File allegato - Fondazione Venezia 2000

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File allegato - Fondazione Venezia 2000
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anno 2, numero 2, luglio 2005
Newsletter trimestrale a distribuzione telematica gratuita della Fondazione Venezia 2000 Cultura e Impresa,
San Marco 4387, 30124 Venezia. Redazione a cura di Sistema
snc, Dorsoduro 1249, 30123 Venezia, [email protected]. il sito
myvenice.org è realizzato con SPIP da HCE web design; logo,
grafica web e newsletter a cura di hstudio - Venezia.
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Editoriale
VENEZIA CAPITALE DEGLI EVENTI CULTURALI.
NEL 2004 PIU’ DI 25 MANIFESTAZIONI AL GIORNO
Progetti
Presentato il Secondo Rapporto sulla produzione culturale a Venezia elaborato da Sistema
sulla base dei dati raccolti da Agenda Venezia
Francesco Sbetti e Manuela Bertoldo
VENEZIA ALLA SECONDA BIENNALE
DI ARCHITETTURA DI ROTTERDAM
Three Bays (27 maggio – 4 settembre, Rotterdam,
NAI building, Gallery 1)
Carlo Bassetti
I dati utilizzati per la costruzione del rapporto sono
quelli raccolti dal sito www.agendavenezia.org, (un
prodotto della Fondazione di Venezia) che documenta dal 2002 giorno per giorno l’agenda delle
iniziative culturali-ricreative che si svolgono nell’area veneziana, e che ha consentito di censire
tutti gli eventi che si sono svolti evidenziando chi
li ha prodotti e quali sono stati i luoghi destinati a
ospitare le manifestazioni.
Scopo dello studio è la rendicontazione nel dettaglio degli eventi, i produttori e i luoghi di rappresentazione, con l’obiettivo di misurare la capacità
produttiva in termini culturali della città che crea
anche un importante indotto occupazionale ed è al
contempo veicolo di sviluppo del ruolo culturale di
Venezia nel panorama internazionale.
In particolare, nel corso del 2004 nel comune di
Venezia sono state prodotte 1838 manifestazioni di
carattere culturale, religioso e sportivo (in netta
crescita rispetto alle 1.500 del 2003 e le 1222 del
2002), organizzate da oltre 80 enti e soggetti.
Il fatto che gran parte degli organizzatori siano
concentrati nel Centro Storico della città influenza
la ripartizione territoriale degli eventi, che vedono
una concentrazione in Venezia (continua a p.2)
Nell’ambito delle molteplici iniziative della seconda
Biennale Internazionale di Architettura di Rotterdam,
giovane ma vivace e già molto autorevole appuntamento a cura dell’NAI (Nederlands Architectuurinstituut) è ospitata quest’anno una sezione intitolata
Three Bays (27 maggio – 4 settembre, Rotterdam,
NAI building, Gallery 1). La mostra e i relativi convegni sono incentrati sull’analisi storica, urbanistica
ed architettonica di tre città, geograficamente molto
distanti ma sorprendentemente simili per morfologia
del territorio, dinamiche di sviluppo urbano, epoche
di colonizzazione e di fondazione urbana. Le tre città
sono Amsterdam e il territorio dell’estuario IJ, Edo,
ovvero Tokyo con la sua grande baia e Venezia e la
sua laguna; i curatori delle rispettive sezioni sono
Maarten Kloos, Hidenobu Jinnai e Marino Folin (rettore dell’Università IUAV di Venezia).
Le tre sezioni in cui i rispettivi cu- (continua a p.3)
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Percorsi
Primo Piano
Percorsi
FESTA DEL REDENTORE
LUCIAN FREUD
BIENNALE DI VENEZIA
16 luglio, la festività più sentita dai veneziani
Alessandro Cinquegrani
Al museo Correr una sterminata monografica dedicata a Freud, a cinquant’anni dalla prima mostra a Venezia
Giovanna Dal Bon
51 Esposizione Internazionale d’Arte
Lidia Panzeri
Per il Redentore, Palladio ha concepito una chiesa
seduta sulla sua scalinata, che osserva sonnolenta
e sorniona la città. Vicinissima ma inevitabilmente
separata dal Canale della Giudecca, attraversato da
enormi navi da crociera che la oscurano, di tanto
in tanto, e la dividono da Venezia. Se ne sta lì, indifferente, osserva e non interviene, comprensiva e
paterna. Il Redentore è colui che toglie i peccati, che
permette l’espiazione, che redime, appunto. La sua
presenza è necessaria per i veneziani, ma non può
essere una presenza troppo ingombrante, va bene
che stia lì, va bene che non si faccia troppo sentire,
perché i peccati, in fondo, vanno commessi. Venezia è una città peccaminosa, i suoi abitanti lo sanno, il peccato è favorito dalla prossimità, da finestre
che s’affacciano su finestre, da altane che danno
su balconi, case dentro case, sconosciuti accanto a
sconosciuti. L’estate, poi, il caldo (continua a p.2)
La figura di una giovane donna accucciata afferra
la gamba di un uomo non più giovane, intento a
dipingere tra lo specchio e il cavalletto:”the painter
is surprised by a naked admirer”. L’ultimo quadro
in mostra. Tra gli ultimi dipinti da Lucian Freud. Si
autoritrae fuoriscala rispetto alle dimensioni della
donna, fa uso di un’insolita distanza: “è una fase
nuova del suo dipingere. Lucian adesso ha ottantatre anni, una diversa distanza dalle cose, come
a rendere palpabile il tempo trascorso”-Bill Feaver
parla di lui con tenerezza ed estrema attenzione,
lo conosce bene, fa parte di una ristretta cerchia
di persone che frequentano assiduamente la casa
del pittore a Notthing Hill ed è il curatore di questa
sterminata monografica dedicata a Freud, a cinquant’anni dalla prima mostra (continua a p.4)
Tanto snella nelle sue due rassegne principali, firmate dalle curatrici spagnole, Maria de Corral e
Rosa Martinez , quanto ricca di eventi collaterali,
che permeano tutti gli spazi cittadini, comprese le
isole, con una densità talora eccessiva e pur sempre indice di una grande vitalità: la 51. Esposizione
d’Arte Internazionale della Biennale si è appena
inaugurata il 12 giugno e si concluderà il prossimo
6 novembre.
Snella. 91 gli artisti selezionati in tutto, in modo da
restituire loro quella visibilità che era venuta a mancare nell’edizione precedente e questo anche grazie
ad un allestimento, agile ed accurato, in tutte e due
le sedi, che facilita la lettura delle loro opere.
E’ tradizione iniziare la visita dai giardini, il luogo più
connotato storicamente e dove hanno i loro padiglioni i paesi più importanti: all’esterno, quasi un biglietto da visita, il segno forte della barca che si innalza
per 40 metri, il “Mare verticale” di Fabrizio Plessi.
Al padiglione Italia (ormai impropriamente denominato così, visto che non è più (continua a p.5)
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anno 2, numero 2, luglio 2005 - p 2
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Editoriale
VENEZIA CAPITALE DEGLI EVENTI CULTURALI. NEL 2004 PIU’ DI 25
MANIFESTAZIONI AL GIORNO
(continua dalla prima pagina)
del 76,3% delle manifestazioni contro il 20,7% di
Mestre e Marghera, l’1,8% del Lido e l’1,2% delle
isole della laguna.
La classificazione più importante riguarda tuttavia
la ripartizione delle manifestazioni tra i settori culturali, religiosi, sportivi e di intrattenimento generico: nella fattispecie, conferenze e convegni (729
eventi) coprono il 39,7% dell’offerta totale, la musica (398 eventi) il 21,7%, le rassegne cinematografiche (233 eventi) il 12,7%, teatro (210 eventi)
l’11,4%, danza (45 eventi) il 2,4%, Arti visive (164
eventi) l’8,9%, sport (38 eventi) il 2,1%, Tradizione
veneziane e Eventi religiosi (18 eventi) l’1% e Fiere
e mercati (3 eventi) lo 0,2%.
In particolare in Venezia centro prevalgono, per
numero di manifestazioni organizzate, l’attività
convegnistica (47,1%) e la musica (20,8%), nella
Terraferma gli eventi si concentrano tra manifestazioni teatrali (33,4%), musica (23,4%) e rassegne
cinematografiche (19,7%). Al Lido prevalgono le
attività cinematografiche (44,1%) e nelle isole la
Musica (45,5%).
Per quanto riguarda la divisione degli eventi lungo
i mesi dell’anno solare, la ripartizione è piuttosto
equa, con picchi nei mesi di Maggio (252 eventi) e
Febbraio (224 eventi) a fronte di sensibili cali del-
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Percorsi
FESTA DEL REDENTORE
(continua dalla prima pagina)
umido irresistibile, che impone una spossatezza dei
sensi, che toglie vestiti appiccicaticci, che lascia intravedere corpi nei quadrati delle finestre.
Il peccato è di casa a Venezia. Il Redentore lo sa,
e sa che il suo compito ogni anno dovrà svolgersi
puntualmente. Anche i veneziani lo sanno, e confidano in lui perché puntualmente, ogni anno, li purifichi dal peccato, dalla colpa, e il resto dell’anno,
però, li lasci fare, se ne stia oltre quel canale nel suo
apparente, consapevole letargo. Allora, quel giorno
dell’anno, quella terza domenica di luglio, un ponte
di barche collega Venezia al Redentore, solo allora
il Redentore fa parte di Venezia, non più separato
dal Canale, e allora si risveglia dal letargo per svolgere il suo compito. Nessun veneziano mancherà
alla processione che lo porterà alla chiesa, poiché
non è in gioco una festività, ma uno stile di vita.
Quella passeggiata affollata su un ponte tremolante
e brulicante di persone è necessaria per buttarsi
alle spalle i peccati di un anno, e da lì ripartire per
Numero eventi per tipologia
eventi
Tipologia
Arti visive
Musica
Teatro
Danza
Rassegne cinematografiche
Tradizioni veneziane e Eventi religiosi
Sport
Conferenze e convegni
Fiere e mercati
Totale
v.a
giorni eventi
%
v.a
%
164
398
210
45
233
18
38
729
3
8,9
21,7
11,4
2,4
12,7
1,0
2,1
39,7
0,2
6.802
577
392
66
323
38
120
879
13
73,9
6,3
4,3
0,7
3,5
0,4
1,3
9,5
0,1
1.838
100,0
9.210
100,0
Il Secondo rapporto “La produzione culturale a Venezia. Gli eventi, i produttori,i fruitori”, giugno 2005 è disponibile presso
la Fondazione Venezia 2000.
l’attività nei mesi di agosto (35) e Gennaio (77).
Un dato molto interessante riguarda invece la
suddivisione dei 1838 eventi registrati tra eventi
prodotti all’interno del bacino lagunare ed eventi
prodotti altrove, che restituisce l’immagine di una
città viva e operativa: il 95,9% di “Conferenze e
Convegni” il 72,8% delle “Arti Visive” e il 52,6%
degli “Eventi Musicali” che hanno avuto luogo a
Venezia sono stati prodotti internamente, con solo
“Teatro e Danza” che invertono questa tendenza,
con il 67,8% degli spettacoli prodotti altrove.
Il secondo Rapporto sulla produzione culturale a
Venezia consolida l’appuntamento di indagine e
riflessione nei confronti di un settore rilevante in
quanto capace di interpretare il ruolo di Venezia sia
nei confronti dei propri cittadini stabili (residenti e
city user) sia del ruolo di città internazionale della
cultura (produzione e vetrina di eventi), e riafferma
l’intendimento della Fondazione di Venezia di assicurare una continuità nella raccolta e analisi di
questi dati al fine di dare alla città e agli operatori uno strumento utile per comprendere e gestire
questo sistema.
Francesco Sbetti e Manuela Bertoldo
un nuovo anno. È necessario perché la città
e i suoi cittadini non si saturino di peccati,
perché si vive sempre in un confine labile
oltre il quale non si può andare. Venezia
muore, dicono alcuni da alcuni decenni, e
se non muore mai è pur sempre sull’orlo di
farlo, perché se il peccato prevalesse, se
andasse ad occupare ogni casa, ogni calle,
ogni angolo di questo formicaio domestico,
la sopravvivenza della città sarebbe messa
in discussione, per questo la processione è necessaria, perché il peccato si annulli, perché si riparta
da capo, perché ogni anno Venezia ritrovi la sua innocenza, e si ricominci.
Dopo la processione è l’esplosione della festa. Tutti
accorrono a vedere i fuochi d’artificio che sanciscono l’inizio della vita del nuovo anno. Barche e
barchine, topi e tope, burci e bragozzi, gondole e
gondolini, caorline e peate, tutti guardano lo splendore della nuova innocenza, migliaia di persone tra
le calli o in mare per quella sera in cui il peccato
ricomincia, esplode di nuovo: si mangia, si beve, si
sta uno vicino all’altro, ci si bacia, ci si abbraccia,
una Venezia nuova si rigenera e riparte.
Tutto questo ha una sacralità laica e perfino profana,
così come i veneziani amano Venezia. Eppure tutti,
sia pure col loro piglio da discoli ne conoscono l’importanza. Perché prima che la chiesa fosse eretta la
città ha raggiunto quella saturazione di peccati che
avrebbe condotto alla morte, e la morte, infatti, è
arrivata sotto forma di una pestilenza che sembrava
non avere fine. Dal 1575 al 1577 morirono a Venezia circa cinquantamila persone. Era, si pensava
allora, una punizione divina, perché il peccato aveva
invaso ogni via, ogni casa, la vita dissoluta aveva
profanato la sacralità della vita (continua a p.3)
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anno 2, numero 2, luglio 2005 - p 3
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(continua da p.2) stessa e la morte, oramai soltanto
la morte, avrebbe riportato la salute, avrebbe fatto
conoscere di nuovo il valore della vita.
La città era in ginocchio, quella punizione sembrava non avere fine, i cittadini, tutti, compresero
quello che era successo, ma ora, ora bisognava
vivere, non potevano per ciò che avevano commesso morire tutti, tutti! Fu allora, il 21 settembre
1976, che il Senato Veneziano approvò la proposta
del Doge Alvise Mocenigo di fare un voto solenne
per salvare la città. L’aiuto di Dio sarebbe stato
invocato attraverso l’erezione di un tempio «che
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i successori anderanno solennemente a visitare
a perpetua memoria del beneficio ricevuto». Il 3
maggio 1577 fu posta la prima pietra della chiesa
del Redentore. La terza domenica di luglio dello
stesso anno fu proclamata la fine della pestilenza,
Venezia salva per sempre. Mai più si dovrà raggiungere quel punto, mai più una punizione divina
verrà a depurare la città dal peccato, con gesto
più piccolo, ogni singolo veneziano provvederà a
redimersi da solo durante quella festa.
Venezia è una città peccaminosa e decadente, i
veneziani la vivono e la rendono così. Eppure ogni
anno, la terza domenica di luglio, vanno a rendere
omaggio al Redentore, a colui che li libera da tutti
i peccati. Camminano tutto l’anno tra le calli con
una vincente strafottenza, pronti ad una alzata di
spalle, a non voltarsi indietro, eppure la sacralità
della festa del Redentore la conservano. Va bene
giocare, va bene divertirsi, ma proprio per questo
bisogna ricordarsi sempre, ogni anno, di attraversare quel ponte sul canale della Giudecca, salire
quei gradini, ed entrare là dove tutto potrà ricominciare. E poi, si torna a far baldoria!
Alessandro Cinquegrani
equilibrio sono da sempre condizione prima ed imprescindibile per l’esistenza – e, oggi, la conservazione – della città di Venezia e di tutta la moltitudine
di centri minori, isole e monasteri che costituiscono
la “galassia” urbana veneziana insediata in laguna.
Non bisogna infatti dimenticare che la laguna è da
sempre territorio insediativo non solo della città di
Venezia così come solitamente individuata – e oggi
identificata come centro storico – ma anche di numerosi nuclei agricoli e di pescatori, di comunità
monastiche, di numerose isole caratterizzate da
insediamenti antichissimi e specializzati (ospedali
e sanatori principalmente). Il fatto stesso e la conseguente profonda consapevolezza che la laguna è
motore e sistema di difesa di questo meraviglioso
e delicato tessuto insediativo ha da sempre indotto
la città, le sue istituzioni e la sua popolazione ad
un continuo e instancabile lavoro di manutenzione, modificazione e controllo del sistema laguna,
che, contrariamente al suo aspetto di naturale
primordialità è invece territorio profondamente antropizzato e plasmato nel tempo agli scopi già tratteggiati. Si è sempre vigilato e custodito il delicato
equilibrio continuamente minacciato dalla forza del
mare e dalle dinamiche idrauliche e di trasporto
detritico dell’esteso e multiforme sistema fluviale
che sfocia in laguna.
Il bel lavoro documentale ed illustrativo di Folin schematizza l’evoluzione storica di Venezia e della sua
laguna, individuandone cinque
periodi successivi e caratterizzati
da diverse condizioni territoriali e
strutturali, con conseguenti diverse strategie, peculiari tecnologie e
approcci d’intervento.
Il primo periodo, individuabile
tra le origini di Venezia – intorno al VII secolo – e il XV secolo è qualificato da interventi
sull’equilibrio idraulico della
laguna avvenuti attraverso parziali sbancamenti atti ad imbrigliare i rami fluviali
che sfociavano in laguna e a rafforzare la stabilità
del sistema delle strisce sabbiose costiere, limite
esterno della laguna. Tali interventi effettuati con
le precarie ed arretrate tecnologie e conoscenze
dell’epoca avvenivano principalmente con elementi
lignei (palificate) e richiedevano continuo monitoraggio e manutenzione.
Il secondo periodo (XV-XVII sec) è caratterizzato da
più massicci e strutturali interventi atti all’imbrigliamento dei rami fluviali e alla loro deviazione, al fine
di farli sfociare direttamente in mare; questa necessità si era fatta sempre più urgente, principalmente
per motivi igenici, in quanto la putrida acqua dei
fiumi causava gravi epidemie e rendeva insalubre la
laguna ostacolando le tradizionali ed imprescindibili
attività di caccia, pesca e coltivazione.
Il terzo periodo (XVIII sec) si distingue per la nuova
attenzione alla protezione della laguna dal mare.
Risolti efficacemente i problemi provenienti dal
sistema fluviale, grandi preoccupazioni davano le
condizioni di scarso equilibrio delle protezioni dal
mare; massicci fenomeni di erosione interessavano
le strisce sabbiose di perimetrazione e difesa della
laguna, che veniva con sempre maggiore frequenza
invasa dalle mareggiate. La Repubblica di Venezia
intraprese in questo periodo l’imponente lavoro di
rinforzo costiero, attuato attraverso la costruzione dei murazzi in pietra d’Istria, (continua a p.4)
Progetti
VENEZIA ALLA SECONDA BIENNALE
DI ARCHITETTURA DI ROTTERDAM
(continua dalla prima pagina)
ratori hanno analizzato la genesi e la colonizzazione
dei tre ambienti costiero-lacustri, dimostrano, attraverso una semplice osservazione comparativa,
notevoli similitudini storiche e delle dinamiche e
strategie di antropizzazione e urbanizzazione dei
territori, territori questi tecnicamente e intrinsecamente disagevoli e non immediatamente adatti
all’insediamento.
Le tecniche di bonifica, le regole di insediamento
e le dinamiche di fondazione urbana sono molto
simili, talvolta del tutto analoghe. L’osservazione
delle tre città e dei loro territori dimostra, tra le
altre cose, che la bonifica attraverso la costruzione di sacche e barene (i famosi polder olandesi)
non è tecnica esclusiva della tradizione olandese,
come spesso teorizzato proprio in Olanda, ma al
contrario è comune ai tre ambienti lacustri, dove
assume fin da epoche remote forme e tecnologie
sorprendentemente simili.
La sezione dedicata a Venezia, curata, come detto, dal rettore dell’università di architettura, Marino
Folin, si concentra intorno a due nuclei concettuali
e documentali principali: lo sviluppo storico, la bonifica e le dinamiche insediative fondative della città
da un lato, le strategie di gestione e intervento infrastrutturale oggi in atto e in programma, dall’altro.
La laguna di Venezia è lunga circa cinquanta chilometri, in direzione approssimativamente nord
– sud, per una larghezza di dieci-dodici chilometri
ed è separata dal mare Adriatico da esili strisce
costiere sabbiose che vanno dalla penisola del Cavallino a nord fino a Chioggia a sud, passando per
l’isola del Lido di Venezia e di Pellestrina. Si tratta
del risultato di una continua modificazione naturale
e, in parte, artificialmente indotta dell’originale ed
enormemente esteso sistema del delta del fiume
Po e di fiumi minori a nord e a sud.
L’esistenza stessa della laguna e il suo delicato
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anno 2, numero 1, aprile 2005 - p 4
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(continua da p.3) sistema di rafforzamento attraverso scogliere artificiali, estese da Pellestrina
a Malamocco, fino alle propaggini meridionali del
Lido. I lavori, inizialmente previsti per l’estensione completa del bordo lagunare, fino alle estreme
propaggini settentrionali fu interrotto nel 1797 dalla
caduta della Repubblica Serenissima.
Il quarto periodo (1797-1966) vede interventi di
radicale modificazione delle dinamiche di equilibrio
mare-laguna. Venezia ha in quel periodo grande
sviluppo in direzione dell’entroterra, dove sono
individuate le zone per lo sviluppo industriale e
portuale. La laguna subì profonde mutazioni avvenute principalmente con lo scavo di profondi canali
navigabili per raggiungere la fronda lagunare dove
vennero ubicate distese industriali e relativi terminal
portuali. L’equilibrio idro-dinamico della laguna ne
risultò sconvolto così come la morfologia della fronda lagunare. Vennero realizzate nuove ed imponenti
infrastrutture – come il ponte ferroviario (1846) o il
nuovo porto commerciale alle propaggini ovest della città (1870), ma la più imponente modificazione
artificiale della laguna avvenne a partire dagli anni
20 del 1900, quando venne costruita la prima zona
industriale al bordo lagunare occidentale – Marghera – per una estensione di più di 200 ettari di nuova
bonifica. Per la costruzione della seconda zona industriale, intorno al 1960, si procedette addirittura
a 500 ettari di nuova bonifica; nello stesso periodo vennero scavati i due nuovi canali navigabili (il
canale Vittorio Emanuele III e il canale dei Petroli)
e furono ridisegnati e resi più profonde le aperture
della laguna verso il mare, interventi, questi ultimi in
particolare, che sconvolsero definitivamente l’equilibrio idrodinamico della laguna.
Le conseguenze si videro drammaticamente nel
1966 quando la città rischiò di essere spazzata via
dalla contemporanea furia di mare e fiumi.
Il quinto periodo, l’attuale, inizia l’indomani dell’alluvione del ‘66. Venezia è diventata da allora un caso
nazionale affrontato con legislazione apposita e del
tutto peculiare. Si iniziarono diverse attività di monitoraggio ed intervento strutturale atte al ristabilire
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Primo Piano
LUCIAN FREUD
(continua dalla prima pagina)
a Venezia. Oltre novanta opere, molte esposte al
pubblico per la prima volta ( settantacinque dipinti
e sedici acqueforti) provenienti da collezioni europee e americane - tra cui il celebre ritratto della
Regina d’Inghilterra, prestato eccezionalmente
dalla cancellerie.....
La durata dell’avventura pittorica di Freud è dominata dal ritratto. Una sua sentenza:”tutto è auto-
in laguna una possibile e nuova condizione di equilibrio, da un lato, mentre dall’altro iniziarono avveniristici e spesso velleitari studi ultra-tecnologici per
l’individuazione di nuove soluzioni tecniche di protezione del bordo lagunare verso il mare. La soluzione
è stata recentemente individuata in un sistema di
paratie mobili localizzate alle tre bocche di porto – i
collegamenti tra mare e laguna – che dovrebbero
entrare in funzione in occasione di maree eccezionali (superiori a 1,1 m sul livello medio del mare)
difendendo la laguna e la città dalla conseguente
furia del mare. Questo sistema tecnologico di dighe
– noto come Mose – è stato presentato nella mostre
Three Bays, principalmente nelle sue parti inerenti
le opere complementari, ovvero quello che è sistemazione urbanistica e architettonica di contorno e
completamento al funzionamento delle dighe.
Il Mose è oggi in fase di costruzione e sta provocando un accesissimo dibattito a Venezia ma non
solo, in quanto sussistono dubbi sulla sua reale efficacia ma soprattutto in quanto pare essere una
soluzione atta a controllare unicamente il livello
della marea senza valutare nel dettaglio le ripercussioni che questi interventi avranno sull’equilibrio
naturalistico generale della laguna. Il livello della
marea è, infatti, solo un elemento della complicata questione. L’equilibrio biologico e naturalistico
rischia infatti di averne un contraccolpo di portata epocale, in quanto verrà modificato il sistema
naturale di respirazione della laguna, che ha nel
continuo mescolamento di acque dolci e salate, nel
periodico invertirsi dei sensi di corrente e di marea
e nell’incontro di sistemi naturali di acqua dolce e
di acqua salata i motivi della sua sorprendente e
meravigliosa unicità.
Altro e importante nucleo concettuale, intorno al
quale si è dipanato il lavoro di documentazione di
Folin, è l’analisi e la descrizione di un importante e
interessante fenomeno urbanistico e antropologico,
che è in atto da circa centocinquanta anni nella città di Venezia. Venezia nasce e si sviluppa, fino alla
metà del XIX secolo appunto, con dinamiche totalmente laguno-centriche. La laguna, come detto, è
motivo e potenzialità della nascita e dello sviluppo
di Venezia. I flussi commerciali, economici e umani
provenienti e dalla terra e dal mare trovavano nell’ambiente lagunare veneziano il punto di equilibrato rifugio e terreno di straordinario sviluppo.
L’epoca successiva all’industrializzazione di questa
parte di Italia ha totalmente scardinato le basi di
queste dinamiche. La fondazione della prima zona
industriale di Marghera e da lì l’ininterrotta spinta
di sviluppo e colonizzazione dell’entroterra ha sostanzialmente ribaltato l’equilibrio socio-economico-culturale della regione e di Venezia in particolare. Da allora Venezia si è sviluppata in profondità
nell’entroterra, assorbendone i centri urbani (Mestre, Marghera, Campalto, ecc.) ed estendendo in
profondità la sua influenza, ben oltre gli antichi e
originari limiti della laguna.
L’area metropolitana veneziana, che avrà a breve
anche riconoscimento amministrativo, si estende
dunque oggi ben oltre i confini lagunari, abbracciando una regione geo-morfologicamente molto
varia, dalla pianura profonda, alla costa, alla laguna,
alla fronda lagunare. Ciò ha modificato profondamente il ruolo della laguna, così come le necessità
di difesa e salvaguardia della stessa. La laguna ha
oggi quindi nuovo e diverso ruolo nelle dinamiche di
interconnessione all’interno dell’area metropolitana.
Oggi esistono e si aggravano nuovi problemi che richiedono diversi approfondimenti e nuove soluzioni:
problemi di inquinamento dovuti alla fascia dell’entroterra che si affaccia sulla laguna; la necessità
di affrontare in futuro il tema dell’allontanamento
del traffico delle navi petroliere; il problema della
convivenza tra vita naturale, flussi antropici e dinamiche cittadine, in particolare in connessione con
l’esistenza e lo sviluppo del terminal portuale passeggeri e merci; la vocazione turistica della città; la
vocazione naturalistica della laguna; la necessità di
un efficace sistema di trasporto pubblico inter-lagunare e trans-lagunare, ecc.
Venezia è viva e il sistema è in continua mutazione; all’uomo la necessità di trarne le più equilibrate conseguenze.
Carlo Bassetti
biografico. E tutto è ritratto”.
Feaver assicura sia dotato di un fiuto infallibile per
le persone che deve ritrarre. Simile a un segugio
Freud insegue, bracca, costringe a sedute interminabili, a volte in piedi, il più delle volte in posizioni
supine, arrendevoli. Lavora in due studi che distano
l’uno dall’altro mezzo miglio sottoponendosi a estenuanti pose diurne e notturne, con rare interruzioni
per mangiare:”il fatto di aver finito un quadro mi dà
uno strano senso di insoddisfazione….”.
Le sue fgure sono corpi impietosamente trasferiti
su tela in cruda verità. Sedute sulla sedia, coricate sul letto, non attendono, né rappresentano.
Il contorno è una membrana che non separa la
carne dall’ambiente in cui sprofonda. Carni nude
e bastanti a sé stesse. Inviolabili colloqui tra chi si
espone al ritratto e chi dipinge:”Lucian dice di non
voler dipingere persone che non possiedano una
loro vita interiore”. Colpiscono certi contatti fisici
quasi inavvertiti tra due corpi stesi su uno stesso
letto che a stento li contiene. Accenni ad una forma
di pietas anteriore, creaturale, (continua a p.5)
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anno 2, numero 2, luglio 2005 - p 5
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(continua da p.4) forse originaria. Corpi inermi,
esposti, arrendevoli nella loro oscenità. Molte le
figure giacenti a condividere angusti spazi con
un cane. La presenza di un cane è una costante
“Lucian me ne ha regalati due di razza “whipped”.
Sono cani particolari, con la pelle sottile e spessa.
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Percorsi
BIENNALE DI VENEZIA
(continua dalla prima pagina)
destinato a rappresentare i nostri colori nazionali),
la sezione “L’esperienza dell’arte” curata dalla de
Corral. Non è una mostra storica, in senso stretto, anche se alcune sale sono dedicate ai maestri
della contemporaneità: i trittici di Francis Bacon;
l’informale di Antoni Tapies; la leggerezza di Agnes
Martin, appena scomparsa; l’installazione di Bruce
Nauman, dura denuncia del potere. Un argomento trasversale, questo, a molti artisti sia nelle due
rassegne principali che nei padiglioni, espresso
con sensibilità e modi diversi.
Barbara Kruger, leone d’oro alla carriera, lo interpreta attraverso le sua scrittura elettronica, come
conflitto interiore tra bene e male e come opposizione tra maschio e femmina.
Prevale il video come mezzo espressivo, un mezzo
ormai maturo e flessibile, che può avere esiti classici come in William Kentridge, prestarsi alla provocazione di un Francesco Vezzoli o avere l’andamento narrativo di Eija – Liisa Ahtila o prestarsi ad
interrogativi esistenziali come in Candice Breitz.
Tra i pochi ancora ancorati, invece, ad una visione,
sia pure aggiornata del classico, Thomas Schutte,
leone d’oro, con le sue morbide sculture femminili.
Femminile (o femminista) è l’altra metà della
biennale: una scelta voluta da Rosa Martinez: nel-
Sono molto affettuosi, dormono con te, si riesce a stabilire un’affinità; e poi sono facili da
ritrarre per il fatto che dormono molto”.
Miriadi i ritratti esposti. I soggetti alternano e
ricorrono negli anni. Attraversati senza indugiare su nessuno in particolare appaiono come
devono essere, nella loro intima necessità.
Coesistono nella stessa parete il volto di un
ragazzo che non appare troppo pensante,
l’amico David Hockney, la regina d’inghilterra,
ritratti in pura equanimità. Molti primi piani, figure isolate in fondali di sola pittura. Poi ritagli
di interno, dove aliena la figura in angolazioni
estranianti: un letto sghembo, una sedia, figure umane allagano il legno del parquet,
sezioni di finestra.
Enormi corpi nudi come pozzanghere di carne
in evidenza di vene, correnti arteriose, escrescenze
epidermiche, clavicole in rilievo, respiranti, capelli untuosi e sottili. Pingui carni rosate, di quella
speciale consistenza anglosassone che imporpora
facilmente, per bianchezza e assenza di sole, quasi
asfittica. Le ossa sono solo struttura spaziale, la
carne piena predomina.
Sembra attinente quanto il filosofo francese Gilles
Deleuze osservava nelle figure di Francis Bacon:”il
corpo si manifesta soltanto quando viene meno il
sostegno delle ossa, quando la carne non ricopre
più le ossa, quando carne e ossa esitono l’una per
le altre, ciascuna però per suo conto, le ossa come
struttura materiale del corpo, la carne come materiale corporale della figura” (F.Bacon, “logica della
sensazione”, Quodlibet 1996)
Quando Freud intitola gli autoritratti accosta quasi sempre la voce “reflection”. Uno degli ultimi:
lui nudo a grandezza naturale, a settant’anni, con
scarponcini senza lacci, in piedi davanti ad uno
specchio intento a cogliersi; il timbro livido-vibrante
dei primissimi lavori. Di tonalità scura l’acquaforte
del 1996 “autoritratto riflesso”. Nel 2002 di fronte a un muro di strofinacci, vestito di grigio, una
sciarpa di seta attorno al collo, un pittore di “carne
e ceneri”. Una sua frase:”non voglio ritirarmi dalla
vita attiva. Voglio dipingere mè stesso fino al giorno
della mia morte”.
Giovanna Dal Bon
la sua sezione “Sempre un po’ più lontano” agli
spazi dell’Arsenale quale risarcimento, come viene
denunciato programmaticamente all’inizio, della secolare emarginazione delle donne in questo
campo. Protagonista assoluta e non a caso leone
d’oro riservato a un artista under 35, Regina José
Galindo che nelle sue performance, dove il sangue è elemento dominante, denuncia, insieme, la
violenza privata, perpetrata sulla donna e quella
esercitata dal potere.
Femminili sono anche i materiali usati nelle installazioni: i tampax (ben 14.000) di cui è composto
il lampadario di Joana Vasconcelos, che non sfigurerebbe in un palazzo veneziano; la batteria di
pentole, disposte con ossessivo ordine di Subodh
Gupta; le bucce di cipolle che ornano la lastra di
marmo di Bruna Esposito.
Che la creatività al femminile non è solo una (tardiva) rivendicazione ideologica della Martinez, ma
un’emergenza reale lo dimostrano altri segnali: il
premio per la giovane arte italiana 2004 –2005
al video di Lara Favaretto, improntato alla magia
della festa; il leone d’oro al padiglione francese,
che ospita un’installazione di Annette Messager,
una metafora esistenziale, ispirata a Pinocchio e,
all’esterno della Biennale, il mito dell’Eden di Pipilotti Rist proiettato sul soffitto della chiesa di San
Stae o, tra gli eventi a latere, la mostra “Homespun
Tales”, storia domestica di Kiki Smith alla Fonda-
zione Querini Stampalia.
Intanto, nella scelta delle due curatrici cambia la
geografia del mondo dell’arte: non più orientato
verso l’estremo oriente, ma con al centro il mondo
latino americano e le emergenze dei paesi poveri.
La Cina si rifà ampiamente, comunque, partecipando per la prima volta in veste ufficiale alla
Biennale, in uno degli ambienti più suggestivi dell’Arsenale e, nella mutata geopolitica, derivante
dalla dissoluzione dell’ex. URSS, si affacciano
per la prima volta l’Afganistan, l’Asia centrale, la
repubblica di Belarus; Nuove entrate anche il Marocco e l’Albania.
Quanto alle scelte: c’è chi punta su nomi collaudati come gli Stati Uniti con Ed Ruscha e la Gran
Bretagna con gli ipernoti ed effervescenti Gilbert
& George mentre nel solitamente ipertecnologico
Giappone l’artista Miyako Ishiuchi si abbandona al
ricordo elegiaco della madre e elementi nostalgici
compaiono perfino nel padiglione della Sud Corea
Il versante tecnologico dell’arte moderna è invece
rappresentato dalla Nuova Zelanda, dell’Asia Centrale e di una sorprendente Turchia.
L’evento, comunque, di questa estate, potrebbe
essere la splendida retrospettiva di Lucien Freud
al Correr.
Lidia Panzeri