Rollei RPX + storia Nikon FM di Gerardo Bonomo

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Rollei RPX + storia Nikon FM di Gerardo Bonomo
9 771125 644004
€ 7.90
BLACK & WHITE
INTERNEGATIVO CON LA INK-JET ●IL FASCINO DEL VIRAGGIO
LEICA: UN 50mm PROTOTIPO ●RPX 400: UNA PELLICOLA MOLTO FLESSIBILE
ASTE: I PREZZI DI FOTOCAMERE E FOTOGRAFIE ●MICHAEL KENNA
Postatarget magazine
30085
N. 85 Gennaio 2013 Trimestrale
CAMERA
DIRETTORE
Sergio Namias
DIRETTORE EDITORIALE
Paolo Namias
TECHNICAL EDITOR
Danilo Cecchi
ART DIRECTOR
Rosanna Checchi
FOTO IN COPERTINA
Michael Kenna
REDAZIONE E COLLABORATORI
Marco Antonetto, Paolo Ascenzi,
Massimo Bertacchi, Gerardo Bonomo,
Luigi Cane, Sara Namias, Paola Signorelli,
Eugenio Tursi.
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE
Viale Piceno 14 - 20129 Milano
Tel. 02/70002222 - telefax 02/713030
ABBONAMENTI
e-mail: [email protected]
Italia (4 numeri) ` 30,00
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COME EFFETTUARE I PAGAMENTI
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Viale Piceno 14, 20129 Milano
EDITORIALE
È un numero vivace, a dimostrazione che la fotografia chimica può offrire
molti stimoli a quanti la praticano con passione.
Innanzitutto l’intervista a Michael Kenna, uno dei più quotati fotografi della
scena Fine Art internazionale; a lui abbiamo dedicato anche la copertina
con un’immagine di grande fascino.
La camera oscura offre diverse possibilità; la tecnica del viraggio introduce intonazioni pregevoli nelle stampe, ma può essere utilizzata in chiave
creativa in modo localizzato. Non solo, il viraggio è anche una tecnica che
consente di migliorare la conservazione delle immagini nel tempo.
Sempre in camera oscura eseguiamo con Jacopo Anti una serie di interventi
di mascheratura e bruciatura per migliorare la leggibilità delle immagini;
immagini scattate con la pellicola Rollei RPX 400, che deriva direttamente
dalla Agfa APX 400 ormai non più prodotta, e con una FM3A, uno dei più
importanti modelli realizzati da Nikon.
E sempre in tema di camera oscura abbiamo stampato delle immagini
scattate .... in digitale. Sì perchè non dobbiamo demonizzare questa tecnologia, ma sfruttarla ai nostri fini; in questo caso abbiamo stampato i file su
pellicola trasparente con una ink-jet realizzando un grande “internegativo”
da stampare a contatto sulla carta in camera oscura. Eugenio Tursi spiega
come preparare il file e realizzare una curva da applicare all’immagine per
la stampa.
Più “tradizionali” sono invece gli articoli dedicati al collezionismo, a partire
dal prototipo sperimentale Leica Elmarit 50mm f/2,8. Nelle aste colpisce
il prezzo raggiunto dalla Leica del fotografo di Life Douglas Duncan, €
1.680.000, ma non è certo modesto il prezzo a cui è stata battuta una
Leica Luxus, € 1.020.000! E a proposito di prezzi record segnaliamo quello
raggiunto ad un’asta di Christie’s da un’opera di Man Ray: € 661.000.
Paolo Namias
© Editrice Progresso s.r.l. 2013
www.fotografia.it
È vietata qualsiasi riproduzione, adattamento,
traduzione senza autorizzazione. Registrazione
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SOMMARIO
INTERVISTA A: MICHAEL KENNA
2
ISSN: 1125 - 6443
UN “INTERNEGATIVO” CON LA INK JET
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CLASSIC CAMERA
FEBBRAIO - APRILE 2013
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IL FASCINO DEL VIRAGGIO
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ROLLEI RPX 400 UNA PELLICOLA MOLTO FLESSIBILE
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INTERVISTA A JACOPO ANTI
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FENOMENOLOGIA DEL BIANCONERO
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STAMPE D’AUTORE ALL’ASTA
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LEICA ELMARIT 50mm f/2,8: PROTOTIPO SPERIMENTALE
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LE ASTE: I PRIMATI DELLE LEICA CLASSICHE
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CAMERA OSCURA
ROLLEI RPX 400:
UNA PELLICOLA
MOLTO FLESSIBILE
La pellicola Rollei RPX deriva direttamente dalla “compianta” Agfa APX 400:
ha una grana secca e può essere tirata
(con l’opportuna chimica) fino a 3200 ISO.
Mentre è ancora possibile reperire sul
mercato pellicole Agfa APX 100 che
non abbiano ancora superato la data di
scadenza, i pochi rulli di APX 400 ancora reperibili sono tutti già ampiamente
scaduti. Sul sito americano B&H, l’immagine del prodotto è accompagnata
dalla triste scritta: “no longer available”
La produzione è infatti cessata nell’ormai lontano 2005.
In ogni caso ricordiamo che se la pellicola è stata tenuta in ambiente fresco può
essere utilizzata anche parecchio tempo
dopo la formale data di scadenza.
Sopra: la provinatura con le immagini selezionate ed i dati di sviluppo.
La RPX è disponibile con
sensibilità
100 e 400 ISO, quest’ultima può essere esposta
fino a 3200 ISO.
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CLASSIC CAMERA
RPX 400: la prova
Come finezza di grana la RPX 400 non
è neppure vagamente paragonabile alla
Kodak TMax 400, ma è una grana secca
e piacevole che rivela chiaramente l’origine argentica. Perché non va dimenticato che la grana è parte integrante del
linguaggio della fotografia in pellicola.
I due stop di vantaggio della 400 ISO
rispetto a una pellicola da 100 ISO si
traducono sul campo in tempi di scatto
due volte più veloci: io ho sempre preferito una foto priva di micromosso anche a costo di un aumento della granulosità. Dello sviluppo e della stampa si
è occupato Jacopo Anti, dell’omonimo
laboratorio Fine Art; come chimica abbiamo usato quella che Rollei ha studiato espressamente per questa pellicola, e quindi il Film Developer RPX-D
Per il negativo esposto a 400 ISO abbiamo usato una diluizione di 20 cc di
chimica in 230 cc di acqua, con sviluppo a 20 gradi per 11 minuti.
Per il negativo esposto a 1600 ISO la
diluizione è stata pari a 41.5 cc di chimica in 208.5 cc di acqua, con sviluppo a 24 gradi per 14 minuti.
Dopo il bagno d’arresto in acido acetico e il fissaggio in Rollei RXN, le pellicole sono state lavate e passate in una
soluzione con imbibente Rollei RWA.
Asciugatura in armadietto, ma a temperatura ambiente.
La stampa è stata eseguita in bacinel-
ROLLEI RPX 400: UNA PELLICOLA MOLTO FLESSIBILE CAMERA OSCURA
Era una giornata dicembrina: la luce mal si prestava alla macrofotografia, ma questa immagine non è una vera macro. Pellicola Rollei
grafi
RPX
RPX400.
La mosca, rallentata dal freddo della mattina, è rimasta ferma
te
il tempo
sufficiente per eseguire una buona focheggiatura. Ho montato l’intramontabile Micro Nikkor 55mm f/2.8 sulla mia Nikon FM3A.
Come
diaframma ho impostato f/5,6 in modo da disporre di un temCo
po
p di posa sufficientemente veloce, e nello stesso tempo garantirmi
un
u minimo di profondità di campo in modo che gli occhi e un paio
di
d zampe si staccassero dal fiore sullo sfondo.
La stampa di partenza, senza interventi
correttivi.
la su carta politenata a contrasto variabile, usando come sviluppo il Rollei
RPN Print Developer
Il giudizio
La pellicola Rollei RPX400 si è confermata degna erede della mitica Agfa
APX400 che insieme alla FP4 di Iford
e alla Tri-X di Kodak sono sempre state le più apprezzate dai fotografi.
Ciò che ci ha sorpresi è stata la risposta con esposizione a 1600 ISO, quasi
indistinguibile rispetto all’esposizione
alla sensibilità nominale.
Il Film Developer RPX-D si è rivelato
davvero uno sviluppo cucito addosso
a questa pellicola; il tiraggio può essere spinto anche a 3.200 ISO.
Abbiamo effettuato ingrandimenti (reali, con l’ingranditore, non virtuali) fino a
23x, corrispondenti a stampe di formato 50x70 cm, ottenendo risultati davvero notevoli in termini di tenuta della
grana e del dettaglio.
Gerardo Bonomo
Decidiamo gli interventi indicati sulla stampa sulla base di un’esposizione generale di 12
secondi e con contrasto 2,5. Lo scopo è migliorare la leggibilità schiarendo la mosca ed
i due petali di lato, e nello stesso tempo scurendo la parte dell’immagine in alto.
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CAMERA OSCURA ROLLEI RPX 400: UNA PELLICOLA MOLTO FLESSIBILE
Il negativo di partenza, Kodak T-Max400 New. Scatto con
Nikon FM3A, obiettivo Nikon 24mm f/2.8 AIs. Islanda.
La stampa di partenza, senza interventi correttivi, su carta politenata a contrasto variabile a tono neutro Rollei Vintage 314, sviluppo Rollei RPN Print Developer, trattamento in bacinella.
Decidiamo di eseguire gli interventi riportati sulla stampa, sulla
base di un’esposizione generale di 8 secondi con contrasto 2,5.
Carta Rollei Vintage 314 a tono neutro.
La stessa immagine stampata su carta Rollei Vintage
332 a tono caldo e passata
in un bagno al selenio.
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CLASSIC CAMERA
ROLLEI RPX 400: UNA PELLICOLA MOLTO FLESSIBILE CAMERA OSCURA
Il porto di Barcellona. Il sole era appena tramontato e per evitare che le gru si trasformassero in silhouette completamente prive
di dettaglio, ho triplicato l’esposizione confidando che in stampa
avremmo potuto comunque recuperare le zone a rischio bruciatura. Qui la stampa senza interventi di correzione.
Pellicola Kodak TMax 400 New. Ripresa con Nikon FM3A ed
obiettivo 24mm f/2.8 a f/5.6.
Sfruttando la bruciatura del cielo a filo con la cresta della collina, l’intervento in stampa non si nota e il risultato è assolutamente
realistico.
CLASSIC CAMERA
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CAMERA OSCURA ROLLEI RPX 400: UNA PELLICOLA MOLTO FLESSIBILE
Per sviluppare la RPX 400
è stato utilizzato lo sviluppo dedicato Rollei RPX-D
Film Developer.
La pellicola Rollei RPX 400 deriva direttamente dalla pellicola APX 400 di Agfa, la
cui produzione è cessata; nell’immagine
un rullo, tra i più freschi ancora disponibili, con scadenza novembre 2011.
La carta Rollei Vintage utilizzata
per le stampe di questo articolo.
Gli sviluppi usati per il trattamento della carta: il
Rollei RPN per la Vintage Neutral 314 e il RPW per
la Vintage Warmtone 332.
Esposizione 400 ISO
La Nikon FM3A usata per le riprese.
Esposizione 1600 ISO
Per verificare la differenza di comportamento dell’emulsione tra l’esposizione al valore nominale di 400 ISO e quella tirata a 1600
ISO abbiamo fotografato una mira ottica usando come obiettivo il Micro Nikkor 60mm f/2.8 D. È sorprendente come sia ridota la
differenza in termini di grana tra 1600 e 400 ISO.
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CLASSIC CAMERA
Le pellicole Rollei RPX 100 e 400 sono state studiate per offrire al fotografo una grande varietà di sensibilità in sole due emulsioni.
La RPX 100 può essere esposta da 50 fino a 200 ISO, mentre la RPX 400 può essere esposta da 400 fino a 3200 ISO. Entrambe le pellicole, quando viene variata la sensibilità nominale, devono essere trattate con la chimica appropriata oltre che alle diluizioni, temperature e tempi di sviluppo
più opportuni. Se la RPX 100 si distingue per una grana estremamente fine e una notevole gamma tonale, la RPX 400 è la pellicola ideale per il reportage e per tutte quelle situazioni scarsamente illuminate – o fotografate attraverso filtri come il rosso o il polarizzatore – dove non è possibile usare il treppiedi ed è necessario arrivare a tempi di posa sufficientemente veloci per lavorare anche a mano liberaa. Disponibili sia nel formato 135
che 120, le pellicole Rollei RPX sono proposte sigillate in appositi contenitori perfettamente impermeabili alla luce e riutilizzabili. Per la RPX 100 si
raccomanda l’utilizzo degli sviluppi Rollei RHS o RLS, mentre per la RPX 400 esiste uno specifico sviluppo sempre di Rollei, RPX-D.
Distributore per l’Italia:
Punto Foto Group by KARL BIELSER s.a.s., Via Aristotele 67, 20128 Milano. Tel.: 02.27.000.793 Fax: 02.26.000.485
www.puntofoto.it [email protected]
NIKON FM3A: PIU’ CHE UN PROGETTO, UN’INVENZIONE
Cosa serve per scattare una foto su pellicola?
Una domanda apparentemente lapalissiana: una pellicola e una macchina fotografica a pellicola.
Fabbricano ancora pellicole?
Sì.
Bene.
Fabbricano ancora fotocamere a pellicola.
Sostanzialmente no.
Male.
Per fortuna non tutti i mali nuocciono. Molti di voi hanno una macchina a pellicola, salvata dallo
scempio dei cambi avvenuti con l'avvento del digitale.
E fortunatamente sul mercato sono ancora disponibili migliaia forse centinaia di migliaia di
fotocamere a pellicola, ancora perfettamente funzionanti e solo in attesa di un nuovo proprietario
che le faccia rivivere.
Eccole le macchine a pellicola, sono lì che ti guardano speranzose dalle vetrine dei negozi o dalle
pagine del web come cuccioli dietro le inferriate di un canile...
Quale macchina scegliere? Per ora non c'è che l’imbarazzo della scelta.
Ma se proviamo a focalizzarci sul formato 24x36mm allora la scelta si riduce sostanzialmente a due
brand: Leica e Nikon.
Di Leica M a pellicola qualcosa abbiamo già riferito sul numero di settembre 2012. Parliamo adesso
di Nikon.
Innanzitutto un dato, e nient'affatto curioso.
Sul fronte dei prezzi e della disponibilità del materiale usato Nikon analogico - e non solo Nikon c'è una precisa linea di confine che differenzia i modelli autofocus dai modelli manual focus.
Sul mercato dell'usato infatti i modelli autofocus hanno un prezzo medio enormemente inferiore al
prezzo del medesimo prodotto da nuovo quando ancora era fabbricato. E parliamo di ammiraglie
come la Nikon F4 o F5 giusto per fare un esempio.
Il prezzo invece dei modelli manual focus, paliamo di prodotti come la Nikon FE piuttosto che FE2
e ancora FM, FM2 piuttosto che FM3A o F3 i prezzi sono a tutt'oggi sovrapponibili a quelli dei
medesimi prodotti nuovi col prezzo in lire, naturalmente esclusa la svalutazione: oggi si può
acquistare una Nikon FE a 250 Euro. Trent'anni fa la macchina costava 500.000 lire. Ma una Nikon
F4 la si trova facilmente a cifre poco più alte, mentre da nuove costavano milioni delle vecchie lire.
Un dato di fatto incontrovertibile: in casa Leica il corpo macchina più richiesto nell'usato analogico
è la M6, in casa Nikon la FM2. Cosa accomuna questi due modelli? Il fatto che senza batterie si
perde solamente l'utilizzo dell'esposimetro. Già la Leica M7 a batterie scariche consente due soli
tempi di scatto meccanico, mentre la Nikon F3, l'ultima ammiraglia manual focus di Nikon, a
batterie scariche a sua volta consentiva un solo tempo di scatto meccanico. Ma qui non parleremo
della Nikon FM2, anche se è il corpo macchina più richiesto - senza dimenticare naturalmente la
famiglia delle Nikon F, a metà strada tra la macchina d'uso e la macchina da collezionare.
Qui parleremo di quella che personalmente riteniamo una delle manual focus più indovinate di
Nikon, la FM3A.
Il progetto della Nikon FM3A prese corpo in Giappone nel dicembre del 1998. Se teniamo presente
che nel 1999 venne presentata al pubblico la prima reflex digitale professionale di Nikon, la D1, e
che nel 2001 insieme alla FM3a vennero presentate sul mercato le Nikon D1X e D1H, è chiaro che
la FM3A venne concepita in un periodo in cui il digitale stanno cominciando davvero a prendere
corpo – nel verso senso della parola – anche se forse all’epoca nessuno si aspettava un successo così
travolgente del nuovo sistema.
Va anche detto che nel 2006 Nikon presentò la sua ultima ammiraglia reflex a pellicola, la F6,
contemporaneamente alla D2XS e alla D80.
E se nel 2001 forse il trend del mercato delle reflex digitali non era ancora chiaro, nel 2006 lo era
certamente.
In questo dualismo vediamo quindi alla fine anche un motivo di tradizione nell’ingegnerizzazione
dei nuovi modelli, e una forma di rispetto per la madre della fotografia – digitale compresa - : la
pellicola.
La Nikon FM3A è una reflex estremamente spartana: ghiera dei tempi, priorità di diaframmi –
introdotta nel 1972 con la Nikkormat - autoscatto, AE LOCK, contatti per il settaggio automatico
degli ISO a mezzo codice DX, pentaprisma fisso, tre schermi di messa a fuoco opzionali, staratura
intenzionale dell’esposizione e pulsante per il controllo della profondità di campo. Riarmo e
riavvolgimento della pellicola man uale – accoppiabile a un motore opzionale – e nulla di più
La ghiera dei tempi è il punto nodale del sistema. Anche per ragioni di spazio disponibile, mentre
sulla Nikon FE i tempi impostabili arrivano fino a 8 secondi - oltre alla posa B - mentre sulla F3 si
aggiunge addirittura anche la posa T sulla ghiera dei tempi - sulla Nikon FM3A vengono aggiunti il
2.000 e il 4.000 di secondo sacrificando le pose di 2, 4 e 8 secondi, nonostante sulla ghiera lo spazio
fisico per mantenere anche i suddetti tempi è disponibile. Ma il motivo non è la mancanza dello
spazio per serigrafare i tempi lunghi e comandarli, bensì la complessità del progetto che portò
inevitabilmente a sacrificare l’impostazione in manuale dei tempi di posa di 2, 4 e 8 secondi.
Quando non si intende utilizzare la posa B, attivando la priorità di diaframmi accoppiata a basse
sensibilità ISO, si arriva comunque fino a pose di 8 secondi nominali, mentre nella realtà le pose si
allungano anche fino ai 60 secondi e oltre, fattore preziosissimo nelle riprese notturne quando non si
disponga di un esposimetro esterno sufficientemente sensibile, e fattore altrettanto prezioso per
controllare l’effetto di non reciprocità delle pellicole – effetto di cui non è invece affetto il sensore -.
Perché questi tempi lunghi sono importanti? Per due motivi, perché possono essere attivati anche
attivando l'autoscatto - evitando la pressione diretta del pulsante di scatto in mancanza di scatto a
distanza - e perché l'attivazione dell'autoscatto provvede all'alzo intenzionale dello specchio,
minimizzando eventuali vibrazioni residue derivate dall'alzo dello specchio immediatamente prima
dell'apertura della tendina.
La macchina era disponibile in finitura nera e silver ed era equipaggiabile con un 45mm f/2.8 P
pancake che veniva venduto corredato di un particolarissimo paraluce in metallo, in grado davvero
di impedire a qualsiasi raggio di luce parassita di arrivare sulla lente frontale. La Nikon FM3A con
il 45mm innestato privato del paraluce aveva misure ancora più compatte, era quindi poco “spessa”
e facilmente trasportabile al collo, sotto la giacca o riponibile anche in una borsa multiuso dalla
profondità interna sacrificata.
A proposito della possibilità di utilizzare la fotocamera su tutti i tempi di posa anche a batteria
scarica, gli ingegneri che si posero e risolvettero il problema, non lo fecero certo per permettere al
fotografo di continuare a scattare anche a batteria scarica: esattamente come si fa con i rulli, di cui
ci si approvvigiona prima di partire per un lungo viaggio, una batteria al litio del tipo 3V CR-1/3N o
di tipo 1.55V SR44 che assicura un’autonomia di 100 rulli a temperature pari o superiori ai 20 gradi
Celsius non ci sembra davvero un problema nel metterla nella propria borsa fotografica. No, il
problema dei tempi di scatto anche tutti meccanici era data dal fatto che se a – 10 gradi Celsius
l’autonomia di una batteria nuova si dimezzava, al di sotto di queste temperature la batteria poteva
anche non funzionare del tutto. E poiché per la Nikon FM3A non era stato ingegnerizzato un pacco
batteria da tenere in tasca con un cavetto elettrico che approvvigionasse di corrente il comparto
batteria - come nel caso raro di altre fotocamere – la necessità di assicurare lo scatto anche alle
temperature più basse è stato considerato prioritario.
Da qui è nato un otturatore estremamente sofisticato, un ibrido tra quello montato sulla Nikon FM2
e quello montato sulla Nikon FE che permettesse appunto di essere utilizzato tanto con controllo
elettronico che meccanico.
“Ok gente! Attenzione… Dal piano di sopra ci hanno rifilato questa rogna e gliela dobbiamo
risolvere. Ci dobbiamo inventare il modo di mettere questo nel buco fatto per questo, usando solo
questa roba”. Dal film Apollo XIII di Ron Howard.
Le fotocamere possono essere estremamente affascinanti; di alcune, come la FM3A è stata
affascinante anche lo studio progettuale: quando questo otturatore ibrido venne ingegnerizzato, si
pose il problema di come inserirlo all’interno del corpo macchina, non per le dimensioni, ma per il
fatto che il tecnico assemblatore non aveva praticamente spazio di manovra per inserirlo –
ricordiamo che la FM3A era assemblata quasi completamente a mano. Alla fin si trovò anche il
modo di inserire questo otturatore ibrido, più spesso di quello montato sulla FE, all’interno della
macchina. Ci furono problemi anche per il progetto del galvanometro ad ago che avrebbe segnalato
nel mirino il tempo di posa impostato dall’utente – o dalla fotocamera in modalità AE -: Nikon non
trovò nessun fornitore in Giappone in grado di realizzarlo, doveva infatti essere miniaturizzato
proprio per il problema dell’otturatore. Poi il problema venne risolto affidandosi a una ditta “
straniera “ …
Alla fine il progetto decollò ma la consegna, prevista per l’aprile, fu fatta slittare a settembre a
causa dell’incredibile consenso di sell in che la macchina aveva riscosso, a fronte di una produzione
– come abbiamo detto assemblata quasi completamente a mano – estremamente limitata.
Sul campo.
Più che sul campo, direi innanzitutto al collo e in borsa: la Nikon FM3A, come la maggior parte
delle fotocamere meccaniche degli anni 80/90 ha misure decisamente ridotte rispetto alle
fotocamere digitali; forse non i pesi, visto che, parlando della FM3A, fondello e calotta erano
realizzate in ottone e il corpo in pressofusione di metallo. Gli obiettivi, gli intramontabili AI di
Nikon erano per la maggior parte con diametro filtri 52mm – estremamente vantaggioso per
condividere un singolo filtro sulla gran parte del proprio corredo ottico, - ma non erano, in
proporzione alle misure, nient’affatto leggeri, visto che anch’essi erano costruiti in metallo e con
l’intero gruppo lenti sempre e solo in cristallo ottico.
Non leggera quindi, ma certamente poco ingombrante, tanto nella borsa, insieme a un paio di
ottiche, che al collo.
Complice l’attacco da 52mm per i filtri comune a quasi tutte le ottiche Nikon, anche innestare un
filtro, su qualsiasi ottica, non è un problema; porto sempre con me un filtro giallo medio, un
arancio, un rosso, un verde e un pola e li uso quasi in ogni immagine che scatto in bianco e nero, per
determinate enfatizzazioni che sarebbero poi impossibili da applicare in fase di stampa del negativo.
La priorità di diaframmi, unita al blocco AE, permettono appunto di selezionare il diaframma
ottimale lasciando alla macchina la scelta del tempo di scatto più idoneo, velocizzando
indubbiamente la preparazione della macchina allo scatto, che prevede, oltre alla scelta del
diaframma, anche la focheggiatura, passaggi che necessitano comunque di preziosi secondi,
passaggi che con le fotocamere autofocus none esistono ormai più. Ho usato spesso anche la
staratura intenzionale dell’esposizione applicata all’esposizione AE, quando mi sono trovato di
fronte a soggetti palesemente chiari o scuri al punto da ingannare facilmente l’esposimetro TTL
della fotocamera.
Anche se la tentazione di lavorare con i grandangolari è sempre molto forte – una delle mie ottiche
predilette è il Nikkor 28mm “ brevi distanze “ in grado di focheggiare fino a una distanza minima di
soli 20 cm dal soggetto – ho scattato diverse delle immagini che corroborano questo lavoro con il
mitico e intramontabile Micro Nikkor 55mm f/2.8; un’ottica dalla qualità favolosa e con l’immenso
vantaggio di avere la lente frontale “ annegata “ al fondo del cono brunito opaco che si apre al
centro dell’ottica, permettendo così di far addirittura a meno del paraluce mantenendo la certezza di
non avere il problema di raggi di luce parassita.
Giocando con il diaframma, qui mantenendolo il più delle volte piuttosto aperto insieme alla
minima distanza di messa a fuoco molto ravvicinata, ho cercato di isolare il soggetto principale dal
contesto in cui si trovava, trasformandolo in una serie di quinte indistinte ma comprensibili.
Pur non avendo pagato le pellicole usate per la prova e nonostante usi frequentemente il digitale
con schede in grado immagazzinare migliaia di scatti, l’istinto di autolimitazione insito in chi, come
me, ha iniziato a scattare con la pellicola – e ancora la utilizza – mi ha portato immediatamente in
una differente dimensione di scatto, dove le volte che ho portato la macchina all’occhio sono state
centinaia, mentre le volte che ho premuto il pulsante di scatto sono state sì e non una trentina. Non è
solo economia “ domestica “, è la consapevolezza da un lato che ad ogni scatto dovrà/dovrebbe
seguire una stampa, dall’altro che il rullino potrebbe finire proprio nel momento meno opportuno,
ancora, che se l’inquadratura, la scelta del soggetto e le condizioni di illuminazione non sono le
migliori, poco o nulla si potrà fare in “postproduzione “, e allora e quindi, ecco che ogni scatto
diventa inevitabilmente più consapevole da un punto di vista di scelta, più accurato da un punto di
vista tecnico: qui non si croppa, non si lavora di maschera di contrasto, non, non, non. E quindi ogni
scatto deve cercare di risultare perfetto già nel momento appunto dello scatto stesso.
Più che imparare a fotografare, bisogna imparare a non fotografare, a non fotografo quelle scene,
quelle situazioni, quei soggetti che attraverso il processo argentico – e non solo – perderebbero tutto
l’impatto con cui coinvolgono il fotografo che ha appena fissato gli occhi su di loro.
A differenza della scala dei tempi della FE che mostra anche le pose di due, quattro e otto secondi,
quella della FM3A si ferma al secondo di posa e questo insieme al fatto che non è possibile
scegliere consapevolmente questi preziosissimi tempi lunghi di posa, rende ogni posa lunga non
effettuata in modalità B con l’utilizzo di un esposimetro esterno una vera incognita: ci sarà luce
sufficiente per permettere alla macchina di scattare in autonomia fino a 8 e più secondi? Questa è
l'unica pecca della FM3A che non solo ci fa rimpiangere – solo un pochino – la FE, ma soprattutto
le fotocamere elettroniche delle generazione successive che, a partire da modelli come la Nikon
F601, e prima ancora la F-801 permetteva la gestione la visualizzazione dei tempi di posa impostati
fino a ben 30 secondi – come nelle reflex digitali dell’ultima generazione.
La cosa “buffa” è che già allora la gara di tecnomarketing ingaggiata tra i vari brand non era sul
produrre la fotocamera che avesse la gestione più accurata dei tempi di posa lunghi, ma di quelli più
brevi … Il duemillesimo, il qauttromillesimo, l’ottomillesimo di secondo! ( Cui prodest? )
E a proposito di tempi lunghi, ma non solo, dove è stato possibile abbiamo naturalmente scattato su
treppiedi: posto che con determinate focali già a 1/60 di secondo si rischiano immagini micromosse,
comporre un’inquadratura attraverso la fotocamera correttamente messa in bolla su un treppiedi è
un altro fotografare, se vogliamo ancora più consapevole, naturalmente nelle situazioni che lo
consentono e dove l’attimo non è così fuggente.
L’autoscatto meccanico della Nikon FM3A, una volta armato e attivato anche attraverso la
pressione diretta del pulsante di scatto porta come prima cosa all’alzo dello specchio, dopo il quale
trascorrono almeno 8 secondi prima che la tendina si apra, tempo più che sufficiente perché il
gruppo fotocamera/treppiedi abbia il tempo di smorzare tanto le vibrazioni innescate dalla pressione
diretta del dito sul pulsante di scatto – che possono, ma solo queste, essere ovviate dall’uso dello
scatto a filo – che soprattutto quelle del sollevamento dello specchio. Molte reflex digitali
dell’ultima generazione, di Nikon e non solo, hanno una funzione che sul menù tradotto in italiano
recita “ Scatto ritardato “: è la funzione che va appunto sollevare lo specchio prima dell’apertura
della tendina. Nella neonata full frame Nikon D600 il ritardo può essere impostato da 1 fino a 3
secondi.
Il treppiedi quindi non solo per le pose lunghe o quelle relativamente lunghe con focali a partire dal
50mm, ma treppiedi inteso anche come stile di vita compositiva di ogni fotografo.
Del 45mm pancake che abbiamo testato nel verso senso della parola con mire ottiche, rimandiamo
al test MTF di libera consultazione sul nostro portale www.fotografia.it
(http://www.fotografia.it/labtest_dettaglioTestObbiettivi/207606/2002-09-01-nikon-ai-nikkor45mm-f-2-8-p.aspx )un obiettivo davvero splendido, incredibilmente sottile e con questo paraluce la
cui sola ideazione merita il possesso dello stesso – e naturalmente dell'ottica sottostante …
La pellicola Rollei RPX 400.
La pellicola Rollei RPX deriva direttamente dalla “ compianta pellicola Agfa APX 400: grana secca
e possibilità di essere tirata – con opportuna chimica – fino a 3200 ISO.
Mentre è ancora possibile reperire sul mercato pellicole Agfa APX 100 che non hanno ancora
superato la data di scadenza – e il superamento, se la pellicola è stata tenuta in ambiente fresco e
ininfluente per diversi anni prima dell’utilizzo - i pochi rulli di APX 400 ancora reperibili sul
mercato sono tutti già ampiamente scaduti.
Sul sito B&H, sopra all’immagine del prodotto, campeggia la triste scritta: “no longer available” La
produzione è infatti cessata nell’ormai lontano 2005.
Anche se la finezza della grana non è neppure vagamente paragonabile alla Kodak TMAX 400, la
APX 400 ha comunque una grana evidente quanto secca che forma la trama o la filigrana
dell’immagine e ne sancisce l’origine argentica – con buona pace per i filtri digitali da applicare ai
file che simulano le varie emulsioni. La TMAX 400 NEW potrebbe quasi definirsi un sensore
argentico, mentre la RPX 400 è ancora eccome pellicola, che si rivela come tale ai forti
ingrandimenti. Perché non va dimenticato che la grana è parte necessaria del linguaggio fotografico
argentico.
I due stop di vantaggio alla sensibilità nominale di 400 ISO rispetto a una pellicola da 100 ISO si
traducono sul campo in tempi di scatto due volte più veloci: io ho sempre preferito una foto priva di
micromosso anche se leggermente granulosa, a una foto priva di grana ma sofferente di
micromosso.
Dello sviluppo e della stampa si è occupato Jacopo Anti dell’omonimo laboratorio fine art di
Milano.
E’ stata usata la chimica Rollei espressamente studiata per la pellicola RPX 400, quindi il Film
Developer RPX-D con diluizione 20cc di chimica in 230 cc di acqua per lo sviluppo del negativo
esposto a 400 ISO, a 20 gradi Celsius per 11 minuti , e 41.5 cc di chimica in 208.5 cc di acqua per
lo sviluppo a 1600 ISO A 24 gradi Celsius per 14 minuti.
Dopo il bagno d’arresto in acido acetico e il fissaggio in Rollei RXN le pellicole sono state lavate e
passate in una soluzione con imbibente Rollei RWA.
Dopo asciugatura in armadietto ma a temperatura ambiente, gli scatti sono stati stampati su carta
politenata a contrasto variabile e tono neutro Rollei Vintage 314 e Rollei Vintage 332 a tono caldo,
in bacinella, usando come sviluppo il Rollei RPN Print Developer
Conclusioni.
La Nikon FM3A rimane indubbiamente un must tra le fotocamere che per loro peculiarità uniche
hanno scandito la storia della fotografia.
Mentre i modelli FM e FE e perfino F3 in questo momento sono molto facili da reperire sul mercato
dell'usato, la FM3A sia nella versione black che silver è piuttosto rara, e ancora più rara in kit con il
45mm. Detto questo il modello silver è più facile da reperire, anche con il 45mm, mentre il modello
black, soprattutto in kit con il 45mm è praticamente un'araba fenice.
Nessun problema di reperibilità infine per la maggior parte degli obiettivi AI AIs.
Ricordiamo che la differenza tra i modelli AI e AIs, oltre che nel fatto che gli s sono più recenti - e
in alcuni casi con rinnovato schema ottico o trattamento antiriflesso - si differenziano
meccanicamente per una tacca sulla baionetta che serviva per permettere al corpo macchina Nikon
FA - e solo a lui - di attivare la modalità di esposizione P e distinguere la focale tra quelle superiori
e inferiori al 135mm attivando in questo modo automaticamente determinati tempi di scatto.
La pellicola RPX400 si è confermata degna erede della mitica APX400 che insieme alla FP4 di
Iford e alla TRI-X di Kodak hanno fatto la storia della fotografia del 900.
Davvero notevole nelle prove effettuate, la risposta con esposizione a 1600 ISO, quasi
indistinguibile negli ingrandimenti delle mire ottiche rispetto agli scatti effettuati e sviluppati alla
sensibilità nominale. Il Film Developer RPX-D, appositamente concepito per lo sviluppo e
l’eventuale tiraggio – fino a 3.200 ISO – della RPX 400 è davvero uno sviluppo cucito addosso a
quella pellicola.
Abbiamo effettuato ingrandimenti – reali, non virtuali – fino a 23x, pari a stampe nel formato 50 x
70 cm, con una tenuta della grana e del dettaglio decisamente notevoli.
I confronti con il digitale full frame? Fatti. Sul fronte della risoluzione/definizione chi ha vinto?
Ovvio.
Ma bisogna chiedersi se si vuole fotografare o scannerizzare la realtà. Vista la scelta della rivista
che state leggendo, potete rispondervi da soli.
Pellicole e chimica Rollei: Punto Foto Group, Via Aristotele 67, 20128 Milano. Tel.: 02.70.00.793
www.puntofoto.it
www.puntofoto.it
Gli scatti che corroborano questo articolo sono stati sviluppati e stampati da Jacopo Anti.
JacopoBianco&Nero Laboratorio Fotografico B/N
Via Andrea Solari, 72 20144 Milano
Tel.:02 4229 3542
www.jacopoanti.com
Milano, 13 dicembre 2012.
Gerardo Bonomo
01 fm3a: foto d’apertura
02 fm3a: nel bianco e nero argentico i filtri in ripresa sono indispensabili; anche se è possibile
lavorare l’immagine sotto l’ingranditore, alcuni restituzioni tonali dell’immagine si ottengono
esclusivamente usando l’appropriato filtro in ripresa.
03 fm3a: le calotte, dall’alto: Nikon FM3A, tutti i tempi di scatto funzionano anche senza batteria
Nikon FM2 – che come la FM3A ha tutti i tempi meccanici dal 1/4000 a 1 sec, più posa B e tutti i
tempi di scatto funzionano anche senza batteria. Non dispone della priorità di diaframmi “A”.
Nikon F3 che dispone della priorità di diaframmi “A” e permette di impostare tempi da 1/2000 fino
a 8 sec. più pose B e T. Tempo di scatto meccanico senza batteria a 1/60 di secondo
Nikon FE, che dispone della priorità di diaframmi “A” e permette di impostare tempi da 1/1000 fino
a 8 sec. più posa B, tempo di scatto meccanico senza batteria a 1/90 di secondo
Nikon F601, che permette di impostare tempi da 1/2000 di sec. fino a 30 sec. più la posa B. Non ha
tempi di scatto meccanici. Funzionamento senza batteria completamente inibito.
04 fm3a: quando possibile treppiedi, livella a bolla, scatto a filo e attivazione dell’autoscatto per
l’alzo intenzionale dello specchio.
05 fm3a: quando si lavora su treppiedi, o comunque senza portare la fotocamere all’occhio durante
la posa, è buona norma coprire l’oculare – qui è stato usato il tappo di un portarullini - per evitare
da un lato che luce parassita filtri attraverso l’oculare e bypassando le guarnizioni del box specchio
possa velare la pellicola – soprattutto nelle pose lunghe con filtro ND di giorno – dall’altro che
l’eventuale luce parassita che attraversa l’oculare possa invalidare il sistema esposimetrico quando
si lavora in priorità di diaframmi, quando cioè si lascia alla fotocamera la scelta del tempo di posa
più opportuno.
06 fm3a: fermo restando il fatto che qui siamo ancora lontani dai sofisticati Matrix 3D dei sistemi
esposimetrici delle Nikon dell’ultima generazione, l’uso di un esposimetro esterno impostato su
luce incidente, rimane – a nostro parere ancora oggi – il sistema di misurazione della luce che
illumina la scena e/o il soggetto più affidabile. Qui un mitico Lunasix III naturalmente ancora
perfettamente funzionante
07 fm3a: sulla Nikon F3 la levetta con bottone cromato in alto serviva per l’alzo e il blocco dello
specchio, la levetta in basso per scattare a 1/60 di secondo in assenza di batteria o con batteria
scarica.. Le pose B e T erano perfettamente funzionanti anche a batteria scarica.
08 fm3a: anche se la Nikon FM3A – come qualsiasi fotocamera – era fornita con la cinghia a
corredo, qui è fotografata con una cinghia in cuoio ad attacco rapido – 15 secondi– e sgancio ancora
più rapido – 10 secondi – per riporla alla fine dello shooting nell’armadio. www.fotootticacavour.it
09 fm3a: la FM3A, come la maggior parte delle fotocamere di questa classe Nikon F, è alimentata
da una batteria da 3V, al litio del tipo 3V CR-1/3N o di tipo 1.55V SR44.
Per garantire il funzionamento della batteria in climi molto rigidi si raccomanda di tenere la
fotocamera sotto la giacca a vento così da sfruttare il calore del corpo per tenere la batteria in
temperatura, o di rimuovere la batteria e, dopo averla protetta con un piccolo sacchettino di plastica,
riporla in tasca, nella quale NON siano presenti oggetti metallici, come monete etc.
10 fm3a: uno splendido esemplare di Nikon FM3A Silver completa della sua ottica dedicata, il
45mm 1:2.8 P, il paraluce originale HN-35 – particolarissimo, a nido di calabrone - e il filtro NC –
52 mm sempre Silver, oltre che al tappo originale Silver, qui non visibile.
11 fm3a: la FM3A Silver completa di filtro, paraluce e tappo in metallo
12 fm3a: il 45 mm 1:2.8 P – schema Tessar, 4 lenti in 3 gruppi, diaframma a 7 lamelle – ha le stesse
caratteristiche degli obiettivi di tipo AIs a cui si aggiunge la CPU e i contatti elettrici per potersi
interfacciare anche con le reflex Nikon dell’ultima generazione.
Nikon, nella famiglia P, oltre al suddetto 45mm si limitò alla realizzazione di un 500 f4 e un 12001700 f5.6-8.
13 fm3a: per chi desidera una grana più fine, sempre della famiglia RPX è disponibile anche la
sensibilità 100 ISO.
14 fm3a: per questo articolo abbiamo testato la pellicola Rollei RPX 400, disponibile sia in formato
24x36 che 6x6
15 fm3a: per sviluppare la RPX 400 è stato utilizzato lo sviluppo a lei appositamente dedicato: il
Rollei RPX-D Film Developer.
16 fm3a: la RPX è disponibile con sensibilità 100 e 400 ISO, quest’ultima può essere esposta fino a
3200 ISO
17 fm3a: la gamma della chimica Rollei include anche il bagno di fissaggio, piuttosto che
l’imbibente e differenti sviluppi. La gamma di chimica Rollei prosegue poi con gli sviluppi per
carte.
18 fm3a: 24, 35 e 55 mm; un corredo da street photographer che ingombra poco più di un attuale
corredo mirrorless…
25 fm3a: le chimiche Rollei RPN e RW che sono state utilizzate per lo sviluppo delle stampe che
corroborano questo articolo insieme al bagno di fissaggio; lo sviluppo RPN è stato utilizzato con la
carta Rollei Vintage Neutral 314, lo sviluppo RPW è stato utilizzato con la carta Rollei Vintage
Warmtone 332
27 fm3a: la linea di chimica per la stampa Ecoprint di Maco, ha un rapporto qualità prezzo molto
vantaggioso ed è naturalmente compatibile con le carte Rollei Vintage
25 fm3a: le carte Rollei Vintage utilizzate per le stampe di questo articolo: la 314 è Neutral, la 332 è
warmtone
21 fm3a: la campagna pubblicitaria con cui venne presentata la Nikon FM3A in Italia; interessante
rilevare il fatto che i due modelli black e silver fotografati non montano le ottiche 45mm P black e
silver che erano state appositamente progettate per la FM3A, ma i più “ scenosi” Nikkor 50mm
1:1.4
22 fm3a: dall’alto: un disegno della ghiera di controlli dei tempi e l’otturatore, di cui si nota con
evidenza lo spessore che mise in crisi la progettazione quando venne il momento di posizionarlo
all’interno della fotocamera, il terzo disegno è un abbozzo esplicativo di una parte della
progettazione; una fotografia dell’otturatore e a destra del circuito elettronico della FM3A; una
fotografia del selettore dei tempi e del meccanismo sottostante: tre immagini che confrontano, da
sinistra, il selettore dei tempi della FM3A, FM2 NEW e FE2.
23 fm3a: per valutare la bontà dell’obiettivo 45 mm 1:2.8 P lo abbiamo confrontato con il
celeberrimo Micro Nikkor 60mm f/2.8 D, montando entrambe le ottiche su Nikon D600, con ritardo
dello scatto attivato e naturalmente treppiedi: In alto lo scatto con il 45mm, in basso con il 60mm,
entrambi diaframmati a f/8: la differenza a vantaggio del 60mm è davvero esigua.
24 fm3a: la pellicola Rollei RPX 400 deriva direttamente dalla pellicola APX 400 di AGFA, la cui
produzione e oggi totalmente cessata; nell’immagine un rullo, tra i più freschi ancora disponibili,
con scadenza novembre 2011.
30 fm3a panorama negativo: il negativo RPX 400 di partenza
30 fm3a panorama OK: uno scatto eseguito con obiettivo Nikon Micro 60mm f/2.8 D a f/8,
treppiedi, alzo intenzionale dello specchio
31 fm3a panorama dettaglio ok: un dettaglio ingrandito sotto l’ingranditore: l’ingrandimento è
intorno ai 23,6 x, pari a una stampa in formato 56x84 cm.
30 fm3a panorama righello: l’immagine a pieno formato scansionata inserendo un righello per le
misurazioni
31 fm3a panorama dettaglio righello: e il dettaglio scannerizzato appoggiando un righello sulla
stampa.
35 fm3a tmax 400 cascata non elaborata ftg 6 negativo; il negativo di partenza, qui una Kodak
TMAX 400 NEW su Nikon FM3A, obiettivo Nikon 24mm f/2.8 AIs. Islanda
35 fm3a tmax 400 cascata non elaborata ftg 6. La stampa di partenza non elaborata
35 fm3a tmax 400 cascata elaborata annotata ftg 6 rollei vintage 314: i passaggi di elaborazione
sotto l’ingranditore
35 fm3a tmax 400 cascata elaborata ftg 6 rollei vintage 314: la stampa elaborata e stampata su carta
Rollei Vintage 314 a tono neutro
35 fm3a tmax 400 cascata elaborata ftg 6 rollei vintage 314 selenio: l’immagine stampata su carta
Rollei Vintage 314 a tono neutro e passata nel bagno di selenio
35 fm3a tmax 400 cascata elaborata ftg 6 rollei vintage 332 tono caldo; l’immagine stampata su
carta Rollei Vintage 332 a tono caldo
35 fm3a tmax 400 cascata elaborata ftg 6 rollei vintage 332 tono caldo selenio: l’immagine
stampata su carta Rollei Vintage 332 tono caldo e passata nel bagno al selenio
38 fm3a tmax 400 la pedrera negativo ftg 37: Barcellona, casa Milà, o la Pedrera, una delle opere
più significative del genio di Gaudì: Nikon 24mm f/2.8 a F/8, filtro giallo medio.
38 fm3a tmax 400 la pedrera non elaborata ftg 37: l’immagine di partenza nonostante l’impiego di
un filtro giallo medio le rade nuvole che si stagliavano contro un cielo quasi uniformemente
lattiginoso e privo di squarci di azzurro sembrano completamente assenti.
38 fm3a tmax 400 la pedrera annotazioni elaborata ftg 37: la stampa elaborata con le annotazioni di
lavoro.
38 fm3a tmax 400 la pedrera elaborata ftg 37: la stampa definitiva; il cielo quasi uniformemente
lattiginoso su cui tentavano a malapena di stagliarsi le poche nuvole non è per nulla stato aiutato dal
filtro giallo in ripresa – e anche un filtro arancione non avrebbe fatto di meglio, in quanti entrambi i
filtri tendono a scurire i cieli azzurri o i loro squarci dando più risalto alle nuvole. La bruciatura in
fase di stampa ha sortito qualche effetto, ma per evitare di caricare troppo il cielo rispetto al highkey del tetto da un lato, e per evitare che i camini ricevessero bruciature aggiunte che avrebbero
rivelato la bruciatura del cielo, questa è stata mantenuta leggera.
37 fm3a tmax 400 gru negativo non elaborata ftg 37; porto di Barcellona dopo il tramonto, dalla
nave in movimento, Nikon 24mm f/2.8 a f/5.6, pellicola Kodak TMAX 400 NEW
37 fm3a tmax 400 gru non elaborata ftg 37: il sole era appena tramontato dietro alle gru; per evitare
che le gru si trasformassero in silhouette completamente prive di dettaglio, l’esposizione in ripresa è
stata triplicata, fidando sul fatto che in stampa sarebbe stato comunque possibile recuperare le zone
apparentemente bruciate
37 fm3a tmax 400 gru elaborata annotazioni ftg 37: qui le bruciature in stampa sono state importanti
ma, complice la bruciatura a filo con la cresta della collina dietro alle gru, l’intervento non si nota e
lo scurimento della sommità delle gru, tagliato dalla linea posteriore della collina e differenziato
meccanicamente dalla base della gru, non sembra che abbia ricevuto una bruciatura maldestra, ma
che le gru fossero esattamente così nella realtà
37 fm3a tmax 400 gru elaborata ftg 37: il risultato finale.
39 fm3a rpx 400 la mosca negativo non elaborata ftg 37: una giornata dicembrina opaca e dalla
luce stentorea che mal si presta alla macrofotografia dove è proprio l’uso della luce secca e decisa
del sole o di un flash di appoggio che può amplificare la nitidezza e la risoluzione di un
soggetto,.Ma questa, visto proprio il soggetto, non la considero una vera e propria macro, ma
qualcosa di ben più inquietante. Prendetevi il disturbo, tra le Novelle per un anno di Luigi
Pirandello, di leggervi appunto, La mosca.
39 fm3a rpx 400 la mosca non elaborata ftg 37: la stampa non elaborata
39 fm3a rpx 400 la mosca annotazioni elaborata ftg 37: le tracce delle annotazioni di stampa
39 fm3a rpx 400 la mosca elaborata ftg 37: la mosca è stata schiarita, e così il dorso dei due petali di
lato, la parte alta dello sfondo è stata leggermene scurita, abbassando la densità del filtro di stampa.
La mosca, rallentata dal freddo della mattina, è rimasta ferma il tempo sufficiente per riuscire ad
ottenere una perfetta focheggiatura della sua parte anteriore, utilizzando l’intramontabile Micro
Nikkor 55mm f/2.8 diaframmato a f/5,6 da un lato per ottenere un tempo di posa che fosse il più
veloce possibile, dall’altro per far sì che il piano di fuoco, quindi gli occhi e un paio di zampe, si
staccassero violentemente dal fiore, che non doveva rivestire alcun interesse nella lettura
dell’immagine, ma far giusto da ambiente e da sfondo, così che la lettura rimanesse concentrata
sulla mosca.
36 fm3a tmax 400 Islanda negativo non elaborata ftg 17:
36 fm3a tmax 400 Islanda non elaborata ftg 17: 24mm f/2.8 con filtro arancio. Pellicola Kodak
TMAX 400 NEW; il sole basso sull’orizzonte e laterale rispetto al soggetto, si è aperto una via tra
le nuvole, aumentando il dettaglio e il contrasto della scena
36 fm3a tmax 400 Islanda elaborata annotata ftg 17: gli interventi di mascheratura sulle parti in
ombre degli scogli vulcanici in primo piano ne hanno aumentato la leggibilità, mentre una leggera
bruciatura sul cielo ha intensificato la leggibilità delle nubi che, grazie la filtro arancio e alle leggere
aperture di cielo, erano già sufficientemente marcate sul negativo.
36 fm3a tmax 400 Islanda elaborata ftg 17: il risultato finale.
34 fm3a mira ottica globale 400 ISO: per verificare la differenza di comportamento dell’emulsione
tra l’esposizione nominale a 400 ISO e quella tirata a 1600 ISO abbiamo fotografato una mira
ottica, usando come obiettivo il Micro Nikkor 60mm f/2.8 D
33 fm3a mira ottica 400 ISO ok: il risultato esponendo il negativo alla sensibilità nominale di 400
ISO. Sviluppo Rollei RPX a 20 gradi Celsius per 11 minuti con diluizione 1 + 11; l’ingrandimento
sotto l'ingranditore è stato di 23x
32 fm3a mira ottica 1600 ISO ok: e a 1600 ISO: Sviluppo Rollei RPX a 24 gradi Celsius per 14
minuti alla temperatura di 25 gradi Celsius: l’elevata temperatura e la bassissima diluizione portano
la pellicola a livello di stress elevatissimi; nonostante questo non si è verificato un aumento
sensibile del velo e la grana ha tenuto benissimo; lo scatto a 1600 ISO e quasi sovrapponibile, in
termini di definizione, a quello a 400 ISO. Anche qui l’ingrandimento è stato di 23x
33 fm3a mira ottica 400 ISO con righello ok: un particolare del negativo esposto a 400 ISO
ingrandito in riproduzione digitale: la base della mira ottica fotografa sul negativo è di appena 4mm.
33 fm3a mira ottica 400 ISO con righello positivo ok: la riproduzione del negativo eseguita con
fotocamera digitale ( Nikon D7000 + Micro Nikkor 60mm + tubo di prolunga PK 13 ) invertita in
positivo in postproduzione digitale.
40 fm3a scasione negativo RPX400
40 fm3a scasione positivo RPX400
41 fm3a scasione negativo TMAX400
41 fm3a scasione positivo TMAX400