricompresi tutti gli atti con i quali l’ammistrazione esterna una sua volontà impositiva e quindi anche un eventuale avviso di liquidazione. Delimitato l’ambito di applicazione della norma, va esaminato il significato da attribuire alla locuzione “attiva le procedure di autotutela”. La questione è certamente rilevante poiché i casi pratici 27 hanno portato all’emersione di incerti confini58. Il termine “attiva” potrebbe contenere una portata molto ampia, fino ad ipotizzare un intervento diretto del garante nella procedura medesima; questa estensione non sembra condivisibile in quanto non coerente con la figura generale dell’Ombudsman, che tradizionalmente non ha il potere di intervenire sull’attività dell’ufficio, ed inoltre estranea alla figura del Garante, quale soggetto che non fa parte della Amministrazione59. Solamente una norma esplicita potrebbe attribuire poteri positivi o sostitutivi di un ufficio. Si può ricordare una sola eccezione al principio è costituita dalla figura del “commissario ad acta”, nominato dalla commissione tributaria nell’ambito di un giudizio di ottemperanza, quale soggetto espressamente autorizzato a sostituirsi all’ufficio inadempiente. Nel nostro caso non sono riportati tali poteri e, quindi, l’attivazione delle procedure di autotutela sembra limitata ad un sollecito “qualificato” dal quale nasce l’obbligo dell’ufficio di esaminare l’istanza60. Il contenuto di detto sollecito può essere visto sotto più profili, in ogni modo destinati a far evolvere l’istituto. Parte della dottrina ritiene che non vi sia in capo al contribuente, che richiede all’ufficio un provvedimento in autotutela, un correlativo diritto al riesame della pratica né il dirittodovere dell’ufficio di attivarsi a seguito della stessa istanza. Così posta la questione e senza ulteriori approfondimenti in questa sede, il potere del Garante sembra ora militare verso il subentro di una forma di doverosa risposta all’istanza del contribuente da parte dell’ufficio. L’attivazione della procedura da parte del Garante non dovrebbe significare anche un giudizio (positivo) di merito della stessa istanza in autotutela, non risultando alcuna specifica previsione in tal senso e potrebbe essere vista come un’indebita intromissione nell’attività degli uffici61. L’operazione dovrebbe essere simile alla delibazione dell’istanza di sospensione dell’atto impugnato, prevista dall’art. 47 del d.lgs n. 546/1992. Un maggior potere di valutare la conformità alla legge del comportamento degli organi ispettivi è invece previsto dall’art 12 della medesima legge n. 212/2000. In questo caso il contribuente, che si ritenga leso dalle modalità con le quali i verificatori procedono all’ispezione, può rivolgersi al Garante. Quest’ultimo, valutata la segnalazione, potrà richiedere chiarimenti sui fatti esposti ed eventualmente sollecitare la cessazione, in via di autotutela, dell’attività posta in essere con modalità non conformi alla legge62. Il richiamo a modalità ispettive “non conformi a legge” evidenzia un differente profilo del potere 58 S. MUSCARA’, La giurisdizione (quasi) esclusiva delle commissioni tributarie nella ricostruzione sistematica delle SS.UU. della Cassazione, in Riv. Dir. trib., 2006, n.1 II, 33. 59 A. BUSCEMA, Garante del contribuente, in AA VV, Statuto del contribuente, Cedam, 2002, 183 ed autori ivi citati. 60 Sulla impugnabilità del rifiuto espresso o tacito dell’amministrazione a procedere ad autotutela vedi la recentissima sentenza della corte di cassazione SS. UU. n. 16776, del 10 agosto 2005, con nota di F. CERRIONI, Procedimenti di autotutela, dovere di riesame e tutela giurisdizionale in ambito tributario, Riv. Giur. Trib., 2005, n. 11, 1003. 61 F. D’AYALA VALVA, L’attivazione delle procedure di autotutela tributaria, Riv. Dir. trib. , 2004, 145. 62 F. D’AYALA VALVA,Il contribuente sottoposto a verifiche fiscali e l’intervento del Garante, Riv. Dir. trib., 2003, I, 179; F. NICCOLINI, Il codice di comportamento dei verificatori fiscali alla luce dello Statuto del contribuente, Rass. Trib., 2004, n. 4, 1415. 28 di intervento del Garante, atto ad interrompere procedure illegittime, potenzialmente idonee a far travolgere un successivo atto di accertamento, basato su di un processo verbale già riconosciuto illegittimo. Vi è da un lato una sorta di richiesta cautelare da parte del contribuente (interruzione della procedura illegittima e di per sé dannosa per l’istante) e dall’altro una sorta di delibazione sulla procedura in essere, avente per oggetto il rispetto della normativa, analogo a quello che potrebbe, in un secondo momento, effettuare il giudice tributario, in funzione demolitoria dell’atto di accertamento impugnato. Il ruolo del Garante troverà, in futuro, nuova linfa in relazione alla procedura di adesione al verbale di constatazione, ex art. 5 bis d.lgs. 218/199763. In particolare, la suddetta norma prevede che il contribuente possa aderire ai verbali di constatazione per gli accertamenti parziali in materia II.DD. ed IVA, entro 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale. Innanzitutto, ci si domanda se la procedura prevista per l’adesione al verbale di constatazione non rappresenti, da un lato, una deminutio delle prerogative di difesa del contribuente, visto che la norma statutaria prevede il termine più amplio di 60 giorni dalla consegna del verbale per produrre osservazioni e richieste. Dall’altro, la stessa, ad un primo rapido approccio, non sembra neanche rispettare il canone di buona amministrazione, inteso nel significato “statutario” del termine, considerato che la fretta di chiudere, in via anticipata, rilievi fiscali parziali, pur rispondendo a criteri di celerità e certezza del gettito, potrebbe celare errori materiali e/o impositivi, con conseguente violazione del canone della giusta imposizione ex art. 53 Cost.. Lasciando per il momento aperti gli interrogativi sui rimedi amministrativi e giudiziali avverso una adesione definitiva (?) “ingiusta”, il Garante, quale figura super partes, attraverso il controllo della correttezza delle operazioni di verifica, potrà influire sulla corretta attuazione dello strumento di adesione, indirettamente monitorando l’intelligibilità del verbale di constatazione e, dunque, la legittima e chiara determinazione dell’imponibile e dell’imposta verificata. Accanto a queste funzioni, che possono ritenersi analoghe a quelle del difensore civico, sono previsti degli specifici “richiami” agli uffici affinché rispettino il disposto dell’articolo 5 e dell’articolo 12 dello statuto. Si tratta di norme eterogenee, tese sostanzialmente al miglioramento della stessa amministrazione. Il significato del richiamo, tende alla mera segnalazione di non adeguati servizi. In particolare l’art. 5 prevede la messa a disposizione “gratuita”, anche in via elettronica, dei testi di legge coordinati, le circolari e le risoluzioni emanate dalla amministrazione finanziaria e l’intervento del garante potrebbe essere di stimolo in tal senso. Il sesto comma termina con la previsione di una comunicazione dell’attività svolta alla direzione regionale o al comando di zona della Guardia di finanza, nonché agli organi di controllo, prevedendosi anche l’invio di un’informativa al contribuente. Di particolare rilevanza, per il miglior funzionamento dell’amministrazione, è la previsione del potere di 63 L’art. 5 bis è stato inserito nel contesto della d.lgs. 218/1997 dal D.L. 25 giugno 2008 n. 112 – L. 06 agosto 2008 n. 133. 29 rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici, ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi64. Il garante è, quindi, tenuto a segnalare agli uffici competenti i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’amministrazione determinano un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’amministrazione. E’ previsto il potere dovere di segnalazione diretta al Ministero delle finanze, perché eserciti i poteri di rimessione in termine dei contribuenti nelle ipotesi di cause di forza maggiore, che possono aver impedito il tempestivo adempimento degli obblighi tributari ivi compresi i versamenti dei tributi. Va innanzi tutto distinta tale ipotesi da quella in cui il mancato adempimento degli obblighi tributari sia dipeso da eventi eccezionali ed imprevedibili in quanto distintamente previsti dal secondo comma dell’art. 9; questi ultimi casi sono tradizionalmente riferibili a calamità naturali eccezionali, che possano coinvolgere vaste aree del paese. Nel primo caso, invece, vanno annoverati episodi che coinvolgono la sfera personale in maniera così determinante da impedire ad un soggetto l’adempimento degli obblighi tributari; l’ipotesi potrebbe riguardare un contribuente oggetto di sequestro. Al Garante dovrebbe spettare il potere istruttorio, per valutare la sussistenza della causa di forza maggiore e, nel caso di insufficienza probatoria, potrebbe invitare il contribuente a fornire ulteriori elementi di prova su quanto affermato. La funzione del Garante in questo caso andrebbe proprio indirizzata verso una funzione di concreto esercizio di una “attività di tramite” attivo tra il contribuente ed il Ministero. Ove non si dovesse riconoscere questa attività istruttoria di collaborazione, sarebbe lecito chiedersi il motivo per il quale la segnalazione di una causa di forza maggiore per un contribuente debba transitare per il tramite dell’ufficio del Garante e non piuttosto della direzione regionale delle entrate, ubicata nella stessa sede. Il Garante è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’attività svolta al Ministro delle finanze, al direttore regionale dell’agenzia delle entrate delle dogane e del territorio nonché al comandante di zona della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni. Il tenore della norma indica certamente lo svolgimento di un’attività particolarmente impegnativa, che richiede un continuo monitoraggio dei casi trattati e delle soluzioni adottate con successo dagli uffici; richiede inoltre un’approfondita attività di studio teso a prospettare le soluzioni più idonee per risolvere i lamentati e più rilevanti disservizi. Si tratta di un’attività, che potrebbe spaziare dal ricercare soluzioni nuove, nell’ambito dei procedimenti previsti dalle norme, ed ipotesi di emendamenti normativi, qualora, nell’ambito delle norme in vigore, non fosse possibile adottare comportamenti e procedure diverse da quelle disapprovate. Inoltre ogni singolo garante regionale, con relazione annuale, riferisce al Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale. Si 64 BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 559. 30 tratta di una ulteriore specifica funzione, che implica una particolare alta professionalità, che si distingue, quanto alla qualità dei dati da elaborare, da una semplice elencazione dell’attività svolta. .11 Riflessioni conclusive. Le strutture delle amministrazioni dello Stato ed ora delle regioni e degli enti sotto ordinati non sempre riescono a adeguarsi, con sufficiente immediatezza, all’evolversi delle esigenze politiche, economiche e sociali. Da qui la bontà della scelta di istituire un nuovo soggetto “di spinta”. Il “Garante del contribuente”, analogamente al difensore civico, rientra tra le figure istituite a tutela del cittadino specificatamente nei confronti dell’apparato amministrativo. A differenza da altri soggetti non ha il potere di incidere direttamente sul fatto oggetto della segnalazione, ma solo quello di indicare ad un’autorità politica ed agli uffici dell’amministrazione finanziaria il disservizio lamentato. Si tratta, pertanto, di un soggetto idoneo a farsi ascoltare, probabilmente più per il carisma personale, che per gli effettivi poteri che può esercitare. Per il cittadino è certamente una figura che può “fare da tramite”, nel senso originario dell’Ombudsman, perché gli uffici diano seguito alle proprie istanze. La funzione di garanzia risiede proprio nel differente atteggiarsi di questa figura, rispetto alla generica disponibilità dell’amministrazione ad auto regolarsi in direzione di una maggiore efficienza. Su queste premesse le aspettative, in termini qualitativi, risultano rispettate. Il termine “Garante del contribuente” sembra, tuttavia, sovradimensionato, rispetto al servizio che può essere concretamente svolto in favore di quest ultimo; le funzioni svolte, o che possono essere svolte, dal Garante sembrano più indirizzate a fornire elementi conoscitivi concreti e tempestivi, ed anche servizi, in relazione alle segnalazioni per eventi eccezionali ed imprevedibili ai sensi dell’art. 9, alla amministrazione delle finanze al fine di migliorare il proprio servizio. Sotto quest’ ultimo profilo sembra riduttivo pensare che l’attività svolta dal Garante sia indirizzata unicamente a favore del contribuente in quanto la reale funzione sembra piuttosto quella di ridurre i casi di cattiva amministrazione e stimolare l’esercizio dell’autotutela da parte della stessa amministrazione intesa in senso lato, nei casi in cui la norma prevede la sua applicabilità. L’istituzione del Garante del contribuente va salutata positivamente, quale segno di una differente attenzione nei confronti dei soggetti, che partecipano alle spese pubbliche, sopportandone l’onere; l’istituto, anche alla luce delle esperienze degli ultimi anni, appare sguarnito di una reale potere di garantire e rimediare ad alcuni disservizi lamentati (Prometeo incatenato), a differenza di quanto avviene per talune autorità amministrative indipendenti e per lo stesso difensore civico, ora dotato dalla legge 15 maggio 1997, n. 127 (Bassanini bis) del potere di nominare un commissario ad acta, nei confronti della stessa amministrazione inadempiente. In questo senso non si rinviene una sostanziale differenza nell’ipotesi di avvenuto riconoscimento del credito vantato dal contribuente, per effetto di una sentenza definitiva o per espresso riconoscimento dell’ufficio; nel primo caso è attivabile il giudizio di 31 ottemperanza, con la rapida nomina di un commissario ad acta, mentre nel secondo caso il contribuente, dinanzi all’inerzia (beffa-sono state attivate le procedure ed il rimborso sarà effettuato quando vi saranno fondi disponibili), è costretto ad attivare un più lungo e dispendioso processo tributario, per poter usufruire, alla fine, della procedura del giudizio di ottemperanza. In quest’ultimo caso, e con le idonee garanzie, si potrebbe attribuire al Garante il potere di nominare un commissario ad acta, per il sollecito pagamento delle somme. Si tratterebbe di un potere circoscritto, di natura amministrativa, sostitutivo, in casi di evidente inerzia sindacabile dal Garante. E’ auspicabile che le funzioni vengano adeguate al mutato contesto normativo, specie in relazione alla differente tipologia ora acquisita dalla mitica e tradizionale figura della Amministrazione Finanziaria65, e che siano progressivamente riformulati, ampliandoli, i poteri e gli ambiti di intervento del Garante del Contribuente, nella più generale riforma tributaria, attuata in via strisciante e non coordinata. Prof. Avv. Francesco d’Ayala Valva 65 CAMMELLI M., La pubblica amministrazione, Il Mulino, 2004, 40, riconosce che è stato messo in discussione il postulato dell’unità amministrativa, che dell’unicità dell’interesse generale è stato per lungo tempo corollario e garanzia. 32