a mollo nella vasca tra nuvole di bagnoschiuma profumate e

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a mollo nella vasca tra nuvole di bagnoschiuma profumate e
Vasi comunicanti
A mollo nella vasca tra nuvole profumate e soffici, il corpo esausto finalmente trova
posa in dolcissime acque dolci.
Era tempo che non si faceva più un bagno così, intendo uno di quelli con la vasca piena
fino all'orlo, l’acqua bollente che per entrare ci metti un po’,
e montagne di bagnoschiuma sopra che ti diverti da matti…
e ci fai tutte le forme con la schiuma, e le muraglie e la barba finta e gli occhi poi ti
bruciano un po'...si immerge…
…e poi respira di nuovo ed è ancora lei, quella bambina che non vuol saperne di uscire e
che se ne va a letto solo dopo un'ora, al “terzo ed ultimo” avvertimento, col pigiama
caldo addosso, un bacio e l'odore del borotalco nella testa.
Un tempo indecifrabile, un battito, un volo, un risveglio
Si guarda a distanza e con un certo imbarazzo, si osserva e non si riconosce poi tanto,
non è che si conosca poi tanto, i suoi contorni sono sfumati, annacquati da qualche
parte chi sa dove, in un qualche angolo piccolo della sua retina, quello recalcitrante e
ribelle che non vuol saperne e si rifiuta di vedere ciò che non gli piace.
Di ritorno da quella città dipinta e capricciosa, così immobile e sognante che è Venezia
a galleggiare ancora in dolcissime acque dolci
cerchi concentrici, di un pianto che scivola dalle mani, di pioggia caduta nel canale, di
un cammino che ti riporta alla partenza, di un'esistenza che compie le sue stagioni, di
una voce che è un'eco ancora tagliente, di un'ipnosi che non lascia scampo.
C’era andata a Venezia per guardarsi un po’ dentro e mettere mano a quei grovigli
attorcigliati come budella, a viscerali insoddisfazioni e lotte intestine
Per strappare i suoi aquiloni colorati c’era andata, e disperderli in minuscoli
coloratissimi coriandoli per le vie di Venezia dove è sempre carnevale, anche quando
finisce...è sempre carnevale
girotondi di maschere, giradischi, anelli densi di fumo e giri di parole, spire velenose
Allontanarsi da tutto e da tutti per stare meglio nel proprio posto, come se poi fosse
più facile volersi bene, come quegli amori che ritrovano passione e violenza ad ogni
tradimento, ad ogni fuga, per un inspiegabile rifiuto, per un’immotivata repulsione.
Ritornare alla realtà per ricordare quando eravamo felici e bastava poco, come quegli
amori che crescono mangiando aneliti e favole, conati e rose, per un inspiegabile
stanchezza, per un’immotivata ragione
ma che ne sa dell’amore una come me, e della bellezza e dell’arte, del cielo, di Dio e dei
misteri…
bisogna giocarsi tutto davvero, niente è per finta e se non ci tornerò a Venezia, non ci
tornerò e basta
ma che ne sa di me questa città indolente, che si è fermata alla stazione, è scesa e si
è persa in un gomitolo di canali e minuscoli ponti
è scesa ed è rimasta qui, prigioniera di se stessa e di quella musica romantica che le
scorre come sangue nelle arterie
rifluisce l’acqua dalla vasca, sono all’asciutto, il mio corpo molle, tutta schiuma sul
fondo,
nell’aria piume e cristalli colorati, e un profumo dolcissimo di gelsomino e vapore
tutt’intorno,
foschia di un mattino nuovo e splendente che scioglie ogni cosa,
che mi raggiunge attraverso i vetri appannati,
che scalda e innamora, che conosce da sempre, che corre e che affanna,
che raccoglie e disperde,
che scalda e corre e ride e innamora
girotondi, girasoli, cembali, giullari e velenosi incantatori, spire profumate
senza maschere
senza carri
senza te
è sempre carnevale a Venezia, anche quando finisce…è sempre carnevale