il pellegrino per santiago

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il pellegrino per santiago
IL CAMMINO DI SANTIAGO
Cosa spinge e mi ha spinto ad intraprendere il cammino di Santiago?
Probabilmente quelle motivazioni che spingevano gli antichi pellegrini
e altre più moderne o come diceva Domenico Laffi (inclinazione di genio
piegantemi alla necessità di veder cose nuove, in parte “allo spirito di pietà
verso il glorioso apostolo S Giacomo (Viaggio in ponente)
Non lo so con precisione, posso dire però che dopo alcuni racconti di altri
pellegrini, e “coincidenze” che mi ricordavano la vecchia ruta Jacopea,
qualcosa è cominciato a muoversi dentro di me alimentando il desiderio di
muoversi verso quella meta. Dopo un periodo di “immobilità” ho sentito
come un richiamo per scrollare quel senso di stagnazione simile a quella polvere
di cui parla Bernanos nel suo capolavoro, (è una specie di polvere, andate e venite
senza vederla, la respirate, la mangiate, la bevete: è così sottile, così tenue che
sotto i denti non scricchiola nemmeno. Ma basta che vi fermiate un secondo,
ecco che vi copre il viso, le mani) Così capita nella vita che devi scrollarti di
dosso la polvere di un periodo che non senti più vivo, che hai bisogno di una sfida
per rimetterti alla prova, perché dove sei non trovi quella sazietà che ti riempie
il cuore. Hai bisogno di chiudere i libri e con umiltà metterti sulla strada,
ancora e sempre mendicante di luce, di Grazia anche se quando lo fai ancora
non ci credi e sei preoccupato dalle contingenze fisiche, dal riposo, dal mangiare
dal trovare l’albergo, il percorso e quanto disterà il prossimo paese. Ma quando hai deciso
di esserci, di essere un pellegrino è come ricominciareun altro capitolo della Vita, darti una
nuova possibilità, gustare la gratuità del
nuovo giorno con i suoi doni, e le amabili presenze che camminano con te.
Ho portato con me un quaderno dove scrivevo le impressioni del viaggio,
indirizzi, pensieri sparsi; molti pellegrini in passato hanno scritto diari di
viaggio costituendo quella letteratura definita odeporica.
Trascrivo alcuni pensieri che oggi mi sembrano ancora più ricchi di senso,
trasfigurati dal tempo che è trascorso, un anno con la precisione ..
“Ognuno è chiamato al suo cammino, con i suoi passi.
Siamo fatti per la gioia e il malessere è solo un ostacolo.
La nostra paura è quella di non farcela, quando cominci cambia la
prospettiva. La paura blocca ed è mortifera!
Dare un nome alla paura.
Affidarsi, abbandonarsi, questo è il miracolo!
Siamo fragili e intermittenti nei nostri slanci.
Difficile essere aperti e pronti alla vita, quando ci blocchiamo nelle paure
che ci facciamo da noi.
Spero che lo spirito del liberatore possa favorire la liberazione dalle paure
per liberare la vita ed essere persone capaci di darsi e di amare.
Persone capaci di gustare a pieni polmoni la vita, senza angustiarsi per
ogni piccolo ostacolo.
Campi di grano come dune di sabbia, cielo terso,
clivi pieni d’oro ondeggianti e piccole oasi di fresco.
Molto caldo, da un piccolo paese quasi disabitato
Obanos, ho camminato fino a Los Arcos con un gran caldo.
Ma sono abbastanza contento.
Ci sono persone che conosco e rivedo.
È fatica ma mi chiedo che ci faccio qui?
Perché ho iniziato il cammino?
Fatica ma abbordabile.
Oggi è caldo ma ci si può fare!
Ho incontrato una persona interessante di nome Miriam,
insegna storia di letteratura spagnola e si è parlato di
De Unamuno, Castaneda e qualche poeta (Lorca) ..
Abbandonare le zavorre e i pesi inutili, cercare di essere più
leggero. Le paure. Paura della morte!
Lucidità. “A scuola dello stregone”..
Mi sono fermato ad un piccolo paese di nome Navarrete.
Questa esperienza aiuta a liberarsi dalle paure che ci portiamo
dentro, ad abbandonarsi senza tante sicurezze anche se è
difficile. Ho male un pò al ginocchio destro, ma decido di
proseguire da un piccolo paese Azofra, quattro case.
Sto continuando, stanco nel sole, nella fatica ma cercando
la liberazione dalle paure che bloccano e sfibrano la coscienza.
Da Granon, dove è stato bello e suggestivo fermarsi, con cena
comunitaria, sono arrivato a Belorado.
Ho camminato per un tratto con un altro toscano, un volontario
ospitalero, Luca, che finiva il suo periodo e andava verso
Burgos. Un tipo sciolto, pieno d’esperienza del cammino, che
mi ha dato tanti messaggi positivi e incoraggianti.
Caldo torrido senza ombra, senza alberi dove fermarsi a parte
qualche cespuglio per riprendere fiato.
Tutti dicono “Buen camino”, nella vita siamo tutti in cammino
c’è chi decide che la vita diventi un cammino di crescita verso
una meta più elevata, chi si accontenta di vivacchiare, chi non si
pregunta niente e gli và bene com’è la vita che fà anche se stà
male. Todas la vida es un camino se quieri ser hombre ..
La fatica fisica e le occupazioni di come mangiare e dormire
mi lasciano dal pensare in modo astratto.
Il cammino è un pretesto per uscire da noi stessi e mettersi in
movimento, homo viator, il mio centro mi stà sempre davanti
in un certo senso siamo eccentrici ...
Un altro giorno, è stata dura, mi sono alzato stanco da
Belorado, sono arrivato a Villafranca de Oca, prima di salire
il monte, per S J de Ortega.. mi sono fermato per la notte
alle pendici del monte, troppo caldo. Prima ad un alberghe
municipale, ma poi decido di cambiare e di stare in un albergo
migliore. Non sò se continuerò dopo Burgos..penso spesso
a come tornare indietro.
Stamani sono partito da Villafranca de Oca, tappa dove c’è una
certa salita e ho avuto un pò di paura nella salita pensando
spesso di non farcela, guardando spesso indietro e vedendo le
curve della strada. Simboli delle mie paure, vedere la strada
con la via d’uscita, ma progressivamente si apriva uno scenario
stupendo che ha ripagato i miei sforzi, la vegetazione così ricca,
il cielo terso e tinteggiato di striature vermiglie, l’aria balsamica
Sono un pò triste per non essere con qualcuno che ho
conosciuto (Carlo e altri), ho dei sentimenti contrastanti,
fra la voglia di stare insieme e quella di stare da solo.
Come nella vita, a volte camminiamo soli, a volte in comunione
spesso quando meno l’aspetti, nei tratti più duri appare una
persona che ti dà coraggio per andare avanti...
Arrivato a S Juan de Ortega, mi riposo un pò in un bar.
Dopo vado nella chiesa e mi fermo sostando alla tomba
del santo e in raccoglimento aiutato da dei cuscini per
sostare e riposarsi.
Mi fermo ad Atapuerca, un piccolo paese famoso per gli scavi
antichi dove ci sono stati ritrovamenti preistorici.
Qui incontro un simpatico, colto spagnolo di nome Ander,
che mi dà la parola ad un bar dove mi sono fermato pensando
di chiedere un autostop fino a Burgos.
Cominciamo a parlare a ruota libera e scherzare molto..decido
di rimanere per la notte e la mattina successiva partire per
Burgos. Con Ander ho camminato, sbagliando strada, fino
alla bellissima cattedrale di Burgos, parlando di tante cose,
dal sesso alla letteratura, da Cervantes ai Sancho Panza dei
rifugi, quelli che non ti lasciano dormire bene la sera perché
bevono troppo. Ricordo che usava spesso dire dopo una frase,
“si però”..
Mi sono fermato un giorno a Burgos, dopo una indecisione,
non sapevo se andare avanti, poi ho incontrato due simpatici
romani, una dolce ragazza del sud che lavora in Inghilterra,
e un prete che mi hanno dato coraggio per andare adelante
fino a Leon, affrontare le cosiddette mesetas, un altipiano
monotono dove non ci sono alberi per la sombra e il mucho
calor ti brucia la cabeza se non hai il gorro ..
“Si adombra
s’incarna in questo giorno quel desiderio ma nel giorno
che trascorre la vita sembra lasciarmi e io solo,
ramingo vado a cercare qualche breccia di comunione
dove sentir spirare la brezza dell’Amore.
La sfiducia gioca negativamente portando a voler vedere
delle cose al posto di quelle che ci sono.
Hontanas, piccola oasi nell’afosità bruciante e disadorna
di quei campi di grano prosciugati dal calore, da quella terra
riarsa, piena di passi che ci hanno preceduto, alla fine di una
salita, eccoti in fondo con la tua chiesetta antica, i tuoi rifugi
e quella piccola cappellina che accoglie i pellegrini stanchi
dove la statua della vergine dà sollievo e refrigerio spirituale.
Piccola consolazione e incontro che mi ha lasciato una traccia
nell’anima come un angelo che passava da lì.
Il ricordo di Hontanas me lo porto dietro per tutto il cammino..
Arrivo a Leon, bellissima città, piena di bar, di posti dove picar
algo per comer e beber, la cattedrale troneggia sulla città
maestosa, anche qui ho esitazioni e dubbi se continuare...
(uomo di poca fede..quanti Pietro ci sono in noi che invece
di vedere davanti, guardano in basso e affondano) ..
Vado avanti, colgo l’attimo, quando mi capiterà di avere molto
tempo e di non avere vincoli a parte il denaro, il vile denaro
per compiere questo cammino!
Leon città stupenda dalle parti molto antiche, incontro qui
l’angelo di Hontanas che mi dice di vivere il momento
presente senza guardare l’orologio, carpe diem, di non pensare
troppo. ..
Dopo Leon, proseguendo mi fermo a Villar de Mazariff
al refugio de Jesus, dove incontro Andrè, brasiliano che vive a
Barcellona e Andrea un italiano .
Dopo una grande fatica per arrivarci, nel caldo torrido
pieno di sudore, approdo a questo spartano albergo pieno di
scritte sui muri e disegni di ogni tipo.
Andrea l’italiano mi invita a cenare insieme e non mi pare
vero. Ma è così, la fatica che si condivide diventa meno
pesante, la condivisione, “ciò che si condivide si moltiplica”.
Andrè il brasiliano cucina un piatto con calamari e dopo un
insalata, con del vino. Sono quasi commosso e piacevolmente
stupito, dopo una grande fatica mi trovo a tavola in un clima di
accoglienza. Andrè è un pò taciturno, dallo sguardo vivo,
intelligente, sembra uscito da una pellicola americana;
scoprirò più tardi del suo bagaglio leggero e del libro di due
kg che porterà fino a Santiago. Farò con lui un bel tratto di
cammino insieme. Mi colpisce la sua essenzialità, cioè nella
sua borsa da città aveva l’indispensabile e delle scarpe urbane.
Mi trovo bene, a parte i piedi un pò doloranti e qualche
vescica. A Mansilla de las Mulas, dove mi ero fermato
il giorno prima, l’ospitalera mi aveva medicato una vescica,
provocandone l’uscita del liquido. Adesso temevo si fosse
infettata. Paure e preoccupazioni del cammino.
Da quando sono partito, ho visto diverse persone incerottate,
aghi, fili, e massaggi ai piedi con vasellina per precauzione.
Sto sperimentando un senso di leggerezza e libertà, che da
molto tempo non provavo, forse l’ho vissuto a Siviglia,
la Spagna mi attrae, mi gusta l’aria che si respira, il paesaggio
la gente, e vorrei non tornare più in Italia. In fondo non ho
nessun vincolo... Per uscire dalla forza di gravità della dipendenza
ci vuole una forza contraria e maggiore, una
scelta radicale, un progetto solido. Tutti i problemi maggiori
nascono in famiglia, con i nostri genitori, con nodi irrisolti,
con una trasmissione intergenerazionale che perpetua delle
modalità egosintoniche di affrontare i problemi.
La vertigine che mi dà la contemplazione della bellezza,
il senso di stupore viene attenuato da certi filtri razionali
che ci portiamo dietro; sarà per questo che molti pellegrini
quando arrivano ai rifugi bevono molto, oltre che per dissetarsi
per sgombrare la mente dalle zavorre.
Probabilmente fà paura perdere il controllo, ma mi domando
non si cammina anche perché si è pensato troppo senza
approdare da nessuna parte? Ho letto in un libro famoso scritto
da un medico e romanziere (il Cammino Immortale) che spesso
alla fine del tragitto le ragioni che avevano portato a farlo
sono state risucchiate dalle necessità contingenti: mangiare,
trovare da dormire, camminare senza farsi male, attenzione
ai piedi indolenziti, insorgenza delle vesciche e tendiniti,
dolori al ginocchio. Insomma il cammino che parte da lontano
“produce un alchimia” nel pellegrino fino a portarlo ad una
“sorta di iniziazione del vuoto”, si cammina per camminare..
La famosa poesia del poeta andaluso Machado recita:
“Caminante no hay camino se hace camino al andar”..
Camminando s’apre cammino.
Mi viene da pensare che è importante saper sostare, non solo
camminare veloci alla meta, perché quello che c’è in mezzo
insieme ai pellegrini che incontri rischi di non vederli, dicendo
meccanicamente buon cammino che fà sempre piacere.
Proseguiamo fino a Hospital de Orbigo, dove c’è un bellissimo
ponte romanico, e dove merita davvero fermarsi per la notte,
in un Albergue parrocchiale, molto carino.
Dopo arriviamo ad Astorga, dove c’è una bellissima cattedrale
e ci sistemiamo all’Albergue municipale. La tappa successiva sarà
Rabanal del Camino, suggestivopueblo nato per accogliere i pellegrini in salita, con in cima
il monastero dei benedettini, e il refugioGaucelmo, donativo, pulito e onfortevole.
Da Rabanal del Camino il giorno seguente sempre insieme
ad Andrè proseguiamo per la Cruz de Hierro, un punto molto
importante del cammino, dove in una montagnola è issato un
palo e in cima una piccola croce. Tante pietre sono state
deposte dai pellegrini, simbolo di pesi da lasciare.
La preghiera della Cruz de hierro dice: “Signore, che questa
pietra che depongo ai piedi della croce del redentore, simbolo
dei miei sforzi nel mio pellegrinaggi, possa fare pendere la
bilancia in mio favore quando le mie azioni saranno giudicate”
Non ho portato con me pietre, ma le prendo vicino e le getto,
a simbolizzare i miei nodi irrisolti che non riesco a dire,
non mi sono preparato molto all’arrivo della Cruz, ma recito
una preghiera. Penso all’egoismo, alla paure, alle false prese,
alla paura di spendersi..
Dopo la Cruz de Ferro, c’è una discesa molto stancante e piena
di sassi da farsi male se non si stà attenti, ma il paesaggio è
davvero stupendo! Passiamo da Manjarin e giù verso Acebo.
Decidiamo di sostare ad un albergue parrocchiale dove un
simpatico e alla mano Ospitalero ci accoglie, preparando
lenticchie per la sera.
Alla sera facciamo una cena comunitaria e su mia iniziativa
ognuno viene stimolato a esternare le sue motivazioni nel
camino. Sono tante e varie, dalla riflessione, a motivi familiari
al semplice piacere di camminare. Una bellissima ragazza
dell’est, dice che le necessita solo quello che stà nella mochila
il resto è superfluo. Si, il senso di leggerezza e libertà che sto
sperimentando è davvero sorprendente, e tornando nel mio
ambiente lo rimpiangerò, non rendendomi conto di quanto sia
importante viaggiare leggeri. Ho letto da qualche parte, che il
peso dello zaino è il peso delle nostre paure. Verissimo!
“Forse non abbiamo mai avuto altra scelta che tra una parola
folle e una parola vana”..(l’Uomo che Cammina di Bobin)
Ci vuole un grammo di follia ogni tanto per staccare e
fare il passo, prima sarà un pò difficile poi sarà liberante.
La parola folle fà paura perché scompiglia le carte dei
tuoi schemi preordinati, meglio la parola folle che quella
vana, abitudinaria che non sazia la tua vera fame.
“Che cercate”? “Vieni e vedi”!
“Chi altri ha parole di vita “piena”..
“Il cervello è un droghiere, tiene i registri, annota le uscite,
le entrate, i profitti, le perdite. È un bravo amministratore,
non rischia mai tutto, tiene sempre qualcosa di riserva.
Non taglia la fune, no! La stringe in mano, il furfante;
se gli sfugge, è perduto, perduto poveretto! Ma se non tagli
la fune, mi dici che gusto ha la vita? Di camomilla,
di camomilla; non di rum, che scaravolta il mondo!”
Quanta strada passata, quanti incontri, quanti scenari diversi,
da Roncisvalle ne ho fatta di strada. Voltandomi ho la
sensazione che ciò che è stato non torna più, che quello che
sto vivendo forse segnerà una tappa nella mia vita, che non
sarà più possibile banalmente tornare a vivere come prima,
più che altre esperienze, sento che il cammino rappresenti
per ognuno un modo per fare un bilancio e decidersi
in qualcosa almeno per quelli più maturi.
Passiamo da Molinaseca, che ci accoglie con lo spendido
santuario de las Angustias, addossato al monte.
Ci fermiamo in uno dei tanti bar sulla stradina che prosegue
nel camino e arriviamo a Ponferrada. Non riusciamo
a vedere il castello dentro perché è giorno di chiusura.
Sostiamo nell’Albergue municipale. e la mattina dopo
camminiamo verso Villafranca del Bierzo.
Più mi avvicino alla meta, e più sento la “gana”, il deseo di
raggiungerla, di arrivarci, dopo le iniziali esitazioni, i dubbi,
le incertezze, come se continuando a camminare una forza
misteriosa ti sospingesse avanti, una brezza vigorosa che
muove le vele della tua barca verso il porto; le frecce gialle
sono dei magneti spirituali che ti incitano a continuare,
i cippi con la classica concha disegnata, i km che separano
da Santiago, tutto concorre perché i tuoi piedi vadano avanti.
Diventiamo camminatori strada facendo, come l’appetito,
non ci sono preparazioni ad hoc, devi farlo per sentirlo.
Ci aspetta una bella salita, verso O Cebreiro, passando da
dei puebli molto dolci nel suo transitare, con dei paesaggi
soavi e pieni di vegetazione. Prima di salire, mi fermo
a fare scorta di un pò d’energia, una tortilla spagnola,
con del pane e un pò di buona birra fresca. Mi dà la carica
per affrontare la salita, è caldo siamo verso le 12,
cominciamo a salire con una vista bellissima, mi volto
poco a guardare indietro per non avere le vertigini, per paura
ma è appagante arrivare dopo tanto sforzo, in questo paese
suggestivo del camino. O Cebreiro, 1.300, metri luogo ricco
di fascino un pò deturpato da bar e ristoranti.
Dopo aver mangiato un bocadillos in un bar tienda con Andrè
e Laura, una dolce compagna di viaggio, proseguiamo verso
Hospital da Condesa passando la notte in un Albergue
municipale un pò “feo”, in un paese dove non c’è quasi nada.
La mattina dopo partiamo per Triacastela, proseguendo per
il monastero di Samos dove ci fermiamo per la notte.
A Samos sostiamo all’Albergue del Monastero, donativo.
Dall’esterno il monastero soprattutto venendo dal camino,
si può contemplarlo dall’alto ed è davvero bello; visitandolo
all’interno, resto un pò deluso per la mancanza di vita che vi
respiro, quasi un museo dove si fà fatica a vedere i monaci.
All’interno della chiesa dove si celebra l’eucarestia, ho un senso
di oppressione, sarà perché sono spossato, per le statue che
incutono un pò di “timore e tremore”, comunque è imponente.
Da Samos a Sarria si fà presto ed è facile.
Prima di arrivare a Samos il percorso è soave, balsamico
immerso nell’ombra del bosco che fà pensare all’Umbria,
ad un pellegrino lontano: S Francesco d’Assisi..
Sarria, da lì molti partono, per fare gli ultimi cento km e
ricevere la Compostela, da lì si sente un allentamento spirituale
una certa stanchezza che preannuncia che il camino stà per
concludersi, gruppi di spagnoli giovanissimi che fanno le corse
passi lesti con incitamenti vari, comitive di ogni tipo con
bandierine.
Da Sarria continuo a camminare da solo, e mi fermo a Barbadelo.
Passo una bella notte nell’Albergue Municipale, incontro gente
simpatica, ragazze spagnole di Alicante, un seminarista,
francese e una ragazza africana.
Il giorno dopo arrivo a Portomarìn, località deliziosa per gli
occhi, con il lago che ti accoglie prima di salire nel centro,
con la piazza dove c’è la chiesa-fortezza di San Nicolàs,
dove mi fermo in un bar antico che mi ispira molto
decidendo di godermi la vista del posto e prendere un vaso
di vino tinto con un piatto di lenticchie.
La luce del sole dà energia, vorrei dire due parole, ma mi trovo
spossato in un bar e scrivo qualcosa.
Entro in chiesa, e assisto alla celebrazione di un gruppetto
di spagnoli guidati da un prete giovane, e un altro di cui farò
conoscenza rivedendoli a Melide.
Dopo Portomarin, cammino molto per arrivare a Melide,
forse spinto dal desiderio forte di arrivare presto, molti km che pagherò arrivando a
Santiago con il piede sinistrodolorante e gonfio; forse con la gana di rivedere degli amici
persi per strada, ma non godendomi molto le soste a partel’arrivo a Melide.
Famosa per il pulpo alla gallega di cui mi aveva parlato Andrè,
una volta arrivato, in compagnia di un romano simpatico che
deve passare oltre Palas de Rei per raggiungere la compagna a
Melide, mi sistemo all’Albergue Municipale dove incontro
gli spagnoli della messa, il prete con un ginocchio dolorante e
Xavier che mi dice essere dell’Opus Dei.
A Melide decido di premiarmi andando alla Pulperia di Ezechiele
dove Andrè e Laura mi avevano raccomandato, e gusto
il polpo con un pò di vino, sono stanco ma soddisfatto,
camminare molto di rende un pò teso, ma è tutta salute.
Al tavolo una ragazza nordica fà una fotografia al piatto,
poi si siede un ragazzo pellegrino ciclista, dei ragazzi mi servono,
vorrei un vaso di Albarino fresco ma è possibile solo la bottiglia,
allora ripiego sul vino tinto.
La voglia dell’Albarino me la tolgo da sola in un bar apprezzandone le qualità insieme
all’Orujo galiziano ..
Brindare all’ amistad, agli incontri, alla leggerezza, a quello che
può venire se lasci le tue paure e ti affidi.
Da Melide continua la mia corsa pensando di arrivare a O Pedrouzo, ma dopo aver forzato
un pò troppo mi fermo all’Albergue de Santa Irene.
Il giorno dopo Santiago mi aspetta.
Una sorta di malinconia si adombra fra queste
pietre pregne di tempo, fra le sue fessure,
nelle piccole fenditure.
Piccole strade e cammini che s’incrociano
in questo crocevia del tempo
ricettacolo di desideri
a cercare qualcosa.
In questo cielo grigio
cenere fra i canti dei gabbiani,
fra le guglie misteriose della cattedrale,
si dirige una processione di vita.
Sento il canto dei gabbiani, la sete di libertà, che volteggia
sopra la pietra antica, scavata,
le macchie della vegetazione
conche e sassolini.
San Giacomo che si stacca dalla parete
dall’alto, ti saluta
Entro dentro da una porta laterale, e cerco l’entrata per
l’abrazo dell’apostolo, non riesco a esprimere razionalmente
il desiderio che porto dentro o quella forza che mi ha spinto
ma sicuramente sento la vicinanza del Padre misericordioso
che vigila e vuole il tuo bene, che ti protegge, che ti fà
incontrare le persone giuste, che nei piccoli dettagli è presente.
Durante il camino l’ho sperimentato, piccole cose ma grandi
nella lunga durata e non trascurabili.
“Uomo di poca fede perché hai dubitato”..
Santiago è affascinante, da lontano si vedono le torri della
cattedrale, per arrivarci si passa dalla parte moderna,
ma la periferia non è brutta come in altre città grosse
del cammino. Dopo un pò di salita, si scende in una strada
piccola, per arrivare al casco historico.
Da una piccola stradina ritrovo i due miei compagni di
viaggio, e con loro vado verso la cattedrale ansioso
di arrivarci. All’inizio non ho una grande emozione,
ma poi davanti all’imponenza dell’entrata principale,
nella piazza dell’Obradoiro, mi commuovo pensando
ai tanti volti incontrati e alla strada percorsa
Questo è quello che scrissi di getto, che mi ricordo, dei vari posti,
oggi a distanza di un anno, non saprei quale forza mi ha spinto ad
intraprendere quella esperienza, il cammino.. non saprei alla luce anche
di questi pesanti e asfittici mesi invernali che si sono susseguiti al mio
ritorno . Ma voglio credere che ogni gesto, ogni
segno non è mai a caso, che siamo strumenti anche inconsapevoli dei
disegni di Dio.