IL GAZZETTINO DELLA BALENA BIANCA 5 per mille a Moby Dick

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IL GAZZETTINO DELLA BALENA BIANCA 5 per mille a Moby Dick
ANNO IV N.2
EDITORIALE
Agosto-Settembre 2015
Presidente
Maurizio Cianfarini
Vice-Presidente
Raffaella Restuccia
Direttivo
Palma Aliberti
Elena Buttinelli
Alessia Gentile
Maria Severa
IL
GAZZETTINO DELLA
BALENA BIANCA
Recapiti: 06-85358905
[email protected]
Redazione
Maurizio Cianfarini
Simona D’Amico
Vanessa Fabiano
Silvia Gabassi
Raffaella Restuccia
SOMMARIO
Editoriale pg.1
Cianfarini Maurizio
L’importanza del sostegno ai genitori
nell’esperienza di malattia pg.2
Raffaella Restuccia
L’esperienza elaborativa della rabbia
pg.4 Silvia Gabassi
Il XVI convegno Nazionale del 2016
“Misericordia, Compassione e
Relazione di Cura” pg.6
Maurizio Cianfarini
Il disimpegno morale nella relazione
di Cura” pg.7 Alessandro Bruzzese
7 buoni motivi per fare il volontario
pg.9 a cura di Moby Dick
“L’Associazione nel 2014 ha compiuto 25 anni di
attività accanto alle persone che affrontano la sofferenza
relativa all’essere malati di una patologia oncologica;
aiutaci a sostenere questa attività con il tuo 5x1000, una
maniera diretta, facile e che non costa nulla ma ci può
dare molto”
5 per mille a Moby Dick
C.F. 96131010587
“Ogni giorno per scelta, al fianco di chi vive
l’esperienza del cancro”
Se ti fidi di Noi…
Ti fidi di Moby Dick ONLUS
Bandi e Borse
pg.13 e 14
Rubriche
A domanda risponde pg.10
a cura di Maurizio Cianfarini
e Gianni Biondi
Non è vero ma ci credo pg.11
I Superfoods sono davvero “super”?
a cura di Moby Dick
Pillole di saggezza
M. Proust pg.8
Eventi Formativi pg. 15
Help Profession,
La Vita è adesso!;
Il Dolore Superfluo
Master Professionalizzante
Le nostre pubblicazioni pg. 16
Chi, come, cosa “Siamo” pg. 19
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Siamo su you tube (moby dick onlus)
http://www.youtube.com/watch?v=DC6XNSGM_-U
https://www.youtube.com/watch?v=_3ThauXaVJ0
...e su
chiedi la nostra amicizia
Siamo su ilmiodono.it (moby dick onlus)
https://www.ilmiodono.it/it/organizzazioni/?id_organizza
zione=1199
I vantaggi di essere
moby dicker pg.9
“Triste quel popolo
che ha bisogno di
eroi…” Bertolt Brecht
“Triste quella Sanità in cui
le persone malate devono
essere eroi!!”…e districarsi
tra visite, controlli,
accertamenti diagnostici e
cure…adeguate.
Povera sanità quella in cui si
sente esclamare: “sono stato
fortunato, ho trovato un
buon oncologo”, laddove un
medico, un oncologo, il
personale sanitario
dovrebbe esserlo – bravo - a
prescindere dalla fortuna.
Ed ecco che in quella sanità
“l‟Eroe” esegue tra molte
peripezie una Tac urgente e
si ritrova a chiedere un
appuntamento in privato o in
intramoenia altrimenti
l‟urgenza decade se lui
confida nel suo
appuntamento di controllo
con prenotazione pubblica
per capirne di più. Eccolo
ancora che si districa tra i
vari protocolli, che per la
sua “tipizzazione” e storia
clinica sono uguali su tutta
la penisola, e trova invece
che le varie interpretazioni
sono diverse e non tutti gli
oncologi e strutture hanno lo
stesso atteggiamento.
Eccolo allora, timidamente,
chiedere di avere un altro
consulto con il timore di
ferire il narcisismo del
medico e non essere aiutato
e/o consigliato ad avere
un‟altra opinione in altra
struttura. Ed eccolo di nuovo
a fare una visita privata
- l‟ennesima- per avere la
possibilità di essere seguito,
operato e curato in una
struttura pubblica dove il
“luminare” lavora.
Ricordandoci che il
luminare è tale grazie alla
struttura pubblica che lo ha
continua pg. 13
Pagina 1
L’importanza del sostegno ai genitori
nell’esperienza di malattia
„Famiglia‟ è sinonimo di „insieme di relazioni‟. I
familiari sono interdipendenti, si influenzano e si
condizionano, nello scorrere del tempo. E le loro
relazioni crescono, cambiano, a volte „maturano‟.
Finché ci si adatta tutti insieme al procedere del
ciclo di vita, incontrando e superando ostacoli
passeggeri più o meno rilevanti, la famiglia è in
salute. Una famiglia che cambia è una famiglia
flessibile.
La malattia grave introduce un diverso tipo di
cambiamento rispetto al consueto, porta diversità
immediata in un contesto immutato. Ci colpisce
nella nostra quotidianità, quando tutto intorno a
noi sembra rimanere uguale. Tutto è invariato ma
noi ci sentiamo diversi, il nostro tempo è scandito
da analisi, sintomi, terapie. Ciò può avere
ripercussioni anche profonde sul benessere
emotivo, personale e familiare. Quando accade un
evento critico, il sistema famiglia si deve
riequilibrare. Ma quando l'evento colpisce
fortemente, si fatica a creare subito una nuova
immagine,
l‟identità
familiare
diventa
momentaneamente incerta, affetti, ruoli e funzioni
si confondono. In questi casi un sostegno può
riattivare il divenire familiare, reintroducendo la
flessibilità, può favorire l‟espressione di emozioni
e sentimenti nella famiglia e nella coppia e può
aiutare a gestire il rapporto con i figli.
Una diagnosi di tumore crea un disorientamento
che ricade sulle relazioni e sulle comunicazioni in
famiglia e su quell‟area delicata relativa a quanto
e come coinvolgere i figli nella conoscenza della
situazione.
Infatti quando in famiglia sono presenti bambini i
genitori
devono
affrontare,
oltre
alle
preoccupazioni che li riguardano personalmente,
oltre alle apprensioni legate alla coppia, anche una
serie di dilemmi che riguardano se e come
informare i figli di ciò che sta accadendo. Quando
c‟è una malattia grave i genitori si domandano se
dirlo o non dirlo ai propri figli: “non so se
lasciarlo nella paura dell’ignoto, ma anche la
realtà è tremenda”. C‟è il desiderio di non
coinvolgere i bambini in una situazione dolorosa.
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Ma se si può decidere cosa dire e cosa non dire a
livello verbale, non è altrettanto possibile celare
gli atteggiamenti, gli stati emotivi, il
comportamento non verbale, tutti elementi ai quali
i bambini, sono estremamente sensibili e che
comunicano che qualcosa è cambiato. Se i
genitori, che per i figli rappresentano la guida e la
protezione, diventano per un qualche motivo in
apparenza sconosciuto ansiosi, apprensivi,
sfiduciati, ambigui, il bambino lo percepisce e
sarà difficile per lui mantenere la spensieratezza.
Sente che è successo qualcosa, che mamma o
papà hanno „qualcosa che non va‟, ma non può
capire se nessuno glielo spiega. E questo senso di
incertezza genera anche in lui ansia e frustrazione:
le stesse da cui si voleva proteggerlo.
Il genitore direttamente colpito dalla malattia
sperimenta solitamente emozioni, pensieri e
sensazioni avvertite come strane per intensità e
qualità. Le emozioni, i pensieri, le idee si
affollano, si accavallo. In alcuni momenti ci si
sente pieni di speranza, di forza e subito dopo ci si
sente crollare. Questo alternarsi di vissuti così
forti,
questo
sovrapporsi
di
emozioni
contraddittorie si unisce alle sensazioni corporee,
alla reazione di tutto il contesto, delle persone
vicine, delle persone che sono lontane e che si
avvicinano o che erano vicine e si allontanano. In
questa situazione la sensazione di autoefficacia
del genitore può ridursi e le sue reazioni nei
confronti dei figli possono essere molteplici.
Una delle reazioni riscontrate nei genitori malati
può essere il congelamento emotivo, una barriera
difensiva che determina un distacco e un
allontanamento emotivo al fine di proteggere se
stessi e gli altri dal dolore; a volte si affida il
bambino a un familiare per gran parte del tempo.
Parallelamente si può notare la tendenza a rendere
autonomi figli anche molto piccoli, con la fantasia
che possano imparare a cavarsela da soli. Una
paziente, una mamma, che era angosciata perché
suo figlio di sei anni le chiedeva ancora aiuto per
allacciarsi le scarpe, ripeteva...”poi si troverà
male”. Talvolta l‟accelerazione del processo di
indipendenza dei figli può derivare anche dal
sentirsi in un “deserto emotivo”, dal sentire cioè
che tutte le energie sono necessarie al proprio
equilibrio emotivo e non possono più essere
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donate ad altri. Questo può provocare
inadeguatezza e senso di colpa e genitori con un
basso senso di autoefficacia tendono ad interagire
meno e a manifestare più frequentemente
frustrazione e collera. “Io vorrei continuare ad
aiutare mio figlio come dovrebbe fare una
mamma ma, io non ce la faccio più”: in questa
espressione è possibile osservare quanto
l‟autoefficacia diminuisca quando c‟è una malattia
oncologica e quanto una mamma si possa sentire
in colpa perché non ce la fa più a dare tutto quello
che prima dava e tutto quello che è nella sua testa
come idea di mamma ideale e/o di papà ideale.
Possono esserci intolleranza e scoppi d‟ira verso il
figlio, una mamma mi disse "ho un bambino di tre
anni, è lui il mio unico dolore! io sento di non
essere una buona madre per lui, perché non ho
pazienza...mi dà fastidio quando sbatte oppure
quando viene da me e mi fa in continuazione
domande...perché?
perché?
perché?...mi
spazientisco e lo vivo come un peso perché mi
toglie lo spazio per me"; possono anche
aumentare i litigi in famiglia, ad esempio alcune
superficialità che prima si tolleravano nel partner
ora non si sopportano più perché l‟altro deve
dimostrare di poter diventare all'occorrenza una
buona guida per la famiglia. La tensione in
famiglia crea un sottofondo che aumenta tanto più
si cerca di far finta che tutto vada bene, che
proceda come al solito.
Indicatori generali di malessere nei bambini
possono essere aggressività, „capricci‟ immotivati
o eccessivi, regressioni a fasi precedenti,
isolamento, paura del buio, fobia scolastica e/o
cali del rendimento, difficoltà ad addormentarsi o
ripetuti risvegli, calo o aumento dell'appetito,
difficoltà di attenzione, sintomi somatici, richiesta
continua di contatto fisico o al contrario rifiuto
della vicinanza.
L‟affidabilità e la capacità
di risposta dell‟ambiente di
sostegno costituiscono il
presupposto fondamentale
per l‟instaurarsi di una base
sicura.
Una
situazione
familiare incoerente e non
comprensibile per il bambino può comportare una
scarsità dei segnali di sicurezza e quindi lo
sviluppo di ansie e paure.
I bambini possono percepire i genitori come
lontani e hanno paura di essere lasciati soli, di
essere abbandonati.
Le conseguenze dolorose di una malattia sul
rapporto genitori-figli possono essere gestite
aiutando i genitori a mantenere nonostante la
situazione una attenzione empatica sui figli
attraverso un sostegno mirato al potenziamento
della competenza genitoriale e alla comprensione
dei figli; è utile cercare di accompagnare la
famiglia, i genitori nella comprensione che anche
alcuni comportamenti poco chiari possono essere
la conseguenza di una sofferenza non espressa a
parole e rappresentare una richiesta di
rassicurazione.
La genitorialità di per se prevede il prendersi cura
di qualcun altro, ha una dimensione di
progettualità che quando si sta male viene
bloccata poiché diventa impensabile proiettarsi
nel futuro e riuscire ad immaginarsi in una
situazione di cura di un altro da sé perché si è in
una situazione di forte bisogno e perché ci si sente
a rischio. Le persone malate spesso riportano con
molto disagio la sensazione di riuscire a pensarsi
solo nel qui ed ora, talvolta raccontano le reazioni
dei figli che dimostrano una difficoltà ad accettare
l‟idea di un genitore che non è più quello che
erano abituati ad avere, un genitore forte, un
genitore sano, un genitore su cui poter contare.
Questa è per i genitori un‟esperienza che provoca
un senso di forte impotenza e di rabbia e un
dolore.
Se si aiutano i genitori a comprendere, a elaborare
la situazione di disagio, a far capire ai figli la
situazione che stanno vivendo tutti insieme
sicuramente anche il disagio del bambino
diminuirà.
Dire il „giusto’ grado di verità (proporzionato
all‟età del bambino) significa condividerla, e la
condivisione diventa protettiva sia per la persona
che sta male sia per coloro che le stanno accanto.
I bambini non cercano genitori perfetti ma una
mamma e un papà che li amano.
Raffaella Restuccia
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Pagina 3
L’esperienza elaborativa della rabbia
Elizabeth
Kubler-Ross, agli inizi degli anni ‟70,
elaborò il modello delle cinque fasi del lutto
già presi in considerazione su questo
gazzettino tra il 2013 ed il 2014 (vedi arretrati
sul sito). Questo modello è stato teorizzato
osservando pazienti in stadio terminale, quindi
pensato per l‟elaborazione del lutto legato alla
malattia. Con studi successivi e l‟esperienza
clinica acquisita, si è notato che queste cinque fasi
sono universali: esse, infatti, sono applicabili a
qualsiasi lutto che la persona elabora e
prendendo in considerazione che il lutto non è
necessariamente correlato alla morte di una
persona, anche se in quel caso ne abbiamo
l‟espressione massima, ma con qualsiasi
perdita, anche di parti di Se legate all‟incontro
con la malattia e/o perdita dell‟immagine
corporea ad essa conseguente.
Queste fasi non sono statiche e fisse, ma possono
presentarsi sovrapposte, avere diverse intensità e
tornare in determinati momenti nel corso
dell‟elaborazione.
In sintesi, le cinque fasi sono: la negazione, in cui
la persona nega di
avere una malattia e le
sue implicazioni, per
contenere l‟ansia che
questo pensiero genera;
la rabbia, sia rivolta
verso se stessi che
verso gli altri; il
patteggiamento, in cui
si inizia a contattare le conseguenze di quello che
è accaduto e.. cosa ottenere in cambio per
affrontarle: “farò l’operazione dottore ma non mi
faccia sentire nulla” “affronterò la chemio ma
l’importante che possa essere pronto per il
matrimonio di mia figlia!”; la depressione, che
sembra
presentarsi
soprattutto
quando
“finalmente” si entra in contatto con la realtà,
sia interna che esterna, dei significati
dell‟essere portatrice di una patologia e della
sua prognosi; l‟accettazione, da non confondere
con la rassegnazione, in cui la persona arriva
alla graduale comprensione di quello che sta per
accadere e quale risposta può ancora dare
“nonostante tutto”, accompagnata molto spesso
da un viraggio legato dalla quantità del tempo
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alla qualità del tempo a disposizione con un
forte avvicinamento emotivo alle persone care.
Una delle fasi di più difficile gestione è quella
della rabbia, sia per la persona sia per i familiari.
Avere una diagnosi di cancro porta l‟individuo a
doversi confrontare con l‟idea della morte prima
di quanto avesse preventivato. Tutti, a livello
inconscio tratteniamo la consapevolezza di
“dover”
morire,
ma
quando
questa
consapevolezza arriva a livello conscio
attraverso malattie tipo oncologiche si avverte
una forte aggressione alla propria persona.
Inoltre, una diagnosi di malattia grave porta con
sé una sensazione di essere messi all‟angolo e non
poter gestire l‟evento, un forte senso di impotenza
e frustrazione verso ciò che sta accadendo.
E‟ una provocazione, un‟aggressione che
subiamo e tendiamo immediatamente a
proiettarla verso l‟esterno.
Ogniqualvolta un essere vivente sperimenta in
natura una provocazione da parte dell‟ambiente, la
risposta più comune è quella aggressiva. Questo
avviene sia per gli animali sia per gli esseri umani.
E‟ abbastanza noto, tuttavia, che esseri che vivono
assieme ad altri individui della stessa specie
sviluppino un modo per evitare conflitti, tramite
proprio il controllo della risposta aggressiva. Gli
uomini, fin dai primi nuclei gregari, hanno cercato
di evitare scontri controproducenti per il gruppo.
Per questo motivo, l‟aggressività e il sentimento
sottostante, la rabbia, sono solitamente
ostracizzate dalla società. L‟individuo è educato a
inibire e bloccare qualsiasi focolare di questo
sentimento, perché, oltre di essere di difficile
gestione per se stesso, lo è anche per le persone
che lo circondano, oltre a poter essere
potenzialmente
dannoso.
Ricordiamo
espressamente un episodio di una persona
anziana che aveva chiesto aiuto presso la
nostra associazione, la richiesta del signore
era espressa in questo modo: “mi dovete
aiutare, ho mia moglie, indicando la sala di
aspetto, che mi sta molto vicina, mi
accompagna a tutte le visite, mi conforta e io,
la tratto male; non so perché ma la tratto
proprio male, mi aiuti…”.
Tra la persona e l‟ambiente circostante si instaura
una tensione, un conflitto, da una parte la rabbia
deve essere gestita e, se possibile, nascosta;
dall‟altra questo sentimento viene provato e
spesso proiettata all‟esterno . La rabbia e la
risposta aggressiva, al contrario di quanto si
pensa, possono essere positive: sono in grado di
Pagina 4
mobilitare
forze
psicologiche
positive,
modificando uno status quo. Occorre ricordare
che tutti i sentimenti, anche i più negativi, sono
legittimati nella loro espressione e gestiti
nella conseguenza (posso permettermi la
rabbia per una ingiustizia vissuta ma non per
questo prendere a pugni qualcuno).
Questo sentimento genera due diversi tipi
reazioni. La prima è la vera e propria risposta
aggressiva, diretta verso l‟ambiente esterno, la
seconda è legata alla sensazione d‟impotenza
dell‟individuo che si trasforma in vittimismo o
ambivalenza.
La sensazione di essere “vittime del destino” è
ricorrente in molte persone con una malattia
oncologica ed è, sotto certi aspetti, una funzione
sana, se non scade nella manipolazione affettiva
altrui. Essa sfrutta i legami emotivi delle persone
care, costringendole ad un‟iper-cura della persona,
facendo scattare, in caso contrario, senso di colpa.
L‟ambivalenza è un meccanismo messo in atto
molto spesso e che riesce a far “convivere”
insieme due sentimenti opposti. Capita molto
spesso che persone malate provino sensazioni
ambivalenti, soprattutto verso i proprio cari: li
amano, ma, allo stesso tempo possono odiarli
perché sono in salute. L‟ambivalenza può essere
messa in atto anche per placare la rabbia, sentita
come distruttiva, rivolta alle persone a cui si vuole
bene.
Una parte fondamentale per
capire la modalità di
comportamento
della
persona è comprendere il
suo locus of control. Ogni
persona ha una precisa visione della vita. Quando
questa persona pensa che le sue capacità possano
influire sui suoi successi o suoi insuccessi, allora
il locus of control è interno; al contrario, quando
l‟individuo pensa che gli eventi della vita, sia
positivi che negativi, siano soggetti a forze
superiori, come il destino, e che le abilità
personali possano poco o nulla cambiarli è
esterno. La distinzione così fatta è chiaramente a
solo scopo scientifico. Non esistono, infatti,
persone completamente “interne” o “esterne”. Gli
individui hanno una tendenza predominante in
uno dei due sensi, ma esistono molte
questi individui manifestino direttamente la rabbia
verso l‟esterno.
Individui con locus of control esterno, invece,
tendono a essere più in balia degli eventi e a
affidarsi
a
altri.
Questa
modalità
di
comportamento porta a sentirsi vittime quando
accadono situazioni negative, cercando aiuto
verso l‟esterno.
William Blake, famoso artista inglese, disse: “Ero
arrabbiato con il mio amico. Glielo dissi e la
rabbia finì. Ero arrabbiato con il nemico. Non ne
parlai, e la rabbia aumentò.”
Il cancro è un nemico silenzioso e spesso tutti i
sentimenti a esso collegati sono repressi. Al
contrario, permettersi di viverli è uno dei primi
passi per elaborarli e lasciarli andare via.
Silvia Gabassi
“Help Profession"
il lavoro in equipe e la Mission Sanitaria
1 ottobre Roma
Gli incontri, nell‟ottica dell‟approccio globale al
paziente e di condivisione con gli operatori
ispirandosi al modello dei gruppi Balint, si
propongono di fornire ai partecipanti strumenti
teorici, tecnici e pratici. Il Corso è rivolto a tutti
coloro che sono impegnati in una relazione d‟aiuto e
desiderano una condivisione delle esperienze
professionali.
Gli incontri saranno quindicinali, il giovedì, per un
totale di 13 incontri, dalle ore 18,00 alle ore 20,00
variazioni.
Diciamo che le persone con locus of control
interno hanno alti livelli motivazionali, uniti
anche alla ricerca attiva di strumenti e soluzioni
per risolvere problematiche. E‟ più facile che
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35 Crediti ECM per tutte le professioni sanitarie
(infermieri, medici, fisioterapisti, logopedisti,
biologi, farmacisti, ecc. ecc.)
Pagina 5
XVI Conveg no Nazionale
L’Intervento Psicologico in Oncologia
Misericordia, Compassione e
Relazione d‟Aiuto
28-29 gennaio 2016 Aula Magna C.N.R.
Come
può un tema relativo alla Misericordia
confrontarsi con la Compassione ed insieme
essere inserito nella Relazione di Cura? Con quale
efficacia e con quale “controindicazioni”?
La compassione (dal latino cum patior - soffro
con) è un sentimento per il quale un individuo
percepisce emozionalmente la sofferenza altrui
provandone pena e desiderando alleviarla.
Il concetto di compassione richiama quello di
empatia dal greco "εμπαθεια" che veniva usata per
indicare il rapporto emozionale di partecipazione
soggettiva che legava lo spettatore del teatro greco
antico
all'attore
recitante
ed
anche
l'immedesimazione che questi aveva con il
personaggio che interpretava.
Nelle scienze umane, il termine empatia è passato
a designare un atteggiamento verso gli altri
caratterizzato da un impegno di comprensione
dell'altro, escludendo ogni attitudine istintiva
affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni
giudizio morale.
La Misericordia è un sentimento generato dalla
compassione per la miseria altrui (morale o
spirituale). Deriva dal latino misericors (genitivo
misericordis) e da misereor (ho pietà) e cor cordis (cuore); È una virtù morale tenuta in
grande considerazione dall'etica cristiana e si
concreta in opere di pietà o, appunto, di
misericordia.
Sulla Relazione d’Aiuto molti si sono espressi
ma vogliamo citare Rogers che nel 1951 ha
definito la relazione d'aiuto come "una relazione
in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo
scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo
sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un
modo di agire più adeguato e integrato. L'altro
può essere un individuo o un gruppo. In altre
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parole, una relazione di aiuto potrebbe essere
definita come una situazione in cui uno dei
partecipanti cerca di favorire in una o ambedue le
parti, una valorizzazione maggiore delle risorse
personali del soggetto ed una maggior possibilità
di espressione". La specificità che la distingue
dalle altre relazioni umane è l'aspetto
metacognitivo: per competenza d'aiuto si intende
infatti la capacità di dare vita ad una relazione
umana in modo consapevole, controllato ed
intenzionale,
padroneggiando razionalmente
abilità "che sono un tutt'uno con ciò che si è".
Nei nostri anni di esperienza sia terapeutica che di
formazione ci siamo spesso confrontati con il
rischio che si incontra di contagio a livello
emozionale e del bisogno di strutturare dei moti
così spontanei come la Compassione e
Misericordia all‟interno di una educazione
sanitaria, una relazione che diviene uno strumento
terapeutico.
V. E. Frankl inserisce nei suoi schemi
interpretativi:
decisionalità,
intenzionalità,
responsabilità e comprensione dei valori, elementi
costituenti la dimensione noetica dell‟uomo, la
logoterapia. Quindi elementi noetici quali
Misericordia e Compassione si devono valere di
elementi fondamentali per una Relazione d‟Aiuto.
È la parte intatta dell'essere e può operare anche
nei confronti delle debolezze e malattie della
dimensione psico-fisica. La difficoltà per
volontari e professionisti della salute è confondere
il proprio bisogno personale da una motivazione a
prendersi cura dell‟altro. Spesso sentiamo dire, a
ragione, che “far del bene fa bene a se stessi”, ma
è importante che il bene per se stessi sia solo un
effetto
collaterale
di
un
movimento
compassionevole e non l‟obiettivo principale.
Le aree che nel convegno verranno prese in
considerazione sono:
•
•
•
•
•
Area Pediatrica
Area Transculturale
Area Palliazione
Area Oncologica
Area Geriatrica
L‟impedimento principale che possiamo trovare
nella relazione d‟aiuto è dare il giusto significato e
dignità al movimento compassionevole; si sentono
espressioni come: “io non voglio essere compatito
da nessuno”, “mi fa pena e non ce la faccio a
vederlo così ridotto”; dove troppo spesso la
compassione viene vista come elemento di
fragilità e non come risorsa.
Chiedere aiuto si può, offrire aiuto è
un‟opportunità da cogliere. Partecipa e manda
un tuo contributo, sul nostro sito le modalità
per l’abstract
Ci vediamo a gennaio!!
Pagina 6
Il disimpegno morale nelle relazioni di cura
Un oncologo,
in preda ad un senso d'impotenza,
risponde aggressivamente ad un paziente.
Un'infermeria, afflitta dalla frustrazione, è fredda
e superficiale nei rapporti interpersonali. Uno
psicologo, che segue un paziente in analisi da
diverso tempo, quando lo stesso si ammala di
cancro, chiude la terapia dopo pochi incontri
adducendo come motivazione che la nuova
situazione non era prevista nella richiesta iniziale.
Tre esempi tangibili che a volte incontriamo nei
luoghi di cura, evocativi di un fenomeno che può
essere riscontrato nelle relazioni umane dei
cosiddetti processi di cura.
La letteratura ha dimostrato che lo stress
lavorativo mal gestito ha conseguenze negative in
termini di salute, depressione e ansia,
soddisfazione lavorativa, prestazioni.
Nelle professioni d'aiuto, in cui tutti i processi si
amplificano a causa del contatto prolungato e
affettivamente significativo con le persone malate,
si è parlato abbondantemente di sindrome da
burnout: l'esito patologico di un processo
stressogeno che potrebbe colpire le persone che
esercitano professioni d'aiuto, quando queste non
rispondono in maniera adeguata ai carichi
eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad
assumere.
Avendo già trattato anche noi la sindrome del
burnout nel nostro Gazzettino della Balena Bianca
(vedi numeri arretrati) e sulle nostre pubblicazioni
(L’intervento psicologico in oncologia; La
malattia oncologica nella famiglia) in questo
numero tratteremo il concetto di “disimpegno
morale”.
Bandura nel 1986 definisce il disimpegno morale
come l'insieme dei dispositivi interni sia sociale
che cognitivi, che permettono all'individuo di
liberarsi dai sentimenti di autocondanna e dai
sensi di colpa, lesivi per l'autostima, nel momento
in cui viene meno il rispetto delle norme interne.
Impiegando il disimpegno morale, gli individui
possono agire comportamenti chiaramente in
contrasto con i propri principi etici, pur
continuando a sostenerli, senza provare sensi di
colpa e di vergogna. La funzione è in sostanza
quella di “mettere a tacere” il proprio sistema
morale interno.
Bandura identifica ben otto meccanismi di
disimpegno morale, una sorta di escamotage
(fuga) psicologici, che operano in maniera
differente e sono raggruppati in base a dove
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agiscono nel processo autoregolativo morale e del
comportamento:
1) Giustificazione morale. Si fa appello a fini
superiori per mettere in ombra la propria condotta
negativa. Nel corso dei secoli i più grandi abomini
sono stati compiuti in nome di principi morali o
religiosi.
2) Etichettamento eufemistico, l'eufemismo è un
procedimento che consiste nel sostituire parole,
espressioni troppo crude e realistiche con altre
maggiormente attenuate. Ad esempio i soldati
eliminano la gente piuttosto che ucciderla, le
missioni di bombardamento sono descritte come
servizi sull'obiettivo, i civili uccisi dalle bombe
sono convertiti paradossalmente in danni
collaterali.
3) Confronto vantaggioso. Si confronta la propria
azione con condotte moralmente peggiori,
ridimensionando per contrasto la valenza negativa
del proprio comportamento.
4) Spostamento di responsabilità, la responsabilità
dell'azione è attribuita a un terzo esterno. Gli
individui inquadrano le loro azioni come la
conseguenza dei dettami ricevuti dall'alto, come
per esempio un'autorità, piuttosto che la
conclusione delle proprie azioni. I comandanti dei
campi nazisti e i loro subalterni sostenevano di
essere dei semplici esecutori degli ordini,
rifiutando con forza ogni sorta di responsabilità.
5) Diffusione di responsabilità, le colpe che sono
di tutti e come se non fossero di nessuno. Con
questo meccanismo si genera un senso di non
imputabilità. L'azione collettiva indebolisce il
controllo mentale e diffonde la responsabilità, così
ogni comportamento può essere coperto della
generalità
impersonale
del
gruppo.
6) Distorsione delle conseguenze. Ignorando o
minimizzando le conseguenze delle proprie azioni
si genera una non considerazione degli effetti
immorali di queste. Ci si concentra sul proprio
tornaconto e ai possibili benefici, evitando di
prendere seriamente in considerazione gli effetti
dannosi provocati.
7) Attribuzione di colpa, ci si convince che
l'offesa arrecata alla vittima è da lei pienamente
meritata. Nei resoconti criminosi si è potuto
osservare che alcune volte gli stupratori
attribuivano la colpa alle loro vittime accusandole
di aver avuto comportamenti sessualmente
provocanti, di aver indossato abiti troppo succinti
o aver resistito solo debolmente all'assalto
sessuale in corso.
8) Deumanizzazione, si attribuisce alla vittime
un'assenza di sentimenti umani che frena sul
nascere l'empatia. Chi è disumanizzato spesso
Pagina 7
viene definito come negro, selvaggio, muso giallo
o in altri modi disprezzanti.
Compreso questo, proviamo a immaginare degli
scenari possibili di disimpegno morale in
un'ipotetica relazione di cura:
Il caso del medico che ha incorporato come
“principio”
il
distacco,
l'atteggiamento
esclusivamente scientifico, convinto che solo in
questa maniera possa limitare le fonti di
sofferenza emotiva derivate dalla relazioni di cura
(giustificazione morale). Oppure eventualmente
quei medici che con fare estremamente
organicistico tengono conto solo dei fatti razionali
e vedono solo “corpi ammalati da guarire”
(deumanizzazione), non considerando che i
pazienti sono innanzi tutto persone con un carico
unico quanto irripetibile di storie, esperienze,
emozioni, pensieri.
Nella comunicazione di una diagnosi difficile,
per superare delle difficoltà critiche, si potrebbe
ritenere che sia sufficiente sostituire alcuni termini
forti e crudi con altri maggiormente attenuati e
evasivi (etichettamento eufemistico). In realtà la
diagnosi necessità di un tutto un certo tipo di
contesto, nell'arco temporale di un percorso
graduale, in cui la comunicazione dovrebbe essere
sempre corretta, chiara e veritiera.
Riprendendo l'esempio iniziale, il medico che
risponde male al paziente, e di fatto lo aggredisce,
potrebbe ridimensionare l'accaduto operando un
confronto con fenomeni ben peggiori (confronto
vantaggioso), magari raccontandosela
come:
“Beh, tutto sommato che cosa è una brutta
risposta, trattare male un paziente, rispetto a
problemi ben maggiori... Pensiamo a un dottore
incompetente e raccomandato che addirittura
sbaglia la diagnosi!” Tutto ciò, come si intuisce,
non consente di avere piena consapevolezza del
proprio sbaglio al fine di non ripeterlo più in
futuro.
Tutte le volte che invece di prendersi carico
delle proprie mancanze ci si disimpegna
sminuendo, concludendo che alla fine lo sbaglio è
di tutti (diffusione della responsabilità), pertanto
poco degno di nota: “Lo so ho sbagliato, ma alla
fine sbagliamo tutti, tutto il sistema funziona così,
che ci puoi fare...”
In questi sensi un'adeguata “solidità morale”
diviene indispensabile per poter svolgere al
meglio la propria attività professionale di cura,
anche in condizioni lavorative stressanti e
frustranti. In tutte le professioni in cui gli
interventi sono principalmente di natura
preventiva, curativa, riabilitativa, palliativa, gli
ANNO 4-2
operatori dovrebbero essere capaci di un solido
senso di responsabilità sia etico che professionale,
una “maturità” messa in atto nell'agire quotidiano
del contesto lavorativo
che riconosce in sé il
dovere di aderire a un
modello di condotta e
un sistema di norme.
Spesso queste norme
sono contemplate dai
codici deontologici delle stesse professione, tra le
altre cose fondati su importanti principi di tutela
della persona assistita.
Accanto all'impegno morale deve coesistere la
capacità empatica. Nelle relazioni di cura
l'empatia non dovrebbe mai essere accantonata
nella speranza vana di tentare di arginare la
sofferenza. Parallelamente non è funzionale essere
eccessivamente o forzatamente empatici, fino al
limite di oltrepassare la giusta distanza che non
permette più di distinguere le proprie emozioni e
bisogni da quelli che la persona ci sta
presentando. “Se ciò che io dico risuona in te, è
semplicemente perché siamo entrambi rami di uno
stesso albero.” scriveva William Butler Yeats,
poeta, drammaturgo e scrittore irlandese. E
scriveva bene. L'empatia è un'abilità sociale di
fondamentale importanza, uno degli strumenti
basilari di una comunicazione interpersonale
efficace e gratificante, in grado di accedere ai
sentimenti, agli stati d'animo, alle motivazioni
della dimensione dell'altro maggiormente
profonde.
Ma quale è la giusta distanza ed è utile affiancare
la morale a principi valoriali?
Una buona formazione emozionale ci può aiutare
in questo ed è uno degli obiettivi associativi che
“Moby Dick” persegue da anni.
Alessandro Bruzzese
Pillola di saggezza
L‟estate non si caratterizza meno per le
sue mosche e zanzare
che per le sue rose e le sue notti
stellate.
Marcel Proust
Pagina 8
Perché fare volontariato? Ecco 7 buoni motivi
La
parola “volontariato” deriva dal latino
voluntarius, da voluntas, ovvero volontà.
Impegnarsi in qualcosa conforme alla volontà, che
parte da un impulso interno ed è accompagnato da
una buona cognizione di causa, un‟azione che
nasce spontanea. Dare il proprio contributo
gratuitamente può essere una decisione importante
sia per la propria vita personale che professionale.
I motivi per farlo sono innumerevoli tanti quanti
sono gli esseri umani, ma c‟è chi ne ha stilato una
lista esplicitandone le ragioni e i vantaggi che se
ne ottengono … chiaramente questo elenco
proviene dall‟altro lato dell‟oceano, dato che agli
americani piacciono tanto le guide!
dal blog www.wisebread.com
E' bene fare volontariato perché....

Sviluppa competenze Fare volontariato
permette di mettere alla prova sul campo i propri
talenti, e di apprendere nuove competenze. Se si
agisce insieme ad altri, come spesso capita, si
possono mettere in comune le esperienze e
imparare da chi già sa fare cose per voi nuove.
Ovviamente le competenze acquisite si possono
spendere poi nel resto della vita, sul lavoro, nel
percorso di studi e in qualunque campo.

Dà un esempio ai ragazzi Le nuove
generazioni devono imparare il valore della
gratuità, e voi potete contribuire a questo
insegnamento. Facendo volontariato con i giovani,
soprattutto con i bambini, potrete contribuire a
migliorare il loro futuro concretamente; chi riceve
aiuto gratuito è poi molto più propenso a fare
qualcosa per gli altri, una volta diventato adulto.

Vi aiuta sul lavoro Molti dei "colleghi"
volontari che conoscerete potrebbero un giorno
dare una mano anche a voi in campo lavorativo. E'
sorprendente quanto possa essere utile il passa
parola, soprattutto se siete alla ricerca di prima
occupazione o di un lavoro migliore
Per di più questi compagni di volontariato vi
conosceranno come una persona altruista,
disponibile, estroversa ma anche pronta a lavorare
sodo. E chi non assumerebbe un tipo così?
L'attività di volontariato potrebbe esservi molto
utile anche se non cercate lavoro perché l'avete
già. Le abilità che conquisterete attraverso
l'esperienza solidale vi possono aiutare a
migliorarvi anche nel settore lavorativo, e quindi a
fare carriera. Tutti i datori di lavoro sono
normalmente attratti dalle qualità di un leader, e
scegliendo di fare volontariato avete già
dimostrato di possederne un bel po'.
ANNO 4-2

Fa risparmiare soldi Vi piacerebbe dare
una mano alla vostra associazione preferita ma
non avete molto da spendere? Offrire il vostro
lavoro in cambio di una donazione è molto più
importante per l'organizzazione e molto più
vantaggioso per voi. Non è necessario impegnarsi
due o tre volte la settimana: basta anche solo
aiutare in occasione di eventi speciali, fiere,
vendite straordinarie. Bastano davvero poche ore
al mese.

Riempie la vita Perché sprecare il tempo
libero nei centri commerciali o davanti alla tv?
Fare volontariato è molto meglio: si partecipa ad
attività interessanti, si mettono in circolo le idee,
si fanno nuove esperienze, si esce di casa! Molti
volontari hanno visto riempirsi senza sforzo la
loro agenda sociale in poco tempo, e si divertono
molto più di prima.

Vi insegna a dire grazie Uno dei regali
migliori dell'attività di volontariato è che vi fa
rendere conto di quanto siete fortunati rispetto ad
altre persone. E per questo vi insegna a dire grazie
e a smettere di volere sempre di più, all'infinito.
Vi cambia la prospettiva: capirete cosa conta
davvero nella vita e vivrete in modo più semplice,
autentico e rilassato.
E' sufficiente? Noi vi aspettiamo …
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Moby Dicker
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le famiglie che affrontano il dramma di una patologia
oncologica ed in più come Socio Sostenitore avrai
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Pagina 9
Le nostre RUBRICHE
_____________________________________
A domanda risponde
a
cura di Maurizio Cianfarini Presidente
dell‟Associazione Moby Dick, Esperto in psiconcologia,
Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Analisi individuali, di gruppo e
di Organizzazioni; Direttore del Corso biennale in Psicologia
Oncologica. Professore a.c. Università “La Sapienza” di Roma;
Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli
operatori sanitari e dei volontari nelle città di Roma, Milano,
Campobasso, Padova, Cosenza, Potenza, Vicenza, Larino, Catania,
Trapani e Firenze e Verona
Gentilissimo dott. Cianfarini mi sono spaventata!
Circa 15 gg fa, in maniera casuale, per
accertamenti di altro genere, ho scoperto di avere
un tumore al seno. Il medico che me l’ha
diagnosticato mi ha detto che sono stata proprio
fortunata perché, avendolo scoperto così presto, si
potrà intervenire subito con prognosi favorevole.
Ecco, da quel momento e nei giorni successivi ho
avuto attacchi di panico, mi tremano le gambe e
non riesco più a guidare la macchina; non mi sento
più me stessa e mi chiedo: “sto impazzendo?
Fra qualche giorno mi dovrò operare ma ho tanta
paura per il dopo nonostante tutti mi rassicurino.
Un consiglio, grazie B.D.
Veniamo alla sua preoccupazione per il “dopo” e
a quella sensazione di “impazzire”, tutta legata al
timore di non “riconoscersi più”; qualsiasi evento
che le ho nominato prima, tanto più in una malnel
contesto di una malattia oncologica, attacca il
nostro equilibrio personale ed il timore che
abbiamo è di non riuscire a ristabilire un nuovo
equilibrio nonostante/a causa della prognosi.
Accettare un cambiamento non è un‟operazione
facile per nessuno, tanto più se il cambiamento
non è voluto e interessa la nostra “immagine”
interna ed esterna. A volte può diventare un
processo discretamente lungo che necessita di
risorse psicologiche importanti. Cosa può
accadere? Avere la sensazione di non farcela e di
cedere da un momento all‟altro, dato che nostre
risorse sono state messe già a dura prova dalla
malattia.
Se dopo un certo periodo questo disagio continua
può richiedere ed accedere a una terapia
psicologica presso un centro o un terapeuta
esperto nell‟area oncologica.
Un cordiale saluto
Dr. Maurizio Cianfarini
_____________________________________
Pillole di psico-oncologia pediatrica
a cura di Gianni Biondi
già Direttore U.O Psicologia Pediatrica Ospedale "Bambin Gesù",
Docente alla 2 Scuola di Psicologia Clinica "La Sapienza", Docente l
maser in Psicologia Oncologica e Socio Onorario di “Moby Dick”
Gentile signora,
il tentativo di rassicurarla da parte dei medici che
la stanno curando, su basi cliniche in loro
possesso, è lodevole e comprensibile; ciò non
toglie che quello che sta affrontando, proprio
perché legato alla casualità ed al fatto che è
asintomatico, è inaspettato e crea forti emozioni e
destabilizzazioni, è un vero e proprio trauma che
innesca tutta una serie di reazioni sia fisiche che
psicologiche difficili da gestire. E‟ quella
situazione che viene indicata come PTSD (post
traumatic stress disorder) che può cogliere
persone che si trovano ad affrontare importanti
situazioni di stress come: terremoti, tentativi di
violenza, lutti improvvisi, una malattia
oncologica. E‟ importante per superare la crisi
essere
aiutati
anche
farmacologicamente
consultando un medico, anche quello di famiglia.
ANNO 4-2
Sono un giovane papà. Mia moglie è stata operata
per un tumore al seno, abbiamo una bambina di 4
anni che da circa due mesi ha voluto rimettere il
pannolino per fare i suoi bisogni e non riusciamo a
toglierlo.
Abbiamo sempre cercato di proteggerla dalla
malattia ma questa situazione ci affatica
ulteriormente e ci crea disagi anche con l'asilo.
Cosa possiamo fare per riuscire a togliere di nuovo
il pannolino? la ringrazio G.D.
Gent.mo Signore,
i bambini hanno una notevole capacità nel
percepire, quasi da subito, che c‟è qualcosa che
non va nel normale svolgimento del “sistema
Pagina 10
famiglia” in cui egli vive… tale percezione viene
poi confermata dai cambiamenti che osserva,
attraverso un certo sconvolgimento dei ritmi
familiari, delle abitudini, delle persone presenti in
casa, ecc.
Specialmente se tali percezioni non vengono,
secondo l‟età, chiarite, si può notare l‟attivazione
di comportamenti regressivi, quasi che il bambino,
“tornando
indietro”
ricostruisca,
recuperi
precedenti momenti per lui sereni e rassicuranti.
È possibile che sua figlia abbia individuato, come
comportamento per lei rassicurante, il “tornare” al
pannolino.
Tenendo conto che ogni bambino ha un suo
comportamento, che si attiva all‟interno di un
nucleo familiare che non è possibile sovrapporre
ad altri, sono molte le informazioni necessarie per
meglio comprendere sia il contesto familiare
(dinamiche di coppia, fratelli…) che la
descrizione dei comportamenti di sua figlia nei
momenti per lei “stressanti”; inizialmente
analizzerei se la bimba è stata informata (per l‟età)
da chi, come… se pone delle domande o tende a
tenere tutto dentro di sé, come gioca, dorme, si
alimenta.
Come vede per poterle rispondere in modo
esaustivo, vi sono molte informazioni che per ora
mancano e che sono molto importanti.
Non ultimo come sua moglie sta portando avanti
questo percorso, se è supportata dalla famiglia, se
può avvalersi di un professionista che l‟aiuti ad
elaborare tutto quello che è possibile, per farla
sentire più forte sia di fronte al suo essere donna
che mamma malata.
Se desidera approfondire quanto sopra accennato,
può rivolgersi a Moby Dick, che mi contatterà.
Sperando di esserle stato d‟aiuto
Prof. Gianni Biondi
____________________________________
Non è vero... ma ci credo
I Superfoods sono davvero “super”?
Lo
studio sul ruolo che le abitudini alimentari
esercitano sul rischio di andare incontro a malattie
organiche ha impegnato la scienza medica per una
buona parte del „900; in particolare, l‟attenzione
su come la qualità dell‟alimentazione possa
modificare la probabilità di ammalarsi è emersa in
seguito alla Seconda Guerra Mondiale
(http://www.giornaledicardiologia.it/allegati/0057
6_2010_05/fulltext/11_S3-5_2010_056-059.pdf).
Al giorno d‟oggi è ormai assodato come
ANNO 4-2
un‟alimentazione varia ed equilibrata sia alla base
di una vita in salute.
Secondo l‟Organizzazione Mondiale della Sanità,
infatti, circa 1/3 delle malattie cardiovascolari e
dei tumori possono essere evitati grazie ad
un‟alimentazione equilibrata. Si raccomanda
infatti di seguire una dieta basata soprattutto su
alimenti vegetali quali cereali, legumi, frutta e
verdura e meno su derivati animali, insomma
tornare
alle
vecchie
abitudini
(http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?l
ingua=italiano&id=108&area=Vivi_sano).
Negli ultimi anni si sono affermati poi i cosiddetti
“superfoods”
(letteralmente
”super
alimenti”). Si tratta di una
vasta gamma di cibi (tra
cui determinati semi,
bacche, frutta, verdura)
talmente
ricchi
di
proprietà salutistiche da
essere
considerati
“super”.
I superfoods sarebbero, infatti, in grado di
contrastare l‟invecchiamento cellulare; alcuni,
addirittura, avrebbero proprietà antitumorali. Altri
ancora sarebbero in grado di prevenire malattie
cardiovascolari. Questi effetti benefici si hanno
grazie alla combinazione di antiossidanti, principi
nutritivi e minerali presenti in questi particolari
cibi, che aiuterebbero dunque a condurre una vita
più
sana
ed
equilibrata
(http://www.nhs.u
k/livewell/superfo
ods/pages/whataresuperfoods.aspx).
Tra i superfoods
più
studiati
e
conosciuti
troviamo: mirtillo (rallenterebbe l‟invecchiamento
cellulare grazie alla presenza dei flavonoidi),
melograno (utile per ridurre la pressione
arteriosa), caffè verde (si tratta del semplice caffè,
i cui semi verrebbero essiccati anziché torrefatti;
questo processo favorirebbe il dimagrimento);
diversi tipi di bacche, ossia bacche di Goji, bacche
di Acai (dette anche “superbacche”, sarebbero
ricchissime di antiossidanti, che contrastano
l‟invecchiamento cellulare).
Il termine superfoods è diventato popolare solo
negli ultimi anni, di pari passo con il crescente
interesse verso abitudini e stili di vita sani ed
equilibrati. Bisogna però fare delle precisazioni.
Di fatto, non ci sono ancora ricerche scientifiche
Pagina 11
in grado di dimostrare che un determinato
alimento sia in grado, da solo, di prevenire
determinate malattie. Gli studi condotti, infatti, si
basano su prove di laboratorio che prendono in
esame determinati principi nutritivi, ma in
percentuali elevatissime. Un buon esempio di
questo principio potrebbe essere fatto con il
comune aglio; questo, infatti, contiene un
nutriente che sembrerebbe favorire la riduzione
del colesterolo e della pressione sanguigna. Per
ottenere questi effetti benefici è necessario
assumere fino a 28
spicchi; solo così
infatti, si otterrebbero
le dosi usate in
laboratorio.
Perciò,
non
vi
sono
semplicemente
abbastanza studi a lungo termine che supportino
l‟idea che i superfoods possano prevenire malattie
ed invecchiamento.
Alla luce di ciò, è comunque comprensibile il
grande interesse che ruota intorno a questi cibi:
avere la possibilità di assumere cibi che siano in
grado di proteggerci da tutti i mali è un‟idea
allettante. Ma quest‟idea potrebbe non essere poi
così salutare se i superfoods sono, dopotutto, solo
uno strumento di marketing. Basti pensare al
prezzo proibitivo di molti di loro. I mirtilli ad
esempio: ricchissimi di antiossidanti, sarebbero in
grado di neutralizzare i radicali liberi e di ridurre
il grasso addominale.
Ciò non è necessariamente falso, ma quello che si
tende a dimenticare è che questi effetti benefici si
possono trovare anche negli altri frutti rossi, e
quindi in fragole, lamponi e more che hanno costi
più contenuti rispetto ai mirtilli.
C‟è poi da considerare un altro aspetto: essere
convinti che ci sia un super cibo in grado di porre
rimedio a tutti i mali, potrebbe incoraggiare il
mantenimento di abitudini dannose; quindi, si
potrebbe pensare che va bene adottare cattive
abitudini, fintanto che si assume l‟alimento
miracoloso che ne “annulla” tutti i danni.
Un buon esempio di dieta bilanciata è quella
Mediterranea che si concentra soprattutto sul
consumo di frutta, verdura, olio d‟oliva e legumi e
meno su prodotti di derivazione animale. Con una
dieta bilanciata, infatti, ci si assicurano le sostanze
nutritive di cui l‟organismo ha bisogno; un buon
punto di partenza potrebbe essere quello di
assumere cinque porzioni tra frutta e verdura al
giorno. La dieta mediterranea sembra poi avere
degli effetti protettivi nei confronti del cancro. In
particolare, un grande consumo di frutta e verdura
è stato associato ad un ridotto rischio di sviluppare
un cancro alla bocca, all‟esofago, al polmone, alla
laringe e ad alcuni tipi di tumore dello stomaco.
Frutta e verdura sono infatti eccellenti fonti di
vitamine ed altri nutrienti (folati, carotenoidi,
flavonoidi) che sembrerebbero contrastare
sostanze chimiche potenzialmente dannose per il
DNA; anche un maggior consumo di fibre
avrebbe effetti protettivi sul cancro all‟intestino:
aumentando i movimenti intestinali, vi sono meno
possibilità che le sostanze dannose per
l‟organismo permangano troppo
a lungo
all‟interno del corpo; allo stesso tempo le fibre
aiuterebbero l‟intestino a produrre la flora
batterica che promuove il benessere dello stesso.
Come abbiamo visto dunque, non è necessario
andare tanto lontani per trovare preziosi alleati per
la nostra salute: l‟importante è variare ed
aumentare l‟assunzione di frutta e verdura, meglio
se di stagione.
Un attenzione troppo selettiva verso questi
“nuovi” cibi può distogliere l‟attenzione da tutti
gli altri cibi più “comuni”, che restano sempre
salutari; la frutta, la verdura e i cibi integrali che si
consumano quotidianamente, sono ricchi di
sostanze nutritive; ciò che è davvero importante è
la varietà. Nessun cibo, da solo, è in grado di
avere “super poteri” in grado di sopperire alla
mancanza di una dieta varia e bilanciata.
M.D.
ANNO 4-2
Pagina 12
Vota il progetto di Moby Dick
Puoi votare ogni giorno fino al 31 ottobre,
copia e incolla nella
barra
di
navigazione
il
seguente link:
https://www.orosaiw
a.it/cuorioro/dettaglio/ognigiorno-per-scelta-alfianco-di-chi-vivelesperienza-del-cancro/71
continua da pg. 1
reso noto, preparato e famoso; lui lo ricorda bene
visto che non vuole lasciarlo questo posto
pubblico per il privato, rischiando di cadere nel
dimenticatoio dei professori che „erano bravi
ma…‟
Ma noi non siamo quel popolo e non siamo quella
sanità. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale è
ancora uno dei migliori al mondo. Ci vengono dati
appuntamenti dai nostri medici e psicologi ogni
30-45 minuti evitandoci così lunghe ed estenuanti
permanenze nelle sale di attesa, dedicando il
tempo interamente a noi senza essere interrotti da
colleghi e telefonate. Possiamo portare loro gli
incomprensibili referti di Tac, Pet, Risonanze per
far sì che vengano tradotti in linguaggi adeguati e
il nostro medico alla fine della visita si accerta che
abbiamo ben compreso sia noi che il nostro
familiare. A proposito di familiare, non ne sa mai
più di noi perché viene sempre informato da noi o
durante l‟incontro in cui ci siamo anche noi.
Siamo messi in lista di attesa senza il timore che
ci scavalchino, perché la malattia livella le
persone mettendole tutte nella stessa condizione di
sofferenza, una condizione in cui non vogliamo né
eccellere né essere raccomandati. Noi non siamo
per fortuna un popolo di eroi ma persone con
dignità, che meritiamo rispetto, tanto più se ci
ammaliamo.
Il personale sanitario preparato e sensibile non è
una merce rara in Italia, noi di Moby Dick ne
incontriamo tanti, riescono ad accogliere con
professionalità e sensibilità questi momenti
difficili legati all‟incontro con la malattia facendo
della loro attività un‟esperienza significativa della
loro vita e dimostrando di avere davvero a cuore il
lavoro che svolgono.
Facciamo sì che diventi la norma. Tutti noi. M.C.
ANNO 4-2
III Edizione del Premio Fotografico
Nazionale
“Carpe Diem – Cogli l’attimo”
Sono
salito sulla cattedra per ricordare a me
stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da
angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da
quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi
stessi. Coraggio! È proprio quando credete di
sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra
prospettiva”.
Questa suggestiva citazione tratta da “L’Attimo
fuggente” di Peter Weir (1989) descrive a pieno la
prossima iniziativa promossa a livello nazionale
da Moby Dick.
Anche quest‟anno, infatti, abbiamo scelto di
affiancare alle attività ordinarie un‟iniziativa
culturale che dia l‟opportunità ai partecipanti di
raccontare la propria esperienza attraverso un
canale diverso e creativo. E così, dopo il successo
della Terza Edizione del Premio Letterario
Nazionale “Un Ponte sul Fiume Guai” torniamo
alla carica e scegliamo di farlo privilegiando
un‟altra forma di espressione artistica: la
fotografia.
Il 1° Giugno si apre ufficialmente la Terza
edizione del Premio Fotografico Nazionale
“Carpe Diem – Cogli l’attimo” il cui titolo
racchiude in un‟unica, breve espressione oraziana
ciò che vogliamo comunicare: cogliere l‟attimo,
non lasciarlo sfuggire. Fermarlo e guardarlo
proprio da “quell’altra prospettiva” descritta dal
Professor Keating nel celebre film.
In quest‟ottica, la fotografia assume il significato
di apertura, di passaggio da mondo interno a
mondo esterno. Osservarla, dunque, sarà
un‟opportunità, quella di permettersi non solo di
ripensare ma anche di rivalutare il singolo
momento legato all‟incontro- diretto o indirettocon la malattia.
Pagina 13
Il concorso si concluderà il 10 gennaio 2016 e la
premiazione in Primavera!! A breve ulteriori
informazioni e il Bando consultabile sul sito.
Prendete in mano le vostre macchine fotografiche,
Moby Dick vi aspetta!
SE VUOI ESSERE IL NOSTRO SPONSOR
CHIAMACI 06-85358905
Dr.ssa Alessia Gentile
LEGGI I NOSTRI NUMERI ARRETRATI SUL SITO,
PAGINA PUBBLICAZIONI ALLA VOCE
“IL GAZZETTINO”
Emotional Training Area
Il Piano Oncologico Nazionale 2010-2012,
oltre a riconoscere un ruolo centrale al
volontariato,
sottolinea
espressamente
l'importanza del supporto psicologico.
Tale piano oncologico nazionale assume, per
decisione della Conferenza Stato-Regioni, il più
pregnante titolo di "documento tecnico di indirizzo per
ridurre il carico di malattia del cancro" per il triennio
2011-2013., che verrà accolto dalle Regioni, che
prevede, nell‟ambito degli interventi da attuare nel
Piano Oncologico Nazionale, anche una serie di input
per offrire adeguato supporto psicologico ai pazienti.
Art. 3.2.5 Sviluppo della psico-oncologia
I want you
Ho bisogno di Te!
Diventa Volontario di
Moby Dick
La patologia neoplastica può avere profonde
ripercussioni sulla sfera psicologica, affettiva,
familiare, sociale e sessuale sia del paziente che dei
suoi familiari. Viene riportato dalla letteratura psicooncologica che il 25-30% delle persone colpite da
cancro presenta un quadro di sofferenza psicologica,
caratterizzata in particolare dalla presenza di ansia,
depressione e da difficoltà di adattamento, che
influenza negativamente la qualità di vita, l‟aderenza ai
trattamenti medici e la percezione degli effetti
collaterali, la relazione medico paziente, i tempi di
degenza, di recupero e di riabilitazione. Tale sofferenza
può cronicizzare se non identificata e quindi trattata.
Le Borse di Studio
L'Associazione mette a disposizione due borse di
studio come Premio per la migliori tesi in Psicologia
Oncologica, inedita. I lavori presentati verranno
sottoposti all'insindacabile giudizio del direttivo. Le
tesi dovranno pervenire in duplice copia: " una copia
cartacea (non si accettano manoscritti) " una copia su
dischetto o CD in formato Word Per partecipare alla
selezione inviare curriculum e tesi tramite
raccomandata con ricevuta di ritorno, o recapitato di
persona, in busta chiusa indirizzata a: Associazione
Moby Dick / Selezione Corso 2013 Via dei Caudini, 4
– 00185 Roma. (Scadenza 30 novembre 2015)
Le agevolazioni non sono cumulabili
Chiama allo 06-85358905, porta il tuo
curriculum e fissa un colloquio motivazionale,
potrai far parte dei mobydicker ed aiutare
molte persone
I lavori inviati, anche se non vincitori, non saranno
restituiti e potranno essere utilizzati dall‟Associazione,
citandone l‟autore, per articoli scientifici
ANNO 4-2
Pagina 14
Master Professionalizzante
PSICOLOGIA ONCOLOGICA, DELLE
PATOLOGIE ORGANICHE GRAVI e
PALLIAZIONE
Direttore prof Maurizio Cianfarini
“Eccellente”, “un’esperienza formativa importante”
“ho trovato quello che cercavo, una formazione che
non è solo didattica”. Questi sono solo alcuni dei feedback ricevuti quest'anno alla chiusura del corso di
Psicologia Oncologica; un per-corso che si avvale di
numerosi docenti che mettono al primo posto nel loro
lavoro “la relazione” con la persona portatrice di una
patologia grave ed i bisogni formativi dei discenti.
Inizio 20-21 febbraio 2016
Frequentare
un Corso è una scelta importante, è un
investimento non solo economico ma anche di tempo e
risorse fisiche e mentali, ma scegliere bene ripaga di
tutti gli sforzi.
In qualsiasi ambito lavoriamo è sempre possibile
incontrare una persona malata. Se non abbiamo
nessuna preparazione questo incontro ci può mandare
in crisi dal punto di vista sia personale che
professionale.
Una formazione in questo ambito è una risorsa
imprescindibile e che ci può aiutare ad affrontare sia
nella professione che nella nostra vita personale una
perdita, un lutto relazionale ed affettivo.
La formazione è una jungla in cui è difficile muoversi,
ma se usiamo una bussola essa indicherà sempre il
nord. Il nord in questo caso è scegliere innanzitutto un
corso organizzato non da chi si improvvisa ma da un
ente che da decenni lavora nell‟ambito; poi un gruppo
docente che sia formato da psicologi, psicoterapeuti e
medici.
OBIETTIVI e CONTENUTI
 Conoscere e gestire gli aspetti psico-emotivi che
accompagnano l‟iter clinico delle malattie organiche
gravi.
 Aiutare il paziente a recuperare il senso di sé e
della propria malattia nel contesto della sua storia.
 Aiutare i familiari a contenere le angosce e a
gestire la sofferenza del paziente.
 Offrire agli operatori un punto di riferimento per la
conoscenza e la gestione degli aspetti emozionali".
 Elementi clinici relativi alle maggiori malattie
organiche gravi
ANNO 4-2
 Gruppi di discussione a tema (comunicazione della
diagnosi e della prognosi, relazioni con la famiglia del
malato, burn out degli operatori).
 Presentazione e discussione di casi clinici.
Accreditato per 50 ECM visita il sito per avere
informazioni sui docenti www.moby-dick.info.
Durante il secondo anno il corso sarà strutturato come
Supervisione Clinica dando la possibilità ai discenti di
portare propri casi clinici, esaminare casi clinici
dell‟associazione e avere la possibilità di effettuare
osservazione e conduzione di primi colloqui su
discrezione dei docenti.
Sono previste agevolazioni del 15% per iscrizioni
entro il 30 novembre, del 25% per laureandi e
neolaureati (max 4 posti)
PRENOTATI INVIANDO IL TUO
CURRICULUM
….e lasciati accompagnare sulla rotta
“La vita è adesso”
Guarire o “stare” nella
guarigione?
La malattia grave e l’opportunità di dare
un significato all’esperienza
Padova
17 ottobre
La giornata vuole proporre un modello propositivo che
punti sulle risorse ed i significati intatti di cui siamo
portatori, una visione tridimensionale dell‟uomo che lo
pone al centro del suo destino come artefice del suo
“carpe diem”
Programma: Un tuffo nel mare; vivere e morire tra
conscio ed inconscio; agon-ia, il mito del buon vivere;
il tempo del vivere; il sistema valoriale e la dimensione
spirituale; le due leggi dell‟ontologia dimensionale; la
libertà della volontà “del vivere” ; autodistanziamento,
autotrascendenza e significato; casi clinici.
11 crediti formativi per tutte le professioni
Pagina 15
Le nostre PUBBLICAZIONI
“Help Profession"
il lavoro in equipe e la Mission Sanitaria
Emotional Training Area
3 C GROUP
Conflitto-Confronto-Condivisione
_____________________________________
La malattia oncologica nella famiglia
Dinamismi psicologici ed aree d’intervento
Maurizio Cianfarini
1 ottobre Roma
Gli incontri, nell‟ottica dell‟approccio globale al
paziente e di condivisione con gli operatori secondo il
modello dei gruppi Balint, si propongono di fornire ai
partecipanti strumenti teorici, tecnici e pratici. Il
Corso è rivolto a tutti coloro che sono impegnati in
una relazione d‟aiuto e desiderano una condivisione
delle esperienze professionali.
Gli incontri saranno quindicinali, il giovedì, per un
totale di 13 incontri, dalle ore 18,00 alle ore 20,00
presso la sede dell‟Associazione.
Alcuni argomenti affrontati:
Il gruppo: mentalità e linguaggio comune in ambito
sanitario
La relazione operatore/paziente
Caratteristiche del metodo clinico patient-centred
Caratteristiche del metodo person-centred
Le principali tecniche di comunicazione
Le riunioni e la risoluzione di crisi
Gli indicatori di crisi e funzioni psicologiche aspecifiche
Il patrimonio affettivo ideale (senso di appartenenza, spirito
di gruppo, identificazione con il compito)
L’evento è strettamente a numero chiuso e si attiverà con un
minimo di 8 partecipanti ed un massimo di 12
35 crediti formativi per tutte le professioni
Il Dolore inutile ed il suo
trattamento
ROMA 8 ottobre
Programma: Ospedale e territorio senza dolore,
Valutazione e monitoraggio del dolore, La relazione
“Terapeutica”, Best practice in tema di dolore cronico
oncologico, Cancro = dolore?, La terapia multimodale,
La sofferenza psicologica inutile, Il senso di colpa, Le
nevrosi iatrogene
Interverranno
A. Canneti Medico Dirigente, Divisione Radiologia Interventistica e
Centro di Terapia Antalgica “Enzo Borzomati”, Policlinico Umberto
I Roma
R. Cerbo Docente alla Scuola di Neurologia Università "La
Sapienza”; già Referente Hub Policlinico Umberto I per la Rete
regionale integrata ospedale territorio per il trattamento del dolore
cronico non oncologico
M. Cianfarini Presidente Ass. "Moby Dick", Direttore Scientifico per
l'Educazione Continua in Medicina del Ministero della Salute; Az.
Universitaria Policlinico “Umberto I
Carocci Editore (nelle migliori librerie ed in
Sede)
Caro Presidente, finalmente ho letto il tuo libro,
come promesso. Mi ero fatto l'idea, solo
dall'oggetto, senza aprirlo, che fosse più semplice,
'classico', un po‟ una sorta di dispensa ampliata ad
uso e consumo
di studenti o
neofiti. Sono
rimasto invece
colpito, e non
te lo scrivo per
quella sorta di
legge non detta
per cui bisogna
fare
i
complimenti a chi si conosce, e assai. Ho colto
umiltà nelle affermazioni di tutti, tipica di chi è
davvero competente nel suo settore; e molta,
molta chiarezza, trasparenza, onestà nelle
riflessioni personali, nei racconti di vita vissuta,
nelle considerazioni operative. E' tutto lineare,
diretto, approfondito. Il fatto poi che si presenti
come un libro di dimensioni ridotte è diventato
ora, a differenza dell'inizio un pregio perché
contrasta, in positivo, con i contenuti densi,
susseguenti ma, appunto, subito comprensibili. Ci
sono poi tanti riferimenti ad autori, correnti, testi,
esperienze che non possono che incuriosire perchè
non sono né solo citati né copiati pari pari.
Insomma, un bel lavoro che, almeno da come l'ho
vissuto, ha un leit-motiv che attraversa ogni
capitolo e quindi ognuno di voi, io immagino: il
cambiamento.
E pure quello che manca - la sicurezza relazionale,
l'auto compiacimento, il riferimento al proprio
vissuto come fonte di 'verità - aiuta molto ad
elevare il livello dell'intero prodotto.
Nicola Ferrari
10 crediti ECM per tutte le professioni
sanitarie
ANNO 4-2
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Un ponte sul fiume guai 4
Raffaella Restuccia
Un, due, tre…QUATTRO !!
Dopo tanta acqua passata sotto questo ponte mi
trovo di fronte alla terza raccolta di Racconti e
ogni volta è un‟emozione diversa.
Sempre bella, sempre nuova, sempre piena di
storie uniche e preziose.
E leggendo ogni riga si comprende un pochino di
più l‟umanità sottesa a questo mondo di malattia e
di cura, mondo che rischia troppo spesso di far
passare sotto silenzio l‟”essere”, tutti concentrati
sulla speranza del “curare e guarire”. L‟ambiente
sanitario in generale è indaffarato nella lotta
contro la malattia e ancora poco sull‟impegno a
favore della persona.
Può sembrare la stessa cosa, ma non lo è.
La ricerca è importante, l‟impegno della medicina
è insostituibile, ma secondo me lo sforzo che deve
essere fatto in misura maggiore è quello di riuscire
a portare avanti la terapia (qui intesa come
comprensiva di diagnosi, prognosi, iter
terapeutico e successivi controlli) accogliendo
quel grande universo umano che si incontra in
ambulatori e reparti.
E questo è possibile solo se si riuscirà a preparare
tutti gli operatori sanitari a riconoscere e utilizzare
in positivo l‟incontro con le emozioni, piacevoli o
spiacevoli ma sempre molto intense, che questo
lavoro comporta. Se così non sarà, dovremo
accettare come comprensibili, anche se non
giustificabili, gli atteggiamenti di distacco o
peggio di cinismo, di alcuni professionisti della
sanità. Come si legge in Ciao Tiziana si può
essere travolti da uno tsunami emotivo.
Troppo spesso sentiamo persone malate dolersi
per frasi ricevute dai curanti. Frasi che talvolta
aggrediscono, talvolta minimizzano, ma sempre
comportano una sofferenza aggiunta, inutile, a un
momento di vita già di per sé difficile da
affrontare, nel quale ci sarebbe bisogno di sentirsi
sicuri nell‟affidarsi a figure professionali
percepite non come autoritarie o superficiali ma
come competenti e autorevoli.
Perché – questo si sa – l‟incontro con un tumore
rappresenta un‟esperienza scioccante, talmente
scioccante che a livello sociale e personale rimane
ancora difficile pronunciarne il nome, preferendo
ricorrere ad espressioni come „la malattia‟ o il
„brutto male‟.
In Il sole sul soffitto leggiamo che il coraggio non
è quello che si legge sui libri, quello che crea “gli
eroi”, il coraggio ti viene quando hai tanta paura,
ANNO 4-2
quando non riesci a liberarti dall’angoscia che ti
affretta il respiro e ti lascia sveglia ed attonita
nella notte.
In una condizione dolorosa ci si addolora, se una
situazione ci spaventa la reazione corrispettiva è
avere paura.
All‟inizio, quando anche solo si sospetta di essere
malati, è normale rimanere spiazzati, rifiutare la
realtà, non capire quello che sta accadendo o
sentirsi come se tutto riguardasse un‟altra persona.
Così come è normale poi arrabbiarsi, protestare,
disperarsi, per un „destino‟ che si sarebbe voluto
evitare. In A mia Figlia la mamma descrive così la
sua prima reazione: un confuso miscuglio
d’incredulità, rabbia, tristezza, ansia, paura,
mentre
insonnia,
distrazione,
angoscia,
inappetenza, divenivano velocemente compagne
inseparabili delle mie giornate.
Si
impatta
contro
un‟esperienza
fuori
dall‟ordinario e non è pensabile che si possa
affrontare come ogni altra situazione di vita
quotidiana, per quanto problematica. Ci vuole
tempo per assimilare il trauma e riuscire a
elaborarlo.
Perché, e questo forse è meno noto, riappropriarsi
della propria vita è possibile.
Dopo essersi sentiti costretti a subire una diagnosi
dolorosa, aver attraversato esami e visite, aver
sostenuto terapie debilitanti, il tutto accompagnato
da destabilizzanti scossoni psicologici, si può
riconquistare un senso di padronanza della propria
esistenza e ricominciare a sentirsi attivi
protagonisti della propria vita. E questo non solo
quando la malattia guarisce, ma sempre quando
riusciamo ad attingere a quel grande potenziale
che è dentro di noi.
In Nini e le sue moto il protagonista scopre che
amore e sofferenza ora si possono esprimere,
confrontare, portare fuori e arricchire di
significati nell’incontro con l’altro. Sono due lati,
dolce e amaro, della stessa vita. Nini lo ha capito
bene e nei suoi discorsi emergono come
inscindibili.
La scelta stessa di scrivere la propria esperienza di
incontro con la malattia e il cambiamento di
prospettiva che questo ha rappresentato, sono
indice di un‟elaborazione in corso.
Questa elaborazione richiede come dicevamo
tempo; e richiede anche un adeguato sostegno
interpersonale e una preparazione a livello sociale
e del mondo sanitario che possa accompagnare le
persone malate senza chiusura o evitamento
difensivo.
Nel racconto “Le parole non dette” è scritto che
una delle abilità che permettono all’essere umano
Pagina 17
di affrontare le difficoltà e di vivere serenamente
è quella di tollerare e gestire il dolore mentale.
Per questo credo che sia utile parlare apertamente
di tumore o di cancro, affinché questa malattia
non risulti più così associata ad un panico
paralizzante; ed è irrinunciabile raccontare di
coloro che, incontrato lo sconforto riscoprono la
speranza di vivere pienamente il giorno presente.
Persone che ci trasmettono il valore della vita.
Guardando il mondo dalla luna si capisce che
delimitare il campo delle possibilità può anche
essere un sollievo, che la felicità abita nel
presente e nella capacità di godere dei momenti
preziosi che la vita offre, più che nel sognare
mirabolanti futuri.
Per questo mi sembra sempre un importante
traguardo riuscire a pubblicare una raccolta di
racconti come questa.
Racconti veri, intensi, privi di vuoto esibizionismo
e pieni invece della voglia di far comprendere
cosa può significare l‟incontro con una malattia
oncologica.
E cosa può significare scoprire in se stessi risorse
inimmaginabili, che consentono di affrontare ciò
che si riteneva inaffrontabile e di ritrovarsi pieni
di voglia di vivere e amare.
Racconti che amplificano la potenza e Il segreto
dei globuli arancioni.
(del 1°ed il 3° sono rimaste poche copie in sede
il 2° è andato ESAURITO!!!)
maggior bisogno di una terapia di sostegno psicologico
ed effettuare un invio. Per averci tra di voi contattataci
ai nostri recapiti.
Gratuitamente disponibile in Sede e scaricabile dal sito
L’Associazione Moby Dick è stata confermata provider
con il numero identificativo 2012. Il riconoscimento da
parte della Commissione Nazionale per la formazione
continua, che un soggetto è attivo e qualificato nel campo
della Formazione Continua in Sanità e pertanto è
abilitato a realizzare attività formative idonee per l’ECM
individuando ed attribuendo direttamente i crediti agli
enti formativi e rilasciando relativi attestati
Il coraggio più sicuro è quello che nasce da una reale
conoscenza del rischio da affrontare, mentre quello
che proviene dall'incoscienza è tanto pericoloso
quanto la vigliaccheria.
Herman Melville
dal libro "Moby Dick"
Il Sostegno Psicologico in Oncologia:
quando e perché chiedere aiuto
Percepire un bisogno significa permettersi
d’incontrarlo; questa semplice regola (una regola
semplice ma che implica l’incontro con la sofferenza)
vale per tutte le persone coinvolte in una patologia
oncologica: paziente, familiari, amici e personale
curante. Un aiuto concreto si rivela questo opuscolo
scritto dal dr. Maurizio
Cianfarini e dalla
dr.ssa
Raffaella
Restuccia e distribuito
gratuitamente
dall’Associazione Moby
Dick a tutti i reparti e
servizi ospedalieri e
non che ne facciano
richiesta. Una richiesta di un numero di copie per il
Vostro reparto, day-hospital, servizio, può essere
accompagnato da parte dell’Associazione, se lo
desiderate, da un breve incontro con il personale
sanitario per aiutarli ad individuare le caratteristiche
per poter individuare le persone che possono aver
ANNO 4-2
Pagina 18
Le
richieste di sostegno psicologico alla
Nostra Associazione in questi ultimi anni sono in
continuo aumento, questo grazie sia ad un passa parola,
da parte di pazienti che hanno avuto giovamento dal
percorso terapeutico effettuato, e sia grazie ad una
maggiore visibilità che l'Associazione sta avendo nel
territorio comunale e provinciale. Ogni anno
partecipano ai nostri incontri di formazione molti
operatori sanitari provenienti da tutte le Regioni
d‟Italia (infermieri, medici e psicologi); questa
opportunità ci permette di far comprendere agli
operatori che le difficoltà ed il disagio che il malato
incontra non è solo fisico. Attraverso la formazione
riusciamo a far conoscere i Servizi che Moby Dick
offre in maniera totalmente gratuita. Qualche volta, nel
primo colloquio, sentiamo la persona dire: "l'avessi
saputo prima...", esprimendo non solo il suo ma
probabilmente il rammarico di molte persone che
ancora non sanno della possibilità di avere un sostegno
psicologico in momenti così difficili del loro percorso
di vita.
Gli
obiettivi dell‟associazione
Moby Dick cerca di rispondere al bisogno dei
pazienti oncologici (e organici gravi) di condividere
emozioni,
sentimenti
e
vissuti legati all‟esperienza
di malattia e ai suoi effetti
sulla quotidianità, effetti che
danno la sensazione di non
riuscire più a capirsi, a
relazionarsi come prima con
gli altri e con la vita, in
breve di non riconoscersi
più. Malati e familiari sperimentano affetti nuovi e
complessi, talvolta difficili da comprendere e gestire. Il
nostro obiettivo è di non lasciarli da soli a confrontarsi
con queste problematiche, nella consapevolezza che la
vita di ogni persona è la vita che potrebbe essere di
tutti.
Provider
ECM Moby Dick è stata confermata
Provider dalla Commissione Nazionale per la
Formazione Continua - Ministero della Salute.
L'Associazione organizza corsi e seminari con
l'obiettivo di sviluppare competenze di intervento con
un‟attenzione psicologica nell'area oncologica e delle
malattie organiche gravi. nell'ambito dell'Educazione
Continua in Medicina con un numero di crediti
variabile dai 7 ai 50.
Gruppi
di lavoro e formazione Rivolti a
medici, psicologi, infermieri e operatori del settore (su
richiesta). Consulenze organizzative.
Seminari
monotematici riguardanti aspetti psicologici della
patologia oncologica. Corsi di formazione per volontari
nell'ambito delle patologie organiche gravi. Gruppi
maratona per volontari e professionisti.
Moby
Dick in rete www.moby-dick.info
Uno sportello telematico ideato per rispondere a
domande da parte dei pazienti o dei familiari al fine di
fornire forme di sostegno di carattere informativo,
pratico e psicologico Un sito aggiornato su tutte le
attività dell'associazione.
[email protected]
www.psiconcologia.it Una rivista on-line che
vuole essere un aiuto concreto per tutti gli operatori
professionali che si confrontano quotidianamente con
la patologia oncologica. Si propone di offrire ai lettori
informazioni attraverso modelli teorici, interventi
tecnicopratici. Un contributo multidisciplinare che
pone il paziente ed i suoi familiari al centro della cura e
della relazione d'aiuto. [email protected]
Chi
può aiutarci Moby Dick, come ogni
associazione, vive dell‟attività dei volontari. Tutti
coloro che condividono i nostri obiettivi e vogliono
aiutarci a portarli avanti rappresentano una risorsa
insostituibile.
Come
aiutarci
Quali
Comunicando la propria disponibilità a prestare tempo
(anche minimo) all‟associazione
Versando periodicamente (a piacere) una quota come
sostenitore utilizzando UNICREDIT codice IBAN
IT74Z0200805335000400263864 oppure sul c/c
postale n. 37246543 intestati a Moby Dick, Via dei
Caudini 4, 00185 Roma; CAUSALE: contributo
liberale
Proponendo iniziative per raccolta fondi o
manifestazioni
Chi
e-mail: [email protected]
Tel/Fax 06-85358905
sono le modalità I colloqui per i pazienti
sono completamente gratuiti, sia che si tratti di brevi
consulenze
sia
per
lunghi
percorsi
di
accompagnamento. Il paziente (malato o familiare) è
seguito nel momento in cui ne fa richiesta. Questo può
avvenire nel momento in cui riceve la diagnosi, dopo
un‟operazione chirurgica, nel periodo delle cure,
quando fa i controlli periodici, quando deve riprendere
la normale quotidianità, quando la malattia si aggrava,
quando avviene il passaggio ad una terapia domiciliare
o nel caso di un familiare quando non sa come
comportarsi, quando necessita di un contenimento delle
intense emozioni.
effettua il sostegno Il personale che
effettua i colloqui è specializzato, trattandosi di
psicologi e/o psicoterapeuti iscritti all‟albo e che, prima
di cominciare a seguire pazienti in associazione
ricevono una formazione specifica.
ANNO 4-2
Contatti
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