File allegato - Fondazione Venezia 2000
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File allegato - Fondazione Venezia 2000
�������� ����������������������������������� ���� anno 2, numero 2, luglio 2005 Newsletter trimestrale a distribuzione telematica gratuita della Fondazione Venezia 2000 Cultura e Impresa, San Marco 4387, 30124 Venezia. Redazione a cura di Sistema snc, Dorsoduro 1249, 30123 Venezia, [email protected]. il sito myvenice.org è realizzato con SPIP da HCE web design; logo, grafica web e newsletter a cura di hstudio - Venezia. www.myvenice.org ���� Editoriale VENEZIA CAPITALE DEGLI EVENTI CULTURALI. NEL 2004 PIU’ DI 25 MANIFESTAZIONI AL GIORNO Progetti Presentato il Secondo Rapporto sulla produzione culturale a Venezia elaborato da Sistema sulla base dei dati raccolti da Agenda Venezia Francesco Sbetti e Manuela Bertoldo VENEZIA ALLA SECONDA BIENNALE DI ARCHITETTURA DI ROTTERDAM Three Bays (27 maggio – 4 settembre, Rotterdam, NAI building, Gallery 1) Carlo Bassetti I dati utilizzati per la costruzione del rapporto sono quelli raccolti dal sito www.agendavenezia.org, (un prodotto della Fondazione di Venezia) che documenta dal 2002 giorno per giorno l’agenda delle iniziative culturali-ricreative che si svolgono nell’area veneziana, e che ha consentito di censire tutti gli eventi che si sono svolti evidenziando chi li ha prodotti e quali sono stati i luoghi destinati a ospitare le manifestazioni. Scopo dello studio è la rendicontazione nel dettaglio degli eventi, i produttori e i luoghi di rappresentazione, con l’obiettivo di misurare la capacità produttiva in termini culturali della città che crea anche un importante indotto occupazionale ed è al contempo veicolo di sviluppo del ruolo culturale di Venezia nel panorama internazionale. In particolare, nel corso del 2004 nel comune di Venezia sono state prodotte 1838 manifestazioni di carattere culturale, religioso e sportivo (in netta crescita rispetto alle 1.500 del 2003 e le 1222 del 2002), organizzate da oltre 80 enti e soggetti. Il fatto che gran parte degli organizzatori siano concentrati nel Centro Storico della città influenza la ripartizione territoriale degli eventi, che vedono una concentrazione in Venezia (continua a p.2) Nell’ambito delle molteplici iniziative della seconda Biennale Internazionale di Architettura di Rotterdam, giovane ma vivace e già molto autorevole appuntamento a cura dell’NAI (Nederlands Architectuurinstituut) è ospitata quest’anno una sezione intitolata Three Bays (27 maggio – 4 settembre, Rotterdam, NAI building, Gallery 1). La mostra e i relativi convegni sono incentrati sull’analisi storica, urbanistica ed architettonica di tre città, geograficamente molto distanti ma sorprendentemente simili per morfologia del territorio, dinamiche di sviluppo urbano, epoche di colonizzazione e di fondazione urbana. Le tre città sono Amsterdam e il territorio dell’estuario IJ, Edo, ovvero Tokyo con la sua grande baia e Venezia e la sua laguna; i curatori delle rispettive sezioni sono Maarten Kloos, Hidenobu Jinnai e Marino Folin (rettore dell’Università IUAV di Venezia). Le tre sezioni in cui i rispettivi cu- (continua a p.3) ���� ���� ���� Percorsi Primo Piano Percorsi FESTA DEL REDENTORE LUCIAN FREUD BIENNALE DI VENEZIA 16 luglio, la festività più sentita dai veneziani Alessandro Cinquegrani Al museo Correr una sterminata monografica dedicata a Freud, a cinquant’anni dalla prima mostra a Venezia Giovanna Dal Bon 51 Esposizione Internazionale d’Arte Lidia Panzeri Per il Redentore, Palladio ha concepito una chiesa seduta sulla sua scalinata, che osserva sonnolenta e sorniona la città. Vicinissima ma inevitabilmente separata dal Canale della Giudecca, attraversato da enormi navi da crociera che la oscurano, di tanto in tanto, e la dividono da Venezia. Se ne sta lì, indifferente, osserva e non interviene, comprensiva e paterna. Il Redentore è colui che toglie i peccati, che permette l’espiazione, che redime, appunto. La sua presenza è necessaria per i veneziani, ma non può essere una presenza troppo ingombrante, va bene che stia lì, va bene che non si faccia troppo sentire, perché i peccati, in fondo, vanno commessi. Venezia è una città peccaminosa, i suoi abitanti lo sanno, il peccato è favorito dalla prossimità, da finestre che s’affacciano su finestre, da altane che danno su balconi, case dentro case, sconosciuti accanto a sconosciuti. L’estate, poi, il caldo (continua a p.2) La figura di una giovane donna accucciata afferra la gamba di un uomo non più giovane, intento a dipingere tra lo specchio e il cavalletto:”the painter is surprised by a naked admirer”. L’ultimo quadro in mostra. Tra gli ultimi dipinti da Lucian Freud. Si autoritrae fuoriscala rispetto alle dimensioni della donna, fa uso di un’insolita distanza: “è una fase nuova del suo dipingere. Lucian adesso ha ottantatre anni, una diversa distanza dalle cose, come a rendere palpabile il tempo trascorso”-Bill Feaver parla di lui con tenerezza ed estrema attenzione, lo conosce bene, fa parte di una ristretta cerchia di persone che frequentano assiduamente la casa del pittore a Notthing Hill ed è il curatore di questa sterminata monografica dedicata a Freud, a cinquant’anni dalla prima mostra (continua a p.4) Tanto snella nelle sue due rassegne principali, firmate dalle curatrici spagnole, Maria de Corral e Rosa Martinez , quanto ricca di eventi collaterali, che permeano tutti gli spazi cittadini, comprese le isole, con una densità talora eccessiva e pur sempre indice di una grande vitalità: la 51. Esposizione d’Arte Internazionale della Biennale si è appena inaugurata il 12 giugno e si concluderà il prossimo 6 novembre. Snella. 91 gli artisti selezionati in tutto, in modo da restituire loro quella visibilità che era venuta a mancare nell’edizione precedente e questo anche grazie ad un allestimento, agile ed accurato, in tutte e due le sedi, che facilita la lettura delle loro opere. E’ tradizione iniziare la visita dai giardini, il luogo più connotato storicamente e dove hanno i loro padiglioni i paesi più importanti: all’esterno, quasi un biglietto da visita, il segno forte della barca che si innalza per 40 metri, il “Mare verticale” di Fabrizio Plessi. Al padiglione Italia (ormai impropriamente denominato così, visto che non è più (continua a p.5) �������� anno 2, numero 2, luglio 2005 - p 2 ����������������������������������� ���� Editoriale VENEZIA CAPITALE DEGLI EVENTI CULTURALI. NEL 2004 PIU’ DI 25 MANIFESTAZIONI AL GIORNO (continua dalla prima pagina) del 76,3% delle manifestazioni contro il 20,7% di Mestre e Marghera, l’1,8% del Lido e l’1,2% delle isole della laguna. La classificazione più importante riguarda tuttavia la ripartizione delle manifestazioni tra i settori culturali, religiosi, sportivi e di intrattenimento generico: nella fattispecie, conferenze e convegni (729 eventi) coprono il 39,7% dell’offerta totale, la musica (398 eventi) il 21,7%, le rassegne cinematografiche (233 eventi) il 12,7%, teatro (210 eventi) l’11,4%, danza (45 eventi) il 2,4%, Arti visive (164 eventi) l’8,9%, sport (38 eventi) il 2,1%, Tradizione veneziane e Eventi religiosi (18 eventi) l’1% e Fiere e mercati (3 eventi) lo 0,2%. In particolare in Venezia centro prevalgono, per numero di manifestazioni organizzate, l’attività convegnistica (47,1%) e la musica (20,8%), nella Terraferma gli eventi si concentrano tra manifestazioni teatrali (33,4%), musica (23,4%) e rassegne cinematografiche (19,7%). Al Lido prevalgono le attività cinematografiche (44,1%) e nelle isole la Musica (45,5%). Per quanto riguarda la divisione degli eventi lungo i mesi dell’anno solare, la ripartizione è piuttosto equa, con picchi nei mesi di Maggio (252 eventi) e Febbraio (224 eventi) a fronte di sensibili cali del- ���� Percorsi FESTA DEL REDENTORE (continua dalla prima pagina) umido irresistibile, che impone una spossatezza dei sensi, che toglie vestiti appiccicaticci, che lascia intravedere corpi nei quadrati delle finestre. Il peccato è di casa a Venezia. Il Redentore lo sa, e sa che il suo compito ogni anno dovrà svolgersi puntualmente. Anche i veneziani lo sanno, e confidano in lui perché puntualmente, ogni anno, li purifichi dal peccato, dalla colpa, e il resto dell’anno, però, li lasci fare, se ne stia oltre quel canale nel suo apparente, consapevole letargo. Allora, quel giorno dell’anno, quella terza domenica di luglio, un ponte di barche collega Venezia al Redentore, solo allora il Redentore fa parte di Venezia, non più separato dal Canale, e allora si risveglia dal letargo per svolgere il suo compito. Nessun veneziano mancherà alla processione che lo porterà alla chiesa, poiché non è in gioco una festività, ma uno stile di vita. Quella passeggiata affollata su un ponte tremolante e brulicante di persone è necessaria per buttarsi alle spalle i peccati di un anno, e da lì ripartire per Numero eventi per tipologia eventi Tipologia Arti visive Musica Teatro Danza Rassegne cinematografiche Tradizioni veneziane e Eventi religiosi Sport Conferenze e convegni Fiere e mercati Totale v.a giorni eventi % v.a % 164 398 210 45 233 18 38 729 3 8,9 21,7 11,4 2,4 12,7 1,0 2,1 39,7 0,2 6.802 577 392 66 323 38 120 879 13 73,9 6,3 4,3 0,7 3,5 0,4 1,3 9,5 0,1 1.838 100,0 9.210 100,0 Il Secondo rapporto “La produzione culturale a Venezia. Gli eventi, i produttori,i fruitori”, giugno 2005 è disponibile presso la Fondazione Venezia 2000. l’attività nei mesi di agosto (35) e Gennaio (77). Un dato molto interessante riguarda invece la suddivisione dei 1838 eventi registrati tra eventi prodotti all’interno del bacino lagunare ed eventi prodotti altrove, che restituisce l’immagine di una città viva e operativa: il 95,9% di “Conferenze e Convegni” il 72,8% delle “Arti Visive” e il 52,6% degli “Eventi Musicali” che hanno avuto luogo a Venezia sono stati prodotti internamente, con solo “Teatro e Danza” che invertono questa tendenza, con il 67,8% degli spettacoli prodotti altrove. Il secondo Rapporto sulla produzione culturale a Venezia consolida l’appuntamento di indagine e riflessione nei confronti di un settore rilevante in quanto capace di interpretare il ruolo di Venezia sia nei confronti dei propri cittadini stabili (residenti e city user) sia del ruolo di città internazionale della cultura (produzione e vetrina di eventi), e riafferma l’intendimento della Fondazione di Venezia di assicurare una continuità nella raccolta e analisi di questi dati al fine di dare alla città e agli operatori uno strumento utile per comprendere e gestire questo sistema. Francesco Sbetti e Manuela Bertoldo un nuovo anno. È necessario perché la città e i suoi cittadini non si saturino di peccati, perché si vive sempre in un confine labile oltre il quale non si può andare. Venezia muore, dicono alcuni da alcuni decenni, e se non muore mai è pur sempre sull’orlo di farlo, perché se il peccato prevalesse, se andasse ad occupare ogni casa, ogni calle, ogni angolo di questo formicaio domestico, la sopravvivenza della città sarebbe messa in discussione, per questo la processione è necessaria, perché il peccato si annulli, perché si riparta da capo, perché ogni anno Venezia ritrovi la sua innocenza, e si ricominci. Dopo la processione è l’esplosione della festa. Tutti accorrono a vedere i fuochi d’artificio che sanciscono l’inizio della vita del nuovo anno. Barche e barchine, topi e tope, burci e bragozzi, gondole e gondolini, caorline e peate, tutti guardano lo splendore della nuova innocenza, migliaia di persone tra le calli o in mare per quella sera in cui il peccato ricomincia, esplode di nuovo: si mangia, si beve, si sta uno vicino all’altro, ci si bacia, ci si abbraccia, una Venezia nuova si rigenera e riparte. Tutto questo ha una sacralità laica e perfino profana, così come i veneziani amano Venezia. Eppure tutti, sia pure col loro piglio da discoli ne conoscono l’importanza. Perché prima che la chiesa fosse eretta la città ha raggiunto quella saturazione di peccati che avrebbe condotto alla morte, e la morte, infatti, è arrivata sotto forma di una pestilenza che sembrava non avere fine. Dal 1575 al 1577 morirono a Venezia circa cinquantamila persone. Era, si pensava allora, una punizione divina, perché il peccato aveva invaso ogni via, ogni casa, la vita dissoluta aveva profanato la sacralità della vita (continua a p.3) �������� anno 2, numero 2, luglio 2005 - p 3 ����������������������������������� (continua da p.2) stessa e la morte, oramai soltanto la morte, avrebbe riportato la salute, avrebbe fatto conoscere di nuovo il valore della vita. La città era in ginocchio, quella punizione sembrava non avere fine, i cittadini, tutti, compresero quello che era successo, ma ora, ora bisognava vivere, non potevano per ciò che avevano commesso morire tutti, tutti! Fu allora, il 21 settembre 1976, che il Senato Veneziano approvò la proposta del Doge Alvise Mocenigo di fare un voto solenne per salvare la città. L’aiuto di Dio sarebbe stato invocato attraverso l’erezione di un tempio «che ���� i successori anderanno solennemente a visitare a perpetua memoria del beneficio ricevuto». Il 3 maggio 1577 fu posta la prima pietra della chiesa del Redentore. La terza domenica di luglio dello stesso anno fu proclamata la fine della pestilenza, Venezia salva per sempre. Mai più si dovrà raggiungere quel punto, mai più una punizione divina verrà a depurare la città dal peccato, con gesto più piccolo, ogni singolo veneziano provvederà a redimersi da solo durante quella festa. Venezia è una città peccaminosa e decadente, i veneziani la vivono e la rendono così. Eppure ogni anno, la terza domenica di luglio, vanno a rendere omaggio al Redentore, a colui che li libera da tutti i peccati. Camminano tutto l’anno tra le calli con una vincente strafottenza, pronti ad una alzata di spalle, a non voltarsi indietro, eppure la sacralità della festa del Redentore la conservano. Va bene giocare, va bene divertirsi, ma proprio per questo bisogna ricordarsi sempre, ogni anno, di attraversare quel ponte sul canale della Giudecca, salire quei gradini, ed entrare là dove tutto potrà ricominciare. E poi, si torna a far baldoria! Alessandro Cinquegrani equilibrio sono da sempre condizione prima ed imprescindibile per l’esistenza – e, oggi, la conservazione – della città di Venezia e di tutta la moltitudine di centri minori, isole e monasteri che costituiscono la “galassia” urbana veneziana insediata in laguna. Non bisogna infatti dimenticare che la laguna è da sempre territorio insediativo non solo della città di Venezia così come solitamente individuata – e oggi identificata come centro storico – ma anche di numerosi nuclei agricoli e di pescatori, di comunità monastiche, di numerose isole caratterizzate da insediamenti antichissimi e specializzati (ospedali e sanatori principalmente). Il fatto stesso e la conseguente profonda consapevolezza che la laguna è motore e sistema di difesa di questo meraviglioso e delicato tessuto insediativo ha da sempre indotto la città, le sue istituzioni e la sua popolazione ad un continuo e instancabile lavoro di manutenzione, modificazione e controllo del sistema laguna, che, contrariamente al suo aspetto di naturale primordialità è invece territorio profondamente antropizzato e plasmato nel tempo agli scopi già tratteggiati. Si è sempre vigilato e custodito il delicato equilibrio continuamente minacciato dalla forza del mare e dalle dinamiche idrauliche e di trasporto detritico dell’esteso e multiforme sistema fluviale che sfocia in laguna. Il bel lavoro documentale ed illustrativo di Folin schematizza l’evoluzione storica di Venezia e della sua laguna, individuandone cinque periodi successivi e caratterizzati da diverse condizioni territoriali e strutturali, con conseguenti diverse strategie, peculiari tecnologie e approcci d’intervento. Il primo periodo, individuabile tra le origini di Venezia – intorno al VII secolo – e il XV secolo è qualificato da interventi sull’equilibrio idraulico della laguna avvenuti attraverso parziali sbancamenti atti ad imbrigliare i rami fluviali che sfociavano in laguna e a rafforzare la stabilità del sistema delle strisce sabbiose costiere, limite esterno della laguna. Tali interventi effettuati con le precarie ed arretrate tecnologie e conoscenze dell’epoca avvenivano principalmente con elementi lignei (palificate) e richiedevano continuo monitoraggio e manutenzione. Il secondo periodo (XV-XVII sec) è caratterizzato da più massicci e strutturali interventi atti all’imbrigliamento dei rami fluviali e alla loro deviazione, al fine di farli sfociare direttamente in mare; questa necessità si era fatta sempre più urgente, principalmente per motivi igenici, in quanto la putrida acqua dei fiumi causava gravi epidemie e rendeva insalubre la laguna ostacolando le tradizionali ed imprescindibili attività di caccia, pesca e coltivazione. Il terzo periodo (XVIII sec) si distingue per la nuova attenzione alla protezione della laguna dal mare. Risolti efficacemente i problemi provenienti dal sistema fluviale, grandi preoccupazioni davano le condizioni di scarso equilibrio delle protezioni dal mare; massicci fenomeni di erosione interessavano le strisce sabbiose di perimetrazione e difesa della laguna, che veniva con sempre maggiore frequenza invasa dalle mareggiate. La Repubblica di Venezia intraprese in questo periodo l’imponente lavoro di rinforzo costiero, attuato attraverso la costruzione dei murazzi in pietra d’Istria, (continua a p.4) Progetti VENEZIA ALLA SECONDA BIENNALE DI ARCHITETTURA DI ROTTERDAM (continua dalla prima pagina) ratori hanno analizzato la genesi e la colonizzazione dei tre ambienti costiero-lacustri, dimostrano, attraverso una semplice osservazione comparativa, notevoli similitudini storiche e delle dinamiche e strategie di antropizzazione e urbanizzazione dei territori, territori questi tecnicamente e intrinsecamente disagevoli e non immediatamente adatti all’insediamento. Le tecniche di bonifica, le regole di insediamento e le dinamiche di fondazione urbana sono molto simili, talvolta del tutto analoghe. L’osservazione delle tre città e dei loro territori dimostra, tra le altre cose, che la bonifica attraverso la costruzione di sacche e barene (i famosi polder olandesi) non è tecnica esclusiva della tradizione olandese, come spesso teorizzato proprio in Olanda, ma al contrario è comune ai tre ambienti lacustri, dove assume fin da epoche remote forme e tecnologie sorprendentemente simili. La sezione dedicata a Venezia, curata, come detto, dal rettore dell’università di architettura, Marino Folin, si concentra intorno a due nuclei concettuali e documentali principali: lo sviluppo storico, la bonifica e le dinamiche insediative fondative della città da un lato, le strategie di gestione e intervento infrastrutturale oggi in atto e in programma, dall’altro. La laguna di Venezia è lunga circa cinquanta chilometri, in direzione approssimativamente nord – sud, per una larghezza di dieci-dodici chilometri ed è separata dal mare Adriatico da esili strisce costiere sabbiose che vanno dalla penisola del Cavallino a nord fino a Chioggia a sud, passando per l’isola del Lido di Venezia e di Pellestrina. Si tratta del risultato di una continua modificazione naturale e, in parte, artificialmente indotta dell’originale ed enormemente esteso sistema del delta del fiume Po e di fiumi minori a nord e a sud. L’esistenza stessa della laguna e il suo delicato �������� anno 2, numero 1, aprile 2005 - p 4 ����������������������������������� (continua da p.3) sistema di rafforzamento attraverso scogliere artificiali, estese da Pellestrina a Malamocco, fino alle propaggini meridionali del Lido. I lavori, inizialmente previsti per l’estensione completa del bordo lagunare, fino alle estreme propaggini settentrionali fu interrotto nel 1797 dalla caduta della Repubblica Serenissima. Il quarto periodo (1797-1966) vede interventi di radicale modificazione delle dinamiche di equilibrio mare-laguna. Venezia ha in quel periodo grande sviluppo in direzione dell’entroterra, dove sono individuate le zone per lo sviluppo industriale e portuale. La laguna subì profonde mutazioni avvenute principalmente con lo scavo di profondi canali navigabili per raggiungere la fronda lagunare dove vennero ubicate distese industriali e relativi terminal portuali. L’equilibrio idro-dinamico della laguna ne risultò sconvolto così come la morfologia della fronda lagunare. Vennero realizzate nuove ed imponenti infrastrutture – come il ponte ferroviario (1846) o il nuovo porto commerciale alle propaggini ovest della città (1870), ma la più imponente modificazione artificiale della laguna avvenne a partire dagli anni 20 del 1900, quando venne costruita la prima zona industriale al bordo lagunare occidentale – Marghera – per una estensione di più di 200 ettari di nuova bonifica. Per la costruzione della seconda zona industriale, intorno al 1960, si procedette addirittura a 500 ettari di nuova bonifica; nello stesso periodo vennero scavati i due nuovi canali navigabili (il canale Vittorio Emanuele III e il canale dei Petroli) e furono ridisegnati e resi più profonde le aperture della laguna verso il mare, interventi, questi ultimi in particolare, che sconvolsero definitivamente l’equilibrio idrodinamico della laguna. Le conseguenze si videro drammaticamente nel 1966 quando la città rischiò di essere spazzata via dalla contemporanea furia di mare e fiumi. Il quinto periodo, l’attuale, inizia l’indomani dell’alluvione del ‘66. Venezia è diventata da allora un caso nazionale affrontato con legislazione apposita e del tutto peculiare. Si iniziarono diverse attività di monitoraggio ed intervento strutturale atte al ristabilire ���� Primo Piano LUCIAN FREUD (continua dalla prima pagina) a Venezia. Oltre novanta opere, molte esposte al pubblico per la prima volta ( settantacinque dipinti e sedici acqueforti) provenienti da collezioni europee e americane - tra cui il celebre ritratto della Regina d’Inghilterra, prestato eccezionalmente dalla cancellerie..... La durata dell’avventura pittorica di Freud è dominata dal ritratto. Una sua sentenza:”tutto è auto- in laguna una possibile e nuova condizione di equilibrio, da un lato, mentre dall’altro iniziarono avveniristici e spesso velleitari studi ultra-tecnologici per l’individuazione di nuove soluzioni tecniche di protezione del bordo lagunare verso il mare. La soluzione è stata recentemente individuata in un sistema di paratie mobili localizzate alle tre bocche di porto – i collegamenti tra mare e laguna – che dovrebbero entrare in funzione in occasione di maree eccezionali (superiori a 1,1 m sul livello medio del mare) difendendo la laguna e la città dalla conseguente furia del mare. Questo sistema tecnologico di dighe – noto come Mose – è stato presentato nella mostre Three Bays, principalmente nelle sue parti inerenti le opere complementari, ovvero quello che è sistemazione urbanistica e architettonica di contorno e completamento al funzionamento delle dighe. Il Mose è oggi in fase di costruzione e sta provocando un accesissimo dibattito a Venezia ma non solo, in quanto sussistono dubbi sulla sua reale efficacia ma soprattutto in quanto pare essere una soluzione atta a controllare unicamente il livello della marea senza valutare nel dettaglio le ripercussioni che questi interventi avranno sull’equilibrio naturalistico generale della laguna. Il livello della marea è, infatti, solo un elemento della complicata questione. L’equilibrio biologico e naturalistico rischia infatti di averne un contraccolpo di portata epocale, in quanto verrà modificato il sistema naturale di respirazione della laguna, che ha nel continuo mescolamento di acque dolci e salate, nel periodico invertirsi dei sensi di corrente e di marea e nell’incontro di sistemi naturali di acqua dolce e di acqua salata i motivi della sua sorprendente e meravigliosa unicità. Altro e importante nucleo concettuale, intorno al quale si è dipanato il lavoro di documentazione di Folin, è l’analisi e la descrizione di un importante e interessante fenomeno urbanistico e antropologico, che è in atto da circa centocinquanta anni nella città di Venezia. Venezia nasce e si sviluppa, fino alla metà del XIX secolo appunto, con dinamiche totalmente laguno-centriche. La laguna, come detto, è motivo e potenzialità della nascita e dello sviluppo di Venezia. I flussi commerciali, economici e umani provenienti e dalla terra e dal mare trovavano nell’ambiente lagunare veneziano il punto di equilibrato rifugio e terreno di straordinario sviluppo. L’epoca successiva all’industrializzazione di questa parte di Italia ha totalmente scardinato le basi di queste dinamiche. La fondazione della prima zona industriale di Marghera e da lì l’ininterrotta spinta di sviluppo e colonizzazione dell’entroterra ha sostanzialmente ribaltato l’equilibrio socio-economico-culturale della regione e di Venezia in particolare. Da allora Venezia si è sviluppata in profondità nell’entroterra, assorbendone i centri urbani (Mestre, Marghera, Campalto, ecc.) ed estendendo in profondità la sua influenza, ben oltre gli antichi e originari limiti della laguna. L’area metropolitana veneziana, che avrà a breve anche riconoscimento amministrativo, si estende dunque oggi ben oltre i confini lagunari, abbracciando una regione geo-morfologicamente molto varia, dalla pianura profonda, alla costa, alla laguna, alla fronda lagunare. Ciò ha modificato profondamente il ruolo della laguna, così come le necessità di difesa e salvaguardia della stessa. La laguna ha oggi quindi nuovo e diverso ruolo nelle dinamiche di interconnessione all’interno dell’area metropolitana. Oggi esistono e si aggravano nuovi problemi che richiedono diversi approfondimenti e nuove soluzioni: problemi di inquinamento dovuti alla fascia dell’entroterra che si affaccia sulla laguna; la necessità di affrontare in futuro il tema dell’allontanamento del traffico delle navi petroliere; il problema della convivenza tra vita naturale, flussi antropici e dinamiche cittadine, in particolare in connessione con l’esistenza e lo sviluppo del terminal portuale passeggeri e merci; la vocazione turistica della città; la vocazione naturalistica della laguna; la necessità di un efficace sistema di trasporto pubblico inter-lagunare e trans-lagunare, ecc. Venezia è viva e il sistema è in continua mutazione; all’uomo la necessità di trarne le più equilibrate conseguenze. Carlo Bassetti biografico. E tutto è ritratto”. Feaver assicura sia dotato di un fiuto infallibile per le persone che deve ritrarre. Simile a un segugio Freud insegue, bracca, costringe a sedute interminabili, a volte in piedi, il più delle volte in posizioni supine, arrendevoli. Lavora in due studi che distano l’uno dall’altro mezzo miglio sottoponendosi a estenuanti pose diurne e notturne, con rare interruzioni per mangiare:”il fatto di aver finito un quadro mi dà uno strano senso di insoddisfazione….”. Le sue fgure sono corpi impietosamente trasferiti su tela in cruda verità. Sedute sulla sedia, coricate sul letto, non attendono, né rappresentano. Il contorno è una membrana che non separa la carne dall’ambiente in cui sprofonda. Carni nude e bastanti a sé stesse. Inviolabili colloqui tra chi si espone al ritratto e chi dipinge:”Lucian dice di non voler dipingere persone che non possiedano una loro vita interiore”. Colpiscono certi contatti fisici quasi inavvertiti tra due corpi stesi su uno stesso letto che a stento li contiene. Accenni ad una forma di pietas anteriore, creaturale, (continua a p.5) �������� anno 2, numero 2, luglio 2005 - p 5 ����������������������������������� (continua da p.4) forse originaria. Corpi inermi, esposti, arrendevoli nella loro oscenità. Molte le figure giacenti a condividere angusti spazi con un cane. La presenza di un cane è una costante “Lucian me ne ha regalati due di razza “whipped”. Sono cani particolari, con la pelle sottile e spessa. ���� Percorsi BIENNALE DI VENEZIA (continua dalla prima pagina) destinato a rappresentare i nostri colori nazionali), la sezione “L’esperienza dell’arte” curata dalla de Corral. Non è una mostra storica, in senso stretto, anche se alcune sale sono dedicate ai maestri della contemporaneità: i trittici di Francis Bacon; l’informale di Antoni Tapies; la leggerezza di Agnes Martin, appena scomparsa; l’installazione di Bruce Nauman, dura denuncia del potere. Un argomento trasversale, questo, a molti artisti sia nelle due rassegne principali che nei padiglioni, espresso con sensibilità e modi diversi. Barbara Kruger, leone d’oro alla carriera, lo interpreta attraverso le sua scrittura elettronica, come conflitto interiore tra bene e male e come opposizione tra maschio e femmina. Prevale il video come mezzo espressivo, un mezzo ormai maturo e flessibile, che può avere esiti classici come in William Kentridge, prestarsi alla provocazione di un Francesco Vezzoli o avere l’andamento narrativo di Eija – Liisa Ahtila o prestarsi ad interrogativi esistenziali come in Candice Breitz. Tra i pochi ancora ancorati, invece, ad una visione, sia pure aggiornata del classico, Thomas Schutte, leone d’oro, con le sue morbide sculture femminili. Femminile (o femminista) è l’altra metà della biennale: una scelta voluta da Rosa Martinez: nel- Sono molto affettuosi, dormono con te, si riesce a stabilire un’affinità; e poi sono facili da ritrarre per il fatto che dormono molto”. Miriadi i ritratti esposti. I soggetti alternano e ricorrono negli anni. Attraversati senza indugiare su nessuno in particolare appaiono come devono essere, nella loro intima necessità. Coesistono nella stessa parete il volto di un ragazzo che non appare troppo pensante, l’amico David Hockney, la regina d’inghilterra, ritratti in pura equanimità. Molti primi piani, figure isolate in fondali di sola pittura. Poi ritagli di interno, dove aliena la figura in angolazioni estranianti: un letto sghembo, una sedia, figure umane allagano il legno del parquet, sezioni di finestra. Enormi corpi nudi come pozzanghere di carne in evidenza di vene, correnti arteriose, escrescenze epidermiche, clavicole in rilievo, respiranti, capelli untuosi e sottili. Pingui carni rosate, di quella speciale consistenza anglosassone che imporpora facilmente, per bianchezza e assenza di sole, quasi asfittica. Le ossa sono solo struttura spaziale, la carne piena predomina. Sembra attinente quanto il filosofo francese Gilles Deleuze osservava nelle figure di Francis Bacon:”il corpo si manifesta soltanto quando viene meno il sostegno delle ossa, quando la carne non ricopre più le ossa, quando carne e ossa esitono l’una per le altre, ciascuna però per suo conto, le ossa come struttura materiale del corpo, la carne come materiale corporale della figura” (F.Bacon, “logica della sensazione”, Quodlibet 1996) Quando Freud intitola gli autoritratti accosta quasi sempre la voce “reflection”. Uno degli ultimi: lui nudo a grandezza naturale, a settant’anni, con scarponcini senza lacci, in piedi davanti ad uno specchio intento a cogliersi; il timbro livido-vibrante dei primissimi lavori. Di tonalità scura l’acquaforte del 1996 “autoritratto riflesso”. Nel 2002 di fronte a un muro di strofinacci, vestito di grigio, una sciarpa di seta attorno al collo, un pittore di “carne e ceneri”. Una sua frase:”non voglio ritirarmi dalla vita attiva. Voglio dipingere mè stesso fino al giorno della mia morte”. Giovanna Dal Bon la sua sezione “Sempre un po’ più lontano” agli spazi dell’Arsenale quale risarcimento, come viene denunciato programmaticamente all’inizio, della secolare emarginazione delle donne in questo campo. Protagonista assoluta e non a caso leone d’oro riservato a un artista under 35, Regina José Galindo che nelle sue performance, dove il sangue è elemento dominante, denuncia, insieme, la violenza privata, perpetrata sulla donna e quella esercitata dal potere. Femminili sono anche i materiali usati nelle installazioni: i tampax (ben 14.000) di cui è composto il lampadario di Joana Vasconcelos, che non sfigurerebbe in un palazzo veneziano; la batteria di pentole, disposte con ossessivo ordine di Subodh Gupta; le bucce di cipolle che ornano la lastra di marmo di Bruna Esposito. Che la creatività al femminile non è solo una (tardiva) rivendicazione ideologica della Martinez, ma un’emergenza reale lo dimostrano altri segnali: il premio per la giovane arte italiana 2004 –2005 al video di Lara Favaretto, improntato alla magia della festa; il leone d’oro al padiglione francese, che ospita un’installazione di Annette Messager, una metafora esistenziale, ispirata a Pinocchio e, all’esterno della Biennale, il mito dell’Eden di Pipilotti Rist proiettato sul soffitto della chiesa di San Stae o, tra gli eventi a latere, la mostra “Homespun Tales”, storia domestica di Kiki Smith alla Fonda- zione Querini Stampalia. Intanto, nella scelta delle due curatrici cambia la geografia del mondo dell’arte: non più orientato verso l’estremo oriente, ma con al centro il mondo latino americano e le emergenze dei paesi poveri. La Cina si rifà ampiamente, comunque, partecipando per la prima volta in veste ufficiale alla Biennale, in uno degli ambienti più suggestivi dell’Arsenale e, nella mutata geopolitica, derivante dalla dissoluzione dell’ex. URSS, si affacciano per la prima volta l’Afganistan, l’Asia centrale, la repubblica di Belarus; Nuove entrate anche il Marocco e l’Albania. Quanto alle scelte: c’è chi punta su nomi collaudati come gli Stati Uniti con Ed Ruscha e la Gran Bretagna con gli ipernoti ed effervescenti Gilbert & George mentre nel solitamente ipertecnologico Giappone l’artista Miyako Ishiuchi si abbandona al ricordo elegiaco della madre e elementi nostalgici compaiono perfino nel padiglione della Sud Corea Il versante tecnologico dell’arte moderna è invece rappresentato dalla Nuova Zelanda, dell’Asia Centrale e di una sorprendente Turchia. L’evento, comunque, di questa estate, potrebbe essere la splendida retrospettiva di Lucien Freud al Correr. Lidia Panzeri