PALAZZO SAN GIACOMO E CHIESA DI SAN GIACOMO DEGLI

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PALAZZO SAN GIACOMO E CHIESA DI SAN GIACOMO DEGLI
Campania illustrata. 1632-1845
PALAZZO SAN GIACOMO E CHIESA DI
SAN GIACOMO DEGLI SPAGNOLI
Un decreto reale del 18 giugno 1816 sancisce l’affidamento del progetto di un nuovo edificio per i Ministeri
e le relative Segreterie dello Stato Borbonico, da parte di re Ferdinando I, agli architetti Stefano Gasse,
Antonio De Simone e Vincenzo Buonocore. Il progetto, seguito poi in realtà dal solo Stefano Gasse insieme
al fratello Luigi, doveva realizzarsi sulla superficie appartenuta alla Real Hermandad de Nobles Espanoles de
Santiago, ossia sui terreni della Congregazione proprietaria della Chiesa e del Banco di San Giacomo, della
Chiesa e del Monastero della Concezione a Toledo, di un ospedale oramai in disuso: in larga parte l’area
dell’attuale Piazza Municipio.
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Il risultato di un lavoro durato fino al 1825, fu quello di un edificio monumentale in stile neoclassico, di
grosse dimensioni, con tre ingressi di cui quello di destra consentiva l’accesso alla chiesa di San Giacomo,
unica struttura preesistente che non fu demolita bensì inglobata all’interno del palazzo. La facciata
principale dell’edificio (la meridionale) presenta un basamento bugnato con dodici finestroni e tre piani
superiori con diciassette balconi ciascuno, mentre la facciata settentrionale per ragioni di quote diverse
presenta solo due piani e altrettanti portali: i numeri dei locali interni, ossia 816 stanze e dieci corridoi,
connotavano Palazzo San Giacomo come uno dei maggiori edifici pubblici della Penisola.
Il soggetto presente tanto nel Viaggio pittorico (1829) quanto, leggermente ristretto sul lato sinistro,
nell’Atlante illustrativo del 1845 (con litografia a firma di Antonio Verico), è il pregevole androne – o
vestibolo – decorato a cassettoni che portava alle scale a doppia rampa con le quali si consentiva l’accesso
ai piani superiori.
All’interno dell’androne lo scultore catanese Antonio Calì realizzò quattro statue (visibili nella litografia di
Verico) per altrettante nicchie, raffiguranti Ruggiero il Normanno, Federico di Svevia, Ferdinando I e
Francesco I: queste ultime due furono sostituite nel 1869 da due personificazioni allegoriche scolpite da
Francesco Liberti. Al centro del piano ammezzato è stata sistemata da Achille Lauro, nel 1962, ‘a capa ‘e
Napule, ossia il famoso busto in marmo di Partenope, di età tardo-ellenistica, per molti anni collocato nella
strada di S. Giovanni a Mare ma molte volte mutilato e deturpato da eventi bellici.
Palazzo san Giacomo perse ovviamente di prestigio con l’Unità d’Italia, passando da sede ministeriale a
sede dell’Amministrazione Comunale, ospitando anche la Questura e l’Intendenza di Finanza. E’ tuttora il
palazzo del Municipio di Napoli.
Si accennava prima alla chiesa di San Giacomo detta degli Spagnoli, inglobata all’interno del progetto del
nuovo Palazzo. Si tratta di una fondazione ben più antica, risalente al 1540 e al progetto che dal vicerè
Pedro de Toledo fu affidato all’architetto Ferdinando Manlio: ovviamente, con la demolizione dell’annesso
ospedale dei poveri in vista della costruzione del palazzo, la struttura subì delle modifiche di adattamento al
nuovo corpo di fabbrica che l’avrebbe compresa, a partire dalla facciata.
La chiesa conserva diversi monumenti sepolcrali, tra i quali spicca il capolavoro di Giovanni da Nola in onore
del fondatore della chiesa nonché committente dello stesso sepolcro, ossia il vicerè Pedro de Toledo: questi
in realtà morì appena tre anni dopo l’inizio dei lavori, terminati nel 1570 dopo ben venti anni, tant’è che i
resti del vicerè riposano nel Duomo di Firenze, mentre il monumento napoletano racchiude le spoglie del
figlio Garcia.
Il Viaggio pittorico di Cuciniello e Bianchi (1829) ci presenta un’ombrosa raffigurazione litografica
dell’opera, preparata da Gioacchino Forino su disegno di Léopold Jely. Il sepolcro si presenta di forma
quadrata. Poggiate al sarcofago, in posizione inginocchiata, le figure di Pedro e della consorte María Osorio
y Pimentel, separate da un elmo; ai quattro angoli altrettante statue allegoriche delle Virtù cardinali, la
Temperanza, la Fortezza, la Prudenza e la Giustizia, che si ritengono opere di Annibale Caccavello e
Giovanni Domenico D’Auria. Il sarcofago presenta ai quattro lati un’epigrafe datata al 1570, anno di
termine dei lavori, e tre bassorilievi con inscenati alcuni momenti principali della carriera politica e militare
del vicerè: la Battaglia di Otranto contro i Turchi del 1538, la Vittoria di Baia sul pirata Barbarossa del 1544,
la visita di Carlo V a Napoli del 1535.
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