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La grande guerra Un'immagine del film Titolo originale La grande guerra Paese di produzione Italia, Francia Anno 1959 Durata 135 min Colore B/N Audio sonoro Genere Commedia drammatica, guerra Regia Mario Monicelli Soggetto Mario Monicelli, Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni Sceneggiatura Mario Monicelli, Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni Produttore Dino De Laurentiis Fotografia Leonida Barboni, Roberto Gerardi, Giuseppe Rotunno, Giuseppe Serrandi Montaggio Adriana Novelli Musiche Nino Rota Scenografia Mario Garbuglia Costumi Danilo Donati La grande guerra è un film del 1959 diretto da Mario Monicelli, prodotto da Dino De Laurentiis e interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman. È considerato uno dei migliori film italiani sulla guerra e uno dei capolavori della storia del cinema. Vincitore del Leone d'oro al Festival del Cinema di Venezia ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini e nominato all'Oscar quale miglior pellicola straniera, si aggiudicò inoltre tre David di Donatello e due Nastri d'argento. Ottenne un enorme successo anche all'estero, soprattutto in Francia. Nel settembre 2009 il film è stato scelto per la pre-apertura della 66ª edizione del Festival del Cinema di Venezia. Nel gennaio 2011, come omaggio a Monicelli scomparso da poco, la Cineteca di Bologna organizzò una retrospettiva in suo ricordo, proiettando nel cinema Lumiére La grande guerra e altri lavori del regista. È stato successivamente inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, "100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978". Descrizione Felice connubio di tragedia e commedia, l'opera è un affresco corale, ironico e struggente, della vita di trincea durante la prima guerra mondiale. Le vicissitudini di un gruppo di commilitoni sul fronte italiano nel 1916 sono narrate con un linguaggio neorealista e romantico al tempo stesso, abbinando scansioni tipiche della commedia all'italiana ad una notevole attenzione verso i particolari storici. Le pregevoli scene di massa si accompagnano ad acute caratterizzazioni dei numerosi personaggi, antieroi umani ed impauriti, rassegnati e solidali, accomunati dalla partecipazione forzata ad una catastrofe che li travolgerà. Monicelli e gli sceneggiatori Age & Scarpelli e Vincenzoni raggiungono l'apice artistico della loro carriera combinando, con impareggiabile fluidità di racconto, comicità e toni drammatici, ed aprendo la strada ad un nuovo stile cinematografico nelle vicende di guerra. Memorabile il piano sequenza finale nel quale i due pavidi protagonisti si riscattano con un gesto coraggioso, sacrificandosi l'uno da “eroe spavaldo” e l'altro da “eroe vigliacco”. Quest'ultima figura viene qui concepita in maniera assai originale ed interpretata da un ispirato Alberto Sordi (vincitore del Nastro d'Argento come miglior attore protagonista). Aspetti storici La ricostruzione bellica dell'opera è, da un punto di vista storico, uno dei migliori contributi del cinema italiano allo studio del primo conflitto mondiale. Per la prima volta la sua rappresentazione venne depurata dalla propaganda retorica divulgata durante il fascismo e nel secondo dopoguerra, in cui persisteva il mito di una guerra favolosa ed eroica dell'Italia, e per questo la pellicola ebbe problemi di censura al momento dell'uscita nelle sale, e fu vietata ai minori di 18 anni. Fino a quel momento infatti i soldati italiani erano stati continuamente ritratti come valorosi disposti ad immolarsi per la patria. Emblematica ed indimenticabile in questo senso la scena dei festeggiamenti nel paese (subito trasformatisi in silenzioso dolore) e della retorica ostentata da autorità ed intellettuali al rientro delle truppe dalla sconfitta di Caporetto. Il film denunciò inoltre l'assurdità e la violenza del conflitto, le condizioni di vita miserevoli della gente e dei militari, ma anche i forti legami di amicizia nati nonostante le differenze di estrazione culturale e geografica. La convivenza obbligata di questi regionalismi (e provincialismi), mai venuti a contatto in modo così prolungato, contribuì a formare in parte uno spirito nazionale fino ad allora quasi inesistente, in forte contrasto con i comandi e le istituzioni, percepite come le principali responsabili di quel massacro. In alcuni dialoghi del film, vengono usate per la prima volta nel cinema italiano, alcune parole definite "volgari" che passarono la censura dell'epoca. Trama Il romano Oreste Jacovacci e il milanese Giovanni Busacca si conoscono durante la chiamata alle armi della prima guerra mondiale. Oreste in quell'occasione promette a Giovanni di farlo riformare in cambio di denaro, ma lo inganna. I due si rincontrano sul treno per il fronte: dopo l'ira iniziale di Giovanni, finiscono per simpatizzare e per divenire amici. Seppure di carattere completamente diverso sono uniti dalla mancanza di qualsiasi ideale e dalla volontà di evitare ogni pericolo e uscire indenni dalla guerra. Attraversate numerose peripezie durante l'addestramento, i combattimenti e i rari momenti di congedo, in seguito alla disfatta di Caporetto vengono comandati come staffette portaordini, mansione molto pericolosa, che viene loro affidata perché considerati come i "meno efficienti" a causa del loro limitato valore militare. Un fotogramma della pellicola. Sulla destra è visibile la celebre scritta: "Tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati" Dopo aver svolto la loro missione, si coricano nella stalla di un avamposto poco lontano dalla prima linea, ma una repentina avanzata degli austriaci li "trasporta" in territorio nemico, dove vengono presto catturati. Sorpresi ad indossare cappotti dell'esercito austroungarico nel tentativo di fuggire, vengono accusati di spionaggio e minacciati di fucilazione. Sopraffatti dalla paura ammettono di essere in possesso di informazioni cruciali sul contrattacco italiano sul Piave, e pur di salvarsi decidono di passarle al nemico. L'arroganza dell'ufficiale austriaco ed una battuta di disprezzo verso gli italiani («...courage?! Fegato dicono... Quelli conoscono soltanto fegato alla veneziana con cipolla, e presto mangeremo anche noi quello.») ridà forza alla loro dignità portandoli a mantenere il segreto fino all'esecuzione capitale, l'uno insultando spavaldamente il capitano nemico («Giovanni Busacca all'ufficiale austriaco: "[...] e allora... senti un po', visto che parli così, mi te disi propi un bel nient! Hai capito?! Faccia di merda!"») e l'altro che, dopo la fucilazione del compagno, finge di non essere a conoscenza delle informazioni e viene così subitaneamente fucilato poco dopo l'amico. La battaglia si conclude poco tempo dopo con la vittoria dell'esercito italiano che rioccupa poco dopo la postazione caduta in mano agli austriaci, senza che nessuno venga a conoscenza del valore del loro sacrificio. Il loro sacrificio non è inutile: i loro compagni sono all'attacco e la vittoria non è lontana. I soldati pensano che anche questa volta i due amici l'hanno scampata; invece non sanno che sono morti per non tradire la patria. Produzione Sul set del film La grande guerra nacque da un'idea di Luciano Vincenzoni, influenzato dal racconto "Due amici" di Guy de Maupassant. Quando Monicelli portò il soggetto a Dino De Laurentiis, il produttore dimostrò subito grande interesse e accettò con l'idea di mettere insieme Gassman (reduce dal grande successo de I soliti ignoti) e Sordi. Anche se il regista dovette faticare prima di affidare il compito di scrivere la sceneggiatura ad Age e Scarpelli, perché De Laurentiis li riteneva legati alle commedie di Totò, e quindi poco adatti al film.[18] La sceneggiatura integrava figure e situazioni provenienti da due libri famosi: Un anno sull'Altipiano di Lussu, e "Con me e con gli alpini" di Jahier.[19] Come l'episodio della gallina, tratto dal libro di Lussu, che venne in origine tagliato dal regista, e incluso nel film nel 1964.[20] Il giornalista e scrittore Carlo Salsa, che aveva combattuto realmente in quei luoghi, prestò la sua opera di consulente, arricchendo la trama, i dialoghi e lo sfondo di particolari vividi ed originali. Inizialmente Monicelli voleva dare l'idea di "una specie di grossa pentola in ebollizione, da cui ogni tanto veniva fuori un personaggio; una massa amorfa di umanità, di soldati, di operai, di braccianti, sbattuti nelle trincee in mezzo al fango, lungo i tratturi, da cui uscissero fuori qua e là dei tipi, dei momenti." Alla fine la presenza di Gassman e Sordi ha fatto sì che questo non avvenisse. In effetti, anche scrivendo la sceneggiatura si diede maggiore importanza ai due protagonisti di quella prevista. Ci fu una polemica sulla parte finale del film, riguardante la fucilazione dei due protagonisti. De Laurentiis e i distributori avrebbero voluto un finale meno drammatico, più gioioso, avrebbero preferito che finisse con la loro liberazione, perché quel finale sembrava che in qualche modo rompesse gli schemi del film comico. Riprese Gassman, Mangano e Sordi durante le riprese Le prime riprese del film furono effettuate in Friuli: vennero scavate delle trincee e ricostruite le retrovie.[ Dopo alcuni giorni di riprese, Monicelli ricevette una telefonata da De Laurentiis che aveva visto i giornalieri della pellicola, dove i soldati e gli ufficiali apparivano laceri, sporchi - Monicelli faceva bagnare con delle pompe un largo tratto di terra, e poi diceva alle comparse di rotolarsi nel fango. Così il produttore disse al regista che la cosa era esagerata. Tentò in tutti i modi di dissuadere il regista, dicendo che non poteva far vedere l'esercito in quelle condizioni, che il pubblico non avrebbe accettato. Dopo varie discussioni De Laurentiis alla fine gli diede ragione. Le scene per la maggior parte vennero girate in provincia di Udine, Gemona del Friuli, a Venzone, a Sella Sant'Agnese, nel forte di Palmanova e a Nespoledo di Lestizza dal 25 maggio a metà giugno del 1959. Altre scene vennero girate in Campania a San Pietro Infine e nel Lazio lungo il torrente Farfa tra Fara in Sabina e Montopoli di Sabina. La scena della fucilazione e quella finale presso il Castellaccio dei Monteroni a Ladispoli (Roma). Silvana Mangano recitò in romano e successivamente si doppiò in veneto.