foto sport universitario

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foto sport universitario
La Comunicazione del Cus Milano, capeggiata da Valerio
Caso, cerca vanamente di intervistare Antonio Dima.
Il passaggio della bandiera
dall’ing. Sandro Castelli
all’ing. Mauro Nasciuti.
Splendore dell’Università.
FOTO SPORT UNIVERSITARIO
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A sinistra i rappresentanti del Cus Bologna con Angelo Orsillo,
il d.s. Federico Panieri, Alessandro Vitti, Carlotta e Giacomo
Motta. In alto l’obiettivo di Jury in azione.
Campionati con un linguaggio giovane e coerente
con Pavia che ha battuto Milano di un’incollatura
L’analisi tecnica dei Cnu nel commento di Mauro Nasciuti
C
ampionati Nazionali Universitari
organizzati in una metropoli, una
formula che a qualcuno fa un
po’ storcere il naso. Le critiche,
a volte condivisibili e a volte meno, si
basano sull’assunto che l’attenzione del
pubblico, già abituato ad eventi di alto
livello, sia minore; che le distanze tra gli
impianti siano eccessive e infine che il
rapporto con le amministrazioni locali sia
più difficoltoso.
Come in tutti i luoghi comuni, forse,
qualcosa di vero c’è. Ma mai come in
questo caso è il caso di andare oltre la
superficie ed apprezzare – passatemi
l’espressione, tanto di moda quanto
appropriata – tutte le “grandi bellezze”
che ci ha riservato l’edizione milanese dei
CNU.
Cominciando dalla presentazione,
avvenuta nello splendore di Palazzo
Marino. Continuando con impianti storici e
prestigiosi quali l’Arena Civica, l’Idroscalo,
il Centro Sportivo Giuriati, il Tennis Club
Lombardo e il Golf di Tolcinasco. Ed
ancora la cerimonia di apertura, tenutasi
nell’aula magna dell’Università statale, in
un meraviglioso palazzo che molti di noi
non conoscevano. Già questo basterebbe
per qualificare l’intera manifestazione,
per quanto una valutazione più dettagliata
spetti senz’altro ai responsabili delle
singole discipline, così come l’analisi
economica è di competenza dei servizi
amministrativi del CUSI.
OTTIMI GLI IMPIANTI
Dal punto di vista tecnico, non temo
smentita se affermo che, al di là
dei complessi già citati, abbiamo
generalmente potuto contare su una
struttura impiantistica di prim’ordine; le
poche eccezioni sono state dovute ad una
comprensibile scelta politica operata dal
CUS Milano, che ha scelto di rinunciare ad
alcuni impianti universitari per rinsaldare il
rapporto con “Milano Sport”, società che
gestisce numerosi complessi sportivi.
In tempi di crisi è consuetudine trascurare
l’aspetto della comunicazione; ebbene,
il CUS Milano è sorprendentemente
(ma nemmeno troppo, conoscendo la
professionalità di chi ci lavora) andato in
controtendenza. Il sito ufficiale (sulla cui
home page è stato dato grande rilievo
al medagliere, aggiungendo pathos
ad una competizione serratissima) è
stato l’anello di congiunzione di tutti i
social media utilizzati; Facebook, Twitter
e Youtube sono stati nuovi alfieri di
una comunicazione che ha parlato un
linguaggio giovane, corale e coerente.
Questo senza tralasciare i mezzi più
tradizionali; la carta stampata ha virato
verso le tonalità del rosa: la collaborazione
con la Gazzetta dello Sport, il quotidiano
più venduto a livello nazionale, ha
fruttato un’intera pagina dedicata alla
manifestazione nell’edizione milanese.
SCELTE AZZECCATE
Qualche altra annotazione sparsa. La
scelta di trovare una struttura che ha
alloggiato oltre il sessanta per cento degli
atleti si è rivelata azzeccata, ed ha favorito
l’integrazione e lo scambio di esperienze, il
tutto in un clima di divertimento mai sopra
le righe.
Così come a Cassino, anche quest’anno
gli ottimi rapporti con le università hanno
fatto sì che decine di studenti universitari
dessero il proprio effettivo contributo
come volontari, lavorando a 360 gradi con
garbo e competenza.
Infine, siamo stati assistiti dalla fortuna
dal punto di vista meteorologico; nei nove
giorni di gare il tempo è stato sempre
stabile e ideale per svolgere attività
sportiva.
Veniamo ai risultati ed ai protagonisti. Ha
vinto Pavia, un esito che per certi versi
ha destato stupore ed ha aggiunto quel
tocco di imprevedibilità che è sempre
mancato nelle ultime edizioni. La rincorsa
di Milano, seconda di un’incollatura, è
stata vissuta con passione ed ha reso il
finale incerto fino all’ultimo. Anche per
quanto riguarda la partecipazione i numeri
sono soddisfacenti, anche se gli sport di
squadra sono come sempre penalizzati
dalla contemporaneità con il periodo dei
playoff dei vari campionati. Non è però
ipotizzabile un collocamento diverso
nell’anno: anticipando, avrebbero problemi
non solo i giocatori impegnati nei playoff
ma tutti; posticipando, si andrebbe troppo
a ridosso delle sessioni di esami e troppo
distanti dalla fine della stagione agonistica.
È sempre antipatico fare i nomi dei
protagonisti, ma ben sapendo di fare
torto a qualcuno non posso non citare la
presenza di Eleonora Giorgi, splendida
marciatrice del CUS Milano, fresca di
record mondiale conseguito giusto un
paio di settimane prima dell’inizio dei
CNU. Questo dà la misura di quanto i
Campionati Nazionali Universitari siano
ancora vitali e ambiti, e come sempre
continuino a regalare ricordi indelebili a
migliaia di studenti universitari.
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Esordio... vincente del nuovo
Rettore dell’Università di Sassari
di Andrea Cossu
I campioni universitari del
Cus Sassari, il capitano
della squadra di calcio e
Raffaela Corona, oro ai Cnu
di Milano premiati dal neo
Rettore Massimo Carpinelli
e dal Pro Rettore Laura
Manca.
Valentina Nicolucci,
oro nei 100 con la sua
presidente Gabriella
Trisolino (Cus Urbino).
Momenti dei Cnu a cominciare
dalle gare di canoa e canottaggio
alla Darsena, peraltro disertate
dagli appassionati, l’abbraccio fra
due campionesse della boxe, la
sfilata dei Cus all’inaugurazione,
la finale del judo vinta dal torinese
Davide Bertuccio ed il poster del
Corriere della Sera sui giochi.
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Un presente encomiabile e un futuro prospero si
basano su un passato solido. Il Centro Universitario
Sportivo Sassarese può vantare un passato
solidissimo e con questo concetto inizia il discorso
di saluto del Presidente Gianni Ippolito alla Festa
dello Sport che ha celebrato i successi della stagione
sportiva universitaria. Tra le familiari mura del
palazzetto degli Impianti Universitari di San Giovanni
il presidente del Cus e vice presidente del Cusi ricorda
le origini della partecipazione degli studenti sassaresi
ai Campionati Nazionali Universitari che risalgono
al 1951 a Merano e contestualmente riporta alla
memoria il primo successo datato 1956 con l’oro di
Valentino Blasina nella scherma a Rimini. Da allora a
oggi una serie di vittorie sportive e non solo hanno
portato il Cus Sassari ad essere la bella realtà che
festeggia con le autorità accademiche e del territorio i
protagonisti delle attività istituzionali locali e le recenti
medaglie conquistate ai Cnu 2014 svoltisi a Milano
a fine maggio: su tutti Raffaela Corona, medaglia d’
oro e gli altri specialisti del taekwondo medagliati,
i bronzi di Simona Truddaiu, Gabriele Peighinu e
Mauro Azzena nonchè i pugili Antonio Christian Erre
argento e Samuele Mulargia bronzo. Questi nomi
rappresentano la punta di diamante di un movimento
che vanta milletrecento tesserati, mille studenti
impegnati nelle attività istituzionali e trecento in quelle
federali, proprio questi numeri certificano più di
ogni altro risultato il successo della politica sportiva
destinata alla popolazione studentesca universitaria
ma anche a cercare lustro nel grande mondo dello
sport. Ad ascoltare la relazione finale dell’attività era
presente il Magnifico Rettore prof. Attilio Mastino e
il Rettore neo eletto prof. Massimo Carpinelli, che ha
così avuto il primo contatto con una realtà sportiva
istituzionale dell’Università che andrà a governare
dal primo novembre e fino al 2020. Il professor
Carpinelli, nel suo intervento, tra l’altro ha sottolineato
l’ importanza dello sport in una Università moderna
per poi apprezzare la qualità degli impianti sportivi
gestiti dal Cus, assicurando le necessarie attenzioni.
Al Rettore Mastino, che nel corso del suo mandato
ha sempre guardato con favore all’attività sportiva,
è stata donata la medaglia di socio onorario del Cus.
Molti applausi per un protagonista di ieri e per quello
di domani. Una speranza e un augurio.
Pavia la Regina
di Alessandro Rognoni
“Venticinque medaglie ma non solo
quantità – ha detto il Rettore Fabio Rugge
– soprattutto qualità. È il risultato dello
studio abbinato allo sport”.
L’Università di Pavia ha festeggiato gli
studenti che hanno vinto i Campionati
Nazionali Universitari conquistando
45 medaglie, di cui 25 d’oro. Nell’Aula
Foscolo il Magnifico Rettore Fabio
Rugge ha premiato i medagliati
pavesi: “Abbiamo raggiunto la prima
posizione, rispetto altri 51 centri
universitari e di questo sono molto
contento. 125 atleti portano in Italia
il nome dell’Università di Pavia, ma
non dobbiamo guardare solo alla
quantità, bensì alla qualità e questo
primato è nostro”. È il modo in
cui si vive la gara che può fare la
differenza. Lo studio e lo sport hanno
molte caratteristiche comuni: fatica,
disciplina, sacrificio e intelligenza
e questo permette che lo sport sia
una dimensione essenziale nella vita
universitaria. Certo sta a noi aiutare il
percorso scolastico di questi studenti
che hanno esigenze particolari. Lo
sport deve avere molta importanza
nella vita quotidiana, deve essere un
piano di emulazione e di promozione
dei talenti che frequentano l’Ateneo ed
anche motivante verso coloro che la
frequenteranno, come Angelica Olmo,
la campionessa mondiale di duathlon
che abbiamo invitato perchè i talenti
come lei riconoscano nell’Ateneo
Pavese non solo un luogo di
eccellenza intellettuale, ma anche una
il presidente del Cus Pavia Cesare
Dacarro: “Vincere il campionato
italiano è stato un risultato
eccezionale, sarà quasi impossibile
conquistare ancora 45 medaglie.
Il merito è anche dell’Università
di Pavia, che sprona gli studenti.
Dobbiamo camminare insieme”.
Il vicepresidente del Cusi Eugenio
Meschi aggiunge: “Noi muoviamo
5.000 professionisti che svolgono
attività a favore del Cus gratuitamente.
Sono 150.000 gli studenti che
hanno prestato il loro impegno allo
università che da speciale attenzione
a chi fa sport. Per quanto mi riguarda
sono stato fortunato perchè abbiamo
avuto
anche successi come la Pisa-Pavia
in coincidenza con il mio mandato,
certo se non avessero vinto non so
se si sarebbero ...laureati”. Continua
Meschi, Rugge,
Arpesella e Dacarro.
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sport, ma non c’è solo quantità,
c’è anche qualità. Il Cus Pavia ha
stabilito il record di conquistare 17
medaglie d’oro su 19”. Il Presidente
dell’Edisu, Paolo Benazzo aggiunge:
“Non dobbiamo camminare insieme,
dobbiamo correre insieme”. Marisa
Arpesella, delegato del rettore per
lo sport, chiude così: “Dobbiamo
lavorare insieme, non solo per lo
sport, ma per il benessere.
IL PORTALE DELL’UNIVERSITÀ
È in costruzione un portale
dell’Università per lo sport che spero
di aprire già a luglio. Ci sarà il Cus,
ma abbiamo inviato alle società
sportive e alle varie strutture del
territorio un questionario per sapere
che tipo di offerta sono disponibili a
fare agli studenti. Vuol diventare una
vetrina per offrire agli universitari la
possibilità di frequentare il corso o
la struttura che vogliono. Dobbiamo
dare a tutti la possibilità di praticare
sport, compresi i disabili”.
Il Presidente del Cus Pavia, Cesare
Dacarro ha consegnato infine al
rettore la stessa maglietta che
indossavano gli atleti presenti
nell’aula con la scritta: Cus Pavia,
Campione d’Italia.
TUTTI I RISULTATI
DEI CNU 2014
SUL SITO DEL CUSI
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Angelica Olmo da Zenevedro
sul tetto del mondo
di Cesare Dacarro
Cosa ci vuole per raggiungere
il tetto del mondo, partendo da
Zenevredo – un comune di quasi
500 abitanti, posto appena sopra
Stradella, sulle colline dell’Oltrepò.
Bastano un’ora tre minuti e
trentotto secondi per Angelica
Olmo che a Pontevedra, in Spagna,
ha vinto i Campionati Mondiali
Junior di Duathlon. Come abbia
fatto Zenevredo a partorire una
campionessa come Angelica, è
una domanda a cui non sappiamo
rispondere. Salendo verso la casa
di Angelica, per festeggiare, ci
siamo chiesti: “Quante volte avrà
fatto questa salita in bicicletta per
tornare a casa?” Forse è questa la
spiegazione?
LA SFIDA IN GIAPPONESE
Angelica ha battuto la campionessa
uscente la giapponese Funika
Matsumoto e la spagnola Claudia
Luna, un’altra delle favorite. “Sono
subito partita veloce, volevo dettare
il ritmo e così è stato, sono entrata
in T1 velocissima, ne sono uscita
e mi sono trovata al fianco la
giapponese con la quale abbiamo
deciso di spingere immediatamente
per guadagnare vantaggio sulle
altre, ci dicono che abbiamo preso
oltre un minuto, infatti poi mi sono
preoccupata di non perdere tempo
prezioso nel secondo cambio in T2,
concentrata e veloce ho fatto del mio
meglio, avevo ancora tante energie
ed ho corso fino al traguardo dando
tutto quello che potevo”. Avete capito?
Angelica da Zenevredo parla anche
il giapponese, o meglio, era Funika
Matsumoto che ha capito che contro
Angelica non c’era nulla da fare.
A Zenevredo ci si può perdere? Ebbene
sì, noi ci siamo persi. Dovevamo
raggiungere la tenuta Boschi, la casa di
Angelica, per accoglierla di sorpresa al
suo ritorno da Linate. Felice Costante
ad un certo punto ha bloccato un auto
che stava uscendo da un giardino per
chiedere informazioni. L’automobilista
ha capito il dramma: “Vi accompagno
io!” “Sa, noi dobbiamo andare a
festeggiare Angelica, non possiamo
arrivare in ritardo”.
UNA SORPRESA ...A METÀ
Nel salone della tenuta c’erano tutte le
compagne di Angelica. Dai telefonini
è arrivato il messaggio: “sta per
arrivare”. Avevamo nascosto le auto
dietro alle cantine, tra cataste di
bottiglie in attesa di essere riempite
con vini pregiati. Noi ci siamo
chiusi in un corridoio, a luci spente.
Poi, come quelli che alla stazione
pensano che il treno arrivi da
una certa parte, tutti a guardare il
piazzale davanti alla casa. Sorpresa:
Angelica arriva dalla parte opposta
e ci scopre tutti girati di spalle.
Abbracci e baci. I genitori tagliano la
torta con impressa la foto dell’arrivo
di Angelica. Angelica sorride. Ci
basta il suo sorriso per commentare
un campionato del mondo vinto.
Anche lo speaker, il giornalista Walter Brambilla, non può fare a meno di entusiasmarsi davanti
alla corsa di Eleonora Giorgi che oltretutto, correndo in casa, davanti al pubblico amico, ha
tirato fuori tutto il carburante possibile, a poca distanza dal record mondiale di marcia ottenuto
un paio di settimane prima dei Cnu a Misterbianco (20.01.80). Pur avendo fatto in mattinata
20km come allenamento, in serata ha ottenuto un ottimo 21.40.59 davanti a Federica Curiazzi
(Cus Bergamo/Atl. Bergamo ’59 Creberg) ancora in progresso: a 22:03.50. Nei 5000 maschili
festeggia Federico Tontodonati (CUS Torino) nella foto a destra alla premiazione, che piega
dopo un bel braccio
di ferro Francesco
Fortunato (CUS
Foggia/Enterprise
Sport&Service):
19:32.89 contro
19:44.34. Terzo
Riccardo Macchia
(Chieti) 20.51.40
FOTO SPORT UNIVERSITARIO
LA POTENZA DI ELENA SCARPELLINI (CUS L’AQUILA)
NELLA CONQUISTA DEL TITOLO NELL’ASTA CON 4,20
DAVANTI A GIULIA CARGNELLI (UDINE) 4,10.
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Il gran finale dei 5.000 con Giuseppe Mura (Cus Cagliari) verso l’oro con 14’25” e 97 davanti a Rudger, Foro Italico
(n.102) e Scialabba Palermo (175) mentre Cacacia (24, Cus Bologna) sarà soltanto 7° pagando lo sforzo nel finale.
A destra, esulta Massimiliano Ferraro (Napoli) che conquista l’oro nei 200 con 21”45 davanti a Angelini (Ancona)
21”65 e Danesini (Milano) 21”73.
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La relazione della prof.ssa Fontana sull’“uso del movimento” nella scuola primaria.
La replica del professor Bussetti del Coordinamento scolastico sportivo della Lombardia.
Muoversi per diventare grandi
Presente il Direttore del Coordinamento
scolastico, settore sport, della Regione
Lombardia, Marco Bussetti con l’addetta
stampa Giuliana Cassani, si è svolto
all’Arena un dibattito sui problemi della
scuola con la presentazione di un progetto
della professoressa Wilma Fontana.
Un breve cenno da parte del professor
Beltrami ha introdotto l’argomento
presenti molti rappresentanti del Cusi
(Isler, Nasciuti, D’Elicio, Jaci col segretario
generale Antonio Dima).
“Si tratta di un progetto speirmentale
rivolto alle alunne/i della Ia classe della
scuola primaria del Lazio che attraverso lo
sviluppo della sensibilità, il ritmo e tramite
il movimento mira al raggiungimento dei
“saperi”. Un progetto innovativo attraverso
l’informatica che può rappresentare un
passo avanti rispetto a quanto è stato fatto
in passato. Il nostro intento è di metterlo
in rete, come promozione della salute
dopo averlo presentato ai rappresentanti
del Cus”. Com’è avvenuto a Roma
successivamente.
“La maestra delle primarie – secondo
Wilma Fontana – deve diventare
protagonista, creare autostima nei
bambini, trasmettere loro il concetto che
occorre muoversi per diventare grandi,
non alti, crescere con l’acquisizione
del sapere. Il progetto coinvolge le 4
università di scienze motorie del Lazio e
quella telematica di S.Raffaele. Occorre
entrare verso un nuovo modus operandi
e il Cusi avrà un ruolo strategico. A
Tor Vergata, ad esempio, si tende alla
valorizzazione attraverso nuovi test con
le pedane e capacità coordinative con
l’equilibrio. I futuri insegnanti di scienze
motorie dovranno essere i primi ad
applicarli alle scuole primarie”.
Secondo il professor Bussetti si tratta di
un progetto che deve prima delineare il
lato economico e la progettualità: “Nel
2009 il programma di “alfabetizzazione”
a Scienze motorie ha preso una piega
sbagliata mentre nella Regione Lombardia,
grazie al presidente Rossi, c’è molta
sensibilità in merito per l’applicazione
nelle scuole primarie. Per ora si tratta
di un’ora di lezione alla settimana. Qui
comunque trovate porte perchè siamo
d’accordo che le maestre possono essere
le migliori insegnanti. L’importante è
che venga definito il progetto, i tempi di
partenza, massima chiarezza su dove si
vuole arrivare, anche se abbiamo molta
potenzialità non è detto che si riesca a
tirarla fuori, dovendo oltretutto creare
sinergie con stipendi da fame”.
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È successo durante Cus BresciaUrbino. Una decisione del giovane
arbitro della partita ha trovato riscontri
negativi da parte della panchina
urbinate che al passaggio del suddetto
ha avuto espressioni poco cordiali
lasciando intendere la scarsa sintonia.
L’arbitro non ha potuto fare di
meglio, fraintendendo la posizione
geografica di Urbino che non è affatto
nel Sud, di ribattere con una frase
attinta a recente cinema: “Benvenuti
in Lombardia”. Non l’avesse mai
proferita perchè i commenti sono
Il profeta
Francesco
Voi non ci crederete ma fare il medico
nel calcio è faticoso. Specie se si ha
qualche chilo di troppo come ha detto
una signora, premurosa, al professor
Francesco Bizzarri che è andato a
soccorrerla, dopo che era stata investita
da un vespista pirata (ultima novità
milanese) e che trovandoselo sopra
gli ha chiesto: “Ma lei chi è?” Sono
un medico la risposta e lei: “Un pò
cicciottello”. Adesso li vogliono anche
magri. Dovete sapere che l’amico
Bizzarri, valente medico dell’Aquila,
ha un hobby, il calcio. Ne sa più lui di
Wikipedia, degli Almanacchi Panini, di
certi telecronisti “sotuttoio”. Il cronista
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Benvenuti in Lombardia
di Giorgio Gandolfi
stati goliardici, diciamo anti-casistica.
Risultato: nel comunicato successivo
alla gara sono apparsi i nomi di sette
squalificati ed altrettanti ammoniti.
Del Cus Brescia. Il giovane arbitro
aveva semplicemente scambiato
le panchine. Ma allora perchè quel
“Benvenuti in Lombardia”? Per
Claudio Danesi, team manager
bresciano, l’immediato ricorso alla
commissione tecnica con Marcello
Vasapollo (foto in basso con Bizzarri)
impegnato nelle indagini per ristabilire
la verità e la punizioni dei giocatori
del Cus Urbino Dirigente e tecnico
compresi. A questo punto qualcuno
ha proposto l’antidoping per l’arbitro
ma se n’erano perse le tracce.
Sulle sorti di un
campionato universitario
aleggia sempre il ruolo
del Segretario generale
del Cus che organizza:
il professor Fabrizio
Iannuzzo è stato davvero
impeccabile, sempre
presente, mai in modo
eccessivo, con uno stile
che ha caratterizzato il
suo lavoro come quello
d’altronde del delegato
allo sport, Valerio Caso.
di vecchia data al suo cospetto è un
dilettante allo sbaraglio. Soprattutto
se la sorte l’ha fatto nascere a Parma.
Il caso volle che a Messina la finale
fosse Parma-L’Aquila e il prof aveva
profetizzato: “Tre a zero per noi”. Per un
malinteso della vita, vinse il Parma. A
distanza di due anni, il prof cominciò a
torturarmi tre giorni prima: “Stavolta è
tre a zero per noi”. Altro malinteso: i tre
gol finirono nella sua porta.
A questo punto uno si sarebbe arreso
ma non il professor Bizzarri che forte
della sua nomenclatura calcistica
azzardò: “Siete deboli in difesa, perdete
la seconda partita”. In parole povere
le gufate in questione hanno portato
fortuna alla formazione emiliana che è
arrivata in finale e ha vinto l’ennesimo
titolo universitario segnando anche un
gol da metà campo.
E Bizzarri? “Perderete l’anno prossimo”
ha profetizzato. Che caro Amico.
Milano ha ospitato la 69° edizione
dei Campionati Nazionali Universitari
primaverili, 2014, “verso l’Expo”,
proponendo, con un anno di anticipo,
nei confronti del grande evento
internazionale, la più grande e
numerosa manifestazione sportiva
multidisciplinare in campo nazionale. Il
Cus Milano, nelle proprie conferenze,
ha proposto l’ immagine più moderna
della città sulle proprie cover grafiche:
la nuova ed affascinante Sky-line del
quartiere Garibaldi, avveniristico,
che faceva da sfondo all’atleta che
scavalcava l’asticella del salto in alto:
l’asticella come simbolo degli ambiziosi
obiettivi, di sviluppo, culturali, ed anche
sportivi, proposti attraverso i Cnu,
consegnati dal Cusi all’organizzazione
del Cus Milano.
Gli oltre 2800 partecipanti alla
manifestazione, che ha sviluppato il
proprio programma sportivo in dieci
giorni di gare, su 21 impianti sportivi,
hanno dato vita al consueto happening
sportivo universitario, nel quale
ogni Cus ha caratterizzato la propria
presenza nelle precipue discipline
sportive. I Cus del centro sud hanno
brillato negli sport da combattimento,
significativa la superiorità del Cus
Roma nella boxe, mentre negli sport
acquatici, il predominio quasi assoluto
va attribuito al Cus Pavia, che qui ha
conseguito ben 23 delle 25 medaglie
d’oro totali, che le hanno consentito
di primeggiare nel medagliere virtuale
proprio verso il Cus Milano, fermo a 23,
ed interrompendone la striscia vincente
Fair-play Zingaro-Malorgi.
Nell’oasi della Darsena.
La mamma tifosa di basket.
Pavia interrompe il ...filotto di Milano
con 25 medaglie Torino, Genova, Roma
e Parma ori che brillano
bilancio di Valerio Caso
che durava da otto edizioni. Come
sempre, significative le presenze del
CUS Torino e del CUS Genova, a 15 ori,
seguiti dal CUS Roma con 13. Sempre
nel medagliere virtuale, i milanesi
hanno conquistato, complessivamente
95 metalli, ben distribuiti su quasi
tutte le discipline sportive ufficiali. Il
CUS Milano si è invece ben distinto
nell’atletica leggera, conquistando ben
13 ori, e precedendo, in una delle due
classifiche a punti, il sorprendente
CUS Pisa, meritevole, al cospetto di
tanta concorrenza, di elogi per il suo
attivismo.
È stato il battesimo istituzionale del neo
eletto presidente del CUSI Avv. Lorenzo
Lentini, del CUS Salerno, subentrato al
Nelle foto di Sport Universitario ZingaroMalorgi si abbracciano alla fine del
match, alla Darsena canottaggio ma
anche relax e poi Mauro Nasciuti con la
mamma di uno dei giocatori.
compianto Dr. Leonardo
Cojana, al recente
Congresso Nazionale del
CUSI di inizio maggio,
che si è svolto a Cassino.
Il Comitato Organizzatore
si è avvalso della
indispensabile opera del volontariato
universitario, resosi disponibili in
accordo con le autorità accademiche
che hanno concesso loro i crediti
formativi in virtù della loro opera. Il
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percorso del volontario si è sviluppato
nelle tre fasi di formazione in aula, di
addestramento e operativo sui campi
gara, ed il loro contributo è stato di alta
qualità, non disgiunta dalla necessaria
passione per il ruolo e per l’evento.
L’ispirazione al reclutamento delle
forze volontarie, è stato mutuato dagli
amici del CUS Cassino, che lo avevano
felicemente sperimentato nella loro
edizione del 2013.
In preparazione all’evento, coinvolgendo
le otto università cittadine, il CUS ha
inoltre proposto conferenze culturali,
allargando il significato del CNU alla
figura dell’atleta, si, ma anche dello
studente universitario il cui interesse
primario permane il conseguimento del
titolo accademico. Non solo di sport
vivono i nostri atleti, ma di cultura.
L’impiantistica sportiva milanese
ha relativamente sofferto
dell’indisponibilità, per mere questioni
di restyling, di un impianto più
moderno e consono alle esigenze
tecniche di qualche disciplina sportiva,
judo e karate, promesse al rimodernato
CS Iseo ed invece ospitate in altra
sede, ma ha offerto gli spettacolari
scenari del bacino dell’Idroscalo
per la canoa e canottaggio; il Centro
Federale della Pallavolo del Pavesi ha
ospitato il beach volley e le finali di
pallavolo maschile e femminile in un
impianto modernissimo. Il pugilato
ha usufruito dell’eccellente struttura
del Palabadminton, perfetto per
questo sport. Il tennis è stato ospitato
nell’eccellente Tennis Club Lombardo, i
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Alessandro Mazzali (Tor Vergata)
Samuele Mulargia (Sassari)
Zito terzo titolo
Torino volley campione
Cifre da record per la boxe a Milano. Quarantatre gli
universitari e 31 le ragazze che hanno preso parte ai Cnu
con 29 Cus sul ring: Ancona, Bari, Benevento, Caserta,
Cassino, Chieti, Chieti-Pescara, Cosenza, Ferrara,
Firenze, Forlì, Genova, L’Aquila, Messina, Milano, Napoli,
Padova, Palermo, Perugia, Piemonte Orientale, Pisa, CUS
Roma, Salerno, Sassari, Torino, Udine, Urbino, Varese
Laghi, Verona, Viterbo.
Il CUS Roma conquista la Coppa grazie alla classifica
che tiene conto solo dei Cus con atleti Uomini-Donne.
Per il milanese Zito, terzo successo. Nella foto assieme
al presidente della Federazione Alberto Brasca, presenti
anche i vice presidenti, Vittorio Lai e Walter Borghino,
col segretario generale Alberto Tappa.
segue da pagina 35
cui perfetti campi in terra rossa, hanno
visto svolgersi il torneo di tennis di alto
livello, nel quale il meneghino Ornago
ha bissato il titolo dell’anno precedente.
L’Arena, nella sua maestosità storica,
con i colori del tramonto, visto che il
programma sportivo si sviluppava dal
tardo pomeriggio fino alla era inoltrata,
ha riscontrato la presenza di oltre
600 atleti, stabilendo forse un record
partecipativo.
Fra le discipline ufficiali, l’ingresso del
Ricci (Torino) oro nel tiro a segno
Due “gioielli” del Cus Parma: Gabriele
Melegari doppio oro nel judo e Caterina
Toscani oro nella carabina da 10 metri. Che
mira!
golf, di recente promozione, che ha
calcato i green periferici di Tolcinasco,
con un ottimo riscontro partecipativo in
un ambiente di qualità.
Fra gli sport promozionali, segnalazione
d’obbligo per l’arrampicata sportiva,
ospitata dal Rock Center, un impianto
sportivo enorme per dimensioni e
per la qualità delle proprie strutture.
Meritevole di segnalazione anche il
torneo femminile di basket, al quale
hanno partecipato sei Cus italiani con
giocatrici rivenienti dalle massime
serie nazionali, che hanno conferito
una qualità tecnica superiore alle
aspettative, qui il Cus Bologna, in
rispetto alla propria matrice sportiva, ha
vinto.
Indispensabili i riconoscimenti alle
Università pubbliche e private, che
hanno sostenuto fattivamente l’evento,
i partner pubblici e privati: senza il loro
contributo, non avremmo mai potuto
organizzare l’evento. Ci gratifica così
l’eccellenza dei rapporti con tutti i
soggetti collaboratori, includendo, nello
specifico la Regione, il Comune e la
Provincia.
Il testimone per l’organizzazione
dell’edizione 2015, rappresentato dalla
bandiera ufficiale del CUSI, è stato
riconsegnato nelle mani istituzionali,
in attesa di conoscere la prossima
destinazione. La consapevolezza, è
quella di aver cercato di produrre
il massimo sforzo, pur perfettibile,
per adempiere alla missione che
condividiamo insieme a tutti i CUS: la
promozione dello sport universitario.
Quelli degli accrediti: Angelo Orsillo, Nicola Macina, Gianluca Bianchi e Benedetto Perrone con
i volontari: Irene Rigoldi, Marianna Arpiani, Ignazio Belluardo, Alessandro Gallo, Chiara dal
Passo, Gaia Tafuri e Vania Lamperti
Lettera all’Amico che non c’era,
Roberto Benvenuti
Caro amico “Benve”,
al di là se ci sia un’altra vita, oltre questa, vale la pena SEMPRE di ricordare una persona cara
come te. Roberto, o “Benve” come amavo chiamarti, ci conoscevamo da dieci anni e per me sei
e sarai sempre quel segretario ironico, pronto a ridere e sorridere e grande lavoratore. Sorrido
ancora pensando ai Campionati Nazionali Universitari a Catania nel 2005, quando mi invitasti
a cantare e a bere “una sola” birra per festeggiare la medaglia della tua squadra di Rugby
(CUS Genova). Ridere. Il tuo era un sorriso discreto, intelligente e coinvolgente. Conservo
ancora il ricordo delle nostre corse dall’albergo al Comitato per l’Accreditamento degli studenti
universitari. Quest’anno ai CNU di Milano mi sei mancato… proprio quest’anno che finalmente
l’albergo distava dalla Commissione di Controllo a soli 2 minuti di cammino ;-). Ecco, oggi qui
voglio onorarti, caro prezioso e gioioso collega con cui ho avuto il piacere di lavorare. Privilegio
assai raro. Ciao caro Benve, io ti ricordo! Un abbraccio a tutti i tuoi cari.
Colino (come mi chiamavi sempre!)
“Un sorriso non dura che un istante, ma nel ricordo può essere eterno”. Friedrich von Schiller
Nicola Macina
36
Moda e contromoda d’ogni colore ai Cnu
FOTO SPORT UNIVERSITARIO
37
Vivere le giornate dei Cnu significa
scoprire in pochi giorni mille volti,
personaggi che ritornano (vedi il
capellone del Cus Chieti o è il gemello?)
la reginetta del salto con l’asta; il
rugbysta con le treccine (chissà cosa
avrebbero detto e fatto un tempo) il
manager del Foro Italico Ada Lombardi,
con un tatuaggio che incute paura, la
ragazza sulla panchina dei calciatori
parmigiani, il massaggiatore Monica
Capelli e poi il medico pisano del rugby,
Andrea Ciangherotti, addormentato.
Colpa del giornale sonnolento o del
gioco senza sussulti? Eppure si sono
anche menati.
Rugby e calcio sotto il segno del Cus Parma
Giangrande, Premio Cigarini
Per la quarta volta consecutiva
il Cus Parma ha conquistato il
titolo universitario forte di un
pacchetto di mischia davvero
considerevole, espressione
di un gioco che deriva dalla
tradizione e da un bacino
considerevole. Nella fase finale
ha battuto Milano per 31 a 0
quindi il Venezia per 19 a 0.
Per ricordare il suo capitano, Alberto Cigarini che guidò la
squadra nella vittoria tricolore a Cassino, il Cus Parma ha
premiato il miglior giocatore del torneo, Jacopo Giangrande del
Cus Roma. Ecco la premiazione da parte del presidente Michele
Ventura.. In alto, l’urlo di capitan Giannotti e dei compagni
quindi la foto di rito con la Coppa. Sotto, Lecce e Foro Italico.
Come fermare
capitan Giannotti
I neo campioni nella foto
con il presidente Ventura:
David Michael Odiete, Matteo
Bernini, Luca Mordacci, Davide
Rimpelli, Federico Magri,
Giovanni Scalvi, Pietro Barbieri,
Arturo Giannotti, Massimiliano
Farj, Giacomo Alberghini,
Giacomo Torri e Davide
Farolini.
I vice campioni del
Venezia: Ippolito Andrea
Menniti, Pierfrancesco
Dotta, Federico Curtolo,
Giacomo Pegoraro,
Giovanni Canova,
Andrea Bosio, Riccardo
Bona, Tommaso
Bandini. Accosciati da
sinistra: Carlo Gerardi,
Alessandro Cucco,
Jacopo Marcato.
38
Il rigore parato da Marini contro Catania.
Il dr. Davide D’Elicio in azione all’Arena.
«Siamo un’università di media grandezza,
trentatremila studenti iscritti, eppure
stiamo davanti a realtà enormi rispetto a
noi, e siamo in grado di vincere medaglie
importanti. Di questo non possiamo che
essere estremamente orgogliosi», sono
state le parole del presidente del Cus
Parma Michele Ventura dopo la vittoria
per 3-1 contro il Cus Chieti. Dopo pochi
minuti è stato Nicola Bovi a sbloccare il
punteggio: rete che permette ai rossoneri
marchiati Errea di amministrare nel
primo tempo. Nella ripresa, dopo diverse
occasioni, il Cus Parma raddoppia con
Pasquariello. In zona cesarini c’è tempo
per il gol della bandiera del Cus Chieti, e
la rete di Tagliavini, da metà campo, che
sigilla il punteggio sul 3-1 finale. I neo
campioni Filippo Alessandrini, Riccardo
Belli, Nicola Sanella, Matteo Compiani,
Gabriele Campanii, Costantino Marini,
Daniele Rieti, Franco Fogliazza, Marco
Roma, Andrea Talignani, Giulio Melegari,
Cristian Bonati, Nicola Bovi, Paolo
Ciccotto, Tommaso Ferrari, Tommaso
Fontana, Simone Pessagno, Federico
Maestrini, Nicolò Bortone, Giuseppe
Pasquariello, Mattia Bovi, Giuseppe
Paselli. All. Giuseppe Paselli, dt. Giuseppe
Ravasi, dirigente Gianfranco Bellè, Daniele
Del Signore, Claudio Davoli. Mass.
Monica Capelli
MEDICI IN FAMIGLIA
I campionati universitari richiedono
puntualmente la migliore organizzazione
da parte di chi li organizza ma anche
del Cusi che scende in campo col suo
segretario generale Antonio Dima e
la segreteria. Quest’anno, come nel
passato, c’è stato un quadro medico
ben delineato dall’inizio e coordinato
dal responsabile professor Gianfranco
Beltrami. Con lui sono stati operativi i
seguenti medici: Nicola Coiana, Lucio
Concilio, Claudio Secci, Roberta Pili,
Franco Zanda, Francesco Bizzarri,
Pietro Braina, Davide D’Elicio, Andrea
Ciangherotti.
...e la festa dopo i rigori.
La felicità dei catanesi dopo la bella vittoria
a spese del Cagliari in un torneo abbastanza
equilibrato con Lecce, Brescia e Urbino fra le
protagoniste assieme alle due ottime finaliste,
Cus Chieti e Cus Parma.
39
La premiazione da
parte di Stefano
Arrica e Marcello
Vasapollo.
Cus Modena, la battuta vincente
Atleti che gareggiavano e studiavano
di Maria Pia Beltran*
Tanto entusiamo e molti brividi per l’edizione numero 68 dei Cnu a Milano: il medagliere
ha sancito la vittoria del Cus Pavia con 25 ori, seguito a ruota dai padroni di casa del Cus
Milano, in rincorsa volante fino alle ultime gare, 23 assoluti conquistati e dal Cus Torino
che ne conta invece 15.
Cinquecentottanta sono le medaglie assegnate in dieci giorni di sport ad altissimo livello
che hanno coinvolto cinquantun Cus arrivati a Milano con tanta voglia di competere per
il titolo nazionale, ma anche di conoscersi, fare nuove amicizie e divertirsi: un bilancio
che può essere solo positivo visto l’entusiasmo messo in campo dagli atleti studenti, ma
anche dagli altri protagonisti della manifestazione.
Non possiamo non ringraziare i volontari, gli organizzatori, i media che ci hanno seguito
da tutta Italia, le delegazioni dei Cus, il Cusi: chi ha scritto, fotografato, allestito, consegnato medaglie, arbitrato, organizzato le serate, twittato, aggiornato il medagliere fino a
notte fonda, preparato i campi fin dalle prime ore dell’alba. Senza di loro i Cnu milanesi
non sarebbero stati uno strepitoso evento!
Sabato, durante la seconda giornata di gare di atletica all’Arena Civica di Milano, il presidente di casa, Alessandro Castelli ha riconsegnato la bandiera dei Campionati Nazionali
nelle mani di Mauro Nasciuti, presidente della Commissione Tecnica Cusi.
Castelli ha poi tirato le somme della competizione analizzando la prestazione del proprio
Cus: “Ottenere 95 medaglie rappresenta quasi un record. Complimenti a Pavia che, pur
ottenendo meno della metà delle nostre medaglie, ha vinto due ori in più primeggiando
nella classifica finale. Un ringraziamento speciale va fatto all’organizzazione e ai volontari, senza i loro sacrifici non sarebbe stata la stessa cosa. L’essenza dei Campionati si
può riassumere negli atleti che tra una gara e l’altra ripassavano sui libri, ne ho notati
parecchi e loro rappresentano il valore più alto dei Cnu”.
Cinquecentottanta medaglie
Con un bel derby emiliano si è concluso
un torneo di tennis tavolo di alto livello:
Paolo Bisi, una grande tradizione di
famiglia con tanti parenti nella Hall of
Fame, ha battuto un rivale che conosce
bene, Marco Rech Daldosso col quale
le sfide sono all’ordine del giorno. Terzo
Marcello Cardea (Torino). Nel doppio
oro ai parmigiani Rech Del DossoSevergnini così come nel misto, Rech
Del Dosso-Ferrarini.
Per Cipriani laurea e titolo universitario
*addetta stampa dei Cnu milanesi L’avevamo visto, fotografato
ed ammirato a Shenzhen
all’Universiade cinese nel 2011
conquistare un quinto posto
onorevole. ora è andato in
progressione. Innanzitutto la laurea
magistrale in informatica presso
la Statale di Milano con onorevole
101 quindi un mese dopo imporsi
sulla pedana milanese nella spada
chiudendo un percorso importante,
al quale teneva in modo particolare.
“Finiti gli studi – ha detto – devo
fare un salto di qualità. In Italia
sono ottavo nel ranking nazionale
ma devo migliorare su quello
internazionale. Con la tesi di laurea
ho sviluppato un app per la gestione
dei contatti telefonici. La scherma mi
aiuta molto”.
All’Idroscalo
sulla torre di
comando, giudici
e cronometristi
al lavoro: con
Alessandro Rognone,
Mario Pandolfi e
Franco Basso.
40
Il campionato mondiale di corsa
campestre, disciplina praticata in tutto il
mondo, è tradizionalmente un impegno
arduo per una rappresentativa italiana;
in campo internazionale gli unici buoni
risultati sono arrivati in ambito europeo,
mentre a livello mondiale fatichiamo
ormai da parecchi anni. A maggior
difficoltà, l’edizione di quest’anno si è
disputata nella patria del fondo e del
mezzofondo, quell’Africa che è patria
per eccellenza di una moltitudine di atleti
straordinari.
Anche il posizionamento in calendario
dell’evento – la seconda metà di marzo –
non è stato propriamente felice, incastrato
in un momento della stagione in cui il
pensiero degli atleti italiani è già rivolto
agli impegni su pista. In questo contesto
di per sé non favorevole, sono arrivati le
assenze delle nostre punte di diamante.
Se quella di Daniele Meucci, il migliore dei
nostri (e non solo a livello universitario)
era previsto, non altrettanto si può dire
per i forfait dell’ultimo minuto, dovuti ad
41
Oltre le previsioni gli azzurri
nel cross country in Africa
di Mauro Nasciuti - foto di Carlo Pusceddu
infortunio, di Fontana in campo maschile e
della Ruffino in quello femminile.
Nonostante le premesse poco
incoraggianti, il gruppo si è rivelato subito
coeso e determinato, e molte individualità
hanno reso al di sopra delle aspettative.
Alex Baldaccini, studente a Varese e
proveniente dalla corsa in montagna,
ha ottenuto un ottimo decimo posto;
risultato che – a memoria – ricordo solo
un paio di volte negli ultimi anni. In campo
femminile, purtroppo, la quotata Giulia
Viola ha accusato qualche problema
fisico mentre Sara Galimberti si è resa
protagonista di una buona gara, chiusa
con un più che onorevole dodicesimo
posto. Nella competizione a squadre,
maschi e femmine hanno conquistato
il quinto posto, risultato di assoluto
prestigio se si pensa che abbiamo
preceduto tutte le nazioni europee.
Per il resto, tutti noi abbiamo avuto
modo di apprezzare la novità di un paese
sconosciuto a tutti i partecipanti alla
trasferta, che è stato capace di dotarsi
di una buona organizzazione. Ottimo
lavoro anche da parte della segreteria
del CUSI per quanto concerne viaggio e
logistica; un cocktail che ha prodotto un
risultato assolutamente soddisfacente.
Da segnalare anche la fattiva pesenza del
coach Fidal Roberto Fulanic.
Senior Race Men 1° Joshua Cheptegei
(Uganda)2° Daniel Muindi (Kenya)3° Mark
Lokwanamoi (Kenia) 10° Alex Baldacchini
21° Giuseppe Gerratana 26° Giorgio
Scialabba 33° Daniele D’Onofrio 42°
Andrea Seppi
Senior Race Women 1° Winneie Nanyondo
(Uganda) 2°Dorcus Ajok (Uganda) 3° Prim
Twikinza (Uganda) 12° Sara Galimberti
19° Giulia Viola 20°Laura Papagna
Team Senior Race Men 1° Kenya 2°
Uganda 3° Giappone 5° Italia (Alex
Baldaccini, Giuseppe Gerratana, Giorgio
Scialabba, Daniele D’Onofrio)
Team Senior Race Women 1° Uganda
2^ Giappone 3° Canada 5° Italia (Sara
Galimberti, Giulia Viola, Laura Papagna)
«Auxilio, lascia in pace quelle carte, guarda che
la polvere è sempre andata d’accordo con la
letteratura». Lo scrive Roberto Bolano, cileno,
in «Amuleto». Morì a Barcellona a 50 anni.
Tifava per il Barça. Lo scoprii per caso: non
l’ho più lasciato. Tornando al passo d’apertura,
noi dello sport potremmo tradurlo così:
«guarda, cara Auxilio, che [anche] il sudore è
sempre andato d’accordo con la letteratura».
Questo non è un elenco. E nemmeno una
guida. È un piccolo viaggio tra le mie «tigri»
di carta: i libri, «quei» libri, che ho letto e
tengo lì, sullo scaffale, a portata di vezzo. Ogni
occasione è buona. Il Mondiale in Brasile mi
riporta al Mondiale del 1974, l’edizione che
segnò la fine dell’Italia «messicana». Giovanni
Arpino, testimone oculare, ne raccolse i cocci
e li trasferì in un romanzo epico, «Azzurro
tenebra». Cantò un fiasco, spiegò, da «insider»
curioso, le guerriglie tra giornalisti al seguito:
le iene e le belle gioie. Fece la moviola a una
categoria: «Il solito paraponzi da prima pagina.
Tre battute ironiche per gli intenditori, due
capoversi per il tifoso baluba, l’eterno dubbio
tecnico cotto nel rosmarino del centrocampo.
Servire bollente e gratinato in una colonna e
mezza di piombo».
Sempre a 40 anni fa, e per la precisione al
30 ottobre 1974, risale un altro mondiale.
Il mondiale dei pesi massimi tra George
Foreman, detentore, e Muhammad Ali,
all’anagrafe Cassius Clay, «veloce come
una farfalla, pungente come un’ape (fly like
a butterfly, sting like a bee)». Il match si
disputò a Kinshasa, capitale dello Zaire, oggi
Repubblica democratica del Congo.
Come Ali demolì il rivale al culmine di otto,
devastanti rounds l’ha raccontato Norman
Mailer ne «La sfida». Non fu semplicemente
l’incontro che il mondo della boxe (e non solo)
voleva: fu il regolamento di conti tra due neri
troppo diversi per non odiarsi, il pompiere
Il sudore va d’accordo
con la letteratura
Viaggio fra le tigri di carta di Roberto Beccantini
25 maggio 1965,
Lewiston (Usa):
Cassius Clay
batte Sonny
Liston per ko.
Foto di Leifer /
Sport Illustred.
Foreman e il piromane Ali.
La folla cantava «Ali bomaye!», alla lettera:
«Ali, uccidilo!». Diventò un coro popolare.
Mailer seguì la lunga e tormentata vigilia, il
rinvio, la rabbia di Foreman e le provocazioni di
un avversario che fece delle corde una sorta di
pronto soccorso. Decisero la forza del talento
e il talento della forza. «Ma d’altro canto,
cos’è il talento se non equilibrio sul bordo
dell’impossibile?» chiosò Mailer.
Tornando al calcio, a me è piaciuto da morire
«Il Maledetto United» di David Peace. È del
2009 e, dunque, non proprio fresco fresco.
Fidatevi: non si tratta della solita minestra.
Tanto per cominciare, lo United del titolo non
è il Manchester ma il Leeds. La trama rievoca
i quarantaquattro giorni che nel 1974 (e dai!)
Brian Clough spese alla guida del Leeds United,
società che oggi milita nella serie B inglese e
ha, come azionista di maggioranza, Massimo
Cellino (auguri). Clough deve affrontare e
risolvere un paio di problemi, non proprio
lievi. Primo: l’allenatore che sostituisce è
Don Reevie, leggenda del club. Secondo:
odia il Leeds, che ha sempre considerato
una squadra di imbroglioni. Peace mescola
l’attualità ai flash-back, il tondo con il corsivo,
ricreando il clima e le tensioni di quel periodo,
di quell’impatto, di quel fallimento. Clough è
ambizioso, incontenibile, dotato di un senso
morale che lo porterà a vivere notti non meno
agitate degli allenamenti diurni. Nonostante il
mio tifo, perderà.
Matteo Marani dirige il «Guerin sportivo»
dal 1° gennaio 2008. E dal momento che al
GS collaboro dal 1999 denuncio il conflitto
d’interesse. Ciò premesso, «Dallo scudetto ad
Auschwitz» è un libro tosto, su un argomento
tostissimo e, purtroppo, sempre attuale come
Matteo Marani, Direttore del Guerin
Sportivo, autore di questo libro finalista
del Bancarella Sport, mentre premia Tira,
presidente dei Panthers, campioni d’Italia
di football americano. Con loro l’ex
assessore allo sport, Roberto Ghiretti.
l’olocausto. La curiosità della cultura e la
cultura della curiosità hanno spinto Matteo
a seguire le tracce di Arpad Weisz, raffinato
allenatore che condusse al titolo l’Ambrosiana
Inter nel 1930 e il Bologna nel 1936 e ‘37 prima
che le leggi razziali, promulgate da Benito
Mussolini, lo costringessero a lasciare Bologna
con la famiglia.
Dobbiamo a Weisz, figlio di ebrei ungheresi,
scomparso a 47 anni, testi divulgativi di
raffinata competenza calcistica e, niente meno,
il lancio di Giuseppe Meazza. Weisz è stato un
grande, sì, ma troppo lontano nel tempo, e dal
tempio dei consumi, per scampare all’oblio.
Marani si inventa investigatore ed esploratore.
Non lo vuole beatificare: lo vuole «restituire».
Dalla scuola dei figli all’odissea tra Francia e
Olanda, fino al mattatoio di Auschwitz.
Sono pagine che non fanno sognare. Fanno
pensare. Ne scrivo all’indomani del tragico
attentato alla sinagoga di Bruxelles. Il libro
di Marani andrebbe adottato nelle scuole.
Racconta di una persona, mica solo di un
personaggio, e di un crimine contro l’umanità.
Più che un grido di dolore, è un grido. E un
messaggio: se la memoria senza cuore dà
fastidio, il cuore senza memoria fa paura.
42
Come corre Giovanni con le ciabattate della mamma
Il presidente del Panathlon International,
Giacomo Santini, il sindaco di Pontremoli
Baracchini e della Fondazione Città del Libro,
Benelli, premiano Giovanni Storti e Franz
Rossi vincitori del Bancarella Sport.
Certo non ha l’arguzia di Jerome Klapka Jerome
(inglese doc, al di là del suono austro-ungarico) o
la satira grottesca di Woodehouse semmai quella
immaginaria di Mark Twain. Parliamo di Giovanni
Storti noto soltanto come Giovanni, vincitore del
Bancarella sport. Primo davanti a (ex) campioni dello
sport come Nino Benvenuti o Eraldo Pecci. Lui che
dello sport non è mai stato un campione. Eppure li ha
battuti con la sua simpatia, con quel libro che riporta
alla gioventù più o meno scapestrata da protagonista
nei villaggi delle vacanze, uno dei tanti che abbiamo
forse incontrato e che rivedendolo in televisione
pensavamo: ma dove l’ho già visto? A Cala Gonnone
forse o in qualche altro luogo ameno delle vacanze
dove alla sera si poteva e si può ridere anche per
poco.
Passando con lui un pomeriggio a Pontremoli,
dapprima, poi a cena quindi durante la votazione,
si scopre il lato vero di Giovanni: è fatto proprio
così, non recita, è tale e quale nella vita come sullo
schermo o sul palcoscenico. Probabilmente il libro
vincente “Corro perchè mia mamma mi picchia” edito
da Mondadori, l’ha scritto assieme all’amico Franz
Rossi in un pomeriggio, di getto come suol dirsi,
Rino Tommasi, dai tre titoli universitari nei Cnu
al Premio Bruno Raschi
Pontremoli - Quando Gino Palumbo entrava nella stanza
di Bruno Raschi alla Gazzetta dello sport, prima bussava
e poi gli dava del lei, ricordava una delle penne storiche
del Corriere dello sport, Franco “Ciccio” Esposito mentre
Rino Tommasi, entrando in piazza della Repubblica per
ritirare il premio alla carriera che gli è stato assegnato,
così sintetizzava il suo ruolo: “Era la penna buona della
rosea”. Per il professor Giuseppe Benelli, presidente
della Fondazione Pontremoli, Città del libro era il grande
giornalista nato a due passi, a Borgotaro, figlio del ferroviere
ucciso dai tedeschi perché si era rifiutato di consegnare
il locomotore che
guidava e al quale
venne dedicata una
lapide alla stazione
di Pontremoli.
“Ogni volta che
Raschi veniva da noi
per organizzare il
Bancarella – diceva
ancora Benelli con
l’eloquio che lo
contraddistingue
– c’era chi faceva
pulire la lapide e
43
portava un mazzo di fiori perché Bruno non mancava
mai di portare un saluto al papà. Era naturale che dopo la
scomparsa di Raschi, il Comune gli dedicasse il piazzale
della stazione. È stato Raschi, assieme a Sergio Zavoli, a
insegnare alla nostra generazione a parlare con il Processo
alla tappa, raccontando le avventure del ciclismo: Zavoli
con la sua cultura umanistica e Raschi con quella classica
al punto da paragonare i campioni dello sport agli dei
dell’antica Grecia. In questa giornata dedicata alla letteratura
sportiva non possiamo fare a meno di ricordare che il
primo Bancarella venne assegnato ad Hemingway mentre
Giovannino Guareschi fu premiato mentre era nel carcere
di San Francesco a Parma dopo una vertenza sofferta
clamorosamente smentito dagli stessi periti che prima
avevano autenticato gli scritti di De Gasperi e poi avevano
ritrattato in tribunale. Guareschi non era ancora lo scrittore
italiano più tradotto al mondo e noi con quel premio
volevamo esprimergli tutta la nostra solidarietà”.
Con Paolo Francia e Paolo Liguori sul palcoscenico nel cuore
di Pontremoli a fianco di Rino Tommasi scendeva in campo
anche Nino Benvenuti, autore di uno dei sei libri finalisti, per
un simpatico siparietto col giornalista grande interprete del
tennis ma anche grande organizzatore di eventi come quello
del Medison Square Garden che portò lo stesso Benevenuti
al titolo mondiale anche se il pugile istriano è rimasto
Paolo Francia, Benvenuti, il sindaco di
Pontremoli premiano Rino Tommasi.
convinto di non avere avuto “la stima completa” da parte
di Tommasi. Con una doverosa risposta al protagonista del
ring “che ha potuto gareggiare a testa alta in una disciplina
e in un mondo difficile e con la dignità che era di pochi”.
Tommasi ha avuto così occasione di parlare dei suoi sport
in particolare del tennis dove a sua avviso “il doppio è una
deformazione che serve soltanto a riempire i pomeriggi nel
parco dei divertimenti. La nobilità del tennis è nel singolare. Il
misto poi mi fa rabbrividire.
Come si fa a non credere ad uno che ha cominciato la
carriera vincendo tre titoli universitari nel tennis (’54,’55,’56)
ed è stato telecronista in 127 tornei del Grande slam, 24 finali
di Coppa Davis e 350 incontri di pugilato valevoli per il titolo
mondiale. Tanto di cappello, maestro!
senza pensarci due
volte. Come quando ha
cominciato ad iscriversi
alle Maratone lasciando
la sua zona, conosciuta
come la Chinatown
meneghina (Milan
l’è un gran Milan) via
Paolo Sarpi dove ha
sempre vissuto prima
con la famiglia poi
con moglie e figlie
protagoniste esse pure delle gag che l’hanno reso
famoso col resto del Trio, Aldo e Giacomo.
Ve lo immaginate quando fa il Tai chi – dicono che
sia un maestro – oppure quando insegna acrobazia
teatrale. Non deve essere facile stare seri. Anche
a tavola, nel ristorante del caveau del Teatro di
Pontremoli ( da vedere perchè non è immaginabile
e poi si mangia davvero bene) quando chiedeva
qualcosa alla ristoratrice quella esitava: vuole l’acqua
frizzantina o scherza?
Il tipo che sul palcoscenico della piazza di Pontremoli
ha preso il microfono, l’ha soppesato e l’ha respinto:
non va bene, in effetti alla prova si è rivelato poco
adatto in una piazza gremita di gente col brusio che
tendeva ad attenuare parole e suoni. Col suo passo
felpato, il baffo allertato come quello dei gatti (o
dei topi?) ha scatenato applausi a scena aperta. Ha
vinto con due soli dei punti di vantaggio decretati
dalla Giuria ma se spettava al pubblico votare non ci
sarebbe stato confronto.
Ha parlato delle sue maratone ma nel libro accenna
soprattutto ai suoi ricordi milanesi, quelli più
insoliti anche della montagna sorta alla periferia
con le macerie dei bombardamenti ovviamente
istituzionalizzata dai milanesi, degli strani allenamenti
(saltellando sui panettoncini che delimitano le
corsie del traffico: chissà quante cadute!). Il collega
Giacomo scrive sulle pagine domenicali della
Stampa: la sua è anche filosofia spicciola. Chissà
che “arlìa” nel camerino.
g.g.
I 75 anni di Livio Berruti
speciale di Gianni Romeo
L’occasione di un compleanno dalla cifra
importante dissertando su un nome ancora
più importante, ci riferiamo ai 75 di Livio
Berruti, data 19 maggio ormai alle spalle, è
stata propizia per un bel confronto fra amici
imbevuti di sport. Un cenacolo improvvisato
per chiederci chi sia stato l’atleta più grande,
ma forse è meglio dire più importante, nello
sport italiano dal dopoguerra. Credevamo
di dover discutere ore, per giungere a una
conclusione. In realtà la rosa si è ridotta in un
amen a due: Fausto Coppi e Livio Berruti.
Coppi è stato <Il ciclismo>, Berruti l’icona delle
Olimpiadi di Roma. Per dividerli ha pesato
una valutazione: negli Anni 40-50 le nazioni
che interpretavano in modo professionale lo
sport della bici non erano più di una dozzina,
tutte dell’Ovest europeo, mentre l’atletica
era già una disciplina universale. L’inatteso
successo olimpico di Berruti rappresentò un
autentico choc per l’Italia aggrappata allora
a ben poche icone (calcio e ciclismo, un
po’ di pugilato, l’emergente automobilismo,
le moto…) e fece il giro nel mondo non
soltanto sportivo, stupito che il nostro Paese
avesse saputo esprimere un talento d’oro
zecchino nella disciplina regina dei Giochi.
Quel successo diede la sveglia al movimento
sportivo azzurro, proiettandolo nel futuro. La
data, 3 settembre del 1960. Quel sabato, tra
le 15 e le 18, in uno stadio Olimpico di Roma
ben più accogliente da quello scatolone con
coperchio che è diventato, un giovanotto
esile e timido, Livio Berruti, corse due volte i
200, semifinale e finale, in 20’’5. Era il record
del mondo, <soltanto> eguagliato perché in
semifinale Livio aveva un tal vantaggio che
follemente pensò (detto con il senno di poi…)
di decelerare a 30 metri dal filo di lana. Mai
nessuno che non fosse nordamericano, fino ad
allora era stato primo ai Giochi.
<Berruti portava occhiali dalle lenti scure,
ma aveva una visione limpida della vita>, ha
scritto tempo fa un cesellatore come Giorgio
Cimbrico. Scoprì l’atletica come in una favola,
in un cortile del liceo Cavour di Torino, quando
per gioco vinse la sfida con Saverio D’Urso,
considerato il miglior velocista della scuola. A
quel punto un insegnante di educazione fisica
lo convinse a lasciare il tennis. Quattro anni
dopo era il re d’Olimpia.
“Lo sport universitario
può avviare i giovani
verso scuole di vita”
Quella visione limpida della vita impedì a
uno dei personaggi più popolari al mondo di
assumere il ruolo di prestigio che meritava.
Il re non ha mai voluto impugnare lo scettro,
vero Livio? Il successo è passato sulla sua
pelle come acqua fresca. Fregato da eccessiva
timidezza?
<Mi avevano appiccicato quell’etichetta, ma
in realtà ero soltanto riservato. Il successo
non ti appartiene, scrisse un saggio come
Alberto Bolaffi. Dipende dai geni trasmessi dai
genitori, dall’ambiente che ti ha reso possibile
la prestazione, dal momento storico. Perciò
non l’ho mai cavalcato. Avrei dovuto pensare
di essere un premio Nobel? Sono rimasto
dopo quello che ero
prima, non ho monetizzato
la fama, non ho chiesto
favori né onori. E la cosa
mi riempie di serenità
ancora oggi>.
Andiamo all’oggetto della
discussione fra amici che
ci ha appassionato. Berruti
l’azzurro più importante dal dopoguerra.
Condivide?
<Non voglio fare troppo il modesto. Perciò
dico: sono fiero di quanto ho fatto e mi rendo
conto perfettamente di aver squarciato come
un lampo il cielo grigio dello sport italiano,
che non aveva ancora recuperato immagini
forti dopo Coppi e Bartali, dopo la tragedia del
Grande Torino. Ma altri campioni si misero in
cordata con me, in quell’Olimpiade. Cito Nino
Benvenuti nella boxe, oppure il Settebello della
pallanuoto. Abbiamo fatto scoprire a tanti
giovani italiani che lo sport non era soltanto
calcio. Ognuno di noi nel suo ambito è stato
importante. Certo, vincere i 200 metri ha avuto
un impatto formidabile, soprattutto all’estero,
dove ancor oggi mi cercano perché racconti
come riuscii a battere i fenomeni americani>.
L’atletica leggera aveva preso slancio da
allora. Più avanti, a cominciare dalla scuola,
la disciplina scolastica propedeutica a tutti gli
altri sport non è stata protetta come meritava
e ha cominciato a retrocedere. Un grosso
passo indietro nella cultura del nostro Paese,
purtroppo. Che ne dice, Livio?
<Non c’è dubbio, ma il problema non riguarda
soltanto l’atletica, è un discorso di mentalità.
In molte, troppe famiglie è cambiato il modo
di pensare lo sport. Alla nostra epoca, e poi
per molti anni, avvicinarsi a una disciplina
significava in primo luogo fare amicizie,
rafforzare il carattere, scoprire valori che
avrebbero accompagnato i giovani per tutta
la vita. Oggi tanti genitori vedono lo sport
come un investimento, non come percorso
di formazione. L’esempio massimo sono le
scuole calcio, nate e cresciute un po’ ovunque,
illusorie fabbriche di campioni che nel novanta
per cento dei casi sfornano dei frustrati>.
Lo sport universitario, oggi coltivato dai Cus in
modo professionale, e finalmente appoggiato
da molti rettori moderni, può contribuire a
risolvere il problema culturale che ci frena?
<È una speranza concreta. Gli universitari
d’oggi saranno i padri di famiglia di domani,
persone informate e coscienti dell’importanza
di avviare i giovani correttamente alle varie
discipline, da interpretare prima di tutto come
scuole di vita. Poi, se a qualcuno capiterà
come a me, di scoprirsi fenomeno senza
saperlo, ben vengano i campioni. È una sfida
culturale a cui dobbiamo partecipare tutti. Non
dobbiamo certo illuderci che sia una riforma
scolastica imposta dall’alto, se mai arriverà, a
far girare la ruota nel verso giusto>.
44
E i ...“novanta” anni di Paolo Rosi
amarcord di Giorgio Cimbrico
A gennaio su Cagliari fischia un maestrale freddo:
Andrea Arrica si è chiuso in un cappottone da
cui sbuca solo il suo profilo acuto e scarno, i
giocatori si stropicciano le mani e non vedono
l’ora che l’arbitro fischi il calcio d’inizio. 5
gennaio 1953, stadio Amsicora (quello che
diventerà il piccolo tempio di Rombo di Tuono),
incontro universitario tra Italia e Inghilterra.
Gli azzurri – molti romani, molti parmigiani –
combinano una bella goliardata: battono i maestri
con il punteggio striminzito di quel rugby lontano
una galassia: 5-3.
Il quarto da sinistra, in basso, accosciato ma non
proprio, è Paolo Rosi. Ad aprile, il 20, cadevano
i 90 anni della nascita e anche se se n’è andato
nel ’97 per noi – non è un plurale maiestatis
ma sta per tutti quelli dell’atletica e del rugby,
sport universitari per eccellenza e per tradizione,
e della boxe – è molto vivo. Più o meno come
capitò quando dissero a Ernest Hemingway che
Robert Capa, il fotografo che ha lasciato scatti
che valgono quadri storici, era saltato in aria su
una mina, in Indocina: “Era così vivo che non è
possibile pensare sia morto”.
Paolo aveva un naso importante e una voce
che era meglio di quella di Humphrey Bogart. E
dentro quel timbro c’erano magnifici aggettivi e
non c’era mai l’isteria artificiale e artificiosa di
tanti suoi colleghi del nostro tempo. È necessario
dire che non amava parlare d’età, di “anno
domini” come lo chiamano gli inglesi. Un vezzo.
Chi non ne ha? Paolo era anche un ostinato:
una volta, su un aereo che andava da Lisbona a
Milano, litigammo perché diceva che, data una
quantità uguale di whisky da ingurgitare, lui che
lo allungava con acqua ne beveva meno di me
che lo preferivo e lo preferisco liscio. Per via dei
baffi che porto da sempre, Paolo mi chiamava
“o turco”. “O turco, vai a chiamare Nebiolo così
ie famo di’ due stronzate”, mi diceva quando
45
Come se
fosse fra noi,
l’affettuoso
ricordo del
rugbysta
che guidò
la nazionale
universitaria alla
vittoria contro
l’Inghilterra a
Cagliari.
lavoravo per la federazione di atletica e andavo
a pescare il presidente su tribune d’onore,
slalomeggiando tra reali e potenti, per portarlo
in postazione. Tanti posti con lui – persino
Canberra, dove arrivammo suonati – quando
viaggiare era un piacere, quando la security non
prendeva alla gola, quando sull’aereo c’erano le
file per quelli che, spento il segnale luminoso,
potevano accendersi la prima sigaretta. E le
sigarette si ammucchiavano la sera, dopo cena,
quando partiva il repertorio di quel che lui aveva
visto, fatto, detto prima con la palla in mano, poi
con il microfono davanti al naso e alla bocca.
QUELLA META A TWICKENHAM
“Dai, Paolo, raccontacela un’altra volta”. E lui,
come il pianista di Casablanca, la raccontava
un’altra volta: “Una finta a destra, una a sinistra
e so’ entrato in mezzo ai pali”. E conveniva che
era stata una gran meta, la prima di un italiano a
Twickenham, quando gli inglesi pensavano che
gli italiani ignorassero l’esistenza del più nobile
dei palloni, quello ovale. E nel Resto d’Europa
che nell’autunno del ‘54 affrontò il Rosslyn Park
per il 75° compleanno del club, qualcuno si
ricordò di inviar una lettera a questo romano che
spesso finiva la partita con i calzoncini puliti ma
se gli davi la palla era un’iradiddio.
Rosi, l’ala azzurra: c’è una foto in bianco e nero di
una vecchia sconfitta con i francesi, all’Olimpico
e in primo piano c’è lui che prova a cercare
(inutilmente) una breccia. Così, una decina d’anni
dopo, quando andò a Grenoble a commentare
quella che è passata alla storia come la Mala
Pasqua del ‘63, era molto compreso nella parte
e mise in palio i suoi gemelli (d’oro e ovali)
destinati a chi avesse segnato una meta a quei
dannati galletti. Li vinse Lollo Levorato ma la
partita la vinsero i francesi, all’ultimo respiro, con
un allungo letale di Christian Darrouy che tutti,
anche lui, descrivevano come un levriero.
Paolo ha commentato molte cose ma l’amore
è rimasto appeso all’attaccapanni del rugby e
in quella sfera bislunga trovava gli accenti più
genuini, offriva i suoi memorabilia. “A dare
ufficialità l’evento è intervenuta Sua Maestà
Elisabetta Ii che indossa una pelliccia di chinchilla
e uno spericolato cappellino di paglia verde”,
introdusse il match che celebrava il 100°
anniversario della Union gallese in un febbraio
che a Cardiff era ovviamente “gelido”, così come
a Murrayfield, il tempio ovale di Edinburgo,
“il vento freddo delle Highlands spazza il
prato e lo stadio è pieno del suono lamentoso
delle cornamuse”. Non inventava nulla, non
iperbolizzava, non dava fiato ai luoghi comuni.
Il rugby era il “dove bisogna spazzare tutto quel
che è più alto dell’erba”, “lo sport che dà spazio
a chi suona il pianoforte e a chi lo spinge”, il
territorio di saghe come quella di Bobbie Deans
che segnò la meta-non meta più famosa della
storia per rivendicarla anche sul letto di morte.
Una chanson de geste: il corsivo è suo, così
come la collezione di racconti che elargiva a
chi tirava tardi per ascoltarlo. “Domando ad
uno: dov’è il Madison Square Garden?”. E
quello: “Vada alla Pennsylvania Station e prenda
l’ascensore, terzo piano”. “E io mi dico: questo
qua mi sta’ a piaà per il culo. Salgo, apro una
porta e il primo che incontro è uno che sta
portando via degli elefanti che barrivano. La sera
Benvenuti affrontava Griffith, stavano montando
il ring”.
COVA, COVA, COVA...
Gli piaceva far vedere che non perdeva la calma e
che dai maestri inglesi qualcosa aveva imparato
in fatto di misura, di distacco. Però non era vero
e quell’urlo che lanciò – “Venanzio Ortis” – in
quella fredda sera praghese, sulla collina di
Strahov, quando il furlan infilzò Ryffel e Fedotkin
e divenne campione europeo dei 5000 va a
braccetto con il “Cova, Cova, Cova, Cova” di
Helsinki ‘83, con “lo scintillio di azzurro” fatto
balenare sull’ultima curva di Stoccarda prima
che Stefano Mei lasciasse sul posto Totò Antibo
e piegasse Alberto Cova con tre cambi di ritmo,
e con la commozione provata e trasmessa a Seul
quando Gelindo Bordin raggiunse Salah Hussein
per sorpassarlo dopo avergli rivolto un’occhiata
beffarda. Fu la sua ultima telecronaca.
Match Racing record
sul lago di Ledro
di Giorgio Gandolfi
Hanno le facce limpide come le
acque di questo lago – Patrimonio
dell’Unesco – che risale all’eta del
rame. Sono giunti da ogni parte
del mondo, come Singapore, la
Nuova Zelanda, il Giappone anche
se poi a vincere sono stati gli
americani davanti agli australiani.
Dopo l’apertura con un autentico
nubifragio che ha praticamente
annullato la tradizionale sfilata,
è stato necessario attendere
l’ultima giornata per avere sole,
caldo e il vento ideale. Come
sottolineava il timoniere degli Usa,
Nevin che ha battuto l’avversario
più titolato guidato da Samuel
Gilmour, detentore del titolo vinto
nell’edizione di Nizza nel 2012.
“Abbiamo avuto condizioni ideali”,
ha ammesso il capitano degli Stati
Uniti. “Noi abbiamo saputo catturare
il vento giusto, ma la soddisfazione
più grande è stata quella di battere
un marinaio di combattimento del
calibro di Gilmour che è davvero
grande. Complimenti al mio
Usa primi davanti agli australiani.
Onorevole sesto posto degli azzurri.
Gli azzurri preparano la barca
per l’ultima virata
Gli americani in posa subito dopo la vittoria sugli australiani.
Gianluca Tasin ed Eugenio Meschi con il team azzurro.
equipaggio perchè c’è stato un
grande lavoro di squadra”.
“Devo riconoscere che gli americani
sono stati in grado di navigare con
grande velocità”, ha commentato
Gilmour: “La loro è quindi una
vittoria meritata. Nonostante il
secondo posto torniamo a casa
felici pensando già alla rivincita
in Australia dove si svolgerà la
prossima competizione”. Gli italiani
di Valerio Galati, nella sfida per il
5° posto contro Singapore hanno
dovuto accettare la sesta posizione
L’azzurro Francesco Mastrogiacomo intervistato da Paola Malcotti. Viglino, Andrea Tombini e Paola Malcotti.
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La bella gioventù del match racing.
Paola Mora festeggiata come i campioni. E il turno di Chiara
Magliochetti per le interviste della Malcotti.
mentre fra le ragazze l’oro è
stato conquistato dall’equipaggio
britannico di Annabel Vose,
lasciando quello francese guidato da
Pauline Courtois al secondo. Quinte
finalmente le azzurre di Federica
Wetzl. La competizione, che ha
ricevuto richieste da ben 56 team
provenienti da tutto il mondo, ha
visto la partecipazione finale di 27
equipaggi 19 maschili e 8 femminili,
Gli azzurri a Lago Ledro
ITA 1 (6° CLASS) : GALATI VALERIO SKIPPER (UNIVERSITA DI BARI - LEGGE
- BARESE ) DI DIMIZIO MARCO (UNI BARA - LEGGE - BARESE ), PASINI
FEDERICO (UNI BOLOGNA - ECONOMIA - RAVENNATE), MASTROGIACOMO FRANCESCO
(UNI BARI - ECONOMIA- BARESE)
ITA 2 ( 18° CLASS.) :CAVALLARI SANDRO SKIPPER (UNI TRENTO - INFORMATICA
- TRENTO) PELLEGRINI MARIA ( UNI VERONA - SCIENZE MOTORIE - ROVERETO) ,
SPAGNOLLI CHIARA (UNI TRENTO - LINGUE - TRENTO) , SANNICOLO CRISTIAN (
UNI TRENTO - INGEGNERIA - TRENTO)
ITA FEMMINILE ( 7° CLASS.) : WETZEL FEDERICA ( POLIT. MILANO ARCHITETTURA - TRIESTINA ) BARBERA GIULIA (POLIT. MILANO - ARCHITETTURA
- DESENZANO ) MAGLIOCHETTI CHIARA ( UNI GENEOVA - ARCHITETTURA SANREMO),
PARLADORI MARTA ( UNI GENOVA ECONOMIA - TRIESTINA )
47
per un totale di 15 nazioni. Diceva
in proposito il vice presidente Cusi,
Eugenio Meschi, presente nelle
prime giornate della competizione:
“Dal punto di vista logistico devo
rilevare la grande professionalità
del comitato organizzatore che,
appoggiandosi sul circolo velico
di Pieve di Ledro, ha saputo
allestire una flotta degna di nota ed
affrontare anche aspetti imprevisti
e imprevedibili quali i primi due
giorni di vero e proprio nubifragio.
Si e infatti prontamente variato il
protocollo legato alla cerimonia di
apertura, inizialmente prevista nella
piazza principale di Pieve di Ledro
e successivamente reindirizzata
all’interno di un teatro in un paese
limitrofo. Va rilevato il risalto che
Fisu e Comitato Organizzatore hanno
dato al Cusi in seno all’iniziativa.
Infatti in fase di riunione plenaria
degli atleti mi è stato chiesto dal
Presidente della Cisca Martin
Doulton, Presidente dell’unione
sportiva universitaria dell’Oceania di
dare il benvenuto a tutti in nome del
Cusi. Inoltre durante la cerimonia di
apertura, l’assessore allo sport della
provincia di Trento ha ringraziato ed
elogiato il Cusi per il suo ruolo attivo
all’interno dello sport universitario.
Venendo alla delegazione italiana,
dopo un avvio difficile legato
all’improvvisa defezione di Carlo
Collotta, colpito da febbre alta, si
procedeva alla ricerca del sostituto
e all’immediata sostituzione
con Cristian Sannicolò, tale da
permetterci di presentare 3 squadre
complete, 2 maschili (di cui una
mista) ed una femminile entro le
9.30 del giorno successivo. La
delegazione si è comportata più che
bene”.
Un elogio al Cus Trento e al suo
presidente Gianluca Tasin e a Paola
Mora, presidente del comitato
organizzatore. Sempre in prima
linea con uno staff di persone
collaudate dall’Universiade e con
l’aiuto del sindaco di Ledro, Achille
Brigà e dell’assessore Alessandro
Defrigotti.
Nel ricordo di Lilli Coiana
FOTO SPORT UNIVERSITARIO