foto sport universitario
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La Comunicazione del Cus Milano, capeggiata da Valerio Caso, cerca vanamente di intervistare Antonio Dima. Il passaggio della bandiera dall’ing. Sandro Castelli all’ing. Mauro Nasciuti. Splendore dell’Università. FOTO SPORT UNIVERSITARIO 25 A sinistra i rappresentanti del Cus Bologna con Angelo Orsillo, il d.s. Federico Panieri, Alessandro Vitti, Carlotta e Giacomo Motta. In alto l’obiettivo di Jury in azione. Campionati con un linguaggio giovane e coerente con Pavia che ha battuto Milano di un’incollatura L’analisi tecnica dei Cnu nel commento di Mauro Nasciuti C ampionati Nazionali Universitari organizzati in una metropoli, una formula che a qualcuno fa un po’ storcere il naso. Le critiche, a volte condivisibili e a volte meno, si basano sull’assunto che l’attenzione del pubblico, già abituato ad eventi di alto livello, sia minore; che le distanze tra gli impianti siano eccessive e infine che il rapporto con le amministrazioni locali sia più difficoltoso. Come in tutti i luoghi comuni, forse, qualcosa di vero c’è. Ma mai come in questo caso è il caso di andare oltre la superficie ed apprezzare – passatemi l’espressione, tanto di moda quanto appropriata – tutte le “grandi bellezze” che ci ha riservato l’edizione milanese dei CNU. Cominciando dalla presentazione, avvenuta nello splendore di Palazzo Marino. Continuando con impianti storici e prestigiosi quali l’Arena Civica, l’Idroscalo, il Centro Sportivo Giuriati, il Tennis Club Lombardo e il Golf di Tolcinasco. Ed ancora la cerimonia di apertura, tenutasi nell’aula magna dell’Università statale, in un meraviglioso palazzo che molti di noi non conoscevano. Già questo basterebbe per qualificare l’intera manifestazione, per quanto una valutazione più dettagliata spetti senz’altro ai responsabili delle singole discipline, così come l’analisi economica è di competenza dei servizi amministrativi del CUSI. OTTIMI GLI IMPIANTI Dal punto di vista tecnico, non temo smentita se affermo che, al di là dei complessi già citati, abbiamo generalmente potuto contare su una struttura impiantistica di prim’ordine; le poche eccezioni sono state dovute ad una comprensibile scelta politica operata dal CUS Milano, che ha scelto di rinunciare ad alcuni impianti universitari per rinsaldare il rapporto con “Milano Sport”, società che gestisce numerosi complessi sportivi. In tempi di crisi è consuetudine trascurare l’aspetto della comunicazione; ebbene, il CUS Milano è sorprendentemente (ma nemmeno troppo, conoscendo la professionalità di chi ci lavora) andato in controtendenza. Il sito ufficiale (sulla cui home page è stato dato grande rilievo al medagliere, aggiungendo pathos ad una competizione serratissima) è stato l’anello di congiunzione di tutti i social media utilizzati; Facebook, Twitter e Youtube sono stati nuovi alfieri di una comunicazione che ha parlato un linguaggio giovane, corale e coerente. Questo senza tralasciare i mezzi più tradizionali; la carta stampata ha virato verso le tonalità del rosa: la collaborazione con la Gazzetta dello Sport, il quotidiano più venduto a livello nazionale, ha fruttato un’intera pagina dedicata alla manifestazione nell’edizione milanese. SCELTE AZZECCATE Qualche altra annotazione sparsa. La scelta di trovare una struttura che ha alloggiato oltre il sessanta per cento degli atleti si è rivelata azzeccata, ed ha favorito l’integrazione e lo scambio di esperienze, il tutto in un clima di divertimento mai sopra le righe. Così come a Cassino, anche quest’anno gli ottimi rapporti con le università hanno fatto sì che decine di studenti universitari dessero il proprio effettivo contributo come volontari, lavorando a 360 gradi con garbo e competenza. Infine, siamo stati assistiti dalla fortuna dal punto di vista meteorologico; nei nove giorni di gare il tempo è stato sempre stabile e ideale per svolgere attività sportiva. Veniamo ai risultati ed ai protagonisti. Ha vinto Pavia, un esito che per certi versi ha destato stupore ed ha aggiunto quel tocco di imprevedibilità che è sempre mancato nelle ultime edizioni. La rincorsa di Milano, seconda di un’incollatura, è stata vissuta con passione ed ha reso il finale incerto fino all’ultimo. Anche per quanto riguarda la partecipazione i numeri sono soddisfacenti, anche se gli sport di squadra sono come sempre penalizzati dalla contemporaneità con il periodo dei playoff dei vari campionati. Non è però ipotizzabile un collocamento diverso nell’anno: anticipando, avrebbero problemi non solo i giocatori impegnati nei playoff ma tutti; posticipando, si andrebbe troppo a ridosso delle sessioni di esami e troppo distanti dalla fine della stagione agonistica. È sempre antipatico fare i nomi dei protagonisti, ma ben sapendo di fare torto a qualcuno non posso non citare la presenza di Eleonora Giorgi, splendida marciatrice del CUS Milano, fresca di record mondiale conseguito giusto un paio di settimane prima dell’inizio dei CNU. Questo dà la misura di quanto i Campionati Nazionali Universitari siano ancora vitali e ambiti, e come sempre continuino a regalare ricordi indelebili a migliaia di studenti universitari. 26 Esordio... vincente del nuovo Rettore dell’Università di Sassari di Andrea Cossu I campioni universitari del Cus Sassari, il capitano della squadra di calcio e Raffaela Corona, oro ai Cnu di Milano premiati dal neo Rettore Massimo Carpinelli e dal Pro Rettore Laura Manca. Valentina Nicolucci, oro nei 100 con la sua presidente Gabriella Trisolino (Cus Urbino). Momenti dei Cnu a cominciare dalle gare di canoa e canottaggio alla Darsena, peraltro disertate dagli appassionati, l’abbraccio fra due campionesse della boxe, la sfilata dei Cus all’inaugurazione, la finale del judo vinta dal torinese Davide Bertuccio ed il poster del Corriere della Sera sui giochi. 27 Un presente encomiabile e un futuro prospero si basano su un passato solido. Il Centro Universitario Sportivo Sassarese può vantare un passato solidissimo e con questo concetto inizia il discorso di saluto del Presidente Gianni Ippolito alla Festa dello Sport che ha celebrato i successi della stagione sportiva universitaria. Tra le familiari mura del palazzetto degli Impianti Universitari di San Giovanni il presidente del Cus e vice presidente del Cusi ricorda le origini della partecipazione degli studenti sassaresi ai Campionati Nazionali Universitari che risalgono al 1951 a Merano e contestualmente riporta alla memoria il primo successo datato 1956 con l’oro di Valentino Blasina nella scherma a Rimini. Da allora a oggi una serie di vittorie sportive e non solo hanno portato il Cus Sassari ad essere la bella realtà che festeggia con le autorità accademiche e del territorio i protagonisti delle attività istituzionali locali e le recenti medaglie conquistate ai Cnu 2014 svoltisi a Milano a fine maggio: su tutti Raffaela Corona, medaglia d’ oro e gli altri specialisti del taekwondo medagliati, i bronzi di Simona Truddaiu, Gabriele Peighinu e Mauro Azzena nonchè i pugili Antonio Christian Erre argento e Samuele Mulargia bronzo. Questi nomi rappresentano la punta di diamante di un movimento che vanta milletrecento tesserati, mille studenti impegnati nelle attività istituzionali e trecento in quelle federali, proprio questi numeri certificano più di ogni altro risultato il successo della politica sportiva destinata alla popolazione studentesca universitaria ma anche a cercare lustro nel grande mondo dello sport. Ad ascoltare la relazione finale dell’attività era presente il Magnifico Rettore prof. Attilio Mastino e il Rettore neo eletto prof. Massimo Carpinelli, che ha così avuto il primo contatto con una realtà sportiva istituzionale dell’Università che andrà a governare dal primo novembre e fino al 2020. Il professor Carpinelli, nel suo intervento, tra l’altro ha sottolineato l’ importanza dello sport in una Università moderna per poi apprezzare la qualità degli impianti sportivi gestiti dal Cus, assicurando le necessarie attenzioni. Al Rettore Mastino, che nel corso del suo mandato ha sempre guardato con favore all’attività sportiva, è stata donata la medaglia di socio onorario del Cus. Molti applausi per un protagonista di ieri e per quello di domani. Una speranza e un augurio. Pavia la Regina di Alessandro Rognoni “Venticinque medaglie ma non solo quantità – ha detto il Rettore Fabio Rugge – soprattutto qualità. È il risultato dello studio abbinato allo sport”. L’Università di Pavia ha festeggiato gli studenti che hanno vinto i Campionati Nazionali Universitari conquistando 45 medaglie, di cui 25 d’oro. Nell’Aula Foscolo il Magnifico Rettore Fabio Rugge ha premiato i medagliati pavesi: “Abbiamo raggiunto la prima posizione, rispetto altri 51 centri universitari e di questo sono molto contento. 125 atleti portano in Italia il nome dell’Università di Pavia, ma non dobbiamo guardare solo alla quantità, bensì alla qualità e questo primato è nostro”. È il modo in cui si vive la gara che può fare la differenza. Lo studio e lo sport hanno molte caratteristiche comuni: fatica, disciplina, sacrificio e intelligenza e questo permette che lo sport sia una dimensione essenziale nella vita universitaria. Certo sta a noi aiutare il percorso scolastico di questi studenti che hanno esigenze particolari. Lo sport deve avere molta importanza nella vita quotidiana, deve essere un piano di emulazione e di promozione dei talenti che frequentano l’Ateneo ed anche motivante verso coloro che la frequenteranno, come Angelica Olmo, la campionessa mondiale di duathlon che abbiamo invitato perchè i talenti come lei riconoscano nell’Ateneo Pavese non solo un luogo di eccellenza intellettuale, ma anche una il presidente del Cus Pavia Cesare Dacarro: “Vincere il campionato italiano è stato un risultato eccezionale, sarà quasi impossibile conquistare ancora 45 medaglie. Il merito è anche dell’Università di Pavia, che sprona gli studenti. Dobbiamo camminare insieme”. Il vicepresidente del Cusi Eugenio Meschi aggiunge: “Noi muoviamo 5.000 professionisti che svolgono attività a favore del Cus gratuitamente. Sono 150.000 gli studenti che hanno prestato il loro impegno allo università che da speciale attenzione a chi fa sport. Per quanto mi riguarda sono stato fortunato perchè abbiamo avuto anche successi come la Pisa-Pavia in coincidenza con il mio mandato, certo se non avessero vinto non so se si sarebbero ...laureati”. Continua Meschi, Rugge, Arpesella e Dacarro. 28 sport, ma non c’è solo quantità, c’è anche qualità. Il Cus Pavia ha stabilito il record di conquistare 17 medaglie d’oro su 19”. Il Presidente dell’Edisu, Paolo Benazzo aggiunge: “Non dobbiamo camminare insieme, dobbiamo correre insieme”. Marisa Arpesella, delegato del rettore per lo sport, chiude così: “Dobbiamo lavorare insieme, non solo per lo sport, ma per il benessere. IL PORTALE DELL’UNIVERSITÀ È in costruzione un portale dell’Università per lo sport che spero di aprire già a luglio. Ci sarà il Cus, ma abbiamo inviato alle società sportive e alle varie strutture del territorio un questionario per sapere che tipo di offerta sono disponibili a fare agli studenti. Vuol diventare una vetrina per offrire agli universitari la possibilità di frequentare il corso o la struttura che vogliono. Dobbiamo dare a tutti la possibilità di praticare sport, compresi i disabili”. Il Presidente del Cus Pavia, Cesare Dacarro ha consegnato infine al rettore la stessa maglietta che indossavano gli atleti presenti nell’aula con la scritta: Cus Pavia, Campione d’Italia. TUTTI I RISULTATI DEI CNU 2014 SUL SITO DEL CUSI 29 Angelica Olmo da Zenevedro sul tetto del mondo di Cesare Dacarro Cosa ci vuole per raggiungere il tetto del mondo, partendo da Zenevredo – un comune di quasi 500 abitanti, posto appena sopra Stradella, sulle colline dell’Oltrepò. Bastano un’ora tre minuti e trentotto secondi per Angelica Olmo che a Pontevedra, in Spagna, ha vinto i Campionati Mondiali Junior di Duathlon. Come abbia fatto Zenevredo a partorire una campionessa come Angelica, è una domanda a cui non sappiamo rispondere. Salendo verso la casa di Angelica, per festeggiare, ci siamo chiesti: “Quante volte avrà fatto questa salita in bicicletta per tornare a casa?” Forse è questa la spiegazione? LA SFIDA IN GIAPPONESE Angelica ha battuto la campionessa uscente la giapponese Funika Matsumoto e la spagnola Claudia Luna, un’altra delle favorite. “Sono subito partita veloce, volevo dettare il ritmo e così è stato, sono entrata in T1 velocissima, ne sono uscita e mi sono trovata al fianco la giapponese con la quale abbiamo deciso di spingere immediatamente per guadagnare vantaggio sulle altre, ci dicono che abbiamo preso oltre un minuto, infatti poi mi sono preoccupata di non perdere tempo prezioso nel secondo cambio in T2, concentrata e veloce ho fatto del mio meglio, avevo ancora tante energie ed ho corso fino al traguardo dando tutto quello che potevo”. Avete capito? Angelica da Zenevredo parla anche il giapponese, o meglio, era Funika Matsumoto che ha capito che contro Angelica non c’era nulla da fare. A Zenevredo ci si può perdere? Ebbene sì, noi ci siamo persi. Dovevamo raggiungere la tenuta Boschi, la casa di Angelica, per accoglierla di sorpresa al suo ritorno da Linate. Felice Costante ad un certo punto ha bloccato un auto che stava uscendo da un giardino per chiedere informazioni. L’automobilista ha capito il dramma: “Vi accompagno io!” “Sa, noi dobbiamo andare a festeggiare Angelica, non possiamo arrivare in ritardo”. UNA SORPRESA ...A METÀ Nel salone della tenuta c’erano tutte le compagne di Angelica. Dai telefonini è arrivato il messaggio: “sta per arrivare”. Avevamo nascosto le auto dietro alle cantine, tra cataste di bottiglie in attesa di essere riempite con vini pregiati. Noi ci siamo chiusi in un corridoio, a luci spente. Poi, come quelli che alla stazione pensano che il treno arrivi da una certa parte, tutti a guardare il piazzale davanti alla casa. Sorpresa: Angelica arriva dalla parte opposta e ci scopre tutti girati di spalle. Abbracci e baci. I genitori tagliano la torta con impressa la foto dell’arrivo di Angelica. Angelica sorride. Ci basta il suo sorriso per commentare un campionato del mondo vinto. Anche lo speaker, il giornalista Walter Brambilla, non può fare a meno di entusiasmarsi davanti alla corsa di Eleonora Giorgi che oltretutto, correndo in casa, davanti al pubblico amico, ha tirato fuori tutto il carburante possibile, a poca distanza dal record mondiale di marcia ottenuto un paio di settimane prima dei Cnu a Misterbianco (20.01.80). Pur avendo fatto in mattinata 20km come allenamento, in serata ha ottenuto un ottimo 21.40.59 davanti a Federica Curiazzi (Cus Bergamo/Atl. Bergamo ’59 Creberg) ancora in progresso: a 22:03.50. Nei 5000 maschili festeggia Federico Tontodonati (CUS Torino) nella foto a destra alla premiazione, che piega dopo un bel braccio di ferro Francesco Fortunato (CUS Foggia/Enterprise Sport&Service): 19:32.89 contro 19:44.34. Terzo Riccardo Macchia (Chieti) 20.51.40 FOTO SPORT UNIVERSITARIO LA POTENZA DI ELENA SCARPELLINI (CUS L’AQUILA) NELLA CONQUISTA DEL TITOLO NELL’ASTA CON 4,20 DAVANTI A GIULIA CARGNELLI (UDINE) 4,10. 30 Il gran finale dei 5.000 con Giuseppe Mura (Cus Cagliari) verso l’oro con 14’25” e 97 davanti a Rudger, Foro Italico (n.102) e Scialabba Palermo (175) mentre Cacacia (24, Cus Bologna) sarà soltanto 7° pagando lo sforzo nel finale. A destra, esulta Massimiliano Ferraro (Napoli) che conquista l’oro nei 200 con 21”45 davanti a Angelini (Ancona) 21”65 e Danesini (Milano) 21”73. 31 La relazione della prof.ssa Fontana sull’“uso del movimento” nella scuola primaria. La replica del professor Bussetti del Coordinamento scolastico sportivo della Lombardia. Muoversi per diventare grandi Presente il Direttore del Coordinamento scolastico, settore sport, della Regione Lombardia, Marco Bussetti con l’addetta stampa Giuliana Cassani, si è svolto all’Arena un dibattito sui problemi della scuola con la presentazione di un progetto della professoressa Wilma Fontana. Un breve cenno da parte del professor Beltrami ha introdotto l’argomento presenti molti rappresentanti del Cusi (Isler, Nasciuti, D’Elicio, Jaci col segretario generale Antonio Dima). “Si tratta di un progetto speirmentale rivolto alle alunne/i della Ia classe della scuola primaria del Lazio che attraverso lo sviluppo della sensibilità, il ritmo e tramite il movimento mira al raggiungimento dei “saperi”. Un progetto innovativo attraverso l’informatica che può rappresentare un passo avanti rispetto a quanto è stato fatto in passato. Il nostro intento è di metterlo in rete, come promozione della salute dopo averlo presentato ai rappresentanti del Cus”. Com’è avvenuto a Roma successivamente. “La maestra delle primarie – secondo Wilma Fontana – deve diventare protagonista, creare autostima nei bambini, trasmettere loro il concetto che occorre muoversi per diventare grandi, non alti, crescere con l’acquisizione del sapere. Il progetto coinvolge le 4 università di scienze motorie del Lazio e quella telematica di S.Raffaele. Occorre entrare verso un nuovo modus operandi e il Cusi avrà un ruolo strategico. A Tor Vergata, ad esempio, si tende alla valorizzazione attraverso nuovi test con le pedane e capacità coordinative con l’equilibrio. I futuri insegnanti di scienze motorie dovranno essere i primi ad applicarli alle scuole primarie”. Secondo il professor Bussetti si tratta di un progetto che deve prima delineare il lato economico e la progettualità: “Nel 2009 il programma di “alfabetizzazione” a Scienze motorie ha preso una piega sbagliata mentre nella Regione Lombardia, grazie al presidente Rossi, c’è molta sensibilità in merito per l’applicazione nelle scuole primarie. Per ora si tratta di un’ora di lezione alla settimana. Qui comunque trovate porte perchè siamo d’accordo che le maestre possono essere le migliori insegnanti. L’importante è che venga definito il progetto, i tempi di partenza, massima chiarezza su dove si vuole arrivare, anche se abbiamo molta potenzialità non è detto che si riesca a tirarla fuori, dovendo oltretutto creare sinergie con stipendi da fame”. 32 È successo durante Cus BresciaUrbino. Una decisione del giovane arbitro della partita ha trovato riscontri negativi da parte della panchina urbinate che al passaggio del suddetto ha avuto espressioni poco cordiali lasciando intendere la scarsa sintonia. L’arbitro non ha potuto fare di meglio, fraintendendo la posizione geografica di Urbino che non è affatto nel Sud, di ribattere con una frase attinta a recente cinema: “Benvenuti in Lombardia”. Non l’avesse mai proferita perchè i commenti sono Il profeta Francesco Voi non ci crederete ma fare il medico nel calcio è faticoso. Specie se si ha qualche chilo di troppo come ha detto una signora, premurosa, al professor Francesco Bizzarri che è andato a soccorrerla, dopo che era stata investita da un vespista pirata (ultima novità milanese) e che trovandoselo sopra gli ha chiesto: “Ma lei chi è?” Sono un medico la risposta e lei: “Un pò cicciottello”. Adesso li vogliono anche magri. Dovete sapere che l’amico Bizzarri, valente medico dell’Aquila, ha un hobby, il calcio. Ne sa più lui di Wikipedia, degli Almanacchi Panini, di certi telecronisti “sotuttoio”. Il cronista 33 Benvenuti in Lombardia di Giorgio Gandolfi stati goliardici, diciamo anti-casistica. Risultato: nel comunicato successivo alla gara sono apparsi i nomi di sette squalificati ed altrettanti ammoniti. Del Cus Brescia. Il giovane arbitro aveva semplicemente scambiato le panchine. Ma allora perchè quel “Benvenuti in Lombardia”? Per Claudio Danesi, team manager bresciano, l’immediato ricorso alla commissione tecnica con Marcello Vasapollo (foto in basso con Bizzarri) impegnato nelle indagini per ristabilire la verità e la punizioni dei giocatori del Cus Urbino Dirigente e tecnico compresi. A questo punto qualcuno ha proposto l’antidoping per l’arbitro ma se n’erano perse le tracce. Sulle sorti di un campionato universitario aleggia sempre il ruolo del Segretario generale del Cus che organizza: il professor Fabrizio Iannuzzo è stato davvero impeccabile, sempre presente, mai in modo eccessivo, con uno stile che ha caratterizzato il suo lavoro come quello d’altronde del delegato allo sport, Valerio Caso. di vecchia data al suo cospetto è un dilettante allo sbaraglio. Soprattutto se la sorte l’ha fatto nascere a Parma. Il caso volle che a Messina la finale fosse Parma-L’Aquila e il prof aveva profetizzato: “Tre a zero per noi”. Per un malinteso della vita, vinse il Parma. A distanza di due anni, il prof cominciò a torturarmi tre giorni prima: “Stavolta è tre a zero per noi”. Altro malinteso: i tre gol finirono nella sua porta. A questo punto uno si sarebbe arreso ma non il professor Bizzarri che forte della sua nomenclatura calcistica azzardò: “Siete deboli in difesa, perdete la seconda partita”. In parole povere le gufate in questione hanno portato fortuna alla formazione emiliana che è arrivata in finale e ha vinto l’ennesimo titolo universitario segnando anche un gol da metà campo. E Bizzarri? “Perderete l’anno prossimo” ha profetizzato. Che caro Amico. Milano ha ospitato la 69° edizione dei Campionati Nazionali Universitari primaverili, 2014, “verso l’Expo”, proponendo, con un anno di anticipo, nei confronti del grande evento internazionale, la più grande e numerosa manifestazione sportiva multidisciplinare in campo nazionale. Il Cus Milano, nelle proprie conferenze, ha proposto l’ immagine più moderna della città sulle proprie cover grafiche: la nuova ed affascinante Sky-line del quartiere Garibaldi, avveniristico, che faceva da sfondo all’atleta che scavalcava l’asticella del salto in alto: l’asticella come simbolo degli ambiziosi obiettivi, di sviluppo, culturali, ed anche sportivi, proposti attraverso i Cnu, consegnati dal Cusi all’organizzazione del Cus Milano. Gli oltre 2800 partecipanti alla manifestazione, che ha sviluppato il proprio programma sportivo in dieci giorni di gare, su 21 impianti sportivi, hanno dato vita al consueto happening sportivo universitario, nel quale ogni Cus ha caratterizzato la propria presenza nelle precipue discipline sportive. I Cus del centro sud hanno brillato negli sport da combattimento, significativa la superiorità del Cus Roma nella boxe, mentre negli sport acquatici, il predominio quasi assoluto va attribuito al Cus Pavia, che qui ha conseguito ben 23 delle 25 medaglie d’oro totali, che le hanno consentito di primeggiare nel medagliere virtuale proprio verso il Cus Milano, fermo a 23, ed interrompendone la striscia vincente Fair-play Zingaro-Malorgi. Nell’oasi della Darsena. La mamma tifosa di basket. Pavia interrompe il ...filotto di Milano con 25 medaglie Torino, Genova, Roma e Parma ori che brillano bilancio di Valerio Caso che durava da otto edizioni. Come sempre, significative le presenze del CUS Torino e del CUS Genova, a 15 ori, seguiti dal CUS Roma con 13. Sempre nel medagliere virtuale, i milanesi hanno conquistato, complessivamente 95 metalli, ben distribuiti su quasi tutte le discipline sportive ufficiali. Il CUS Milano si è invece ben distinto nell’atletica leggera, conquistando ben 13 ori, e precedendo, in una delle due classifiche a punti, il sorprendente CUS Pisa, meritevole, al cospetto di tanta concorrenza, di elogi per il suo attivismo. È stato il battesimo istituzionale del neo eletto presidente del CUSI Avv. Lorenzo Lentini, del CUS Salerno, subentrato al Nelle foto di Sport Universitario ZingaroMalorgi si abbracciano alla fine del match, alla Darsena canottaggio ma anche relax e poi Mauro Nasciuti con la mamma di uno dei giocatori. compianto Dr. Leonardo Cojana, al recente Congresso Nazionale del CUSI di inizio maggio, che si è svolto a Cassino. Il Comitato Organizzatore si è avvalso della indispensabile opera del volontariato universitario, resosi disponibili in accordo con le autorità accademiche che hanno concesso loro i crediti formativi in virtù della loro opera. Il 34 percorso del volontario si è sviluppato nelle tre fasi di formazione in aula, di addestramento e operativo sui campi gara, ed il loro contributo è stato di alta qualità, non disgiunta dalla necessaria passione per il ruolo e per l’evento. L’ispirazione al reclutamento delle forze volontarie, è stato mutuato dagli amici del CUS Cassino, che lo avevano felicemente sperimentato nella loro edizione del 2013. In preparazione all’evento, coinvolgendo le otto università cittadine, il CUS ha inoltre proposto conferenze culturali, allargando il significato del CNU alla figura dell’atleta, si, ma anche dello studente universitario il cui interesse primario permane il conseguimento del titolo accademico. Non solo di sport vivono i nostri atleti, ma di cultura. L’impiantistica sportiva milanese ha relativamente sofferto dell’indisponibilità, per mere questioni di restyling, di un impianto più moderno e consono alle esigenze tecniche di qualche disciplina sportiva, judo e karate, promesse al rimodernato CS Iseo ed invece ospitate in altra sede, ma ha offerto gli spettacolari scenari del bacino dell’Idroscalo per la canoa e canottaggio; il Centro Federale della Pallavolo del Pavesi ha ospitato il beach volley e le finali di pallavolo maschile e femminile in un impianto modernissimo. Il pugilato ha usufruito dell’eccellente struttura del Palabadminton, perfetto per questo sport. Il tennis è stato ospitato nell’eccellente Tennis Club Lombardo, i 35 Alessandro Mazzali (Tor Vergata) Samuele Mulargia (Sassari) Zito terzo titolo Torino volley campione Cifre da record per la boxe a Milano. Quarantatre gli universitari e 31 le ragazze che hanno preso parte ai Cnu con 29 Cus sul ring: Ancona, Bari, Benevento, Caserta, Cassino, Chieti, Chieti-Pescara, Cosenza, Ferrara, Firenze, Forlì, Genova, L’Aquila, Messina, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Perugia, Piemonte Orientale, Pisa, CUS Roma, Salerno, Sassari, Torino, Udine, Urbino, Varese Laghi, Verona, Viterbo. Il CUS Roma conquista la Coppa grazie alla classifica che tiene conto solo dei Cus con atleti Uomini-Donne. Per il milanese Zito, terzo successo. Nella foto assieme al presidente della Federazione Alberto Brasca, presenti anche i vice presidenti, Vittorio Lai e Walter Borghino, col segretario generale Alberto Tappa. segue da pagina 35 cui perfetti campi in terra rossa, hanno visto svolgersi il torneo di tennis di alto livello, nel quale il meneghino Ornago ha bissato il titolo dell’anno precedente. L’Arena, nella sua maestosità storica, con i colori del tramonto, visto che il programma sportivo si sviluppava dal tardo pomeriggio fino alla era inoltrata, ha riscontrato la presenza di oltre 600 atleti, stabilendo forse un record partecipativo. Fra le discipline ufficiali, l’ingresso del Ricci (Torino) oro nel tiro a segno Due “gioielli” del Cus Parma: Gabriele Melegari doppio oro nel judo e Caterina Toscani oro nella carabina da 10 metri. Che mira! golf, di recente promozione, che ha calcato i green periferici di Tolcinasco, con un ottimo riscontro partecipativo in un ambiente di qualità. Fra gli sport promozionali, segnalazione d’obbligo per l’arrampicata sportiva, ospitata dal Rock Center, un impianto sportivo enorme per dimensioni e per la qualità delle proprie strutture. Meritevole di segnalazione anche il torneo femminile di basket, al quale hanno partecipato sei Cus italiani con giocatrici rivenienti dalle massime serie nazionali, che hanno conferito una qualità tecnica superiore alle aspettative, qui il Cus Bologna, in rispetto alla propria matrice sportiva, ha vinto. Indispensabili i riconoscimenti alle Università pubbliche e private, che hanno sostenuto fattivamente l’evento, i partner pubblici e privati: senza il loro contributo, non avremmo mai potuto organizzare l’evento. Ci gratifica così l’eccellenza dei rapporti con tutti i soggetti collaboratori, includendo, nello specifico la Regione, il Comune e la Provincia. Il testimone per l’organizzazione dell’edizione 2015, rappresentato dalla bandiera ufficiale del CUSI, è stato riconsegnato nelle mani istituzionali, in attesa di conoscere la prossima destinazione. La consapevolezza, è quella di aver cercato di produrre il massimo sforzo, pur perfettibile, per adempiere alla missione che condividiamo insieme a tutti i CUS: la promozione dello sport universitario. Quelli degli accrediti: Angelo Orsillo, Nicola Macina, Gianluca Bianchi e Benedetto Perrone con i volontari: Irene Rigoldi, Marianna Arpiani, Ignazio Belluardo, Alessandro Gallo, Chiara dal Passo, Gaia Tafuri e Vania Lamperti Lettera all’Amico che non c’era, Roberto Benvenuti Caro amico “Benve”, al di là se ci sia un’altra vita, oltre questa, vale la pena SEMPRE di ricordare una persona cara come te. Roberto, o “Benve” come amavo chiamarti, ci conoscevamo da dieci anni e per me sei e sarai sempre quel segretario ironico, pronto a ridere e sorridere e grande lavoratore. Sorrido ancora pensando ai Campionati Nazionali Universitari a Catania nel 2005, quando mi invitasti a cantare e a bere “una sola” birra per festeggiare la medaglia della tua squadra di Rugby (CUS Genova). Ridere. Il tuo era un sorriso discreto, intelligente e coinvolgente. Conservo ancora il ricordo delle nostre corse dall’albergo al Comitato per l’Accreditamento degli studenti universitari. Quest’anno ai CNU di Milano mi sei mancato… proprio quest’anno che finalmente l’albergo distava dalla Commissione di Controllo a soli 2 minuti di cammino ;-). Ecco, oggi qui voglio onorarti, caro prezioso e gioioso collega con cui ho avuto il piacere di lavorare. Privilegio assai raro. Ciao caro Benve, io ti ricordo! Un abbraccio a tutti i tuoi cari. Colino (come mi chiamavi sempre!) “Un sorriso non dura che un istante, ma nel ricordo può essere eterno”. Friedrich von Schiller Nicola Macina 36 Moda e contromoda d’ogni colore ai Cnu FOTO SPORT UNIVERSITARIO 37 Vivere le giornate dei Cnu significa scoprire in pochi giorni mille volti, personaggi che ritornano (vedi il capellone del Cus Chieti o è il gemello?) la reginetta del salto con l’asta; il rugbysta con le treccine (chissà cosa avrebbero detto e fatto un tempo) il manager del Foro Italico Ada Lombardi, con un tatuaggio che incute paura, la ragazza sulla panchina dei calciatori parmigiani, il massaggiatore Monica Capelli e poi il medico pisano del rugby, Andrea Ciangherotti, addormentato. Colpa del giornale sonnolento o del gioco senza sussulti? Eppure si sono anche menati. Rugby e calcio sotto il segno del Cus Parma Giangrande, Premio Cigarini Per la quarta volta consecutiva il Cus Parma ha conquistato il titolo universitario forte di un pacchetto di mischia davvero considerevole, espressione di un gioco che deriva dalla tradizione e da un bacino considerevole. Nella fase finale ha battuto Milano per 31 a 0 quindi il Venezia per 19 a 0. Per ricordare il suo capitano, Alberto Cigarini che guidò la squadra nella vittoria tricolore a Cassino, il Cus Parma ha premiato il miglior giocatore del torneo, Jacopo Giangrande del Cus Roma. Ecco la premiazione da parte del presidente Michele Ventura.. In alto, l’urlo di capitan Giannotti e dei compagni quindi la foto di rito con la Coppa. Sotto, Lecce e Foro Italico. Come fermare capitan Giannotti I neo campioni nella foto con il presidente Ventura: David Michael Odiete, Matteo Bernini, Luca Mordacci, Davide Rimpelli, Federico Magri, Giovanni Scalvi, Pietro Barbieri, Arturo Giannotti, Massimiliano Farj, Giacomo Alberghini, Giacomo Torri e Davide Farolini. I vice campioni del Venezia: Ippolito Andrea Menniti, Pierfrancesco Dotta, Federico Curtolo, Giacomo Pegoraro, Giovanni Canova, Andrea Bosio, Riccardo Bona, Tommaso Bandini. Accosciati da sinistra: Carlo Gerardi, Alessandro Cucco, Jacopo Marcato. 38 Il rigore parato da Marini contro Catania. Il dr. Davide D’Elicio in azione all’Arena. «Siamo un’università di media grandezza, trentatremila studenti iscritti, eppure stiamo davanti a realtà enormi rispetto a noi, e siamo in grado di vincere medaglie importanti. Di questo non possiamo che essere estremamente orgogliosi», sono state le parole del presidente del Cus Parma Michele Ventura dopo la vittoria per 3-1 contro il Cus Chieti. Dopo pochi minuti è stato Nicola Bovi a sbloccare il punteggio: rete che permette ai rossoneri marchiati Errea di amministrare nel primo tempo. Nella ripresa, dopo diverse occasioni, il Cus Parma raddoppia con Pasquariello. In zona cesarini c’è tempo per il gol della bandiera del Cus Chieti, e la rete di Tagliavini, da metà campo, che sigilla il punteggio sul 3-1 finale. I neo campioni Filippo Alessandrini, Riccardo Belli, Nicola Sanella, Matteo Compiani, Gabriele Campanii, Costantino Marini, Daniele Rieti, Franco Fogliazza, Marco Roma, Andrea Talignani, Giulio Melegari, Cristian Bonati, Nicola Bovi, Paolo Ciccotto, Tommaso Ferrari, Tommaso Fontana, Simone Pessagno, Federico Maestrini, Nicolò Bortone, Giuseppe Pasquariello, Mattia Bovi, Giuseppe Paselli. All. Giuseppe Paselli, dt. Giuseppe Ravasi, dirigente Gianfranco Bellè, Daniele Del Signore, Claudio Davoli. Mass. Monica Capelli MEDICI IN FAMIGLIA I campionati universitari richiedono puntualmente la migliore organizzazione da parte di chi li organizza ma anche del Cusi che scende in campo col suo segretario generale Antonio Dima e la segreteria. Quest’anno, come nel passato, c’è stato un quadro medico ben delineato dall’inizio e coordinato dal responsabile professor Gianfranco Beltrami. Con lui sono stati operativi i seguenti medici: Nicola Coiana, Lucio Concilio, Claudio Secci, Roberta Pili, Franco Zanda, Francesco Bizzarri, Pietro Braina, Davide D’Elicio, Andrea Ciangherotti. ...e la festa dopo i rigori. La felicità dei catanesi dopo la bella vittoria a spese del Cagliari in un torneo abbastanza equilibrato con Lecce, Brescia e Urbino fra le protagoniste assieme alle due ottime finaliste, Cus Chieti e Cus Parma. 39 La premiazione da parte di Stefano Arrica e Marcello Vasapollo. Cus Modena, la battuta vincente Atleti che gareggiavano e studiavano di Maria Pia Beltran* Tanto entusiamo e molti brividi per l’edizione numero 68 dei Cnu a Milano: il medagliere ha sancito la vittoria del Cus Pavia con 25 ori, seguito a ruota dai padroni di casa del Cus Milano, in rincorsa volante fino alle ultime gare, 23 assoluti conquistati e dal Cus Torino che ne conta invece 15. Cinquecentottanta sono le medaglie assegnate in dieci giorni di sport ad altissimo livello che hanno coinvolto cinquantun Cus arrivati a Milano con tanta voglia di competere per il titolo nazionale, ma anche di conoscersi, fare nuove amicizie e divertirsi: un bilancio che può essere solo positivo visto l’entusiasmo messo in campo dagli atleti studenti, ma anche dagli altri protagonisti della manifestazione. Non possiamo non ringraziare i volontari, gli organizzatori, i media che ci hanno seguito da tutta Italia, le delegazioni dei Cus, il Cusi: chi ha scritto, fotografato, allestito, consegnato medaglie, arbitrato, organizzato le serate, twittato, aggiornato il medagliere fino a notte fonda, preparato i campi fin dalle prime ore dell’alba. Senza di loro i Cnu milanesi non sarebbero stati uno strepitoso evento! Sabato, durante la seconda giornata di gare di atletica all’Arena Civica di Milano, il presidente di casa, Alessandro Castelli ha riconsegnato la bandiera dei Campionati Nazionali nelle mani di Mauro Nasciuti, presidente della Commissione Tecnica Cusi. Castelli ha poi tirato le somme della competizione analizzando la prestazione del proprio Cus: “Ottenere 95 medaglie rappresenta quasi un record. Complimenti a Pavia che, pur ottenendo meno della metà delle nostre medaglie, ha vinto due ori in più primeggiando nella classifica finale. Un ringraziamento speciale va fatto all’organizzazione e ai volontari, senza i loro sacrifici non sarebbe stata la stessa cosa. L’essenza dei Campionati si può riassumere negli atleti che tra una gara e l’altra ripassavano sui libri, ne ho notati parecchi e loro rappresentano il valore più alto dei Cnu”. Cinquecentottanta medaglie Con un bel derby emiliano si è concluso un torneo di tennis tavolo di alto livello: Paolo Bisi, una grande tradizione di famiglia con tanti parenti nella Hall of Fame, ha battuto un rivale che conosce bene, Marco Rech Daldosso col quale le sfide sono all’ordine del giorno. Terzo Marcello Cardea (Torino). Nel doppio oro ai parmigiani Rech Del DossoSevergnini così come nel misto, Rech Del Dosso-Ferrarini. Per Cipriani laurea e titolo universitario *addetta stampa dei Cnu milanesi L’avevamo visto, fotografato ed ammirato a Shenzhen all’Universiade cinese nel 2011 conquistare un quinto posto onorevole. ora è andato in progressione. Innanzitutto la laurea magistrale in informatica presso la Statale di Milano con onorevole 101 quindi un mese dopo imporsi sulla pedana milanese nella spada chiudendo un percorso importante, al quale teneva in modo particolare. “Finiti gli studi – ha detto – devo fare un salto di qualità. In Italia sono ottavo nel ranking nazionale ma devo migliorare su quello internazionale. Con la tesi di laurea ho sviluppato un app per la gestione dei contatti telefonici. La scherma mi aiuta molto”. All’Idroscalo sulla torre di comando, giudici e cronometristi al lavoro: con Alessandro Rognone, Mario Pandolfi e Franco Basso. 40 Il campionato mondiale di corsa campestre, disciplina praticata in tutto il mondo, è tradizionalmente un impegno arduo per una rappresentativa italiana; in campo internazionale gli unici buoni risultati sono arrivati in ambito europeo, mentre a livello mondiale fatichiamo ormai da parecchi anni. A maggior difficoltà, l’edizione di quest’anno si è disputata nella patria del fondo e del mezzofondo, quell’Africa che è patria per eccellenza di una moltitudine di atleti straordinari. Anche il posizionamento in calendario dell’evento – la seconda metà di marzo – non è stato propriamente felice, incastrato in un momento della stagione in cui il pensiero degli atleti italiani è già rivolto agli impegni su pista. In questo contesto di per sé non favorevole, sono arrivati le assenze delle nostre punte di diamante. Se quella di Daniele Meucci, il migliore dei nostri (e non solo a livello universitario) era previsto, non altrettanto si può dire per i forfait dell’ultimo minuto, dovuti ad 41 Oltre le previsioni gli azzurri nel cross country in Africa di Mauro Nasciuti - foto di Carlo Pusceddu infortunio, di Fontana in campo maschile e della Ruffino in quello femminile. Nonostante le premesse poco incoraggianti, il gruppo si è rivelato subito coeso e determinato, e molte individualità hanno reso al di sopra delle aspettative. Alex Baldaccini, studente a Varese e proveniente dalla corsa in montagna, ha ottenuto un ottimo decimo posto; risultato che – a memoria – ricordo solo un paio di volte negli ultimi anni. In campo femminile, purtroppo, la quotata Giulia Viola ha accusato qualche problema fisico mentre Sara Galimberti si è resa protagonista di una buona gara, chiusa con un più che onorevole dodicesimo posto. Nella competizione a squadre, maschi e femmine hanno conquistato il quinto posto, risultato di assoluto prestigio se si pensa che abbiamo preceduto tutte le nazioni europee. Per il resto, tutti noi abbiamo avuto modo di apprezzare la novità di un paese sconosciuto a tutti i partecipanti alla trasferta, che è stato capace di dotarsi di una buona organizzazione. Ottimo lavoro anche da parte della segreteria del CUSI per quanto concerne viaggio e logistica; un cocktail che ha prodotto un risultato assolutamente soddisfacente. Da segnalare anche la fattiva pesenza del coach Fidal Roberto Fulanic. Senior Race Men 1° Joshua Cheptegei (Uganda)2° Daniel Muindi (Kenya)3° Mark Lokwanamoi (Kenia) 10° Alex Baldacchini 21° Giuseppe Gerratana 26° Giorgio Scialabba 33° Daniele D’Onofrio 42° Andrea Seppi Senior Race Women 1° Winneie Nanyondo (Uganda) 2°Dorcus Ajok (Uganda) 3° Prim Twikinza (Uganda) 12° Sara Galimberti 19° Giulia Viola 20°Laura Papagna Team Senior Race Men 1° Kenya 2° Uganda 3° Giappone 5° Italia (Alex Baldaccini, Giuseppe Gerratana, Giorgio Scialabba, Daniele D’Onofrio) Team Senior Race Women 1° Uganda 2^ Giappone 3° Canada 5° Italia (Sara Galimberti, Giulia Viola, Laura Papagna) «Auxilio, lascia in pace quelle carte, guarda che la polvere è sempre andata d’accordo con la letteratura». Lo scrive Roberto Bolano, cileno, in «Amuleto». Morì a Barcellona a 50 anni. Tifava per il Barça. Lo scoprii per caso: non l’ho più lasciato. Tornando al passo d’apertura, noi dello sport potremmo tradurlo così: «guarda, cara Auxilio, che [anche] il sudore è sempre andato d’accordo con la letteratura». Questo non è un elenco. E nemmeno una guida. È un piccolo viaggio tra le mie «tigri» di carta: i libri, «quei» libri, che ho letto e tengo lì, sullo scaffale, a portata di vezzo. Ogni occasione è buona. Il Mondiale in Brasile mi riporta al Mondiale del 1974, l’edizione che segnò la fine dell’Italia «messicana». Giovanni Arpino, testimone oculare, ne raccolse i cocci e li trasferì in un romanzo epico, «Azzurro tenebra». Cantò un fiasco, spiegò, da «insider» curioso, le guerriglie tra giornalisti al seguito: le iene e le belle gioie. Fece la moviola a una categoria: «Il solito paraponzi da prima pagina. Tre battute ironiche per gli intenditori, due capoversi per il tifoso baluba, l’eterno dubbio tecnico cotto nel rosmarino del centrocampo. Servire bollente e gratinato in una colonna e mezza di piombo». Sempre a 40 anni fa, e per la precisione al 30 ottobre 1974, risale un altro mondiale. Il mondiale dei pesi massimi tra George Foreman, detentore, e Muhammad Ali, all’anagrafe Cassius Clay, «veloce come una farfalla, pungente come un’ape (fly like a butterfly, sting like a bee)». Il match si disputò a Kinshasa, capitale dello Zaire, oggi Repubblica democratica del Congo. Come Ali demolì il rivale al culmine di otto, devastanti rounds l’ha raccontato Norman Mailer ne «La sfida». Non fu semplicemente l’incontro che il mondo della boxe (e non solo) voleva: fu il regolamento di conti tra due neri troppo diversi per non odiarsi, il pompiere Il sudore va d’accordo con la letteratura Viaggio fra le tigri di carta di Roberto Beccantini 25 maggio 1965, Lewiston (Usa): Cassius Clay batte Sonny Liston per ko. Foto di Leifer / Sport Illustred. Foreman e il piromane Ali. La folla cantava «Ali bomaye!», alla lettera: «Ali, uccidilo!». Diventò un coro popolare. Mailer seguì la lunga e tormentata vigilia, il rinvio, la rabbia di Foreman e le provocazioni di un avversario che fece delle corde una sorta di pronto soccorso. Decisero la forza del talento e il talento della forza. «Ma d’altro canto, cos’è il talento se non equilibrio sul bordo dell’impossibile?» chiosò Mailer. Tornando al calcio, a me è piaciuto da morire «Il Maledetto United» di David Peace. È del 2009 e, dunque, non proprio fresco fresco. Fidatevi: non si tratta della solita minestra. Tanto per cominciare, lo United del titolo non è il Manchester ma il Leeds. La trama rievoca i quarantaquattro giorni che nel 1974 (e dai!) Brian Clough spese alla guida del Leeds United, società che oggi milita nella serie B inglese e ha, come azionista di maggioranza, Massimo Cellino (auguri). Clough deve affrontare e risolvere un paio di problemi, non proprio lievi. Primo: l’allenatore che sostituisce è Don Reevie, leggenda del club. Secondo: odia il Leeds, che ha sempre considerato una squadra di imbroglioni. Peace mescola l’attualità ai flash-back, il tondo con il corsivo, ricreando il clima e le tensioni di quel periodo, di quell’impatto, di quel fallimento. Clough è ambizioso, incontenibile, dotato di un senso morale che lo porterà a vivere notti non meno agitate degli allenamenti diurni. Nonostante il mio tifo, perderà. Matteo Marani dirige il «Guerin sportivo» dal 1° gennaio 2008. E dal momento che al GS collaboro dal 1999 denuncio il conflitto d’interesse. Ciò premesso, «Dallo scudetto ad Auschwitz» è un libro tosto, su un argomento tostissimo e, purtroppo, sempre attuale come Matteo Marani, Direttore del Guerin Sportivo, autore di questo libro finalista del Bancarella Sport, mentre premia Tira, presidente dei Panthers, campioni d’Italia di football americano. Con loro l’ex assessore allo sport, Roberto Ghiretti. l’olocausto. La curiosità della cultura e la cultura della curiosità hanno spinto Matteo a seguire le tracce di Arpad Weisz, raffinato allenatore che condusse al titolo l’Ambrosiana Inter nel 1930 e il Bologna nel 1936 e ‘37 prima che le leggi razziali, promulgate da Benito Mussolini, lo costringessero a lasciare Bologna con la famiglia. Dobbiamo a Weisz, figlio di ebrei ungheresi, scomparso a 47 anni, testi divulgativi di raffinata competenza calcistica e, niente meno, il lancio di Giuseppe Meazza. Weisz è stato un grande, sì, ma troppo lontano nel tempo, e dal tempio dei consumi, per scampare all’oblio. Marani si inventa investigatore ed esploratore. Non lo vuole beatificare: lo vuole «restituire». Dalla scuola dei figli all’odissea tra Francia e Olanda, fino al mattatoio di Auschwitz. Sono pagine che non fanno sognare. Fanno pensare. Ne scrivo all’indomani del tragico attentato alla sinagoga di Bruxelles. Il libro di Marani andrebbe adottato nelle scuole. Racconta di una persona, mica solo di un personaggio, e di un crimine contro l’umanità. Più che un grido di dolore, è un grido. E un messaggio: se la memoria senza cuore dà fastidio, il cuore senza memoria fa paura. 42 Come corre Giovanni con le ciabattate della mamma Il presidente del Panathlon International, Giacomo Santini, il sindaco di Pontremoli Baracchini e della Fondazione Città del Libro, Benelli, premiano Giovanni Storti e Franz Rossi vincitori del Bancarella Sport. Certo non ha l’arguzia di Jerome Klapka Jerome (inglese doc, al di là del suono austro-ungarico) o la satira grottesca di Woodehouse semmai quella immaginaria di Mark Twain. Parliamo di Giovanni Storti noto soltanto come Giovanni, vincitore del Bancarella sport. Primo davanti a (ex) campioni dello sport come Nino Benvenuti o Eraldo Pecci. Lui che dello sport non è mai stato un campione. Eppure li ha battuti con la sua simpatia, con quel libro che riporta alla gioventù più o meno scapestrata da protagonista nei villaggi delle vacanze, uno dei tanti che abbiamo forse incontrato e che rivedendolo in televisione pensavamo: ma dove l’ho già visto? A Cala Gonnone forse o in qualche altro luogo ameno delle vacanze dove alla sera si poteva e si può ridere anche per poco. Passando con lui un pomeriggio a Pontremoli, dapprima, poi a cena quindi durante la votazione, si scopre il lato vero di Giovanni: è fatto proprio così, non recita, è tale e quale nella vita come sullo schermo o sul palcoscenico. Probabilmente il libro vincente “Corro perchè mia mamma mi picchia” edito da Mondadori, l’ha scritto assieme all’amico Franz Rossi in un pomeriggio, di getto come suol dirsi, Rino Tommasi, dai tre titoli universitari nei Cnu al Premio Bruno Raschi Pontremoli - Quando Gino Palumbo entrava nella stanza di Bruno Raschi alla Gazzetta dello sport, prima bussava e poi gli dava del lei, ricordava una delle penne storiche del Corriere dello sport, Franco “Ciccio” Esposito mentre Rino Tommasi, entrando in piazza della Repubblica per ritirare il premio alla carriera che gli è stato assegnato, così sintetizzava il suo ruolo: “Era la penna buona della rosea”. Per il professor Giuseppe Benelli, presidente della Fondazione Pontremoli, Città del libro era il grande giornalista nato a due passi, a Borgotaro, figlio del ferroviere ucciso dai tedeschi perché si era rifiutato di consegnare il locomotore che guidava e al quale venne dedicata una lapide alla stazione di Pontremoli. “Ogni volta che Raschi veniva da noi per organizzare il Bancarella – diceva ancora Benelli con l’eloquio che lo contraddistingue – c’era chi faceva pulire la lapide e 43 portava un mazzo di fiori perché Bruno non mancava mai di portare un saluto al papà. Era naturale che dopo la scomparsa di Raschi, il Comune gli dedicasse il piazzale della stazione. È stato Raschi, assieme a Sergio Zavoli, a insegnare alla nostra generazione a parlare con il Processo alla tappa, raccontando le avventure del ciclismo: Zavoli con la sua cultura umanistica e Raschi con quella classica al punto da paragonare i campioni dello sport agli dei dell’antica Grecia. In questa giornata dedicata alla letteratura sportiva non possiamo fare a meno di ricordare che il primo Bancarella venne assegnato ad Hemingway mentre Giovannino Guareschi fu premiato mentre era nel carcere di San Francesco a Parma dopo una vertenza sofferta clamorosamente smentito dagli stessi periti che prima avevano autenticato gli scritti di De Gasperi e poi avevano ritrattato in tribunale. Guareschi non era ancora lo scrittore italiano più tradotto al mondo e noi con quel premio volevamo esprimergli tutta la nostra solidarietà”. Con Paolo Francia e Paolo Liguori sul palcoscenico nel cuore di Pontremoli a fianco di Rino Tommasi scendeva in campo anche Nino Benvenuti, autore di uno dei sei libri finalisti, per un simpatico siparietto col giornalista grande interprete del tennis ma anche grande organizzatore di eventi come quello del Medison Square Garden che portò lo stesso Benevenuti al titolo mondiale anche se il pugile istriano è rimasto Paolo Francia, Benvenuti, il sindaco di Pontremoli premiano Rino Tommasi. convinto di non avere avuto “la stima completa” da parte di Tommasi. Con una doverosa risposta al protagonista del ring “che ha potuto gareggiare a testa alta in una disciplina e in un mondo difficile e con la dignità che era di pochi”. Tommasi ha avuto così occasione di parlare dei suoi sport in particolare del tennis dove a sua avviso “il doppio è una deformazione che serve soltanto a riempire i pomeriggi nel parco dei divertimenti. La nobilità del tennis è nel singolare. Il misto poi mi fa rabbrividire. Come si fa a non credere ad uno che ha cominciato la carriera vincendo tre titoli universitari nel tennis (’54,’55,’56) ed è stato telecronista in 127 tornei del Grande slam, 24 finali di Coppa Davis e 350 incontri di pugilato valevoli per il titolo mondiale. Tanto di cappello, maestro! senza pensarci due volte. Come quando ha cominciato ad iscriversi alle Maratone lasciando la sua zona, conosciuta come la Chinatown meneghina (Milan l’è un gran Milan) via Paolo Sarpi dove ha sempre vissuto prima con la famiglia poi con moglie e figlie protagoniste esse pure delle gag che l’hanno reso famoso col resto del Trio, Aldo e Giacomo. Ve lo immaginate quando fa il Tai chi – dicono che sia un maestro – oppure quando insegna acrobazia teatrale. Non deve essere facile stare seri. Anche a tavola, nel ristorante del caveau del Teatro di Pontremoli ( da vedere perchè non è immaginabile e poi si mangia davvero bene) quando chiedeva qualcosa alla ristoratrice quella esitava: vuole l’acqua frizzantina o scherza? Il tipo che sul palcoscenico della piazza di Pontremoli ha preso il microfono, l’ha soppesato e l’ha respinto: non va bene, in effetti alla prova si è rivelato poco adatto in una piazza gremita di gente col brusio che tendeva ad attenuare parole e suoni. Col suo passo felpato, il baffo allertato come quello dei gatti (o dei topi?) ha scatenato applausi a scena aperta. Ha vinto con due soli dei punti di vantaggio decretati dalla Giuria ma se spettava al pubblico votare non ci sarebbe stato confronto. Ha parlato delle sue maratone ma nel libro accenna soprattutto ai suoi ricordi milanesi, quelli più insoliti anche della montagna sorta alla periferia con le macerie dei bombardamenti ovviamente istituzionalizzata dai milanesi, degli strani allenamenti (saltellando sui panettoncini che delimitano le corsie del traffico: chissà quante cadute!). Il collega Giacomo scrive sulle pagine domenicali della Stampa: la sua è anche filosofia spicciola. Chissà che “arlìa” nel camerino. g.g. I 75 anni di Livio Berruti speciale di Gianni Romeo L’occasione di un compleanno dalla cifra importante dissertando su un nome ancora più importante, ci riferiamo ai 75 di Livio Berruti, data 19 maggio ormai alle spalle, è stata propizia per un bel confronto fra amici imbevuti di sport. Un cenacolo improvvisato per chiederci chi sia stato l’atleta più grande, ma forse è meglio dire più importante, nello sport italiano dal dopoguerra. Credevamo di dover discutere ore, per giungere a una conclusione. In realtà la rosa si è ridotta in un amen a due: Fausto Coppi e Livio Berruti. Coppi è stato <Il ciclismo>, Berruti l’icona delle Olimpiadi di Roma. Per dividerli ha pesato una valutazione: negli Anni 40-50 le nazioni che interpretavano in modo professionale lo sport della bici non erano più di una dozzina, tutte dell’Ovest europeo, mentre l’atletica era già una disciplina universale. L’inatteso successo olimpico di Berruti rappresentò un autentico choc per l’Italia aggrappata allora a ben poche icone (calcio e ciclismo, un po’ di pugilato, l’emergente automobilismo, le moto…) e fece il giro nel mondo non soltanto sportivo, stupito che il nostro Paese avesse saputo esprimere un talento d’oro zecchino nella disciplina regina dei Giochi. Quel successo diede la sveglia al movimento sportivo azzurro, proiettandolo nel futuro. La data, 3 settembre del 1960. Quel sabato, tra le 15 e le 18, in uno stadio Olimpico di Roma ben più accogliente da quello scatolone con coperchio che è diventato, un giovanotto esile e timido, Livio Berruti, corse due volte i 200, semifinale e finale, in 20’’5. Era il record del mondo, <soltanto> eguagliato perché in semifinale Livio aveva un tal vantaggio che follemente pensò (detto con il senno di poi…) di decelerare a 30 metri dal filo di lana. Mai nessuno che non fosse nordamericano, fino ad allora era stato primo ai Giochi. <Berruti portava occhiali dalle lenti scure, ma aveva una visione limpida della vita>, ha scritto tempo fa un cesellatore come Giorgio Cimbrico. Scoprì l’atletica come in una favola, in un cortile del liceo Cavour di Torino, quando per gioco vinse la sfida con Saverio D’Urso, considerato il miglior velocista della scuola. A quel punto un insegnante di educazione fisica lo convinse a lasciare il tennis. Quattro anni dopo era il re d’Olimpia. “Lo sport universitario può avviare i giovani verso scuole di vita” Quella visione limpida della vita impedì a uno dei personaggi più popolari al mondo di assumere il ruolo di prestigio che meritava. Il re non ha mai voluto impugnare lo scettro, vero Livio? Il successo è passato sulla sua pelle come acqua fresca. Fregato da eccessiva timidezza? <Mi avevano appiccicato quell’etichetta, ma in realtà ero soltanto riservato. Il successo non ti appartiene, scrisse un saggio come Alberto Bolaffi. Dipende dai geni trasmessi dai genitori, dall’ambiente che ti ha reso possibile la prestazione, dal momento storico. Perciò non l’ho mai cavalcato. Avrei dovuto pensare di essere un premio Nobel? Sono rimasto dopo quello che ero prima, non ho monetizzato la fama, non ho chiesto favori né onori. E la cosa mi riempie di serenità ancora oggi>. Andiamo all’oggetto della discussione fra amici che ci ha appassionato. Berruti l’azzurro più importante dal dopoguerra. Condivide? <Non voglio fare troppo il modesto. Perciò dico: sono fiero di quanto ho fatto e mi rendo conto perfettamente di aver squarciato come un lampo il cielo grigio dello sport italiano, che non aveva ancora recuperato immagini forti dopo Coppi e Bartali, dopo la tragedia del Grande Torino. Ma altri campioni si misero in cordata con me, in quell’Olimpiade. Cito Nino Benvenuti nella boxe, oppure il Settebello della pallanuoto. Abbiamo fatto scoprire a tanti giovani italiani che lo sport non era soltanto calcio. Ognuno di noi nel suo ambito è stato importante. Certo, vincere i 200 metri ha avuto un impatto formidabile, soprattutto all’estero, dove ancor oggi mi cercano perché racconti come riuscii a battere i fenomeni americani>. L’atletica leggera aveva preso slancio da allora. Più avanti, a cominciare dalla scuola, la disciplina scolastica propedeutica a tutti gli altri sport non è stata protetta come meritava e ha cominciato a retrocedere. Un grosso passo indietro nella cultura del nostro Paese, purtroppo. Che ne dice, Livio? <Non c’è dubbio, ma il problema non riguarda soltanto l’atletica, è un discorso di mentalità. In molte, troppe famiglie è cambiato il modo di pensare lo sport. Alla nostra epoca, e poi per molti anni, avvicinarsi a una disciplina significava in primo luogo fare amicizie, rafforzare il carattere, scoprire valori che avrebbero accompagnato i giovani per tutta la vita. Oggi tanti genitori vedono lo sport come un investimento, non come percorso di formazione. L’esempio massimo sono le scuole calcio, nate e cresciute un po’ ovunque, illusorie fabbriche di campioni che nel novanta per cento dei casi sfornano dei frustrati>. Lo sport universitario, oggi coltivato dai Cus in modo professionale, e finalmente appoggiato da molti rettori moderni, può contribuire a risolvere il problema culturale che ci frena? <È una speranza concreta. Gli universitari d’oggi saranno i padri di famiglia di domani, persone informate e coscienti dell’importanza di avviare i giovani correttamente alle varie discipline, da interpretare prima di tutto come scuole di vita. Poi, se a qualcuno capiterà come a me, di scoprirsi fenomeno senza saperlo, ben vengano i campioni. È una sfida culturale a cui dobbiamo partecipare tutti. Non dobbiamo certo illuderci che sia una riforma scolastica imposta dall’alto, se mai arriverà, a far girare la ruota nel verso giusto>. 44 E i ...“novanta” anni di Paolo Rosi amarcord di Giorgio Cimbrico A gennaio su Cagliari fischia un maestrale freddo: Andrea Arrica si è chiuso in un cappottone da cui sbuca solo il suo profilo acuto e scarno, i giocatori si stropicciano le mani e non vedono l’ora che l’arbitro fischi il calcio d’inizio. 5 gennaio 1953, stadio Amsicora (quello che diventerà il piccolo tempio di Rombo di Tuono), incontro universitario tra Italia e Inghilterra. Gli azzurri – molti romani, molti parmigiani – combinano una bella goliardata: battono i maestri con il punteggio striminzito di quel rugby lontano una galassia: 5-3. Il quarto da sinistra, in basso, accosciato ma non proprio, è Paolo Rosi. Ad aprile, il 20, cadevano i 90 anni della nascita e anche se se n’è andato nel ’97 per noi – non è un plurale maiestatis ma sta per tutti quelli dell’atletica e del rugby, sport universitari per eccellenza e per tradizione, e della boxe – è molto vivo. Più o meno come capitò quando dissero a Ernest Hemingway che Robert Capa, il fotografo che ha lasciato scatti che valgono quadri storici, era saltato in aria su una mina, in Indocina: “Era così vivo che non è possibile pensare sia morto”. Paolo aveva un naso importante e una voce che era meglio di quella di Humphrey Bogart. E dentro quel timbro c’erano magnifici aggettivi e non c’era mai l’isteria artificiale e artificiosa di tanti suoi colleghi del nostro tempo. È necessario dire che non amava parlare d’età, di “anno domini” come lo chiamano gli inglesi. Un vezzo. Chi non ne ha? Paolo era anche un ostinato: una volta, su un aereo che andava da Lisbona a Milano, litigammo perché diceva che, data una quantità uguale di whisky da ingurgitare, lui che lo allungava con acqua ne beveva meno di me che lo preferivo e lo preferisco liscio. Per via dei baffi che porto da sempre, Paolo mi chiamava “o turco”. “O turco, vai a chiamare Nebiolo così ie famo di’ due stronzate”, mi diceva quando 45 Come se fosse fra noi, l’affettuoso ricordo del rugbysta che guidò la nazionale universitaria alla vittoria contro l’Inghilterra a Cagliari. lavoravo per la federazione di atletica e andavo a pescare il presidente su tribune d’onore, slalomeggiando tra reali e potenti, per portarlo in postazione. Tanti posti con lui – persino Canberra, dove arrivammo suonati – quando viaggiare era un piacere, quando la security non prendeva alla gola, quando sull’aereo c’erano le file per quelli che, spento il segnale luminoso, potevano accendersi la prima sigaretta. E le sigarette si ammucchiavano la sera, dopo cena, quando partiva il repertorio di quel che lui aveva visto, fatto, detto prima con la palla in mano, poi con il microfono davanti al naso e alla bocca. QUELLA META A TWICKENHAM “Dai, Paolo, raccontacela un’altra volta”. E lui, come il pianista di Casablanca, la raccontava un’altra volta: “Una finta a destra, una a sinistra e so’ entrato in mezzo ai pali”. E conveniva che era stata una gran meta, la prima di un italiano a Twickenham, quando gli inglesi pensavano che gli italiani ignorassero l’esistenza del più nobile dei palloni, quello ovale. E nel Resto d’Europa che nell’autunno del ‘54 affrontò il Rosslyn Park per il 75° compleanno del club, qualcuno si ricordò di inviar una lettera a questo romano che spesso finiva la partita con i calzoncini puliti ma se gli davi la palla era un’iradiddio. Rosi, l’ala azzurra: c’è una foto in bianco e nero di una vecchia sconfitta con i francesi, all’Olimpico e in primo piano c’è lui che prova a cercare (inutilmente) una breccia. Così, una decina d’anni dopo, quando andò a Grenoble a commentare quella che è passata alla storia come la Mala Pasqua del ‘63, era molto compreso nella parte e mise in palio i suoi gemelli (d’oro e ovali) destinati a chi avesse segnato una meta a quei dannati galletti. Li vinse Lollo Levorato ma la partita la vinsero i francesi, all’ultimo respiro, con un allungo letale di Christian Darrouy che tutti, anche lui, descrivevano come un levriero. Paolo ha commentato molte cose ma l’amore è rimasto appeso all’attaccapanni del rugby e in quella sfera bislunga trovava gli accenti più genuini, offriva i suoi memorabilia. “A dare ufficialità l’evento è intervenuta Sua Maestà Elisabetta Ii che indossa una pelliccia di chinchilla e uno spericolato cappellino di paglia verde”, introdusse il match che celebrava il 100° anniversario della Union gallese in un febbraio che a Cardiff era ovviamente “gelido”, così come a Murrayfield, il tempio ovale di Edinburgo, “il vento freddo delle Highlands spazza il prato e lo stadio è pieno del suono lamentoso delle cornamuse”. Non inventava nulla, non iperbolizzava, non dava fiato ai luoghi comuni. Il rugby era il “dove bisogna spazzare tutto quel che è più alto dell’erba”, “lo sport che dà spazio a chi suona il pianoforte e a chi lo spinge”, il territorio di saghe come quella di Bobbie Deans che segnò la meta-non meta più famosa della storia per rivendicarla anche sul letto di morte. Una chanson de geste: il corsivo è suo, così come la collezione di racconti che elargiva a chi tirava tardi per ascoltarlo. “Domando ad uno: dov’è il Madison Square Garden?”. E quello: “Vada alla Pennsylvania Station e prenda l’ascensore, terzo piano”. “E io mi dico: questo qua mi sta’ a piaà per il culo. Salgo, apro una porta e il primo che incontro è uno che sta portando via degli elefanti che barrivano. La sera Benvenuti affrontava Griffith, stavano montando il ring”. COVA, COVA, COVA... Gli piaceva far vedere che non perdeva la calma e che dai maestri inglesi qualcosa aveva imparato in fatto di misura, di distacco. Però non era vero e quell’urlo che lanciò – “Venanzio Ortis” – in quella fredda sera praghese, sulla collina di Strahov, quando il furlan infilzò Ryffel e Fedotkin e divenne campione europeo dei 5000 va a braccetto con il “Cova, Cova, Cova, Cova” di Helsinki ‘83, con “lo scintillio di azzurro” fatto balenare sull’ultima curva di Stoccarda prima che Stefano Mei lasciasse sul posto Totò Antibo e piegasse Alberto Cova con tre cambi di ritmo, e con la commozione provata e trasmessa a Seul quando Gelindo Bordin raggiunse Salah Hussein per sorpassarlo dopo avergli rivolto un’occhiata beffarda. Fu la sua ultima telecronaca. Match Racing record sul lago di Ledro di Giorgio Gandolfi Hanno le facce limpide come le acque di questo lago – Patrimonio dell’Unesco – che risale all’eta del rame. Sono giunti da ogni parte del mondo, come Singapore, la Nuova Zelanda, il Giappone anche se poi a vincere sono stati gli americani davanti agli australiani. Dopo l’apertura con un autentico nubifragio che ha praticamente annullato la tradizionale sfilata, è stato necessario attendere l’ultima giornata per avere sole, caldo e il vento ideale. Come sottolineava il timoniere degli Usa, Nevin che ha battuto l’avversario più titolato guidato da Samuel Gilmour, detentore del titolo vinto nell’edizione di Nizza nel 2012. “Abbiamo avuto condizioni ideali”, ha ammesso il capitano degli Stati Uniti. “Noi abbiamo saputo catturare il vento giusto, ma la soddisfazione più grande è stata quella di battere un marinaio di combattimento del calibro di Gilmour che è davvero grande. Complimenti al mio Usa primi davanti agli australiani. Onorevole sesto posto degli azzurri. Gli azzurri preparano la barca per l’ultima virata Gli americani in posa subito dopo la vittoria sugli australiani. Gianluca Tasin ed Eugenio Meschi con il team azzurro. equipaggio perchè c’è stato un grande lavoro di squadra”. “Devo riconoscere che gli americani sono stati in grado di navigare con grande velocità”, ha commentato Gilmour: “La loro è quindi una vittoria meritata. Nonostante il secondo posto torniamo a casa felici pensando già alla rivincita in Australia dove si svolgerà la prossima competizione”. Gli italiani di Valerio Galati, nella sfida per il 5° posto contro Singapore hanno dovuto accettare la sesta posizione L’azzurro Francesco Mastrogiacomo intervistato da Paola Malcotti. Viglino, Andrea Tombini e Paola Malcotti. 46 La bella gioventù del match racing. Paola Mora festeggiata come i campioni. E il turno di Chiara Magliochetti per le interviste della Malcotti. mentre fra le ragazze l’oro è stato conquistato dall’equipaggio britannico di Annabel Vose, lasciando quello francese guidato da Pauline Courtois al secondo. Quinte finalmente le azzurre di Federica Wetzl. La competizione, che ha ricevuto richieste da ben 56 team provenienti da tutto il mondo, ha visto la partecipazione finale di 27 equipaggi 19 maschili e 8 femminili, Gli azzurri a Lago Ledro ITA 1 (6° CLASS) : GALATI VALERIO SKIPPER (UNIVERSITA DI BARI - LEGGE - BARESE ) DI DIMIZIO MARCO (UNI BARA - LEGGE - BARESE ), PASINI FEDERICO (UNI BOLOGNA - ECONOMIA - RAVENNATE), MASTROGIACOMO FRANCESCO (UNI BARI - ECONOMIA- BARESE) ITA 2 ( 18° CLASS.) :CAVALLARI SANDRO SKIPPER (UNI TRENTO - INFORMATICA - TRENTO) PELLEGRINI MARIA ( UNI VERONA - SCIENZE MOTORIE - ROVERETO) , SPAGNOLLI CHIARA (UNI TRENTO - LINGUE - TRENTO) , SANNICOLO CRISTIAN ( UNI TRENTO - INGEGNERIA - TRENTO) ITA FEMMINILE ( 7° CLASS.) : WETZEL FEDERICA ( POLIT. MILANO ARCHITETTURA - TRIESTINA ) BARBERA GIULIA (POLIT. MILANO - ARCHITETTURA - DESENZANO ) MAGLIOCHETTI CHIARA ( UNI GENEOVA - ARCHITETTURA SANREMO), PARLADORI MARTA ( UNI GENOVA ECONOMIA - TRIESTINA ) 47 per un totale di 15 nazioni. Diceva in proposito il vice presidente Cusi, Eugenio Meschi, presente nelle prime giornate della competizione: “Dal punto di vista logistico devo rilevare la grande professionalità del comitato organizzatore che, appoggiandosi sul circolo velico di Pieve di Ledro, ha saputo allestire una flotta degna di nota ed affrontare anche aspetti imprevisti e imprevedibili quali i primi due giorni di vero e proprio nubifragio. Si e infatti prontamente variato il protocollo legato alla cerimonia di apertura, inizialmente prevista nella piazza principale di Pieve di Ledro e successivamente reindirizzata all’interno di un teatro in un paese limitrofo. Va rilevato il risalto che Fisu e Comitato Organizzatore hanno dato al Cusi in seno all’iniziativa. Infatti in fase di riunione plenaria degli atleti mi è stato chiesto dal Presidente della Cisca Martin Doulton, Presidente dell’unione sportiva universitaria dell’Oceania di dare il benvenuto a tutti in nome del Cusi. Inoltre durante la cerimonia di apertura, l’assessore allo sport della provincia di Trento ha ringraziato ed elogiato il Cusi per il suo ruolo attivo all’interno dello sport universitario. Venendo alla delegazione italiana, dopo un avvio difficile legato all’improvvisa defezione di Carlo Collotta, colpito da febbre alta, si procedeva alla ricerca del sostituto e all’immediata sostituzione con Cristian Sannicolò, tale da permetterci di presentare 3 squadre complete, 2 maschili (di cui una mista) ed una femminile entro le 9.30 del giorno successivo. La delegazione si è comportata più che bene”. Un elogio al Cus Trento e al suo presidente Gianluca Tasin e a Paola Mora, presidente del comitato organizzatore. Sempre in prima linea con uno staff di persone collaudate dall’Universiade e con l’aiuto del sindaco di Ledro, Achille Brigà e dell’assessore Alessandro Defrigotti. Nel ricordo di Lilli Coiana FOTO SPORT UNIVERSITARIO