Introduzione

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Introduzione
La globalizzazione
Volpato Roberta
Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Asti
Introduzione
Offrire un “Approccio Globale” alla Globalizzazione.
L’obiettivo del percorso è affrontare la globalizzazione in molti degli
aspetti che la caratterizzano, dalle sue origini, alla storia e alle varie
fasi che nel corso del tempo hanno condizionato movimenti migratori,
flussi economici e finanziari.
La multidirezionalità della globalizzazione.
All’interno del percorso verranno affrontate le differenti caratteristiche
della globalizzazione, come fenomeno multidirezionale, costituito da
aspetti economici, sociali, politici, culturali, tecnologici.
Il percorso fornisce una visione complessiva del fenomeno
globalizzazione e rappresenta una base per sviluppare
approfondimenti mirati su specifici aspetti e tematiche.
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Contesto globalizzato
Le regioni e gli Stati del mondo sono sempre più
uniti dalla cosiddetta globalizzazione, cioe’
dall’espansione dell’economia di mercato e dalla
creazione di una rete mondiale sempre più fitta dei
mezzi di comunicazione e di informazione. La
globalizzazione produce innegabili benefici, come
la diffusione dei capitali, dello sviluppo economico
e dei progressi scientifici e tecnologici; tuttavia non
ha eliminato, anzi per certi aspetti ha approfondito,
il divario tra le popolazioni ricche e le popolazioni
povere del mondo.
Multidirezionalita’
aspetti economici
aspetti sociali
GLOBALIZZAZIONE
aspetti tecnologici
aspetti politici
aspetti culturali
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Definizione
Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita
progressiva delle relazioni e degli scambi di diverso tipo a
livello mondiale in diversi ambiti.
Sebbene con questo termine ci si riferisca prevalentemente agli
aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi aziende,
il fenomeno va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti
sociali, tecnologici e politici, e delle complesse interazioni
su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta,
in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione.
[Wikipedia]
I termini
Che cosa è il mercato?
Il mercato è il luogo più o meno vasto all’interno del quale si svolgono le attività commerciali di
vendita e acquisto dei prodotti, mediante le contrattazioni tra venditori e compratori.
Più in generale con il termine “mercato” si indica anche il ciclo economico di una merce, che
inizia dalla produzione e si conclude con il consumo.
Che differenza c’è tra il commercio interno e il commercio estero di uno Stato?
Il commercio interno indica gli scambi che avvengono all’interno di un territorio nazionale,
mentre lo scambio tra gli Stati costituisce il commercio estero. Quest’ultimo è formato
dall’insieme delle esportazioni e delle importazioni.
Che cos’è la bilancia commerciale?
La differenza, in termini monetari, tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni
costituisce la bilancia commerciale, che può essere attiva o passiva.
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I termini
Che cosa sono i mercati finanziari?
I mercati finanziari sono quei luoghi che facilitano l’incontro tra coloro che hanno bisogno di
capitali e coloro che dispongono di tali capitali, soprattutto Banche e Borse, nonché l’insieme
di operazioni di compravendita di tali capitali. Un mercato finanziario può essere costituito da
una semplice filiale di banca, nella quale avviene un prestito di denaro a una persona, oppure
dalla rete delle Borse mondiali, nella quale si muovono miliardi di dollari attraverso l’impiego
degli strumenti informatici.
Quali sono le attività della Borse?
Le Borse finanziarie (o Borse valori), come Wall Street, sono i mercati nei quali si comprano
e vendono le azioni (cioè i capitali investiti nelle imprese), le obbligazioni e i titoli di Stato
(cioè i titoli di debito emessi dalle imprese o dagli enti pubblici).
I termini
Che cosa sono e quali sono i mass media e i mezzi di telecomunicazione?
Il termine inglese “mass-media” indica l’insieme degli strumenti tecnici utilizzati per
diffondere messaggi, inviati da un’emittente centralizzata a un pubblico vasti e disperso.
Fanno parte dei mass-media libri e giornali, la televisione, il cinema, internet, ecc.
I mass-media hanno consentito l’accesso all’informazione e alla cultura a un pubblico
sempre più vasto attraverso l’utilizzo delle invenzioni tecniche, della stampa fino alle
telecomunicazioni satellitari.
Le telecomunicazioni sono i mezzi tecnici che permettono di comunicare a distanza. I
primi a essere inventati nell’ottocento furono il telegrafo e il telefono, seguiti nel
Novecento dalla radio, dalla televisione e dal telefono cellulare.
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I termini
L'internazionalizzazione indica il carattere dei rapporti economici, politici, giuridici e
culturali che una comunità o uno Stato stabiliscono con altri Paesi: si può allora parlare di
internazionalizzazione mercantile (di merci), produttiva (investimenti all'estero),
finanziaria (movimenti di capitali), tecnologica (trasferimento di tecnologie), culturale
(rapporti culturali), oppure legata a movimenti di persone (migrazioni).
Per globalizzazione si intende l'estensione e la diffusione di una quantità sempre
crescente di dispositivi simbolici, materiali, tecniche, procedure, discorsi, logiche e prodotti
potenzialmente fruibili su scala mondiale. La globalizzazione sta ad indicare le nuove
forme assunte nel mondo dal processo di accumulazione di capitale, soprattutto in questa
fine secolo dalla triade Usa, Giappone, Unione Europea per creare un unico mercato e per
ottenere profitti su scala mondiale.
Globalità significa: viviamo da tempo in una società mondiale e la rappresentazione degli
spazi diviene fittizia; parlare di confini ha sempre meno senso perché il mondo
restringendosi grazie alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie allarga le possibilità di
trasferimento per persone, merci e idee.
Possiamo usare il termine globalismo per definire qualcosa di simile ad una visione del
mondo, ad un punto di vista che segue l'ideologia del neoliberismo e che sostiene la
centralità del libero scambio e di un commercio mondiale per aumentare i redditi dei Paesi e
migliorare le condizioni di vita in tutto il mondo.
Origini
Nell'immaginario collettivo la globalizzazione è spesso percepita come un fenomeno
progressivo, che si è andato sviluppando nel tempo in modo naturale.
La globalizzazione si sviluppa a partire dall’ambito economico finanziario, che rappresenta
il principale settore in cui il mondo contemporaneo vive con maggiore evidenza il fenomeno
con i suoi pro e i suoi contro.
In ogni caso, nella coscienza dei popoli il fenomeno si sta consolidando insieme alla
diffusione del punto di vista globale ed all'impegno concreto per un mondo migliore al
di là dei propri interessi personali e dei confini nazionali. Si parla sempre più spesso di
"globalizzazione dei diritti" e perciò di rispetto dell'ambiente, di eliminazione povertà,
di abolizione della pena di morte ed emancipazione femminile in tutti i paesi del
mondo.
Di pari passo alla diffusione di notizie su scala mondiale ed alla progressiva presa di
coscienza delle problematiche globali, cominciano a svolgersi grandi manifestazioni con
la partecipazione contemporanea in numerose località di decine di milioni di persone.
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Le fasi della globalizzazione
La globalizzazione non è un fenomeno nuovo. Se si considerano le tre variabili ’ – flussi migratori,
esportazioni e investimenti diretti all'estero nei PVS - possiamo identificare il susseguirsi di tre fasi di
globalizzazione.
La prima coincidente con la fine del Diciannovesimo secolo
La seconda con gli anni dal 1945 al 1980
La terza con la fine del ventesimo secolo
La rivoluzione industriale fu un lento processo cumulativo che impiegò del tempo per manifestare i
suoi effetti internazionali. Dalle innovazioni tecniche nella produzione tessile inglese della prima
metà del Diciottesimo secolo, allo sviluppo dell'industria meccanica nella seconda metà dello stesso
secolo, dalla ramificazione delle reti nazionali di trasporto della prima metà del Diciannovesimo
secolo, alle rotte transoceaniche dei vascelli a vapore, passò più di un secolo e mezzo.
Solo intorno al 1870 si verificarono una serie di innovazioni tecnologiche cruciali per la
diffusione internazionale del processo di industrializzazione: la costruzione di navi più robuste e
veloci, con lo scafo in ferro e l'elica immersa, ridusse enormemente i tempi di navigazione; l'apertura
del canale di Suez, nel 1869, dimezzò la durata del viaggio da Londra a Bombay; ma soprattutto
l'inaugurazione del sevizio telegrafico transatlantico, tra Londra e New York (1866), Melbourne
(1872) e Buenos Aires (1874), permise alle comunicazioni transcontinentali di passare dalle
settimane ai minuti. La riduzione dei tempi di percorrenza e dei costi, sia del trasporto su rotaia
che di quello transoceanico, che della trasmissione delle informazioni via telegrafo, determinò quella
accelerazione nei flussi commerciali internazionali, nei movimenti di capitale e nei flussi migratori
che caratterizzano la prima fase della globalizzazione.
Le fasi della globalizzazione
Nella prima fase la tecnologia è dunque un fattore determinante, ma non è tutto. Lo sviluppo
della ferrovia e della navigazione transoceanica continuarono ad avere una influenza
determinate nelle relazioni tra i continenti e all'interno degli stessi sino alla seconda metà del
Ventesimo secolo. Ma se la rivoluzione tecnologica dei trasporti era stata il motore della
prima fase di globalizzazione, le fasi successive furono il frutto di una diversa rivoluzione
tecnologica, quella della trasmissione e dell'elaborazione dell'informazione.
Alla diffusione internazionale del telegrafo nella seconda metà del Diciannovesimo secolo si
aggiunse a partire dagli anni '20 l'influenza di un altro mezzo di comunicazione: il telefono.
La prima fase subì una battuta d’arresto.
Quello che accadde tra il 1914 e il 1945 è noto a tutti: due guerre e una crisi economica di
portata internazionale. L'effetto complessivo sul grado di apertura dei mercati e sulla
integrazione delle economie nazionali fu veramente impressionante. Nel 1950 il rapporto tra
esportazioni e PIL mondiale era tornato al 5%, una percentuale analoga a quella del 1870 .
In sintesi, la prima fase e la seconda e la terza fase sono simili nel nesso che lega la
tecnologia all'apertura dei mercati, ma tale somiglianza si riduce quando si tiene conto delle
caratteristiche proprie della tecnologia nelle diverse fasi: soprattutto trasporti nella prima,
soprattutto comunicazioni nelle ultime due.
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Differenze
Migrazioni
Se dovessimo fare confronto distinzione tra la prima fase di globalizzazione e quelle
successive il primo elemento risulta essere legato ai flussi migratori. Tra il 1870 e il
1914 (prima fase) il 10% della popolazione mondiale migrò dal suo paese di origine verso
una nuova destinazione. La rivoluzione nei trasporti rendeva raggiungibili le terre più
lontane anche per i poveri. Sessanta milioni di persone partirono dall'Italia, l'Irlanda, la
Spagna, la Svezia, il Portogallo verso il Canada, gli Stati Uniti, l'Australia, la Nuova
Zelanda, il Brasile, l'Argentina. E l'emigrazione non riguardò solo l'Europa, si ipotizza un
flusso analogo dalla Cina e dall'India verso le Americhe e verso paesi asiatici meno
densamente popolati. L'insorgere del nazionalismo economico, la prima guerra mondiale e
la depressione ridussero radicalmente i flussi migratori. Dopo la seconda guerra mondiale,
durante la seconda fase di globalizzazione, i flussi migratori ripresero, ma non furono mai
della medesima intensità rispetto a quelli della fine del Diciannovesimo secolo. Le politiche
di controllo sull'immigrazione si sono rivelate maggiormente persistenti rispetto a quelle
protezioniste e anche se nella terza fase della globalizzazione i flussi migratori hanno
ripreso vigore, gli Stati Uniti rimangono - tra i paesi ospitanti - l'unico caso in cui i flussi
migratori siano comparabili con quelli della prima fase.
Multidirezionalita’
La globalizzazione è un processo
multidirezionale: sociale, giuridico, politico,
economico, che non può essere ridotto
solamente a parametri di tipo
economico-finanziario.
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Differenze
Flussi commerciali
L'indicatore con cui generalmente viene misurata la globalizzazione è il grado di
apertura reale di una economia, calcolato come la somma delle esportazioni e delle
importazioni rapportata al prodotto nazionale. Durante la prima fase di globalizzazione il
commercio internazionale subì una accelerazione ragguardevole. Il grado di apertura
medio dei paesi europei passò dal 25% al 40%. La seconda fase rappresenta un recupero
rispetto alla contrazione degli scambi tra il 1914 e il 1945 e, il commercio mondiale crebbe
ad un tasso medio del 6%, più del doppio rispetto al tasso di crescita del reddito. Le cause
risiedono nell'ulteriore progresso nei trasporti transoceanici e nella riduzione dei dazi
ma anche dai processi di frammentazione della produzione, favoriti dalle innovazioni
nella trasmissione dell'informazione. Nella terza fase di globalizzazione tali meccanismi
si rafforzarono ulteriormente e favorirono l'emergere dell'elemento che distingue
quest'ultima fase da quella intermedia. Intorno al 1980 alcuni paesi del sud-est asiatico (ma
anche altri come il Cile e il Messico) orientarono il proprio modello di sviluppo economico
proprio sulle nuove opportunità offerte dalle aumentate possibilità di partecipazione ai flussi
commerciali mondiali. Durante la terza fase di globalizzazione questi nuovi attori assunsero
ruoli rilevanti sulla scena del commercio mondiale. Ma questa non può certo essere
considerata la sola novità di questa fase di globalizzazione.
Differenze
Flussi commerciali
La seconda e la terza fase di globalizzazione non possono essere considerate semplicemente delle
fasi di recupero rispetto all'intervallo 1914-1945; quattro aspetti fondamentali rendono le
globalizzazione del Diciannovesimo e del Ventesimo secolo profondamente diverse dal punto di
vista degli scambi commerciali:
il primo è il deciso aumento nel grado di apertura commerciale degli USA nel secondo
dopoguerra. Questo dopo aver oscillato intorno al 10% tra la fine del '800 e il 1950 è passato al
25% negli anni '90.
il secondo aspetto riguarda l'aumentato peso della spesa pubblica nel secondo
dopoguerra nella formazione del prodotto nazionale.
il terzo aspetto riguarda i processi di integrazione. Negli anni '90 il numero degli accordi di
integrazione regionale è notevolmente aumentato e il fenomeno ha mutato le sue caratteristiche
passando dalla prevalenza di accordi Nord-Nord o Sud-Sud ad accordi Nord-Sud.
ultimo aspetto di differenziazione tra la globalizzazione del Diciannovesimo secolo e quelle del
Ventesimo risiede nella composizione dei flussi commerciali. Nel Diciannovesimo secolo la
riduzione dei costi di trasporto favorì i movimenti migratori; a sua volta la riduzione delle barriere
tariffarie favorì le esportazioni di prodotti primari da parte degli stessi paesi. La terza fase di
globalizzazione vede con sempre maggior rilevanza i nuovi Globalizers, che inseriscono nel
commercio mondiale una componente Sud all'interno dei flussi di interscambio manifatturiero.
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Differenze
Investimenti e flussi finanziari
Lo sviluppo dei mercati telematici, la liberalizzazione dei movimenti di capitale e le numerose
opportunità di investimento nei Globalizers hanno certamente rafforzato le connessioni
internazionali dei mercati finanziari, moltiplicando allo stesso tempo le opportunità di
crescita, distinguendo in questo modo la terza fase di globalizzazione da quelle precedenti.
Partiamo dagli investimenti. Il flusso di investimenti diretti all'estero (IDE) si è moltiplicato per
otto a partire dal 1985 e la capacità delle imprese di produrre in più mercati nazionali si è estesa
dalle imprese di grande dimensione alle medie e alle piccole imprese. Ma ciò non costituisce una
novità assoluta. Oggi, come nel 1870, l'elemento cruciale nella spiegazione della crescita degli IDE è
la trasmissione dell'informazione, alla quale è associata la possibilità di separare spazialmente
le attività di una impresa, non rinunciando al contempo all'accentramento e al controllo del
processo decisionale.
Nella seconda metà del Diciannovesimo secolo, le comunicazioni via telegrafo aumentarono
enormemente le possibilità di controllo da parte della casa madre delle attività delle
consociate e ciò favorì enormemente la diffusione degli investimenti produttivi all'estero. Gli
IDE, soprattutto inglesi, ma anche francesi, tedeschi, svedesi, seguirono in buona parte le rotte dei
flussi migratori e contribuirono ad orientare i flussi commerciali bilaterali.
Esempio
Uno scrittore francese ha sintetizzato in modo efficace il significato:
“con il termine globalizzazione si intende l’insieme di quei fenomeni per cui la vita di ogni
abitante del pianeta dipende, almeno in parte, da decisioni prese oltre il confine del Paese in
cui vive, e sulle quali non ha la possibilità di esercitare alcuna forma di controllo.” (B.
Guillochon)
Due scrittori americani hanno esemplificato in modo concreto cosa può significare ciò: “Se
un cittadino statunitense compera 10 mila dollari d’auto General Motors, 3 mila dollari vanno
in Corea del Sud per lavorazioni di routine e operazioni di assemblaggio, 1750 in Giappone
componenti ad alta tecnologia, 850 in Germania per il design e per i progetto delle parti
meccaniche, 4 mila a Taiwan, Singapore e Giappone per piccole componenti, 300 nel regno
Unito per la pubblicità e i servizi commerciali e altre 50 circa in Irlanda e nelle Barbados per
l’esecuzione di calcoli al computer” (Brecher-Costello)
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Critiche e controversie
Nonostante la globalizzazione continui a configurarsi fondamentalmente come
un fenomeno economico-finanziario, influisce tuttavia sulla vita sociale,
politica, giuridica e culturale; da qui le manifestazioni positive e negative che
produce in tutti questi ambiti.
Nell'accezione economica, la globalizzazione è contestata da alcuni movimenti
no-global, mentre è fortemente sostenuta dai gruppi liberisti, libertari e
anarco-capitalisti.
I dibattiti riguardo il suo effetto sui paesi in via di sviluppo sono infatti molto
accesi:
secondo i fautori della globalizzazione, questa rappresenterebbe la
soluzione alla povertà del terzo mondo
secondo gli attivisti del movimento no-global invece essa non
farebbe altro che impoverire maggiormente i paesi poveri, in favore delle
multinazionali.
Il dibattito
PRO - Vi sono alcuni aspetti della globalizzazione che certamente contribuiscono a migliorare le
condizioni di vita della popolazione della Terra, quali la diffusione delle scoperte scientifiche, dei
progressi della medicina, della tecnologia, della cultura, che aiutano a combattere alcuni gravi mali
che affliggono soprattutto le regioni meno sviluppate, come le malattie, l’arretratezza…
Altrettanto importante è la diffusione dei valori e dei diritti, quali la democrazia, l’uguaglianza delle
persone, a prescindere dal sesso, fede religiosa, appartenenza etnica e rispetto dei diritti civili.
CONTRO – Per quanto riguarda gli aspetti economici della globalizzazione, è aperto un dibattito, tra
studiosi, gruppi politici e governi.
Alcuni sostengono che l’espansione del libero mercato e la crescita dei flussi commerciali e
finanziari hanno fatto progredire l’economia in tutti i paesi sviluppati e meno sviluppati.
Altri invece sostengono che la globalizzazione economica porti vantaggio quasi esclusivamente alle
multinazionali e ai paesi più ricchi e che non aiuti ridurre l frattura tra Nord e Sud del pianeta, lo
dimostrerebbe il fatto che negli ultimi anni sono aumentate le differenze tra i Paesi più ricchi e quelli più
poveri e che per molti il debito internazionale è cresciuto a tal punto da provocare crolli nell’economia
nazionale (Ad esempio Argentina).
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I movimenti no global
I movimenti no global nascono in opposizione all’idea di un mercato globale che ha
come unico scopo quello del profitto d è controllato dalla multinazionali e dalle banche
dei Paesi più ricchi. I paesi più poveri hanno subito fino ad ora imposizioni economiche
e politiche da parte di quelli più sviluppati, i cui effetti ricadono sulle popolazioni che
diventano sempre più povere e impossibilitate e far valere i propri diritti.
I movimenti, le cui rappresentanze si riuniscono nei Social Forum, sono per la maggior
parte non violente.
Ecco alcuni movimenti:
Amnesty International e Banca Etica, si propongono di indirizzare lo sviluppo
mondiale su strade più eque, puntando sui diritti civili delle popolazioni “sfruttate” e su
una economia basata su uno scambio alla “pari”. In che senso?
WWF e Greenpeace, si pongono invece in difesa dell’ambiente, che in molti casi la
globalizzazione contribuisce a deturpare e inquinare in modo irreversibile.
Multidirezionalita’
GLOBALIZZAZIONE
Economia
Multinazionali
Politica
Stato nazione
perdita
sovranità
Comunicazione
Mezzi di trasporto
Telecomunicazioni
Sociale
Movimenti
migratori
Cultura
Flussi di capitali
Commercio
internazionale
Internet
Mass-media
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Economia
Economia
Aspetti economici
Da un punto di vista economico, ovvero agli occhi della scienza che
studia le modalità di allocazione di risorse, al fine di massimizzare la
propria soddisfazione, dinamiche basate sulla produzione,
distribuzione ed consumo dei beni e dei servizi, la globalizzazione
denota la forte integrazione nel commercio mondiale e la crescente
dipendenza dei paesi gli uni dagli altri. Con la stessa parola si
intende anche l'affermazione delle imprese multinazionali nello
scenario dell'economia mondiale.
In questo settore si fa riferimento:
alla produzione spesso incentrata nei paesi del sud del mondo
alla vendita, che vede i prodotti di alcuni marchi molto
sponsorizzati in commercio in quasi tutti i paesi del mondo.
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Aspetti economici - Attori
La globalizzazione, anche se ha importanti aspetti sociali e culturali,
è soprattutto un fenomeno di carattere economico, conseguenza
della continua ricerca di grandi investimenti e profitti da parte dei
produttori economici.
Gli attori del motore economico della globalizzazione sono
le imprese nazionali e internazionali
gli Stati e le organizzazioni economiche internazionali
Risulta molto difficile individuare gli attori, capire i meccanismi
globali e poter quindi fare delle scelte consapevoli.
Il gioco delle imprese
Le imprese che operano nei diversi settori
economici (agricoltura, industria, servizi) sono
stimolate a creare un mercato globale per i
loro prodotti, in modo da ridurre i costi di
produzione e aumentare le opportunità di
vendita e guadagno. La riduzione dei costi
deriva soprattutto dall’abbondanza, in regioni
mondiali diverse da quelle in cui si trova
l’impresa, di risorse naturali, ma soprattutto
della disponibilità di una manodopera a
Per esempio l’Europa è specializzata
buon mercato.
nell’esportazione di prodotti agricoli,
Inoltre la globalizzazione favorisce
servizi e manufatti dei settori
l’ampliamento dei mercati di vendita dei
aeronautico, chimico e meccanico,
prodotti e la specializzazione delle
mentre il Giappone esporta soprattutto
esportazioni.
manufatti dei comparti automobilistico ed
elettronico.
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Il gioco delle imprese
Una peculiarità della grande impresa transnazionale di oggi è che
i suoi azionisti non sono legati alla dimensione spaziale. Possono
comprare e vendere in qualsiasi parte del mondo senza nessun
vincolo. Tutti gli altri partecipanti dell’impresa non possono liberarsi
dai processi di localizzazione. D’altra parte, negli azionisti si genera
una netta divisione tra poteri e obblighi sociali, divisione che non ha
precedenti nella storia economica. Prima i grandi industriali non
potevano sottrarsi completamente alle condizioni territoriali, vale a
dire che il capitale oggi sembrerebbe acquisire
una nuova libertà: il fatto di non farsi responsabili delle località in cui
si trova l’impresa e di non preoccuparsi delle conseguenze del suo
funzionamento.
Il mercato mondiale
Un aspetto della globalizzazione è costituito dal commercio internazionale di merci,
servizi e capitali. Negli ultimi anni il peso del commercio internazionale sull’economia
mondiale è aumentato con un ritmo più rapido della produzione. Infatti dal 1990 al
2000, mentre la produzione mondiale è aumentata del 20%, il commercio
internazionale in termini economici è quasi raddoppiato.
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Centri economici
All’interno del commercio mondiale un ruolo predominante è svolto dalla cosiddetta triade, costituita da Stati Uniti,
Unione Europea, Giappone, insieme queste tre regioni controllavano nel 2000 una quota superiore al 65% del
commercio mondiale, mentre a confronto l’Africa intera aveva poco più del 2%
Investimenti diretti all’estero
Gli scambi finanziari internazionali sono costituiti principalmente dagli
investimenti diretti all’estero (IDE), cioè i capitali investiti dalle imprese
per creare una filiale estera o assumere il controllo di una società estera, e
dai movimenti dei mercati dei cambi delle Borse finanziarie.
Purtroppo l’aumento enorme dei flussi finanziari e la presenza nel mondo
dei cosiddetti “paradisi fiscali”, cioè Stati all’interno dei quali i capitali
provenienti dall’estero godono di esenzioni fiscali, hanno fatto crescere
anche il flusso dei capitali “sporchi”, provenienti dai traffici delle
organizzazioni criminali, di truffe finanziarie
e fallimenti fraudolenti.
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Le multinazionali
Fondamentale è il ruolo è svolto nella globlizzazione economica dalle imprese multinazionali, le cui
esportazioni sono circa i due terzi del commercio mondiale.
Una multinazionale è un’impresa che ha almeno il 10% del suo capitale in filiali estere. Nel 2000 vi erano nel
mondo 5.000 multinazionali, tra le 100 più importanti oltre la metà sono europee e 23 statunitensi, e tra
queste numerose sono le aziende petrolifere, delle telecomunicazioni, automobilistiche ed elettroniche.
Il peso economico delle multinazionali nei Paesi più sviluppati è tale che, per esempio, le
multinazionali tedesche e inglesi hanno un fatturato che costituisce più del 30% del PIL nazionale. Le
maggiori multinazionali del mondo hanno fatturati superiori agli 80 miliardi di dollari, quando, per fare un
confronto, alcuni Stati Africani hanno il PIL nazionale inferiore a 10 miliardi di dollari.
Il ruolo delle multinazionali nel mondo, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, è oggetto di acceso dibattito.
I vantaggi che derivano dalla presenza di tali imprese in questi Paesi è lavoro per la popolazione
locale, maggiori entrate per le economie nazionali, trasferimento tecnologico di tecniche di
produzione.
Ma ci sono anche aspetti negativi, le multinazionali sfruttano il basso costo della manodopera
locale, approfittano della scarsità di vincoli e di controlli legislativi per saccheggiare le risorse
naturali e cercano di imporre ai governi locali, utilizzando le loro enormi disponibilità finanziarie,
leggi e tasse più favorevoli.
Di chi stiamo parlando?
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Le multinazionali
esempi
FERRERO
Multinazionale italiana che si colloca al 4°posto fra le imprese di dolciumi a base di cacao, dopo Nestlé,
Mars e Altria. Fattura circa 4,4 miliardi di euro e impiega 16.000 persone. Possiede 16 stabilimenti di
cui 10 in Europa. Gli altri sono in Argentina, Australia, Brasile, Ecuador, Portorico, Stati Uniti.
La proprietà del gruppo è della famiglia Ferrero, che opera attraverso la finanziaria Ferrero International
SA che ha sede in Lussemburgo.
Nel 2000 ha speso in pubblicità 667 milioni di dollari, posizionandosi al 31°posto nella graduatoria
mondiale. Nel 2001, in Italia, ha speso 290 milioni di euro, posizionandosi al 2°posto nel settore
alimentare.
Società controllate e marchi
In Italia opera nel settore alimentare principalmente attraverso la società Ferrero Spa.
Nel 2001 ha concluso un accordo con Lever Fabergé Italia di Unilever per ottenere la distribuzione di
chewing gum e caramelle a marchio Mentadent.
Sul mercato italiano è presente con i marchi: Nutella (cioccolata da spalmare);
Ferrero (cacao); Ferrero Rocher, Kinder, Mon Cheri, Pocket Coffee, Raffaello (cioccolata e cioccolatini);
Duplo, Fiesta, Kinder Brioss (merendine); Pinguì (gelati e snack surgelati); Estathè (aranciate, cole e
simili); Cristallina (polveri per bevande).
Di chi stiamo parlando?
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Le multinazionali
esempi
NESTLE’
Fondata nel 1867, oggi Nestlé è la maggiore società
agro-alimentare del mondo, presente in più di 60 paesi, con 470 stabilimenti produttivi e
un fatturato di circa 51 miliardi di dollari. Oltre ad essere il principale produttore di latte in
polvere, è leader mondiale nel settore del caffè e in quello delle acque minerali (nel 1997
ha comprato il gruppo San-Pellegrino-Garma), e sta acquisendo una posizione di primo
piano anche nella vendita del cibo per animali: nel 2001 ha rilevato dalla Dalgety i
prodotti a marchio Felix, Fido e Vitto Doko, che si sono aggiunti al marchio Friskies; e nel
2001 ha comprato la Ralston Purina che detiene il 27% della produzione mondiale di
cibo per cani e gatti. Inoltre, Nestlé detiene il 49% del capitale di Gesparal, la finanziaria
che controlla la cosmetica L'Oreal, e ha accordi commerciali con Coca-Cola, con cui ha
costituito la società di distribuzione Beverage Partners Worldwide.
Il fatturato è pertanto costituito da bevande (28,3%), derivati del latte (27,1%), piatti
pronti e ingredienti alimentari (25,2%), cioccolato e dolciumi (13,3%) e prodotti
farmaceutici (6,1%).
Le multinazionali
esempi
NESTLE’
In Italia il gruppo svizzero ha costruito il suo primo stabilimento nel 1924 ad Abbiategrasso,
dove produceva latte condensato e farina lattea, ma il salto di qualità è arrivato nel 1988,
con l'acquisizione della Buitoni-Perugina. La seconda accelerazione italiana è arrivata con
il controllo della Perrier. Nel luglio '93, con la privatizzazione dei surgelati e dei dolci del
gruppo Sme, Nestlé aggiunge alla sua ricca tavola i marchi Motta, Alemagna, La Cremeria,
Antica Gelateria del Corso, Maxicono, Surgela, Marefresco, La Valle degli Orti, Voglia di
pizza e Oggi in Tavola. L'acquisizione di Italgel ha permesso alla multinazionale svizzera
di avere un ruolo di primo piano nel panorama dei gelati e dei surgelati in Italia. Inoltre,
possiede Alcon Italia di prodotti farmaceutici, Nestlè Purina Pet Care Italia di cibo per
animali e nel 2003 ha acquistato Powwow Italy Sil che gestisce gli erogatori di acqua
potabile. Complessivamente in Italia il gruppo fattura 2,7 miliardi di €, pari al 4,8% del suo
fatturato mondiale, controllando il 32% del mercato dell'acqua in bottiglia e il 23% dei
gelati.
Nel mondo Nestlé controlla numerosissimi marchi che acquista e vende continuamente,
motivo per cui è veramente difficile rimanere aggiornati in tempo reale.
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Di chi stiamo parlando?
Le multinazionali
esempi
NIKE CORPORATION
La Nike, con sede centrale nell'Oregon, USA, produce una vasta gamma di scarpe sportive
molto pubblicizzate. Nata negli anni '60, ha assunto il suo attuale nome nel 1985.
Ogni anno 6 milioni di paia di scarpe sportive Nike vengono confezionate in Indonesia sotto
licenze normalmente concesse dalla sud-coreana HQ, consociata della Nike. I dipendenti
della Nike quotidianamente controllano la qualità nelle 6 fabbriche di Tangerang e Serang.
Queste 6 fabbriche sono in competizione l'una con l'altra per mantenere le licenze, che sono
rinnovate mensilmente.
I salari in Indonesia
L'Indonesia ha un salario minimo giornaliero di 2.100 Rupie (circa 1.400 lire), ma anche
questo è inferiore ai "bisogni fisici minimi" stimati dal governo. E con 12 milioni di
disoccupati su 70 milioni di forza lavoro, è impossibile rafforzare questo minimo. Recenti
inchieste hanno rivelato che quasi l'80% dei lavoratori nella regione di Tangerang riceve
solo 1.600 Rupie al giorno, e quindi lunghe ore di straordinari sono di solito fondamentali
per la sopravvivenza. L'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che l'80%
delle donne lavoratrici in Indonesia sono malnutrite.
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Le multinazionali
esempi
COSA COMBINA NEL MONDO LA NIKE
REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in
Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.
RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi
dall'esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.
SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame,
inferiore al salario minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle
colle, ai solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno.
COMMERCIALIZZAZIONE IRRESPONSABILE: la Nike spende circa 180 milioni di $
all'anno in pubblicità, quando sarebbe sufficiente l'1% di questo bilancio per migliorare le
condizioni di 15.000 lavoratori indonesiani.
QUANTO COSTA UNA SCARPA?
voce
importo
percentuale
MATERIALE
$ 4,7
4%
MANODOPERA
$ 1,3
1%
PROFITTI
ALL'INGROSSO
$ 624
PROFITTI AL
DETTAGLIO
PREZZO AL
PUBBLICO
9%
$ 57
46%
$ 125
100%
20
… E UN PALLONE?
Nei paesi in via di sviluppo, la forza lavoro è sfruttata
e mal pagata. Sia nel caso delle scarpe che di quello
dei palloni, l'incidenza del costo del lavoro sul prezzo finale di vendita è del
2%, mentre la parte di pubblicità corrisponde a circa il 5%. Paghiamo di più la
pubblicità che le scarpe...!
Nelle fabbriche asiatiche in cui si producono questi beni, si lavora per più di 12
ore al giorno, per 6 o addirittura 7 giorni alla settimana, per salari insufficienti
a mantenere la famiglia; tra questi lavoratori, spesso vi sono anche i bambini.
Saikot - Pakistan:
160'000 cucitori
di cui il 25% minori di 14 anni
80$: prezzo di un pallone da competizione
7,5$: costo all'origine del pallone
0,5$: costo della mano d'opera
3: il numero di palloni prodotto in media al giorno da un cucitore
6-7 persone: composizione della famiglia media pakistana
Il processo di cucitura dei palloni è in parte industriale (stampaggio,
sagomatura e serigrafia del cuoio) ed in parte artigianale (cucitura manuale
della sfera). è questa seconda fase quella a rischio di lavoro minorile, in quanto
spesso la cucitura viene realizzata nelle case dopo una serie di passaggi di
subappalto. Così, i poveri ex-contadini del pakistan sono costretti a farsi aiutare
dai figli nella cucitura a domicilio per cercare di sbarcare il lunario.
Economia / Potere
Assistiamo ad un fenomeno
in cui in modo “globale”
viene prodotta la ricchezza
In modo “locale”
vengono accentrati
ricchezza
e
potere
economico
E di conseguenza
viene accentrato
anche il potere di
stabilire/gestire/cambiare
le regole economiche
della globalizzazione stessa.
21
Le organizzazioni economiche
internazionali
Tra gli “attori” della globalizzazione sono presenti numerose organizzazioni economiche
internazionali, che hanno il compito di favorire gli interscambi commerciali tra Stati appartenenti
alle stesse aree continentali, come ad esempio l’Unione Europea, la CSI, La Confederazione che
riunisce quasi tutti gli Stati dell’ex-Unione Sovietica.
Poi esistono istituzioni economiche con ruolo differente, che controllano il processo di
globalizzazione e cercano di aiutare i Paesi a inserirsi all’interno del mercato mondiale. La World
Trade Organization (WTO), nata nel 1994, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nato nel
1994, ha il compito di aiutare i Paesi con forti debiti esteri e risanare la loro economia, simili sono i
compiti della Banca Mondiale, in cui operano organismi,
che attraverso contributi ricavati dai Paesi ricchi
e dagli investimenti sui mercati internazionali,
offrono prestiti ai Paesi in via di sviluppo.
Aspetti politici
Politica
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Stato nazione
Attualmente, sul piano strettamente politico, la globalizzazione non è un pieno, ma un
vuoto. Alle spinte derivanti dalla quasi totale libertà di circolazione dei capitali e un po’
meno dei beni e dei servizi non corrisponde, infatti, una parallela spinta alla
costruzione di istituzioni capaci di incanalare il capitalismo globalizzato, verso un
corretto svolgersi.
I singoli Stati nazionali devono assicurare la competitività economica del loro territorio
nei confronti del resto del mondo, accettando le regole del capitalismo mondializzato.
Ma allo stesso tempo dovrebbero assicurare la crescita della ricchezza, rafforzare
l’economia a livello locale e globale, diffondere la democrazia, garantire il rispetto dei
diritti individuali, garantire il rispetto del Paese.
INTERESSI
ECONOMICI
GLOBALI
Stati Nazionali
PROSPETTIVE
DI SVILUPPO
PE RIL PAESE
Comunicazione
Comunicazione
23
Accelerazione trasporti
Lo sviluppo economico fino ad ora descritto, è stato reso possibile anche da un parallelo
sviluppo dei trasporti e delle vie di comunicazione.
Infatti nell’ultimo secolo i trasporti di merci e la mobilità delle persone hanno registrato un
notevole incremento di velocità e una contemporanea riduzione dei costi, grazie ai grandi
progetti della tecnologia e allo sviluppo di logistiche in grado di movimentare ingenti
quantità di merce.
Ciò che si produce e si consuma sulla terra dà luogo a movimenti di persone, prodotti e
informazioni, l’insieme di questi flussi costituisce la circolazione, che si svolge
attraverso vari sistemi di trasporto e di comunicazioni teleinformatiche.
Grazie a questi sistemi, ogni luogo del mondo è collegato a un
altro e ogni attività che si svolge in una località è interdipendente
con quelle svolte in altri luoghi.
La circolazione assicura le relazioni orizzontali, che permettono,
influenzano l’organizzazione economica, sociale e politica di uno
spazio terrestre.
Aspetti culturali
Anche la cultura è stata fortemente influenzata
dalla globalizzazione e viceversa, infatti con globalizzazione, ci si riferisce oltre che
allo sviluppo di mercati globali, anche alla diffusione dell'informazione e dei mezzi
di comunicazione come Internet, che oltrepassano le vecchie frontiere nazionali. La
comunicazione si espande attraverso la progressiva diffusione nei notiziari locali su
temi internazionali.
Aspetti non solo legati alla comunicazione ma anche all’ambito culturale, nell'epoca
contemporanea ci si trova spesso a rapportarsi con le altre culture, sia a livello
individuale a causa di migrazioni stabili, sia nazionale nei rapporti tra gli stati.
Fenomeno legato all'elevata e crescente mobilità delle persone.
La cultura riceve l’impatto della globalizzazione e insieme, in certa
misura, la determina.
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Cultura globale e mass-media
La globalizzazione è un fenomeno economico, sociale e anche culturale, perché a
diffondersi in tutte le regioni del mondo non sono solo i prodotti e i capitali, ma anche la
cultura propria delle civiltà più sviluppate. Informazione, musica, letteratura, arte,
spettacoli, ma anche pubblicità, moda, sport, alimentazione, sono alcuni aspetti della
cultura occidentale che stanno diventando sempre più globali.
I veicoli di diffusione di tale cultura sono i cosiddetti mass-media: giornali, radio, cinema,
televisione e Internet, notizie e immagini di avvenimenti possono essere diffuse in tempo
reale.
Ma proprio perché possono influenzare e
orientare i consumi, le idee di centinaia di
persone, i mass-media sono diventati un settore
fondamentale per le grandi imprese economiche e
finanziarie che operano sul mercato
internazionale.
Nel settore delle telecomunicazioni, come in
quello economico e della finanza internazionali,
predominano nettamente i paesi sviluppati, che
controllano l’80% del mercato delle informazioni e
delle immagini, attraverso gigantesche
multinazionali, che spaziano nei diversi settori
multimediali. Su questo dato si dovrebbe ragionare a
lungo.
Il mondo della rete di Internet
La rivoluzione informatica, la nascita e la diffusione di Internet, la rete
informatica che collega tra loro centinaia di milioni di computer, ha favorito
lo scambio, la diffusione, sostanzialmente di dati, ovvero l’accesso alle
informazioni, aspetto fondamentale in un contesto globalizzato.
Lo sviluppo delle telecomunicazioni e di Internet hanno profondamente
modificato l’organizzazione spaziale delle attività produttive,
sia attraverso una riduzione delle necessità
di trasferire fisicamente le cose e le persone,
sia rendendo possibile una dislocazione
in località anche molto lontane tra loro
delle diverse fasi in cui si articola
un’attività produttiva.
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Digital devide
Le nuove tecnologie, la loro estensione e la facilità del loro uso
permettono un progresso scientifico maggiore e l’accesso
all’informazione scientifica di un maggior numero di persone insieme
alle scienze. Le nuove tecnologie che fanno sì che l’uomo si
affacci al mondo del sapere con la stessa estensione e profondità nel
mondo intero nella misura in cui è possibile l’accesso alle tecnologie
stesse.
Esiste il fenomeno definito “Digital devide” o “frattura digitale”,
che designa le forti differenze che si osservano tra regioni,
strati sociali, gruppi etnici, livelli di istruzione, professioni, fasce
di età, generi, per quanto riguarda sia la possibilità di accedere
regolarmente alla Rete, sia l’uso effettivo che le persone fanno
delle sue risorse culturali. Alla stessa situazione si riferiscono
espressioni quali “info-ricchi e info-poveri”, o “inclusione ed
esclusione digitale”.
La conoscenza
Il processo produttivo dipende ora più
più dalla conoscenza
che dalle risorse naturali e un paese ricco di risorse
naturali è enormemente più povero del Giappone, che è
assolutamente povero di risorse naturali, ma ricco di
risorse della conoscenza, per cui è evidente che la
conoscenza è diventata quello che in economia si chiama
“il vantaggio comparativo fondamentale”
fondamentale”: chi conosce
possiede la ricchezza, chi conosce possiede lo sviluppo e
in ultima istanza chi conosce possiede il potere.
26
Sociale
Sociale
Movimenti migratori
I movimenti migratori interni all’Europa Nelle
migrazioni delle popolazioni dell’Est Europa (ex blocco
sovietico) le principali causa sono la povertà e il desiderio
di cercare negli altri paesi europei opportunità di lavoro e
maggiori opportunità di avere una vita dignitosa e il
rispetto dei propri diritti
I movimenti migratori esterni all’Europa La
principale causa, che spinge le popolazioni africane,
asiatiche, a lasciare il proprio paese, è rappresentata dai
conflitti, che costringono le popolazioni a cercare rifugio
e opportunità di salvezza in altri paesi e in secondo luogo
la povertà rimane una causa di esodo.
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Movimenti migratori
Nel tracciare alcune considerazioni sui movimenti
migratori non è possibile trascurare il fatto che se il
numero dei migranti mossi solo dalla motivazione della
ricerca di lavoro è contenuto dalla globalizzazione.
Appare in forte crescita quello di coloro che si
spostano perché fuggono da tragedie di vaste
proporzioni, guerre, calamità e carestie in primis. Le
stime più affidabili parlano nel 2005 di circa 190 milioni
di migranti, con un numero di rifugiati e sfollati
superiore ai 50 milioni, di cui 20 milioni sono bambini; un
dato quest’ultimo in sensibile incremento dal momento
che dopo la prima guerra mondiale i rifugiati erano meno
di 5 milioni e sono divenuti 20 milioni dopo la seconda
guerra mondiale.
Peraltro, gli ostacoli alla libera circolazione dei migranti e le difficoltà ad ottenere il
diritto di asilo hanno finito per ammassare gran parte di tali gruppi di individui in
fuga presso i campi profughi, il cui numero e le cui dimensioni sono cresciute a
dismisura: soltanto quelli che contengono i palestinesi sono diventati 59, con una presenza
cresciuta dalle 900 mila unità del 1950 agli oltre 4 milioni del 2000.
Movimenti migratori
Dunque tra le cause degli spostamenti di popolazione, prima della
ricerca del lavoro, figurano i conflitti (che a loro volta sono causa di
ulteriori guerre, come dimostra il caso africano dove negli anni
Novanta ben 15 dei 20 conflitti scoppiati sono dipesi da movimenti
migratori), la scomparsa della sovranità statale (con conseguenze
dure in termini di spesa sociale), la perdita della sovranità
alimentare per intere popolazioni e le cosiddette transizioni
incompiute. Si tratta, in quest’ultimo caso, di situazioni giuridiche,
sociali ed economiche di trasformazioni di interi ordinamenti normativi
e di sistemi di relazioni che hanno cancellato le strutture del passato
senza sostituirle con nuove identità quantomeno istituzionali; un
fenomeno che ha investito in particolare i paesi dell’ex blocco
sovietico, come Romania e Albania.
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Mobilita’ / Immobilita’
In un contesto globale, dove la globalizzazione
ha allargato i confini economici, politici e sociali,
è necessario che ogni individuo sia consapevole
di far parte di un sistema allargato dove la
mobilità
mobilità diviene un elemento costitutivo della
vita stessa.
Tuttavia l’esperienza insegna che non ci si può
esimere dalla globalizzazione e non si può
pretendere di rimanere “immobili”
immobili” in un contesto
mondiale sempre più mobile.
In opposizione alla globalità e alla mobilità si acuisce
una percezione, un diffuso timore, di perdere la
propria identità
identità a fronte di un sempre più diffuso
incontro e confronto tra diversità globali.
Le differenze
E’ vero che la globalizzazione spinge inesorabilmente verso
un appiattimento delle varietà
varietà istituzionali che esistono nei diversi
paesi. E si capisce perché: le regole del libero scambio mal sopportano
la eterogeneità culturale consolidandola un forte ostacolo alla sua
diffusione. E’ però necessario opporsi a questa tendenza, perché le
differenze non sono un segnale di alienazione e di inferiorità rispetto ai
modelli di vita dominanti; al contrario, sono una ricchezza.
ricchezza
E’ necessario considerare che la salvaguardia delle diversità
diversità sia il
modo più
più concreto e efficiente di combattere quel tragico aumento di
disuguaglianze tra paesi e gruppi sociali.
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Ricchezza e poverta’
Se si vuole stabilire il grado di ricchezza di un Paese, si considera il PIL (Prodotto Interno
Lordo).
Complessivamente, i Paesi sviluppati, che accolgono circa il 17% della popolazione,
dispongono del 70% circa della ricchezza prodotta.
Negli ultimi vent’anni, il PIL nei Paesi in via di sviluppo, in alcune regioni (Asia orientale e
meridionale) è triplicato, mentre in altre si è mantenuto stabile o addirittura è diminuito (Asia
subsahariana). Il PIL indica se uno Stato è più o meno ricco, ma non è sufficiente per valutare
la ricchezza o la povertà della popolazione stessa.
Un indice più veritiero e rigoroso è il PIL procapite a parità di potere d’acquisto (PPE), che
viene calcolato tenendo conto dei prezzi delle merci e dei servizi, e quindi del diverso potere di
acquisto in ogni Stato. Ad esempio un cinese che ha una retribuzione di 4 mila euro annui può
comprarsi un’auto che costa 3000 euro proprio perché prodotta in tale mercato.
Gli indici sono e rimangono delle medie che non permettono però di individuare le differenze
sociali presenti all’interno di uno Stato, per avere un’idea di quanto siano gravi tali differenze,
basti pensare che i 500 uomini più ricchi del mondo hanno complessivamente un reddito di
1.500 miliardi di dollari, pari al PIL della Gran Bretagna, mentre 2 miliardi e 800.000 persone,
cioè quasi la metà della popolazione della Terra, vivono ancora con meno di due dollari
al giorno.
Ricchezza e poverta’
Per esempio il Canada e l’India hanno un PIL all’incirca simile (attorno ai 1.000 milioni di dollari), ma
l’India è abitata da oltre un miliardo di persone, mentre il Canada da solo 13 milioni, la ricchezza
effettiva degli abitanti dei due Stati e decisamente diversa. In Canada il PIL-procapite è di 23.000
dollari, mentre in India è di 500 dollari.
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Nuove poverta’
La “globalizzazione della povertà” non ha precedenti nella storia. La
situazione attuale vede una crescita enorme della ricchezza, senza registrare una
corrispondente diminuzione della povertà. Al contrario, quanto più cresce la
ricchezza, tanto più cresce la povertà.
Si tratta inoltre di una povertà che non è conseguente solo alla mancanza di risorse,
ma è anche il risultato di politiche che finiscono col provocare un alto tasso di
disoccupazione e la minimizzazione del costo del lavoro in tutto il mondo.
E’ necessario affermare quindi la necessità
necessità di politiche di redistribuzione della
ricchezza su scala globale per combattere il problema scandaloso della povertà
povertà.
Responsabilità
Sono stati evidenziati degli aspetti critici della globalizzazione. Ma di chi sono le
responsabilità
responsabilità?
Le responsabilità
responsabilità si trovano molto distanti dai loro effetti;
effetti in molti casi quegli effetti sono il
risultato di micro-azioni che si sommano in modo devastante e rendono molto difficile
l’attribuzione della responsabilità.
del
el processo rispetto alle
La globalizzazione economica porta distanza tra i responsabili d
conseguenze delle proprie azioni/scelte.
Ad esempio, un’azienda europea, decide di far produrre lamiere zincate in Asia perché il
costo di produzione è minore rispetto al produrle in Europa, però non considera, o
meglio ignora, che il minor costo è dato dal fatto che non vengono applicate le giuste
norme per smaltire i residui tossici di queste lavorazioni.
Ecco la distanza tra le conseguenze delle azioni compiute e le responsabilità.
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Responsabilita’
Il concetto di responsabilità
richiederebbe di trovarsi nelle
condizioni di individuare gli
attori del contesto (economico)
globale e di esigere dai mercati
trasparenza e controllabilità.
Oggi la responsabilità tende alla “co-responsabilità”,
che non è semplicemente la somma delle responsabilità individuali.
C’è una serie di con-cause per le quali risulta quasi impossibile imputare
delle responsabilità
responsabilità.
Il concetto di responsabilità
responsabilità richiede di affrontare razionalmente in un mondo
globalizzato le problematiche bioetiche, ecologiche, l’l’equità
equità nella
distribuzione delle fonti di risorse mondiali e la difesa dei diritti
diritti umani.
I diritti individuali
I diritti umani sono diritti che spettano a ciascun individuo in quanto
essere umano:
umano non dipendono dalla razza, dalla religione, dalla lingua,
dalla provenienza geografica, dall’età o dal sesso. Sono diritti
fondamentali, universali, inviolabili e indisponibili.
Il primo documento che contiene un elenco di tali diritti è la Convenzione
Universale dei diritti dell’uomo, proclamata nel 1948.
Le forme di violazione dei diritti umani sono le più
più disparate e possono
minacciare categorie di persone particolarmente indifese.
indifese Si pensi alla
tortura o alla discriminazione razziale oppure alla violazione dei diritti dei
bambini o delle donne. Il sistema di diritto internazionale ha elaborato
una serie di dichiarazioni e convenzioni finalizzate a tutelare i diritti
umani, ma anche a definire le linee di condotta che ogni Stato dovrebbe
rispettare all’interno del proprio territorio.
I diritti dell’uomo sono definiti universali ed indivisibili.
indivisibili A tale definizione non corrisponde
tuttavia un eguale livello politico-giuridico capace di farli rispettare.
Oggi assistiamo alla globalizzazione economica, finanziaria,…. ma non ad una eguale
“globalizzazione”
politica
ca di reale
globalizzazione” della politica che sola potrebbe mettere le basi per una politi
rispetto dei diritti dell’
dell’uomo a livello globale.
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I diritti individuali
Quali sono i diritti individuali?
Diritti dei rifugiati
Diritto a tribunali equi
Diritto alla vita privata
Diritto alla vita
Diritto alla libertà di culto
Diritto all’educazione
Diritto alla libertà di espressione
Diritto al lavoro e di proprietà
Diritto all’identità
Diritto al cibo, alla salute e all’alloggio
Quali vengono violati dalla globalizzazione?
Il lavoro minorile
La globalizzazione ed il lavoro minorile, perché oggi tanta attenzione?
Si tratta di un fenomeno economico ed un problema sociale profondamente interrelati tra
loro e oggi entrambe le questioni sono al centro del dibattito socioeconomico.
In primo luogo, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha reso più visibile il problema.
La televisione, le foto sui giornali, hanno avvicinato realtà distanti migliaia di chilometri ed
hanno portato nelle nostre case le immagini della povertà, dello sfruttamento minorile,
sensibilizzando l’opinione pubblica ed accrescendo la nostra consapevolezza del
fenomeno.
In secondo luogo, la mobilitazione delle coscienze è stata
stimolata da un altro, forse meno nobile, motivo. L’ aumento
della disoccupazione e della povertà nei paesi occidentali è stato
da alcuni associato al contestuale aumento delle importazioni di
manufatti dai paesi in via di sviluppo. In altre parole, si ritiene
che la concorrenza dei paesi a bassi salari nei confronti dei
paesi industrializzati abbia creato grosse difficoltà a quei settori
industriali basati sull’abbondante uso di lavoro poco qualificato.
33
Diritti del minore
Nel 1959, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia proclamava che a
nessun bambino dovrebbe essere permesso lavorare prima di un’appropriata età
minima e, in nessun caso, in occupazioni che potrebbero pregiudicare la sua salute, o la sua
educazione o interferire con il suo sviluppo fisico, mentale o morale.
La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino del 1989 è stata sottoscritta da ben
187 paesi.
Nonostante ciò, dato il basso costo della
manodopera minorile che ne giustifica in termini economici – in quanto i bambini
sono meno coscienti dei propri diritti, più
remissivi, più controllabili abbiamo di
fronte un diffuso impiego di minori.
Tuttavia e’ estremamente difficile
quantificare la diffusione del lavoro
minorile nel mondo, poiché si tratta di un
fenomeno in gran misura "nascosto".
Il lavoro minorile
Molti bambini lavorano in famiglia (per esempio, svolgono le faccende domestiche,
hanno cura dei fratelli minori, lavorano nei campi) o in piccole imprese familiari, rendendo
spesso invisibile la loro presenza agli occhi dell’ osservatore esterno.
Ad occultare ancor di più il fenomeno, interviene la reticenza delle autorità pubbliche
negli stati in cui il lavoro minorile è maggiormente diffuso.
È facile capire che nessun paese ha interesse a mettere in luce un fenomeno moralmente
condannato dalla comunità internazionale e, molto spesso, proibito da leggi nazionali
puntualmente disattese.
Infatti, in quasi tutti i paesi, la legge vieta di
lavorare a chi non abbia raggiunto un’età
minima; moltissimi paesi hanno firmato almeno
una delle convenzioni internazionali sul lavoro
minorile, tuttavia il lavoro minorile è una realtà
diffusa.
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Il lavoro minorile
Le cifre più attendibili sembrano essere quelle fornite dall’ ILO International Labour Office Bureau
of Statistics, secondo le quali, solo nei paesi in via di sviluppo, circa 250 milioni di bambini fra i 5
ed i 14 anni (un bambino su quattro) partecipano in qualche misura all’ attività produttiva. Tra
loro, la metà lavora a tempo pieno. Ciò significa che, in questi paesi, più di 120 milioni di bambini
fra i 5 e 14 anni non possono andare a scuola.
Gli Stati non investono sulle proprie nuove generazioni, quindi non investono sul proprio
futuro. Cosa che ad esempio l’Italia ha fatto basti pensare al livello di istruzione, che negli anni si
è elevato rispetto alla differenti generazioni. Naturalmente, esistono grosse differenze fra paesi.
l’Africa è il continente dove il fenomeno è più diffuso: ogni 5 bambini, due lavorano (il 41% del
totale);
in Asia un bambino su cinque lavora, il che equivale a più di 150 milioni di minori.
Tali cifre non prendono in considerazione le attività non-economiche, quali i servizi, anche a tempo
completo, presso la loro famiglia. Sempre secondo le stime ILO, la percentuale di bambini
impiegata in attività non-economiche è stimata fra il 15% ed il 20%. Se si sommano questi numeri.
si ottiene l’impressionante conclusione che quasi la metà dei bambini che vivono nei paesi in
via di sviluppo lavorano.
Il lavoro minorile
La drammaticità del fenomeno è accresciuta dall’esame delle condizioni
di lavoro, sulle quali, purtroppo, l’informazione è meno omogenea e varia
sensibilmente da paese a paese. Alcuni studi rivelano che oltre la metà
dei bambini lavora almeno durante nove ore giornaliere, e per sette
giorni la settimana. Gli orari sono più duri nelle comunità rurali, dove si
concentra gran parte del lavoro minorile.
Moltissimi fra questi piccoli lavoratori (più dell’80%, secondo inchieste dell’ILO) non
ricevono alcun salario; quando percepita la retribuzione è molto inferiore a quella degli
adulti e ben al di sotto al minimo legale. A ciò si aggiunga che, soprattutto in alcuni paesi
del Sud-est asiatico e dell’Africa occidentale, esistono ancora forme di schiavitù: i bambini
sono venduti e trattati come merci, spesso utilizzati nell’industria dei tappeti, del vetro o
della prostituzione.
Le attività in cui i minori sono impiegati possono essere altamente pericolose per la
loro salute. Spesso l’ambiente di lavoro non rispetta le benché minime condizioni di
sicurezza ed espone i bambini al rischio d’incidenti, al contatto prolungato con sostanze
pericolose, a condizioni di lavoro malsane. È vero che il problema della sicurezza delle
condizioni di lavoro in questi paesi non riguarda solo il lavoro minorile. Tuttavia, a
parità di condizioni, la persona che non abbia ancora terminato la sua fase di sviluppo
psicofisico sarà più vulnerabile. Di solito le attrezzature di lavoro e gli strumenti di
protezione sono pensati per gli adulti, e risultano inadatti ai bambini. Infine, chi inizia a
lavorare da piccolo, a parità d’ età sarà stato maggiormente esposto ai pericoli
dell’ambiente di lavoro.
35
Il lavoro minorile
Naturalmente alcuni casi attraggono l’attenzione dell’opinione pubblica più di altri.
Si pensi ai bambini impiegati nelle miniere (l% circa) o ai pescatori di profondità delle
Filippine, o, ancora, a quelli che lavorano presso gli altiforni.
Tuttavia, anche lavori che possono apparire più salubri nascondono a volte realtà
angoscianti. Questo è il caso del settore del "commercio, ristoranti ed alberghi", che
da solo impiega più dell’otto per cento dei lavoratori al disotto dei 15 anni.
Da quattro studi campione svolti in Kenya, Messico, Filippine e Sri Lanka, risulta come i
fenomeni di prostituzione minorile si concentrino proprio in tale settore, piuttosto che
nelle strade o in case chiuse in senso stretto.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 1996,
solo in Asia, il traffico della pornografia coinvolge
circa un milione di minori. Molti studi confermano,
inoltre, che i bambini adibiti ai lavori domestici sono
vittime d’abusi sessuali e punizioni inumane. In tali
condizioni, sono assai probabili danni permanenti di
natura psicologica ed emozionale. Per non parlare
dei danni fisici e di tutte le malattie a trasmissione
sessuale quali l’AIDS.
A questi bambini viene negata l’infanzia, loro
non avranno ricordi di questo bel periodo,
perché così non è stato.
Conseguenze
Per molti il significato proprio della globalizzazione non
consisterebbe soltanto in ciò che è in grado di creare, ma anche in ciò
che è in grado di distruggere: la destrutturazione tanto dei nostri stili di
vita e della nostra sicurezza, come delle forme di organizzazione delle
imprese e degli stati-nazioni.
Le logiche del capitale si sottraggono oggigiorno al controllo sociale
delle comunità nazionali, ragion per cui sparirebbe il vincolo stabile tra
territorio e ricchezza.
D’altro canto i cittadini vedono con maggior favore il peso delle proprie
decisioni che il peso degli attori sociali tradizionali (i sindacati in quanto
associazioni rappresentative), che perdono autorità e potere.
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Prospettive
In passato venivano definiti Paesi del Terzo Mondo,
oggi PVS - Paesi in Via di Sviluppo.
Dovremmo domandarci se questi paesi, rimarranno
in un eterno presente in via di sviluppo o forse un
giorno potranno effettivamente svilupparsi e non
essere solamente sfruttati dalle logiche di potere
economico e politico?
… quale futuro?
Non è facile trovare il modo di ritornare a un equilibrio politico e di
mercato in un momento in cui non esistono organismi che possano
prendere decisioni collettive rispetto all’economia globale.
Non è facile considerare in termini concreti la nozione di “società aperta
globale” che dovrebbe sostenere e orientare l’economia globale, e
tanto meno i suoi principi regolatori. “Società globale” non significa
in assoluto “stato globale”, significa “società civile” e non “società
politica”, vale a dire un luogo di comunicazione e non un luogo di
dominio.
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Bibliografia
Gerard Lafay, Capire la globalizzazione, Il Mulino, 1998
Ulrich Beck. Che cosa è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società
planetaria. Carocci, Roma, 1999
Anthony Giddens, Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la
nostra vita, Il Mulino, 2000
Wayne Ellwood. La globalizzazione. Verso, 2003
Sito web di interesse per approfondire l’argomento:
http://www.wikipedia.it/
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