La vendetta nelle opere classiche

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La vendetta nelle opere classiche
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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Vendetta
uno studio da: P.Marongiu e G. Newman
di Vincenzo A. Romano ( Università di Cagliari anno 1992-93)
Introduzione.
Sin dai tempi più remoti il senso della ingiustizia subita ed il desiderio
(impulso) di arrecare all’ offensore un danno pari a quello patito hanno
costituito una caratteristica costante nel comportamento umano.
Quella che la tradizione mosaica ci ha tramandato come legge del
taglione (antipeponthos) costituiva una forma di giustizia per cui
bisognava far subire all’ offensore lo stesso danno che egli aveva fatto
subire all’ offeso 1 .
Nella prefazione al libro E. van den Haag 2 accennando alla frase di
Dio a Mosè “Non ti vendicherai” fa notare che il precetto non è di
condanna per la vendetta quanto il privilegio che Dio vuole riservarsi
a compiere la vendetta., non solo : egli pone come motore alla vendetta
l’ ira inestinguibile di Dio.
Uno dei caratteri fondamentali della vendetta è infatti che “l’ ira che si
scatena per il senso di ingiustizia per il torto subito, si placherà solo
con la scomparsa, teorica, di una delle parti contendenti. Il meccanismo
che protrae la vendetta è infatti il ciclo continuo di ritorsioni che si
pone in movimento : faida 3 e che ha la sua ragione di perpetuarsi a
causa della varia gamma di sfumature in cui può esplicarsi la vendetta
che , non considerata equa dalla parte di chi la subisce, può giustificare
una controvendetta ; con l’ estinguersi della spirale solo a condizione
che una delle parti contendenti sia succube, (il soccombere può
avvenire per distruzione del nemico, suo completo assoggettamento o
1
V. Dizionario di filosofia a Cura di N. ABBAGNANO, voce Taglione.
2
Ernest van den Haag, filosofo e giurista definisce la vendetta come una reazione individuale o
collettiva tendente al soddisfacimento del desiderio di rappresaglia della parte offesa e ne
individua il carattere privato.
3
Faida ; (Diz. Lingua Italiana Treccani : viene dal latino medievale “faida” der. dal germanico
“fehida”, da “feh” , il nemico. Consiste in uno
stato di inimicizia e di guerra privata che
coinvolgeva <tutta la parentela di chi avesse subito un torto o un’ offesa> e <tutta la parentela di
chi ne fosse ritenuto responsabile>. Cessava solo quando il torto, a giudizio dei parenti dell’ offeso,
fosse pienamente vendicato (talvolta anche attraverso una indennità fissata di comune accordo. Il
guidrigildo era infatti il prezzo , in danaro o bestiame, che la famiglia dell’ uccisore (o feritore)
doveva pagare per sottrarsi alla vendetta (responsabilità collettiva).
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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per abbandono del territorio ) 4 .
Un esame dell’ opinione popolare (sondaggio riportato nel testo)
eseguito negli Stati Uniti dà al 68% la quota di individui che
ammettono che la vendetta sia in alcuni casi giustificata ed un altro 3%
ammette che le circostanze possano sempre giustificare la vendetta.
Uno studioso come Erich Fromm (Anatomia della distruttività umana
ed Horkheimer :Dell’ Autorità) riconosce che la vendetta è una
reazione aggressiva,: spontanea ed innata , simile a quella
< istintuale > che si manifesta in risposta ad una ingiusta
sofferenza inflitta all’ individuo od al gruppo e precisa che essa è
diversa dall’ aggressività che si Dell’ Autorità) riconosce che la
vendetta
è una reazione aggressiva scatena per l’ istinto di
conservazione in quanto la vendetta è un fenomeno posteriore al
danno e pertanto NON è la risposta di sopravvivenza che si
materializza di fronte al pericolo imminente.
Il punto che gli Autori obiettano a Fromm è di non avere posto in
evidenza il lato razionale della vendetta che, il più delle volte, non è
“impulsiva, spontanea ed incontrollata”, ma segue piuttosto la via della
preparazione strategica, della pianificazione sin nei minimi
particolari, l’ esecuzione anche in tempi successivi 5 .
Punto fermo dell’ esame delle caratteristiche della vendetta di cui gli
Autori si occupano è il lato personale e privato del fenomeno che sarà
invece “sanzione criminale”, castigo e non delitto quando il suo
compito sarà assorbito e svolto da una autorità costituita che agirà ed
applicherà la sanzione in nome della collettività sottraendola alla
iniziativa privata quale è appunto la vendetta di cui il testo si occupa.
Come si vede ampiamente dalla lettura dei miti classici 6 il tema della
vendetta lo si ritrova come ancestrale nella storia dei popoli ed esso
pare rispondere ad un elementare senso di ingiustizia che nasce come
ribellione ad un potere tirannico contro il quale si è impotenti al
contrasto, alla reazione, e contro il quale si reagisce con una azione
successiva, a titolo di “saldo” con l’ azione di vendetta.
4
Uno dei casi di estinzione della faida in Sardegna è appunto l’ abbandono dell’ isola od il ritiro di
una delle parti dall’ agone di contesa. Vedi infra i tentativi della famiglia Falchi nei confronti di
Peppino Pes nella faida di Sedilo.
5
Si vedrà poi in autori come Giovanni FALCONE, Pino ARLACCHI ed altri studiosi, come la
MAFIA , specialmente, attui le sue vendette sempre e comunque ed a distanza notevole di tempo in
funzione dell’ affermazione della propria legge e del proprio potere.
6
Una lettura colta di “sintesi generale” la si ritrova sia in “MITI GRECI” di Gravas sia in “Le
nozze di Cadmo ed Armonia di Galasso (Adelphi)
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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Appare, la vendetta, come il frutto della reazione - di portata generale alla frustrazione causata da un comportamento autoritativo ingiusto.
Il mito della creazione nella Grecia antica.
Le opere e i giorni, assieme alla Teogonia, è il componimento
organico e più antico tramandatoci dalla Grecia classica sul mito della
creazione del mondo ed in esso Esiodo raccoglie la tradizione sulle
origini del mondo e degli dei tramandata dalla cultura occidentale .
Nell’ immaginario greco l’ elemento generatore è Gea, la terra la quale
a proprio complemento genera Urano, il cielo stellato e poi le valli, i
fiumi, le montagne e per ultimo il mare . Gea , in seguito, fecondata da
Urano , genera i titani ed i ciclopi che però il padre tiene soggiogati e
segregati nella spelonca impedendo loro di vedere la luce del giorno .
Urano pare godere di questa situazione che invece fa disperare Gea la
quale medita la liberazione dei figli e a tal fine forgia, con l’ acciaio
delle proprie viscere una falce che, infine, imbracciata dall ‘ astuto
figlio Crono servirà per recidere i genitali 7 di Urano.
Dalla ferita di Urano cadranno delle gocce di sangue che daranno vita
alle Erinni 8 mentre dai Genitali lanciati da Crono nel mare nascerà
Afrodite (Venere per i romani).
Crono acquista potere con il parricidio e teme, a sua volta, la
defenestrazione ; per questo rinchiude, anch’ egli, fratelli e complici
nella spelonca (il Tartaro, luogo di esilio, è ora un luogo agli antipodi,
ad eguale distanza fra terra e cielo) e sposa la propria sorella Rea.
Poiché teme di essere ucciso dai figli , li divora appena nati, due, tranne
Zeus che Rea salva ponendo nel fagotto che Crono inghiotte un sasso
in luogo del neonato. Il piccolo nascosto a Creta , una volta cresciuto,
incatenerà il padre, sorpreso ubriaco e gli farà vomitare i fratelli
7
I genitali, nel mito, assumo la valenza del potere e della forza e la castrazione sta ad indicare la
sottrazione del potere del padre. Vedi in S. Freud :Inibizione, sintomo e angoscia ; Boringhieri
1961cap. 4 e Compendio di Psicoanalisi , in Psicoanalisi, Boringhieri 1963, cap. 7.
8
Erinni (Aletto - incessante persecutrice -, Tisifone - la rappresaglia - e Megera -ira invidiosa -sono
anche dette Furie e rappresentate, nella mitologia classica come delle vecchie con aspetto terrifico
dai lunghi capelli costituiti da serpi velenose ; esse hanno il compito di punire i colpevoli di delitti
contro la famiglia.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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inghiottiti esiliandolo poi ai confini della terra dove il vecchio Dio,
sopravviverà per tutta la mitica età dell’ oro impersonando il tempo.
Come quella di Crono verso Urano l’ azione di Zeus è una rivolta
contro il tiranno che ha imprigionato i fratelli e divorato i figli ; una
reazione contro un atto ingiusto.
La poesia di Esiodo continua descrivendo la presa di potere di Zeus, il
riconoscimento da parte dei Ciclopi e l’ incatenamento dei Titani che
rimarranno nel Tartaro.
L’ obbedienza e la reciprocità nella società primitiva.
Il meccanismo descritto da Esiodo 9 , la lotta del padre/tiranno contro il
figlio/eroe si ritrova in tutte le antiche mitologie. Il padre originario
che vuole conservare il proprio dominio è afflitto dalla paura di essere
spodestato dal figlio che diviene un rivale e quindi deve essere
soppresso con un atto di ingiustizia alla quale egli reagisce, una volta
adulto, uccidendo il padre.
All’ importanza del mito nella spiegazione di fenomeni sociali e meglio
nell’ organizzazione sociale ha dato grande importanza Sigmun Freud
in vari studi fra cui il notissimo “Totem e Tabù” e in “Il malessere
nella società civile” 10 .
In “Totem e Tabù sostiene che l’ organizzazione sociale, la religione e
la legge morale hanno tutte origine da un “crimine originario di
disobbedienza” e nella ricerca del sostituto del padre 11 .
Nella simbologia del Totem sta il padre assassinato, sostituito dall’
animale sacrificato che viene divorato.
La concezione freudiana è che gli adoratori del totem in realtà operino
in gruppo , nell’ uccidere e divorare il padre, in quanto il crimine
atavico ed originario non ha giustificazione se compiuto dal singolo
(parricidio) ma l’ acquista attraverso una azione collettiva di
insubordinazione.
L’ intuizione di Freud deriva dalla concezione evoluzionistica dell’
9
Rapsodo vissuto in ambiente beotico attorno al 700 a.C. e identificabile come il singolo autore del
poema mitologico Teogonia e di una altro Le opere e i giorni legato alla problematica morale e
sociale del modo agropastorale arcaico.
10
Entrambi i testi nella Newton Compoton ital ed in Boringhieri, vol 9. 1970 e 1974.
11
Op. ci. , parte III sez. I . “Nel totemismo, con la sua venerazione di un sostituto del padre, con l’
ambivalenza nei confronti del padre attestata dal pasto totemico, con l’ istituzione di festività
commemorative e di proibizioni la cui violazione è punita con la morte nel totemismo, io dico, è
lecito riconoscere la prima manifestazione della religione nella storia umana e scorgere la conferma
di una connessione , esistente sin dal principio, fra istituzioni sociali ed obblighi morali.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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orda e del capo branco. Questi tirannico e geloso sottomette i giovani e
si riserva le femmine per la procreazione. Da questa posizione la rivolta
del giovane che si pone in contrasto col capo/tiranno per la conquista
del territorio e delle femmine, ma una volta uccisolo, con l’ eventuale
complicità del branco (vedi Zeus aiutato da Titani e Ciclopi), gli si
creano uguali problemi di sopravvivenza per cui cerca un nuovo modus
vivendi talchè la società dei fratelli /assassini crea una nuova legge ed
impone il divieto dei rapporti sessuali nell’ ambito della stessa cerchia
(coloro che sono legati al totem) allo scopo di prevenire “il ricorrente
sorgere di bande tendenti a spodestare ogni nuovo leader” 12 .
In pratica, secondo Freud lo sforzo unito dei figli porta alla
eliminazione del padre veduto come tiranno, ma gli uccisori debbono
confrontarsi con il sentimento ambivalente (amore/odio) nutrito verso il
padre e devono con esso misurarsi ;sempre in T&T Freud scrive :
Essi odiavano il padre che con tanta violenza si opponeva ai loro bisogni di potere ed alle loro
esigenze sessuali ma, pur odiandolo, al tempo stesso lo amavano e lo ammiravano. Dopo averlo
soppresso, soddisfacendo così il loro odio e insieme il loro bisogno di identificazione , dovevano
dare libero sfogo al sentimento affettivo che avevano sopraffatto Così lo fecero in forma di
rimorso, che in questo caso si confonde con il senso di colpa collettiva . Così il padre, morto,
diventa più potente di quanto fosse stato da vivo ; e questo è qualcosa che ancora vediamo nel
destino dell’ uomo.
Ciò che egli aveva prima impedito per il solo fatto di esistere, ora i figli se lo negavano essi stessi
in virtù di quella obbedienza retrospettiva che la psicoanalisi ci ha reso tanto familiare.
Dal momento che l’ idea della soppressione del padre era comune ma
che nessuno riuscì ad operare , individualmente, la sostituzione ed
esercitarne il potere , il padre fu idealizzato in una figura che si
trasformò nel dio-padre 13 che poi riconquistò -nella rinata famiglia
parte delle funzioni che gli erano state negate con la sua uccisione. La
famiglia che ha riconquistato la libertà con l’ uccisione del
padre/tiranno deve riconferirgli, in ragione di un equilibrio da
realizzare, parte dei poteri sottratti e però rimane segnata da un
profondo senso di colpa ed è condotta all’<obbedienza> dopo un atto
di estrema rivolta che lascia : desiderio di espiazione, regole, divieti e
punizioni.
Quanto detto è la storia dell’ evoluzione della società primitiva dall’
orda iniziale al <clan> policefalo. E’ la ricerca dell’ equilibrio
succeduta all’ assassinio del padre-tiranno che spinge i fratelli rivoltosi
a trovare delle <regole> per la sopravvivenza 14 nel clan, regole che essi
12
P. MARONGIU,G NEWMAN, Vendetta, Giuffrè, 1995, pag. 13
13
S. FREUD,Nuove lezioni introduttive alla psicoanalisi in Dizionario di Psicoanalisi di Theodor
Reik,Feltrinelli, 1967
14
Sopravvivenza dei fratelli che ora considerano l’ originario crimine di ribellione come il più
grave di tutti i delitti e che , in campo religioso, è concepito come il peccato originario.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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devono anche sapere imporre per non ricadere nella paura dell’
eliminazione . Con la capacità di infliggere sanzioni alle trasgressioni
alla regola si manifesta la nuova autorità ; che è <codificata> e non più
legata all’ arbitrio della sola espressione di forza.
Succede però che anche con l’ evoluzione della società da
organizzazione ordalica a tribale non cade questo confronto col padre
confronto che fa ricercare una uguaglianza con lui e fa scattare i
meccanismi di difesa da nuove aggressioni e le punizioni che vengono
inflitte hanno lo scopo principale di mantenere l’ obbedienza all’
interno delle organizzazioni autonome che stanno nascendo : famiglia,
religione, giustizia, militari.
Il sistema di equilibrio instabile che si instaura è quello della faida che
crea uno stato permanente di inimicizia attraverso vendette private che
sono atti punitivi ad obbiettivo duplice :
-di obbedienza attraverso la quale si raggiunge una certa stabilità della
società con una vita a maggiori certezze e sicurezza tramite un sistema
autoritario ;
-di reciprocità che presuppone l’ eguaglianza dei soggetti non
ammettendo essa il precedente regime di tirannia.
A questi due stati corrispondono due modelli di vita :
quello in cui vige la regola, la sottomissione, la trasgressione alla
regola e la funzione deterrente della punizione ;
quello in cui vige la reciprocità che implica l’ idea del delitto/sanzione
come scambio, retribuzione ed una sostanziale eguaglianza di
trattamento fra i membri del clan.
Ma il confine tra i due non è netto perché il modello di obbedienza
presuppone un capo ed una diseguaglianza di posizioni : chi impone la
regola e chi applica la punizione ; il modello di reciprocità, invece,
nega il tiranno e chiede eguaglianza delle parti in lotta.
Ancora , il primo modello è di tipo utilitaristico in quanto usa la
sanzione come deterrente allo scopo di creare e mantenere l’ ordine ;
il modello di reciprocità essenzialmente richiede la punizione come
riparazione del danno causato e non guarda a fini utilitaristici e di
prevenzione.
Il meccanismo evolutivo sin’ ora visto è un compendio di queste due
posizioni :
dapprima il giovane eroe si batte per l’ uccisione del tiranno di sé e dei
propri fratelli in quanto aspira ad una condizione di uguaglianza ;
sconfitto il tiranno tende a sostituirsi all’ oppressore al fine di
salvaguardarsi e perpetuare quindi il dominio.
La vendetta nel classico : da Achille ad Amleto.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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L’ ira di Achille.
Il tema dell’ ira di Achille è argomento oggetto di studi sia di
sociologia criminale, come nel presente volume, sia di filosofia :
pragmatismo etico-politico 15
Il fatto è noto e lo si riassume nella sua essenzialità. Una coalizione di
Achei porta una spedizione punitiva contro il vicino popolo di Troia
con il quale ha talora stretto alleanze , il viaggio di Paride aveva
appunto questo scopo, ma la missione commette uno stupro in casa
dell’ ospite. Sorge la coalizione anti Ilio per punire l’ offesa ed
eliminare un concorrente sui mari. All’ inizio del poema una pestilenza
fa strage degli assedianti ed i Troiani si trovano in condizione di
scacciare gli invasori . La drammaticità del momento suggerisce un
consiglio di guerra durante il quale su richiesta e protezione di Achille
viene ascoltato un indovino che interpreti i motivi dell’ ira degli dei.
Calcante, l’ indovino è restio a parlare in quanto teme che ciò che
esporrà potrà mettere in pericolo la propria vita e però, garantito da
Achille, si decide a spiegare l’ arcano.
“La pestilenza è opera di un dio, Apollo, che vuole vendicare l’
affronto portato ad un suo sacerdote , Crise, la cui figlia Criseide è stata
fatta schiava da Agamennone che rifiuta il riscatto offerto dal padre.
La soluzione alla pestilenza sta nella restituzione di Criseide al padre,
senza riscatto. Il comportamento di Agamennone che dovrà privarsi
15
E’ interessante, a questo proposito, esaminare l’ episodio dell’ ira di Achille sotto un altro
aspetto. Mario VEGETTI, in l’ Etica degli antichi, La terza,1989, riflette sul mondo dell’ Iliade. La
società di Vegetti è Omerica e successiva alla reazione contro il padre tiranno ; i suoi dei sono Zeus
e gli abitatori dell’ Olimpo, la classe dirigente, protagonista del dramma, è quella dei “migliori” <oi
aristoi> ed il popolo non vi compare. Gli eroi sono pastori o agricoltori guerrieri, senza certezza
dinastica , ma che tengono e conquistano la supremazia in virtù di qualità personali. La società è
gerarchica all’ interno del “regno” mentre i re e capi argivi sono indipendenti ed autonomi fra loro.
La comunanza si verifica solo con alleanze , di solito militari, ed esiste un capo solamente nei
frangenti di pericolo. Il capo non è re istituzionale, come non è istituzionalizzato il potere di ciascun
“re locale”. In questo contesto Agamennone non è il <re dei re>, ma un capo militare eletto a cui
sono affidate conduzione e responsabilità della guerra che è guerra di vendetta e di rapina.
In questo contesto brilla Achille, semidio, eroe buono, forte, valoroso ed indipendente come lo è
Ulisse, come Menelao ed altri. L’ unione è dunque solo militare ed Agamennone è un primus inter
pares
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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della schiava e del riscatto è tracotante 16 .
Egli quale capo pretende, ingiustamente, perché sa che l’ onore che non
può perdere gli impone la restituzione, che i capi lo rifondano del
danno subito. La tracotanza del re non può essere accettata dal senso di
giustizia di Achille (il bottino di guerra era prerogativa intangibile dei
capi oltre che un grosso valore economico in società a grande scarsità
di mezzi) il quale reagisce con veemenza rinfacciando al re il fatto che
la spedizione fu organizzata per vendicare l’ onore di suo fratello e
nella sua protesta pone mano alla spada bloccato in ciò da un dio :
Atena (espressione della ragione e degli schieramenti che si erano
formati fra gli stessi dei in quella guerra).
In breve Agamennone non accetta la proposta di risarcirsi con un
bottino superiore in futuro e intima ad Achille la consegna della
schiava preferita Briseide.
L’ onore dell’ eroe è distrutto, occorre la riparazione della vendetta che
non può più essere , per volere divino, l’ eliminazione dell’ ingiusto re
e si concreta nell’ abbandono delle fazioni di Achille dalla guerra.
Per riconoscimento generale l’ira e la vendetta di Achille sono
l’elemento ispiratore e conduttore del poema.
Il fatto è che nel mondo omerico il potere è incerto, non è
istituzionalizzato 17 . Gli eroi dell’ Iliade sono parenti ed amici che si
riuniscono per uno scopo comune, ma non esistono , fra i capi,
posizioni di supremazia. Le decisioni vengono prese nelle assemblee
dei capi i quali mantengono le proprie prerogative, non obbediscono
alla legge della gerarchia , ma avanzano proposte e pretese in funzione
di fatti personali ed egoistici. Il punto di vista di Agamennone ( è lo
stesso di Achille e degli eroi omerici) che come “aristos” non vuole che
il suo onore (time) sia infranto perché perderebbe la propria identità
16
La tracotanza “ibrys” è l’ azione con cui si viola la condizione eroica dell’ uomo togliendogli l’
onore “time”. Il fatto è gravissimo perché la “time” è la caratteristica fondamentale dell’ eroe che
privato dell’ onore è esposto : al disprezzo “elencheie” (fattore oggettivo perché è la condizione
speculare ed opposta alla fama) e alla vergogna “aidos” (fattore soggettivo perché l’ eroe viene
svuotato, di fronte a se stesso della propria dignità e quindi della legittimazione). Condizione unica
per riacquistare la propria personalità è la : vendetta pronta e totalmente consumata (op. cit.
pag. 19).
17
E’ sufficiente vedere il mondo di Ulisse nell’ Odissea in cui , sebbene si tratti di fatti di molto
posteriori al mondo dell’ Iliade, il potere del re di Itaca non è ancora dinastico in quanto egli lo ha si
ricevuto da Laerte , ma lo ha mantenuto come eroe (agathos , aristos) e non può trasmetterlo al
figlio Telemaco insieme al quale dovrà combattere contro la fronda interna dei Proci che avevano
assunto temporaneamente una sorta di potere collegiale.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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capacità di
primeggiare nell’ agone guerresco cioè di far prevalere la propria
forza sui rivali e sui nemici 18 e la <time> di qui lo scatto violento al
quale risponde , come è parimenti naturale l’ ira di Achille che offeso
nella sua arethe la difende con il comportamento reciproco della
vendetta 19 .
A mitigare la mancanza di equilibrio stabile nel mito omerico, si
affacciano gli dei che non sono più nella fase ancestrale in quanto Zeus
con l’ eliminazione di Crono ha già portato una situazione di
decentramento del potere ed una certa collegialità nelle decisioni ma,
non sono ancora abbastanza forti , nemmeno Zeus, per affermare una
volontà propria.
Gli dei , tuttavia, hanno già capacità di intervento sugli “eroi” e di tale
fatta appare la mano di Atena che entra nel conflitto Achille/
Agamennone impedendo la rottura di un equilibrio instabile ed
indirizzando la vendetta e l’ ira di Achille verso un obiettivo diverso.
L’ aggressività dell’ eroe è posta sotto controllo ; Achille non uccide l’
avversario tiranno ingiusto perché è instaurato un nuovo modello di
obbedienza : la reciprocità. E la reciprocità nel canto XIX porta
Agamennone a riconoscere i propri errori, ad accusare il Fato della
situazione creatasi ad offrire doni riparatori ad Achille.
L’ ira di Achille, la vendetta covata contro l’ ingiusto Agamennone si
placa, o meglio si rivolge ad altro obiettivo : Ettore, assassino dell’
amico Patroclo è il nuovo destinatario della vendetta. La <time> dell’
eroe è soddisfatta, riacquistata l’ identità con il <risarcimento> da parte
di Agamennone l’ ira di Achille ha per obiettivo Ettore.
Atena (quindi un dio) ha operato la mediazione. Se il tempo aveva
mitigato, oltre all’ intervento di Atena, il desiderio di vendetta di
Achille, la morte di Patroclo lo riattiva. Vendicare l’ amico è l’ unico
modo per affermare se stesso a costo della vita fisica (Achille sa che
non sopravviverà a lungo ad Ettore), ma la vendetta, la ritorsione è
“pressante”
Prima che l’ eroe plachi la sua violenza deve consumarsi il sacrificio,
in forma quasi cerimoniale, del nemico che viene trascinato varie volte,
18
Arethe e Bia (virtù e violenza) costituiscono l’ endiadi in cui si si muove l’ eroe omerico
(Iliade,IX,498)ILIADE trad. Rosa Calzecchi Onesti ,Einaudi,1982 su testo della scuola di Oxford,
- oxoniense di Theodor W.Allen-.
19
Occorre tenere presente la contraddizione dell’ Iliade in cui talvolta Zeus già appare, con
contaminazione esiodea ( considerato il periodo in cui l’ opera fu trascritta dalla tradizione orale)
come dispensatore di Giustizia (dike) che sovrappone alla violenza tracotante (bia) dell’ eroe.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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legato al cocchio per i piedi , in segno di sommo dileggio, attorno alle
mura di Ilio.
Compiuta la vendetta l’ ira di Achille si placa. 20
Da <bia> a <dike>
Il tema della vendetta da parte dell’ eroe offeso si ripresenta nell’ altra
opera della poesia di Omero 21 : Odissea.
Già nell’ Iliade (II,204) 22 Odisseo affermava “Non è un bene il
comando di molt,i uno sia il capo (koiranos) / uno il re”.
Pazzo fu sempre/ de’ molti il regno. Un sol comandi ; e quegli
cui scettro e leggi affida il Dio, quei solo
ne sia di tutti il correttor supremo.
(Iliade,II,265-268)
L’ auspicio di Ulisse è quello di una nuova società, la polis , inattuale
nel mondo eroico privo di organizzazioni e strutture per il potere,
mancante di forme di mediazione (ecco la figura del dio che placa
temporaneamente Achille) ; una società che nella guerra di Troia non
esiste , ma che l’ Iliade , rielaborata successivamente , possiede in sé
ed in cui cala i suoi eroi inadatti al ruolo.
Il nuovo assetto politico sarà opera di Solone, ma il viaggio di Ulisse è
la peregrinazione verso di esso.
Assunto da Dante come metafora del peregrinare dell’ anima Odisseo,
<uomo ricco di astuzie> è letto come lo sviluppo della personalità dell’
uomo all’ inizio del processo culturale e la vendetta come l’ acme di
questo processo di maturazione e proiezione verso la nuova società.
In questa chiave di lettura incantesimi, maghe, mostri e lotte per la
sopravvivenza vengono interpretati come tappe verso lo sviluppo e la
20
MARONGIU NEWMAN, Vendetta, op. cit. pag. 30.-L’ uomo di Omero non è ancora separato
dalla natura che lo circonda né del tutto padrone delle proprie azioni, ma piuttosto, ancora in buona
parte soggetto al potere di forze esterne che sfuggono al suo controllo razionale. L’<<apparato
divino>>
dell’ Iliade rappresenta appunto il complesso di queste forze che intervengono
costantemente sui protagonisti e sullo svolgimento della storia. Gli dei appaiono però
continuamente in forma umana ed è proprio nel progressivo adeguamento dell’ azione e delle
motivazioni divine a quelle umane e nel conseguente mitigarsi del determinismo soprannaturale
che è stato individuato uno dei principali tratti di Omero.
21
Fatte salve naturalmente le conclusioni della ricerca critica che vede nell’ Odissea un’ opera più
compiuta, forse di un solo autore e certamente di un’ elaborazione di un mondo molto posteriore al
mondo dell’ Iliade. Nell’ Odissea si ha più compiuta la Teogonia di Esiodo (VIII secolo a.C.) e la
gerarchia degli dei e degli uomini è in una fase di una civiltà più recente.
22
Traduzione Calzecchi Onesti (citata) mentre nella versione del Monti (la Nuova italia , 1950)
vedi i versi in II, 265-268.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
11
conservazione dell’ Io 23 , residui dell ‘ infanzia e, più in generale della
primitiva barbarie.
Ulisse , pertanto, compie un peregrinaggio per dominare se stesso in
funzione del dominio che l’ uomo deve avere sulla natura tanto
presente
nel mondo antico. Solo in questa maniera, l’ eroe potrà appropriarsi dei
meccanismi sconosciuti del mondo che lo circonda e quindi,
conosciutili, dominarli. Quando gli arcani dell’ ignota violenza dei
fenomeni naturali gli sono noti, l’ uomo si libererà del timore ancestrale
che lo aveva dominato.Il viaggio di Ulisse, dura 20 anni perché egli si
deve liberare dell’ ignoto e prendere coscienza di se stesso ; solo allora
potrà giungere ad Itaca padrone , oltre che di sé di averi e casa.
Così Ulisse deve schivare, sfuggire, trattare ed evitare che l’ Io in
formazione regredisca al mondo vegetale di Circe o sia distrutto o
annientato (volontà) dal Ciclope o dalle Sirene.
Il mondo dei ciclopi è ancora la preistoria da cui l’ uomo è appena
uscito, un mondo di paura, di giganti, di forze sovrumane in cui gli
abitanti sono tuttavia pastori e cacciatori 24 .
Questa società è aggressiva verso l’ esterno ed Ulisse vede divorare dal
Ciclope i propri compagni rimanendo in una situazione di prigionia e
soggezione. L’episodio è troppo noto per riassumerlo e vale esaminare
direttamente la vendetta che l’ eroe eponimo pone in atto.
La primitività contro la sagacia
Come già visto la conquista della separazione dagli istinti primordiali
è lenta e piena di insidie. Ulisse medita la vendetta, non agisce in stato
d’ ira, ma crea un disegno strategico.
23
MARONGIU NEWMAN op. cit pag 35 ed inoltre S. FREUD Compendio breve di Psicoanalisi
cap 1 In “Dizionario di psicoanalisi” ,citato..Caratteri principali della formazione dell’ io in
conseguenza della relazione preformata fra percezione sensoriale e azione muscolare, l’ IO ha il
dominio dei movimenti volontari. Esso ha il compito della autoaffermazione e lo adempie verso l’
esterno, venendo a conoscere stimoli, accumulando (nella memoria) esperienze su di essi, evitando
stimoli eccessivi (con la fuga) accettando gli stimoli moderati (mediante adeguamento ) ed infine
apprendendo a modificare ( attività ) il mondo esterno in modo rispondente a un fine, per i suoi
vantaggi.
24
Ulisse li descrive come coloro che non seminano né arano, che vivono dei frutti spontanei della
terra ; che non hanno una struttura socialmente organizzata così che vivono ciascuno per proprio
conto (è quindi una civiltà addirittura pre Iliade)
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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Resosi conto che è inane di fronte all’ ingiustizia del persecutore
concepisce un piano che sfrutterà l’ ignoranza del Ciclope e pone in
essere l’ inganno fondamentale attuato mediante la parola. Il primo
trabocchetto per la mente caotica è il nome. Ulisse dice di chiamarsi :
Odisseo, vale a dire Nessuno.
Secondo inganno : il vino , da sempre portatore di confusione,
incoscienza e poi la vera vendetta : l’ accecamento.
Ulisse ha imparato ad attendere : nessuna morte avventata, in stato d’
ira , perché dalla spelonca chiusa si dovrà uscire ed il ciclope è l’ unico
in grado di togliere il masso ; la vendetta è dunque meditata, preparata,
il palo appuntito ed indurito col fuoco, è la naturale soluzione all’
ingiustizia della prepotenza e della strage. Oltre che vendicarsi, prima
soddisfazione utilitaristica mentale , occorre uscire dalla grotta. La
vendetta ha anche un suo fine di utilità materiale.
Ma la caratteristica dell’ attesa, nella vendetta 25 , non si esaurisce con la
fuga dal ciclope ; anche ad Itaca la vendetta sui pretendenti sarà
studiata, preparata, ma egualmente ineluttabile.
E’ opportuno notare che anche in questo frangente occorre l’ intervento
del dio, Atena, per incanalare la vendetta su piani di realizzabilità. Non
è consigliabile l’ azione iraconda istintuale, alla vendetta si giunge
ancora con un cerimoniale :
- Ulisse ragiona, accetta ancora di annullarsi , temporaneamente, per
ottenere soddisfazione. Le angherie dei Proci verso lo <sconosciuto>
mendicante rinforzeranno l’ ira di Ulisse, ma non lo porteranno allo
scoperto. E’ lontana l’ ira istintiva di Achille che pone mano al brando,
Ulisse attende ; elabora un piano meticoloso, sfida i principi alla gara,
li umilia e ne fa strage.
A questo punto due sono le situazioni sottolineate dagli Autori :
la legittimazione completa del vendicatore ;
l’ interruzione della vendetta. 26
Ulisse, legittimatosi con la strage degli usurpatori non è
però :completo. Lo hanno riconosciuto Telemaco, Laerte, la nutrice e
persino il cane Argo, ma Penelope no. Manca alla legittimazione
completa il tassello Penelope, la donna della casa (oikè ; e oikoi sono i
25
Vedi a pag 2 come essa si distingua dalla aggressività , fatto puramente istintivo e più attinente
all’ istinto di conservazione.
26
Si è più volte visto che nelle società arcaiche o di sottocultura della violenza la vendetta è l’
obbligo cui non ci si può sottrarre ; d’ altra parte la vendetta da parte dell’ offeso non indica termine
delle ostilità in quanto la sola supposizione che essa non sia esattamente calibrata all’ offesa può
determinare una vendetta di reazione che , fra l’ altro in società come quella omerica diventa una
necessità per l’<aristos>.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
13
principi regnanti) e da ella Ulisse ottiene il completo riconoscimento
con lo stratagemma del letto scavato nell’ ulivo. Secondo Marongiu e
Newman siamo, con l’ Odissea, giunti al punto evolutivo in cui anche
la vendetta ha essa stessa bisogno di legittimazione ; ottenuta la pace
sociale e l’ ordine con il sistema della <ricerca di reciprocità> occorre
consolidare quanto si è ottenuto con un principio di autorità che non
scateni la faida ; occorre istituzionalizzare la vendetta come si è
istituzionalizzato il comando (re e consiglio in un rapporto di
dominio-reciprocità). La vendetta di Ulisse acquista una parvenza di
legittimazione, uno status giuridico, anche se “privato”, sempre con l’
intervento demiurgico. Sarà Atena (dea della ragione) ad intervenire
preso i parenti dei morti per evitare la “faida”.
L’ Odissea rappresenta questo passaggio anche in un altro modo.
La descrizione della morte , che è cruenta per i reprobi.
A Melanzio viene reciso il naso con le orecchie ed i genitali ; per le
ancelle si dice semplicemente <impiccate>, con descrizione asettica ed
impersonale quasi. La vendetta per esse è già castigo.
La vendetta è il filo conduttore anche di un’ altra storia che si sviluppa
posteriormente alla guerra di Troia, ma ha come protagonista la
famiglia di Agamennone ed affronta il tema dell’ ingiustizia e della
violenza sotto l’ aspetto non più della soluzione violenta, ma della
punizione istituzionale.
In breve la storia immortalata dal grande drammaturgo Eschilo.
Atreo (padre di Agamennone e Menelao) viene a contesa con il proprio
fratello Tieste per il regno di Micene. Tieste aveva sedotto la moglie di
Atreo che, per vendetta , aveva ucciso i suoi figli offrendoglieli in
pasto. Di qui la maledizione delle Erinni (supra pag. 4) che si sarebbe
ripercossa sui figli Agamennone e Menelao 27 .
Durante la guerra di Ilio Clitemnestra era divenuta l’ amante di Egisto
(figlio superstite di Tieste) e , memore del sacrificio di Ifigenia,
immolata dal padre per il buon esito della guerra, Clitemnestra fa
uccidere il marito per vendicare la figlia ed a sua volta è uccisa dal
figlio Oreste (Coefore) che viene perseguitato dalle Erinni.
Diversa è la soluzione delle Eumenidi 28
27
Agamennone e Menelao avevano sposato due sorelle, Clitemnestra ed Elena. La prima avrebbe
poi ucciso lo sposo dopo il suo rientro da Troia.
28
L’ opera è rappresentata ad Atene nel 458, 50 anni circa dopo la riforma legislativa di Solone
ed è il segno del nuovo corso legale in Grecia.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
14
Apollo ha ispirato l’ uccisione di Clitemnestra ; Apollo ed ancora
Atena saranno i demiurghi del nuovo corso.
Leggiamo il Vegetti 29 :
“Qui viene messo in discussione, e fermamente respinto, uno dei cardini morali della
società omerica. : il diritto/dovere della <vendetta di sangue> , della punizione di
reciprocità, insomma della faida dell’ oikos e fra oikoi, che la vicenda di Ettore,
Patroclo ed Achille aveva reso esemplare. Nella tragedia Oreste è perseguitato dalla
maledizione delle Erinni vendicatrici per avere ucciso (del resto su istigazione di Apollo)
la madre Clitemnestra, rea a sua volta dell’ assassinio del marito Agamennone : una nuova
vicenda di sangue nella casa degli Atridi, segnata, sin dalle origini, dai delitti di Tieste e di
Atreo. Ma accade una svolta : Apollo a cui Oreste si rivolge per sfuggire alle Erinni, gli
annuncia che ad Atene egli troverà dei giudici (dikastai) capaci di liberarlo da quella
persecuzione. I(vv. 81-3) . Sarà proprio Atena ad organizzare il giudizio.
Atena pronuncerà, insieme ai giudici la sentenza nel processo in cui
Apollo sosterrà la difesa e le Erinni la accusa 30 . La corte di Atene
assolve Oreste a causa della “sofferenza morale” subita ; cioè in virtù
di una purificazione cui l’ assassino dei familiari viene sottoposto
(rituale) che interrompe la <ineluttabile> faida.
La trilogia di Eschilo affronta la fase di passaggio della nuova
legislazione e mostra lo scontro fra il vecchio ed il nuovo ; fra l’
applicazione automatica della vendetta (e conseguente inizio della
faida) e la vendetta temperata dalla espiazione del vendicatore. Si
introduce, in luogo dell’ automaticità del versamento alternato del
sangue, una retribuzione al delitto regolata dalla comunità.
Dall’ atto (delittuoso) all’ autore (del delitto).
La soluzione della vendetta automatica proposta nelle Eumenidi (che
sono le nuove divinità che sostituiranno le Erinni nella funzione di
garanti e non più vendicatrici mostra i passaggio che risolve l’ offesa
privata non più con la vendetta, ma con una punizione che il colpevole
paga personalmente per il delitto commesso . Non solo chi si fa carico
di irrogare la sanzione, di retribuire il delitto, non è più il clan dell’
offeso , ma piuttosto un organo della comunità che si sente, tutta, offesa
dal delitto.
In questo senso la vendetta esce dal privato essendo sottratta ai
familiari dell’offeso - con conseguente interruzione della faida nel
senso descritto alle pagine precedenti : vendetta di sangue continua - ed
entra in una concezione successiva : il reo riconosce la sua
29
30
M. VEGETTI, 0p. Cit. pag. 43.
Sempre in Vegetti : le Erinni si sentono a disagio nel nuovo contesto legale e politico e
denunciano la catastrofe delle nuove leggi che lasceranno gli uomini ormai liberi da quel terrore.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
15
colpevolezza ammettendola e con questa ammissione compie un
“risarcimento simbolico del delitto” (in questo caso con la sofferenza
morale ) e la catena della vendetta viene interrotta.
Il parere degli autori è il seguente :
“Da questo concetto di espiazione derivano due situazioni differenti :
l’ offeso riceve la sofferenza morale come risarcimento del debito che
egli e la comunità hanno contratto con il reo ;
il reo considera (concezione cristiana) la propria sofferenza morale
come l’ unica condizione per potere essere purificato dal peccato.
L’ espiazione attraverso il risarcimento del danno e la sofferenza
rispecchiano i due modelli di reciprocità ed obbedienza 31 che
Marongiu e Newman propongono come paradigmi generali che
giustificano l’ impiego sociale delle punizioni 32 .
L vendetta (di Dio) nella società cristiana.
Il canto XXXIII dell’ Inferno di Dante è assunto come luogo di studio
della vendetta distruttrice e della giustizia divina.
La scena è nota : nel fiume Cocito nell’ imo dell’ Inferno il Conte
Ugolino divora, in eterno la testa dell’ arcivescovo Ruggeri. 33
Chiuso nella Torre Ugolino vede morire di fame figli e nipoti sino a
quando egli stesso stremato ne divora i cadaveri. Nell’ inferno si trova
accanto a Ruggeri e quindi si ha il massimo della vendetta efferata di
questo osceno imperituro pasto . Si ha il tradimento di Ugolino verso
la città e la fazione ed il tradimento di Ruggeri , considerato dal Conte
amico e mentore , nei confronti dell’ ex pupillo. La vendetta di
Ruggeri, inoltre, è una vendetta trasversale in quanto non colpisce il reo
Ugolino solamente , ma si estende ai famigliari innocenti . Il modello di
“reciprocità” (supra) è ampiamente sconvolto da questa trasversalità
della vendetta. La vendetta non si abbatte sul solo reo, ma si estende
31
V. pag 5 paragrafo :L’ obbedienza e la reciprocità nella società primitiva.
32
Il primo richiede l’ espiazione in forma retributiva ; il secondo impone l’ Obbedienza come modo
per raggiungere la salvezza.
33
Ugolino della Gherardesca, conte di Donoratico, rampollo di una nobile famiglia ghibellina ,
tradisce la propria fazione alleandosi col genero, di parte guelfa Giovanni Visconti, ma la congiura
viene scoperta ed Ugolino esiliato (1275). Successivamente riesce a conquistare il potere con l’
appoggio dei guelfi e ricopre , in Pisa , numerose cariche pubbliche sino a quando, nel 1288, una
sommossa ghibellina , guidata dall’ arcivescovo Ruggeri , lo depone e condannatolo a morte lo
rinchiude in una torre assieme ai figli ed ai nipoti. Quest’ ultima parte, che Dante apprese forse
dalla cronaca del XIII secolo del Villari, pare una leggenda ma spiega abbastanza bene il senso
della tremenda vendetta di Ugolino.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
16
agli innocenti superando il concetto della “vendetta necessaria e
giusta”.
A parere degli Autori l’ episodio è anche una esemplificazione
lampante della <riflessione simbolica> della vendetta ; più
esplicitamente : Ugolino , avido di potere , è punito per questa sua
avidità eccessiva che lo ha portato al tradimento della fazione e muore
per privazione (fame e sete) , Ruggeri che con la sua vendetta
trasversale ha creato il <mostro antropofago> è da questi divorato in
eterno e gli viene roso il cranio sede dell’ ideazione di quella vendetta.
Non solo : la vendetta di Ruggeri (causare la antropofagia di Ugolino )
provoca , per riflesso , la propria punizione di essere divorato ; ed il
Conte traditore è a sua volta tradito dall’ <arcivescovo tradito> che
nell’ interpretazione degli autori diventa il vero traditore assoluto.
Ma a ben vedere la vendetta di Ugolino è anche la sua condanna,
quella di dovere in eterno essere cannibale, per cui il Dio Dantesco è
un dio giusto (punizione con il contrappasso ) che applica la legge di
reciprocità , ma anche un Dio estremamente severo che collegando
una sanzione alla colpa la applica in modo estremo così che la pena
gravissima serva da deterrente per nuovi delitti oltre che da
espiazione per quello commesso.
Dalla vendetta privata alla espiazione cristiana.
Dal concetto di vendetta come “reazione ragionata non necessariamente
istantanea ad un senso di ingiustizia subita” , reazione portata avanti
come dovere “privato” e quindi riscossione di un debito creatosi con l’
atto ingiusto, si è passati , con la concezione greca classica , al
risarcimento del debito contratto nei confronti dell’ offeso con la
“espiazione attraverso la sofferenza morale” da parte dell’ offensore
(morale aristotelica).
La sofferenza morale è , per il cristiano Dante , l’ elemento che,
attraverso la punizione stabilisce un collegamento con la colpa.
Nell’ inferno l’ espiazione costituisce l’ eterno risarcimento del danno
provocato e si realizza con un atto di contrizione continuo, eterno e
senza speranza , per il colpevole , di potersi redimere ;
nel purgatorio l’ espiazione ha la funzione di una cura che il colpevole
deve fare per ottenere la guarigione.
Passando ad esaminare la condizione dell’ anima dell’ uomo, Dante
concepisce uno stato di peccato assoluto ed uno stato di redenzione che
si raggiunge al cospetto di Dio dopo un processo di purificazione
assoluta.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
17
Per raggiungere la bellezza della visione di Dio l’ anima parte dalla
condizione più bassa : la visione della pena infernale che spetta allo
stato di “peccato assoluto” e che è incurabile , per attraversare con la
sofferenza e l’ espiazione tutti gli stadi di purificazione (colle del
purgatorio) che la porteranno alla suprema visione di Dio.
La sofferenza morale che in Eschilo era la retribuzione per il delitto, è
in Dante un mezzo per interrompere la vendetta (anche quella di Dio :
egli infatti concederà la propria visione ad un’ anima peccatrice ma
contrita e purificata dall’ espiazione).
Quel Dio mosaico che riservava a se stesso la Vendetta e che imponeva
la legge del taglione , nella morale cristiana ammette che la colpa
possa essere pagata in modo diverso da quello che fa subire la
vendetta ; con una sofferenza dell’ animo.
La vendetta dantesca (che gli Autori chiamano <religiosa>) è
altrettanto retributiva di quella <laica>, ma giunge ad un altro risultato :
quello di trasformare la vendetta in perdono. Il metodo di
cancellazione della colpa nella antica concezione laica era quello di
retribuire l’ offesa portata col delitto con una offesa di pari entità senza
apporto interno del reo ; attualmente - al contrario - il reo prende
coscienza della sua colpevolezza, della insanità della propria azione e
paga il debito contratto con una <lunga sofferenza>.
Cosa comporta la consapevolezza della colpa ?
Porta alla convinzione che non vi siano crimini in generale, ma peccati
dovuti ad una cattiva inclinazione dell’ anima .
In base a tale concezione il crimine non va valutato come unico e
punito con una sanzione singola, piuttosto va ricercata l’ anima del
colpevole e studiatane la personalità la punizione deve essere adeguata
all’ intera sua personalità.
Come si vede nella concezione religiosa l’ idea della retribuzione
ammette e cerca l’ espiazione attraverso la sofferenza reale e compiuta
del colpevole diversamente dalla concezione moderna per cui la colpa
non deve essere sanata esclusivamente con la retribuzione della
sofferenza quanto piuttosto è il reo che deve essere rieducato in
carcere 34 alla vita sociale.
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’ eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore...
La vendetta, pare muovere l’ alto fattore giacché se è vero che le pene
34
Notano gli Autori che anche il carcere , anche se non volutamente , implica l’ applicazione di una
pena trasversale nei confronti di parenti e famigliari del reo.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
18
dell’ inferno sono uguali (contrappasso ) qualitativamente al peccato
commesso , sono tuttavia eterne e quindi spropositatamente maggiori.
Bene gli Autori notano che l’ importante è per Dante dare rilievo alla
forma di riflessione simbolica della punizione. La legge del
contrappasso nella nuova concezione cristiana supera la legge mosaica
del taglione ed assume una rilevanza meno materiale ; astratta , della
pena che è comminata con una punizione corrispondente alla
violazione commessa col peccato. I lussuriosi, travolti dalla bufera
della passione saranno trasportati in eterno dalla bufera infernal che
mai non resta ; i violenti che sparsero sangue saranno immersi in laghi
di sangue e bersagliati dai centauri, violenti personaggi mitologici. Gli
ipocriti che hanno avuto un comportamento doppio saranno condannati
a portare indosso una cappa di piombo che all’ esterno sembra d’ oro
e così di seguito.
Secondo l’ etica , derivata da quella Aristotelica , della scolastica dell’
Aquinate tutti i peccati derivano da tre posizioni o tendenze
fondamentali dell’ animo umano : incontinenza violenza e frode.
L’ incontinenza , che è legata all’ istinto più basso dell’ uomo , quello
meno consapevole, quello più bestiale rileva un grado minore di
responsabilità morale e così pure la violenza in quanto peccati
commessi da persone che non sono in grado di controllare i propri
impulsi ; ad essi viene attribuita minore colpevolezza in virtù di una
natura più ferale. La frode invece, e peggio ancora il tradimento,
soprattutto di amici e famigliari, sono maggiormente puniti in quanto
peccati che per la loro commissione hanno necessitato dell’
elaborazione della parte più alta della mente umana : la ragione e la
volontà. Il contrappasso per costoro , proprio perché hanno usato la
parte più luminosa della mente, è quella di risiedere nella parte più
buia e tenebrosa dell’ inferno , appunto il lago di Cocito in cui abbiamo
trovato il Conte Ugolino.
Il crimine per eccellenza : Tradimento.
Se riandiamo al concetto della ribellione “eroe contro padre tiranno”
osserviamo come anche in Dante si riproduce questa posizione.
Il Tradimento nella Comedia è il crimine più vicino alla Ribellione e la
ribellione era stato il crimine dell’ uomo contro il suo Creatore, il
crimine contro l’ autorità massima , quella divina e quindi meritevole
del massimo grado della punizione .
Ma l’ opera di Dante è pervasa dall’ afflato cristiano ; il crimine contro
il Dio buono, anche se il massimo crimine, può godere del perdono .
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
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La trasformazione dalla vendetta al perdono ha però bisogno della
espiazione (supra ) e così come il Cristo aveva espiato, con la morte, il
peccato originale dell’ uomo, Dante immagina che ogni successivo
uomo debba espiare il proprio peccato con la sofferenza e con la
dimostrazione della massima obbedienza a Dio. L’ uomo dantesco si
riabilita dal peccato ricongiungendosi alla massima autorità di Dio
professandogli la completa obbedienza.
Concludono gli Autori che con questo iter l’ acme della repressione
coincide con l’ acme dell’ obbedienza . L’ obbedienza (pag 5 e s.) era
però quel procedimento cui si riconduceva la condotta dei ribelli per
saldare l’ ordine costituito e porlo al riparo da nuove ribellioni-vendette
era, in definitiva l’ accettarsi reciprocamente , il rinunciare alla
vendetta sottraendola alla sfera della giustizia privata e personale per
affidarla alla collettività..
Il tradimento quindi, al pari della ribellione è un mezzo di
disgregazione 35 sociale ed è per questo che la società lo ha sempre
punito con la massima severità.
Nella società medioevale in cui Dante vive e che egli traspone in forma
poetica esiste una forte struttura piramidale, autoritaria la quale richiede
obbedienza e la ottiene attraverso la vendetta che deve però assumere
una forma accettabile. Il rito e la ritualità della vendetta ne forniscono
quasi una superiore giustificazione, una giustificazione morale secondo
una serie di funzioni assolte dalla pena sino alla riabilitazione totale
del reo (più tardi si bruceranno maghi e streghe proprio per purificare il
loro peccato col fuoco ). La punizione del reo è pubblica e rituale
perché nel rito pubblico si soddisfa e sublima la violenza individuale 36 .
L’ enorme peso della Vendetta, Amleto.
Amleto, principe di Danimarca, rappresenta la posizione alternativa
della psiche di colui che sente di dovere adempiere ad un obbligo e nel
contempo vorrebbe sottrarvisi.
Il testo Shakespeariano è incentrato sul dubbio che tormenta la psiche di Amleto.
Il principe danese si trova sul terrazzo del castello di Elsinore e gli appare l’
ombra del genitore morto il quale nello svelargli di essere stato assassinato dal
fratello Claudio con la complicità della regina gli chiede vendetta per essere stato
35
Nella società dell’ obbedienza il tradimento è punito come ribellione alla massima autorità ; quale
è il meccanismo che lo punisce in una società reciproca dove non esiste il delitto di lesa maestà ?
Dal momento che la società è legata dal vincolo di eguaglianza , il tradimento per vantaggi
personali crea la diseguaglianza , quindi i principi della società ugualitaria e deve essere punito.
36
Gli autori , op. cit, p.55, notano come nelle subculture criminali l’ omicidio viene appunto spesso
commesso in forme rituali.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
20
privato del trono, della sposa e della vita , ma chiede anche che la regina sia
risparmiata. Il dramma che si instaura in Amleto deriva dal fatto che il genitore gli
lascia la scelta se attuare o meno la vendetta 37 .
Amleto, che aveva anelato vendetta sin dal primo accenno del padre, diviene
guardingo, teme per la propria vita, mente anche con Ofelia, di cui è innamorato
nel timore che ella possa svelare i suoi sentimenti al padre Polonio , ciambellano
di corte, si finge pazzo. Con il successivo comportamento ucciderà Polonio,
riempirà di contumelie la madre Gertrude, non avrà l’ animo di uccidere Claudio sorpreso in preghiera nell’ istante fatale- e provocherà la morte di Ofelia. Alla fine
giungerà alla vendetta, ma non direttamente per sua volontà, ma solo nell’ attimo
della morte quando, accortosi che la spada di Laerte -col quale era entrato in
tenzone - fu avvelenata per opera di Claudio uccide Laerte e quindi Claudio. La
vendetta totale si compie con la morte di Gertrude che beve ad una coppa
avvelenata destinata al figlio.
Amleto è perennemente combattuto fra il sentimento della vendetta
impostagli dal fantasma del padre e la propria ritrosia a compierla ;
uccide Polonio, ma non riesce a fare lo stesso con Claudio e solo nell’
attimo della morte si compirà la tragedia.
L’ ambiguità del comportamento di Amleto troverebbe una spiegazione
dal punto di vista della psicoanalisi se fosse interpretata col metro del
desiderio di ribellione al padre tiranno e da un complesso di Edipo.
L’ usurpazione fatta da Claudio della figura paterna , Claudio uccide il
padre di Amleto e ne sposa la madre, fa scattare il conflitto parentale
del giovane.
Come già detto (supra) la molla che si oppone allo sviluppo della
società è la pulsione verso l’ eliminazione del padre tiranno e quella di
avere l’ esclusiva della madre. In Amleto questo conflitto appare non
solo irrisolto, ma aggravato dal racconto del Fantasma per cui nel
principe convivrebbero tre situazioni : l’ attrazione per la madre, l’ odio
per il padre e la censura io del super-io su questi istinti . Proprio la
rimozione dalla sfera del cosciente di questi desideri, che tuttavia
permangono istintualmente, crea in Amleto i sensi di colpa e la sua
indecisione.
Da questo punto di vista la morte del padre crea in Amleto un forte
senso di colpa in quanto essa era inconsciamente desiderata e di qui il
suo primitivo stato di disagio ; successivamente l’ inconscio di Amleto,
per trovare una liberazione crea due figure di padre ; quella dell’
ucciso che diviene il padre buono non più da eliminare e quella dello
zio Claudio il “padre tiranno” oggetto dell’ inconscio sentimento di
ribellione-odio ed in virtù di questa identificazione dell’ assassino col
padre si crea nel principe un ulteriore elemento di squilibrio .
37
W. Shakespeare, Amleto, atto 1°, scena V, pag. 130, Cesare Vico Ludovici , Mondadori, 1955.
La vendetta nelle opere classiche : da Achille ad Amleto.
21
Da una parte il senso di colpa verso il genitore naturale si scarica, dall’
altro la pulsione di odio si rivolge a Claudio. Il coacervo di questi
sentimenti inconsci e il non avere stabilito , nei confronti dei genitori ,
una posizione di odio-amore “normale” porta il principe al suo stato di
assoluta indecisione , infatti non bisogna dimenticare che Claudio,
uccidendo il padre ha tuttavia realizzato quello che era il desiderio
inconscio di Amleto.
Il cosciente desiderio di vendetta che si forma nel giovane dopo le
rivelazioni del fantasma è inconsciamente combattuto dall’ essere una
parte (sia pure non disvelata di Amleto) concordante con quella
eliminazione.
La vendetta e la responsabilità.
L’ imperativo di vendicare l’ ingiustizia subita, con il maturare della
società viene sottoposto ad un processo di repressione. La necessità
sociale di coesistere aveva già portato alla necessità dell’ obbedienza
per evitare la disgregazione nella faida generale e col maturare delle
nuove regole il desiderio stesso della vendetta genera, di norma, un
senso di colpa che si sovrappone e copre il desiderio della ribellione
alla ingiustizia subita. Amleto non è angosciato dal conflitto fra la
propria personalità e l’ imperativo soprannaturale della vendetta ; il suo
cruccio, la sua indecisione sono il frutto della contraddizione interna
fra il desiderio di vendicare il padre e l’ inconscia approvazione a
Claudio che ha fatto ciò che era il desiderio represso dell’ eliminazione
del padre. Nel momento della morte sopraggiungente per la ferita
mortale di Laerte il conflitto interiore cade ed Amleto,
psicologicamente libero dal vincolo inconscio , uccide Claudio.
Il dramma prospettato da Shakespeare è quello dell’ uomo travagliato
in cui la vendetta non è più un imperativo morale ma il dilemma
morale dell’ uomo alla ricerca della sua identità ; l’ uomo faber che egli
stesso costruisce il proprio destino.
Nell’ uomo nuovo la vendetta “è una responsabilità personale” che egli
, talvolta non riesce a portare avanti perché il senso di colpa è più
forte dell’ istinto di vendetta e l ‘uomo non riesce ad assumersene la
responsabilità da solo.
Per Marongiu e Newman :
“Le bande giovanili che si scontrano nelle periferie delle metropoli, le faide e fors’
anche le feroci guerre che oppongono etnie diverse, sono fenomeni di gruppo nei
quali la lotta per il potere è costantemente legata al problema della giustificazione
della violenza secondo