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CONVEGNO NAZIONALE
“Valutazione dei Dirigenti Scolastici: occasione di crescita
professionale?”
Firenze, 27 e 28 ottobre 2016
Grand Hotel Mediterraneo
Gianni Carlini, Coordinatore Nazionale DS della FLC CGIL
Carissime colleghe e carissimi colleghi,
una domanda nel titolo di un convegno non è mai, nonostante le professioni di
buona fede, una vera domanda, una di quelle domande che si fanno per avere
una risposta o per cercare insieme una risposta. Non ci interrogheremo per
trovare una risposta alla domanda se la valutazione dei dirigenti scolastici sia,
debba essere, un’occasione per favorire la loro crescita professionale. È ovvio
che la risposta è si, la valutazione è, deve essere, sempre un’occasione per
crescere.
La vera domanda è ovviamente un’altra: questa valutazione, quella che ci
apprestiamo a vedere all’opera nei prossimi mesi e per l’anno scolastico
2016/17 è un’occasione di crescita professionale?
È questa la domanda alla quale cercheremo di dare una risposta con i lavori del
nostro convegno.
In realtà anche su questo è bene che chiariamo subito che per noi, per la FLC
CGIL e la struttura nazionale di comparto, la valutazione che viene avviata in
conseguenza della legge 107/2015 non è una occasione di crescita
professionale dei dirigenti scolastici, non è utile a promuovere lo sviluppo della
loro professionalità ed anzi farà dei danni che sarà necessario contenere.
Al tema della valutazione delle scuole e del personale, ed in particolare a quella
dei dirigenti scolastici, abbiamo dedicato sempre una grande attenzione e in
tutti i nostri convegni annuali abbiamo sempre espresso il nostro
convincimento della sua ineludibilità per il miglioramento della scuola.
Alle criticità della valutazione dei dirigenti scolastici abbiamo dedicato
nell’ultimo anno una particolare attenzione e un forte impegno di discussione e
di riflessione, diffondendo fra i dirigenti tutte le informazioni che avevamo,
esprimendo i nostri giudizi e formulando le nostre proposte.
Nel CSPI, nel quale la FLC CGIL ha una particolare responsabilità derivante
dall’essere la sigla sindacale maggiormente rappresentativa, abbiamo svolto un
ruolo decisivo per ottenere significative modifiche al testo della Direttiva
ministeriale sulla valutazione dei dirigenti scolastici.
Sul tema della valutazione dei dirigenti scolastici, nel rapporto con il MIUR, la
FLC CGIL ha sempre rivendicato il diritto alla contrattazione e non alla sola
informazione sindacale, ma ha sempre ricevuto il rifiuto all’apertura di un
confronto contrattuale. La Ministra Giannini, nell’incontro dello scorso 4 ottobre
con i sindacati, ha ricordato che la valutazione dei dirigenti scolastici è
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un’emergenza ineludibile sulla quale esiste un preciso indirizzo politico del
Governo, sottraendosi così ad un vera discussione sui principi, sui fini e sulle
modalità della valutazione dei dirigenti scolastici.
Il quadro normativo che regola la dirigenza scolastica viene considerato chiaro
e definito, anche se non è affatto definitivo, perché alcuni aspetti torneranno
ad essere oggetto di discussione in conseguenza delle deleghe, in corso di
attuazione, contenute nella legge n.124 del 2015 (la cosiddetta Legge Madia)
relative alla dirigenza pubblica e alla valutazione dei rendimenti dei pubblici
uffici (art.11) e al riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione
amministrativa (art.17).
Per la nostra discussione è necessario tenere conto di quel processo di
innovazione normativa in corso - che riguarderà tutta la dirigenza pubblica e
tutto il pubblico impiego - per prevederne e valutarne le ricadute sulla scuola e
sul suo personale.
L’obiettivo del nostro impegno continuerà ad essere - insieme alla
rivendicazione delle prerogative della contrattazione - l’affermazione della
specificità delle istituzioni del sistema di istruzione e la difesa dell’autonomia
professionale dei dirigenti scolastici e degli insegnanti, senza le quali non è
possibile garantire l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Le vicende di questi
giorni – valgano come esempi il problema del “pasto domestico” a scuola, i
difficili rapporti con gli enti locali sulla sicurezza degli edifici, la costituzione
delle reti di ambito – mostrano quanto sia importante non lasciare da solo il
dirigente a rappresentare l’autonomia delle scuole e dei suoi organismi: senza
componenti del corpo professionale e della comunità scolastica in grado di
affiancare il dirigente nello svolgimento della sua funzione di rappresentanza
giuridica dell’istituzione scolastica essa è più debole e subisce le imposizioni
dell’amministrazione scolastica e delle altre amministrazioni dello Stato, della
Regione e degli Enti Locali.
Occorrerà inoltre considerare le condizioni di lavoro della dirigenza scolastica
non solo per comprendere la ricaduta che la valutazione avrà su di esse ma
anche per verificare se i compiti concreti che oggi svolgono i dirigenti scolastici
siano il vero oggetto dell’osservazione dei valutatori.
Ai valutatori ed alla costruzione e al funzionamento del sistema di valutazione
dedicheremo infine una particolare attenzione per discuterne l’adeguatezza al
compito.
I processi di innovazione normativa sulla dirigenza pubblica
Durante la discussione che ha accompagnato l’approvazione della legge Madia
(legge n.124 del 7 agosto 2015 – entrata in vigore il 28 agosto) la parte
relativa alla riforma della dirigenza della Repubblica è stata oggetto di una
forte attenzione da parte dei dirigenti scolastici.
La legge è stata presentata da alcuni come un’occasione imperdibile per
ottenere per via legislativa l’equiparazione retributiva della dirigenza scolastica
alle altre dirigenze pubbliche attraverso l’inclusione dei dirigenti scolastici nel
ruolo dei dirigenti dello stato (uno dei tre ruoli “unificati e coordinati” istituito
dalla legge insieme a quello delle Regioni e a quello degli Enti Locali).
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Si è trattato di una possibilità, estranea agli obiettivi della legge e respinta in
radice dal Governo e dal Parlamento, che è stata enfatizzata per dare uno
sbocco a politiche rivendicative non fondate sulla mobilitazione dei lavoratori,
ma sull’attività di lobbying tipica del sindacalismo corporativo.
È stata esercitata una pressione sul sistema politico attraverso petizioni, lettere
al Governo e incontri con i politici per far includere i dirigenti scolastici fra i
dirigenti pubblici ricompresi nella riforma. L’articolo 11 della legge n.124 li ha
invece esclusi dal ruolo dei dirigenti dello stato, così come la dirigenza medica,
quella veterinaria e quella sanitaria del Servizio sanitario nazionale sono state
escluse dal ruolo dei dirigenti delle Regioni.
Che si trattasse di una rivendicazione del tutto estranea allo scopo della legge
lo dimostra chiaramente il decreto legislativo delegato in corso di definizione e
recante la disciplina della dirigenza della Repubblica. La relazione illustrativa al
testo inviato al Senato spiega che il fine della legge n.124 e del decreto
delegato è di costituire tre macro ruoli in cui confluiscano i dirigenti pubblici
“per favorire mobilità ed interscambio costituendo un vero e proprio mercato
della dirigenza”.
Tre macro ruoli con medesime procedure di reclutamento, senza più distinzioni
fra prima e seconda fascia, con possibilità di cessioni di contratto da un macro
ruolo all’altro sulla base di interpelli pubblici, candidature ed elenchi di dirigenti
predisposti da Commissioni – che dovrebbero essere indipendenti - fra i quali i
decisori politici effettueranno la scelta.
Sui banchi del “mercato della dirigenza” i decisori politici - con le garanzie di
trasparenza, pubblicità e imparzialità che vedremo seppur brevemente più
avanti - potranno scegliere fra i dirigenti selezionati attraverso concorsi
pubblici quelli che possiedono le competenze e le esperienze necessarie alla
gestione di ciascuna
pubblica amministrazione e conferire incarichi
quadriennali rinnovabili solo per un biennio.
Sui banchi di questo mercato non ci saranno i dirigenti scolastici che non
servono alle amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali per
svolgere i compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento
dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa
previsti dall’art.11 della legge n. 124.
Il primo articolo della bozza di decreto legislativo stabilisce al secondo comma
che “Il presente decreto non si applica ai dirigenti scolastici, né ai dirigenti
medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale, per i quali rimane
ferma la vigente disciplina”.
Non verranno quindi applicate ai dirigenti scolastici le disposizioni del decreto
legislativo sulle quali il parere del Consiglio di Stato del 14 ottobre 2016 ha
espresso numerosi e significativi
rilievi relativamente alla legittimità
costituzionali e molte richieste di modifica.
I rilievi nascono tutti da una considerazione di fondo che il Consiglio di Stato
riassume nell’affermazione che la “dirigenza pubblica fortemente qualificata e
competente, con carriere ispirate alla trasparente selezione, valutazione e
progressione anziché a legami di solidarietà politica, garantisce i cittadini ed i
governi di ogni colore politico, rappresentando l’ossatura di amministrazioni
pubbliche dove si perseguono interessi di tutti e non di una o poche parti.”
Per questo il Consiglio di Stato, con un’approfondita disamina del
provvedimento, in riferimento agli articoli 95, 97 e 98 della Costituzione,
ricorda che il principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa
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richiede che il funzionario non operi in favore di una determinata maggioranza
politica mentre il principio di buon andamento, di cui quello della continuità
dell’azione amministrativa rappresenta una specifica declinazione, impone di
costruire un rapporto di lavoro assistito da forti garanzie che consenta ai
dirigenti di esercitare le proprie funzioni in modo indipendente, efficiente ed
efficace.
L’imparzialità è lo strumento del buon andamento, in quanto garanzia che
siano adottate scelte ottimali secondo criteri oggettivi, e il principio del
concorso pubblico assicura una selezione obiettiva scevra da condizionamenti
personali.
Richiamando l’estraneità dello spoils system al sistema della dirigenza pubblica
in Italia, il Consiglio di Stato ricorda poi che il conferimento di incarichi
dirigenziali agli esterni è possibile solo se essi hanno i requisiti richiesti, se si
tratta di professionalità non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazioni e gli
incarichi sono contenuti entro precisi limiti percentuali stabiliti dalla legge
rispetto all’organico complessivo dei dirigenti.
Per assicurare l’imparzialità ed escludere condizionamenti politici nella scelta
dei dirigenti occorre che essa segua procedure efficaci ed efficienti. Il principio
della differenziazione tra politica e amministrazione richiede che il rapporto di
lavoro dei dirigenti sia costruito in modo da assicurarne la concreta attuazione.
Imparzialità e buon andamento devono essere garantiti - in un mercato
nazionale – attraverso regole che assicurano procedure e criteri di scelta
oggettivi, trasparenti e in grado di valorizzare la specifica professionalità
maturata;
durata
ragionevole
dell’incarico
(evitare
una
eccessiva
precarizzazione); modalità di cessazione dell’incarico (solo al termine o per
rigoroso accertamento di responsabilità dirigenziale); organismo di garanzia
che sovrintende alle fasi; sistema efficace di valutazione (mancano del tutto
nello schema di decreto legislativo le regole relative al sistema di valutazione).
Nell’analisi degli strumenti individuati dal decreto il Consiglio di Stato rileva
diversi aspetti di inadeguatezza – come ad esempio l’invarianza di spesa – che,
compromettendo il funzionamento effettivo della riforma,
avrebbero
conseguenze sulla sua legittimità costituzionale. In sostanza il Consiglio di
Stato ritiene che l’impossibilità di funzionamento di taluni meccanismi che
presiedono alla disciplina, causati dal divieto di incremento della spesa
pubblica,
potrebbero ripercuotersi negativamente sulla stessa legittimità
costituzionale delle previsioni normative.
La disciplina della valutazione rappresenta una delle condizioni indefettibili per
una riforma organica: la sua omissione rischia di comprometterne l’attuazione
e quindi di pregiudicare il raggiungimento delle stesse finalità fissate dal
legislatore. Il Governo rimanda al riordino generale della disciplina del lavoro
pubblico (art.17 comma 1 lettera r) della legge n. 124 la ridefinizione della
materia della valutazione dei dipendenti pubblici e così facendo priva la riforma
di una degli elementi indispensabili alla sua attuazione.
Il decreto legislativo attuativo della legge n.124 riforma la dirigenza pubblica
attraverso modifiche al decreto legislativo n.165, affermando che per i dirigenti
scolastici “rimane ferma la disciplina vigente”.
Il rimando per i dirigenti scolastici alla disciplina vigente produce una
contraddizione insanabile perché la regolazione dello stato giuridico dei
dirigenti scolastici è inserita nel decreto legislativo n.165. Se si modificano
alcuni articoli non si comprende a quale normativa vigente si possa fare
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riferimento. Solo per fare un esempio ci chiediamo: se le integrazioni al comma
1 dell’articolo 21 del decreto legislativo n.165 sulla responsabilità dirigenziale richiamato anche dalla Direttiva e dalle Linee Guida per la valutazione dei
dirigenti scolastici – non si applicano ai dirigenti scolastici, qual è la norma che
si applica ?
La diversità di norme applicate ai dirigenti scolastici rispetto ad altri dirigenti
pubblici creerà inoltre non poche difficoltà nella formulazione di un unico CCNL
della nuova area dei dirigenti dell’Istruzione e della Ricerca nella quale
confluiscono tutti i dirigenti della Scuola, delle Accademie e dei Conservatori,
della Ricerca e dell’Università.
Si dimostra così tutta la validità delle proposte che avevamo fatto, insieme a
CISL e UIL, al momento della discussione della legge n.124 quando avevamo
chiesto che nelle deleghe si specificasse sempre che andava espressamente
prevista la necessità di adeguamento delle norme per i dirigenti scolastici e per
le scuole (per le misure di semplificazione, de-materializzazione, trasparenza e
anticorruzione).
Oltre a segnalare la gravissima confusione normativa ci interessa sottolineare
ancora una volta che le scuole e i dirigenti scolastici non possono essere gestiti
con le regole dettate per la generalità della pubblica amministrazione e dei suoi
dirigenti e richiedono ben altra attenzione da parte del legislatore.
Intanto però affermiamo che per la dirigenza scolastica non possono non
valere gli stessi principi che il Consiglio di Stato ritiene debbano essere
rispettati per la dirigenza della Repubblica: l’indipendenza dai decisori politici, il
reclutamento che attraverso un concorso pubblico assicuri pari opportunità di
accesso e competenza, la stabilità del rapporto di lavoro, la continuità
dell’esercizio delle funzioni, la regolazione del conferimento degli incarichi e,
come stabilisce l’art.17 della legge n.124, l’indipendenza dei processi di
valutazione e sistemi distinti di valutazione “per la misurazione dei risultati
raggiunti dall'organizzazione e dei risultati raggiunti dai singoli dipendenti”.
L’esclusione dalla contrattazione della disciplina del conferimento degli incarichi
ai dirigenti scolastici e della loro valutazione insieme all’assenza di organi di
garanzia nell’assegnazione degli incarichi e di terzietà dei valutatori, sulla quale
torneremo, rende invece fortissimi i condizionamenti dell’autonomia dei
dirigenti scolastici che vengono “scelti e valutati” dai Direttori Generali.
È in riferimento a questi principi che emergono le criticità che abbiamo
evidenziato negli ultimi mesi nel confronto con il MIUR, sottolineando le
profonde contraddizioni che hanno diverse origini ma incidono tutte
sull’autonomia dei dirigenti e delle istituzioni scolastiche.
L’approccio semplificante e semplicistico che contraddistingue molte delle
iniziative di riforma degli ultimi anni, propagandate come l’affermazione dei
principi della responsabilità e del merito, risponde a obiettivi populisti di ricerca
del consenso ed è ben lontano dall’affrontare e risolvere i problemi veri delle
istituzioni pubbliche.
La legge 107 ne è purtroppo un evidente esempio. Le sue innovazioni
normative,
bonus premiale, scelta dei docenti, valutazione dei dirigenti
scolastici, stanno in realtà provocando solo danni e non per il dissenso che
pure hanno provocato fra il personale scolastico, ma per i loro concreti effetti
sul funzionamento delle scuole. A dimostrarlo basta la condizione in cui si
trovano le scuole ad un mese e mezzo dall’inizio delle lezioni con
l’assegnazione dei docenti che non accenna ancora a terminare, l’assenza o la
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poca chiarezza delle indicazioni ministeriali, l’assenza di regole contrattuali per
l’utilizzo dell’organico dell’autonomia, il susseguirsi di indicazioni e scadenze
per la formazione del personale.
La situazione della dirigenza scolastica e la sua valutazione
Abbiamo registrato una totale divergenza fra il profilo del dirigente scolastico
che è stato assunto come riferimento per il processo di valutazione e quello
che emerge dalla nostra conoscenza del lavoro che si fa nelle scuole.
Dopo tre sperimentazioni SIVADIS che avevano coinvolto 2.000 dirigenti
scolastici e circa 250 valutatori l’INVALSI ha trasmesso al Ministro le criticità
rilevate dal monitoraggio che ha descritto così :“poca trasparenza delle
procedure e non oggettività dei criteri, non omogeneità dell’applicazione in
campo nazionale e regionale, mancanza di ponderazione delle diverse
condizioni operative in cui i dirigenti esercitano il loro ruolo, assenza di un
quadro comune di dati di riferimento”.
Si tratta di criticità e rischi già tutti presenti nel sistema in via di
implementazione.
Chi ha lavorato per definire e descrivere le azioni professionali del dirigente
scolastico in coerenza con le norme di legge e contrattuali e con le direttive
dell’amministrazione ha prodotto delle esemplificazioni delle possibili azioni
professionali collegate con gli obiettivi di processo del RAV (Rapporto di
Autovalutazione) che il dirigente potrà utilizzare per la propria autovalutazione
e che costituiranno un riferimento per i valutatori.
Per contribuire all’identificazione da parte del dirigente delle azioni necessarie a
presidiare i processi individuati a conclusione del percorso di autovalutazione
effettuato dalla scuola per ciascuna delle sette aree di processo del RAV sono
state definite delle sotto aree:
• Curricolo, progettazione e valutazione: definizione e articolazione del
curricolo di istituto e delle attività di ampliamento dell’offerta formativa,
progettazione didattica, valutazione degli alunni;
• Ambiente di apprendimento: spazi e tempi in funzione dell’attività
didattica (dimensione organizzativa), promozione e sostegno all’utilizzo
delle metodologie didattiche innovative (dimensione metodologica),
definizione e rispetto delle regole di comportamento a scuola e in classe
e gestione dei conflitti con gli studenti (dimensione relazionale);
• Inclusione e differenziazione: inclusione (modalità di inclusione degli
studenti con BES e degli studenti stranieri e valorizzazione e gestione
delle differenze), recupero e potenziamento (modalità di adeguamento
dei processi di insegnamento ai bisogni formativi di ciascun allievo;
• Continuità e orientamento: continuità (continuità educativa nel passaggio
da una scuola all’altra), orientamento (alla conoscenza del sé e alla
scelta degli indirizzi di studio successivi);
• Orientamento strategico e organizzazione della scuola: missione e
obiettivi prioritari (individuazione della missione, priorità, condivisione
interna e esterna), controllo dei processi (forme di controllo e
monitoraggio, pianificazione strategica, misurazione delle performance,
strumenti di autovalutazione), organizzazione delle risorse umane
(individuazione delle responsabilità e definizione dei compiti per il
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personale), gestione delle risorse umane (assegnazione delle risorse per
la realizzazione delle priorità);
• Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane: formazione (azioni per
l’aggiornamento
professionale),
valorizzazione
delle
competenze
(raccolta delle competenze e loro utilizzo), collaborazione fra gli
insegnanti (gruppi di lavoro e condivisione di strumenti e materiali);
• Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie: collaborazione con
il territorio (promozione di reti e accordi), coinvolgimento delle famiglie
(confronto per la definizione dell’offerta formativa e sulla vita scolastica).
Il lavoro della comunità professionale per scegliere priorità e traguardi delle
azioni per il miglioramento della scuola ha individuato le aree nelle quali sono
emerse criticità e sulle quali lavorare.
I materiali per la valutazione dei dirigenti scolastici descrivono le azioni che
dovrebbero sempre essere messe in atto.
La scelta di collegare la valutazione del dirigente, oltre che agli obiettivi
nazionali e regionali, sui quali sarà necessario fare una diversa riflessione,
anche agli obiettivi della scuola trasferisce sul dirigente una attenzione agli
esiti delle azioni messe in atto dalla scuola per il miglioramento dei processi
relativi alle aree nelle quali si sono manifestate le maggiori criticità.
Così la valutazione non si estende a tutto il lavoro del dirigente scolastico e a
tutte le azioni nelle quali è impegnato, ma solo a quella parte in cui si
concentrano le problematiche e le criticità della scuola.
L’articolo 4 comma 3 della Direttiva n.36 sulla valutazione dei dirigenti
scolastici precisa infatti che sarà prestata particolare attenzione “ alle azioni
direttamente riconducibili all’operato del Dirigente in relazione al
perseguimento delle priorità e dei traguardi previsti nel RAV e nel piano di
miglioramento dell’Istituzione scolastica” e l’articolo 5 al comma 2, nel definire
i criteri generali degli obiettivi, stabilisce alla lettera e) che essi “prevedono il
contributo al miglioramento del servizio scolastico da parte del Dirigente con
particolare riferimento al RAV e al piano di miglioramento di cui al
Regolamento”.
Nel procedimento di assegnazione al dirigente degli obiettivi per sua
valutazione l’art.8 della Direttiva stabilisce che “Nella formalizzazione degli
incarichi ai Dirigenti, i Direttori si avvalgono delle apposite funzioni disponibili
nella piattaforma SIDI, per acquisire le priorità individuate nel RAV delle
istituzioni
scolastiche, al fine di predisporre, aggiornare e integrare i provvedimenti di
incarico dirigenziale.”
Il procedimento di assegnazione degli obiettivi al dirigente preleva quindi dai
documenti della scuola le priorità del RAV (non i traguardi) riferiti agli esiti
degli alunni (risultati degli alunni, risultati nelle prove standardizzate,
competenze chiave di cittadinanza, risultati a distanza).
La valutazione del dirigente scolastico risulta così disconnessa dalle azioni
professionali descritte in una sorta di profilo professionale definito nei materiali
predisposti per la sua valutazione e viene collegata ai risultati degli alunni e
alle azioni non del solo dirigente ma di tutta la comunità professionale
responsabile dell’elaborazione e della realizzazione dell’offerta formativa.
Questa impostazione è ingiusta e demotivante per il dirigente scolastico che si
trova a venir valutato in relazione alle criticità della sua scuola, che certamente
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conosce bene e sulle quali non ha bisogno che qualcuno, sulla base della sola
analisi dei documenti della scuola, venga a dichiarare se sta lavorando bene
per il loro superamento, qualcuno che non conosce quella scuola e può anche
non visitarla – deve farlo nell’arco del triennio, ma intanto ti valuta ogni anno –
qualcuno che rileverà da solo le azioni e i risultati (quali?) e si confronterà con
il resto del Nucleo di Valutazione solo al momento della “valutazione di prima
istanza” (da consegnare al Direttore Generale) o qualora emerga il sospetto di
una possibile valutazione negativa.
La trasformazione delle “priorità” riferite agli esiti degli alunni in obiettivi
assegnati al dirigente scolastico lo rende responsabile - al momento unico dell’eventuale mancato raggiungimento dei traguardi che ha deciso il collegio
dei docenti. Tra l’altro abbiamo ormai larga evidenza della difficoltà in cui
versano coloro che i Direttori Generali hanno messo all’opera per predisporre,
aggiornare e integrare i provvedimenti di incarico dirigenziale con gli obiettivi
del RAV e del PdM.
La reazione dei dirigenti scolastici alla lettura della Direttiva n.36 del 18 agosto
2016 e delle Linee Guida del 21 settembre 2016 è stata fortemente critica
perché non vengono riconosciute nelle azioni che saranno valutate tutte quelle
attività che giornalmente ognuno di essi svolge nelle scuole. Il giudizio
peggiorerà quando saranno noti i materiali collegati al portfolio annunciato con
l’emanazione delle Linee Guida.
I dirigenti scolastici lavorano infatti in un contesto di peggioramento continuo
delle loro condizioni di lavoro, caratterizzato dal crescere delle problematiche
dovute
alla
riduzione
dell’efficienza
dei
terminali
territoriali
dell’amministrazione scolastica, alla confusione delle regole di gestione del
personale (mobilità, organico dell’autonomia, supplenze) e ai conflitti che ne
derivano, alla fragilità delle strutture delle scuole, al continuo cambiamento
delle modalità di acquisizione e di gestione delle risorse finanziarie, alle
continue, confuse ed incerte innovazioni sulla gestione organizzativa e
amministrativa (de-materializzazione, trasparenza, anticorruzione, gestione
degli appalti e delle gare). La propaganda sulla realizzazione della “buona
scuola”, fondata sul merito e sulla responsabilità del dirigente che finalmente
avrebbe tutti gli strumenti per garantire i diritti dell’utenza, provoca una
pressione delle aspettative delle famiglie sui dirigenti scolastici che in molti casi
è diventata insostenibile.
Vale la pena ricordare qual è l’attuale situazione dell’organico dei dirigenti
scolastici e la sua attuale copertura: al momento dell’avvio dell’autonomia e
della dirigenza scolastica nel 2001 i dirigenti in servizio erano circa 10.000 su
un organico di 10.800 scuole e i posti scoperti erano assegnati a presidi
incaricati. Dall’a.s. 2010/11 all’a.s. 2016/17 il sistema scolastico non ha visto
significative modifiche del numero di alunni e delle sedi scolastiche mentre le
scuole autonome che erano circa 10.400, sono continuamente diminuite
diventando quest’anno 8.400 (di cui oltre 300 sottodimensionate e quindi prive
del dirigente scolastico e del direttore dei servizi) e l’organico dei dirigenti è
diminuito del 22%. A fronte di un organico di diritto di 8.071 posti i dirigenti in
servizio quest’anno sono 7.179, dai quali vanno detratti 155 dirigenti in
particolari posizioni di stato (impegnati all’estero, distaccati, comandati, con
altri incarichi dirigenziali nell’amministrazione scolastica)
e quelli che
momentaneamente svolgono altri ruoli (parlamentari, ecc). I dirigenti
veramente in servizio sono meno di 7.000 e le reggenze sono oltre 1.400.
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Cosa impedisce al MIUR di bandire il concorso per dirigenti scolastici atteso
ormai da oltre due anni ? I tempi per l’espletamento del concorso impediranno
che nel prossimo anno scolastico possano essere assunti nuovi dirigenti –
anche se domani venisse bandito il concorso – con la conseguenza che si
raggiungeranno quasi 2.000 reggenze, con la metà delle scuole italiane con un
dirigente impegnato anche in un’altra scuola. Cosa impedisce al MIUR di
bandire il concorso per Direttori dei servizi la cui insufficienza numerica priva
moltissime scuole di una figura indispensabile per il loro buon funzionamento.
Si costruisce un Sistema Nazionale di Valutazione del sistema scolastico che
non valuta in alcun modo le politiche scolastiche e l’azione amministrativa che
le deve realizzare.
I dirigenti scolastici possono dedicare alle azioni finalizzate alla gestione
dell’offerta formativa solo una piccola parte del loro tempo di lavoro, dilatato
oltre misura e assorbito quasi totalmente dagli adempimenti amministrativi e
dalla gestione delle continue emergenze. Il tempo che poi è possibile dedicare
al miglioramento della qualità dell’offerta formativa e allo sviluppo
dell’autonomia scolastica, da costruire principalmente attraverso un’intensa
attività relazionale con i docenti, è solo quello che si sottrae a se stessi e alla
propria famiglia.
Questa condizione è dimostrata dalle - poche - ricerche empiriche realizzate
negli ultimi anni (nessuna del MIUR) e dal continuo rapporto che abbiamo con
i dirigenti scolastici.
Avviare una valutazione che non consideri in alcun modo la realtà del lavoro
del dirigente e le conseguenze che produce sulla sua vita non può certo farla
apprezzare come un’occasione di crescita professionale. Viene vissuta come
l’ennesima molestia da sopportare con la speranza di uscirne indenni.
L’insistenza del MEF nel cercare di spostare le insufficienti disponibilità
finanziarie per la retribuzione accessoria dei dirigenti scolastici a vantaggio
della quota di risultato, che dipenderà dalla valutazione, è stata compresa e
respinta dai dirigenti che l’hanno considerata inaccettabile quanto la continua
diminuzione della retribuzione complessiva.
Decine di incontri e centinaia di contatti diretti con i dirigenti in questo inizio di
anno scolastico ci restituiscono piuttosto un messaggio esplicito: Basta !,
dateci un anno senza cambiamenti, un anno che cominci con i tutti i docenti e
il personale ATA al proprio posto, con le risorse finanziarie che servono, con la
certezza delle regole, con un minimo di sostegno efficace e tempestivo da
parte dell’amministrazione, con la possibilità di dedicarsi all’organizzazione
delle attività, con l’assenza di innovazioni solo annunciate ma che si debbono
implementare comunque, con un’amministrazione che non ammette i pasticci
che combina e cerca di scaricare la responsabilità sui dirigenti …… basta!
I procedimenti di valutazione e i valutatori
La costruzione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici non deriva da
un’unica e specifica norma ma da una pluralità di norme inserite in
provvedimenti assunti in tempi diversi. Il quadro normativo che ne deriva è
composito e frammentato ed è costituito da un insieme poco coerente di
disposizioni che in alcuni punti si sovrappongono ed in parte di contraddicono.
L’art. 25 del decreto legislativo n.165 fissa i riferimenti per la valutazione del
dirigente affidandola a un nucleo presieduto da un dirigente amministrativo o
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tecnico e composto da altri due esperti anche non appartenenti
all’amministrazione, mentre l’art.21 sulla responsabilità dirigenziale, valido per
tutti i dirigenti pubblici, si applica anche ai dirigenti scolastici e viene
richiamato dall’art.13 del CCNL 2006/09.
L’art.20 del CCNL 2002/05, non modificato dal CCNL successivo, definisce un
sistema di valutazione del tutto diverso da quello inserito nel DPR n.80 del
2013 che disegna il Sistema Nazionale di Valutazione e prevede (art.2 comma
2 e art.6 comma 4) che siano comunicate al Direttore Generale - ai fini della
valutazione dell’azione del dirigente scolastico - le aree di miglioramento
organizzativo e gestionale dell’istituzione scolastica a lui direttamente
riconducibili. Il DPR n.80 assegna all’INVALSI (art.1 comma1 lettera e) il
compito di definire gli indicatori per la valutazione dei dirigenti scolastici in
coerenza con le disposizioni contenute nel decreto legislativo n.150 del 2009.
Le conseguenze del riferimento al decreto legislativo n.150 richiederebbero
un’attenta riflessione perché, al di là del giudizio negativo espresso da una
parte delle forze politiche (che oggi sono al governo del Paese) e dalle forze
sindacali confederali, va rilevato che la valutazione in quella norma è assistita
da procedimenti e organi di garanzia che delineano una condizione di terzietà
dei valutatori rispetto all’Amministrazione, terzietà che, come vedremo, non è
assicurata affatto nel procedimento valutativo che riguarda i dirigenti scolastici.
Quella norma peraltro dovrà essere oggetto - come abbiamo già detto - di un
radicale intervento di innovazione normativa in attuazione della delega prevista
dall’art.17 della legge n.124.
Alle norme di legge e contrattuali citate si sono aggiunti i commi 78, 93 e 94
dell’articolo 1 della legge n.107 del 2015 che confermano i compiti del
dirigente indicati dall’art.25 del decreto legislativo n.165, fissano i cinque noti
criteri generali per la valutazione e stabiliscono di incrementare il numero dei
dirigenti da destinare alle funzioni valutative attraverso la nomina temporanea
(per tre anni) del numero di dirigenti – al momento 48 – che è possibile
retribuire con lo stanziamento di 7 milioni all’anno per il triennio 2016-2018.
Tali dirigenti sono stati nominati in deroga ai limiti percentuali stabiliti
dall’art.19 del decreto legislativo n.165 che fissa i limiti percentuali
dell’organico per la nomina di dirigenti appartenenti ad altri ruoli della
dirigenza (10%) e di esterni (8%).
Prima dell’entrata in vigore della legge n.107 già erano stati nominati come
dirigenti amministrativi e tecnici temporanei il numero massimo possibile di
dirigenti scolastici e esperti esterni. Tenendo conto dell’attuale organico di
diritto dei dirigenti di seconda fascia del MIUR - costituito da 222 dirigenti
amministrativi e da 191 dirigenti tecnici - erano stati nominati 31 esterni
all’amministrazione e 44 dirigenti scolastici. A questi si sono aggiunti (finora)17
esterni all’amministrazione e 31 dirigenti scolastici utilizzando le risorse della
legge n.107.
In realtà quando sono stati nominati i primi 75 dirigenti i posti coperti da
vincitori di concorso erano solo 111 su 222 per i dirigenti amministrativi e solo
72 su 191 per quelli tecnici.
Dopo le due serie di nomine temporanee i dirigenti scelti dai Direttori Generali
sono diventati 123 e costituiscono oltre il 40% dei dirigenti in servizio.
Le procedure con le quali sono stati scelti i 123 dirigenti sono definite nei
decreti ministeriali “procedure comparative di selezione dei “curricula” !
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Per una valutazione del rispetto dei principi costituzionali nella nomina dei
dirigenti basta vedere le osservazioni critiche del già citato parere del Consiglio
di Stato sulle procedure stabilite nella riforma della dirigenza della Repubblica
che pure affida a una Commissione indipendente la selezione di una rosa di
candidati (tutti già dirigenti) fra i quali scegliere e andare a vedere i profili
professionali di diversi dirigenti tecnici esterni ai ruoli dei dirigenti del MIUR
nominati dai Direttori Generali.
Il DPR n.80 attribuisce all’INVALSI (art.3 comma 1 lettera f) il compito di
curare la selezione, la formazione e l’inserimento in un apposito elenco degli
esperti dei nuclei per la valutazione esterna. È dello scorso 19 ottobre
l’emanazione dell’avviso di una procedura selettiva per titoli e colloquio per la
partecipazione a corsi formativi finalizzati alla costituzione di un elenco di
esperti della valutazione esterna delle istituzioni scolastiche. La Direttiva n.11
del 2014 indica le priorità strategiche dell’SNV per gli anni scolastici dal
2014/15 al 2016/17 sulla base dei principi definiti dal DPR n.80 e stabilisce che
l’INVALSI deve procedere a costituire i nuclei di valutazione sulla base di criteri
definiti e resi noti in modo da assicurare imparzialità e terzietà. Più avanti la
Direttiva, nel definire i criteri per assicurare l’autonomia del contingente
ispettivo, destina il numero dei dirigenti ad esso assegnati all’utilizzazione “in
via esclusiva nelle attività di valutazione” e indica per il conferimento
dell’incarico criteri “che valorizzino esperienze e competenze pregresse in
materia di valutazione
e nel rispetto del principio della rotazione degli
incarichi”.
Insomma non v’è dubbio che nel SNV vengano coinvolti dirigenti tecnici ed
esperti, interni ed esterni alla scuola, in numero congruo rispetto alle scuole da
valutare – non tutte - attraverso procedure trasparenti ed imparziali di
selezione basate su esperienza e competenza.
Per la dirigenza scolastica si costruisce un sistema parallelo, non comunicante
e sovrapposto a quello dell’SNV, privo degli indispensabili requisiti di terzietà,
adeguatezza, garanzie di indipendenza, competenza e imparzialità perché la
scelta dei valutatori non sarà affidata ad un soggetto terzo ma ai Direttori
Generali dell’amministrazione. La formazione è ancora da avviare, le modalità
di selezione dei valutatori sono affidate completamente alla responsabilità dei
Direttori Generali senza un quadro di riferimento prescrittivo e non esiste alcun
organo di garanzia che presieda le procedure.
La retribuzione dei componenti del nucleo, diversi dai dirigenti tecnici, e i
trattamenti di missione sono decisi unilateralmente dall’Amministrazione che
non ha dato risposte alla nostra richiesta di avviare un confronto contrattuale.
Riteniamo quindi fondata la preoccupazione che questo sistema di valutazione
dei dirigenti scolastici e il suo rapporto con la retribuzione di risultato, aggiunto
all’esclusione dalla contrattazione sul conferimento e mutamento degli incarichi
dirigenziali, sulle reggenze e sulla formazione, renda i dirigenti scolastici più
dipendenti dall’Amministrazione.
Dal Direttore Regionale dipenderanno la sede di lavoro del dirigente scolastico,
gli incarichi aggiuntivi che è obbligato ad assumere, il giudizio sul suo lavoro,
una parte degli obiettivi che deve raggiungere – oltre a quelli indicati dalla
legge e emergenti dalla scuola autonoma – e una parte della sua retribuzione:
aumenteranno dunque le possibilità di condizionamento del dirigente scolastico
e si ridurrà la sua possibilità di rappresentare la scuola che dirige e le libertà
professionali indispensabili nella scuola.
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Per questo motivo riteniamo che per difendere l’autonomia della scuola e le
libertà professionali che sono la condizione ineludibile per il suo sviluppo si
debba prima di tutto difendere l’autonomia dei dirigenti scolastici.
Le prospettive e il nostro impegno
Un buon sistema di valutazione del personale si può e si deve costruire a
partire dalla dirigenza scolastica, ma siamo convinti che il lavoro che si deve
fare - perché si costruisca un sistema destinato a durare - deve essere messo
alla prova sul campo per correggerlo e migliorarlo nel tempo, deve essere
fondato su una sperimentazione attenta, dotato di tutte le risorse necessarie e
del necessario “addestramento” dei valutatori, per renderli capaci di una libera
lettura critica dei dati depositati online, alla luce dell’osservazione diretta delle
persone e dell’organizzazione che vengono valutate. Un sistema di valutazione
che non riduca tutto a griglie, schede e tabelle, sappia riconoscere la differenza
fra le rappresentazioni quantitative della realtà e la realtà stessa e abbia il
necessario grado di libertà rispetto all’amministrazione ed ai Governi di turno.
Nei materiali che mettiamo a disposizione dei partecipanti al convegno, oltre ai
contribuiti dei relatori, ci sono anche le riflessioni di Franco De Anna che
segnaliamo perché provengono dal campo, dall’esperienza concreta in un lungo
e attento lavoro di osservazione e di confronto con le scuole e i loro dirigenti.
Siamo convinti che vada del tutto superato il modello impostato su dati
quantitativi, su rappresentazioni schematiche della realtà delle scuole e
sull’assegnazione di obiettivi che non nascono e non si confrontano con i
processi educativi e con i soggetti che li progettano e li realizzano.
Per affrontare le prospettive della valutazione dei dirigenti scolastici che
abbiamo descritto e per cambiarle non può bastare l’impegno dei dirigenti
scolastici e delle loro rappresentanze sindacali, è necessario che i sindacati
della scuola e confederali riconoscano e assumano l’iniziativa per un radicale
cambiamento.
La FLC CGIL ha chiesto al Ministro di ricondurre la valutazione all’interno delle
dinamiche contrattuali e di ripensare l’intero modello di valutazione finalizzato
allo sviluppo professionale dei dirigenti partendo dal lavoro concreto del
dirigente e delle scuole.
Per farlo si deve riconoscere che la valutazione non è un tema che può essere
sottratto alla contrattazione e non può essere ridotto a prerogativa del datore
del lavoro, a maggior ragione quando dalla valutazione derivi un
riconoscimento salariale del valore attribuito al lavoro.
Riteniamo che il confronto con il MIUR che si dovrà aprire a breve sul rinnovo
dei contratti della scuola e della dirigenza scolastica sarà fondamentale per
determinare tutti i cambiamenti.
Per ottenere i risultati che servono alle scuole e ai lavoratori sarà
indispensabile, come sempre, il sostegno di tutti e di ciascuno.
Vi ringrazio per l’attenzione.
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