Giochi nell antica roma

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Giochi nell antica roma
Giochi nell’antica Roma
Circo
Nell'antica Roma, circus indicava un'area di forma circolare o ellittica (arena) utilizzata per le corse
delle bighe, i giochi e i combattimenti dei gladiatori. Le arene, che al centro erano divise in due da
un basamento su cui si ergevano colonne e statue chiamato spina, erano delimitate da due metae,
poste all'estremità dell'ellisse, che dovevano essere superate dalle bighe in corsa. I giochi circensi
(ludi circenses) erano lo spettacolo più popolare a Roma e nelle province dell'impero, e il pubblico,
che in alcuni casi poteva superare le 200.000 persone, seguiva lo spettacolo da gradinate
denominate cavea. Lo spettacolo, in alcuni casi, veniva concluso da simulazioni di battaglie navali
(naumachie) nell'arena riempita
Ricostruzione del circo di Milano. Degna di nota è la contiguità con i palazzi imperiali e la
vicinanza alle mura di Massimiano. In bianco è segnata la torre dei carceres tutt'ora esistente.
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Struttura
Il percorso di gara aveva il fondo in sabbia (in latino arena) ed era costituito da due rettilinei
paralleli, separati da una balaustra (chiamata "spina") che correva nel mezzo e raccordati da due
strette curve a 180 gradi. All'interno di ciascuna curva, all'estremità della spina, vi era una colonna,
chiamata meta, intorno alla quale i corridori dovevano girare. La distanza tra le due mete era
tipicamente di uno stadio (circa 200 metri), ma nei circhi più grandi poteva essere maggiore.
La pista aveva quindi complessivamente la forma di un rettangolo molto allungato: uno dei due lati
corti era arrotondato, mentre lungo l'altro si allineavano i carceres, ovvero i box dai quali
prendevano il via i carri. Su tutto il resto del perimetro erano costruite le gradinate per il pubblico.
L'edificio che ospitava i carceres era spesso monumentale, costituito da due torri, unite da una
facciata solenne, e dai vari locali di servizio. Tra queste torri da portare come esempio quella
rimasta del circo di Milano, a lungo creduta di origine medievale, divenuta il campanile di San
Maurizio al Monastero Maggiore alto 16,60 m.
I circhi erano degli edifici molto imponenti e fastosi. Il leggendario circo di Costantinopoli era
ornato con capolavori presi spogliando tutto il mondo conosciuto: per portare tre esempi, la spina
era ornata da vari oggetti preziosi, tra cui l'enorme obelisco trasportato da Karnak, in Egitto, e
ancora oggi ben visibile a Istanbul. Vi era anche la colonna con i serpenti di bronzo dorato presa dal
tempio di Apollo di Delfi. Sopra la tribuna imperiale vi era il gruppo dei cavalli di origine incerta
(forse fusi all'epoca di Domiziano) ma ora a Venezia, dove sono stati spostati nel 1204 per ornare la
facciata della Basilica di San Marco.
Svolgimento della corsa
Nell'antica Roma non si svolgevano corse di cavalli montati. Seguendo l'usanza greca (che risaliva a
parecchi secoli prima di Cristo, come attesta l'Iliade), i cavalli venivano invece aggiogati a un carro
a due ruote guidato da un auriga ("guidatore"). La biga era un carro trainato da due cavalli; la
quadriga da quattro. È famosissima la corsa di quadrighe rappresentata nel film Ben-Hur.
La partenza avveniva aprendo cancelli o catene e dando il via libera ai carri che potevano passare
dai carceres all'arena.
La corsa si svolgeva di solito su sette giri di pista. Il percorso era sempre in senso antiorario. Sulla
"spina" vi era una fila di segni (di solito uova di pietra o delfini). A ciascun giro veniva fatta
cambiare posizione a uno di questi segni. Gli spettatori potevano così tenere il conto del giro a cui si
era.
Naturalmente vinceva il carro che arrivava primo alla fine dei giri prestabiliti. Vi era un sistema per
correggere il percorso più lungo che avevano davanti i carri che erano all'esterno. La vincita non
corrispondeva solo nella proclamazione e nella gloria che ne derivava, ma anche in un premio
tangibile: i migliori aurighi diventavano famosi ma guadagnavano anche grandi somme, come i
moderni campioni dello sport.
Ubicazione
Di solito gli anfiteatri erano posti fuori le mura o in periferia, per facilitare l'accesso e il deflusso
degli spettatori e carri (es. con bestie e materiali scenografici) che provenivano da altri luoghi.
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Invece i circhi avevano una posizione tipica affiancata al palazzo imperiale, in modo che
l'Imperatore e la sua corte potessero recarvisi direttamente, senza uscire per strada.
Circhi famosi
Non erano moltissime le città che avevano un circo, perché la sua costruzione, l'area necessaria (più
sopra si diceva che erano in piena città) e soprattutto il mantenimento delle scuderie erano molto
costosi. Tuttavia sono famosi i circhi di Alessandria, di Milano, di Aquileia, di Antiochia e di altre
grandi città, soprattutto in oriente.
Ma i circhi più celebri sono quelli di Roma (il maggiore è il Circo Massimo) e quello (successivo)
di Costantinopoli. Quest'ultimo circo fu edificato quando ormai gli edifici stavano perdendo la loro
funzione originaria, e divenne il luogo utilizzato (oltre che per i giochi) per l'acclamazione
dell'Imperatore, per le assemblee popolari, era il luogo dove si verificavano tumulti e sommosse
anche cruente, e dove si svolgevano feste e celebrazioni varie, tra le quali si possono annoverare
anche delle condanne a morte in forma di rappresentazione sacra (ad esempio, mettendo l'indiziato
o il condannato dentro un forno ricostruito meticolosamente come quello dedotto dalla Bibbia nel
Libro di Daniele, dove si narra dei tre fanciulli gettati in una fornace per ordine di Nabucodonosor.
Nel circo di Costantinopoli avvenivano la cerimonia di acclamazione dell'Imperatore, gli atti
solenni e le trattative dell'Imperatore con la folla (es. nel 512 Anastasio dalla tribuna si tolse il
diadema, si disse disposto ad abdicare se gli veniva indicato un successore. La folla lo riconfermò).
Altro episodio famoso la rivolta della Nika, che prese le mosse dalle fazioni del circo, che
chiedevano all'unisono la rimozione di alcuni funzionari, e alla fine -nella sua repressione- costò la
vita a 30.000 persone). Vi si celebravano anche i trionfi (come quello di Belisario) e insomma tutte
le cerimonie ufficiali pubbliche. Le classiche quattro fazioni alba (bianca), prasina (verde), russata
(rossa), veneta (azzurra) divennero una sorta di partiti politici[senza fonte], con diversa rappresentatività
e diversa valenza sociale. Le fazioni del circo a Costantinopoli videro la prevalenza di due "colori"
(il verde e l'azzuro) e assunsero (oltre che connotazioni poliche) perfino quella di partigianerie
religiose: la fazione dei verdi parteggiava per il Monofisismo. Gli azzurri era il "partito" dei grandi
proprietari terrieri e dell'antica nobilità, parteggiavano per i verdi soprattutto i mercanti e la
burocrazia statale.
Tra i circhi di Roma antica vi erano:
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Circo di Massenzio, probabilmente mai utilizzato ma giuntoci in ottime condizioni, situato
nei pressi del parco della Caffarella;
Circo di Nerone, la cui costruzione iniziò però sotto l'imperatore Caligola, era situato
nell'area dove oggi sorge la basilica di San Pietro;
Circo Massimo, databile all'incirca al II secolo a.C. in un'area dove già da tempo si
svolgevano corse con i carri; solo nella seconda metà del novecento questa venne
sgomberata dalle strutture che l'avevano ricoperta, permettendoci oggi la visione del
perimetro del circo con i suoi resti.
Circo Variano, la cui maggior parte dei resti sono di recente scoperta, fu edificato da
Settimio Severo nella sua villa nei pressi di Porta Maggiore;
Circo Agonale, che sorgeva nell'area attualmente occupata da piazza Navona, che ne ha
conservato forma e destinazione d'uso fino a metà '800;
Circo Flaminio, costruito nel 221 a.C. circa da Gaio Flaminio Nepote e successivamente
distrutto per permettere la costruzione del Teatro di Marcello.
Tra gli altri circhi romani:
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Circo di Antiochia. Dove è ambientata la corsa dei cavalli nel romanzo Ben-Hur.
Circo di Aquileia. Questo e quello di Milano erano gli unici circhi del Nord Italia, entrambi
costruiti da Massimiano che ne costruì anche uno privato nella sua villa nei dintorni di
Roma (vedi sopra).
Circo di Tarragona. Complesso archeologico dichiarato patrimonio dell'umanità
Circo di Tessalonica. È legato alla famosa storia dell'eccidio compiuto per ordine di
Teodosio (7.000 morti). A causa di questo eccidio Teodosio I subì la penitenza impostagli
da Ambrogio a Milano
Circo di Milano. Ancora nel VII secolo dev'essere stato in buone condizioni (anche dopo la
distruzione della città da parte dei Goti) perché vi fu incoronato Adaloaldo, figlio di
Teodolinda
Circo di Arles
Circo di Toledo
Circo di Cesarea Marittima
Altri usi del circo
Nei circhi si svolgevano anche spettacoli di diverso tipo: ad esempio i combattimenti di gladiatori e
le esecuzioni capitali pubbliche, eseguite esponendo il condannato alle belve feroci (ad bestias).
Questi giochi si svolgevano anche negli anfiteatri, che talvolta vengono anch'essi impropriamente
chiamati circhi; in effetti la pista circolare del circo moderno prende la sua forma proprio da quella
degli anfiteatri
Tuttavia nell'antichità l'anfiteatro è il luogo destinato tipicamente ai combattimenti, soprattutto tra
gladiatori e per le venationes (ovvero spettacoli che coinvolgevano animali) mentre il circo è il
luogo (almeno durante i primi secoli dell'Impero) destinato sostanzialmente alle corse dei carri.
Gli anfiteatri vengono giudicati dall'Impero cristiano i luoghi dei combattimenti cruenti da
condannare, e cadono presto in disuso, mentre l'utilizzo dei circhi (per le corse dei cavalli ma ancor
più che per le assemblee o le celebrazioni pubbliche) prosegue ancora per molto tempo.
I Giochi
L’importanza che gli spettacoli arrivarono ad assumere per il mondo romano, si può facilmente
dedurre dai calendari appositamente predisposti.
Dei 77 giorni destinati ai ludi durante la Repubblica, si arrivò ad averne ben 177 durante l’Impero.
Nel IV secolo, 101 giorni contemplavano spettacoli teatrali (ludi scaenici), 66 le corse nel circo
(ludi circenses) e 10 i combattimenti (munera) nell’arena.In origine collegati alle celebrazioni
religiose, questi spettacoli con il gradimento sempre maggiore che riscuotevano tra la popolazione,
divennero sempre più un semplice divertimento per i cittadini e un mezzo di propaganda politica
per chi li organizzava (editor), tanto da perdere così nel tempo la loro funzione legata al culto
propiziatorio o commemorativo che fosse, per divenire semplicemente degli spettacoli.
Questo interesse non sfuggì agli occhi degli aristocratici e soprattutto degli imperatori i quali, per
imbonirsi le masse, si prodigarono per offrire spettacoli sontuosi immortalati nei versi degli scrittori
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latini del tempo: Svetonio, Tito Livio, Giovenale, Marziale ed altri ancora. L’imperatore Traiano
arriverà ad offrire festeggiamenti con 10.000 gladiatori. Con la ricerca di spettacolarità
aumentarono anche le spese necessarie per organizzare i giochi a tal punto che il Senato si trovò
costretto a regolamentarne lo svolgimento con rigide leggi che riguardavano sia la loro
organizzazione, sia le somme da destinarvi. Gli spettacoli potevano essere offerti a spese dello
Stato, organizzati dai magistrati allo scopo preposti, Edili, Duoviri, Pretori ai quali era affidata la
cura ludorum, o da privati previa autorizzazione del Senato, o ancora con la partecipazione di
entrambi. I giochi, naturalmente, si diffusero in tutto l’impero romano.
“Panem et circenses”, scrive Giovenale nel I secolo dopo Cristo, sono le cose che più interessano ai
romani: distribuzione gratuita di cibo e spettacoli pubblici.
Le Origini dei Ludi Gladiatori
Il ritrovamento di alcune decorazioni parietali in tombe a Capua e a Paestum in Campania, fanno
risalire con molta probabilità l’origine dei munera (dono votivo, tributo, offerta funebre) alle
popolazioni sannitiche. A Roma arrivarono nel III secolo A. C., qui giunti attraverso gli Etruschi. Il
primo munera in Roma, si svolse nel 264 a. C. presso il Foro Boario. I combattimenti erano
organizzati in occasione dei funerali di personaggi illustri o per la loro commemorazione, a spese
dei familiari, allo scopo di immolare vittime agli Dei.
Il crescente interesse che questo genere di spettacoli riscosse praticamente in ogni ceto sociale,
trasformò, come abbiamo detto, la loro originaria valenza religiosa in giochi veri e propri (munera
gladiatoria). La loro popolarità divenne tale che anche l’oggettistica di uso quotidiano risentì di
questa nuova passione (vasellame, mosaici ecc.).I combattimenti si svolgevano in prossimità delle
tombe dei defunti da commemorare o nelle piazze dei Fori, ma questi spazi ad un certo punto non
furono più sufficienti a soddisfare le richieste della popolazione che sempre in maggior numero
assisteva ai munera. Questo comportò necessariamente la costruzione di edifici adatti allo
svolgimento degli spettacoli. Gli architetti concepirono perciò delle costruzioni estremamente
funzionali allo scopo: gli anfiteatri (theatron = spazio destinato agli spettatori, e amphi = che corre
tutto intorno), dapprima in legno poi in muratura. Il più famoso e il più grande di tutti fu
l’Anfiteatro Flavio (il Colosseo) a Roma, i cui lavori di edificazione iniziati sotto l’imperatore
Vespasiano nel 72 d. C., furono terminati dal figlio Tito nell’80 d. C., che per l’inaugurazione offrì
giochi che durarono 100 giorni con notevole impiego di gladiatori e animali.
Ottanta ingressi (vomitoria) numerati consentivano l’accesso a circa 50.000 spettatori paganti, i più
fortunati usufruivano di tessere per l’ingresso gratuito. La cavea, era divisa in settori riservati alle
varie fasce sociali. Uomini e donne non potevano assistere insieme ai giochi, alle donne erano
riservate le gradinate più in alto dell’anfiteatro.
I Gladiatori
I gladiatori (da gladio = spada) erano per lo più prigionieri di guerra, schiavi, liberti, criminali
condannati a morte, ma anche uomini liberi che, attratti dalla possibilità di enormi guadagni,
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decidevano di diventare gladiatori (auctorati). Scarse notizie si hanno circa le donne che scendevano
nell’arena. Questi uomini appartenevano al lanista (impresario), il quale traeva il proprio profitto
affittandoli per gli spettacoli. Il prezzo variava a seconda della qualità dei combattimenti e al grado
di preparazione fisica richiesta. L’editor si impegnava inoltre al risarcimento di quei gladiatori che
fossero morti nel combattimento.
Vivevano in apposite caserme, dove formavano delle familiae gladiatoriae, che oltre agli alloggi
avevano una piccola arena per gli allenamenti svolti con gli istructores (allenatori). A Roma
esistevano quattro caserme: il Ludus Dacicus, il Ludus Gallicus, il Ludus Matutinus (dove
risiedevano i venatores e i bestiararii , gladiatori specializzati nei combattimenti con animali) e il
Ludus Magnus le cui rovine, vicine al Colosseo, sono ancora oggi visibili.
La tradizione popolare e la cinematografia classica ci hanno rappresentato i combattimenti come
qualcosa di estremamente truculento e dall’esito sempre mortale, ma la realtà doveva essere
sicuramente ben diversa visti i costi sostenuti per mantenere e allenare i morituri, e ancor più per i
costi sostenuti dagli editores per offrirli al pubblico. E’ perciò probabile ritenere che la loro morte
nell’arena non fosse così frequente, eccezione fatta per quei combattimenti denominati munera sine
missione cioè all’ultimo sangue, la folla che accorreva per vedere i propri beniamini ne voleva poter
ammirare la bravura e la prestanza fisica. Nei mosaici rappresentanti le pugnae (combattimenti)
compaiono sovente scritti i soprannomi dei gladiatori, questo a significare l’affezione del pubblico
durante tutta la carriera dei propri campioni. I più famosi arrivarono a combattere circa quaranta
volte nell’arena. La loro prestanza fisica inoltre non sfuggiva alle nobildonne romane, meritandosi
l’appellativo di suspiria puellarum. Un episodio che ben sintetizza il fanatismo dei sostenitori verso
i propri idoli è dato dalla rissa che scoppiò nel 59 a. C. nell’anfiteatro di Pompei tra “tifosi” locali e
nocerini. Gli incidenti iniziati durante un combattimento tra gladiatori, provocarono morti e feriti
cosicché lo stadio fu squalificato per 10 anni.
Le Categorie
Non tutte le classi gladiatorie sono esistite contemporaneamente, alcune scomparvero già in età
repubblicana come i Samnites, altre si
modificarono come i Galli poi Murmillones, altre ancora come i Thraeces giunsero immutate sino
all’età imperiale. Il vestiario era diverso a seconda della classe di appartenenza. Attraverso le fonti
storiche a disposizione si possono identificare all’incirca una dozzina di categorie, non condivise
però tra tutti gli studiosi, non essendo a volte facile legare i nomi con le iconografie a disposizione.
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Il perizoma (subligalicum), la cintura (balteus), l’elmo (galea), la protezione metallica per il braccio
(manica), gli schinieri per proteggere le gambe (ocreae e cnemides), facevano parte del vestiario di
uso comune a tutte le categorie.
Ecco le più note:
Thraeces: portavano un elmo a tesa larga sormontato da un cimiero a forma di grifone e ornato di
piume, una manica al braccio destro, un piccolo scudo (parma) una spada ricurva (sica) e alte
protezioni alle gambe (cnemides);
Retiarii: ispirati al Dio Tritone, avevano una placca metallica a protezione della spalla sinistra
(galerus), erano privi di elmo, armati di tridente, rete e una corta spada;
Murmillones (o Myrmillones): simili ai Traci si differenziavano da questi per avere un pesce
(murmo) sull’elmo al posto del grifone, un grande scudo rettangolare ed una spada dritta (gladio),
ocrea alla gamba sinistra;
Provocatores e Secutor: simili tra loro avevano un elmo ovoidale liscio per impedire la presa della
rete del Reziario, loro antagonista nell’arena, un pettorale in cuoio con al centro una testa di
gorgone in metallo, schiniere sulla gamba sinistra e bende in stoffa (fasciae) in quella destra, scudo
e spada;
E poi ancora: Oplomachi che usavano un grande scudo (hoplon), Essedari che combattevano su
carri (esseda), Sagittarii che usavano arco e frecce, Equites che, armati di lancia, combattevano a
cavallo, Dimachaerus che combattevano con due spade, Velites armati di giavellotto, Laquearius
armati di lazo (laqueus) con il quale cercavano di strangolare l’avversario. Di altre si conoscono
solo i nomi.
Le coppie nell’arena erano determinate in base al tipo di armamentario che ogni categoria aveva, le
armi di offesa e di difesa dovevano bilanciarsi con quelle dell’avversario. Una categoria a parte era
formata dai Venatores che si cimentavano contro le belve (venationes), questi gladiatori di solito
avevano solo una tunica e armi di offesa.
Questi giochi, la cui origine viene fatta risalire al centinaio di elefanti che Scipione l’Africano portò
a Roma dopo aver sconfitto Annibale, mostrati alla folla nel Circo Massimo e poi abbattuti perché
non era più possibile mantenerli, richiedevano una organizzazione molto complessa e dispendiosa
che riguardava la cattura degli animali, richiesti sempre in quantità maggiore, il trasporto in città,
luoghi per la loro stabulazione (vivarium) il mantenimento e misure di sicurezza all’interno
dell’arena per evitare incidenti agli spettatori. Alte reti con alla sommità zanne d’elefante rivolte
verso l’arena e rulli per impedire agli animali di arrampicarsi, poste tutt’intorno alla cavea e arcieri
proteggevano gli spettatori da eventuali pericoli.
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Lo spettacolo
L’organizzatore dei giochi (editor o se a Roma il Procurator imperiale), rendeva noti alla
cittadinanza mediante iscrizioni sui muri delle case, il motivo per cui offriva il munera, i nomi dei
gladiatori che sarebbero scesi nell’arena e la loro specializzazione, in oltre precisava se avrebbero
avuto luogo aspersioni profumate (sparsiones), distribuzione di cibo o denaro, se nel circo era
previsto il velarium a protezione della calura o della pioggia e se lo spettacolo prevedeva anche le
venationes. La sera prima veniva offerto un banchetto (coena libera) dove i cittadini potevano
incontrare da vicino i gladiatori.
I giochi cominciavano di mattina e seguivano un cerimoniale prestabilito: un corteo rituale (pompa)
rendeva gli onori alle autorità o all’Imperatore se presente. Aprivano lo spettacolo le venationes (se
in programma), che si protraevano fino all’ora di pranzo. Queste cacce potevano prevedere lotte tra
uomini e animali o tra animali anche legati tra di loro. Complesse scenografie riproducevano
ambienti esotici o mitologici. Nell’intervallo avevano luogo le esecuzioni dei condannati a morte,
molto gradite dal pubblico, dove persone inermi venivano fatte sbranare dalle fiere (damnatio ad
bestiam) o immolate nei modi più barbari, crocifisse, arse vive e così via. Alla ripresa pomeridiana
avevano luogo i ludi gladiatores veri e propri. Un combattimento con armi inoffensive serviva al
riscaldamento dei gladiatori. L’editor dava quindi inizio ai combattimenti tra le urla della folla
entusiasta e il baccano dei musici che accompagnavano lo svolgersi dei giochi. I primi gladiatori a
scendere nell’arena erano gli equites. Più coppie si affrontavano contemporaneamente (gladiatorum
paria). Se qualche gladiatore non si batteva con sufficiente impegno, veniva sollecitato a colpi di
frusta (lora) dai loraii presenti nell’arena.
La vita del gladiatore sconfitto dipendeva dall’editor, il quale valutava l’impegno messo nel
combattimento ascoltando gli umori del pubblico presente e tenendo conto delle spese sostenute per
l’affitto dei gladiatori e che per questo spesso graziava. In ginocchio davanti al vincitore, lo
sconfitto attendeva il verdetto offrendo la gola e la propria spada, se si era battuto male la folla
gridava: “iugula” (sgozzalo), se si era battuto alla pari riceveva la grazia (missio) con il famoso
pollice levato in alto. I morti venivano portati in una sala denominata spoliarum attraverso la porta
libitinaria da inservienti mascherati da Caronte. Al termine il vincitore riceveva la palma della
vittoria oltre a doni preziosi. Ma il premio più ambito era la spada di legno (rudis) che significava la
fine della carriera e quindi la riconquistata libertà.
Con il declino dell’impero e il Cristianesimo che portò cambiamenti nei costumi della società,
questo genere di divertimento era destinato ad aver fine, l’ultimo spettacolo di gladiatori si ebbe nel
438 d. C., vietati definitivamente dall’imperatore Valentiniano III, dopo fasi alterne il sipario calò
così anche sul Colosseo, nel 523 d. C. si svolsero le ultime venationes.
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ludi gladiatori e ludi circensi
I ludi ladiatori
I ludi gladiatori venivano anche chiamati munera gladiatori, poiché, nei primi tempi venivano
remunerati (munera) i gladiatori professionisti che prendevano parte a questi spettacoli. All’inizio
venivano utilizzati solo degli schiavi Etruschi che prendevano parte, loro malgrado, a questi
spettacoli per onorare i defunti. In seguito assunsero forma di spettacolo a se stante .I luoghi dove
comunemente si svolgevano queste attività erano spazi aperti come il Colosseo (anfiteatro Flavio),
così chiamato perché posto vicino ad una statua colossale, o l’arena di Verona.
I Gladiatori, scelti a gli schiavi con particolari qualità fisiche, venivano preparati in scuole che ne
curavano l’addestramento. Ognuna di esse con delle peculiarità e, per evitare che tra di loro
sorgessero delle amicizie, venivano fatti combattere gladiatori appartenenti a scuole diverse. Si
potevano distinguere: i reziari, addestrati a combattere con rete e tridente; i gladiatori armati di
scudi ed elmi e con il caratteristico gladio (sorta di spada tagliente ai due lati); i galli abbigliati con
costumi tipici della popolazione dei Galli (francesi); i gladiatori a cavallo che combattevano
scontrandosi con i cavalli.
I combattimenti potevano svolgersi uomo contro uomo o in gruppi. Era il caso dei catervari. Inoltre,
solitamente, gli spettacoli si aprivano con combattimenti definiti di assaggio durante i quali non si
arrivava all’uccisione dell’avversario. Al contrario, quelli che si succedevano, finivano quasi
sempre con la morte di uno dei gladiatori. Il moriente, prima i essere portato via, veniva avvicinato
da due personaggi, uno ne verificava la morte (toccandolo con un ferro rovente), l’altro,
eventualmente, gli dava il colpo di grazia. A volte, quando si scontravano due gladiatori valenti, il
vinto poteva avere salva la vita, a discrezione dell’imperatore.
Il Gladiatore schiavo poteva essere affrancato (reso libero), in seguito a dieci vittorie (segnate su
un collare in metallo). I gladiatori potevano combattere anche con animali feroci, in quelle che
erano definite cacce. Questi combattenti venivano chiamati bestiari.
I Ludi circensi
Erano molto spettacolari, si svolgevano nei circhi (ampi spazi dove, in un greppo naturale, sedeva il
pubblico). Il termine “circo” deriva probabilmente dalle due spade (enses) che, piantate in un
campo, delimitavano il raggio d’azione dello spettacolo. Intorno alle spade circm enses In questi
spettacoli la gente scommetteva sui colori che contraddistinguevano le fazioni di Roma. Ogni
fazione organizzava un’attività sportiva tra le quali le corse con i cavalli (da 2 a 10). I cavalieri
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erano abili professionisti, pagati, muniti di elmo e pugnale. Gli increpatores erano gli incitatori dei
vari colori. I vincitori, oltre alla loro paga, potevano raccogliere le monete lanciate dai tifosi.
I Ludi Troiani
Ne parla anche Virgilio nell’Eneide, era l’unica attività non professionale, riservata ai figli dei
nobili. Si trattava di attività equestri basate sullo scontro a cavallo di tre gruppi di giovani. Avevano
delle spade di legno ma non era previsto uno scontro cruento, bensì la dimostrazione di essere
valorosi nel gestire e domare il cavallo.
I Ludi Teatrali
Erano rappresentazioni mitologiche. Si raccontavano storie legate agli Dei, o si riproducevano
battaglie nelle quali i Romani erano stati vittoriosi. Per rendere più verosimili le rappresentazioni, si
facevano recitare anche gli schiavi, ai quali toccava soccombere, e talvolta morire, nel rispetto della
trama della storia. C’erano tuttavia rappresentazioni danzate e quindi non cruente.
I Ludi delle Naumachie
Erano combattimenti navali nei quali venivano utilizzati gli schiavi nell’interpretazione dei
perdenti. Per la loro messa in scena si utilizzavano specchi d’acqua naturali (fiumi e laghi) o create
dagli ingegneri (P.za Navona). Nelle simulazioni degli scontri navali c’erano, naturalmente, morti
reali.
Ricordiamo infine che, al di la dei ludi, i Romani erano un popolo di ottimi soldati, costantemente
in allenamento. Venivano addestrati nel campo Marzio, allenati da veterani di guerra, compiendo
numerose attività fisiche.A differenza del mondo Greco, nel mondo Romano le donne avevano una
rilevanza maggiore e potevano assistere agli spettacoli.
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Forza bruta, violenza e fiumi
di sangue: nell'immaginario collettivo sono questi gli elementi caratteristici dei combattimenti tra gladiatori che
allietavano le giornate di festa nella Roma del secondo secolo dopo Cristo.
Una recente ricerca condotta in Turchia è però destinata a demolire l'immagine di questi combattimenti brutali e
senza regole che hanno fatto la fortuna di colossal holliwoodiani come Spartacus o il Gladiatore.
Delitti imperfetti. Karl Großschmidt e Fabian Kanz, un medico e un archeologo austriaci, hanno effettuato
approfonditi studi sui resti di alcuni eroi dell'arena trovati in un cimitero di Efeso scoperto nel 1993 e databile attorno
all'anno 100. I due scienziati hanno utilizzato le più avanzate tecniche investigative per determinare le cause della
morte di 67 gladiatori che vi erano sepolti. L'analisi delle ferite trovate sugli scheletri sembra confermare ciò che gli
storici vanno affermando da tempo: i combattimenti tra gladiatori non erano semplici scontri al massacro, fatti di
violenza cieca e mutilazioni, ma erano veri match di lotta, con regole precise la cui applicazione era garantita dalla
presenza di arbitri.
Show must go on. Le ferite rinvenute sui teschi e l'assenza di tagli e contusioni in altre parti del corpo fanno pensare
che i combattenti utilizzassero tutti lo stesso tipo di arma e che vigessero regole che impedivano una troppo rapida
sopraffazione dell'avversario.
Nonostante i lottatori utilizzassero robusti elmi, sui resti di 10 crani sono state rinvenute ferite la cui causa è
riconducibile a un colpo inferto con un martello. Secondo i ricercatori questi resti appartengono a combattenti che
dopo aver perso l'incontro, sono stati messi a morte dal pubblico, come era usanza dell'epoca. Dalla ricostruzione
sembra che questi gladiatori siano stati portati fuori dall'arena ancora vivi e siano stati uccisi dietro le quinte da un
colpo di martello inferto da un boia. Una fine davvero ingloriosa.
(Notizia aggiornata al 24 febbraio 2006
schiavi erano comprati da facoltosi romani per essere addestrati a combattere nei
giochi gladiatori. Lottavano fra loro o contro gladiatori professionisti, che erano uomini
liberi, in anfiteatri come il Colosseo usando spade, arpioni e lance.
Generalmente dovevano sostenere due o tre combattimenti l'anno e se riuscivano a
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sopravvivere tre o cinque anni di combattimenti, potevano ottenere la libertà. Ma
secondo Tuck, che ha analizzato 158 immagini risalenti a quel periodo raffiguranti i
giochi, il rischio per un gladiatore di venire ucciso era quasi inesistente.
Lo studioso fonda la sua tesi su un raffronto delle immagini contenute su lampade e
dipinti murali con i manuali sulle arti marziali prodotti in Germania e in Italia durante il
Medioevo e il Rinascimento. Da questo confronto emergono una serie di similitudini,
dalle quali risulta che lo scopo del gladiatore era semplicemente quello di sconfiggere
l\'avversario, non di ucciderlo.
Le teorie di Tuck trovano appoggio in ambiente accademico. Simon Esmonde Cleary,
storico dell'università di Birmingham, concorda che la lotta gladiatoria non fosse
necessariamente cruenta e mortale. "Al giorno d'oggi, ci si concentra troppo sul
Colosseo di Roma nel quale i giochi non si svolgevano necessariamente con le stesse
modalità di quelli in altri anfiteatri dell'impero", ha affermato.
da la repubblica
La poco eroica fine dei gladiatori
Forza bruta, violenza e fiumi di sangue: nell'immaginario collettivo sono questi gli
elementi caratteristici dei combattimenti tra gladiatori che allietavano le giornate di festa
nella Roma del secondo secolo dopo Cristo.
Una recente ricerca condotta in Turchia è però destinata a demolire l'immagine di questi
combattimenti brutali e senza regole che hanno fatto la fortuna di colossal holliwoodiani
come Spartacus o il Gladiatore.
Delitti imperfetti. Karl Großschmidt e Fabian Kanz, un medico e un archeologo austriaci,
hanno effettuato approfonditi studi sui resti di alcuni eroi dell'arena trovati in un cimitero
di Efeso scoperto nel 1993 e databile attorno all'anno 100. I due scienziati hanno utilizzato
le più avanzate tecniche investigative per determinare le cause della morte di 67 gladiatori
che vi erano sepolti. L'analisi delle ferite trovate sugli scheletri sembra confermare ciò che
gli storici vanno affermando da tempo: i combattimenti tra gladiatori non erano semplici
scontri al massacro, fatti di violenza cieca e mutilazioni, ma erano veri match di lotta, con
regole precise la cui applicazione era garantita dalla presenza di arbitri.
Show must go on. Le ferite rinvenute sui teschi e l'assenza di tagli e contusioni in altre
parti del corpo fanno pensare che i combattenti utilizzassero tutti lo stesso tipo di arma e
che vigessero regole che impedivano una troppo rapida sopraffazione dell'avversario.
dida dida dida dida dida dida
Nonostante i lottatori utilizzassero robusti elmi, sui resti di 10 crani sono state rinvenute
ferite la cui causa è riconducibile a un colpo inferto con un martello. Secondo i ricercatori
questi resti appartengono a combattenti che dopo aver perso l'incontro, sono stati messi a
morte dal pubblico, come era usanza dell'epoca. Dalla ricostruzione sembra che questi
gladiatori siano stati portati fuori dall'arena ancora vivi e siano stati uccisi dietro le quinte
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da un colpo di martello inferto da un boia. Una fine davvero ingloriosa.
Quando si parla di grandi monumenti, di costruzioni maestose, di architettura antica ma solida,
quando si parla di Roma si parla del Colosseo.
Creare un sito sul Colosseo è stata una scelta facile. Ci ha spinto la passione per la nostra
straordinaria città e soprattutto la curiosità e il desiderio di saperne di più sul Colosseo, il
monumento più imponente di Roma.
Siamo partiti in due e siamo diventati un gruppo di lavoro spinto dalla voglia di condividere le
nostre ricerche con tutti quelli che come te visitano questo sito e magari imparare qualcosa in più
anche dalle tue segnalazioni.
Io personalmente subisco il fascino del Colosseo, più giustamente chiamato Anfiteatro Flavio, da
quando ero bambina. Lo stupore è sempre lo stesso ed ogni volta che passo davanti al monumento
ho lo stesso pensiero; mi chiedo che forte emozione possano provare i turisti che visitano Roma
quando si trovano di fronte al Colosseo. Io che abito in questa città da sempre ancora non mi sono
abituata a tanta bellezza.
L’avete mai visto di notte, con tutte le luci accese? Forse qualcuno di voi l’ha visto soltanto in foto
o in qualche documentario televisivo e sicuramente non può capire l’effetto emotivo che questo
colossale Anfiteatro può trasmettere.
Non è necessario essere appassionati d’arte o di storia per apprezzare l’Anfiteatro Flavio, non è
necessario riconoscere i vari stili delle colonne, l’architettura delle arcate, i materiali usati per
costruirlo perché la sua imponenza va al di la di ogni studio e specializzazione, il Colosseo entra
nel cuore di tutti.
Noi comunque faremo del nostro meglio per descriverlo in tutti i suoi dettagli, riportandovi anche
delle curiosità, parlando del territorio circostante e le nostre ricerche saranno sempre vive, aiutate
anche dai vostri pensieri e consigli, dalle foto che ci manderete e dagli eventi che ci segnalerete.
Si, perché il Colosseo non fa parte solo di un mondo antico, il Colosseo è vivo in questa città con
diverse manifestazioni culturali, artistiche e religiose, un Teatro di cui noi Romani più
facilmente possiamo godere...per questo ci teniamo a condividerlo con il resto del mondo.
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Le origini degli spettacoli gladiatorii vengono ricondotte alle antiche usanze etrusche e lucane
di far combattere prigionieri tra di loro, in occasione delle onoranze funebri di personaggi
importanti, come se la morte spettacolare degli stessi prigionieri, divenuta rituale, avesse
potuto placare gli dei inferi.
I primi spettacoli gladiatorii si tennero a Roma nel 264 a.C. quando Marco Decimo li offrì in
onore del proprio padre defunto Bruto Pera. Quei giochi furono detti anche Munera, cioè doni in
omaggio del defunto.
GLI ANFITEATRI
Gli edifici per gli spettacoli gladiatorii, gli anfiteatri costruiti sul modello del Colosseo, furono
innumerevoli e solo in Italia sono più di cento quelli attestati dai resti archeologici, a parte quelli
più noti e meglio conservati come a Pompei, a Capua, a Pozzuoli o la più nota arena di Verona.
Altre decine di anfiteatri sono stati identificati nelle città delle antiche province romane, per
esempio in Africa a Leptis Magna, Sabrata e El Djem, in Spagna a Cordova e Merida, in Gallia ad
Arles o a Nimes come nella stessa Parigi, in Germania a Colonia o a Magonza, in Pannonia a
Budapest, in Dalmazia a Ragusa, in Grecia ad Atene e a Corinto, in Tracia a Sofia, in Macedonia
a Salonicco, in Bitinia a Costantinopoli e ancora a Creta e a Rodi.
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ARENA DI VERONA ANFITEATRO DI CAPUA
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ANFITEATRO DI POZZUOLIANFITEATRO DI POMPEI
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ANFITEATRO DI NIMESRICOSTRUZIONE ANFITEATRO DI POZZUOLI
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ANFITEATRO DI ARLESRICOSTRUZIONE ANFITEATRO DI ARLESANFITEATRO DI BENEVENTO
ANFITEATRO DI EL DJEMPIANTA DI ANFITEATRO
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Il termine anfiteatro indica un edificio con una cavea di tipo teatrale che però avvolge tutta
intorno
l’arena
ellittica.
Laddove non si costruirono anfiteatri in pietra e in muratura ne furono eretti in strutture lignee o
più semplicemente con la cavea disposta su un terrapieno.
TORNA
IL COLOSSEO
Nella Roma repubblicana gli spettacoli gladiatorii non godettero di anfiteatri stabili, ma si
adattarono a svolgersi soprattutto in luoghi aperti e principalmente nel Foro Romano.
Solo con la dinastia dei Flavi Roma ebbe il suo grande e maestoso anfiteatro, il Colosseo, alto
56 metri, di cui 6 interrati, per il quale si adoperarono 100.000 metri cubi di travertino e 300
tonnellate di ferro per i perni e le grappe.
Lo storico
Giuseppe Flavio ci informa che, oltre alla mano d’opera specializzata, lavorarono all’edificazione
dell’anfiteatro 15.000 prigionieri ebrei condotti a Roma da Tito, figlio di Vespasiano, dopo la
conquista di Gerusalemme.
L’anfiteatro fu costruito grazie all’apertura contemporanea di diversi cantieri operativi in modo
che quelli inferiori potessero, comunque, lavorare anche nelle giornate di maltempo protetti dai
cantieri superiori.
Il poeta Calpurnio ci descrive l’arena e ci dice che il pubblico era protetto da eventuali tentativi
di aggressione da parte delle fiere, protagoniste durante i ludi venatorii, da una rete metallica
dorata sorretta da zanne di elefante rivolte verso le belve e sormontata da una fila ininterrotta di
rulli d’acciaio collocati orizzontalmente e ruotanti, in modo che le fiere non potessero servirsene
quali punti d’appoggio per scavalcare la rete stessa.
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L’Anfiteatro Flavio fu terminato dall’imperatore Domiziano nell’82 d.C. e fu da questi inaugurato
con una serie di spettacoli che fecero dimenticare l’inaugurazione precedente, voluta da Tito, ad
edificio non ancora completato.
L’area dell’arena, non ancora scavata, era stata utilizzata come vasca per poter offrire al
pubblico un altro gioco spettacolare di cui i Romani erano appassionati: le naumachie, cioè le
battaglie navali in miniatura.
Successivamente, sia per problemi di manutenzione e sia per necessità di dotare l’anfiteatro di
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maggiori servizi, la vasca fu abolita e il piano dell’arena scavato per dare spazio a sotterranei in
muratura, ancora oggi visibili, costituiti da corridoi, stanze, magazzini e vani per montacarichi.
Nei sotterranei trovarono posto le gabbie delle belve e i percorsi obbligati e protetti in cui le
stesse dovevano passare per raggiungere i montacarichi a contrappesi, che le avrebbero
portate al piano dell’arena, sulla quale sarebbero uscite attraverso botole che si sarebbero
aperte con grande effetto scenografico. Sempre nei sotterranei erano sistemati i magazzini per
le scenografie degli spettacoli, le armerie, le sartorie, l’infermeria, l’obitorio e tutti gli altri servizi
necessari per gli spettacoli gladiatorii.
I combattimenti sia tra gladiatori che tra cacciatori e fiere avvenivano non in un’arena disadorna
e resa tale da un manto sabbioso posto su un tavolato di rivestimento, ma arricchiti da una vera
scenografia di tipo teatrale, con finte rocce, piante, arbusti o alberelli, specchi d’acqua, elementi
architettonici vari ma comunque posticci: il tutto a ricostruire l’immagine originaria dei luoghi
reali o fantastici in cui si riteneva di dover collocare i prototipi dei duelli cui assisteva il
pubblico.
L’Anfiteatro Flavio era internamente diviso in quattro ordini: il più basso, riservato alle autorità,
all’imperatore e ai personaggi influenti, detto podio e tre successivi detti maeniana, l’ultimo dei
quali era coperto da una tettoia lignea poggiante su colonnine e riservato al pubblico femminile.
Il resto del pubblico era protetto dai raggi del sole da un velario. Questo era costituito da larghe
e lunghe strisce della stessa tela delle vele marinare, scorrevoli attraverso anelli, su larghe
corde tirate da un’estremità all’altra per la lunghezza maggiore dell’ellisse. Le corde scendevano
poi all’esterno dell’anfiteatro stesso fino a terra ed erano manovrate da squadre di marinai della
flotta imperiale. Le strisce di tela, una volta distese, lasciavano una grande apertura centrale in
modo che gli spettatori godessero dell’ombra e i giochi fossero in piena luce. I giochi non si
tenevano nelle giornate di cattivo tempo.
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L’ingresso agli spettacoli avveniva attraverso le arcate dell’anello esterno scandite da pilastri
ornati da semicolonne con capitello tuscanico.
Il pubblico presentava agli addetti agli ingressi una tesserina ossea o lignea su cui era inciso un
numero corrispondente a quello riportato alla sommità di ognuna delle arcate d’ingresso. Con
questo espediente gli spettatori sapevano per quale arcata entrare, a quale rampa accedere e a
quale ordine di posto recarsi. In tal modo il flusso e il deflusso degli spettatori avveniva nel
maggior ordine possibile.
Molto atteso doveva essere l’ingresso dell’imperatore, dei suopi familiari e delle autorità al
palco imperiale, ma ancora più maestosa e suggestiva doveva essere la Pompa gladiatoria, cioè
la parata, in armi finemente decorate, dei gladiatori all’apertura dei giochi. Per primo entrava
l’organizzatore, seguito da assistenti che presentavano al pubblico i premi posti in palio e
quindi i gladiatori che sfoggiavano armi e corazze lucenti e pennacchi policromi.
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I COMBATTIMENTI
I combattimenti si interrompevano quando uno dei combattenti veniva ferito, anche se
leggermente.
Importante, infatti, non era tanto assistere ad un duello all’ultimo sangue quanto ad un buon
duello, giocato secondo i dettami dello stile delle varie armi, con abilità, intelligenza e coraggio.
Solo gli spettacoli più importanti, di solito quelli offerti dall’imperatore, esigevano che gli scontri
fossero mortali ed era in questi casi che il pubblico interveniva con il pollice verso o con l’indice
alzato per chiedere la morte o la vita per il gladiatore sconfitto.
D’altronde gli spettacoli gladiatorii erano offerti a pagamento in tutte le città dell’impero da
compagnie di gladiatori itineranti. Al seguito dei gladiatori c’erano i proprietari, gli organizzatori,
i medici, gli infermieri, gli armaioli, i fabbri, i sarti, i costumisti, i falegnami e gli scenografi.
Sarebbe stato un bel problema se ad ogni spettacolo l’impresario si fosse trovato con metà dei
gladiatori.
I gladiatori più famosi ottenevano fama ed onori ed erano chiamati a far parte delle caserme
imperiali, arricchiti da premi sempre maggiori e corteggiati dalla classe dirigente per averli
ospiti a feste e banchetti.
I gladiatori si sfidavano secondo schemi predeterminati: al gladiatore dotato di un tridente e di
una rete veniva contrapposto quello che sull’elmo portava la figura di un pesce. Alcuni avevano
spada corta, corazza, elmo e scudo, altri una sola manica metallica e una spada ricurva.
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I duellanti venivano contrapposti a seconda delle situazioni belliche dei loro paesi d’origine, per
esempio Egizi contro Siriaci o Greci contro Persiani o secondo situazioni del tutto nuove o
stravaganti, ad esempio Germani contro Parti.
Allo stesso modo erano organizzati i duelli fra i cacciatori, venatores, e le fiere o tra gli stessi
animali. Così un Germano doveva battersi con un orso o un Egizio con un leone, o un elefante
contro un orso.
La necessità di rifornire di animali i giochi venatori portò già in età antica all’estinzione di
alcune specie nei paesi in cui sappiamo che erano presenti: ad esempio i leoni in Egitto e in
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Mesopotamia. Negli spettacoli inaugurali dei maggiori anfiteatri venivano sacrificate diverse
migliaia di animali.
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POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO
Giochi per diventare un
GLADIATORE
TROVA L’ INTRUSO E DIVETERAI UN GLADIATORE
COLOSEO,ANFITEATRO,SCUOLA, FLAVIO
SPADA,GLADIATORE,SCOLARO,CAIO STILIO
RIBEGLIONE,SPARTACUS,BOTTIGLIA
GLADIATORE,ANIMALI,CAPPUCETTO ROSSO,SENATORI
BRAVO SE SEI RIUSCITO A FARE QUESTO ALLENAMENTO DIVENTERAI
GLADIATORE
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SE SEI
RIUSCITO
SEI UN
GLADIATORE
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