il pellegrino per santiago
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il pellegrino per santiago
IL CAMMINO DI SANTIAGO Cosa spinge e mi ha spinto ad intraprendere il cammino di Santiago? Probabilmente quelle motivazioni che spingevano gli antichi pellegrini e altre più moderne o come diceva Domenico Laffi (inclinazione di genio piegantemi alla necessità di veder cose nuove, in parte “allo spirito di pietà verso il glorioso apostolo S Giacomo (Viaggio in ponente) Non lo so con precisione, posso dire però che dopo alcuni racconti di altri pellegrini, e “coincidenze” che mi ricordavano la vecchia ruta Jacopea, qualcosa è cominciato a muoversi dentro di me alimentando il desiderio di muoversi verso quella meta. Dopo un periodo di “immobilità” ho sentito come un richiamo per scrollare quel senso di stagnazione simile a quella polvere di cui parla Bernanos nel suo capolavoro, (è una specie di polvere, andate e venite senza vederla, la respirate, la mangiate, la bevete: è così sottile, così tenue che sotto i denti non scricchiola nemmeno. Ma basta che vi fermiate un secondo, ecco che vi copre il viso, le mani) Così capita nella vita che devi scrollarti di dosso la polvere di un periodo che non senti più vivo, che hai bisogno di una sfida per rimetterti alla prova, perché dove sei non trovi quella sazietà che ti riempie il cuore. Hai bisogno di chiudere i libri e con umiltà metterti sulla strada, ancora e sempre mendicante di luce, di Grazia anche se quando lo fai ancora non ci credi e sei preoccupato dalle contingenze fisiche, dal riposo, dal mangiare dal trovare l’albergo, il percorso e quanto disterà il prossimo paese. Ma quando hai deciso di esserci, di essere un pellegrino è come ricominciareun altro capitolo della Vita, darti una nuova possibilità, gustare la gratuità del nuovo giorno con i suoi doni, e le amabili presenze che camminano con te. Ho portato con me un quaderno dove scrivevo le impressioni del viaggio, indirizzi, pensieri sparsi; molti pellegrini in passato hanno scritto diari di viaggio costituendo quella letteratura definita odeporica. Trascrivo alcuni pensieri che oggi mi sembrano ancora più ricchi di senso, trasfigurati dal tempo che è trascorso, un anno con la precisione .. “Ognuno è chiamato al suo cammino, con i suoi passi. Siamo fatti per la gioia e il malessere è solo un ostacolo. La nostra paura è quella di non farcela, quando cominci cambia la prospettiva. La paura blocca ed è mortifera! Dare un nome alla paura. Affidarsi, abbandonarsi, questo è il miracolo! Siamo fragili e intermittenti nei nostri slanci. Difficile essere aperti e pronti alla vita, quando ci blocchiamo nelle paure che ci facciamo da noi. Spero che lo spirito del liberatore possa favorire la liberazione dalle paure per liberare la vita ed essere persone capaci di darsi e di amare. Persone capaci di gustare a pieni polmoni la vita, senza angustiarsi per ogni piccolo ostacolo. Campi di grano come dune di sabbia, cielo terso, clivi pieni d’oro ondeggianti e piccole oasi di fresco. Molto caldo, da un piccolo paese quasi disabitato Obanos, ho camminato fino a Los Arcos con un gran caldo. Ma sono abbastanza contento. Ci sono persone che conosco e rivedo. È fatica ma mi chiedo che ci faccio qui? Perché ho iniziato il cammino? Fatica ma abbordabile. Oggi è caldo ma ci si può fare! Ho incontrato una persona interessante di nome Miriam, insegna storia di letteratura spagnola e si è parlato di De Unamuno, Castaneda e qualche poeta (Lorca) .. Abbandonare le zavorre e i pesi inutili, cercare di essere più leggero. Le paure. Paura della morte! Lucidità. “A scuola dello stregone”.. Mi sono fermato ad un piccolo paese di nome Navarrete. Questa esperienza aiuta a liberarsi dalle paure che ci portiamo dentro, ad abbandonarsi senza tante sicurezze anche se è difficile. Ho male un pò al ginocchio destro, ma decido di proseguire da un piccolo paese Azofra, quattro case. Sto continuando, stanco nel sole, nella fatica ma cercando la liberazione dalle paure che bloccano e sfibrano la coscienza. Da Granon, dove è stato bello e suggestivo fermarsi, con cena comunitaria, sono arrivato a Belorado. Ho camminato per un tratto con un altro toscano, un volontario ospitalero, Luca, che finiva il suo periodo e andava verso Burgos. Un tipo sciolto, pieno d’esperienza del cammino, che mi ha dato tanti messaggi positivi e incoraggianti. Caldo torrido senza ombra, senza alberi dove fermarsi a parte qualche cespuglio per riprendere fiato. Tutti dicono “Buen camino”, nella vita siamo tutti in cammino c’è chi decide che la vita diventi un cammino di crescita verso una meta più elevata, chi si accontenta di vivacchiare, chi non si pregunta niente e gli và bene com’è la vita che fà anche se stà male. Todas la vida es un camino se quieri ser hombre .. La fatica fisica e le occupazioni di come mangiare e dormire mi lasciano dal pensare in modo astratto. Il cammino è un pretesto per uscire da noi stessi e mettersi in movimento, homo viator, il mio centro mi stà sempre davanti in un certo senso siamo eccentrici ... Un altro giorno, è stata dura, mi sono alzato stanco da Belorado, sono arrivato a Villafranca de Oca, prima di salire il monte, per S J de Ortega.. mi sono fermato per la notte alle pendici del monte, troppo caldo. Prima ad un alberghe municipale, ma poi decido di cambiare e di stare in un albergo migliore. Non sò se continuerò dopo Burgos..penso spesso a come tornare indietro. Stamani sono partito da Villafranca de Oca, tappa dove c’è una certa salita e ho avuto un pò di paura nella salita pensando spesso di non farcela, guardando spesso indietro e vedendo le curve della strada. Simboli delle mie paure, vedere la strada con la via d’uscita, ma progressivamente si apriva uno scenario stupendo che ha ripagato i miei sforzi, la vegetazione così ricca, il cielo terso e tinteggiato di striature vermiglie, l’aria balsamica Sono un pò triste per non essere con qualcuno che ho conosciuto (Carlo e altri), ho dei sentimenti contrastanti, fra la voglia di stare insieme e quella di stare da solo. Come nella vita, a volte camminiamo soli, a volte in comunione spesso quando meno l’aspetti, nei tratti più duri appare una persona che ti dà coraggio per andare avanti... Arrivato a S Juan de Ortega, mi riposo un pò in un bar. Dopo vado nella chiesa e mi fermo sostando alla tomba del santo e in raccoglimento aiutato da dei cuscini per sostare e riposarsi. Mi fermo ad Atapuerca, un piccolo paese famoso per gli scavi antichi dove ci sono stati ritrovamenti preistorici. Qui incontro un simpatico, colto spagnolo di nome Ander, che mi dà la parola ad un bar dove mi sono fermato pensando di chiedere un autostop fino a Burgos. Cominciamo a parlare a ruota libera e scherzare molto..decido di rimanere per la notte e la mattina successiva partire per Burgos. Con Ander ho camminato, sbagliando strada, fino alla bellissima cattedrale di Burgos, parlando di tante cose, dal sesso alla letteratura, da Cervantes ai Sancho Panza dei rifugi, quelli che non ti lasciano dormire bene la sera perché bevono troppo. Ricordo che usava spesso dire dopo una frase, “si però”.. Mi sono fermato un giorno a Burgos, dopo una indecisione, non sapevo se andare avanti, poi ho incontrato due simpatici romani, una dolce ragazza del sud che lavora in Inghilterra, e un prete che mi hanno dato coraggio per andare adelante fino a Leon, affrontare le cosiddette mesetas, un altipiano monotono dove non ci sono alberi per la sombra e il mucho calor ti brucia la cabeza se non hai il gorro .. “Si adombra s’incarna in questo giorno quel desiderio ma nel giorno che trascorre la vita sembra lasciarmi e io solo, ramingo vado a cercare qualche breccia di comunione dove sentir spirare la brezza dell’Amore. La sfiducia gioca negativamente portando a voler vedere delle cose al posto di quelle che ci sono. Hontanas, piccola oasi nell’afosità bruciante e disadorna di quei campi di grano prosciugati dal calore, da quella terra riarsa, piena di passi che ci hanno preceduto, alla fine di una salita, eccoti in fondo con la tua chiesetta antica, i tuoi rifugi e quella piccola cappellina che accoglie i pellegrini stanchi dove la statua della vergine dà sollievo e refrigerio spirituale. Piccola consolazione e incontro che mi ha lasciato una traccia nell’anima come un angelo che passava da lì. Il ricordo di Hontanas me lo porto dietro per tutto il cammino.. Arrivo a Leon, bellissima città, piena di bar, di posti dove picar algo per comer e beber, la cattedrale troneggia sulla città maestosa, anche qui ho esitazioni e dubbi se continuare... (uomo di poca fede..quanti Pietro ci sono in noi che invece di vedere davanti, guardano in basso e affondano) .. Vado avanti, colgo l’attimo, quando mi capiterà di avere molto tempo e di non avere vincoli a parte il denaro, il vile denaro per compiere questo cammino! Leon città stupenda dalle parti molto antiche, incontro qui l’angelo di Hontanas che mi dice di vivere il momento presente senza guardare l’orologio, carpe diem, di non pensare troppo. .. Dopo Leon, proseguendo mi fermo a Villar de Mazariff al refugio de Jesus, dove incontro Andrè, brasiliano che vive a Barcellona e Andrea un italiano . Dopo una grande fatica per arrivarci, nel caldo torrido pieno di sudore, approdo a questo spartano albergo pieno di scritte sui muri e disegni di ogni tipo. Andrea l’italiano mi invita a cenare insieme e non mi pare vero. Ma è così, la fatica che si condivide diventa meno pesante, la condivisione, “ciò che si condivide si moltiplica”. Andrè il brasiliano cucina un piatto con calamari e dopo un insalata, con del vino. Sono quasi commosso e piacevolmente stupito, dopo una grande fatica mi trovo a tavola in un clima di accoglienza. Andrè è un pò taciturno, dallo sguardo vivo, intelligente, sembra uscito da una pellicola americana; scoprirò più tardi del suo bagaglio leggero e del libro di due kg che porterà fino a Santiago. Farò con lui un bel tratto di cammino insieme. Mi colpisce la sua essenzialità, cioè nella sua borsa da città aveva l’indispensabile e delle scarpe urbane. Mi trovo bene, a parte i piedi un pò doloranti e qualche vescica. A Mansilla de las Mulas, dove mi ero fermato il giorno prima, l’ospitalera mi aveva medicato una vescica, provocandone l’uscita del liquido. Adesso temevo si fosse infettata. Paure e preoccupazioni del cammino. Da quando sono partito, ho visto diverse persone incerottate, aghi, fili, e massaggi ai piedi con vasellina per precauzione. Sto sperimentando un senso di leggerezza e libertà, che da molto tempo non provavo, forse l’ho vissuto a Siviglia, la Spagna mi attrae, mi gusta l’aria che si respira, il paesaggio la gente, e vorrei non tornare più in Italia. In fondo non ho nessun vincolo... Per uscire dalla forza di gravità della dipendenza ci vuole una forza contraria e maggiore, una scelta radicale, un progetto solido. Tutti i problemi maggiori nascono in famiglia, con i nostri genitori, con nodi irrisolti, con una trasmissione intergenerazionale che perpetua delle modalità egosintoniche di affrontare i problemi. La vertigine che mi dà la contemplazione della bellezza, il senso di stupore viene attenuato da certi filtri razionali che ci portiamo dietro; sarà per questo che molti pellegrini quando arrivano ai rifugi bevono molto, oltre che per dissetarsi per sgombrare la mente dalle zavorre. Probabilmente fà paura perdere il controllo, ma mi domando non si cammina anche perché si è pensato troppo senza approdare da nessuna parte? Ho letto in un libro famoso scritto da un medico e romanziere (il Cammino Immortale) che spesso alla fine del tragitto le ragioni che avevano portato a farlo sono state risucchiate dalle necessità contingenti: mangiare, trovare da dormire, camminare senza farsi male, attenzione ai piedi indolenziti, insorgenza delle vesciche e tendiniti, dolori al ginocchio. Insomma il cammino che parte da lontano “produce un alchimia” nel pellegrino fino a portarlo ad una “sorta di iniziazione del vuoto”, si cammina per camminare.. La famosa poesia del poeta andaluso Machado recita: “Caminante no hay camino se hace camino al andar”.. Camminando s’apre cammino. Mi viene da pensare che è importante saper sostare, non solo camminare veloci alla meta, perché quello che c’è in mezzo insieme ai pellegrini che incontri rischi di non vederli, dicendo meccanicamente buon cammino che fà sempre piacere. Proseguiamo fino a Hospital de Orbigo, dove c’è un bellissimo ponte romanico, e dove merita davvero fermarsi per la notte, in un Albergue parrocchiale, molto carino. Dopo arriviamo ad Astorga, dove c’è una bellissima cattedrale e ci sistemiamo all’Albergue municipale. La tappa successiva sarà Rabanal del Camino, suggestivopueblo nato per accogliere i pellegrini in salita, con in cima il monastero dei benedettini, e il refugioGaucelmo, donativo, pulito e onfortevole. Da Rabanal del Camino il giorno seguente sempre insieme ad Andrè proseguiamo per la Cruz de Hierro, un punto molto importante del cammino, dove in una montagnola è issato un palo e in cima una piccola croce. Tante pietre sono state deposte dai pellegrini, simbolo di pesi da lasciare. La preghiera della Cruz de hierro dice: “Signore, che questa pietra che depongo ai piedi della croce del redentore, simbolo dei miei sforzi nel mio pellegrinaggi, possa fare pendere la bilancia in mio favore quando le mie azioni saranno giudicate” Non ho portato con me pietre, ma le prendo vicino e le getto, a simbolizzare i miei nodi irrisolti che non riesco a dire, non mi sono preparato molto all’arrivo della Cruz, ma recito una preghiera. Penso all’egoismo, alla paure, alle false prese, alla paura di spendersi.. Dopo la Cruz de Ferro, c’è una discesa molto stancante e piena di sassi da farsi male se non si stà attenti, ma il paesaggio è davvero stupendo! Passiamo da Manjarin e giù verso Acebo. Decidiamo di sostare ad un albergue parrocchiale dove un simpatico e alla mano Ospitalero ci accoglie, preparando lenticchie per la sera. Alla sera facciamo una cena comunitaria e su mia iniziativa ognuno viene stimolato a esternare le sue motivazioni nel camino. Sono tante e varie, dalla riflessione, a motivi familiari al semplice piacere di camminare. Una bellissima ragazza dell’est, dice che le necessita solo quello che stà nella mochila il resto è superfluo. Si, il senso di leggerezza e libertà che sto sperimentando è davvero sorprendente, e tornando nel mio ambiente lo rimpiangerò, non rendendomi conto di quanto sia importante viaggiare leggeri. Ho letto da qualche parte, che il peso dello zaino è il peso delle nostre paure. Verissimo! “Forse non abbiamo mai avuto altra scelta che tra una parola folle e una parola vana”..(l’Uomo che Cammina di Bobin) Ci vuole un grammo di follia ogni tanto per staccare e fare il passo, prima sarà un pò difficile poi sarà liberante. La parola folle fà paura perché scompiglia le carte dei tuoi schemi preordinati, meglio la parola folle che quella vana, abitudinaria che non sazia la tua vera fame. “Che cercate”? “Vieni e vedi”! “Chi altri ha parole di vita “piena”.. “Il cervello è un droghiere, tiene i registri, annota le uscite, le entrate, i profitti, le perdite. È un bravo amministratore, non rischia mai tutto, tiene sempre qualcosa di riserva. Non taglia la fune, no! La stringe in mano, il furfante; se gli sfugge, è perduto, perduto poveretto! Ma se non tagli la fune, mi dici che gusto ha la vita? Di camomilla, di camomilla; non di rum, che scaravolta il mondo!” Quanta strada passata, quanti incontri, quanti scenari diversi, da Roncisvalle ne ho fatta di strada. Voltandomi ho la sensazione che ciò che è stato non torna più, che quello che sto vivendo forse segnerà una tappa nella mia vita, che non sarà più possibile banalmente tornare a vivere come prima, più che altre esperienze, sento che il cammino rappresenti per ognuno un modo per fare un bilancio e decidersi in qualcosa almeno per quelli più maturi. Passiamo da Molinaseca, che ci accoglie con lo spendido santuario de las Angustias, addossato al monte. Ci fermiamo in uno dei tanti bar sulla stradina che prosegue nel camino e arriviamo a Ponferrada. Non riusciamo a vedere il castello dentro perché è giorno di chiusura. Sostiamo nell’Albergue municipale. e la mattina dopo camminiamo verso Villafranca del Bierzo. Più mi avvicino alla meta, e più sento la “gana”, il deseo di raggiungerla, di arrivarci, dopo le iniziali esitazioni, i dubbi, le incertezze, come se continuando a camminare una forza misteriosa ti sospingesse avanti, una brezza vigorosa che muove le vele della tua barca verso il porto; le frecce gialle sono dei magneti spirituali che ti incitano a continuare, i cippi con la classica concha disegnata, i km che separano da Santiago, tutto concorre perché i tuoi piedi vadano avanti. Diventiamo camminatori strada facendo, come l’appetito, non ci sono preparazioni ad hoc, devi farlo per sentirlo. Ci aspetta una bella salita, verso O Cebreiro, passando da dei puebli molto dolci nel suo transitare, con dei paesaggi soavi e pieni di vegetazione. Prima di salire, mi fermo a fare scorta di un pò d’energia, una tortilla spagnola, con del pane e un pò di buona birra fresca. Mi dà la carica per affrontare la salita, è caldo siamo verso le 12, cominciamo a salire con una vista bellissima, mi volto poco a guardare indietro per non avere le vertigini, per paura ma è appagante arrivare dopo tanto sforzo, in questo paese suggestivo del camino. O Cebreiro, 1.300, metri luogo ricco di fascino un pò deturpato da bar e ristoranti. Dopo aver mangiato un bocadillos in un bar tienda con Andrè e Laura, una dolce compagna di viaggio, proseguiamo verso Hospital da Condesa passando la notte in un Albergue municipale un pò “feo”, in un paese dove non c’è quasi nada. La mattina dopo partiamo per Triacastela, proseguendo per il monastero di Samos dove ci fermiamo per la notte. A Samos sostiamo all’Albergue del Monastero, donativo. Dall’esterno il monastero soprattutto venendo dal camino, si può contemplarlo dall’alto ed è davvero bello; visitandolo all’interno, resto un pò deluso per la mancanza di vita che vi respiro, quasi un museo dove si fà fatica a vedere i monaci. All’interno della chiesa dove si celebra l’eucarestia, ho un senso di oppressione, sarà perché sono spossato, per le statue che incutono un pò di “timore e tremore”, comunque è imponente. Da Samos a Sarria si fà presto ed è facile. Prima di arrivare a Samos il percorso è soave, balsamico immerso nell’ombra del bosco che fà pensare all’Umbria, ad un pellegrino lontano: S Francesco d’Assisi.. Sarria, da lì molti partono, per fare gli ultimi cento km e ricevere la Compostela, da lì si sente un allentamento spirituale una certa stanchezza che preannuncia che il camino stà per concludersi, gruppi di spagnoli giovanissimi che fanno le corse passi lesti con incitamenti vari, comitive di ogni tipo con bandierine. Da Sarria continuo a camminare da solo, e mi fermo a Barbadelo. Passo una bella notte nell’Albergue Municipale, incontro gente simpatica, ragazze spagnole di Alicante, un seminarista, francese e una ragazza africana. Il giorno dopo arrivo a Portomarìn, località deliziosa per gli occhi, con il lago che ti accoglie prima di salire nel centro, con la piazza dove c’è la chiesa-fortezza di San Nicolàs, dove mi fermo in un bar antico che mi ispira molto decidendo di godermi la vista del posto e prendere un vaso di vino tinto con un piatto di lenticchie. La luce del sole dà energia, vorrei dire due parole, ma mi trovo spossato in un bar e scrivo qualcosa. Entro in chiesa, e assisto alla celebrazione di un gruppetto di spagnoli guidati da un prete giovane, e un altro di cui farò conoscenza rivedendoli a Melide. Dopo Portomarin, cammino molto per arrivare a Melide, forse spinto dal desiderio forte di arrivare presto, molti km che pagherò arrivando a Santiago con il piede sinistrodolorante e gonfio; forse con la gana di rivedere degli amici persi per strada, ma non godendomi molto le soste a partel’arrivo a Melide. Famosa per il pulpo alla gallega di cui mi aveva parlato Andrè, una volta arrivato, in compagnia di un romano simpatico che deve passare oltre Palas de Rei per raggiungere la compagna a Melide, mi sistemo all’Albergue Municipale dove incontro gli spagnoli della messa, il prete con un ginocchio dolorante e Xavier che mi dice essere dell’Opus Dei. A Melide decido di premiarmi andando alla Pulperia di Ezechiele dove Andrè e Laura mi avevano raccomandato, e gusto il polpo con un pò di vino, sono stanco ma soddisfatto, camminare molto di rende un pò teso, ma è tutta salute. Al tavolo una ragazza nordica fà una fotografia al piatto, poi si siede un ragazzo pellegrino ciclista, dei ragazzi mi servono, vorrei un vaso di Albarino fresco ma è possibile solo la bottiglia, allora ripiego sul vino tinto. La voglia dell’Albarino me la tolgo da sola in un bar apprezzandone le qualità insieme all’Orujo galiziano .. Brindare all’ amistad, agli incontri, alla leggerezza, a quello che può venire se lasci le tue paure e ti affidi. Da Melide continua la mia corsa pensando di arrivare a O Pedrouzo, ma dopo aver forzato un pò troppo mi fermo all’Albergue de Santa Irene. Il giorno dopo Santiago mi aspetta. Una sorta di malinconia si adombra fra queste pietre pregne di tempo, fra le sue fessure, nelle piccole fenditure. Piccole strade e cammini che s’incrociano in questo crocevia del tempo ricettacolo di desideri a cercare qualcosa. In questo cielo grigio cenere fra i canti dei gabbiani, fra le guglie misteriose della cattedrale, si dirige una processione di vita. Sento il canto dei gabbiani, la sete di libertà, che volteggia sopra la pietra antica, scavata, le macchie della vegetazione conche e sassolini. San Giacomo che si stacca dalla parete dall’alto, ti saluta Entro dentro da una porta laterale, e cerco l’entrata per l’abrazo dell’apostolo, non riesco a esprimere razionalmente il desiderio che porto dentro o quella forza che mi ha spinto ma sicuramente sento la vicinanza del Padre misericordioso che vigila e vuole il tuo bene, che ti protegge, che ti fà incontrare le persone giuste, che nei piccoli dettagli è presente. Durante il camino l’ho sperimentato, piccole cose ma grandi nella lunga durata e non trascurabili. “Uomo di poca fede perché hai dubitato”.. Santiago è affascinante, da lontano si vedono le torri della cattedrale, per arrivarci si passa dalla parte moderna, ma la periferia non è brutta come in altre città grosse del cammino. Dopo un pò di salita, si scende in una strada piccola, per arrivare al casco historico. Da una piccola stradina ritrovo i due miei compagni di viaggio, e con loro vado verso la cattedrale ansioso di arrivarci. All’inizio non ho una grande emozione, ma poi davanti all’imponenza dell’entrata principale, nella piazza dell’Obradoiro, mi commuovo pensando ai tanti volti incontrati e alla strada percorsa Questo è quello che scrissi di getto, che mi ricordo, dei vari posti, oggi a distanza di un anno, non saprei quale forza mi ha spinto ad intraprendere quella esperienza, il cammino.. non saprei alla luce anche di questi pesanti e asfittici mesi invernali che si sono susseguiti al mio ritorno . Ma voglio credere che ogni gesto, ogni segno non è mai a caso, che siamo strumenti anche inconsapevoli dei disegni di Dio.