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AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 Ottobre 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 ATTI DEL CONVEGNO NAZIONALE AIRP DI RADIOPROTEZIONE REGGIO CALABRIA 12-14 OTTOBRE 2011 VOLUME I 1 CONVEGNO NAZIONALE AIRP DI RADIOPROTEZIONE Questo Volume è stato pubblicato con il contributo della Regione Calabria e dell‟ A.R.P.A.CAL (Agenzia Regionale Protezione Ambiente della Calabria) Si ringrazia il Presidente del CdA A.R.P.A.CAL Maria Teresa Fagà e l‟Assessore all‟Ambiente Francesco Pugliano 2 CONVEGNO NAZIONALE AIRP DI RADIOPROTEZIONE Il Convegno Airp 2011 è stato realizzato nella città di Reggio Calabria, nella prestigiosissima Sala Nicola Calipari del Consiglio Regionale della Calabria. Lo scenario è una cornice unica e particolarmente suggestiva nel panorama nazionale. L‟arte, la cultura, la magia dei guerrieri greci invidiati e imitati in tutto il mondo e la storia di questa terra hanno reso le tematiche trattate più gradevoli. L‟Associazione Nazionale di Radioprotezione, in collaborazione con la Regione Calabria e l‟Agenzia Regionale per l‟Ambiente, a compimento di un fruttuoso cammino scientifico, formativo e informativo sulla protezione della salute e dell‟ambiente dalle radiazioni, ha fortemente desiderato pubblicare gli 83 lavori tra relazioni inagurali, ad invito, comunicazioni e poster che hanno accompagnato le tre giornate formative. Il testo, edito a partire dai lavori originali dei diversi autori è stato curato dalla Dott.ssa Paola Barbuto e dalla Dott.ssa Serafina Oliverio. Esso ripropone assai fedelmente i testi del principio e della volontà degli autori; eventuali differenze sono imputabili ad esigenze di stampa e non specifiche intenzionalità. Alla Dott.ssa Sabrina Santagati, Commissario Arpacal, al Dott. Francesco Pugliano, Assessore all‟Ambiente della Regione Calabria, al Presidente dell‟Airp, Dott. Sandro Sandri, all‟Avv. Giuseppe Giuliano, Dirigente dell‟Arpacal e al comitato scientifico dell‟evento, rivolgo il mio personale ringraziamento per aver sostenuto questo importante progetto formativo. Un ringraziamento più intenso alla Dott.ssa Paola Barbuto, fulcro e crocevia insostituibile delle fatiche e del peso organizzativo. Al Dott. Mauro Magnoni sono particolarmente grato per aver sostenuto la scelta della Calabria come meta nazionale per la realizzazione dell‟evento scientifico del 2011. A tutti grazie. Salvatore Procopio 3 12 – 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA REGGIO CALABRIA 4 Segretario SALVATORE PROCOPIO ARPA CALABRIA TEL. 0961731268 INT.20 FAX. 0961738689 e-mail: [email protected] Comitato Scientifico Concettina Giovani Giovanni d‟Amore Marc De Cort Mauro Magnoni Santi Spartà Serena Risica Vincenzo Roca Arpa Friuli Venezia Giulia Arpa Piemonte JRC Ispra Arpa Piemonte Università di Catania Istituto Superiore Sanità Università di Napoli Comitato Organizzatore Antonio Procopio Fabio Scavo Orsola Reillo Paolo Cuzzocrea Rosario Pirrone Serafina Oliverio Università della Calabria Arpa Calabria Regione Calabria Arpa Calabria Spisal Catanzaro Regione Calabria 5 Segreteria Organizzativa PAOLA BARBUTO ARPA CALABRIA TEL.0961731268 INT.16 FAX.0961738689 e-mail: [email protected] Patrocini richiesti AIFM, AIRM, ANPEQ, CNR, CRI, ENEA, INAIL, INPRAT, INFN, ISPRA, ISS, PROVINCIA DI CATANZARO, PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, COMUNE DI REGGIO CALABRIA, MIN. DEL LAVORO, MIN. DELL‟AMBIENTE, MIN. DELLO SVILUPPO ECONOMICO, SIF. 6 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 Ottobre 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 Nella nostra società lo studio delle radiazioni nell‟ambiente, siano esse di origine naturale che artificiale ha assunto un grado di specializzazione molto elevato: è ormai quasi impossibile per un singolo individuo riuscire a dominare, anche nelle sue linee essenziali, tutti gli ambiti di ricerca che continuano a svilupparsi su questo tema. Come Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP) riteniamo però che sia importante costruire momenti di confronto tra studiosi e ricercatori che operano in ambiti separati, ma pur sempre contigui. La cultura della radioprotezione ha infatti bisogno di momenti di sintesi in cui possono confrontarsi vari aspetti che vanno dalla radioprotezione dell‟ambiente alla radiobiologia, ai metodi di misura e di monitoraggio, alla gestione dei rifiuti radioattivi e alle radiazioni non ionizzanti. Il comitato scientifico dell‟evento ha selezionato per questo appuntamento i contributi scientifici più idonei a sviluppare un percorso di confronto su queste specificità e sul dettato normativo che disciplina la materia. Il Convegno Nazionale sulla radioprotezione è stato organizzato in collaborazione con la Regione Calabria e l‟Agenzia Regionale per la Protezione dell‟Ambiente. 7 CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE RADIAZIONI NATURALI E ARTIFICIALI NELL‟AMBIENTE REGGIO CALABRIA, 12-14 OTTOBRE 2011 INDICE SESSIONE INAUGURALE RELAZIONI AD INVITO Esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza e rischio di tumori: la valutazione dello IARC S. Lagorio ……………………………………………………………… pag. 16 2) International developments in environmental radiation protection M. D. Wood ……………………………………………………………… ………..pag. 21 I SESSIONE: RADIAZIONI NON IONIZZANTI RELAZIONE AD INVITO Il monitoraggio ambientale della radiazione ultravioletta H. Diemoz ……………………………………………………………… ………..pag. 36 COMUNICAZIONI Metodi di misura per la verifica della conformità di lampade ultraviolette utilizzate in centri di estetica e risultati ottenuti A. Bonino, S. Facta, S. Saudino Fusette, L. Anglesio,G. D’Amore ………………………………………………………………………...pag. 38 8 Sorveglianza fisica ambientale sulle emissioni elettromagnetiche provenienti dai Radar in uso al Servizio Idro-Meteo-Clima di Arpa della Regione Emilia-Romagna P. Zanichelli, M. Fraschetta, M. Tiberti, S. Righi, M. Poli, S. Violanti, P. P. Alberoni …………………………………………………………………………pag.52 6) Modellizzazione di un sito complesso: Radiovaticana a Santa Maria di Galeria (RM) – Utilizzo di un database per la predizione del valori di campo attesi V. Canè, A. Colombini, S. Corona, S. Curcuruto, M. Stortini, M. Riccardi, C.Baratta ………………………………………………….……………………...pag.67 Comportamento delle sonde classiche di campo elettrico in ambiente multisorgente e multifrequenza A. Sansone Santamaria, S. La Placa …………………………………………………………………………pag.85 II SESSIONE: MONITORAGGIO E DOSIMETRIA DELLA RADIOATTIVITÀ‟ AMBIENTALE RELAZIONE AD INVITO IRSN approach for assessing the dosimetric impact for populations living in the North-West fallout zone of the Fukushima nuclear accident A. Rannou , F. Queinne1, A. Thomassin, M. Chartier, J.R.. Jourdain, J.. Aigueperse, P. Gourmelon …………………………………………………………………………pag.95 COMUNICAZIONI Production of Dicalcium Phosphate and its use as a food supplement for domestic animals in the NORM context N. Casacuberta, P. Masqué and J. Garcia - Orellana ………………………………………………………………………..pag.98 9 Indagine radiometrica dell‟area marino-costiera Punta Pellaro Brancaleone M. Diano, A. Sartiano ………………………………………………………………………..pag.100 Andamento temporale dell‟attività del 137Cs nelle piante vascolari e nelle briofite del Friuli Venezia Giulia dopo l‟incidente di Chernobyl C. Giovani, M. Garavaglia, M. Godeassi, P. Di Marco,E. Scruzzi, A. Pivetta …………………………………………………….………………….pag.115 Radioattività naturale nelle acque di falda in Estonia: analisi dei dati, valutazioni dosimetriche e strategie di monitoraggio nell‟ambito di un progetto europeo di cooperazione M. Forte, L.Bagnato E. Caldognetto, S. Risica, R. Rusconi, F. Trotti ……………………………………………………….………………pag.131 Presenza di ¹³¹I nel D.M.O.S. del fiume Tevere nel tratto della Provincia di Roma: l‟esperienza del servizio misure radioattività ambientale della Croce Rossa Italiana C. Fontana, A. Marchetti, P. Bennati, A. Zoffranieri,T. Papetti, U. Angeloni …………………………………………………….………………….pag.148 Attività di caratterizzazione radiometrica e chimica dell‟area marina della costa tirrenica compresa nella perimetrazione dei Comuni tra Amantea e Belvedere G.Fiumanò, E. Fiorino, M. Mileto, E. Provenza, T. Pangaro, C. Ambrosio, P. Pantusa, L. Natalino, R. Trozzo, G. Durante, V. Molinaro, F. Fullone, F. Falco, G. Osso, R. Chiappetta, G. Spadafora, A. M. Torchia, M. G. Guido, G. Manna, P. Piersante, F. Casaburi ………………………………………………………..……………..pag. 161 10 Studi sulla biocibernetica in madri in allattamento evidenziano possibili differenze nella biodisponibilità di 137Cs da diverse tipologie di alimenti e interazioni con il metabolismo del potassio S. Risica, A. Giussani ……………………………………………………………………….pag. 180 Indagini radiometriche conoscitive recenti condotte da Arpa Emilia Romagna in aree della Bielorussia e della Russia pesantemente interessate dall‟incidente di Chernobyl R. Sogni, L. Gaidolfi, A Gazzola, L. Achilli, C. Terzoni, P. Pisaroni …………………………………………………………….…………pag. 191 Dose gamma da materiali da costruzione: stime con un room model avanzato, analisi della solidità dell‟indice I del RP 112 e valutazioni radioprotezionistiche C. Nuccetelli, M. D’Alessandro, S. Risica, R. Trevisi …………………………………………………….…………………pag. 206 18) Dosimetria retrospettiva fortuita con componenti di telefoni cellulari P. Fattibene, S. Della Monaca, D. Viscomi, C. Bassinet, E. Bortolin, C. De Angelis, H. Schuhmacher, F. Trompier, A. Wieser, C. Woda …………………………………………………………….……….pag. 225 III SESSIONE: NORMATIVA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE RELAZIONE AD INVITO ……………………………………………………………….. Novità in radioprotezione approvate o in discussione al Gruppo di esperti ex art.31 del Trattato EURATOM S. Risica, A. Farulla ……………………………………………………………………… pag. 243 11 COMUNICAZIONI La disciplina comunitaria e nazionale in tema di inquinamento elettromagnetico tra precauzione e sostenibilità A. Borzì ……………………………………………………….………………pag. 258 Non medical imaging exposures: un nuovo e vasto campo di applicazione dei principi di giustificazione e ottimizzazione della radioprotezione P. Fattibene, C. De Angelis, S. Risica …………………………………………………………..…………..pag. 286 Focus sugli utilizzi alternativi della Risonanza Magnetica: prospettive di utilizzo e proposta di regolamentazione normativa M. Mattozzi, F. Campanella ………………………………………………………….……………pag. 302 IV SESSIONE: SISTEMI E METODI DI MISURA E ACCREDITAMENTO RELAZIONE AD INVITO Nuovo assetto delle attività di accreditamento dei laboratori di taratura, alla luce delle recenti verifiche di competenza nel settore radiazioni ionizzanti M. Bovi ………………………………………………………….………….pag. 312 COMUNICAZIONI Misura di concentrazione e di rapporti isotopici di uranio e plutonio presso la Centrale Nucleare del Garigliano mediante AMS presso il centro CIRCE, Caserta M. De Cesare, C. Sabbarese, N. De Cesare, A. D’Onofrio, A. D’Arco, A. Petraglia, V. Roca, F. Terrasi, A. Esposito, F. Mancini ……………………………………………………………..………pag. 327 12 Metodo sperimentale per eseguire una correzione in efficienza per effetto densità per rivelatori HPGe in matrici ambientali L. Sperandio, G. Iurlaro ……………………………………………………………………….pag. 338 Il programma di assicurazione di qualità del laboratorio radioattività naturale: un primo passo verso l‟accreditamento ISO/IEC 17025:2008 -10 R. Trevisi, F. Leonardi, S. Tonnarini, M. Veschetti ………………………………………………………….……………pag.348 Studio della risposta dei dosimetri a film a basse dosi S. Abate, M. Caresana, L. Garlati, O. Tambussi …………………………………………………………….…………pag. 361 Sviluppo e caratterizzazione di una sorgente di ²² 0Rn (Thoron) e realizzazione di una camera di taratura R. Buompane, V. Roca, F. De Cicco, M. Pugliese, M. Quarto, C. Sabbarese ……………………………………………………………………….pag. 380 Una stazione per il monitoraggio on-line di radioattività atmosferica: criteri di progetto e valutazione dei costi P. Buffa, A. Parlato, S. Rizzo, E. Tomarchio ……………………………………………………………………….pag. 395 V SESSIONE: GESTIONE E CONTROLLO RIFIUTI COMUNICAZIONI Il controllo radiologico come attività integrata nelle operazioni di smantellamento e allontanamento dei materiali: l‟esperienza della Centrale di Caorso R. Bongiorni, E. Molinari, G. Puerari, S. Romani, E. Ruggeri ……………………………………………………………………….pag. 410 13 VI SESSIONE: RADON E RADIOPROTEZIONE RELAZIONE AD INVITO The Spanish laboratory on natural radiation under field conditions L.S. Quindós-Poncela, C. Sainz-Fernandez, I. Fuente-Merino, J. L.Gutierrez-Villanueva, L. Quindós-Lopez, J.L. Matin-Matarranz ………………………………………………………..……………pag. 425 COMUNICAZIONI Towards a European Atlas of Natural Radiation: Goal, Status and Future Perspectives M. De Cort, V. Gruber, T. Tollefsen, P. Bossew …………………………………………………………..………….pag. 426 Concentrazioni di radon lungo strutture tettoniche attive in Calabria M. Fòlino Gallo, C. Tansi, S. Procopio, G. Martini, A. Rania …………………………………………………………..…………pag. 427 Misure di radon in atmosfera per la stima dello strato di mescolamento: previsioni teoriche e dati sperimentali E. Bonasegla, E. M. Chiaberto, E. Serena, M. Magnoni, A.Bruno, F.Lollobrigida, L.Tomassone ……………………………………………………………………….pag. 445 La radioattività ambientale applicata alla previsione di eventi geodinamici D. Morelli, G. Immè, G. Mangano, R. Catalano ……………………………………………………………………….pag. 460 La radioattività naturale nel comune di Roggiano Gravina A. Rania, M. Nardi, S. Procopio, M. Fòlino Gallo, D. Drago ……………………………………………………………………….pag. 472 14 Anomalie di radon in Grotta Gigante F. Del Maschio, M. Garavaglia, C. Giovani, L. Piccini, F. Cucchi, L. Zini ………………………………………………………………………pag. 488 Monitoraggio in tempo reale con frequenza oraria della concentrazione di radon ambientale, nell‟ambito del progetto interreg radical L.M. Panero, M. Caccia, F. Risigo, V. Chmill, E. Chiaberto, E. Serena, A. Prandstatter, M. Magnoni ……………………………………………………………………….pag. 507 Interlaboratory Comparisons for Passive radon Measurement Devices at the radon Calibration Service Laboratory of the German Federal Office for Radiation Protection (BfS) T.R. Beck, H. Buchröder, J. Döring, E. Foerster and V. Schmidt ……………………………………………………………………….pag. 521 VII SESSIONE: SOCIETA‟ RADIOPROTEZIONE NELLA RELAZIONE AD INVITO La comunicazione istituzionale del rischio:aspetti psicosociali B. Zani ……………………………………………………………………….pag. 543 COMUNICAZIONI Existing exposure situations: a new challenge in radiation protection concerning environmental impact of radioactivity and associated risks C. Murith ……………………………………………………………………..pag. 557 15 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI A RADIOFREQUENZA E RISCHIO DI TUMORI: LA VALUTAZIONE DELLA IARC S. Lagorio Reparto Epidemiologia dei Tumori - Centro Nazionale di Epidemiologia – Istituto Superiore di Sanità Viale Regina Elena 299 – 00161 Roma Tel. 06-49904304; fax 06-49904305; e-mail [email protected] Nel 1996, in risposta alle preoccupazioni per eventuali rischi per la salute connessi all‟esposizione a lungo termine a livelli di campi elettromagnetici inferiori agli standard internazionali, l‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avviato uno specifico “Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici”1 dedicato a monitorare le evidenze scientifiche disponibili, ad evidenziare le lacune conoscitive, ad indicare le priorità di ricerca utili a colmare queste lacune, a valutare esaustivamente se i risultati delle ricerche condotte sull‟uomo e negli animali supportino l‟ipotesi di effetti sanitari avversi derivanti dall‟esposizione, a considerare l‟opportunità di rivedere i limiti di esposizione in vigore o di adottare particolari misure di precauzione, e a divulgare i risultati di questo processo. Nell‟ambito di questo progetto sono state pianificate sistematiche valutazioni dei rischi di tumore e di altre malattie in relazione all‟esposizione a campi elettromagnetici statici, a bassissima frequenza (ELF) e a radiofrequenza (RF). Per quanto riguarda i campi statici e ELF, il processo valutativo si è concluso con la revisione delle evidenze di cancerogenicità da parte della IARC2 e di tutti gli eventi sanitari avversi da parte dell‟OMS3-4. Per quanto riguarda le RF, si è ritenuto opportuno posticipare la valutazione in attesa che i numerosi studi sperimentali ed 16 epidemiologici (ad esempio Interphone) sollecitati dall‟OMS e supportati finanziariamente dall‟UE nel quadro del V e VI programma quadro fossero stati completati. Dal 24 al 31 maggio 2011 si è riunito a Lione un gruppo di lavoro convocato dalla IARC per valutare la letteratura scientifica ad oggi pubblicata inerente l‟eventuale cancerogenicità dei campi RF. Sono stati esaminati i risultati degli studi di cancerogenicità sull‟uomo e su animali in relazione a diverse sorgenti di esposizione a RF (esposizione occupazionale a radar e microonde; esposizione ambientale a segnali radio, tv e telecomunicazioni wireless; esposizione personale associata all'uso di cellulari e telefoni wireless). Il gruppo di lavoro ha classificato l‟esposizione a RF come “forse cancerogena per l‟uomo” (“possibly carcinogenic to humans” - gruppo 2B) 5-6, sulla base di una limitata evidenza di incremento dei rischi di glioma e di neurinoma del nervo acustico in relazione all‟uso del telefono cellulare e di una limitata evidenza di cancerogenicità negli animali. Secondo il sistema di valutazione della IARC, una “limitata” evidenza di cancerogenicità si ha quando un certo numero di studi hanno evidenziato un‟associazione tra esposizione e malattia ma non si è in grado di dire se si tratti di un rapporto causa-effetto ovvero di un artefatto dovuto a distorsioni, effetti di confondimento o semplicemente al caso. Alcuni membri del gruppo di lavoro hanno ritenuto, tuttavia, che sarebbe stata più appropriata una valutazione di evidenza “inadeguata” di cancerogenicità per l‟uomo e una classificazione nel gruppo 3 (“agenti non classificabili riguardo alla cancerogenicità”) 6. A seguito della valutazione della IARC, l‟OMS ha aggiornato la sua scheda sui telefoni cellulari7. In questo documento viene ribadito che le onde RF, diversamente dalle radiazioni ionizzanti come i raggi X o i raggi gamma, non sono in grado di rompere i legami molecolari né di causare fenomeni di ionizzazione nel corpo umano , il che rende altamente improbabile già in linea teorica che esse possano avere effetti cancerogeni diretti. Per quanto riguarda le evidenze scientifiche su eventuali rischi per la salute, l‟OMS dichiara che negli ultimi 20 anni sono stati condotti molti studi finalizzati a valutare se l‟uso dei telefoni cellulari 17 rappresentasse un potenziale rischio per la salute. Ciò nonostante, a tutt‟oggi non è stato accertato alcun effetto sanitario avverso attribuibile all‟uso del telefono cellulare. Alle frequenze utilizzate per la telefonia cellulare, la maggior parte dell‟energia viene assorbita dalla pelle e da altri tessuti superficiali provocando trascurabili e irrilevanti incrementi di temperatura nel cervello ed i ogni altro organo del corpo. Per quanto riguarda eventuali danni a breve termine, sono stati studiati gli effetti dell‟esposizione a RF sull‟attività elettrica cerebrale, le funzioni cognitive, il sonno, la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna; l‟evidenza disponibile ad oggi non supporta l‟ipotesi di effetti sanitari avversi da livelli di esposizione inferiori a quelli necessari per provocare effetti termici. Per quanto riguarda eventuali danni a lungo termine, la ricerca epidemiologica si è concentrata soprattutto sullo studio della relazione tra uso del telefono cellulare e frequenza di tumori cerebrali. Poiché molti tumori sono malattie e lunga latenza (si manifestano cioè a distanza di molti anni dall‟inizio dell‟interazione che li ha avviati) e l‟uso del telefono cellulare si è diffuso soprattutto a partire dal 1990 circa, il potere informativo degli studi epidemiologici condotti fino ad oggi è limitato alle neoplasie che si manifestano più precocemente. Tuttavia, gli studi di cancerogenicità sui roditori hanno mostrano in modo coerente che l‟esposizione a lungo termine a RF non comporta un incremento del rischio di tumori. Sono stati completati o sono in corso numerosi grandi studi epidemiologici collaborativi multinazionali su uso del cellulare e rischio di diverse malattie negli adulti. Uno di questi studi è Interphone, coordinato dalla IARC, che rappresenta il più grande studio caso-controllo sul rischio di tumori intracranici e uso del cellulare condotto fino ad oggi. L‟analisi combinata dei dati raccolti in 13 paesi del mondo non ha evidenziato alcun rischio di glioma né di meningioma (le due forme di tumore cerebrale più frequenti negli adulti) associato all‟uso di telefoni cellulari per dieci anni o più. Vi erano indizi di un incremento del rischio di glioma tra coloro che avevano riferito il livello più elevato di ore cumulative d‟uso (≈10% 18 degli utilizzatori) ma, contrariamente al comportamento di agenti cancerogeni noti, non si osservava nessuna relazione dose-risposta, cioè nessuna tendenza ad incrementi del rischio all‟aumentare dell‟intensità e della durata dell‟esposizione. I ricercatori di Interphone hanno concluso che distorsioni ed errori possono in parte spiegare questa osservazione e non permettono di trarne un‟interpretazioni causale. L‟OMS afferma anche che, mentre non risulta stabilito che l‟uso del telefono cellulare comporti un incremento del rischio di tumori cerebrali, l‟uso crescente di questo strumento di comunicazione e la mancanza di dati su durate d‟uso superiori ai 15 anni, portano a ritenere che sia necessario proseguire la ricerca in questo ambito, in particolare sui bambini di oggi che, avendo iniziato ad utilizzare precocemente il cellulare, avranno nel futuro esposizioni di durata superiore agli adulti contemporanei. In risposta alle priorità di ricerca suggerite dall‟OMS8 sono attualmente in corso numerosi studi sugli effetti (cancerogeni e non cancerogeni) dell‟uso del cellulare tra bambini ed adolescenti. In accordo alla prassi per cui la classificazione di un agente nel gruppo 2B non comporta di per sé l‟adozione di nessuna particolare misura di sanità pubblica, la scheda aggiornata dell‟OMS sui telefoni cellulari non contiene alcuna indicazione sulla necessità di rivedere gli attuali standard di esposizione alla luce degli esiti della recente valutazione di cancerogenicità delle RF da parte della IARC. Indicazioni più dettagliate in merito alle misure di protezione della salute pubblica dai possibili effetti negativi (cancerogeni e non cancerogeni) dell‟esposizione a RF verranno fornite dall‟OMS nel 2012, in un volume specifico della serie “Environmental Health Criteria” in cui verrà riesaminata tutta letteratura scientifica pertinente, sull‟uomo e sull‟animale. L‟OMS, al momento, non suggerisce neppure misure precauzionali, ma si limita ad informare sui fattori che influiscono sui livelli di esposizione a RF durante l‟uso dei telefoni cellulari. A questo proposito chiarisce che i cellulari sono ricetrasmittenti a bassa potenza, che operano a frequenze comprese tra 450 e 2700 MHz con picchi di potenza nell‟intervallo di 0.1-2 watt. Questi dispositivi 19 emettono energia elettromagnetica solo quando sono accesi. La potenza di emissione (e quindi l‟esposizione dell‟utilizzatore) diminuiscono rapidamente all‟aumentare dalla distanza dal telefono. Una persona che usa il cellulare a distanza di 30-40 cm dal corpo - ad esempio effettuando comunicazioni vocali con l‟uso di auricolari o dispositivi viva-voce, oppure per inviare SMS o accedere ad internet - avrà perciò un livello di esposizione di molto inferiore ad un‟altra che utilizzi il cellulare a diretto contatto con la testa. Nell‟uso per chiamate vocali senza auricolari o viva-voce, il livello di esposizione sarà tanto più basso quanto migliore è la ricezione nell‟area. Infine, l‟esposizione può essere ridotta limitando il numero e la durata delle chiamate. L‟uso di dispositivi commerciali per ridurre l‟esposizione a RF, invece, non si è dimostrato efficace. Bibliografia 1 World Health Organization (WHO). International EMF Project web site; http://www.who.int/peh-emf. 2 International Agency for Research on Cancer (IARC). Non-Ionizing radiation, Part 1: static and extremely low frequency (ELF) electric and magnetic fields. Lyon (France): IARC Press; IARC Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans, Vol. 80, 2002. 3 World Health Organization (WHO). Static Fields. WHO, Geneva (Switzerland): Environmental Health Criteria N° 232, 2006; ISBN 92-4-157232-9. 4 World Health Organization (WHO). Extremely Low Frequency (ELF) Field. WHO, Geneva (Switzerland): Environmental Health Criteria N° 238, 2007; ISBN 978-92-4-157238-5. 5 International Agency for Research on Cancer (IARC). Comunicato Stampa N° 208 del 31-5-2011; http://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2011/pdfs/pr208_E.pdf. 6 Baan R et al. Carcinogenicity of radiofrequency electromagnetic fields. The Lancet Oncology 2011; 12 (7): 624-626; doi:10.1016/S1470-2045(11)70147-4 Published Online: 22 June 2011. 7 World Health Organization (WHO). Electromagnetic fields and public health: mobile phones. June 2011; http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs193/en/index.html. 8 World Health Organization (WHO). WHO Research agenda for radiofrequency fields. 2010; http://whqlibdoc.who.int/publications/2010/9789241599948_eng.pdf. 20 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 . INTERNATIONAL DEVELOPMENTS IN ENVIRONMENTAL RADIATION PROTECTION M. D. Wood School of Science and the Environment, Manchester Metropolitan University, Chester Street, Manchester, M1 5GD, United Kingdom Email: [email protected] ABSTRACT Following increasing recognition of the need to demonstrate that the environment per se is adequately protected from the effects of ionising radiation, many countries have now adopted environmental legislation that requires industry and regulators to undertake assessments to demonstrate that releases of anthropogenic and natural radionuclides are not impacting significantly on wildlife (animals and plants). Various software Tools and Frameworks (collectively referred to as models) have been developed to facilitate assessments of the impacts of ionising radiation on wildlife and many of these are being tested and refined at an international level, for example through work within the International Atomic Energy Agency (IAEA) Environmental Modelling for Radiation Safety (EMRAS) programme. Such international initiatives have demonstrated that, whilst the models are generally fit-for-purpose, there are certain limitations and conceptual challenges that need to be addressed. This paper provides an overview of international developments in environmental radiation protection and discusses some of the key challenges in applying the current assessment models. 21 1. INTROCUCTION Radiation protection has historically focussed on protection of man rather than the environment. On the basis that man is the most radiosensitive organism and that comprehensive assessments are required of the potential impacts of regulated release of ionising radiation on humans, the International Commission for Radiological Protection (ICRP) proposed the following in their 1977 recommendations:„Although the principal objective of radiation protection is the achievement and maintenance of appropriately safe conditions for activities involving human exposure, the level of safety required for the protection of all human individuals is thought likely to be adequate to protect other species, although not necessarily individual members of these species. The Commission therefore believes that if man is adequately protected then other living things are also likely to be sufficiently protected.‟ (ICRP, 1977). However, since that time there has been increasing recognition of the need to demonstrate that the environment per se is adequately protected from the effects of ionising radiation (e.g. Pentreath, 1998; Thompson, 1988; ICRP, 2007). Many countries have now adopted environmental legislation that requires industry and regulators to undertake assessments to demonstrate that releases of anthropogenic and natural radionuclides are not impacting significantly on wildlife (animals and plants). As we move into a period of nuclear renaissance in the shadow of the recent events in Fukushima, there is heightened public awareness of the potential risks from the nuclear sector. The need for demonstrating to an „educated‟ public that people and wildlife are protected from planned nuclear activities has never been greater.Various software Tools and Frameworks (collectively referred to as models) have been developed to facilitate assessments of the impacts of ionising radiation on wildlife and many of these are being tested and refined at an international level, for example through work within the International Atomic Energy Agency (IAEA) Environmental Modelling for Radiation Safety (EMRAS) programme (Beresford et al., 2009). The International Commission on Radiological Protection (ICRP) is also developing its own approach to undertaking these 22 assessments, the ICRP approach being closely aligned to the approach used for human assessments (ICRP, 2008). Despite the international activity to date, we face various challenges in undertaking assessments of the environmental impact of ionising radiation. These challenges include limitations in the predictive capability of our assessment models and conceptual challenges relating to the way in which these models can be applied for assessments over long time horizons, such as assessments of future impacts from radionuclide releases from deep geological repositories.In this paper I will describe some of these developments and discuss the ways in which the international community is working to improve national capability in the field of environmental radiation protection. I will also discuss some of the limitations of current approaches, the conceptual challenges and recent international developments that are helping to overcome these. 2. ENVRIONMENTAL RADIATION PROTECTION MODELS Various models have been developed to estimate the environmental impact of ionising radiation. Although model development and application is more a regulatory response to these legislative requirements than a reflection of any expectation that exposure to radionuclides from regulated discharges will result in significant environmental impacts (Higley & Alexakhin, 2004), since the late 1990s considerable resource has been directed towards model development internationally (see Beresford et al., 2008a). Most models follow a similar structure (Figure 1), using activity concentration data for radionuclides in environmental media (sediment/soil, water and air) as the modelling input. In conjunction with parameters to describe the physical dimensions (geometry), residence time (time spent at the site under assessment), habitat utilisation (time spent in different areas of the site) and trophic transfer of radionuclides for each organism being modelled, these media activity concentration data are used to estimate the internal and external dose rates for each organism. The estimated dose rates are compared to guideline values or radiation effects data to determine whether the organisms are adequately protected. 23 Three models that are publicly available for download and use by third parties are ERICA, R&D128/SP1a and RESRAD-BIOTA. The ICRP approach, which attempts to align environmental radiation protection with the approach used for humans, is not widely available as software based model. However, the details of the approach are available in ICRP reports and „Users‟ are starting to apply this approach, so it may be viewed as a „model‟ in broad terms. These four models are outlined briefly in this section. Figura 1. Generic structure of models for assessing the environmental impact of ionising radiation 24 2.1. ERICA The ERICA Tool (Brown et al., 2008) was developed during the EC EURATOM funded project „Environmental Risks from Ionising Contaminants: Assessment and Management‟ (ERICA) to support the application of the „ERICA Integrated Approach‟ to assessing the impact of ionising radiation on ecosystems (Larsson, 2008). Building on the outputs of the Framework for Assessment of Environmental Impact (FASSET) project, which was funded by the EC 5th Framework Programme (Larsson, 2004), the ERICA Tool was developed specifically to meet the needs of users in EC Member States. This was achieved through direct interaction with the enduser community from the outset of the Tool development process and at regular intervals throughout the 3-year project (Zinger et al., 2008). 2.2. R&D128/Sp1a R&D128/Sp1a (Copplestone et al., 2001; Copplestone et al., 2003) was developed for the Environment Agency of England and Wales to assist them in fulfilling their regulatory obligations under European and national legislation (EC, 1979; EC, 1992; UK Parliament, 1981; UK Parliament, 1994). The development time for the model was less than 6 months and the scope of the model (in terms of the radionuclides and organisms for which parameters are provided) is therefore more limited than ERICA. It should also be noted that, although the model is publicly available, it was developed for a specific user (the Environment Agency of England and Wales) rather than the broad range of intended users that ERICA was developed for. 2.3. RESRAD-BIOTA RESRAD-BIOTA is part of the RESRAD family of model codes developed by Argonne National Laboratory in the United States. It implements the United States Department of Energy (USDoE) graded approach for evaluating radiation doses to aquatic and 25 terrestrial biota (USDoE, 2004). As with R&D128/SP1a, the model was developed for a specific user (the USDoE) and has subsequently been made publicly available, with training courses being offered to those wishing to use the model for undertaking assessments. 2.4. ICRP RAPs The ICRP use the concept of reference man for human radiation protection, so since 2007 there has been work within Committee 5 of the ICRP to develop an analogous approach for environmental radiation protection. This approach, which is based on the concept of Reference Animal and Plants, has been developed with the aim of providing „high-level guidance and advice upon which regulators and operators may draw in order to demonstrate compliance, where necessary, with the wide range of international and national environmental legislation that already exists, or is likely to emerge in the near future‟ (ICRP, 2008). 3. CHALLENGES IN IMPLEMENTATION These four approaches have been/are being applied both nationally and internationally. Therefore, it is essential that the approaches are demonstrated to be fit-for-purpose. Substantial work within the IAEA EMRAS programme (Beresford et al., 2009) along with other allied work (Wood et al., 2009) has demonstrated that, whilst available models are broadly „fit-for-purpose‟, these models also have some notable limitations. There are also various conceptual challenges to their implementation and recent work funded by the BIOPROTA forum (http://www.bioprota.com/) has been exploring some of these conceptual challenges in relation to deep geological disposal. This section introduces some of the findings and developments from these international research programmes. The purpose of this section is to raise awareness of some of the key developments and challenges. It does not aim to be comprehensive in its coverage and readers are directed to the various publications developed through these international research programmes for further information. 26 3.1. Limitations of current models: transfer predictions Model intercomparison exercises have identified radionuclide transfer parameters as the greatest source of uncertainty in biota dose assessments (Beresford et al., 2009; Wood et al., 2009)). Transfer parameters relate the whole-body activity concentration or a radionuclide in an organism to the whole-body activity concentration of that radionuclide in environmental media (normally soil/sediment or water). This type of parameter is commonly referred to as a Concentration Ratio (CR). Model predictions can vary by several orders of magnitude depending on the CR selected. Selecting an appropriate CR for a specific assessment is complicated further by the lack of clarity over data provenance in some CR data compilations. Where no CR exists for a specific organism-radionuclide combination, an assessor may need to select another CR as a surrogate (e.g. selecting a mammal CR to estimate transfer to a bird). Some guidance has been provided to help assessors make these types of decision (e.g. Beresford et al., 2008b), but this still leads to significant uncertainty. In response to these issues an IAEA Working Group was established to develop an international database of transfer parameters for wildlife. This publicly accessible compilation of transfer parameters contains CR data for many wildlife groups in aquatic and terrestrial ecosystems (http://www.wildlifetransferdatabase.org/). Developed through international co-operation and drawing on new transfer data sets, this database provides the most up-to-date source of transfer information for use in environmental radiation protection models. However, there are still many gaps in the transfer data and assessors may still need to use assumptions when CR values are missing. Given the overriding influence of transfer data on model predictions, there is clearly a need to further expand this transfer database and fill knowledge gaps. Addressing knowledge gaps may sound simple. However, in many cases, data gaps exist because there are difficulties, either practical or 27 ethical, with measuring radionuclide activity concentrations in the organisms of interest. The conventional approach to determining contaminant burdens in animals is to use lethal sampling and analysis methods. Given the ethical considerations associated with conventional sampling methods and the fact that many species are protected, there is growing international interest in the use of nonlethal methods (e.g. Wood et al., submitted). Non-lethal methods may take a variety of forms, including non-invasive and minimally invasive. For example, in addition to whole-body monitoring, these methods may include the non-lethal collection of various tissue samples such as skin, muscle, blood, feathers, hair, scales and infertile eggs. Through analysis of these samples and knowledge of contaminant distributions in organisms, whole-body contaminant burdens could be estimated. This is a promising new area in radioecology and an International Union of Radioecology Task Group has recently been established to advance this area of research (http://www.iur-uir.org/en/task-groups/id-19-non-lethal-methods-inradioecology). It is hoped that this work will enable knowledge gaps in transfer data to be addressed and the transfer database further refined within current legal and ethical constraints. 3.2. Conceptual challenges: Biodiversity One of the major conceptual challenges in environmental radiation protection is the level of biological organisation that should form the target for protection. In human radiation protection, the target for protection is the individual. This has widely been viewed as unworkable for environmental radiation protection, with the target for protection being the population. However, guidance from the ICRP (2003), and more recent guidance from the regulatory authority in Finland has included „biodiversity‟ as a target for protection. The ICRP (2003) state that there should be negligible impact on maintenance of biodiversity. The draft regulatory guidance for wildlife dose assessments in Finland requires demonstration that exposures remain “clearly below the levels which, on the basis of the best available scientific knowledge, would cause decline in biodiversity or other significant detriment to any living population” (STUK, 2010). 28 Whilst this is a laudable goal, there is no clear definition of what is meant by protection of biodiversity in this context, which leaves the requirements open to broad interpretation. This presents difficulties for regulators and industry alike, so a baseline or protection target needs to be identified against which no decline in biodiversity can be demonstrated. Therefore, a major conceptual challenge internationally in the field of environmental radiation protection is to define what is meant by protection of biodiversity in this context and suggests ways in which this goal may be operationalised within a regulatory setting. This is particularly challenging when assessments are being undertaken for deep geological disposal facilities (deep geological radioactive waste repositories). For these facilities, radionuclide releases are likely to take place over hundreds to thousands of years and the ecological composition of a site is likely to change significantly over these long time horizons. 3.2.1. What is meant by „biodiversity‟? The term biodiversity is ubiquitous within environmental regulations and policies that have been developed over the last three decades. It is a contraction of biological diversity and can be defined as “the variability among living organisms from all sources, including terrestrial, marine and other aquatic ecosystems and the ecological complexes of which they are part. Biodiversity includes all diversity within species, between species and between ecosystems” (MA, 2005). Therefore, biodiversity in its broadest sense covers all levels of biological and ecological complexity: genes, individuals, populations, species, communities, ecosystems and biomes (TEEB, 2010). 3.2.2. Protecting „biodiversity‟ If biodiversity covers everything from genes to biomes, the draft regulatory guidance from Finland could be interpreted as requiring demonstration that no individual (and hence genetic diversity) within a population will be impacted. If a qualifier was added to this interpretation, specifying this „no impact‟ level for the individual 29 occurs with a specified probability, then this interpretation would be in line with the radiation protection goal adopted for humans, namely protection of the individual. This may be viewed as the ideal option form a conservation perspective, but the available data on radiation effects in wildlife are unlikely to be sufficient for establishing a „no individual impact‟ target across all organism types and, even if this target could be established, this would be a stricter regulatory requirement than that used in other areas of environmental protection (e.g. chemical contaminants). An alternative way to categorise the biodiversity protection goal may be to consider how biodiversity is measured. Indicators are often used to describe biodiversity in quantitative terms, such as richness, rarity and uniqueness (TEEB, 2010). The target of most indicators of biological diversity and programmes to conserve biodiversity is the species (e.g. Kadoya et al., 2011). Mayr (1942) defined species as “groups of actually or potentially interbreeding natural populations, which are reproductively isolated from other such groups”. Although this definition has its limitations (de Queiroz, 2005), it is broadly applicable and widely adopted within the international literature. Focussing the radiation protection goal at the species level would enable the use of biodiversity indicators for establishing baselines and as a means of measuring deviations from these baselines. However, for the long time horizons associated with repository assessments, it is not feasible to demonstrate protection through direct measurement of such indicators. If focussing protection at the species level, an alternative to the use of indicators would be to establish whether the zone of predicted impact from a repository would encompass a given percentage of the range of a species (this would have to be defined on the basis of the carrying capacity of the species over the extent of its geographical range). Although it is recognised that a specific species carrying capacity may be difficult to define, expert judgement could be used to identify a percentage of a species that could be impacted whilst allowing the species to remain viable. For example, it may be decided that 10% of the individuals within a species could be lost without risking loss of the entire species. Therefore, as long as the 30 zone of impact from a repository does not extend through more than 10% of the range of the species, it could be concluded that „biodiversity‟ is protected. Taking this approach may be a pragmatic option from the perspective of repository assessments. However, it would mean that local populations would be seen as „expendable‟, which is at odds with the last part of the statement from the Finland guidance, stating that there should be no “…..significant detriment to any living population”. Focussing protection at the genetic, individual or species level also conflicts with conventional international interpretations of the target for radiation protection when considering wildlife (e.g. ICRP, ERICA). The broadly accepted target of protection is the population, and the above analysis suggests that the population is also the most suitable target for demonstrating protection of biodiversity. Although it is possible that some rare genes may be lost from the gene pool due to the loss of individuals within a population, focussing on populations will protect genetic diversity to a greater extent than focussing at the species level. This is because local populations may be physically isolated from other populations of that species. Whilst there may be no genetic barriers preventing breeding between geographically dispersed populations, the barrier of physical distance often prevents such breeding occurring in practice. As a result, organisms generally breed within their local population and genetic diversity between populations may result. 3.2.3. A proposed way forward on the biodiversity „challenge‟ From the above analysis we see that biodiversity is represented at various degrees of biological and ecological organisation, from genes to biomes and this presents challenges when trying to identify suitable goals and targets for ensuring that „biodiversity‟ is protected. Protecting wildlife at the individual (and hence genetic) level would be in line with the human radiation protection approach, but is unlikely to be a practical option. It is also more conservative than the approach used for protecting wildlife in other contexts, such as chemical pollutants. Protection at a species level, whilst potentially a workable and pragmatic solution, may result in the loss of local 31 populations and hence significant individual and genetic diversity. It is also at odds with the requirements to ensure no “…..significant detriment to any living population”. Protection of biodiversity at the population level would seem the most appropriate option, meeting the protection requirements laid down in the draft guidance from Finland and aligning with the goal of population protection used in wildlife dose assessments internationally. 4. CONCLUSIONS Environmental radiation protection is a rapidly evolving field. There is ever-increasing pressure on regulators and industry to demonstrate that wildlife is adequately protected from regulated discharges of radionuclides to the environment. There are various models that have been developed to facilitate assessment of the impacts of ionising radiation on wildlife and four have been introduced here (ERICA, RESRAD-BIOTA, R&D128/Sp1a and the ICRP RAPs). International initiatives have demonstrated that, whilst the models are generally fit-for-purpose, there are certain limitations and conceptual challenges that need to be addressed. Continuing the international dialogue on the development and application of these models, whilst pursuing allied areas of research such as the use of non-lethal methods, will help to further improve the national and international systems of environmental radiation protection. REFERENCES Beresford, N.A., Hosseini, A., Brown, J.E., Cailes, C., Copplestone, D., Barnett, C.L., Beaugelin-Seiller, K., 2008a. Evaluation of approaches for protecting the environment from ionising radiation in a regulatory context. Deliverable 4. Report for the PROTECT project. EC Contract Number:036425 (FI6R). Centre for Ecology and Hydrology, Lancaster. Available from: http://www.ceh.ac.uk/PROTECT/outputs/. Beresford, N.A., Barnett, C.L., Howard, B.J., Scott, W.A., Brown, J.E., Copplestone, D., 2008b. Derivation of transfer parameters for use within the ERICA Tool and the default concentration ratios for terrestrial biota. Journal of Environmental Radioactivity, 99(9), 1393-1407. 32 Beresford, N.A., Barnett, C.L., Beaugelin-Seiller, K., Brown, J.E., Cheng, J.-J., Copplestone, D., Gaschak, S., Hingston, J.L., Horyna, J., Hosseini, A., Howard, B.J., Kamboj, S., Kryshev, A., Nedveckaite, T., Olyslaegers, G., Sazykina, T., Smith, J.T., Telleria, D., Vives i Batlle, J., Yankovich, T.L., Heling, R., Wood, M.D., Yu, C., 2009. Findings and recommendations from an international comparison of models and approaches for the estimation of radiological exposure to non-human biota. Radioprotection, 44(5), 565-570. 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I fenomeni di assottigliamento della fascia di ozono stratosferico, scoperti prima in corrispondenza della regione antartica (“buco” dell'ozono), poi alle medie latitudini, hanno contribuito a portare la tematica alla ribalta sia in seno alla comunità scientifica sia agli occhi del mondo. Il protocollo di Montreal, che ha limitato l'emissione di sostanze dannose per l'ozono (oltre che responsabili anche dell'effetto serra), è stato un successo e nel corso dei prossimi decenni è atteso un graduale ritorno ai livelli pre-1980 dell'ozono in atmosfera. Tuttavia, i futuri scenari di radiazione UV misurabile a terra dipenderanno considerevolmente anche dai trend di altre variabili ambientali quali la copertura nuvolosa, la qualità dell'aria, le caratteristiche degli aerosol, l'albedo terrestre. I trend previsti di radiazione UV e ozono sono dunque strettamente interconnessi con un'altra tematica: il cambiamento climatico. Speciali radiometri installati su satellite e strumentazione a terra (spettroradiometri, radiometri a banda stretta e larga, fotometri, ecc.) sono essenziali per continuare a monitorare i livelli di radiazione UV che giunge al suolo, per molteplici scopi. L'utilizzo congiunto di modelli di trasporto radiativo, inoltre, permette di estendere la misura nei siti in cui essa non può venire misurata e nel tempo (passato, futuro). L'impiego di spettri d'azione, infine, consente di pesare la radiazione in arrivo per un determinato effetto e di realizzare indicatori facilmente divulgabili al pubblico, come l'indice UV. 36 Nella seconda parte della relazione verranno poi presentate le principali attività condotte in Italia in relazione alla tematica e i soggetti coinvolti (ARPA/APPA, università, centri di ricerca). Alcuni importanti risultati di una recente campagna di interconfronto della strumentazione italiana, tenutasi presso la sede di ARPA Valle d'Aosta nell'estate 2010, saranno mostrati e commentati. Al termine, saranno presentate alcune problematiche relative alla comunicazione del dato UV al pubblico e le conoscenze della popolazione italiana in merito, emerse da un questionario realizzato da Sapienza – Università di Roma. 37 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 METODI DI MISURA PER LA VERIFICA DELLA CONFORMITÀ DI LAMPADE ULTRAVIOLETTE UTILIZZATE IN CENTRI DI ESTETICA E RISULTATI OTTENUTI A. Bonino(1), S. Facta (1), S. Saudino(1), L. Anglesio(1), G. D'Amore(1) (1) ARPA Piemonte – Dipartimento Tematico Radiazioni - Ivrea ABSTRACT Nell‟ambito di una specifica indagine sulla verifica della conformità delle lampade abbronzanti utilizzate in centri estetici, ARPA Piemonte ha effettuato misure su 92 apparecchi in 20 centri estetici. Le misure sono state effettuate con uno spettroradiometro a doppio monocromatore trasportabile OL 756. Vengono illustrati i metodi di taratura periodica in laboratorio e controllo in campo della catena strumentale utilizzata, le procedure di misura seguite nonchè i risultati ottenuti. In particolare gli esiti delle indagini effettuate hanno evidenziato una diffusa non conformità delle apparecchiature per abbronzatura utilizzate nei centri estetici rispetto alle prescrizioni contenute nelle norme tecniche di settore, soprattutto per gli apparecchi che utilizzano lampada a bassa pressione, con più del 90 % degli apparecchi analizzati risultati carenti sotto il profilo di volta in volta analizzato. Tali non conformità si traducono per gli utilizzatori in maggiori livelli di esposizione a radiazione ultravioletta, rispetto a quelli massimi prescritti nelle norme, e di conseguenza in maggiori rischi sanitari derivanti da tali sovraesposizioni. INTRODUZIONE L‟utilizzo di lampade abbronzanti è stato recentemente regolamentato con il DM 110 del 12 maggio 2011 [1], in vigore dal 30 luglio 2011, che prevede l‟adeguamento di queste apparecchiature allo standard 38 tecnico nazionale CEI EN 60335-2-27 (2005) ”Sicurezza degli apparecchi elettrici d'uso domestico e similare. Parte 2: Norme particolari per gli apparecchi per il trattamento della pelle con raggi ultravioletti ed infrarossi” e alle sue successive varianti A1 e A2 [2]. A seguito di una precedente indagine svolta sulla documentazione tecnica delle lampade abbronzanti [3], sulla base di quanto previsto nella citata norma CEI, l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte ha svolto negli ultimi due anni un elevato numero di valutazioni sperimentali dei livelli di emissione di radiazione ultravioletta da parte di lampade ad uso abbronzante presenti in centri di estetica, al fine di valutare il rispetto dei parametri stabiliti dalla stessa normativa tecnica. In questo lavoro vengono descritte le tipologie di sorgente caratterizzate, gli elementi della norma tecnica oggetto delle verifiche strumentali e le catene di misura utilizzate. Vengono infine presentati i risultati di misure effettuate in campo su un campione di 92 lampade abbronzanti installate all'interno di 20 centri estetici presenti nel territorio della Regione Piemonte. TIPOLOGIE DI LAMPADE ABBRONZANTI Attualmente esistono tre diverse tipologie di apparecchi abbronzanti: poltrone facciali, lettini e docce. Esempi di tali apparecchi sono mostrati in figura 1a (poltrona facciale), 1b (doccia) e 1c (lettino) (a) (b) Figura 1. Tipologie di apparecchi abbronzanti 39 (c) All'interno di queste apparecchiature possono essere montati 2 tipi diversi di lampade: lampade a bassa pressione e lampade ad alta pressione (vedi figura 2). Le prime sono lampade UV fluorescenti, in cui la radiazione emessa dipende dalla composizione dei sali fluorescenti (fosfori) depositati sulla superficie interna del tubo di quarzo che costituisce l'involucro della lampada. Queste lampade possono avere una componente UVB eritemale molto elevata. Le seconde sono costituite da bulbi contenenti vapori di mercurio e alogenuri metallici. Lo spettro della radiazione emessa comprende le radiazioni UVC, UVB e UVA, visibile e infrarossa. La radiazione viene opportunamente filtrata per eliminare le componenti ultraviolette indesiderate e gli infrarossi in modo tale da emettere solo la componente UV-A (spesso è presente però anche una debole componente di radiazione UV-B). L'intensità della radiazione UVA emessa dalle lampade ad alta pressione può essere anche da 5 a 10 volte superiore al valore massimo di quella solare alla nostra latitudine. La rottura, il deterioramento o la sostituzione con un altro tipo di filtro comporta un cambiamento delle caratteristiche della sorgente radiante e la conseguente possibilità che si verifichino effetti indesiderati e/o danni (eritema, ustioni cutanee). Lampade ad alta pressione Lampade a bassa pressione Figura 2. Tipologia di lampade installate su apparecchi abbronzanti 40 VALUTAZIONE DEI LIVELLI DI EMISSIONE RADIAZIONE UV: LA NORMA CEI EN 60335-2-27/A1 DI In relazione alla protezione degli utilizzatori delle apparecchiature abbronzanti da elevati livelli di esposizione a radiazione ultravioletta, la norma CEI qui considerata introduce dei valori limite di riferimento sia in termini di “irradianza efficace” che di “dose”, grandezza, quest'ultima, dipendente del tempo di esposizione. Per irradianza efficace E, che si esprime in W/m2, si intende la grandezza fisica definita dalla seguente espressione: dove H(λ) è l'irradianza spettrale e S(λ) è uno spettro di azione che consente di pesare diversamente le diverse componenti in lunghezza d'onda della radiazione in funzione del tipo di effetto sanitario considerato. Si parlerà, quindi, di spettro di azione eritematogena nel caso in cui occorra valutare la possibilità di insorgenza dell'eritema o di spettro ad azione cancerogena non melanoma nel caso in cui occorra valutare il rischio di effetti a lungo termine [4]. La dose è invece data dal prodotto dell'irradianza per il tempo di esposizione e si esprime in J/m2. Per limitare i danni da eccessiva esposizione a radiazione UV, la norma CEI prescrive un limite di dose legato al tempo della prima esposizione (dose sulla prima esposizione), ponderato secondo lo spettro ad azione 2 eritemale, pari a 100 J/m ed un altro limite relativo ad un anno di esposizione (dose annuale), ponderato secondo lo spettro ad azione 2 cancerogena, pari a 25 kJ/m .Viene inoltre fissato un limite sul valore di irradianza efficace ponderato secondo lo spettro ad azione eritemale 2 pari a 0.3 W/m . 41 La norma CEI individua anche una classificazione delle apparecchiature in base al tipo di radiazione UV emessa. In particolare, ogni apparecchio deve essere classificabile in una delle 4 tipologie riportate nella seguente tabella [2]. Per ogni tipologia, viene fissato un limite superiore all'irradianza efficace eritemale UVA o all'irradianza efficace eritemale UVB o ad entrambe. Gli apparecchi di tipo 4, essendo a maggiore contenuto di UVB, devono essere utilizzati “seguendo le avvertenze mediche”. TAB.1. Limiti sull'irradianza efficace ai fini della classificazione STRUMENTAZIONE E MODALITÀ DI MISURA Le misure sono state effettuate in accordo a quanto richiesto dalla norma CEI-EN 60335-2-27 [2] utilizzando la seguente strumentazione: radiometro in banda larga con sonda UV eritemale Delta Ohm mod. HD 2102 + LP 471 ERY spettroradiometro a doppio monocromatatore Optronic Laboratories, modello OL 756 E‟ necessario eseguire misure spettroradiometriche, in quanto la sonda del radiometro Delta Ohm ha una curva di risposta spettrale (riportata in Figura 3) che, se pur approssimandolo, si discosta notevolmente dallo spettro ad azione eritematogena. Inoltre la norma richiede la valutazione anche della dose ponderata secondo lo spettro 42 ad azione cancerogena non melanoma, non valutabile partendo da una misura radiometrica. Figura 3. Risposta spettrale della sonda Delta Ohm Inoltre è necessario utilizzare uno spettroradiometro a doppio monocromatore, in quanto l‟utilizzo di un singolo monocromatore (tipo array di CCD) comporterebbe, con questo tipo di sorgente, un‟elevata luce diffusa (strylight), e quindi una sovrastima dell'irradianza in corrispondenza delle lunghezze d'onda dove il segnale è basso o nullo. In Figura 4 si riporta, a titolo di esempio, la misura dell'irradianza spettrale di una lampada ad incandescenza al tungsteno eseguita con un doppio monocromatore (linea continua) e con un singolo monocromatore (linea tratteggiata): si nota che per lunghezza d'onda minori di 320 nm con il singolo monocromatore si misura un contributo rilevante di luce diffusa, che comporta un errore significativo nella stima dell'irradianza per tali lunghezze d'onda. 43 Figura 4 . Spettro di una lampada ad incandescenza acquisito con un singolo e con un doppio monocromatore L'ottica d'ingresso dello spettroradiometro è una sfera integratrice con apertura circolare di diametro 10 mm (OL IS -270). Le dimensioni delle fenditure poste in ingresso e uscita allo spettroradiometro sono pari a 0.125 nm, corrispondenti ad un valore di FWHM pari a 1 nm. Lo spettroradiometro viene tarato periodicamente nel Laboratorio di Ottica del Dipartimento Tematico Radiazioni dell'Arpa Piemonte con una sorgente al tungsteno calibrata in irradianza. In campo, prima di ogni misura, viene controllata la taratura dello strumento utilizzando una sorgente al mercurio per verificare l'allineamento in lunghezza d'onda ed una sorgente al tungsteno per valutare eventuali correzioni da apportare al guadagno dello strumento. Nel caso in cui queste siano superiori al 10% viene effettuata una nuova taratura in Laboratorio. In figura 5 è riportato il setup sperimentale. 44 Figura 5. Setup di misura Per ogni apparecchiatura analizzata, gli spettri sono stati acquisiti a partire da 250 nm e fino a 400 nm, con un passo di 1 nm. A partire dai valori di irradianza spettrale misurati sono stati ricavati i valori di irradianza efficace UVA, UVB e globale, ponderati secondo lo spettro ad azione eritemale e il valore di irradianza efficace ponderato secondo lo spettro ad azione cancerogena non-melanoma come previsto dalla norma CEI EN 60335-2-27/A1. A questi valori è associata una incertezza relativa dell'ordine del 10% dovuta alla catena strumentale e alle condizioni ambientali. Inizialmente, per ogni apparecchio sono state eseguite delle misure con un radiometro in banda larga corredato di sonda UV eritemale (Delta Ohm HD 2102 + LP 471 ERY), al fine di individuare il punto di massima irradianza efficace. Le misure sono state condotte alla tipica distanza di utilizzo e in particolare: 45 per le poltrone, sul piano posto alla distanza di 20 cm dal piano di appoggio della persona sullo schienale. La distanza dalle lampade è stata regolata alla minima possibile (nel caso in cui la poltrona sia parte dell'apparecchio) o a quella raccomandata sul manuale (nel caso in cui poltrona e lampade siano parti separate); per le docce solari, sul piano verticale posto alla minima distanza dalle lampade raccomandata sui manuali o, se non indicata, ad una distanza dalle stesse coerente con l'ingombro del corpo umano. per i lettini solari, sul piano orizzontale posto a 30 cm dalla superficie del lettino (ovvero come prescritto dalla norma CEI EN60335-2-27 “alla distanza tra emettitore e superficie di supporto ridotta di 0.3 metri”).In questo punto sono stati acquisiti gli spettri con lo spettroradiometro, secondo quanto previsto dalla norma tecnica EN 60335-2-27/A1. Un esempio degli spettri acquisiti sia per lampade ad alta pressione che per lampade a bassa pressione è riportato nelle sottostanti figure 6 e 7. Figura 6. Spettro di una lampada a alta pressione 46 Figura 7. Spettro di una lampada a bassa pressione Acquisiti gli spettri, si sono calcolati i valori di irradianza efficace eritemale e cancerogena non melanoma per ogni apparecchio. Si è quindi proceduto verificando: se il valore di irradianza efficace eritemale misurato rispetta il limite di 0.3 W/m2 raccomandato dall'aggiornamento normativo CEI EN 60335-2-27/A1 se, sulla base dei valori di irradianza efficace eritemale UVA e UVB misurati, l'apparecchio è classificabile in una delle 4 classi previste dalla CEI EN 60335-2-27/A1 (tabella BB.3) e, in tal caso, la conformità della classe dichiarata con quanto misurato. Inoltre su un campione ridotto di 55 apparecchi, sulla base dei valori di irradianza efficace misurati pesati secondo la curva efficace eritemale e cancerogena non melanoma e sulla base dei programmi di esposizione riportati sui manuali, si è proceduto alla verifica del rispetto dei limiti di dose sulla prima esposizione e annuale. 47 RISULTATI I risultati sono stati suddivisi per tipologia di apparecchio, alta e bassa pressione. Rispetto del limite di irradianza efficace eritemale di 0,3 W/m2 Nel grafico seguente viene illustrata la distribuzione dei livelli di irradianza efficace eritemale misurati su apparecchi ad alta e bassa pressione. Dai dati riportati emerge che 54 delle 69 lampade ad alta pressione (78%) e tutti i 25 apparecchi a bassa pressione non rispettano il limite di irradianza efficace eritemale di 0.3 W/m 2 . 35 alta pressione bassa pressione 30 Frequenza 25 20 15 10 5 0 ≤0.3 0.3 ÷ 0.5 0.5 ÷ 1 >1 Irradianza efficace eritemale W/m 2 Figure 8. Distribuzione dei livelli di irradianza efficace eritemali misurati Coerenza della tipologia dichiarata rispetto a quanto misurato Nel grafico seguente viene illustrato il numero di apparecchi analizzati suddivisi in alta e bassa pressione, per i quali la tipologia misurata rispetto a quella dichiarata è corretta o errata , nonché il numero di apparecchi non appartenenti a nessuna delle quattro tipologie previste dalla norma CEI. Per 44 apparecchi ad alta pressione (64 %) e 1 a bassa (4 %) la classificazione dichiarata è coerente con quanto misurato, per 11 apparecchi ad alta pressione (16 %) e 3 a bassa (12 %) non lo è, e per 48 i restanti 14 apparecchi ad alta pressione (20 %) e 21 a bassa (84 %) l'apparecchio non è classificabile in nessuna delle 4 tipologie previste. Si fa notare che nel caso in cui la classificazione misurata differisca da quella dichiarata, per mettere a norma l'apparecchio è sufficiente riclassificarlo correttamente, correggendo marcatura e manuali. Se d'altro canto l'apparecchio è risultato non classificabile è necessario operare sul medesimo al fine di ridurne le emissioni, superiori a quelle consentite dalla normativa vigente. Classificazione 50 Alta pressione Frequenza 40 Bassa Pressione 30 20 10 0 corretta errata non classificabile Figura 9. Coerenza della classificazione misurata rispetto a quella dichiarata RISPETTO DEI LIMITI DI DOSE Nei grafici seguenti viene illustrato il numero di apparecchi che, in base ai valori di irradianza misurati e ai programmi di esposizione riportati sui manuali, rispettano i limiti di dose. Per alcuni apparecchi non è stato possibile effettuare la valutazione, in quanto sui relativi manuali non venivano riportati i programmi di esposizione o venivano riportati in modo incompleto. Relativamente alla prima esposizione emerge che 17 apparecchi ad alta pressione (42.5%) e 11 a bassa (73%) non rispettano il limite, 21 apparecchi ad alta 49 pressione (52.5%) e 1 a bassa (7%) rispettano il limite e i restanti 2 (5%) e 3 (20%) apparecchi non sono valutabili. Relativamente alla dose annuale emerge che 14 apparecchi ad alta pressione (35%) e 8 a bassa (53%) non rispettano il limite, 23 apparecchi ad alta pressione (57.5%) e 1 a bassa ( 7%) rispettano il limite e i restanti 3 (7.5%) e 6 (40%) apparecchi non sono valutabili Limite prima esposizione 25 alta pressione bassa pressione 20 15 10 5 0 rispetto non rispetto non verificabile Figura 10. Rispetto del limite di dose sulla prima esposizione Limite annuale 25 alta pressione bassa pressione 20 15 10 5 0 rispetto non rispetto non verificabile Figura 11. Rispetto del limite di dose annuale 50 CONCLUSIONI Gli esiti delle indagini effettuate hanno evidenziato una diffusa non conformità delle apparecchiature per abbronzatura utilizzate nei centri estetici rispetto alle prescrizioni contenute nelle norme tecniche di settore, con particolare riferimento agli apparecchi che utilizzano lampade a bassa pressione, risultati carenti sotto il profilo di volta in volta analizzato in più del 90 % dei casi. Tali non conformità si traducono per gli utilizzatori in maggiori livelli di esposizione a radiazione ultravioletta, rispetto a quelli massimi prescritti nelle norme, e di conseguenza in maggiori rischi sanitari derivanti da tali sovraesposizoni. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] DM n° 110 del 12 maggio 2011 [2] CEI EN 60335-2-27 Sicurezza degli apparecchi elettrici d'uso domestico e similare. Parte 2. Norme particolari per apparecchi per il trattamento della pelle con raggi ultravioletti ed infrarossi per uso domestico e similare (2005) e varianti A1(2009) e A2 (2009) [3] A. Bonino, S. Facta, S. Saudino, L. Anglesio, and G. D'Amore, Tanning lamps ultraviolet emissions and compliance with technical standards, Radiat Prot Dosimetry (2009) 137(3-4): 197-200 first published online October 29, 2009 doi:10.1093/rpd/ncp243 51 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 SORVEGLIANZA FISICA AMBIENTALE SULLE EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE PROVENIENTI DAI RADAR IN USO AL SERVIZIO IDRO-METEOCLIMA DI ARPA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA P. Zanichelli, M. Fraschetta1, M. Tiberti, S. Righi2, M. Poli, S. Violanti1, P. P. Alberoni2 ARPA Emilia-Romagna - sezione provinciale di Reggio Emilia (1) ARPA Emilia-Romagna - sezione provinciale di Piacenza (2) ARPA Emilia-Romagna – Servizio Idro-Meteo-Clima I RADAR IN USO AL SERVIZIO IDRO-METEO-CLIMA DI ARPA EMILIA-ROMAGNA La rete radarmeteorologica della Regione Emilia-Romagna è gestita dal Servizio Idro-Meteo-Clima (SIMC) di ARPA ed è costituita da due radar doppler e polarimetrici: il primo, situato a San Pietro Capofiume in Comune di Molinella (BO), è attivo dal 1990, il secondo, collocato in Comune di Gattatico (RE), è invece operativo dal 2002 (Figura 1). Nonostante l‟attivazione di quest‟ultimo segua a più di un decennio quella di San Pietro Capofiume, i due radar sono “gemelli” con operatività nella banda “C” alla frequenza di circa 5.5 GHz, tipica per queste applicazioni. Entrambi i radar sono collocati nel territorio di pianura della regione compreso tra il fiume Po e la prima collina.La prerogativa della rete è quella di fornire sul territorio regionale dati areali in tempo reale dell‟intensità delle nubi e delle precipitazioni in atto, con una risoluzione spaziale che all‟occorrenza può risultare inferiore al km2. 52 La portata utile per la stima quantitativa delle precipitazioni è di circa 125 km di raggio (Figura 2 – cerchi rossi), mentre si estende fino a 250 km per informazioni qualitative (Figura 2 – Cerchi blu). I due radar forniscono inoltre i dati sul campo di vento e Figura 1 – Dislocazione dei radar del SIMC di ARPAER l´identificazione delle idrometeore presenti nelle nubi, distinguendo tra precipitazione liquida, grandine e neve. Entrambe le installazioni sorgono in zone a vocazione agricola caratterizzate da scarsa edificazione circostante. Il radar di Gattaticosi trova a poche decine di metri dalla casa dove vissero i 7 fratelli Cervi, barbaramente trucidati dai nazifascisti nel 1943, ora sede dell‟Istituto Cervi e dell‟omonimo Museo dedicato al mondo agricolo rurale del passato, frequentato da molti visitatori ed in particolare da gruppi di studenti di scuole elementari e superiori; quello di San Pietro Capofiume sorge presso la base meteorologica dedicata all‟illustre fisico prof. Giorgio Fea, in un luogo già oggetto di attività meteorologiche di ricerca del CNR. Presso la base si svolgono frequentemente Figura 2 – Copertura operativa dei radar visite guidate di scolaresche di ogni ordine e grado attraverso un percorso didattico con attività divulgative di carattere scientifico. 53 Le principali caratteristiche dei due radar sono sintetizzate nella tabella 1, mentre nelle figure 3 e 4 sono mostrate le rispettive installazioni. Tab 1 – Sintesi delle principali caratteristiche dei radar meteorologici GPM 500 in uso al SIMC di ARPAER Figura 3 – Radar di Gattatico (RE) Figura 4 – Radar di San PietroCapofiume Molinella (BO) Sono possibili diverse modalità operative che vengono selezionate da remoto a seconda delle esigenze investigative dettate dalle condizioni meteo. Un tipico esempio delle sequenze di esercizio utilizzate è mostrato in tabella 2. Nella modalità “scan. 1” sono previste 6 elevazioni (da 0.5 a 5.0 gradi), in “scan. 2” 9 elevazioni (da 0.5 a 13.0 gradi), mentre nella modalità “scan. 3” solamente 5 elevazioni (da 0.5 a 4.1 gradi). In caso di tempo perturbato, il ciclo di lavoro è pertanto più gravoso ed il radar è attivo circa 10 minuti ogni 15. Comunque sia, la sequenza di perlustrazione del cielo ha inizio da un alzo minimo di +0.5° sopra l‟orizzonte. Sequenze al di sotto di tale valore sono possibili solo attraverso intervento manuale dell‟operatore. 54 Tabella 2 – Caratterizzazione dei parametri di esercizio in relazione alle sequenze investigative del cielo FINALITA‟ELL‟INDAGINE, CRITERI E INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI DI RILIEVO L‟indagine nasce da esigenze espresse dal Territorio (Provincia, Comune, AUSL, Cittadini) e da ARPA stessa di conoscere i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici emessi dai radar a cui la popolazione residente nell‟area circostante le installazioni è soggetta e si riferisce all‟attività svolta nel Figura 5 – P.ti di rilievo c/o il radar di Gattatico primo trimestre del 2011. E‟ stato individuato il rilevamento strumentale come mezzo più idoneo, affidabile e efficace per rispondere alle esigenze suddette e contemporaneamente sono stati elaborati criteri per la localizzazione dei punti di rilievo, tenuto conto delle indicazioni provenienti dal Territorio e in un‟ottica di massima rappresentatività e di contenimento del numero dei rilievi. Si è arrivati così a definire una SPCF 1 griglia di possibili punti Radar candidati, individuati per soddisfare le seguenti esigenze: SPCF 2 (1) maggiore prossimità sia di singoli edifici che di centri abitati Figura 6 – P.ti di rilievo c/o il radar di San Pietro Capofiume alle sorgenti; (2) visibilità ottica del punto di rilievo con le 55 sorgenti; (3) minimizzazione della differenza di quota tra l‟antenna di misura ed il centro elettrico delle antenne radar, tenuto conto dell‟altimetria dell‟area circostante; 4) presenza di almeno un punto di misura in zona sicuramente di campo lontano; (5) idoneità allo stazionamento del mezzo mobile attrezzato. La selezione finale ha portato all‟identificazione dei punti illustrati nelle figure 5 e 6. I punti “Museo Cervi” e “SPCF 1” si riferiscono a singoli edifici di maggiore prossimità per i quali i proprietari hanno dato il proprio consenso all‟esecuzione dei rilievi. Detti punti sono collocati in zona di campo vicino. I punti “Caprara” e “SPCF 2” si riferiscono ai centri abitati di maggiore prossimità e sono in zona di campo lontano, come quello di “Taneto”. Questo ultimo, riferibile ad un centro abitato, benché si trovi ad oltre 3.6 km dal radar, risulta di interesse in quanto il piano di calpestio a terra è collocato circa 12 m più in alto rispetto al piano campagna della sorgente. Tutti i punti individuati sono in visibilità ottica con i rispettivi radar. Con il recente completamento della strumentazione in dotazione, è stato possibile eseguire i rilevamenti strumentali con due distinte e indipendenti catene di rilevamento, i cui elementi principali sono, da un lato, l‟analizzatore di spettro e dall‟altro, il detector e l‟oscilloscopio, offrendo, come ulteriore finalità, l‟opportunità di mettere a confronto i risultati ottenuti con i due metodi, analizzandone anche aspetti metodologici e operativi. MODALITÀ DI ESECUZIONE DELL‟INDAGINE, SET DI ESERCIZIO DEI RADAR E STRUMENTAZIONE DI MISURA Il metodo di misura prevede, per entrambe le catene utilizzate, il rilievo del campo elettrico di picco connesso all‟impulso radar, dei relativi parametri temporali che lo caratterizzano, il periodo di rotazione dell‟antenna radar e il tempo di illuminazione del recettore. La frequenza di esercizio dei radar, nota a priori nel caso di studio, è stata comunque rilevata mediante l‟analizzatore di spettro. Diversi sono gli elementi che influenzano il valore della misura nel punto di rilevamento, ma, a causa dell‟elevata direttività con cui è emesso il fascio di radiazione, sicuramente i più importanti sono costituiti dall‟alzo minimo operativo dell‟antenna radar e, conseguentemente dall‟altezza del punto di rilevamento rispetto al 56 centro elettrico della sorgente. Da tali elementi possono dipendere condizioni di forti gradienti spaziali di campo connesse alla forma molto stretta del lobo principale di radiazione. Ai fini della valutazione delle esposizioni della popolazione residente nell‟area circostante le installazioni, considerato il contesto di pianura, è pertanto opportuno prendere a riferimento un set di esercizio dei radar che preveda la rotazione dell‟antenna all‟alzo minimo operativo (+0.5° sopra l‟orizzonte) ed effettuare i rilievi ad una altezza consona a quella dell‟edificato tipologico circostante, privilegiando i luoghi a monte delle installazioni stesse. Tali condizioni dovrebbero assicurare il verificarsi del caso peggiore di esposizione al campo elettrico di picco, con il recettore che potrebbe essere investito integralmente o parzialmente dal lobo principale di radiazione del fascio radar. Sulla scorta di quanto sopra riportato, è stata attivata una modalità manuale di esercizio dei radar, non prevista nelle sequenze di normale operatività, imponendo una rotazione continua ad alzo costante come indicato nella tabella 3. In tale tabella sono pure indicati anche gli altri parametri di set utilizzati nel corso dei rilievi. La presenza di un punto di prelievo in guida d‟onda ad attenuazione nota (60 dB) presente su entrambe le apparecchiature e collocato a valle del modulatore e dello stadio finale di potenza (figura 7), ha permesso di effettuare prelievo in guida d’onda una misura diretta della P.to(60di dB disaccopiamento) potenza di alimentazione delle antenne radar e di verificare la durata e la frequenza di ripetizione degli impulsi indicate in tabella 3. Allo scopo è stato utilizzato il Power Meter R&S NRP equipaggiato con sensore per regimi pulsati NRP-Z81 Figura 7 – Sala apparati e p.to prelievo in guida d’onda. Radar Gattatico (Figura 8). 57 Power Meter R&S NRP con sensore NRP-Z81 Potenza di picco (60+20+val. letto dBm) Durata Imp. 1/PRF Figura 8 – Misura in guida d’onda: potenza di picco, PRF e durata impulsi. Radar San Pietro Capofiume Tabella 3 – Set di esercizio dei radar utilizzato nel corso dei rilevamenti L‟antenna di misura (R&S HL050) è stata collocata sul palo telescopico del mezzo mobile attrezzato, ad una altezza dal suolo di 10 m (figura 9). Tale scelta, oltre a permettere di valutare l‟esposizione in corrispondenza dei piani più alti dell‟edificato tipologico circostante, ben realizza anche le condizioni di campo imperturbato previste dalla norma CEI 211-7. Per quanto riguarda le catene di misura per i rilevamenti in campo, il set illustrato in figura 10, si basa sull‟uso dello spettro analizzatore Agilent MXA mod. N9020A e permette di eseguire la procedura descritta nel technical, scientific and research reports Vol. 2 – n. 58 Figura 9 – Mezzo mobile attrezzato e palo telescopico utilizzato per i rilievi 65-3 (2010) predisposto dal CNR-IFAC TR-08/009. Il set illustrato in Figura 11, realizza invece una catena di misura completamente nel dominio del tempo e si basa sull‟uso del Detector Agilent mod. 8474B e dell‟oscilloscopio digitale LeCroy Wave Runner mod. 6050A. Entrambi i set di misura consentono, per vie indipendenti, di rilevare gli stessi parametri d‟interesse protezionistico. Questi sono costituiti dalla potenza di picco massima che illumina il punto di rilievo, la durata dell‟impulso, il periodo di ripetizione, il periodo di rotazione dell‟antenna ed il periodo di illuminazione dell‟antenna di misura. Fa eccezione la frequenza di esercizio del radar che, nel caso della catena strumentale di figura 11 non è rilevabile. Figura 10 – Set di rilievo mediante spettro analizzatore di segnale Per il set di Figura 10 il campo elettrico di picco è determinabile mediante la relazione (a). potenza letta all’ingresso del ricevitore dBmR espressa in dBm (a) E (V/m) 10 dBmR dBAAR dBAF 13.01 20 dBAAR dB AF 59 attenuazione, espressa in dB, introdotta tra l’antenna e il ricevitore (≈6 dB) antenna factor (k), alla frequenza operativa dei radar, espresso in dB (≈36.2 dB) Figura 11 – Set di rilievo mediante Detector e Oscilloscopio Per il set di Figura 11 il campo elettrico di picco è invece determinabile mediante l‟analoga relazione (b) (b) E (V/m) 10 m Vk D dBAAD dBAF 13.01 20 mV kD dB AAD tensione letta sull’oscilloscopio espressa in mV Coefficiente di conversione del detector da mV a dBm (Figura 12) attenuazione, espressa in dB, introdotta tra l’antenna e il detector dBAF ha lo stesso significato già visto nella (a) Per la determinazione del coefficiente di conversione del detector kD è stato necessario ricorre alla sua taratura. Mediante l‟impiego del generatore Agilent MXG mod. N5182A, settato con parametri analoghi a quelli di esercizio dei radar, è stata ottenuta sperimentalmente la curva che rappresenta la tensione in uscita dal detector in funzione della potenza applicata al suo ingresso (Figura 12). Figura 12 – Curva di taratura del Detector 60 L‟oscilloscopio dispone di una discreta profondità di memoria (4 Mpts) che, associata ad una adeguata velocità di campionamento, consente in un unica rotazione dell‟antenna radar, di acquisire tutti i parametri d‟interesse. Inoltre, con la funzione di segmentazione della memoria è facilmente misurabile anche il periodo di rotazione dell‟antenna. RISULTATI E CONCLUSIONI Di seguito sono riportati, a scopo esemplificativo dell‟attività di misura svolta, alcuni “screen image” delle acquisizioni effettuate in campo relative al rilievo dei parametri: campo elettrico di picco (Figura 13a e 13b), durata degli impulsi (Figura 14a e 14b), periodo di ripetizione degli impulsi (Figura 15a e 15b), periodo di rotazione dell‟antenna radar (Figura 16a e 16b) e tempo di illuminazione (Figura 17). Le figure contraddistinte dallo stesso numero e lettere differenti si riferiscono al medesimo punto di rilievo. La lettera a) indica l‟acquisizione con il set di Figura 11 (OSC), mentre la lettera b) si riferisce al set di Figura 10 (SSA). y -2.95 dBm 53.13 mV -2.2 dBm Figura 13a – Rilievo della potenza di picco (OSC) Figura 13b – Rilievo della potenza di picco (SSA) 1.460 µs 1.495 µs Figura 14b – Rilievo dell’impulso (SSA) della Figura 14a – Rilievo della durata dell’impulso (OSC) durata 61 1.668 ms 1.668 ms Figura 15a – Rilievo del periodo di ripetizione (OSC) Figura 15b – Rilievo del periodo di ripetizione (SSA) 32.75 s 32.73 s Figura 16a – Rilievo del periodo di rotazione (OSC) Figura 16b – Rilievo del periodo di rotazione (SSA) Misura apertura lobo principale a -3 dB 90 ms corrispondenti a 0.99° Radar di Gattatico Figura 17 – Rilievo del tempo di illuminazione a –3 dB (90 ms) e al livello di sensibilità (184 ms) della catena di Figura 11 (OSC) I dati relativi alle acquisizioni dei parametri temporali inerenti la durata degli impulsi, il relativo periodo di ripetizione e quello di 62 rotazione dell‟antenna non mostrano sostanziali differenze nei valori riscontrati con entrambe le catene di rilevamento e risultano in ottimo accordo con quelli di set dei radar. Gli scarti sono infatti contenuti entro il 2-3 %. Per quanto riguarda il rilevamento del tempo di illuminazione del punto di rilievo, sono stati effettuati rilievi solo con il set di figura 11 in quanto di maggiore semplicità ed immediatezza. I dati rilevati di 90 ms (Figura 17 – radar Gattatico) e 109 ms (radar San Pietro Capofiume) si riferiscono a punti di rilievo collocati in campo lontano e pertanto risultano, al mantenimento delle citate condizioni di campo lontano, invarianti con la distanza dalla sorgente. I valori riscontrati nei punti di campo vicino non mostrano variazioni di rilievo rispetto a quanto sopra riportato. Inoltre il valore adottato, ai fini del calcolo del valore mediato per effetto della rotazione dell‟antenna, è stato assunto pari a 200 ms, certamente cautelativo rispetto ai valori riscontrati. Si noti che dalle caratteristiche radioelettriche dei radar (tabella 1), l‟apertura del lobo principale, a -3 dB, è di 0.9°, mentre dal rilievo risulta un‟apertura di 0.99° per il radar di Gattatico e di 1.2 ° per quello di San Pietro Capofiume, un risultato più che accettabile. In riferimento ai rilievi per la determinazione delle intensità dei campi elettrici che investono l‟antenna di misura, attraverso le relazioni (a) e (b) riportate in precedenza, sono stati calcolati i valori di picco riportati nella tabella 4. I Tabella 4 – Risultati dei rilievi del campo elettrico di picco e confronto dei valori ottenuti con le due catene strumentali interessante notare che le due metodiche di rilievo evidenziano valori in ottimo accordo, con scarti inferiori al dB in tutti i punti ad 63 esclusione di quello relativo al Museo Cervi in cui si riscontrano 1.1 dB. Il DPCM 8 luglio 2003 (art. 1 comma 3), prevede che la disciplina inerente la regolamentazione delle esposizioni prodotte da installazioni radar, venga rimandata a successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi ai sensi dell'art. 4, comma 2, lettera a), della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Allo stato attuale, dovendo riscontrare il persistere del vuoto normativo dovuto alla mancata emanazione del succitato decreto, occorre pertanto prendere a riferimento l‟autorevole standard costituito dalla linee guida della Commissione Internazionale di Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP) emanate nel 1998, recentemente riconfermate (dichiarazione ICNIRP 2009) e recepite anche nell‟ordinamento europeo (Raccomandazione dell‟Unione Europea 12/07/1999). Tali linee guida, per i radar oggetto dell‟indagine, prevedono di non superare un‟intensità di picco del campo elettrico pari a 1952 V/m ed un valore mediato, su un qualunque arco di 6 minuti, di 61 V/m. Pertanto, per completare la valutazione dei valori di campo elettromagnetico rilevati rispetto allo standard adottato, occorre procedere al calcolo dei valori medi a partire da quelli di picco misurati, tenuto conto delle caratteristiche emissive (durata e periodo di ripetizione degli impulsi, periodo di rotazione dell‟antenna, tempo di illuminazione e sequenze di esercizio). Al fine di semplificare il calcolo in senso conservativo, sono state ipotizzate due situazioni limite riferibili solo ad anomalie di funzionamento, difficilmente riscontrabili nella pratica a causa dell‟intervento dei sistemi di protezione di blocco radiazione. Si tratta delle situazioni di (1) antenna ferma e (2) antenna rotante, in entrambi i casi all‟alzo minimo di esercizio utilizzato anche per i rilievi. Il tempo di illuminazione del recettore è stato considerato uguale a 200 ms (oltre il doppio di quello effettivamente misurato) e sono stati impiegati nel calcolo i valori di picco più elevati misurati con le due catene di misura utilizzate. I valori così calcolati sono riportati nella tabella 5 e rappresentano stime conservative dei valori medi di campo elettrico su un qualunque arco di 6 minuti, rispetto a quelli che caratterizzano il normale esercizio. Sulla scorta dei dati riportati nelle tabelle 4 e 5 si 64 può pertanto concludere che sia i valori di campo elettrico di picco che mediati su 6 minuti risultano ampiamente al disotto dei livelli di riferimento definiti dallo standard di protezione adottato. Dal punto di vista Tabella 5 – Valori medi del campo elettrico calcolato metodologico vale la pena nei punti di rilievo come specificato nel testo evidenziare come l‟impiego dell‟oscilloscopio e del detector consenta, nel caso esaminato e tenuto conto di alcune caratteristiche disponibili in generale solo su oscilloscopi di fascia medio-alta (discreta profondità di memoria e segmentazione), di acquisire in un‟unica rotazione dell‟antenna tutti parametri d‟interesse ad eccezione della frequenza di esercizio del radar, parametro fondamentale per l‟applicazione dei pertinenti livelli di riferimento da non superarsi e la determinazione del fattore d‟antenna. Al contrario, con lo spettro analizzatore è necessario attendere diverse rotazioni ed effettuare specifici settaggi in relazione al parametro da rilevare: è necessario possedere la funzione “zero span” ed avere una “RBW” sufficientemente ampia da contenere lo spettro dell‟impulso. Per contro, il minimo campo elettrico rilevabile con l‟analizzatore è di gran lunga inferiore a quello misurabile con l‟oscilloscopio. In merito alla localizzazione dei punti di rilievo, osservando la tabella 4, occorre rilevare che i valori a maggiore intensità (punti “Taneto” e “SPCF 2”) sono stati rilevati nei luoghi altimetricamente più elevati (+12 m per Taneto e +2.5 m per SPCF 2), anche se collocati a maggiore distanza. Il caso di Taneto è particolarmente esemplificativo. Il punto si trova circa tre volte più lontano rispetto a quello di Caprara e nonostante ciò il valore rilevato è più del doppio. Ciò conferma quanto già espresso in merito all‟attenzione e cura con cui individuare i punti di rilevamento con particolare riferimento alla quota altimetrica. 65 BIBLIOGRAFIA [1] M. Bini, A. Ignesti, C. Riminesi: “Misure sul Radar Meteorologico di Gattatico (Reggio Emilia)” Technical, Scientific and Research reports Vol. 2 – n. 65-6 (2010), CNR-IFAC TR-06-1/009; [2] M. Bini, A. Ignesti, C. Riminesi: “Procedura per la misura di Campi EM emessi da impianti Radar utilizzabile in campagne di Sorveglianza Fisica Ambientale” Technical, Scientific and Research reports Vol. 2 – n. 65-3 (2010), CNR-IFAC TR-08/009; [3] M. Bini, A. Ignesti, C. Riminesi: “Misure sul Radar di Maccarese (Fiumicino -Roma)” Technical, Scientific and Research reports Vol. 2 – n. 65-4 (2010), CNR-IFAC TR-02-1/010; [4] M. Bini, A. Ignesti, C. Riminesi: “Misura del campo EM emesso dal Radar Primario ATCR-33S installato presso l'aeroporto di Firenze-Peretola” Technical, Scientific and Research reports Vol. 2 – n. 65-5 (2010), CNR-IFAC TR-01/010; [5] C. Riminesi: “Introduzione al Radar: principio di funzionamento, radar a impulsi e doppler, esposizione provocata da un apparato radar” Dispense CNRIFAC 17 dicembre 2003; [6] D. Andreuccetti, M. Bini, A. Ignesti, R. Olmi, R. Vanni: “Sorveglianza Fisica di installazioni Radar” Report N. EP/AO-I13 Giugno 1988 CNR-IROE; [7] “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettromagnetici nell‟intervallo di frequenza 10 kHz - 300 GHz, con riferimento all‟esposizione umana” Norma CEI 211-7 2001-01, Fascicolo 5909; [8] “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettromagnetici nell‟intervallo di frequenza 10 kHz - 300 GHz, con riferimento all‟esposizione umana Appendice B: Misura e valutazione del campo elettromagnetico emesso dagli impianti radar di potenza” Norma CEI 211-7/B 2008-01, Fascicolo 9167 66 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 MODELLIZZAZIONE DI UN SITO COMPLESSO: RADIO VATICANA A SANTA MARIA DI GALERIA (RM) V. Canè, A. Colombini, S. Corona, S. Curcuruto, M. Stortini, M. Riccardi, C. Baratta ISPRA ABSTRACT Le molteplici attività di misurazione e di monitoraggio, che l‟ISPRA ha effettuato dal 2000 ad oggi intorno al Centro Trasmittente ad onde corte e medie di S. Maria di Galeria, hanno consentito la realizzazione di una banca dati contenente i risultati delle misure di campo elettrico e magnetico nei siti scelti dalla Commissione Bilaterale Italia – Santa Sede, ritenuti maggiormente rappresentativi dell‟esposizione della popolazione ai CEM. Tale ricchezza di dati ha costituito un fondamento importante per la realizzazione di simulazioni grafiche del campo elettrico generato dal funzionamento, non simultaneo, delle oltre 30 antenne in onde corte e delle due in onde medie, attraverso le quali le trasmissioni radiofoniche vengono inviate in ogni parte del mondo. Tali simulazioni interessano l‟ampia porzione di territorio circostante il Centro Trasmittente, sebbene la maggior parte delle trasmissioni, specialmente quelle in onde corte, siano impiegate per raggiungere le zone più lontane del mondo, mediante riflessioni multiple tra ionosfera e superficie terrestre. La modellizzazione delle emissioni elettromagnetiche generate dalle antenne di Radio Vaticana, effettuata dai tecnici dell‟ISPRA, allo stato attuale, permette di prevedere l‟impatto elettromagnetico delle numerose configurazioni che il Centro Trasmittente potenzialmente è in grado di generare, consentendo di valutare a priori l‟instaurarsi di situazioni di criticità che si potrebbero presentare sul territorio circostante, mediante l‟analisi dei valori attesi nei cosiddetti “punti di controllo”. Alla luce di quanto 67 affermato, l‟attività strumentale di misura tende a configurarsi come importante fase di verifica dei valori attesi, laddove essi si avvicinino a determinate soglie, e non più come imprescindibile “first step” dell‟attività di vigilanza che l‟Istituto conduce da circa un decennio. L'ATTIVITÀ DI MISURA CONDOTTA DA ISPRA Le numerose campagne di misura che ISPRA ha condotto, dapprima come ANPA, poi successivamente come APAT, hanno consentito di raccogliere numerosi dati di misura (si parla di circa un migliaio di misure effettuate dal 2000 ad oggi) che hanno costituito la banca dati alla quale si è attinto per la creazione di un modello previsionale di impatto elettromagnetico delle numerose sorgenti dislocate nel Centro Trasmittente di Radio Vaticana a Cesano (RM). Il Centro Trasmittente, oggetto del presente studio, come ben noto, è costituito da numerose antenne, più precisamente: - 28 antenne fisse ad onde corte; - 3 antenne rotanti ad onde corte a 360°; - 2 sistemi di antenne ad onde medie. Inoltre, abbiamo: - 6 diagrammi di radiazione diversi sul piano orizzontale per 11 antenne fisse (ognuna delle 11 antenne può trasmettere in 6 direzioni spaziali diverse); - 4 diagrammi di radiazione diversi sul piano orizzontale per altre 13 antenne fisse (ognuna delle 13 antenne può trasmettere in 4 direzioni spaziali diverse); - 3 diagrammi di radiazione diversi sul piano orizzontale per altre 3 antenne fisse (ognuna delle 3 antenne può trasmettere in 3 direzioni spaziali diverse); - 2 antenne fisse ad onde corte con possibilità di trasmissione verso un‟unica direzione; 68 - numerosi diagrammi verticali di radiazione dipendenti dalla frequenza di trasmissione per ogni antenna fissa ad onde corte; - 2 diagrammi di radiazione sul piano orizzontale per l‟antenna ad onde medie denominata “4 torri”; - 1 diagramma di radiazione sul piano orizzontale l‟antenna denominata “Omni”. per Diagramma di radiazione azimutale di un antenna fissa ad onde corte Questi numeri sono riportati per far comprendere al meglio la difficoltà di analisi di una realtà così complessa e la necessità di dover individuare un modello tale da garantire che le rilevazioni strumentali, finora condotte con estrema periodicità, possano rappresentare fondamentalmente un‟attività secondaria di approfondimento di eventuali situazioni critiche che si dovessero evidenziare a seguito di nuove condizioni operative delle antenne. In generale, è possibile affermare che, nelle ultime campagne di misura delle emissioni elettromagnetiche generate dalle antenne di Radio Vaticana, sia stata riscontrata una situazione di sostanziale 69 rispetto dei limiti vigenti che perdura ormai dal 2002, anno in cui l‟emittente ha provveduto a mettere in atto delle azioni di risanamento volte a contenere il campo elettromagnetico prodotto. Le azioni di risanamento sono state volte principalmente alla riduzione della potenza di trasmissione delle onde medie, altre azioni si sono concretizzate nello spostamento di alcune trasmissioni sulle antenne fisse più interne e nell'utilizzo delle nuove tecnologie informatiche per l‟invio di quelle programmazioni destinate ai paesi più lontani come il Giappone. Ancora oggi, in ogni caso, le onde corte restano ampiamente utilizzate a livello internazionale in quanto costituiscono il mezzo di diffusione più sicuro e più economico dei programmi radiofonici, assicurandone l‟impossibilità di manomissione dei contenuti da parte di terzi per motivi politici o religiosi. ASPETTI NORMATIVI E SITI DI MISURA La problematica legata ai superamenti dei limiti italiani da parte dell'emittente radiofonica è sorta nel momento in cui lo stato italiano ha introdotto, dapprima nel 1998 e successivamente nel 2001, delle disposizioni normative a tutela dell'ambiente e della popolazione, concernenti le emissioni elettromagnetiche, anche nel campo di frequenze della radio trasmissione. Da quel momento, infatti, la Radio Vaticana, che sino a quel momento rispettava gli standard internazionali di emissione, si è trovata di fronte ad una normativa che imponeva dei limiti ben più restrittivi e solo con l'istituzione di una commissione bilaterale nel 2001 sono stati risolti i problemi di compatibilità tra le varie normative e si è scelta la strada dell‟adeguamento alla normativa italiana. Pertanto, se nelle misurazioni condotte fino al 2002, si sono riscontrati dei valori superiori a 6 V/m, nelle pertinenze esterne di abitazioni limitrofe, è pur vero che i valori misurati risultavano, comunque, inferiori agli standard internazionali fino a quel momento ritenuti unici valori di confronto. Intanto, lo sviluppo edilizio non ha visto tregua ed è stato tale da spingere continuamente ISPRA a condurre periodici sopralluoghi tecnici nelle aree di nuova costruzione alla ricerca di eventuali ulteriori situazioni di criticità. Il notevole sviluppo edilizio dell‟ultimo decennio a Cesano e dintorni, oltre a poter creare nuove 70 condizioni espositive critiche, ha contribuito a mutare il quadro espositivo generale, finora verificato intorno all‟emittente della Santa Sede. Le nuove costruzioni, infatti, soprattutto se a più livelli ed in prossimità del muro di cinta del Centro Trasmittente, modificano notevolmente la distribuzione del campo elettrico generato dalle antenne in onde medie, ed è proprio per questo motivo che l'attività di sopralluogo strumentale condotta da ISPRA è stata periodica ed approfondita. Il problema non si pone per le onde corte, il cui fascio di radiazione è inviato verso la ionosfera e assai più difficilmente intercetta gli edifici, a meno che non abbiano un'altezza sufficientemente elevata. Elaborazione con ArcGIS dell'impatto contemporaneo di 8 antenne fisse ad onde corte Le elaborazioni grafiche prodotte si basano sui valori di campo elettrico misurato presso 11 siti prestabiliti. Tali siti sono stati individuati a seguito di numerose riunioni tecniche, nell‟aprile 2001, perchè valutati come maggiormente significativi in termini di sensibilità, esposizione e distanza. In realtà, si è visto quasi 71 immediatamente che la vicinanza dei siti al muro di cinta non è sinonimo di elevata esposizione o di minore distanza dalle antenne, anzi, si rilevano proprio nei siti più vicini ridotti livelli di campo, inferiori anche a valori riscontrati a centinaia di metri dal muro di cinta. Tale apparente paradosso trova la sua spiegazione nella natura della propagazione delle onde corte e delle onde medie e nelle numerose problematiche che in questo studio si cerca di illustrare. I siti sono disposti intorno al muro di cinta a varie distanze dalle antenne trasmittenti: il più lontano si trova a circa 2,5 km, mentre il più vicino è ad una trentina di metri dalle antenne ad onde corte del ramo sud e dalla Antenna Rotante 1 (R1). Tra i due estremi, gli altri 9 siti si situano ad altezza diverse dal piano campagna: un sito è costituito da un terrazzo all‟ottavo piano di un edificio, mentre un altro è ubicato sul terrazzo di una palazzina di 3 piani e altri due sono edifici scolastici. In ciascuno di essi, le misurazioni vengono eseguite nel punto in cui i livelli di campo elettrico sono più elevati. Tale punto viene individuato a seguito di uno screening condotto con strumentazione in banda larga quando le trasmissioni sono in aria. Infine, solo due siti si trovano in campo vicino relativamente alle antenne ad onde corte. Rappresentazione della totalità dei diagrammi azimutali di radiazione delle antenne fisse ad onde corte su ArcGIS 72 PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA PROPAGAZIONE DELLE ONDE MEDIE E DELLE ONDE CORTE I problemi di propagazione delle onde medie sono oggetto di studio dagli inizi del secolo scorso e, negli ultimi anni, si è cercato di sviluppare dei metodi predittivi di propagazione che, però, non sono risultati adeguati, se applicati in zone edificate, come risulta essere la zona in cui solitamente sono state effettuate le misure da ISPRA. È risultato, infatti, che nella propagazione attraverso le città, o in territori densamente abitati, le onde elettromagnetiche subiscano un‟attenuazione imprevista, tanto più elevata quanto più è alta la frequenza (sempre rimanendo nel range di frequenza delle onde medie). Questa variazione dell‟intensità di campo elettrico o magnetico, allontanandosi dalla sorgente, non sembra seguire delle leggi univoche e tali da permettere di stabilire una relazione costante tra campo elettrico e campo magnetico in certe zone densamente abitate (1). Altri studi sembrano confermare che l‟attenuazione del campo elettrico causata, per esempio, dagli edifici o dagli alberi non dipenda dalla frequenza, ma rimanga costante al variare della stessa, mentre il campo magnetico sembra essere meno influenzato dalla presenza di ostacoli o dalla disomogeneità del terreno (2,3). Oltre a dover considerare le problematiche connesse alla presenza di ostacoli lungo la via di propagazione delle onde, si è dovuto tenere debitamente in conto il problema della variabilità delle intensità dei campi, nel breve e nel lungo periodo, imputabili alle variazioni diurne e stagionali della composizione elettronica degli strati dell‟atmosfera (4,5). Le onde elettromagnetiche, per loro natura, rappresentano una forma di propagazione di energia e sono soggette a fenomeni di riflessione, rifrazione e diffrazione che ne permettono la propagazione anche su lunghissime distanze; inoltre, sono soggette a fenomeni di fading e di assorbimento per diverse cause, tra le quali possiamo citare in primo luogo le perdite per assorbimento ionosferico e quelle dovute all‟attività solare. Le quote di energia che si perdono a causa di questi ed altri fattori possono comportare variazioni stagionali, nonché giornaliere, dei valori di campo elettromagnetico rilevabile sul terreno. Inoltre, una variazione dei valori di campo elettrico 73 attesi, seppure di entità più modesta, si registra in presenza di ostacoli di altezza almeno pari a λ/8 (dove λ è la lunghezza dell‟onda incidente in metri). Tale variazione, soprattutto nelle grandi città, è imputabile alla presenza di edifici che possono causare fenomeni locali di riflessione o di scattering (3) e potrebbe essere oggetto di prossimi studi di approfondimento. In particolar modo, nei siti di misura definiti dalla Commissione Bilaterale nella seduta dell‟aprile 2001, si sono registrati nel 2004 valori di campo elettrico inferiori a quelli registrati nel 2008, nonché nell‟ultima campagna di misure ancora in corso. Le cause alla base del fenomeno osservato sono attualmente oggetto di approfondimento; è comunque da rilevare che le misurazioni del 2004 sono state condotte nei mesi invernali e di notte, periodo durante il quale la propagazione per via ionosferica risulta generalmente più forte; mentre, le misurazioni del 2008 sono state condotte nel periodo estivo e solitamente in mattinata. Nella letteratura scientifica sono numerosi gli studi che descrivono variazioni giornaliere dei valori di campo elettrico, dovute in parte al fatto che l‟assorbimento ionosferico è variabile con la latitudine ed in parte all‟attenuazione subita dalle onde a causa dell‟attività solare, anch‟essa variabile con la latitudine (6,7). Le frequenze in esame si possono propagare sia per onda di superficie sia per riflessione ionosferica. Un tipo di propagazione può essere preponderante rispetto all‟altro in funzione dell‟attitudine dello strato ionosferico ad essere attraversato dalle onde elettromagnetiche alle frequenze che sono oggetto del presente studio. In generale, le onde medie si propagano per onda di terra durante il giorno, mentre nelle ore notturne è assodato che in parte si propaghino anche per onda di cielo. Le onde corte, invece, sono inviate direttamente verso l‟alto, più precisamente verso la ionosfera, dove subiscono una o più riflessioni per ricadere, infine, nell‟area di utenza. 74 Rappresentazione degli strati dell’atmosfera SIMULAZIONI L‟attività di modellizzazione della complessa realtà fin qui descritta è stata realizzata da ISPRA in questi ultimi anni e si propone lo scopo di poter predire, in linea di massima, il campo elettrico che è possibile riscontrare strumentalmente intorno all‟emittente vaticana, mediante la metodologia di seguito illustrata (composizione delle varie trasmissioni del palinsesto radiofonico effettuata sommando i singoli contributi del campo elettrico prodotto da ciascuna antenna attiva). Laddove la simulazione dovesse predire la possibilità di riscontrare valori di campo superiori a 5,0 V/m, si renderebbe sicuramente auspicabile il confronto con il risultato di una misura strumentale. Fondamentalmente, questa possibilità potrebbe verificarsi per le seguenti cause: 1. Variazione delle condizioni al contorno (costruzione di nuovi edifici, modifiche sostanziali degli edifici già esistenti, etc.); 2. Modifica delle esigenze di trasmissione (aumento della potenza di trasmissione, utilizzo delle antenne rotanti in posizioni diverse da quelle già controllate, etc.); 75 3. Aumento del campo elettrico di fondo (imputabile ad es. all‟installazione di impianti SRB nelle vicinanze o di altri dispositivi generanti radiofrequenze e non riguardanti le finalità di trasmissione dell‟emittente vaticana). L‟attività di sopralluogo, finalizzata all‟accertamento che non vi siano variazioni di cui al primo punto, ha permesso di evidenziare un recente e crescente sviluppo edilizio che interessa Cesano e quartieri limitrofi. Tale sviluppo, proprio per la possibilità di creare nuove condizioni espositive critiche, rende mutevole il quadro espositivo generale e deve essere mantenuto il più possibile sotto controllo dagli organi preposti. Le variazioni di cui al punto 2, invece, essendo pienamente prevedibili, comportano una modifica dell‟impatto elettromagnetico facilmente valutabile, sia a livello globale che a livello locale, per via numerica e per via strumentale. Per quanto concerne le nuove installazioni di strutture o dispositivi generanti campi elettromagnetici a radiofrequenza, di cui al terzo punto, esse vanno ad insistere su un territorio il cui valore di fondo elettromagnetico, misurato con tutte le antenne del centro non attive, è stato valutato continuamente nel corso degli anni. L‟eventuale aumento del fondo, imputabile a queste strutture e non prevedibile nel breve, così come nel lungo periodo, influenza il valore di campo elettrico riscontrabile in banda larga in un punto del territorio circostante il Centro Trasmittente e potrebbe, pertanto, portare ad uno scarto superiore a quello preventivato tra i valori della simulazione e quelli delle misure. Le numerose prove che sono state condotte, con controllo della potenza dei trasmettitori, all‟interno del muro di cinta del Centro hanno permesso di rilevare, in alcuni punti, valori inferiori ai limiti per le onde medie; tutto ciò ha permesso, anche, di valutare l‟applicabilità delle formule di propagazione in spazio libero per il calcolo del valore di campo elettrico atteso. In effetti, lo spazio circostante non può considerarsi propriamente “libero”, per la presenza di torri metalliche di elevata altezza e per la disomogeneità del terreno su cui si sviluppa il centro. L‟area su cui sorgono le numerose strutture metalliche di supporto ai sistemi irradianti è, 76 difatti, lungi dal poter essere considerata perfettamente pianeggiante ed è divisa a metà da un fossato in cui scorre un corso d‟acqua. La propagazione delle onde elettromagnetiche in quel range di frequenze è molto sensibile alla tipologia di terreno attraversato perché, come confermato da alcuni studi, in ambiente edificato il campo elettrico misurato risulta mediamente inferiore al valore atteso per via teorica. Inoltre, seppur in minima parte, le suddette strutture possono modificare, riflettendolo, il percorso di propagazione di un fascio di radiazione generato altrove. Quest'ultimo aspetto si rivela di fondamentale importanza in campo vicino dove l'influenza dei lobi secondari, soprattutto se riflessi, può portare a rilevare, per via strumentale, valori di campo elettrico inattesi. METODOLOGIA DI SVILUPPO DELLA SIMULAZIONE DI IMPATTO Due programmi sono alla base delle modellizzazioni realizzate: EFC 400 e ArcGIS. Il primo è un software di calcolo dei campi elettromagnetici e della densità di potenza in accordo con la norma DIN VDE 0848, mentre ArcGIS ha fornito importanti strumenti per l'editing, l'analisi dei dati geospaziali e la produzione di cartografia, nonché per la creazione e la gestione di modelli di dati e di elaborazione molto sofisticati. Le simulazioni sono state eseguite con il programma EFC 400: tutte le antenne sono state individuate su una griglia di calcolo e per ciascuna di esse sono stati importati i diagrammi di radiazione orizzontali e verticali. Successivamente, con il programma ARCGIS sono state prodotte centinaia di shapefiles contenenti i vari diagrammi di radiazione orizzontale delle antenne, per ciascuna delle quali è stato individuato il centro elettrico, e sono stati individuati gli 11 siti di controllo e gli ostacoli interposti lungo la via di propagazione antenna-sito. 77 Esempio di calcolo dell'impatto prodotto da due onde medie e due onde corte mediante il programma EFC 400 Come ultimo passo, sono stati sovrapposti i grafici ottenuti con EFC 400 e gli shapefiles elaborati in ArcGIS. È stato possibile ottenere una perfetta coincidenza tra le due elaborazioni in termini spaziali grazie al rilevamento in situ delle coordinate geografiche di ciascuna antenna e delle distanze relative tra ciascuna di esse. Le direzioni di propagazione del fascio di radiazione sono state individuate geograficamente. Le ipotesi alla base dello studio sono che il terreno sia perfettamente pianeggiante e privo di ostacoli. Il fascio di radiazione elettromagnetica generato da ciascuna antenna si ipotizza che si propaghi senza ostacoli nello spazio libero e che, quindi, non vi siano edifici nelle zone circostanti. Pertanto, il campo realmente misurato nel corso delle campagne di misura è solitamente inferiore ai valori ottenuti utilizzando il modello, anche per quanto espresso nel paragrafo sulle problematiche di propagazione. Questo fa sì che il modello sia ampiamente cautelativo e, quindi, a maggior tutela della popolazione residente nei dintorni.Nella scelta dei diagrammi di radiazione, per ciascuna antenna, sono stati scelti quelli maggiormente impattanti sul territorio, al fine di prevedere un campo massimo assai difficilmente superabile. Laddove dovessero notarsi, a seguito di simulazione, delle situazioni critiche, lo studio prevede un ulteriore passo di approfondimento ad un maggiore livello di dettaglio, in cui alle ipotesi cautelative, fin qui introdotte, vengano aggiunti gli eventuali effetti di schermatura offerti dagli ostacoli 78 presenti sul territorio e gli effetti dovuti all'andamento morfologico del terreno. La modellizzazione è stata calibrata sui risultati delle misurazioni effettuate nelle campagne di misura dal 2004 ad oggi (i risultati delle misurazioni condotte prima del risanamento non sono stati presi in considerazione in quanto non rappresentano i livelli espositivi attuali). La creazione del modello si è resa possibile implementando, innanzitutto, i diagrammi di irradiazione delle antenne ad onde medie e di quelle ad onde corte. Sono state individuate sul territorio le effettive direzioni di emissione in quanto quasi tutte le antenne fisse ad onde corte, grazie ad ingegnosi meccanismi di riflessione e di direzionamento, sono in grado di inviare il fascio principale di radiazione verso 6 direzioni principali sul piano orizzontale, eccezion fatta per le antenne rotanti che possono essere direzionate, di volta in volta, con angoli compresi tra 0° e 360° e con potenze fino a 500 kW. L‟analisi dell‟influenza di eventuali lobi secondari di radiazione è stata realizzata mediante uno studio approfondito sui numerosi diagrammi orizzontali di radiazione delle antenne più vicine a ciascun sito, sulla base del quale sono state condotte specifiche simulazioni e numerose prove di confronto sul campo.La variabilità puntuale del campo elettrico presso ciascun sito di misura, dovuta alla presenza di materiali metallici, all‟andamento e tipologia del terreno, rende inutile il confronto numerico tra risultato del modello e risultato di misura oltre la prima cifra decimale. Si è, pertanto, deciso di arrotondare sempre per eccesso entrambi i valori e di considerare significativa solo la prima cifra decimale, in modo da avere maggiore semplicità di lettura.La configurazione emissiva prescelta, tra le molteplici possibili, ai fini della validazione del modello, è stata quella che prevede la trasmissione contemporanea delle due onde medie e che rappresenta, per tutti i siti in campo lontano, dal 70 % al 90% del campo elettrico misurato in banda stretta. I valori che si ottengono dal modello nella fascia immediatamente adiacente al perimetro del Centro sono quelli che presentano il maggiore scarto rispetto ai valori realmente misurati (intorno al 77%), in quanto il muro di cinta modifica sostanzialmente la distribuzione del campo elettrico. Per questo motivo, sono stati presi in considerazione, ai fini 79 della validazione del modello, solamente i 5 siti che si trovano in vista diretta delle antenne senza che vi sia alcun ostacolo alla libera propagazione delle onde verso di essi. Confrontando i valori ottenuti dalla modellizzazione con i risultati delle misure si ottiene uno scarto medio, per i 5 siti, pari a circa il 4% per la configurazione di riferimento; ciò vuol dire che il modello sovrastima leggermente il campo elettrico effettivamente presente all'atto delle misurazioni. RISULTATI RISULTATI SCARTO MISURAZIONE SIMULAZIONE MISURAZIONE/SIMULAZIONE* (V/m) (V/m) (%) 3.4 3.6 5.3 4.5 4.6 1.3 3.3 3.5 5.1 4.5 4.8 6.8 3.1 3.2 2.8 *Il calcolo dello scarto viene eseguito tenendo conto delle prime due cifre decimali dei risultati di misura e simulazione Per i restanti siti che sono o in campo vicino oppure non sono in vista diretta delle antenne (ovvero sono presenti edifici o ostacoli lungo la via di propagazione), il modello fornisce valori di gran lunga più cautelativi per le ipotesi che sono state effettuate e che sono alla base dello stesso. In particolare, uno dei due siti in campo vicino, dal 2000 ad oggi, è stato interessato da numerose azioni di risanamento grazie alle quali l‟emittente vaticana ha notevolmente ridotto gli impatti indotti dalle onde generate da alcune antenne nelle apparecchiature e nei dispositivi utilizzati dagli abitanti. La simulazione effettuata per questo sito fornisce valori sensibilmente più alti rispetto a quelli misurati nel corso delle numerose campagne effettuate. La motivazione di questo scarto elevato risiede nel fatto che la postazione di misura è prossima al muro di cinta del Centro, al muro di protezione della proprietà e, pertanto, il campo elettrico è profondamente modificato dalle due strutture e dalla vegetazione che si frappone tra lo strumento di misura e le antenne. Pur essendo 80 molto vicino alle antenne, in questo sito raramente si riscontrano valori superiori ad 1 V/m sommando i contributi di entrambe le onde medie. Esempio di rappresentazione geospaziale dell'impatto prodotto dalle due onde medie (in blu è evidenziato il perimetro del Centro Trasmittente, in rosso gli undici siti di controllo, in rosa il diagramma azimutale dell’antenna “4 Torri”, in verde quello dell’antenna “Omni”) Per quanto concerne le onde corte, le varie configurazioni emissive di una delle antenne più vicine, studiate nelle giornate di misura condotte nel 2004, hanno permesso di stabilire le configurazioni compatibili con bassi valori di esposizione e quelle che non sono compatibili. Sono stati, altresì, condotti degli studi su altre antenne altrettanto vicine per le quali, però, le configuraioni emissive non hanno richiesto ulteriori approfondimenti a causa dei bassi valori generati. Generalmente, si è ravvisato che il campo dovuto alle antenne ad onde corte antistanti il giardino dell‟abitazione sia preponderante rispetto a quello generato dalla antenne ad onde medie che distano più di un chilometro. Nella seguente tabella, si riportano i valori degli scarti ottenuti per entrambi i siti che si trovano in campo vicino per la configurazione di riferimento. 81 RISULTATI RISULTATI SCARTO* MISURAZIONE SIMULAZIONE MISURAZIONE/SIMULAZIONE (V/m) (V/m) (%) 0.2 1.0 77.4 0.3 1.3 77.9 *Il calcolo dello scarto viene eseguito tenendo conto delle prime due cifre decimali dei risultati di misura e simulazione Per entrambe le scuole, si riportano i valori degli scarti ottenuti nella seguente tabella. Entrambe le strutture sono distanti più di un chilometro dalle antenne e, pertanto, sono presenti numerosi ostacoli lungo la via di propagazione delle onde che causano valori di scarto più elevati della media. RISULTATI MISURAZIONE (V/m) RISULTATI SIMULAZIONE (V/m) SCARTO* MISURE/SIMULAZIONE (%) 1.5 0.7 2.5 0.8 41.6 14.5 *Il calcolo dello scarto viene eseguito tenendo conto delle prime due cifre decimali dei risultati di misura e simulazione Simulazione dell'impatto prodotto da una configurazione di trasmissione dell'emittente 82 CONCLUSIONI Il percorso che ha portato allo sviluppo delle modellizzazioni delle configurazioni del palinsesto radiofonico della Radio Vaticana è partito dalla realizzazione di una banca dati relativa a ciascuna delle antenne trasmittenti, alla relativa potenza di trasmissione, alla frequenza utilizzata e ai valori del campo elettrico rilevati da ISPRA nell'ultimo decennio negli undici siti di controllo.Gli undici siti sono stati individuati, a seguito di numerose riunioni tra i tecnici dei vari enti coinvolti dalla Commissione Bilaterale Italia - Santa Sede, sulla base della vicinanza al centro trasmittente, della presenza di scuole, giardini e spazi adibiti alla permanenza delle persone, delle problematiche di compatibilità elettromagnetica evidenziate dai relativi proprietari, etc.Dato che, alla base di tali previsioni, sono state esaminate centinaia di misure condotte dal 2000 ad oggi, appare chiaro che le rilevazioni strumentali, finora condotte, possono rappresentare fondamentalmente un‟attività secondaria di approfondimento di eventuali situazioni critiche che si dovessero evidenziare a seguito di nuove condizioni operative delle antenne. Lo sviluppo delle modellizzazioni, nel prossimo futuro, prevede la realizzazione di shapefiles in cui verranno individuati gli edifici più alti ed altri eventuali ostacoli alla libera propagazione delle onde elettromagnetiche, nonché l'implementazione dell'orografia del terreno nell'ampia area geografica oggetto dello studio. Parallelamente, proseguirà l'attività strumentale di studio ed approfondimento sulla variabilità stagionale e diurna delle onde, sulle metodiche di misura più corrette per il loro rilevamento e sulla risposta della strumentazione di misura in presenza di campi di siffatta natura. 83 BIBLIOGRAFIA (1) ”Electric/magnetic field ratios of ground waves in a realistic terrain” di J. H. Causebrook (2) ”Medium waves propagation in built-up areas” di J. H. Causebrook (3) “Investigation into effects of buildings near broadcasting antenna on far fields using a finite-difference method” di Zhang Yongling, Kong Fanli e Wang Zheng (4) ”A test of the existence of the conducting layer” di G. Breit e M. A. Tuve (5) ”Seasonal variation of LF/MF sky-wave field strengths” di John C. H. Wang (6) ”Propagation of broadcast transmissions” di John C. H. Wang (7) ”Variability in surface atmospheric electric field measurements” di A. J. Bennett e R. G.. Harrison 84 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 COMPORTAMENTO DELLE SONDE DI CAMPO ELETTRICO IN AMBIENTE MULTISORGENTE E MULTIFREQUENZA. A. Sansone Santamaria, S. La Placa A.R.P.A. Sicilia – Struttura Territoriale di Palermo SOMMARIO Le sonde isotropiche di campo elettrico, composte da dipoli passivi di piccole dimensioni che alimentano carichi non lineari in funzione di rivelatore RF (diodo Schottky), sono calibrate con segnali standard a singola sorgente e a singola frequenza ma sovente operano in ambienti radioelettrici molto più complessi poiché coinvolgono sorgenti multiple o a frequenza multipla. In tali scenari la dipendenza dal tempo dell‟inviluppo del segnale rilevato, elemento critico per il diodo, può essere notevolmente differente rispetto alla risposta della calibrazione. Il presente lavoro mette a confronto le risposte di tre sonde di campo elettrico poste in un ambiente in cui si sono ricreate le condizioni di sorgente multipla a multipla frequenza. Si vedrà come le risposte delle sonde sono diverse le une dalle altre non appena i contributi delle sorgenti tendono ad aumentare e sarà mostrata una soluzione approssimata di un circuito semplificato “dipolo-diodo” con cui sarà possibile stimare alcuni parametri delle sonde. INTRODUZIONE Le sonde EMF sono calibrate con singole sorgenti a singola frequenza; la calibrazione fornisce dei parametri correttivi estesi alla gamma di frequenza di funzionamento a diversi livelli di intensità di campo stabiliti rispetto alla dinamica della sonda. Il loro comportamento in ambienti radioelettrici complessi richiede una valutazione attenta della risposta delle sonde soprattutto quando si è in presenza di valori che si approssimano alle soglie stabilite per Legge. 85 Scopo del presente lavoro è quello di analizzare le deviazioni dei parametri di calibrazione delle sonde classiche in ambienti radioelettrici multisorgente/multifrequenza e ricavare dei fattori di correzione rispetto alla risposta in ambiente di calibrazione standard in modo tale da evidenziarne lo scostamento; il fattore di correzione ritenuto più efficace ha la seguente forma: #n ( dBm) R #n E multi ( dBm) ECW ( dBm) [dB] dove : # n con n 1,2,3 PREPARAZIONE DELLA MISURA Il range di frequenza utilizzato nel presente studio è quello delle trasmissioni FM di broadcasting poiché presenti nei multi siti radio/tv nei quali si rilevano i valori di campo elettrico più elevati. Le misure sono state effettuate in cella GTEM adoperando le seguenti sonde isotropiche: 1. Holaday HI 6005; 2. PMM EP 330; 3. PMM EP 333. Nella cella GTEM sono stati inviati segnali FM generati da 4 trasmettitori commerciali alle seguenti frequenze: 1. 92,9 MHz 2. 100,3 MHz 3. 103,3 MHz 4. 107,8 MHz secondo lo schema circuitale di figura n. 1. I suddetti segnali FM sono stati miscelati tramite un filtro a cavità ed immessi nella cella tramite un accoppiatore bidirezionale che ha permesso, tramite un bolometro, la misura del segnale totale in ingresso alla cella. . 86 Cella GTEM Bolometro NRVZ Accoppiatore direzionale 92,9 MHz 100,3 MHz Trasmettitori FM 103,3 MHz 107,8 MHz Batterie di filtri combinatori Figura 1 Le configurazioni sono state realizzate aggiungendo volta per volta una sorgente FM ad uno specifico livello di potenza come elencato in tabella n.1 Sonda EP 330, EP 333, HI 6005 Configurazione #1 (-18,-14,-8, 0, 3 dBm) FM 92,9 MHz FM 100,3 MHz Configurazione #2 (-18,-14,-8, 0, 3 dBm) FM 92,9 MHz FM 100,3 MHz FM 103,3 MHz Configurazione #3 (-18,-14,-8, 0, 3 dBm) FM 92,9 MHz FM 100,3 MHz FM 103,3 MHz FM 107,8 MHz Note Le misure sulle Configurazi one sono state ripetute per ogni livello di potenza stabilito tabella n. 1 ottenendo in tal modo una serie di misure considerata significativa per la caratterizzazione. Il campo elettrico letto nelle varie #n configurazioni, riferito come Emulti ( dBm) , è stato confrontato col campo ECW (dBm) tenuto conto dei dati di calibrazione in singola sorgente e per ogni specifico livello di potenza pertinente. I livelli di 87 potenza dei trasmettitori sono stati preliminarmente fissati in modo da ottenere in cella valori di campo elettrico quasi uguali e potere quindi confrontare successivamente la sovrapposizione di segnali di uguale potenza e valore di campo elettrico risultante in cella. RISULTATI DELLE MISURE I valori ottenuti sono stati riportati su grafici in modo tale da evidenziare l‟andamento del coefficiente di correzione in ambiente multisorgente. R [dB] due sorgenti a frequenza diversa 6 5 4 3 HI 6005 2 EP 330 EP 333 1 1 10 100 Figura n. 2 – Configurazione #1 88 E [v/m] R [dB] tre sorgenti a frequenza diversa 6 5 HI 6005 EP 330 4 3 2 EP 333 1 1 100 10 E [v/m] Figura n. 3 – Configurazione #2 R [dB] quattro sorgenti a frequenza diversa 6 HI 6005 5 EP 330 4 3 EP 333 2 1 1 10 Figura n. 4 – Configurazione #3 89 100 E [v/m] ANALISI DELLE MISURE n L‟andamento del coefficiente di correzione R(#dBm nelle varie ) configurazioni mostra chiaramente che all‟aumentare della potenza totale la presenza di più segnali determina per le due sonde di tipo classico la deviazione dal fattore di taratura . La sonda EP 333 tende invece ad avere un comportamento piatto rispetto all‟aumento della potenza e alla presenza multisorgente pur con un incremento dello scarto, di norma abbastanza limitato, rispetto alla calibrazione originale. E‟ evidente che le soluzioni circuitali adottate nella sonda EP333 hanno permesso al costruttore di migliorare il comportamento della risposta in presenza di ambienti multifrequenza. Si ringrazia la Rai, ed in particolare il responsabile Raiway Sicilia Luigi Di Chiara, per la disponibilità della sonda EP333 ed il sig. Piero dell‟Aria, per la disponibilità del filtro a cavità e dei trasmettitori FM. APPENDICE Soluzione approssimata del circuito dipolo-diodo [3], [4], [5], [6]. In questa parte dell‟articolo si proverà ad affrontare i principi di funzionamento del diodo rivelatore a RF, anche con analisi circuitali, senza la pretesa di esaurire o esprimere una trattazione rigorosa dell‟argomento poiché fuori dallo scopo del presente lavoro. E‟ necessario fare alcune semplificazioni iniziali: Il dipolo passivo nella trattazione circuitale viene assunto come puramente capacitivo ed omesso per semplicità di calcolo; La trattazione è svolta ipotizzando piccoli segnali d‟ingresso pertanto sono ritenute valide alcune semplificazioni fatte nel seguito; Le capacità parassite così come le resistenze serie del diodo, vengono trascurate nell‟analisi quadratica. 90 Analisi quadratica PRF , Einc iD(t) vd(t) vD(t) VD vd(t) VD (1) iD (t ) I D id (t ) segnale applicato al diodo tensione in cc nel punto di lavoro (tensione di polarizzazione) vD(t) tensione totale applicata al diodo iD(t) corrente circolante nel dipolo diodo equazioni circuito (2) vD (t ) VD vd (t ) vD ( t ) (3) iD (t ) I S e VT 1 equazione diodo (4) iD (t ) I S e VD v d ( t ) VT vd ( t ) VD vd ( t ) v (t ) I S e VT e VT I D e VT I D 1 d VT v (t ) v (t ) I (5) iD (t ) I D 1 d I D D vd (t ) I D d se vd VT (approssimazione per piccoli segnali) VT VT rd I I 1 I I ( 6) D Q D S D " resistenza incrementa le" essendo I S I D rd vD VT VT i (t ) I i (t ) I i (t ) (7) vD (t ) VT ln D VT ln D d VT ln D VT ln d dopo piccole manipolazioni IS ID IS IS ponendo id (t ) id cos t i (t ) per piccoli segnali il termine VT ln d si può sviluppare, nell' intorno del punto Q, in serie di Taylor ID V 2 cos 2 t I D VT (8) vD (t ) VT ln id cos t T2 i d2 troncando la serie al 2^ termine ID 2 IS ID 91 Come è possibile vedere, applicando all‟ingresso 2 2 del rivelatore un segnale ID V i 2 componente continua : VT ln armonico vd (t ) , in uscita IS I 4 (10) vD (t ) V componentealternata : T i cos t si ottiene una tensione d ID continua proporzionale ID al quadrato del segnale , si ha : per la (6) ed essendo VD VT ln IS in ingresso a meno di r2 2 vd2 una componente V VD i VD (11) vD (t ) DC 4 4 alternata (11) che può vd (t) rd id (t ) essere eliminata con appositi filtri passa basso dove vd2 è la media nel tempo del segnale alternato. (ad esempio con linea di trasmissione resistiva tra dipolo e diodo). Il tutto è valido soltanto nella zona quadratica della caratteristica corrente-tensione del diodo, al di fuori di questa, per la verità abbastanza ristretta, cominciano a sommarsi le componenti lineari proporzionali al picco della tensione d‟ingresso [3]. L‟opportuna scelta del punto di polarizzazione, come vedremo nel seguito, condiziona il buon funzionamento del diodo rispetto alla rilevazione quadratica: è ovvio aspettarsi un compromesso tra una buona sensibilità del diodo e una robustezza del rivelatore a segnali via via sempre più importanti. A tal proposito al contrario dell‟analisi quadratica, in cui si sono trascurate la resistenza serie e la capacità del diodo considerando il diodo soltanto come resistenza non lineare, sviluppiamo l‟analisi lineare del circuito, considerando sia la capacità che la resistenza di giunzione V 2 i2 I V (9) vD (t ) VT ln D T id cos t T2 d ID 4 IS ID T d D d d rj 0 xCj 0 (12) VD I D rS I D r x Cj 0 j0 dopo alcuni passaggi ID rS VD cj0 rj0 (13) Z D 92 VD rS rj 0 jc j 0 rS rj 0 ID 1 jc j 0 rj 0 fisse al valore di polarizzazione: le indichiamo con c j 0 , r j 0 e consideriamo anche una resistenza serie rS . La resistenza serie e la capacità di giunzione degradano le performance del diodo Schottky; una parte della tensione applicata al diodo si perde sulla resistenza serie e non è disponibile per il rilevamento da parte della resistenza di giunzione. Ancora più pesante è la degradazione indotta dalla divisione della corrente tra capacità e resistenza di giunzione che varia, come è ovvio aspettarsi, con la frequenza; aumentando r j (spostando il punto di polarizzazione) aumenta la zona piatta della risposta del rivelatore ad alta frequenza ma di contro diminuisce la sensibilità in tensione v d d del diodo poiché tale fattore è approssimativamente Pd proporzionale r j ; del pari l‟aumento della r j si riflette sull‟aumento della resistenza che il diodo mostra al dispositivo finale di misura (la cdd.: resistenza video). Per quanto detto, le sonde sono selezionate (e polarizzate) in modo tale da raggiungere un giusto compromesso tra la sensibilità, la piattezza di risposta e opportuna impedenza d‟uscita verso il misuratore. 93 BIBLIOGRAFIA. [1] D. Trinchero, R. Stefanelli, F. Longobardi, A. Galardini, B. Fiorelli, G. D‟Amore, L. Anglesio, A. Benedetto, S. Trinchero, M. Borsero, G. Vizio, “Field probes performance for measurement of Spread-Spectrum radio signals” IEEE Antennas and wireless propagation letters, vol. 8, 2009. [2] D. Adamson, D. Bownds, A. Fernàndez, E. Goodall, “The response of electric field probes to realistic RF environments” IEEE, IMS 2010. [3] M. Kanda, “Analytical and numerical techniques for analyzing an eletrically short dipole with a nonlinear load” IEEE Trans. Antennas Propagat., vol. AP-28, no. 1, pp. 71-78, Jan. 1980. [4] J. Randa, M. Kanda, “Multiple-Source, Multiple-Frequency Error of an Electric Field Meter”, IEEE Trans. Antennas Propagat., vol. AP-33, no. 1, Jan. 1985. [5] H.I. Bassen, G. Smith, “Electric Field Probes – A Review”, IEEE Trans. Antennas Propagat., vol. AP-31, no. 5, Sep. 1983. [6] SKYWORKS Solution inc., Application Note, “Mixer and Detector Diodes”, Aug. 19, 2008. 94 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 IRSN APPROACH FOR ASSESSING THE DOSIMETRIC IMPACT FOR POPULATIONS LIVING IN THE NORTHWEST FALLOUT ZONE OF THE FUKUSHIMA NUCLEAR ACCIDENT a. Rannou, f. Queinnec1, a. Thomassin, m. Chartier, j.r. Jourdain, j. Aigueperse, p. Gourmelon Institut de radioprotection et de sûreté nucléaire BP 17 92262 Fontenay-aux-Roses CEDEX 1 Author presenting the paper ABSRACT On April 8, 2011, 28 days after the nuclear accident at the Fukushima nuclear power plant (NPP), IRSN published on its website the first worldwide map of doses likely to be received by the Japanese population as a result of external irradiation occurring the 1st year following the accident. This map was derived from dose rate data collected by the US DoE/NNSA based on airborne measurements and published on their website on April 7, 2011. The IRSN map revealed significant external doses in a northwest zone from the NPP, about 20 km in width and 50 to 70 km in depth. Other dose maps were then produced and published by DoE/NNSA on April 18, 2011 and more recently by the Japan "Ministry of Education, Culture, Sports, Science and Technology" (MEXT), on the 44th day after accident. These dose maps were consistent with the first dose assessment carried out by IRSN and show dose values of the same order of magnitude (difference less than a factor of 2.5). On the 56th day after the accident, MEXT published the first maps of caesium depositions. They revealed high values comparable with the most contaminated areas of Chernobyl, even beyond the initial 20 km-radius evacuation zone around the Fukushima plant. A new dose 95 assessment was carried out by IRSN on the 66th day after the accident to estimate projected doses due to external exposure from radioactive deposits, for exposure durations of 3 months, 1 year and 4 years before evacuation. The estimated projected doses reach particularly significant values, some of them even above 200 mSv, which are no longer in the range of "low doses" according to UNSCEAR definition. Moreover these dose levels do not take into account neither the doses received from other pathways such as immersion within the plume and inhalation of particles in the plume during the accident nor the doses already received or to be received from ingestion of contaminated foodstuffs. The total effective doses to be received (external + internal) could be much higher according to the type of deposit (dry or wet), diet and source of food. The number of Japanese people living in the most contaminated areas outside the initial 20 km-radius evacuation zone around the Fukushima plant (874 km2 with caesium 134+137 deposits higher than 600,000 Bq/m2) was estimated to 70,000 people including 9,500 children of 0-14 years in age. This significant number reaches about 26% of that of Chernobyl (270,000 people) for a surface area only 8.5% of that of Chernobyl (10,300 km2). IRSN have also studied: the impact of the selection of a dose reference level, within the range of 20 to 100 mSv recommended by ICRP in emergency situations, on the number of people to be evacuated; averted doses for these populations resulting from an evacuation according to 3 different scenarios: evacuation 3 months, 1 year or 4 years after the accident. The level of projected external doses in upcoming years - up to 4 Sv lifetime dose in the most contaminated areas (30 million Bq/m2 of caesium-137 + 134) - requires the implementation of protective actions such as evacuation of population. 96 According to the ICRP recommendations in emergency situations, the selection of the highest protective reference level, i.e. 20 mSv, would avert external doses above this level for 15,000 to 20,000 people. If the Japanese authorities decide to take an even more protective reference level, for example 10 mSv for the 1 st year, the averted external doses for the affected populations (70,000 people) would be much higher if the evacuation is quickly prescribed. An evacuation one year after the accident would result in a 59% decrease of the projected external dose for this population; evacuation three months after the accident would result in an 82% decrease. This policy for preventing the risk of developing long-term leukaemia and radiation-induced cancer has been clearly understood by the Japanese authorities as shown in the map of population evacuation beyond the initial zone of exclusion of 20 km brought to the IRSN knowledge on May 16, i.e. the 66th day after the accident. The prescribed evacuation area seems to meet the 20 mSv reference level - the most protective dose value within the range recommended by ICRP in an emergency situation. This decision made by the Japanese authorities proves retrospectively the relevance of the IRSN's radiological assessment map - the first to have been published worldwide, 28 days after the accident. *** 97 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 PRODUCTION OF DICALCIUM PHOSPHATE AND ITS USE AS A FOOD SUPPLEMENT FOR DOMESTIC ANIMALS IN THE NORM CONTEXT N. Casacuberta, P. Masqué and J. Garcia-Orellana 1 Institut de Ciència i Tecnologia Ambientals – Departament de Física. Universitat Autònoma de Barcelona. 08193 Bellaterra. Spain. Dicalcium Phosphate is a calcium and phosphorus feed supplement for domestic animals such as poultry, cattle and pigs. As an endproduct of the phosphate industry it is enhanced in naturally occurring radionuclides (i.e. 238U and its decay chain daughter). However, the digestion of the phosphate rock leads to different accumulation of radionuclides in DCP depending on the acid used for the rock digestion; whereas H2SO4 leads to high activity concentrations of 230Th (1000 Bq·kg-1) in the final product, the HCl based-process enhances 210Pb in the DCP (up to 2000 Bq·kg-1). Fluxes of the 238U series radionuclides (U and Th isotopes, 226Ra, 210 Pb and 210Po) during the DCP production process when the rock is digested with HCl are discussed herein. The relatively high activity concentrations of 210Pb and, to certain extent, 210Po in DCP could pose a potential radiological risk to humans through chicken meat ingestion. Therefore, an experimental setup and a mathematical biokinetic model have been performed in order to understand how 210Pb and 210Po behave once incorporated into the chicken body through ingestion. The experimental set up consisted on the feeding of 42 chickens with three diets containing different concentrations of DCP. Animals were fed during six weeks and 210Pb and 210Po were analyzed in tissues as well as feces after radiochemical separation. About 95% of the ingested 210Pb and 210Po was immediately excreted. From the amount absorbed to tissues it was observed that whereas 210Pb is mostly found in bones, 210Po accumulates in liver and kidneys. A one-block-kinetic model has been developed in order to determine the variation of the total 98 activity of 210Pb and 210Po accumulated in the chicken body throughout the 42 days life. The model correctly reproduces experimental results and also allows calculating the transfer rates for 210 Pb and 210Po, useful for first-order models, i.e. under stationary metabolic conditions. 99 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 INDAGINE RADIOMETRICA AREA MARINOCOSTIERA PUNTA PELLARO-BRANCALEONE A. M. Diano – A. Sartiano Dipartimento Provinciale A.R.P.A.Cal di Reggio Calabria 1. PREMESSA Le ricorrenti notizie di cronaca sulla possibile contaminazione derivante da affondamento in fondali profondi di navi con a bordo rifiuti tossici di natura sconosciuta e l‟allarme per gli effetti sulla salute umana di eventuali sostanze tossiche rilasciate nell‟ambiente marino hanno spinto l‟A.R.P.A.Cal., quale Ente di riferimento tecnico-scientifico, a elaborare un progetto la cui attuazione potesse fornire elementi obiettivi e dati scientifici sullo stato di salute degli ecosistemi che insistono nel tratto di costa che va da Punta Pellaro a Brancaleone. Il progetto di “Monitoraggio dell‟area marino costiera Punta Pellaro – Brancaleone”, voluto dal “Comitato Istituzionale di Sorveglianza” della Provincia di Reggio Calabria è stato realizzato in sinergia con gli Enti Istituzionali di Tutela e Controllo dell‟Ambiente Marino Costiero (A.R.P.A.Cal. e Capitaneria di Porto) e con il supporto dell‟A.S.P.5 di Reggio Calabria e della Prefettura di Reggio Calabria. 2. FINALITA‟ DEL PROGETTO Il progetto prevede lo studio delle componenti biotiche e abiotiche della fascia costiera, con una valutazione integrata dei risultati ottenuti, considerando che la presenza di eventuali sostanze tossiche (rifiuti solidi o liquidi, scarti industriali o radioattivi) può essere affrontata tramite la ricerca diretta della sostanza o attraverso lo studio di eventuali effetti che queste sostanze provocano sugli organismi viventi, riguardo la loro struttura, composizione e 100 varietà, elementi fondamentali ai fini della valutazione dello stato di qualità di un ambiente marino. Le indicazioni sulla sospetta presenza di radioattività nell‟area considerata spingono a considerare prioritarie le misure radiometriche che saranno effettuate, per un quadro esaustivo del sito, sulle sabbie del litorale, sul pescato e sui sedimenti marini. 3. AREA D‟INDAGINE La scelta del tratto di costa da sottoporre ad indagine deriva da indicazioni fornite dalla Capitaneria di Porto sugli affondamenti al largo di Capo d‟armi e al largo di Brancaleone di navi il cui carico sconosciuto potrebbe rappresentare una potenziale fonte di inquinamento dell‟ecosistema marino con ripercussioni sulla fauna ittica e quindi sulla salute umana.Il sito si estende per circa 50 km sul litorale jonico della Provincia di Reggio Calabria e comprende i comuni di: Reggio Calabria, Motta San Giovanni, Montebello Ionico, Melito Porto Salvo, San Lorenzo, Condofuri, Bova Marina, Palizzi, Brancaleone. 101 L‟area d‟indagine è stata suddivisa in tre macroaree: Area 1: si estende da Punta Pellaro (X=556311; Y=4205932) fino al Comune di Melito Porto Salvo (X=567854; Y=4196753); Area 2: si estende dal Comune di Melito Porto Salvo (X=567854; Y=4196753) fino al Comune di Bova Marina (X=585841; Y=4197448); Area 3: si estende dal Comune di Palizzi (X=585841; Y=4197448) fino al Comune di Brancaleone (X=598033; Y=4204402). I confini di tali macroaree sono individuati dalle seguenti coordinate (WGS 84–UTM 33): All‟interno di ogni area è stato individuato un transetto lungo il quale sono state posizionate due stazioni di monitoraggio, a differenti distanze dalla costa. I transetti sono situati su una direttrice che ha come suo estremo sul litorale i punti: 102 Transetto 1: X=561088; Y=4200399; Transetto 2: X=580514; Y=4198282; Transetto 3: X=592585; Y=4197799. Il monitoraggio comprende una serie di attività in campo e prelievo di campioni per le successive analisi in laboratorio, così suddivise: - Campionamento e analisi radiometrica delle sabbie del litorale - Campionamento e analisi sedimenti - Campionamento e analisi della fauna ittica 4. CAMPIONAMENTI Campionamento sabbie litorale Al campionamento di sabbia del litorale per acquisire informazioni sull‟eventuale presenza di radionuclidi artificiali nelle sabbie e nell‟habitat marino lungo la costa, è stata associata anche la radioattività naturale che costituisce la maggior fonte di esposizione della popolazione di bagnanti. Come è noto, infatti, ogni persona che vive sulla terra è esposta ad un irraggiamento esterno da radiazioni che vengono dallo spazio (radiazione cosmica) e da alcuni radionuclidi (cosmogenici) quale il Berillio-7 (7Be). Inoltre, esistono sostanze radioattive naturali nella crosta terrestre, nell‟aria, nelle acque terrestri e marine, quindi, anche nelle sabbie fin dalle origini della terra. Fra queste, di particolare rilevanza, sono i radionuclidi prodotti a seguito del decadimento dell‟Uranio-238 (238U), Uranio-235 (235U) e del Torio-232 (232Th) di cui la monazite ne è ricca ed il Potassio-40 (40K). Il programma, elaborato dal C.R.R.X, è stato così realizzato: 103 In ogni tratto di 1km lineare di costa, sono state effettuate due misure di intensità di dose gamma assorbita in aria (intensità di esposizione), utilizzando una camera di ionizzazione a pressione per un tempo di 30 minuti e posta all‟altezza di 1 m dal suolo e prelievo di campioni composti di sabbia. La camera di ionizzazione da un‟informazione globale della radioattività naturale ed artificiale. La naturale è sempre presente e variabile da punto a punto, trae origine dalla composizione della sabbia, dal substrato geologico e dalla radiazione cosmica; quella artificiale, ovviamente, da inquinamento provocato dall‟uomo. Permetterà, inoltre, di valutare la dose che un individuo riceve sostando sulla spiaggia per un determinato periodo di tempo. Per poter discriminare tra radionuclidi naturali ed artificiali, occorre effettuare analisi spettrometriche gamma (γ) su campioni composti di sabbia che danno informazioni sul tipo e sulle quantità presenti.Sono stati effettuati due prelievi ogni 5 Km lineari sul litorale nei seguenti punti :Punti di prelievo campioni di sabbia (Sistema Coordinate :WGS 84 - UTM 33) N. punto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Coord X Coord Y 558347 561900 566064 571495 577522 583093 587904 592969 596413 4203475 4200754 4198248 4197870 4198782 4198680 4197921 4198731 4202124 I campioni sono stati trattati ed analizzati in laboratorio con rivelatore ad alta risoluzione che consentirà di identificare i radionuclidi di qualsiasi origine. Poiché, il radionuclide artificiale cesio-137 (137CS) migra in profondità, mediamente (dipende dalla composizione geologica del terreno) 1 cm 104 l‟anno, la ricerca è stata effettuata alla profondità ottimale di 25cm, che consentirà di raccoglierne, se presente, il 90-95% degli elementi. La profondità di indagine è naturalmente legata alle caratteristiche del suolo e quindi tali fattori saranno considerati nel campionamento. I campioni composti sono stati ottenuti mescolando la sabbia prelevata nei cinque punti rappresentati in Figura e, per quanto possibile, a diverse profondità: 0 - 2 cm, 2 - 5 cm, 5 - 15 cm, 15 - 25 cm. Lo strumento di prelievo utilizzato, progettato e realizzato dal dipendente Sig. Sartiano del Laboratorio Fisico di RC ha consentito di evitare che si mescolassero i vari livelli di sabbia raccolti. In sostanza, ad ogni sito di raccolta corrispondono 20 misure; tale metodologia di campionamento risulta ideale per lo studio delle migrazioni dei radionuclidi. Questo tipo di prelievo permette di conoscere la distribuzione media degli elementi naturali, ma anche, un eventuale contaminazione di origine artificiale. 5/10 m Punti campionamento sabbia Misura di intensità di esposizione e campionamento sabbia 105 Campionamento sedimenti marini superficiali Al controllo delle spiagge è stato associato un prelievo di sedimenti marini superficiali per ogni transetto a profondità comprese tra i 50 e 200 m con particolare riguardo ai sedimenti fini che hanno una elevata capacità di cattura dei radionuclidi artificiali. I campionamenti sono stati organizzati in modo da garantire la copertura completa del tratto di costa in esame: lungo i tre transetti sono stati effettuati, su uno spessore di circa 5 cm, quattro prelievi di sedimenti a profondità comprese tra i -13,4m e i -162m, com massa di circa 3 kg ciascuno. Campionamento delle specie ittiche demersali tipiche dell‟area di studio Al fine di valutare l‟eventuale presenza di radionuclidi nel pescato oggetto di commercializzazione, sono state considerate le specie caratteristiche della zona e della profondità di campionamento per reperire, mediante l‟ausilio di imbarcazioni semplici dotate di rete a strascico, un numero statisticamente 106 significativo di individui di specie bioindicatrici nelle tre aree oggetto dello studio. Sono state effettuate due pescate per ogni area a diverse batimetriche, comprese nel range tra 50 e 250 metri, da cui sono stati ricavati due campioni per una biomassa di 2 kg ciascuno. Il pescato è stato immediatamente processato a bordo. Sono stati rilevati i parametri biometrici (L.T. L.F) ed è stata condotta un‟analisi macroscopica al fine di individuare eventuali anomalie morfologiche. I campioni successivamente sono stati portati nei laboratori dell‟ARPA per l‟analisi radiometrica E‟ stato effettuato un prelievo delle gonadi ed uno studio istopatologico di esse al fine di osservare gli effetti degli eventuali radionuclidi sulla riproduzione. I prelievi sono stati effettuati nei punti e nei giorni di seguito elencati: Data Punto di prelievo 13.11.2009 Spropoli 18.11.2009 Marina di San Lorenzo 27.11.2009 Riace (Motta S.Giovanni) Coordinate N 37°53‟348” E 16°02'974 N 37°53'491 E 16°03‟631 N 37°54‟475 E 15°50'972 N 37°54'467 E 15°51‟476 N 37°56‟381 E 15°41'727 N 37°56'618 E 15°41‟022 Orari o dalle ore 6.00 alle ore 17.00 dalle ore 6.00 alle ore 17.00 dalle ore 7.00 alle ore 16.00 Nei tratti di mare su indicati, nottetempo sono state predisposte le reti di cattura (tremaglio e barracuda), a due differenti batimetrie. Le specie ittiche catturate sono state: Mullus barbatus, Mullus surmuletus, Merluccius merluccius, Pagellus acarne, Boops boops, Pagellus eritrhynus. Per ciascuna specie sono stati prelevati e catalogati 15 esemplari. In totale sono stati esaminati 195 esemplari su cui sono state effettuate: 1. Analisi morfologiche con un esame macroscopico preliminare, per evidenziare eventuali anomalie istoanatomiche. 2. Rilievo dei parametri biometrici (lunghezza e peso) 107 3. analisi sulle gonadi (al fine di stabilire lo stadio di maturità sessuale) ; 4. estrazione degli otoliti (per la lettura dell‟età); Su 26 esemplari è stato effettuato il prelievo ematico dalla vena caudale per il test dei micronuclei. Su 2 kg di pesci (per area) è stata effettuata la ricerca di radionuclidi artificiali 5. PREPARAZIONE CAMPIONI Sabbie marine Il trattamento dei campioni è stato finalizzato alla costituzione di un campione rappresentativo della quantità di sabbia prelevata. La procedura di trattamento si è svolta secondo le seguenti due fasi di essiccazione e setacciatura: - L’essicazione in stufa a 60°C ha avuto lo scopo di determinare la massa secca del campione. Una volta raggiunta la massa costante, si è proceduto alla separazione manuale di materiale macroscopico formato da frammenti più grossolani della matrice minerale. - La setacciatura, finalizzata alla classificazione granulometrica e quindi alla individuazione della distribuzione percentuale in massa dei grani costituenti il terreno in esame per dimensione, è stata attuata mediante una serie di setacci tarati (1mm-2mm; >2mm). 108 Sedimenti marini Su ciascun materiale raccolto si è proceduto alla separazione degli elementi estranei (residui di conchiglie, radici di alghe, ecc). Successivamente si è proceduto alla: - Determinazione della componente organica. 20 grammi del materiale setacciato a 1mm ed essiccato a 60°C per 24 ore è stato sottoposto a calcinazione in muffola a 500°C per 24 ore valutando il contenuto dimateriale organico connesso alla perdita di massa. - Determinazione del fattore di conversione massa fresca/massa secca. Una seconda aliquota di 10 grammi, priva dell‟eccesso di acqua, è stata sottoposta ad essiccazione in stufa a 105°C per 48 ore per stabilire il fattore di conversione massa fresca/massa secca, in modo da poter esprimere i risultati in Bq/kg di massa secca. Le matrici, prive dell‟eccesso di acqua attraverso sedimentazioni successive, setacciate a 1mm, sono state sottoposte ad analisi radiometrica. Fauna ittica I campioni preparati come per il consumo, cioè ripuliti dalle parti non eduli, sono stati calcinati in muffola ad una temperatura progressiva fino a 200°C per facilitarne la successiva omogeneizzazione ed ottenere campioni rappresentativi utili per l‟analisi; questo ha inciso sulla concentrazione e di conseguenza sul calcolo dell'attività dei singoli radionuclidi. 6. ANALISI CAMPIONI Dopo i suddetti trattamenti, ciascun campione è stato pesato, datato al momento del riempimento in beaker Marinelli da 1 litro e sottoposto ad acquisizione ed analisi alla spettrometria gamma da laboratorio per un tempo di 70.000 secondi (~ 20 ore). (In tale configurazione è stato acquisito uno spettro di fondo per la sottrazione in fase di calcolo delle aree nette dei picchi osservati negli spettri relativi ai diversi campioni). Su ogni spettro acquisito è stata effettuata una prima analisi qualitativa per l'identificazione dei picchi, operazione fondamentale 109 per poter risalire al contenuto di radionuclidi emettitori in ogni campione; successivamente si è proceduto al calcolo delle aree nette e all'attività degli elementi identificati. Tale procedura, utilizzando apposite librerie d’analisi, privilegiando i principali isotopi di fissione, ha consentito di accertare in tutti i campioni la presenza di un‟eventuale contaminazione radioattiva artificiale. Il metodo impiegato ha permesso di ottenere valori riproducibili entro approssimazioni di qualche unità per cento; per le matrici di sabbia e sedimenti è stata effettuata la correzione dell‟efficienza del rivelatore per la densità. L‟attività rilevata su tutte le matrici analizzate è stata espressa in Bq/kg. Occorre sottolineare che, in generale, la concentrazione di 137Cs nei suoli viene valutata per unità di superficie; infatti, il valore di concentrazione per unità di peso dipende notevolmente da alcuni fattori, tra i quali i principali sono le caratteristiche chimico-fisiche del terreno, la collocazione del sito di campionamento e la profondità alla quale si esegue il prelievo. Questi parametri permettono spesso di spiegare eventuali valori anomali di concentrazione, causati essenzialmente da fenomeni locali di accumulo del radionuclide di interesse nel corso degli anni. Per tali motivi, per le matrici di sabbia le concentrazioni sono state espresse anche in Bq/m2. I radioisotopi le cui concentrazioni hanno dato esito negativo, in quanto i valori rilevati sono risultati al disotto del limite strumentale, sono stati indicati come “minima attività rilevabile” (M.A.R.). 7. RISULTATI Intensità di esposizione I valori della misura di intensità di dose gamma in aria nei punti sottoposti a controllo per un tempo di 30 minuti sono risultati compresi tra 90 e 100 nG/h ±10%, valori pressochè lineari che si collocano nella fascia medio bassa dei valori italiani. Sabbie marine Le misure hanno evidenziato in tutti i campioni la presenza di radionuclidi naturali delle famiglie dell‟uranio e del torio, il berillio e il potassio. 110 Il 7Be si riscontra, prevalentemente, negli strati superficiali delle sabbie per poi diminuire e le concentrazioni sono comprese tra valori inferiori alla M.A.R. e 5,15 Bq/kg. Il radionuclide artificiale rilevato è il 137Cs le cui attività sono comprese tra valori inferiori alla M.A.R. e 0,38 Bq/kg, con un‟incertezza (medi) statistica di conteggio dello strumento del 13%. Le analisi lo riscontrano in quasi tutti i profili, tranne in tre siti (Saline J. – Annà – San Pasquale) dove si rileva solo negli strati profondi. Le concentrazioni, in tutti i tratti di costa esplorati, sono irrilevanti e in gran parte vicini alla sensibilità strumentale. Il loro contributo all‟intensità di esposizione media misurata è inferiore a 1/100. Le attività di 137Cs per m2 sono comprese tra valori inferiori alla M.A.R. e 62 Bq/ m2. La ragione della sua presenza in superficie dipende dalla natura della sabbia che ne rallenta il movimento verticale; la minima variabilità die valori riscontrati lungo tutti i profili dipende dal continuo rimescolamento dovuto all‟azione del mare. Il 40K si trova in tutti i campioni con attività comprese tra 511 Bq/kg e 720 Bq/kg e quindi il maggior contributo è riferibile a questo radionuclide. Le attività totali sono comprese tra 592 Bq/kg e 835 Bq/kg. Si può infine affermare che l‟esposizione alle radiazioni ionizzanti è imputabile alla radioattività naturale. Sedimenti marini E„ stata rilevata la sola presenza di 137Cs come radionuclide artificiale. I valori ottenuti sono compresi tra 0,34 e 0,52 Bq/kg con un‟incertezza (media) statistica di conteggio dello strumento dell„11%. Le misure effettuate effettuate non mostrano differenze significative, infatti la distribuzione del 137Cs è sostanzialmente omogenea in tutta l‟area esaminata. Le attività totali sono comprese tra 494 Bq/kg e 767. Il maggior apporto è attribuibile al potassio-40 (40K) i cui valori risultano compresi tra 418 Bq/kg e 635 Bq/kg. 111 Fauna ittica Dai dati ottenuti sulle matrici di pescato, si è rilevato che è assente una contaminazione dovuta ad elementi radioattivi artificiali, eccezion fatta per il Cesio-137 (137Cs), le cui concentrazioni, sono molto vicine alla sensibilità strumentale e comprese tra valori inferiori alla M.A.R. e 0,13 Bq/kg. Per comparazione con l‟attività totale, nella tabella e nel grafico seguenti è riportata l‟attività del potassio-40 (40K); come si evince, il maggior contributo è attribuibile a questo radionuclide. Zone di prelievo Spropoli – Palizzi Mar. Marina di S.Lorenzo Saline Joniche 137 Cs (Bq/Kg) 40 0,13 ± 8,1% 0,12 ± 11% <M.A.R. K (Bq/Kg) Attività Tot. (Bq/Kg) 76 ± 0,95% 103 ± 0,79% 76 ± 0,84% 80 109 84 Le concentrazioni di 137Cs misurate sono comprese tra 0,036 - 0,13Bq/Kg, valore molto prossimo alla minima quantità che è possibile rilevare anche con strumentazione avanzata, quale quella utilizzata. 112 8. STRUMENTAZIONE UTILIZZATA Per poter effettuare le analisi e discriminare tra radionuclidi naturali ed artificiali è stato necessario effettuare analisi spettrometriche gamma con rivelatore al germanio iperpuro di tipo “N“ con efficienza relativa a 1,33 Mev sul picco del 60CO dell‟ordine del 40%; l‟alta risoluzione (FWHM) a 1,33 Mev sul picco del 60CO di 1,85 Kev, ha permesso di distinguere i picchi generati sullo spettro e di identificare così i diversi radionuclidi presenti nei campioni raccolti. 9. CONCLUSIONI I risultati delle analisi su tutti i campioni dell‟area oggetto di indagine ci consentono di affermare che non sono stati rilevati radionuclidi di origine antropica, tranne il 137Cs, le cui attività sono comunque irrilevanti ed ampiamente inferiori ai limiti indicati dal Regolamento (CE) n. 616 del Consiglio del 20/03/2000, che modifica il Regolamento CEE n. 7373/90 per la radioattività massima accumulata di 134Cs e di 137Cs, e cioé: - Fauna ittica – 600 Bq/kg; - Sabbie di mare – 69 kBq/m2. L‟elemento Cesio (137Cs) è il radionuclide artificiale tuttora ubiquitario, sia pure in piccole quantità, nell'ambiente terrestre e marino; trae origine essenzialmente dalle ricadute delle esplosioni nucleari in atmosfera degli anni '60 e dal più recente incidente di Chernobyl, aprile 1986. La persistenza è dovuta al suo lungo tempo di dimezzamento; viceversa le analisi confermano, ormai, la totale scomparsa del 134 Cs. Le misure di spettrometria gamma hanno evidenziato la presenza di radionuclidi di origine naturale, i cui capostipiti 238U, 235 U, 232Th e Potassio sono presenti sulla terra già dalla sua formazione in concentrazioni variabili. 113 Si può infine concludere che le concentrazioni gamma di origine antropica rilevate nel tratto di costa esaminato sono del tutto simili a quelle che si misurano nel Mediterraneo occidentale, non hanno rilevanza sanitaria e presentano valori tipici in linea con quelli mediamente riscontrati nelle matrici dello stesso genere. La presenza del 137Cs, come già detto, si può attribuire alle deposizioni radioattive dovute agli esperimenti nucleari in atmosfera e all‟incidente di Chernobyl. I risultati delle reti annuali di rilevamento della radioattività ambientale in Italia mostrano come questo elemento sia ancora presente, sia pure in piccole quantità, in alcune matrici ambientali ed alimentari. L‟esposizione alle radiazioni ionizzanti risulta imputabile quindi alla radioattività naturale e il maggior contributo delle attività in tutte le matrici è attribuibile al 40K. 114 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 ANDAMENTO TEMPORALE DELLA CONCENTRAZIONE DI CS-137 NELLE PIANTE VASCOLARI E NELLE BRIOFITE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA DOPO L‟INCIDENTE DI CHERNOBYL C. Giovani *, M. Garavaglia*, M. Godeassi*, P.Di Marco*, E.Scruzzi*, A. Pivetta° *S O S Fisica Ambientale ARPA FVG °Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di BIologia INTRODUZIONE Nel 1986 il Friuli Venezia Giulia, come molte altre regioni d‟Europa, è stato interessato dalla ricaduta radioattiva avvenuta in seguito all‟incidente di Chernobyl. La deposizione dei radionuclidi al suolo non è stata uniforme sul territorio regionale a causa delle diverse situazioni meteorologiche, ed in particolare della diversa entità delle precipitazioni, nei giorni in cui la nube radioattiva è stata presente sul territorio regionale. Il Friuli Venezia Giulia presenta caratteristiche ambientali piuttosto varie e si può genericamente suddividere in una zona montana, una collinare, una dell‟alta e una della bassa pianura friulana ed, infine, una zona marina. Nell‟ambito delle campagne di campionamento e misura effettuate dalla Struttura Operativa Semplice Fisica Ambientale di ARPA FVG, vengono normalmente campionati suoli prativi e boschivi, piante vascolari e briofite in una ventina di siti sul territorio regionale. In questo lavoro vengono riportati alcuni dei risultati di oltre vent‟anni di misure. In particolare vengono brevemente riassunti i dati relativi all‟andamento nel tempo della migrazione del radiocesio in profondità in suoli prativi e boschivi e dei coefficienti di trasferimento del Cs-137 tra il suolo ed il foraggio. Inoltre viene analizzato l‟andamento nel tempo della concentrazione di Cs-137 115 nella specie Abies alba e nelle briofite della specie Ctenidium molluscum e la correlazione di tale concentrazione con quella del Cs137 nel suolo. Con riferimento al solo campionamento effettuato nel 2010, vengono confrontati i dati relativi alle diverse famiglie di piante in funzione della profondità dell‟apparato radicale e della concentrazione di Cs-137 nei diversi strati di suolo. L‟espressione della concentrazioni delle specie vegetali anche in termini di attività per volume di acqua della pianta (Bq/l), normalmente utilizzata in radioecologia, permette alcune considerazioni che non sarebbero possibile con la sola notazione tradizionale effettuata in termini di attività per peso secco della pianta (Bq/kg di peso secco). MATERIALI E METODI Il Centro di Riferimento Regionale per il controllo della radioattività ambientale del Friuli Venezia Giulia (oggi SOS fisica ambientale di ARPA FVG), ha avviato nel 1987 un programma pluriennale di campionamento e misura di varie matrici ambientali in una ventina di stazioni di prato stabile ed altrettante (generalmente contigue) di bosco. In queste stazioni sono stati campionati, nei diversi anni a seguire, suolo, foraggi, briofite (muschi), funghi e, talvolta, alcune altre specie vegetali. Le campagne di campionamento, eseguite mediamente ogni tre anni, non sempre hanno coperto la totalità delle stazioni inizialmente scelte. Alcune stazioni sono state sostituite ed altre sono state eliminate. L‟ultima campagna di campionamento è stata eseguita nell‟estate del 2010 in 13 siti, scelti sulla base della disponibilità dei dati pregressi e della rappresentatività delle diverse realtà ambientali della regione. I campioni di suolo sono stati effettuati inizialmente con il metodo della trincea ed, in seguito, con un campionatore a tubo spaccato corredato da anelli portacampione. In ogni caso vengono campionati suoli fino alla profondità massima di 30 cm, in strati di 5 cm. Il primo strato di 5 cm viene ulteriormente suddiviso in due strati: strato A:0-3 e strato B: 3-5 cm. Nel caso della trincea vengono effettuati due scavi per ogni sito, nel caso del campionatore a tubo 116 spaccato vengono effettuati 5 campioni per ogni sito. I campioni ottenuti, per ogni strato, vengono riuniti, essiccati, setacciati a 2 mm, e posti in opportuni beaker di Marinelli per la successiva analisi in spettrometria gamma (un campione per ogni sito). Nei siti di campionamento di suolo boschivo e prativo viene delimitato un metro quadrato di suolo e vengono prelevate le piante con una cesoia. Durante il campionamento del 2010, nei prati stabili il taglio è stato effettuato a 4 cm dal suolo e le piante sono state suddivise, ove presenti, in Poaceae e Cyperaceae, Fabaceae e misto (piante non appartenenti alle famiglie precedenti). Durante lo stesso campionamento è stato anche effettuato un carotaggio con tubo spaccato e campionatore a tubo unico in carbonio trasparente per stimare la profondità degli apparati radicali in ogni sito. Nei boschi è stato prelevato un campione di foglie degli alberi della specie più frequenti ed un metro quadrato di sottobosco. Tutti i campioni sono stati essiccati. Le briofite campionate sono tutte della specie Ctenidium molluscum: in ogni stazione sono stati raccolti 10 campioni della superficie di 7 cm2 ciascuno. Per ogni stazione è stata fatta un‟unica misura di spettrometria gamma, secondo il protocollo nazionale di campionamento e misura della matrice muschi. In totale sono stati raccolti, preparati e misurati oltre 3200 campioni di suolo, oltre 200 campioni di foraggio 500 campioni di muschi, oltre ai campioni di piante superiori. Per la sola campagna del 2010, sono stati campionati e misurati 238 campioni così suddivisi: 161 campioni di suolo, 17 di briofite e 60 di piante. Tutti i campioni sono stati sottoposti a spettrometria gamma mediante germanio iperpuro (efficienze variabili tra il 30 e l‟80%) opportunamente tarati ed è stata applicata la sottrazione del fondo. I valori della contaminazione delle piante sono espressi stati espressi sia in termini di Bq/kg di peso secco che in termini di Bq/l, come previsto nei casi di analisi radioecologiche (Nimis et al., 1988). Le date di riferimento sono in genere quelle del campionamento; nel caso di analisi dell‟andamento nel tempo delle diverse concentrazioni, la data di riferimento di tutte le concentrazioni è quella del 1 maggio 1986. 117 In figura 1 sono riportati i siti del campionamento 2010 ed i dati ad essi relativi. n. Località Comune 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. Fusine Castel Val D‟Ajer Passo Pura Pian di Casa Resia Gemona Matajur Claut Polcenigo Flaibano Muzzana Doberdò del lago Trieste (Borgo Grotta Gigante) Trieste (Basovizza) Tarvisio Ligosullo Ampezzo Prato Carnico Resia Gemona Savogna Claut Polcenigo Flaibano Muzzana Doberdò del lago 13. Quota s.l.m. (m) 1350 1340 1472 1088 430 280 942 598 40 105 10 315 286 Trieste 312 Figura 1: Siti di campionamento della campagna 2010: località, comune e quota sul livello del mare. RISULTATI Di seguito vengono brevemente riassunti alcuni dei risultati ottenuti sulla base delle misure effettuate a valle delle diverse campagne di campionamento e misura. I primi risultati riportati sono relativi all‟ultima campagna di campionamento e misura, effettuata nel 2010: vengono riportate le distribuzioni della concentrazione di Cs-137 nei suoli boschivi e prativi e la loro correlazione, nonché alcuni dati relativi alla distribuzione in profondità del radiocesio. Nel secondo paragrafo vengono riportati alcuni dei risultati relativi alla contaminazione delle diverse famiglie di piante campionate, ai coefficienti di trasferimento suolo-piante superiori ed alcune 118 considerazioni relative alla profondità radicale utilizzando dati espressi sia in termini di concentrazione per peso secco che per litro. Il terzo paragrafo è dedicato all‟analisi della concentrazione di Cs137 nelle briofite ed alla correlazione con la concentrazione nei suoli boschivi. Nel quarto paragrafo, infine, viene fatto un confronto con i dati pregressi, con particolare riferimento all‟andamento nel tempo della migrazione del radiocesio in profondità e dei coefficienti di trasferimento. Viene inoltre riportata un‟analisi relativa alle foglie della specie Abies alba campionate in diversi anni presso lo stesso sito. CAMPAGNA DI MISURA 2010: SUOLI La concentrazione media di Cs-137 nei suoli boschivi è risultata, considerando le 13 stazioni campionate nel 2010, più elevata di quella misurata nei campioni di suolo prativo raccolti nelle 13 stazioni generalmente contigue alle precedenti: 14.6±11.5 kBq/m2 nei boschi rispetto a 10.1±6.2 kBq/m2 nei prati. In figura 2 sono riportate le mappe di distribuzione della concentrazione di Cs-137 nei suoli rispettivamente prativi e boschivi del Friuli Venezia Giulia. Le mappe sono state ottenute mediante un‟interpolazione effettuata con il metodo dei vicini naturali. I dati sono quelli provenienti dall‟analisi dei campioni della campagna 2010, i valori di concentrazione sono espressi in termini di Bq/m 2 nei primi 30 cm di suolo e la data di riferimento è il 1 giugno del 2010. In entrambi i casi le concentrazioni sono risultate estremamente disomogenee a causa della diversa entità delle precipitazioni atmosferiche nel periodo immediatamente successivo all‟incidente di Chernobyl: le concentrazioni minime sono state misurate presso la stazione di Muzzana del Turgnano (rispettivamente 769±268 Bq/m2 per il prato e 2045±674 Bq/m2 per il bosco) e le massime a Fusine (rispettivamente 23862±7707 Bq/m2 per il prato e 37674±12237 Bq/m2 per il bosco). 119 5160000 5160000 38 kBq/m^2 26 kBq/m^2 5140000 34 kBq/m^2 5140000 22 kBq/m^2 5120000 18 kBq/m^2 30 kBq/m^2 26 kBq/m^2 5120000 22 kBq/m^2 14 kBq/m^2 18 kBq/m^2 5100000 10 kBq/m^2 5100000 14 kBq/m^2 10 kBq/m^2 6 kBq/m^2 5080000 5080000 6 kBq/m^2 2 kBq/m^2 2 kBq/m^2 5060000 5060000 2320000 2340000 2360000 2380000 2400000 2420000 Figura 2: Distribuzione della concentrazione del (Bq/m2) nei campioni di suolo prativo (a sinistra) e boschivo (a destra). Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010 . 2320000 2340000 2360000 2380000 2400000 2420000 Cs-137 In figura 3 sono riportate le concentrazioni di Cs-137 nei campioni di suolo prativo in funzione di quelle nei campioni di suolo raccolti nei boschi contigui. La correlazione tra le due concentrazioni è significativa. Figura 3: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di suolo prativo in funzione delle concentrazione misurata nei siti di bosco. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010. In Figura 4 sono riportate, rispettivamente, le concentrazioni di Cs-137 nei diversi strati di suolo campionati in ciascuna stazione di suolo boschivo e prativo. Con particolare riferimento ai suoli prativi, si può notare che le stazioni di Fusine, Passo Pura e Castel Val d‟Ajer, che sono quelle situate a quota più elevata, presentano le maggiori concentrazioni di Cs-137 nei primi due strati di suolo, mentre per le stazioni a quota più bassa, il cesio 120 risulta migrato in profondità in misura maggiore. Questo fenomeno era già stato evidenziato nelle prime campagne di campionamento e misura (Padovani et al., 1990, Giovani et al., 1995). Figura 4: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei diversi strati di suolo boschivo (a sinistra) e prativo (a destra) campionati in ogni stazione. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010. CAMPAGNA DI MISURA 2010: PIANTE Per quanto riguarda le piante vascolari, le concentrazioni di Cs-137 sono variate da alcuni Bq/kg a circa 120 Bq/kg di peso secco in un campione di sottobosco raccolto presso la stazione di Fusine. Le stesse concentrazioni, espresse in termini di Bq/l, sono risultate variabili tra qualche frazione e qualche decina di Bq/l. In termini assoluti, le concentrazioni di Cs-137 sono sempre risultate più elevate per le Fabaceae che per le Poaceae e Cyperaceae, ad esclusione del sito di Fusine.Sono stati quindi calcolati i coefficienti di trasferimento, riportati in Figura 5, per i tre gruppi di piante campionate su suolo prativo (espressi in termini, rispettivamente, di Bq/kg di peso secco e Bq/l per le piante rispetto ai Bq/m2 di suolo). 121 Figura 5: Coefficienti di trasferimento suolo/vegetazione per i tre gruppi di piante (Poaceae e Cyperaceae: blu; Fabaceae: rosso e Misto: verde) espressi in m2/kg di peso secco (sinistra) e m2/l (destra). Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010. In entrambi i casi i coefficienti di trasferimento variano di due ordini di grandezza, tuttavia la differenza relativa tra i coefficienti relativi a diversi gruppi di famiglie nella stessa stazione è diversa a seconda dell‟unità di misura utilizzata. Considerando soltanto le 8 stazioni in cui sono presenti, con attività superiore alla minima attività rilevabile, i gruppi delle Fabaceae e delle Poaceae e Cyperaceae, quest‟ultimo gruppo risulta in ogni caso avere coefficienti di trasferimento superiori al gruppo delle Fabaceae. Sulla base delle analisi effettuate in fase di campionamento è stato valutato lo strato di suolo da cui le piante traggono il loro nutrimento: le radici attive di Poaceae e Cyperaceae sono risultate essere normalmente presenti negli strati 0-3 cm, le Fabaceae nello strato 5-10 cm e, per quanto riguarda il campione delle restanti famiglie, si è fatto riferimento allo strato complessivo 0-10 cm. Sono state quindi ricercate le correlazioni tra concentrazione di Cs137 in un certo gruppo di piante e concentrazione di Cs-137 in diversi strati di suolo, allo scopo di verificare la correttezza della valutazione della profondità radicale delle diverse famiglie effettuata in campo. Il coefficiente di correlazione R2 tra la concentrazione di Cs-137 nelle Poaceae e Cyperaceae e la concentrazione di Cs-137 nello strato di suolo 0-5 cm, per le stazioni oggetto di studio, è risultato essere R2=0.91. In Figura 6 viene riportata la concentrazione di Cs-137, espressa sia in termini di Bq/kg che in termini di Bq/l, delle Fabaceae, in funzione della concentrazione di Cs-137 nello strato 5-10 cm. Nel 122 caso in cui la concentrazione sia espressa in termini di Bq/l, la correlazione tra le due concentrazioni diventa significativa, confermando ciò che era stato rilevato in campo e cioè che l‟apparato radicale di questa famiglia è mediamente posizionato nello strato di suolo 5-10 cm. La differenza di risultati in funzione delle modalità di espressione della concentrazione, risulta più significativa per la famiglia delle Fabaceae rispetto alle altre a causa della diversa struttura delle piante. Sono stati calcolati anche i fattori di trasferimento per gli ecosistemi boschivi come rapporto tra la concentrazione di Cs-137 nei campioni di sottobosco e quella nei campioni di suolo. Il range di valori è risultato compreso all‟interno di un ordine di grandezza con valori massimi, rispettivamente, di 0,0039 m2/kg e 0.0016 m2/l entrambi per la stazione di Flaibano. In 7 stazioni sono state campionate foglie di Abies alba, in Figura 6 sono riportate le attività di Cs-137, espresse nelle due modalità, in funzione delle concentrazioni misurate nei corrispondenti campioni di suolo. Anche in questo caso i coefficienti di correlazione risultano migliori qualora si tenga conto dello stato di idratazione della pianta. Figura 6: Concentrazione di Cs-137 nei campioni di foglie di Abies alba(Bq/kg di peso secco a sinistra, Bq/l a destra) in funzione della concentrazione di Cs-137 nel suolo. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010. 123 CAMPAGNA DI MISURA 2010: MUSCHI In Figura 7 sono riportate le concentrazioni di Cs-137 misurate nei campioni di briofite raccolti nella campagna di misura 2010 e la relativa mappa della distribuzione delle concentrazioni ottenuta con il metodo dei vicini naturali. Figura 7: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di Ctenidium molluscum e sua distribuzione sul territorio regionale. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010. Le concentrazioni sono risultate variabili tra 9 ed oltre 300 Bq/m 2. Allo scopo di testare la bontà della matrice muschio come indicatore di deposizione al suolo, sono state analizzate le concentrazioni di Cs137 nei muschi in funzione delle concentrazioni di Cs-137 nei corrispondenti suoli di bosco per i siti comuni alle due campagne di campionamento. L‟analisi è stata fatta anche con riferimento ai diversi strati di suolo. In Figura 8 sono riportate le concentrazioni di Cs-1137 nei muschi in funzione di quelle misurate negli strati A: 03cm, A+B: 0-5 cm e A+B+C: 0-10cm. Figura 8: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di Ctenidium molluscum in funzione della concentrazione nello strato A:0-3cm (sinistra), A+B: 0-5 cm (centro) e A+B+C:0-10cm (destra) di suolo boschivo. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010. 124 CONFRONTO CON I DATI PREGRESSI In Figura 9 è riportato l‟andamento nel tempo della concentrazione di Cs-137 nei suoli prativi e boschivi della regione Friuli Venezia Giulia. Sono state scelte le 5 stazioni presenti nel maggior numero di campionamenti e le campagne di misura con il maggior numero di stazioni. Figura 9: Concentrazione di Cs-137 (kBq/m2) nei campioni di suolo prativo e boschivo nelle diverse campagne di campionamento e misura. Data di riferimento: 1 maggio 1986. La concentrazione di Cs-137 nei boschi risulta più elevata rispetto a quella dei vicini prati e tale differenza aumenta nel tempo. Ciò può essere in parte spiegato con una maggiore intercettazione del radiocesio da parte delle chiome degli alberi, rispetto ai prati, al momento della deposizione e con la successiva caduta delle foglie e la loro lenta trasformazione in suolo negli anni seguenti la deposizione. L‟aumento della concentrazione di Cs-137 nei boschi fino al 1990 è coerente con la caduta delle foglie e la loro successiva trasformazione in suolo, per i boschi di latifoglia e conifera. Per quanto riguarda l‟analisi della migrazione in profondità del radiocesio ed il suo andamento nel tempo nei due diversi ecosistemi, caratteristica comune risulta essere il fatto che, in genere, la maggior 125 parte dell‟attività del radiocesio sia collocata tra i 3 ed 10 cm di profondità con profili molto diversi nelle diverse stazioni di campionamento. Per il dettaglio si rimanda ad altre pubblicazioni degli stessi autori ed in particolare a Garavaglia et al., 2011. In questo lavoro gli autori valutano, mediante un modello a compartimenti, i tempi di pseudo residenza del Cs-137 nei diversi strati del suolo ed analizzano la dipendenza di tali tempi dalla quota della stazione oggetto di campionamento. L‟andamento nel tempo dei fattori di trasferimento per i prati del Friuli Venezia Giulia era già stato analizzato da Giovani et. al., 2006. In quel caso erano state confrontate le campagne di misura 1990 e 1993: pur con differenze significative tra stazione e stazione, i valori medi dei coefficienti di trasferimento erano risultati costanti nel tempo. Un‟analisi dei coefficienti di trasferimento del Cs-134, allora possibile, aveva indicato come fosse disponibile, per l‟assorbimento da parte delle piante, il solo Cesio proveniente dall‟incidente di Chernobyl, mentre risultava non più disponibile quello depositato al suolo dai test nucleari in atmosfera numerosi anni prima. I fattori di trasferimento complessivi (insieme di tutte le specie raccolte), calcolati nel 2010 sono stati confrontati con quelli ottenuti nella campagna di campionamento 1990. I dati confrontati sono i valori medi relativi a 6 stazioni di campionamento presenti in entrambe le campagne. I valori medi risultano pressoché identici anche in questo caso, dell‟ordine di 2.5x10-3 m2/kg. In figura 10 viene riportato un interessante confronto temporale tra le concentrazioni di Cs-137 misurate nei campioni di foglie di Abies alba raccolte presso la stazione di Passo Pura negli anni 1988, 2001, 2006 e 2010. Per un opportuno confronto, la data di riferimento per tutti i campioni è il 1 maggio 1986. L‟attività è espressa nelle due consuete modalità. 126 Figura 10: Concentrazione di Cs-137 (Bq/kg in blu e Bq/l in rosso) nei campioni di foglie di Abies alba raccolti a Passo Pura in diverse campagne di campionamento. Data di riferimento: 1 maggio 1986. In figura 11 sono invece riportate le concentrazioni di Cs-137 nei campioni di Ctenidium molluscum raccolti nelle stesse 9 stazioni negli anni 1995, 1997, 2005, 2008. Figura 11: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di Ctenidium molluscum raccolti nelle stesse 9 stazioni in diverse campagne di campionamento. Data di riferimento: 1 maggio 1986. Un calo così rapido della concentrazione di Cs-137 nei campioni di briofite potrebbe non era sicuramente atteso e dovrebbe far riflettere 127 sulle modalità di utilizzo della matrice muschio quale indicatore di deposizione al suolo, tuttavia l‟ottima correlazione della concentrazione di Cs-137 nei muschi con quella misurata nei primi strati dei suoli (vedi figura 8), depone ancora a favore dell‟uso di tale indicatore. CONCLUSIONI La campagna di campionamento e misura di suoli boschivi e prativi, piante vascolari e briofite effettuata in Friuli Venezia Giulia ha permesso di tracciare una fotografia della contaminazione da Cs-137 negli ambienti naturali della regione ad oltre due decenni dall‟incidente di Chernobyl. I valori complessivi di Cs-137 nei primi 30 cm di suolo non risultano significativamente diminuiti, a meno del decadimento fisico e mostrano valori molto disomogenei sul territorio regionale con concentrazioni più elevate nei suoli di bosco rispetto ai corrispondenti suoli di prato. Il radiocesio inizialmente depositato sui prati o sulle chiome degli alberi oltrechè direttamente sul suolo, è migrato in profondità e, generalmente, i valori massimi di concentrazione si riscontrano nello strato 5-10 cm, con marcate differenze tra stazione e stazione. In particolare la velocità di migrazione in profondità risulta minore per le stazioni situate a quota più elevata. La concentrazione di Cs-137 nelle piante vascolari risulta ancora al di sopra della minima attività rilevabile nella maggior parte dei casi, i coefficienti di trasferimento suolo-piante variano di due ordini di grandezza e non sono cambiati rispetto a quelli misurati nelle campagne effettuate negli anni „90. Le Fabaceae risultano la famiglia più contaminata tra quelle esaminate, tuttavia ciò non è dovuto ad un maggior coefficiente di trasferimento rispetto alle altre famiglie ma al fatto che le radici di queste piante assorbono il cesio dallo strato dove è attualmente concentrata la maggior parte del cesio. Ove la specie è presente, la concentrazione di cs-137 nelle foglie di Abies alba mostra una buona correlazione con la contaminazione del suolo e potrebbe quindi essere valutato il suo utilizzo come indicatore di contaminazione delle specie vegetali. 128 L‟utilizzo dell‟espressione della contaminazione nei vegetali in termini di Bq/l rende più agevole l‟interpretazione dei dati. La concentrazione di Cs-137 nei campioni di briofite permette ancora di ottenere una mappa di distribuzione della deposizione al suolo di Cs-137 sul territorio regionale. Le concentrazioni di Cs-137 nei campioni di Ctenidium molluscum risultano diminuire nel tempo, al di là del decadimento fisico, in maniera significativa, tuttavia esse continuano ad essere correlate con le concentrazioni di Cs-137 nei suoli corrispondenti, seppure con diverse significatività a seconda dello strato di suolo a cui ci si riferisce. Un‟analisi più completa dell‟enorme mole di dati ricavati dall‟analisi dei molti campioni raccolti nelle numerose campagne di misura, potrà fornire ulteriori indicazioni su tutti i fenomeni analizzati ed aiutare la comprensione degli stessi. Alla luce dei risultati presentati risulta tuttavia importante la prosecuzione degli studi al fine di definire le modalità di utilizzo di indicatori di radioattività a molti anni di distanza da una eventuale deposizione. 129 BIBLIOGRAFIA Nimis P.L., Giovani C., Padovani R., 1988 - On the ways of expressing radiocaesium contamination in plants for radioecological research - Studia Geobotanica, 8: 3-12 Padovani R., Contento G., Fabretto M., Giovani C., 1990 - Field study of fallout radiocaesium in upland soils - in: G. Desmet, P. Nassimbeni, M. Belli (eds) in: Transfer of radionuclides in natural and semi-naturals environments, Elsevier, London and New York, pp. 292-299 Giovani C., Padovani R., Fadone A., Scruzzi E., 1995 - Migrazione del radiocesio nei prati stabili del Friuli-Venezia Giulia - in: atti del XXVIII Congresso Nazionale AIRP, Taormina 1993: 543-548 Giovani C., Garavaglia M., Nadalut B., Pividore S., Scruzzi E. 2006, Migrazione del radiocesio nei suoli e trasferimento suolo – foraggio in Friuli Venezia Giulia 20 anni dopo Chernobyl, Atti del terzo convegno nazionale Controllo Ambientale degli agenti fisici: dal monitoraggio alle azioni di risanamento e bonifica, Biella 78-9 giugno 2006 http://www.arpa.piemonte.it/upload/dl/Pubblicazioni/Controllo_ambientale_degli_a genti_fisici:_dal_monitoraggio_alle_azioni_di_risanamento_e_bonifica/Contributi/ 6_29_Giovani.pdf Giovani C., Garavaglia M., Del Maschio F., Di Marco P., Godeassi M, Piccini L., Scruzzi E., 2011, Distribuzione e migrazione in profondità del 137Cs nel suolo del FVG dopo l’incidente di Chernobyl – Atti del Convegno “Chernobyl 25 anni dopo: studi, riflessioni e attualità” Udine 21-22-23 giugno 2011, in press. 130 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 RADIOATTIVITÀ NATURALE NELLE ACQUE DI FALDA IN ESTONIA: ANALISI DEI DATI, VALUTAZIONI DOSIMETRICHE E STRATEGIE DI MONITORAGGIO NELL‟AMBITO DI UN PROGETTO EUROPEO DI COOPERAZIONE M. Forte1, L. Bagnato2, E. Caldognetto3, S. Risica4, R. Rusconi1, F.Trotti3 1 ARPA Lombardia, via Juvara 22, 20129 Milano Università di Milano - Bicocca, Piazza Ateneo Nuovo 1, 20126 Milano 3 ARPA Veneto, via Dominutti 8, 37135 Verona. 4 Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Tecnologie e Salute, viale Regina Elena 299, 00161 Roma. 2 email per contatti: [email protected] RIASSUNTO Una vasta parte delle falde acquifere estoni contiene quantità rilevanti di radioattività naturale ed in particolare elevate concentrazioni di isotopi del radio (226Ra e 228Ra). Il fenomeno è noto da tempo ed è stato oggetto negli anni di estese campagne di misura, dati i possibili rischi per la popolazione sotto un profilo radioprotezionistico. Dopo l‟ingresso dell‟Estonia nell‟Unione Europea (2003), è stata recepita come legge nazionale anche la Direttiva Comunitaria 98/83 sulle acque destinate al consumo umano. Il valore di parametro per la dose totale indicativa di 0,1 mSv/anno è stato inteso come vero e proprio valore limite, così che al possibile problema sanitario si è aggiunto quello del mancato rispetto di un limite di legge per una vasta parte delle risorse idriche del paese. È stato quindi varato un progetto europeo semestrale di collaborazione (Twinning Light Project) che è stato assegnato all‟Italia e condotto da ARPA Lombardia e ARPA Veneto con la collaborazione dell‟Istituto Superiore di Sanità e di due consulenti 131 specializzati in gestione di acquedotti e di impianti di trattamento delle acque. Il progetto ha comportato in primo luogo un esame approfondito dei dati esistenti per localizzare e quantificare il fenomeno. Sono state successivamente elaborate valutazioni radioprotezionistiche miranti a permettere successive analisi costo/beneficio sui processi di riduzione/rimozione del contenuto di radioattività. Sono stati poi esaminati i metodi analitici impiegati dai laboratori estoni, piuttosto onerosi nel caso degli isotopi del radio, e valutate le potenzialità laboratoristiche presenti nel paese. Un esame statistico delle correlazioni esistenti tra parametri chimico-fisici e radiometrici delle acque ha permesso di individuare una possibile strategia che potrebbe portare a incrementare notevolmente la conoscenza degli acquiferi anche con ridotte capacità analitiche. È stato infine proposto un piano di monitoraggio, che consentirebbe una migliore conoscenza del problema ed una più puntuale valutazione dei rischi, e suggerite contromisure immediate per ridurre i rischi alla popolazione con particolare riguardo alla fascia più giovane. Presso alcune stazioni di trattamento delle acque sono state effettuate analisi radiometriche per valutare l‟efficacia di questi trattamenti nella rimozione degli isotopi del radio. INTRODUZIONE Nella parte settentrionale dell‟Estonia il contenuto di radioattività naturale, ed in particolare di isotopi del radio, di alcune acque di falda è relativamente elevato. Il fenomeno è noto da tempo (Mokrik 2009) e determina un contributo non trascurabile alla dose alla popolazione. Recentemente la Direttiva Comunitaria 98/83 (EC 1998) è stata recepita come legge nazionale e il valore di parametro di 0,1 mSv/anno di dose totale indicativa (TID) è stato restrittivamente trasposto come valore limite; come conseguenza una parte importante degli acquedotti estoni sono risultati non conformi al dettato legislativo. Questa situazione, unitamente al desiderio di approfondire il tema di possibili rischi per la popolazione, ha stimolato il varo di un progetto specifico, sponsorizzato dall‟Unione Europea nell‟ambito dei programmi di cooperazione per l‟inserimento dei nuovi paesi 132 membri.I principali obbiettivi del progetto erano i) l‟esame critico dei dati esistenti circa la radioattività nelle acque; ii) la valutazione della dose alla popolazione e di eventuali criticità connesse; iii) l‟esame di possibili strategie per migliorare capacità analitiche, qualità dei dati e piani di campionamento e iv) la valutazione di possibili contromisure volte a migliorare la qualità delle acque. Al progetto hanno partecipato ARPA Lombardia, ARPA Veneto e Istituto Superiore di Sanità. Per quanto riguarda le azioni di rimedio, hanno cooperato l‟Ing. Renato Airoldi, già dirigente presso l‟acquedotto di Milano e il Dr. Franco Realini, consulente in materia di impianti di trattamento acque. Il complesso dell‟attività svolta è stato riassunto in un report disponibile in rete (EC 2010). Parte dei risultati ottenuti sono stati recentemente pubblicati (Forte 2010). ANALISI DELLA SITUAZIONE Idrogeologia ed acquiferi in Estonia Per quanto non sia inusuale la presenza nelle acque di radioisotopi delle famiglie radioattive naturali, e principalmente 234U e 238U, elevate concentrazioni di 226Ra e 228Ra sono un fenomeno relativamente inconsueto e normalmente limitato ad aree ristrette (IAEA 1990, Cothern 1990). In Estonia sono presenti più acquiferi sovrapposti, derivanti da diverse epoche geologiche e denominati conseguentemente Quaternario (Q), Siluriano (S), Ordoviciano (O), Cambriano- Vendiano (Cm-V) (Perens 1997). Quest‟ultimo è il più profondo: nell‟Estonia centrale esso giace ad una profondità di 200400 m e non viene sfruttato a fini acquedottistici, ma nelle aree costiere risale a circa 100 m e viene normalmente utilizzato come riserva acquifera data la sua abbondanza e la impermeabilità rispetto a possibili inquinamenti dalla superficie. L‟acquifero CambrianoVendiano è un enorme deposito di acqua fossile (Raidla 2009), con scarsissima ricarica, costituito da siltite e arenaria e adagiato su un basamento geologico di roccia cristallina (granito e gneiss). La elevata radioattività dell‟acqua è stata attribuita al contatto prolungato con la roccia cristallina e alle condizioni riducenti che 133 favoriscono la solubilizzazione del radio (Mokrik 2009). Da un punto di vista chimico, queste acque sono ricche di Na+ e Cl- e contengono quantità non trascurabili di ioni meno comuni come Ba 2+ e F- (Karro 2004, Marandi 2007). Il sistema acquedottistico e i dati radiometrici Nella prima fase del lavoro sono state raccolte e analizzate le informazioni sul sistema acquedottistico e i dati esistenti riguardanti la radioattività. Questi si riferiscono principalmente a pozzi singoli che afferiscono alle stazioni di pompaggio e distribuzione: la loro rappresentatività rispetto all‟acqua realmente distribuita dalla stazione, normalmente servita da più pozzi, non è quindi completamente garantita, anche considerando il fatto che in molte stazioni di distribuzione sono presenti impianti di trattamento per abbattere il tenore di ferro e manganese e che quindi l‟acqua realmente distribuita è in qualche modo “trattata”. Da un punto di vista amministrativo, il sistema di distribuzione dell‟acqua potabile è composto da “water supply zones” (WSZ) che sono aree servite da una stazione di distribuzione (o più stazioni molto vicine e simili tra loro) in cui le acque erogate hanno tutte caratteristiche molto simili; queste WSZ possono essere anche intercomunicanti, quindi non si riferiscono necessariamente ad acquedotti distinti. In Estonia esistono 912 WSZ che servono complessivamente 1,1 milioni di persone (su un totale di 1,3 milioni). Queste hanno mediamente piccole dimensioni: 754 di esse, corrispondenti all‟84% del totale, servono meno di 500 persone ciascuna. Nel nord dell‟Estonia, ed in particolare a Tallinn, anche le acque superficiali sono utilizzate per il consumo umano. Queste non presentano ovviamente problemi da un punto di vista radioprotezionistico, ma sono meno sicure da un punto di vista chimico e batteriologico oltre ad essere meno gradite agli abitanti. L‟Istituto Geologico Estone possiede un esteso database relativo alle indagini chimiche e radiometriche condotte negli ultimi decenni sulle acque estoni: per quanto riguarda la radioattività sono presenti dati di attività alfa e beta totale, di concentrazione di uranio e, soprattutto, di 134 isotopi del radio (226Ra e 228Ra). La maggior parte dei dati si riferiscono al nord dell‟Estonia ed in particolare alla regione di Tallinn (Harju maakond) (Fig. 1)1. Fig. 1: Numero di dati radiometrici disponibili per regione. Tra parentesi la percentuale di popolazione che utilizza acqua il cui contenuto di radioattività è noto Successivamente sono stati esaminati con maggior dettaglio i dati riguardanti le concentrazioni di 226Ra e 228Ra che rappresentano la vera criticità da un punto di vista radioprotezionistico. Nelle figure 2, 3, 4 e 5 sono riportate come classi di distribuzione le concentrazioni di 226Ra e 228Ra nell‟acquifero Cambriano-Vendiano (il più critico dal punto di vista del contenuto di radioattività e quindi il più studiato) e nei restanti acquiferi più superficiali. Per l'acquifero Cambriano-Vendiano si evidenzia come in oltre il 90% dei casi le concentrazioni di 226Ra e 228Ra siano superiori a 100 mBq/L, con valori massimi superiori a 1 Bq/l. Un numero cospicuo di WSZ (140 su 912) si approvvigionano dall‟acquifero Cambriano-Vendiano, specie nella parte settentrionale del Paese ed in particolare nelle regioni di Harju maakond e Ida-Viru maakond. 1 Questa Figura e le seguenti sono tratte dal lavoro (Forte 2010). 135 Considerato che alti livelli di radioattività sono riscontrati soprattutto in questo tipo di acque, si conclude che il problema si riferisce principalmente a queste 140 WSZ che distribuiscono acqua a circa 250.000 persone (il 22% della popolazione estone). Se consideriamo le sole WSZ che si approvvigionano di acque Cambriano-Vendiane e mettiamo in relazione il loro numero con la loro dimensione, intesa come numero di persone servite dalla singola WSZ (Fig. 6), si può notare come la maggior parte delle WSZ (83) servano meno di 500 persone, mentre ben 152.000 persone siano servite dalle 12 WSZ più grandi. 50 120% 45 99% 100% 100% 95% 97% 98% 98% 98% 100% 40 81% Frequenza 35 91% 80% 30 64% 25 60% 51% 20 15 40% 29% 10 5 20% 9% 0 0% Classe (Bq/L) Fig. 2: Distribuzione delle concentrazioni di 226Ra nelle acque Cambriano-Vendiane (204 dati disponibili) 40 120% 35 85% 90% Frequenza 30 98% 98% 99% 99% 100% 100% 93% 96% 80% 69% 25 20 60% 52% 15 37% 40% 10 17% 5 20% 6% 0 0% Classe (Bq/L) 136 Fig. 3: Distribuzione delle concentrazioni di 228Ra nelle acque Cambriano-Vendiane (179 dati disponibili) 80 120% 70 89% Frequenza 60 50 93% 99% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 76% 100% 80% 40 60% 30 40% 20 20% 10 0 0% Classe (Bq/L) Fig. 4: Distribuzione delle concentrazioni di 226Ra nelle acque non Cambriano-Vendiane (91 dati disponibili) 30 120% 25 Frequenza 20 94% 94% 94% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 79% 100% 80% 15 60% 10 40% 5 20% 0 0% Classe (Bq/L) Fig. 5: Distribuzione delle concentrazioni di 228Ra nelle acque non Cambriano-Vendiane (34 dati disponibili) 137 35 120% 29 30 Frequenza 19 20 22 71% 100% 59% 17 80% 17 44% 13 10 5 96% 84% 25 15 91% 100% Popol. totale servita: ≈ 152000 11 23% 60% 40% 6 6 9% 0 20% 0% Classe (popolazione servita) Fig. 6: Distribuzione delle dimensioni delle WSZ Cambriano-Vendiane Aspetti dosimetrici e normativi La Direttiva Europea 98/83/EC (EC 1998) sulla qualità dell‟acqua destinata al consumo umano riporta nella parte C dell‟Allegato 1, per quanto riguarda la radioattività, un valore di parametro per il trizio (100 Bq/L) ed un secondo valore per la dose totale indicativa o TID (0,1 mSv/anno), livello che, se superato, richiede una valutazione sui possibili rischi per la salute e sull'opportunità di azioni di rimedio. Tuttavia, nel recepimento in legge della Repubblica Estone, questo valore di parametro è stato fissato come vero e proprio limite. Pur essendo la TID la somma dei contributi dovuti alla dose dei vari radionuclidi (con l‟esclusione di trizio, 40K, 222Rn e suoi prodotti di decadimento), nel caso in esame può essere considerato in prima approssimazione il solo contributo degli isotopi del radio 226Ra e 228 Ra, di gran lunga preponderante (Forte 2010). La Direttiva Europea non entra nel dettaglio di come vada applicato il valore di parametro per la TID, ma le Linee guida dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in vigore durante le attività del progetto di collaborazione (WHO 2004) - largamente utilizzate come "norme di buona tecnica" per gli aspetti carenti della Direttiva - calcolavano dei livelli derivati (guidance level) in Bq/l 138 solo per gli adulti. Ciononostante per le acque estoni abbiamo esteso le valutazioni anche alle classi di età inferiori, in particolare i lattanti, allo scopo di fornire alle Autorità locali un ulteriore elemento per le decisioni future, a livello sia normativo che di gestione delle risorse idriche. Questa scelta è risultata in linea con quanto riportato nella nuova edizione delle Linee guida OMS (WHO 2011), che, anche se non modifica le scelte relative al calcolo dei guidance level, scrive esplicitamente "Although infants and children consume lower mean volume of drinking water, the age-dependent dose coefficients for children are higher than those for adults, accounting for higher uptake or metabolic rates. In the case of prolonged contamination of the water source, an assessment of doses to infants and children may be considered". Nelle Figure 7 e 8 vengono riportate le classi di TID nel caso degli adulti per diversi tipi di acquifero. Per il calcolo sono stati utilizzati i coefficienti di dose in vigore nella legislazione comunitaria (Risica 2000). Si può osservare che ben il 92% delle acque dell‟acquifero Cambriano-Vendiano eccedono il valore limite estone; va però messo in rilievo che anche una frazione non trascurabile (21%) delle acque provenienti dagli altri acquiferi superano questo valore. 60 120% 93% 50 97% 98% 99% 99% 100% 100% 100% 81% Frequenza 40 80% 30 20 10 60% 53% 40% 33% 20% 8% 0 0% Classe (mSv/y) Fig. 7: Distribuzione della dose totale ind. (TID) per gli adulti - acque Cambriano-Vendiane (172 dati disponibili) 139 10 120% 9 100% 8 86% 7 Frequenza 86% 79% 86% 100% 100% 80% 6 5 60% 4 40% 3 2 14% 20% 1 0 0% Classe (mSv/y) Fig. 8: Distribuzione della dose totale ind. (TID) per gli adulti - acque non Cambriano-Vendiane (14 dati disponibili) Naturalmente la percentuale di acque con TID superiore a 0,1 mSv/anno è superiore se vengono considerate le altri classi di età, ed in particolare i lattanti (Fig. 9 e 10). Di particolare rilievo per questa classe di età sono i valori massimi della TID per le acque Cambriano-Vendiane che eccedono i 10 mSv/anno e il fatto che la TID per le acque sia Cambriano-Vendiane che non CambrianoVendiane eccede sempre il valore limite estone. 40 120% 35 90% Frequenza 30 98% 99% 99% 100% 100% 95% 97% 100% 83% 80% 25 61% 20 60% 41% 15 10 20% 5 0 40% 0% 20% 3% 0% Classe (mSv/y) Fig. 9: Distribuzione della dose totale (TID) per i lattanti - acque Cambriano-Vendiane (172 dati disponibili) 140 8 120% 100% 7 86% Frequenza 6 100% 100% 86% 80% 5 4 60% 50% 3 40% 2 20% 1 0% 0 0% Classe (mSv/y) Fig. 10: Distribuzione della dose totale ind. (TID) per i lattanti - acque non Cambriano-Vendiane (14 dati disponibili) Per le acque Cambriano-Vendiane vengono riassunti in Tab. 1 i risultati per tutte le classi di età. Dose totale indicativa (mSv/anno) Classe d‟età (anni) 1 1-2 2-7 7 - 10 10 - 12 12 - 17 > 17 Media 3,6 1,0 0,6 0,7 0,9 1,7 0,3 Deviazione standard 1,9 0,5 0,3 0,4 0,5 0,9 0,2 Mediana 3,5 0,9 0,6 0,7 0,8 1,6 0,3 ° 7,0 1,9 1,1 1,3 1,7 3,3 0,6 95 percentile Tab. 1: Dose totale indicativa per la popolazione estone delle diverse classi di età (acque Cambriano-Vendiane) 141 Parametri analitici rilevanti Nel caso delle acque estoni i parametri radiologici più rilevanti sono le concentrazioni di 226Ra e 228Ra ed in particolare quest‟ultima che è responsabile della frazione maggiore della TID (mediamente 74% nel caso degli adulti e 88% nel caso dei lattanti). Le analisi radiometriche implicano tempi e costi elevati e pertanto è stato effettuato un attento esame per 1) individuare i parametri più utili e semplici da misurare 2) evidenziare ove possibile correlazioni tra parametri chimico-fisici e radiometrici da utilizzare come criteri di screening. Per una descrizione dettagliata si rimanda ad altre pubblicazioni (EC 2010, Forte 2010), mentre di seguito vengono riassunti i risultati rilevanti: sembrano esistere relazioni tra le concentrazioni degli isotopi del radio e parametri chimico-fisici singoli (ad es. residuo fisso) o multipli, evidenziati con l‟analisi multivariata (come: residuo + Fe2+ + Ba2+) che però dovrebbero essere confermate su una più ampia base dati; all‟interno del gruppo delle acque Cambriano-Vendiane esiste una relazione tra le concentrazioni di 226Ra e 228Ra. Questa seconda relazione assume particolare importanza perché implica che utilizzando i coefficienti di correlazione trovati è possibile ottenere una prima stima approssimativa della dose totale indicativa con la sola misura del 228Ra (Fig. 11), effettuabile mediante spettrometria gamma previa preconcentrazione del campione. Con una tecnica relativamente diffusa, veloce e relativamente poco costosa è quindi possibile effettuare un primo screening delle acque. 0,40 0,35 Dose totale 0,30 mSv/y 0,25 228Ra 0,20 0,15 TID : 0.1 mSv/anno 0,10 0,05 0,00 0,00 226Ra 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 228Ra 0,30 0,35 0,40 0,45 0,50 (Bq/L) Fig. 11: Dipendenza della dose totale indicativa dalle concentrazioni di 228Ra (le linee tratteggiate indicano il contributo dei due isotopi del radio) 142 Tenuto conto delle incertezze legate ai parametri statistici si può concludere che: acque con 228Ra < 0,1 Bq/L ragionevolmente presentano TID < 0,1 mSv/anno acque con 228Ra > 0,15 Bq/L ragionevolmente presentano TID > 0,1 mSv/anno Si è inoltre concluso che, in questo caso, la misura dell‟attività alfa/beta totale è di scarsa utilità. Non possono infatti essere applicati i parametri di screening proposti dall‟OMS (0,5 mBq/L per l‟attività alfa totale e 1 Bq/L per l‟attività beta totale) (WHO 2004, WHO 2011) perché basati sull‟assunto che i radionuclidi predominanti siano gli isotopi dell‟uranio. Inoltre, dal momento che in questo caso la maggior parte della dose è ascrivibile all'emettitore beta 228Ra, il fattore di confondimento rappresentato dal 40K riduce ulteriormente l‟utilità della determinazione. PROPOSTE OPERATIVE E CONCLUSIONI Monitoraggio delle acque Un primo suggerimento alle Autorità estoni ha riguardato il miglioramento, sia in termini di qualità che in termini di rappresentatività del database radiometrico. Pur essendo importante la conoscenza delle caratteristiche delle singole prese d‟acqua, deve essere sicuramente valutata la radioattività dell‟acqua al consumo, quindi dopo miscelazioni e trattamenti. Il monitoraggio deve essere organizzato in modo tale da garantirne la rappresentatività e quindi permettere una stima affidabile della dose alla popolazione. Deve essere inoltre ampliato il monitoraggio delle acque dell‟Estonia centrale e meridionale che contengono quantità inferiori ma non trascurabili di radionuclidi. I parametri più importanti da misurare sono certamente le concentrazioni di 226Ra e 228Ra, che contribuiscono in maniera 143 preponderante alla dose totale indicativa; in particolare è prioritaria la determinazione di quest‟ultimo radionuclide. Il 228Ra può essere misurato mediante spettrometria gamma, previa preconcentrazione del campione. Siccome questa è una tecnica relativamente diffusa, rapida e relativamente poco costosa (diversi Istituti in Estonia sono sufficientemente attrezzati a questo proposito), una prima campagna di monitoraggio potrebbe basarsi sulla misura gamma delle acque. Sarebbe opportuno garantire preventivamente la qualità e la confrontabilità dei dati mediante opportuni interconfronti, anche interni, tra gli Enti che collaborano al monitoraggio. Gli altri radionuclidi potrebbero essere utilmente determinati in un numero minore ma rappresentativo di casi. Non appare comunque utile la misura delle attività alfa e beta totali. L‟analisi statistica dei dati ed in particolare la ricerca di correlazioni tra parametri chimici e radiometrici andrebbe approfondita. In caso di esito positivo, le analisi chimiche (che vengono solitamente effettuate sulla totalità delle acque) potrebbero divenire un‟utile “spia” di casi di elevata radiocontaminazione. Contromisure L‟adozione del valore di 0,1 mSv/anno per la dose totale indicativa (TID) relativa all‟acqua come limite di legge appare un criterio troppo rigido in una prospettiva che miri a bilanciare costi e benefici, dal momento che l‟acqua di rete è una risorsa primaria ed essenziale e anche tenuto conto dei principi ALARA. Ciò nondimeno sono state valutate varie possibilità di intervento. La possibilità di migliorare la qualità radiometrica dell‟acqua è stata esaminata ampiamente e discussa nel Rapporto Tecnico finale (EC 2010); la riduzione delle concentrazioni di radio è complessa e costosa e può portare ad un sostanziale peggioramento della qualità dell‟acqua. Nel corso della progetto sono state anche effettuate misure in ingresso ed in uscita dagli impianti di trattamento esistenti, progettati per ridurre le concentrazioni di ferro e manganese, ma la loro capacità di ridurre le concentrazioni di radio appare molto 144 variabile e comunque insufficiente. È indubbio che per ridurre selettivamente la concentrazione di radio senza impoverire eccessivamente le acque debbano essere impiegati metodi appositamente studiati (una sperimentazione è stata già avviata presso il Politecnico di Tallinn), tuttavia la loro applicazione è ipotizzabile solo nelle stazioni di grandi dimensioni (vedi Fig. 6). Pertanto l‟eccessiva frammentazione del sistema acquedottistico è un importante ostacolo all‟adozione di sistemi avanzati di trattamento delle acque. Anche nel nord dell‟Estonia vengono utilizzati in parte acquiferi più superficiali. Una miglior selezione delle fonti, previa valutazione radiometrica, ed una loro opportuna miscelazione possono in alcuni casi non rendere necessario il trattamento nelle acque. Anche in questo caso la razionalizzazione degli acquedotti unita all‟impiego di un “criterio radiometrico” nella progettazione degli impianti può produrre significativi miglioramenti. Nonostante le precedenti raccomandazioni dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2004) invitassero a considerare unicamente le dosi alla popolazione adulta e la Direttiva Europea non desse indicazioni in merito, si è ritenuto importante valutare anche le dosi a lattanti, bambini ed adolescenti, che sono risultate per nulla trascurabili. Per questo motivo, una serie di contromisure sia a livello di informazione, come ad esempio scoraggiare l‟uso delle acque più radiocontaminate per la preparazione degli alimenti nella prima infanzia, o regolamentari, come stabilire vincoli sul tipo di acque da utilizzarsi nelle preparazione di “soft drinks”, potrebbero essere utilmente considerate. 145 BIBLIOGRAFIA Cothern C.R., Rebers P.A. (1990): “Radon, radium and uranium in drinking water” Lewis Publisher, Chelsea (U.S.A.). EC (1998): “Direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano”. 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Angeloni Servizio Misure Radioattività Ambientale LC/CRI [email protected] ABSTRACT A seguito dell‟incidente di Chernobyl è divenuta pratica comune effettuare l‟analisi del Detrito Minerale Organico Sedimentabile (D.M.O.S.) nei principali fiumi italiani per la ricerca della eventuale presenza di radionuclidi naturali e artificiali in seguito al fall-out della nube radioattiva fuoriuscita dal reattore della centrale nucleare. Il Servizio Misure Radioattività Ambientale del Laboratorio Centrale della Croce Rossa Italiana (SMRA/LC/CRI) ha attivato nel 1996 una rete di monitoraggio trimestrale per l‟analisi del D.M.O.S. nel fiume Tevere, l‟unica nel tratto di interesse della provincia di Roma, da Saxa Rubra alla foce Fiumara Grande. Il Servizio SMRA/LC/CRI nel corso della sua attività di monitoraggio ambientale ha rivelato e rivela regolarmente a tutt‟oggi nei diversi siti di campionamento la presenza di 131I, radionuclide largamente utilizzato in diagnostica e radioterapia. Nel presente lavoro vengono riportati e discussi i dati più significativi dell‟andamento della concentrazione di 131I nei siti individuati nel corso della nostra attività. INTRODUZIONE A seguito dell‟incidente di Chernobyl che, come noto, per la sua gravità e il conseguente fall-out, ha interessato diversi paesi europei tra cui l‟Italia, il Laboratorio Centrale della Croce Rossa Italiana ha 148 istituito nel 1986 il Servizio SMRA/LC/CRI deputato al monitoraggio della radioattività gamma in matrici ambientali, alimentari e biologiche per la valutazione della concentrazione dei radioisotopi sul territorio nazionale dovuta alla conseguente deposizione del materiale radioattivo (effetto rain)[1]. Alla base dell‟organizzazione del nascente Servizio si è cercato di utilizzare al meglio i mezzi a disposizione, per soddisfare aspettative e bisogni al fine di migliorare i risultati in termini di qualità. Per il raggiungimento di tale obiettivo, sono state adottate una serie di operazioni preventive tra cui adeguare le metodiche in uso a modelli suggeriti da organizzazioni esterne (campagne di taratura) e adottare nuove procedure per uniformare le metodiche di misura, al fine di rendere comparabili i dati forniti dai diversi Laboratori nazionali (campagne di interconfronto) [2]. Per queste attività, la CRI ha ottenuto nel 1991 il riconoscimento da parte dell‟ISPRA (ex ANPA) di effettuare misure nell‟ambito della Rete Nazionale di Sorveglianza della Radioattività Ambientale in Italia (Rete RESORAD). In particolare ha fornito in questi anni e continua ad inviare i risultati delle misure radiometriche nel sito web Sinanet.apat (ISPRA) che vengono trasmessi all‟European Environmental Information System (EEIS). In questi 25 anni trascorsi dall‟incidente di Chernobyl, il Servizio SMRA/LC/CRI ha contribuito in base alle sue potenzialità, sia alle ricerche radioecologiche sia ad attività di monitoraggio sul territorio nazionale per analizzare l‟andamento spazio-temporale delle concentrazioni dei radioelementi in matrici ambientali, alimentari interessati dalla diffusione della radioattività e dal trasferimento di questa all‟uomo [3]. In Italia, l‟incidente di Chernobyl ha fornito la possibilità di svolgere “un esperimento di radioecologia” in condizioni reali sui diversi compartimenti dell‟ecosistema complesso costituito dal bacino dei principali fiumi nazionali. In particolare sono state determinate le concentrazioni dei radionuclidi nelle ricadute secche ed umide e sono state parimenti misurati l‟accumulo al suolo, le concentrazioni nelle 149 acque e nei diversi componenti biotici dell‟ambiente fluviale (sedimento, D.M.O.S., vegetazione acquatica, ecc.). Le ricerche sui componenti abiotici dell‟ambiente fluviale con rilevanza dal punto di vista ecologico, hanno evidenziato il ruolo essenziale del D.M.O.S., quale indicatore della presenza di molti radionuclidi, di origine recente. L‟analisi radiometrica dei sedimenti ha consentito di rivelare sia l‟andamento dinamico della contaminazione dovuta ai diversi radionuclidi sia l‟influenza del regime idrologico sulla distribuzione di questi ultimi correlata anche alla tipologia dei sedimenti del tratto di fiume in esame (analisi granulometrica, frazione fine – limo/argilla) [4-5]. Infatti numerosi studi effettuati sul fiume Po hanno dimostrato che il D.M.O.S si rivela un ottimo indicatore di radiocontaminazione per molti radionuclidi naturali (7Be, 40K, ecc.) ed artificiali dovuti ai prodotti di fissione rilasciati dopo Chernobyl (137Cs, 134Cs, 90Sr, 106 Ru, 131I ecc.) e di attivazione di origine ospedaliera e/o industriale [6-7]. Nel 1996, la campagna interregionale organizzata dal Servizio SMRA/LC/CRI e dalle ARPA (ex CRR) del Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Umbria sullo studio della radiocontaminazione ambientale a seguito di Chernobyl sui tre più importanti fiumi nazionali Po, Arno e Tevere, utilizzando come indicatore il D.M.O.S., ha confermato gli studi precedentemente enunciati e ha permesso di scoprire la presenza di 137Cs “extra Chernobyl” grazie all‟analisi del rapporto tra i due radiocesi 137Cs e 134 Cs [8]. A seguito dei risultati positivi emersi da questa campagna, dal 1996 ad oggi il Servizio SMRA/LC/CRI ha ritenuto importante continuare e potenziare l‟attività sistematica di monitoraggio sul fiume Tevere implementando l‟attività con diverse matrici d‟interesse come le acque superficiali, i sedimenti e la vegetazione acquatica. A tutt‟oggi la CRI detiene la prima e unica Rete della provincia di Roma che si estende nel tratto da Saxa Rubra alla foce del Tevere, nell‟ambito del Programma della Rete di controllo della radioattività post Chernobyl in Italia. 150 Nel corso dell‟attività di monitoraggio del Tevere oltre alle misure dei due radiocesi l‟attenzione si è concentrata da circa quindici anni sulla presenza nel D.M.O.S. di 131I radionuclide largamente utilizzato in diagnostica e radioterapia che, per il suo breve tempo di dimezzamento di circa otto giorni sopravvive a sufficienza per accumularsi nelle varie matrici precedentemente menzionate. Attualmente le tecniche diagnostiche di medicina nucleare utilizzano un radioisotopo (131I, 99mTc, 67Ga, 20Tl, 111In, ecc.) che viene legato ad un composto chimico (radiotracciante) il quale ha un definito comportamento metabolico che consente mediante la rilevazione temporale dei decadimenti gamma di ottenere studi dinamici ed immagini diagnostiche; ne consegue che negli escreti biologici dei pazienti, prevalentemente nelle urine, saranno presenti quantità di radioattività. Sempre più numerosi e in continua evoluzione sono i radioisotopi utilizzati in campo medico. A fronte di questa realtà si evidenzia la dispersione nell‟ambiente di tracce più o meno consistenti di radionuclidi che, con una certa frequenza, vengono rilevati in determinati comparti ambientali come quello fluviale [9-10-11]. In considerazione di ciò nel presente lavoro vengono riportati i risultati disponibili della concentrazione di attività di 131I determinati mediante l‟analisi spettrometrica gamma sui campioni di D.M.O.S. prelevati nel corso delle campagne di monitoraggio sul fiume Tevere. MATERIALI E METODI Le misure relative alla concentrazione di attività di 131I nel D.M.O.S. del Tevere, sono state effettuate presso la Rete di Monitoraggio attiva sul fiume, realizzata dalla CRI. Si è preferito campionare il D.M.O.S., particolato in sospensione trasportato dall‟acqua dei fiumi in procinto di depositarsi sul fondale del fiume stesso poiché, trattandosi della componente particellare non ancora sedimentata, è rappresentativa della “storia recente”del fiume. E‟ stato dimostrato infatti che l‟analisi di questa particolare matrice è un utile indicatore della presenza di eventuali contaminazioni (sia radioattive che da metalli pesanti) del corso 151 d‟acqua: la tendenza dei radionuclidi e dei metalli pesanti in generale ad attaccarsi alla frazione fine (lime e argilla) del particolato in sospensione rende questa tecnica di monitoraggio assai sensibile anche a livelli relativamente bassi di contaminazione [11]. Per il prelievo del D.M.O.S. è stato utilizzato nei Laboratorio SMRA/LC/CRI un particolare dispositivo di campionamento che consiste in una struttura composta da un primo involucro esterno di cartene, sulle cui due facciate vengono praticati tre tagli verticali (20 cm) per consentire l‟ingresso dell‟acqua; all‟interno di questo elemento viene posto un altro involucro identico con tagli orizzontali praticati su entrambi i lati. Questo accorgimento permette di creare una sorta di griglia utile nel corso della fase di recupero al fine di evitare una eccessiva perdita di materiale. All‟interno dei due involucri sono state poste tre strisce in PVC (10 x 100 cm) accartocciate in modo tale da creare una efficace trappola per la cattura del D.M.O.S.. Il tutto chiuso mediante semplice legatura dei lembi delle maniglie ed opportunamente zavorrato, costituisce l‟unità di campionamento. I campionatori così costituiti sono stati affondati, almeno ad una profondità di 1-2 metri, nei siti di campionamento prescelti in modo da essere di facile accesso nella successiva fase di recupero [figura 1]. Il metodo si è dimostrato efficace sia in condizioni di stabilità idrologica sia in assenza di un importante trasporto di fondo: in questi casi l‟efficacia di recupero è stata prossima al 100%. Figura 1: preparazione del materiale per il prelievo - ritiro del D.M.O.S. (Lab. Trattamento Campioni SMRA_LC_CRI) I campionamenti sono stati effettuati lungo il tratto del Tevere che attraversa la provincia di Roma in corrispondenza di tre siti 152 caratteristici, in quanto ritenuti meglio rispondenti alla metodologia nazionale adottata dai Laboratori della Rete Resorad: tratto superiore_ a monte di Roma: CASTEL GIUBILEO (Roma Nord) tratto mediano_ Roma urbe: ARA PACIS (Roma Centro) tratto inferiore_ a valle di Roma: FIUMARA GRANDE (Roma Sud-Ovest). In ogni sito sono stati posti n.8 campionatori per assicurare una elevata significatività del campionamento anche in rapporto alla eventuale perdita di alcuni di essi dovuta all‟instabilità del fiume. La durata del campionamento, mai inferiore ai 6 giorni, è stata mediamente di 10 giorni dalla deposizione. I campionamenti sono stati effettuati trimestralmente, di norma, nel periodo centrale dei rispettivi trimestri annuali: Febbraio, Maggio, Agosto e Novembre [Figura 2]. Figura 2: Localizzazione dei punti di campionamento del D.M.O.S. sul territorio della Rete CRI sul Fiume Tevere della provincia di Roma 153 Al momento della raccolta, sul sito, è stato effettuato un primo pretrattamento sul materiale che consiste in una setacciatura ad umido con setaccio da 1 millimetro, per eliminare eventuali impurezze e sostanze organiche; le frazioni così separate sono state messe in contenitori di plastica da 20 litri [Figura 3]. Figura 3: pretrattamento del D.M.O.S. sui siti di campionamento del fiume Tevere (SMRA_LC_CRI) In laboratorio entro le 24 ore dal ritiro, sulla parte del materiale raccolto, privata dell‟acqua in eccesso, posta in Beaker Marinelli (geometria 1000 cc), è stata effettuata l‟analisi spettrometrica gamma per la ricerca dell‟eventuale presenza di 131I e per le misure qualitative e quantitative dei radionuclidi naturali ed artificiali post Chernobyl. E‟ stato utilizzato un sistema spettrometrico gamma HPGe efficienza al 30%, analizzatore multicanale Dspec e sistema di acquisizione (software Gamma Vision versione 6.07 Ortec); sorgente di riferimento multipicco sigillata in gel da 1000cc. I campioni sono stati misurati per 20 ore. Le misure sono espresse a peso secco: mediante il fattore di conversione peso fresco/ peso secco (Bq/kg) calcolato in un aliquota di 10g di D.M.O.S. sottoposto ad essiccazione in stufa a circa 105°C per 48 ore [figura 4]. 154 Figura 4: pretrattamento,analisi spettrometrica gamma del D.M.O.S. del Fiume Tevere e valutazione della concentrazione di 131 I (Lab. Spettrometria Gamma SMRA_LC_CRI) I prelievi sono stati effettuati in collaborazione tecnico-logistica con il Team dei Volontari del Soccorso, opportunamente formati (circa 30 elementi) della Croce Rossa Italiana del Comitato Locale di Roma e con il Team di IES & CRI [12-13-14]. RISULTATI E DISCUSSIONE Le analisi di spettrometria gamma dei campioni di D.M.O.S. analizzati lungo la Rete CRI nel tratto di interesse della Provincia di Roma sono iniziate nel 1996 con la raccolta dei campioni prelevati in Roma Centro (Ara Pacis), primo sito individuato. I risultati delle misure fin dal 1996 hanno rilevato 131I, come si è riscontrato negli altri fiumi nazionali misurati dai Laboratori Regionali delle ARPA (ex CRR). In particolare, si è osservato che la concentrazione misurata di 5 Bq/kg [Grafico 1] era in accordo con i dati riportati in bibliografia, nello stesso anno, dalla Regione Umbria nel tratto di competenza, evidenziando la presenza di radionuclidi impiegati in medicina nucleare anche nel fiume Tevere [8-15]. Negli anni a seguire fino al 2002 nelle stazioni di Roma Centro e nella successiva di Roma Sud-Ovest (Fiumara Grande), la concentrazione di 131I non ha superato la decina di Bq/kg, con valori più alti riscontrati nel sito di Roma Sud-Ovest; mentre per la terza stazione individuata presso Roma Nord (Castel Giubileo) lo 131I fino al 2001 è assente o talvolta le misure sono risultate al di sotto della sensibilità dello strumento (MAR mediamente minore di <0,6) e anche nel 2002 i valori sono stati molto bassi, pari a 0,4 Bq/kg. Il grafico n. 1 mostra le 155 concentrazione di 131I disponibili nei primi anni di attività della Rete CRI dal 1996 al 2002. Grafico 1: Concentrazione di 131I nel fiume Tevere nei primi anni di Attività della Rete CRI Dal 2007 fino al primo semestre del 2011 sono state eseguite regolarmente misure in tutti e quattro i trimestre dell‟anno, nei tre i siti di campionamento che hanno consentito di seguire l‟andamento della concentrazione di 131I; per motivi di ristrutturazione dell‟Istituto non è stato possibile effettuare la determinazione della concentrazione di Iodio nel periodo 2003-2006. Il grafico n. 2 mostra l‟andamento delle concentrazioni medie annue nel D.M.O.S. nel fiume Tevere negli ultimi 5 anni, nei tre siti. Grafico 2: Concentrazione di131I nel fiume Tevere negli ultimi 5 anni di attività della Rete CRI 156 In particolare si può notare che a differenza del primo periodo di misura (1996-2002) lo 131I si rileva in tutte e tre le stazioni, anche se con delle fluttuazioni. Rispetto ai primi anni di misura i valori di concentrazione del radionuclide sono notevolmente aumentati in tutti e tre i siti. Nello specifico i valori più elevati delle medie annue si riscontrano rispettivamente a Roma Nord nel 2008 con 3,8 Bq/kg, a Roma Centro sempre nello stesso anno con 22,3 Bq/kg e a Roma Sud-Ovest nel primo semestre del 2011 con 41,3 Bq/kg. Inoltre si è osservato che i valori di 131I subiscono oscillazioni nei trimestri di misura per cui durante gli anni si hanno dei valori che superano i valori massimi medi annui, infatti nel primo trimestre 2008 per Roma Nord il valore massimo rilevato è stato di 11,1 Bq/kg e per Roma Centro di 44,4Bq/kg; mentre nel primo trimestre 2011per Roma Sud-Ovest è stato di 61,7 Bq/kg. Infine i risultati delle misure di concentrazione di 131I ottenuti in questi anni dal Servizio SMRA/LC/CRI sul fiume Tevere risultano essere superiori a quelle di altri fiumi monitorati in Italia [11]. CONCLUSIONI In questo lavoro è stata presentata e discussa l‟esperienza più che decennale maturata in questo settore dal Servizio Misure Radioattività Ambientale del Laboratorio Centrale della Croce Rossa Italiana nell‟ambito del monitoraggio della radioattività ambientale intrapresa tra il 1996 e il primo semestre 2011 sul fiume Tevere. Tale attività ha evidenziato che la concentrazione di 131I nella matrice del D.M.O.S. ha avuto un incremento della concentrazione nel corso degli anni in correlazione al crescente impiego dei radionuclidi in medicina nucleare sia nei laboratori privati che nelle strutture ospedaliere. Si è evidenziato che nel sito di Roma Nord, in prossimità di Saxa Rubra, a monte di Roma Urbe, subito dopo la riserva di Nazano e molto prima dell‟entrata del fiume Aniene nel Tevere, i valori di 131I misurati sono risultati estremamente bassi; mentre negli altri due siti in prossimità degli scarichi del centro urbano e dei grossi insediamenti urbanistici fino allo foce del Tevere, verso Fiumicino ed Ostia, la presenza dello 131I è più rilevante. 157 Al fine di una più precisa valutazione dell‟impatto ambientale dovuti all‟utilizzo dei radionuclidi a breve dimezzamento sarebbe opportuno valutare: a) i sistemi di gestione dei rifiuti liquidi e solidi derivanti dall‟impiego dei suddetti radionuclidi ai fini diagnostici e radioterapeutici prima di essere immessi nell‟ambiente; b) viste le basse concentrazioni di 131I rilevate nel D.M.O.S., il breve periodo di dimezzamento (circa 8 gg.) dello stesso e la variabilità dei valori di concentrazione (al limite della MAR del sistema di misura) l‟aggiornamento del metodo di pretrattamento e trattamento del D.M.O.S., sostituendo la metodologia, attualmente utilizzata, (decantazione naturale) per separare la parte solida da quella liquida, con una metodologia di centrifugazione dei campioni. Quanto sopra potrebbe accorciare i tempi di pretrattamento e trattamento del campione con notevoli vantaggi per la determinazione delle concentrazioni di 131I associate rispettivamente alle componenti solide e liquide del campione stesso. c) i valori di 131I rilevati nel D.M.O.S. con i valori dello stesso e di altri radionuclidi, eventualmente, rilevati in altre matrici (sedimento, acqua, vegetazione acquatica) di interesse, prelevate sul fiume Tevere negli stessi siti e nello stesso periodo temporale, per evidenziarne un‟eventuale correlazione. In considerazione di ciò, il Servizio SMRA/LC/CRI che in questi anni di attività si è posto e si pone come fine la prevenzione ambientale e sanitaria della popolazione si auspica che in futuro si possa studiare l‟andamento della concentrazione dello 131I lungo tutto il percorso del fiume Tevere attraverso Reti di Monitoraggio della Radioattività Ambientale in ambito regionale. 158 BIBLIOGRAFIA [1] C. Fontana, R. Sogni, M. L. Aebischer, R. Borio, S. Bucci, C. Giannardi, M. Magnoni, G. Margini, R. G. Musumeci, M. Repetti, P. Sabatini, F. Trotti. “Study of environmental radioactivity in three important italian rivers using S.M.O.D. as indicator”, The Second Regional Mediterranean Congress on radiation protection, Tel-Aviv, Israel, pp. 145-151 - November 1997. [2] P. De felice Campagne di taratura ed Interconfronto: “Miscela di γ emettitori in sorgenti liquide di elevata densità” 1997 _ “Miscela di γ emettitori in matrice acquosa”, 1987-2000_ Istituto Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti, ENEA Casaccia. [3] C.Fontana, M. L. Aebischer. “Contributo del Laboratorio Centrale - CRI in Italia dopo l’incidente di Chernobyl”, Atti del Convegno 10 anni da Chernobyl: “Ricerche in Radioecologia, Monitoraggio Ambientale e Radioprotezione”, pp. 295-301 - Trieste, 4-6 Marzo 1996. [4] G. Queirazza, L. Guzzi, A. A. 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Sabatini, “ Sedimentable Mineral Organic Detritus As Radioecological Indicator”, Ann. ISS, Vol. 35, n. 4, - p.577-581- 1999. 160 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 ATTIVITÀ DI CARATTERIZZAZIONE RADIOMETRICA E CHIMICA DELL‟AREA MARINA DELLA COSTA TIRRENICA COMPRESA NELLA PERIMETRAZIONE DEI COMUNI TRA AMANTEA E BELVEDERE G. Fiumanò*, E. Fiorino**; M. Mileto**, E. Provenza**; T. Pangaro**; C. Ambrosio**; P. Pantusa**; L.Natalino**; R.Trozzo***; G. Durante***; V. Molinaro***; F. Fullone*** , F. Falco****; Gaetano Osso****, R. Chiappetta***** ; G. Spadafora***** ; A. M. Torchia*****; M. G. Guido***** ; G. Manna*****, P. Piersante******; F. Casaburi****** ; *ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza via Trento 21- 87100 - Cosenza **ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Servizio Acque *** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza – Servizio Laboratorio Fisico **** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Centro Funzionale Strategico di Geologia ***** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Servizio Laboratorio Chimico ****** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Servizio Laboratorio Bionaturalistico 1 PREMESSA E PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI. In adempimento alle finalità perseguite dall‟A.R.P.A.Cal., i servizi del Dipartimento Provinciale di Cosenza che hanno condotto il presente lavoro, operano per la tutela e il controllo dell‟ambiente, per la prevenzione e la promozione della salute collettiva, per conseguire la massima efficacia nell‟individuazione e nella rimozione dei fattori di rischio per l‟uomo e per l‟ambiente in genere. Le attività sono svolte nell‟ambito della normativa comunitaria, nazionale e regionale. I principi fondamentali che regolano il controllo e lo scambio di informazioni in materia di radioattività nell'ambiente, nell'ambito dei paesi della Comunità Europea, sono riportati negli articoli 35 e 36 del trattato istitutivo della Comunità Europea dell'Energia Atomica del 25/03/57 (Trattato Euratom), che stabiliscono l'impegno di ciascuno stato a svolgere in maniera permanente i relativi controlli. Il presente lavoro è stato redatto a consuntivo del protocollo di 161 indagine sottoscritto da A.R.P.A.Cal con la Prefettura di Cosenza e la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia e di Cetraro, per le attività di caratterizzazione ambientale, chimica e radiometrica, con particolare riferimento ai sedimenti e agli organismi, dei fondali dell‟area marino-costiera compresa tra i Comuni di Amantea e Belvedere della costa Tirrenica Cosentina. L‟opportunità della stipula di tale protocollo nasce a seguito dei fatti di cronaca avvenuti a partire dal 1990, che legano il territorio del progetto, in particolare i comuni limitrofi ad Amantea, agli avvenimenti della motonave “Jolly Rosso”, nonché a seguito dei recenti accertamenti sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, effettuati sui relitti sommersi nel tratto di costa interessata. Le numerose indagini avviate dal 1992, hanno portato alla necessità di effettuare un monitoraggio che potesse in primis servire per attivare eventuali misure di prevenzione per la tutela della salute collettiva e, a seguire, dare risposte efficaci a comparti quali la pesca ed il turismo, legati indissolubilmente alla salubrità del territorio di appartenenza. 2 OBIETTIVI E SCOPI DELL‟INDAGINE L‟obiettivo di tale studio è la ricerca di metalli pesanti e radionuclidi artificiali indicativi di un possibile inquinamento antropico, ponendo anche attenzione alla radioattività naturale. Le analisi effettuate sono state: analisi radiometriche (misure di rateo di dose gamma a contatto, spettrometria gamma sui campioni ambientali e sul pescato), analisi chimiche (sulle specie nectobentoniche1, sui campioni di acqua di mare e sui sedimenti marini), analisi microbiologiche ed eco-tossicologiche. E‟ stata inoltre effettuata una caratterizzazione geologica sui sedimenti fluviali con particolare riferimento alle rocce radioattive. Le misure di radioattività ambientale sono state correlate con la caratterizzazione geologica al fine di stimare l‟esposizione della popolazione a fattori di rischio specifici ed eventualmente adottare le misure più idonee di prevenzione e protezione. 1 Organismo nectonico (o appartenente al NECTON): comprende tutti gli organismi marini che nuotano nella colonna d'acqua a varie altezze. Organismo bentonico (o appartenente al BENTHOS): comprende invece gli organismi che vivono il loro ciclo vitale prevalentemente sul fondale o in stretta vicinanza ad esso. Un organismo nectobentonico è un organismo che ha entrambe le caratteristiche suddette. 162 3 MODALITÀ RILEVATI E PROCEDURE OPERATIVE – DATI Le operazioni si riferiscono alla campagna di pesca scientifica effettuata il 23/07/10. I prelievi sono stati suddivisi in prelievi via mare (sedimenti marini, pescato, acqua di mare) e prelievi via terra (sedimenti marini sulla fascia costiera, sedimenti fluviali). Il campionamento è stato effettuato con mezzi navali della Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Vibo Valentia e di Cetraro e Figura 1: localizzazione punti di prelievo dei pescherecci della sedimenti fluviali, dei sedimenti marini, dei top soil e dei bioti. Federcoopesca Calabria. A tutte le operazioni di campionamento e misure in campo ha assistito personale dell‟A.R.P.A.Cal. I mezzi navali e pescherecci erano equipaggiati con verricello ed ecoscandaglio per il rilevamento della profondità di prelievo, mentre è stato utilizzato un sistema di localizzazione satellitare GPS differenziale per l‟individuazione delle coordinate geografiche. I sedimenti sono stati prelevati da due sommozzatori, che immergendosi hanno riempito i contenitori. Per ogni punto di prelievo sono state raccolte due aliquote di sedimento marino sui quali è stata eseguita una misura radiometrica campale. Le due aliquote sono state successivamente sigillate ed identificate per le successive analisi chimiche e radiometriche da laboratorio. Queste ultime sono state realizzate adoperando la stazione di spettrometria gamma coassiale al germanio iperpuro con un‟efficienza relativa a (1.33MeV, 60Co) del 40%. Le analisi vengono eseguite secondo procedure regolamentate da precise norme tecniche, le quali prevedono tempi di misura e modalità di preparazione/confezionamento dei prelievi. In particolare sui campioni di sedimenti marini è stato effettuato il pre-trattamento attraverso l‟essiccazione, omogeneizzazione, setacciatura e 163 confezionamento in beaker di Marinelli (1 lt). Il tempo di acquisizione è stato di 16 ore. I campioni di pesce sono stati triturati, omogeneizzati e confezionati in beaker di Marinelli (1 lt) e messi in accumulazione per un tempo di 5/6 ore. Con le stesse metodiche sono state effettate analisi radiometriche anche su sedimenti fluviali in corrispondenza delle foci dei fiumi Aron (Cetraro), Catocastro (Amantea) e Oliva (Amantea). Tali prelievi sono stati effettuati per eseguire la caratterizzazione radiometrica dei sedimenti che tramite i fiumi vengono condotti a mare. Per i campioni di pesce si è proceduto al calo delle reti ed al relativo pescaggio secondo procedure dettate dalla Guardia Costiera. In particolare è stata eseguita una campagna di pesca scientifica con un tipo di rete da traino a strascico caratterizzata da maglia romboidale di apertura 5cmx5cm. Sono state effettuate due cale, una delle quali considerata come bianco. La posa della rete nella prima cala (bianco) è avvenuta al mattino del giorno di campionamento alle ore 10:50 all‟altezza Traverso di Belvedere (nel punto di coord. Lat.39°34,925‟N Long. 15°44,407‟E) ad una distanza dalla costa di 5,5 miglia nautiche, ad una profondità di 400 metri e il recupero della rete è avvenuto alle ore 14:00 dopo 3 ore di permanenza in acqua all‟altezza del traverso Acquappesa (39° 27,165‟N e 15° 52,625 Est). Le procedure usate ed i materiali impiegati hanno reso la calata del tutto comparabile con quelle normalmente svolte durante l‟attività di pesca professionale. Una volta salpata la rete, il contenuto del cod-end (sacco della rete) è stato suddiviso in due categorie: commerciale e scarto. Il commerciale è stato immediatamente processato a bordo; si è proceduto all‟identificazione fino al più basso livello tassonomico possibile, al conteggio del numero di individui e alla lunghezza totale e standard delle specie. L‟analisi del popolamento ittico della prima pescata effettuata ha permesso di identificare circa 10 specie, tra pesci e invertebrati. Da una valutazione più specifica si può osservare che la frazione commerciale è costituita prevalentemente da Pesci e Crostacei e meno da Molluschi, con rendimenti abbastanza modesti e con una dominante di Occhione (Chlorophthalmus agassizi), Musdea , Scorfani e Gamberi. La posa della rete nella seconda cala è avvenuta nel pomeriggio del giorno di campionamento alle ore 14:20 nel punto di coordinate Lat. 39°26,559‟N Long.15°52,829‟E, con 164 batimetrica di 380 metri circa ad una distanza dalla costa di 4 miglia nautiche al traverso di Acquappesa, con successivo salpamento della rete stessa nel punto di coordinate Lat. 39°31,968‟N Long. 15°48,040‟E con batimetrica di circa 350 metri ad una distanza dalla costa di circa 3,3 miglia nautiche al traverso di Sangineto. La seconda pescata ha evidenziato andamenti delle catture in parte confrontabili e sovrapponibili con la prima. Nella successiva tabella 1 si elencano tutte le informazioni relative ai prelievi effettuati. Punto Postazione Profondità (mt) Distanza costa (miglia) Coordinate geografiche Tipo di pesce Note 1 largo Belvedere 400 5,5 39° 34,925‟ N 15° 44,407‟ E musdea pesca fuori area 2 largo Belvedere 400 5,5 39° 34,925‟ N 15° 44,407‟ E occhione pesca fuori area 3 largo Belvedere 400 5,5 39° 34,925‟ N 15° 44,407‟ E scorfano pesca fuori area 4 largo Cetraro 400 4 36° 26,559‟ N 15° 52,829 E musdea pesca in area 5 largo Cetraro 400 4 36° 26,559‟ N 15° 52,829 E occhione pesca in area 6 largo Cetraro 400 4 36° 26,559‟ N 15° 52,829 E scorfano pesca in area Tabella 1: Schematizzazione campionamento pesce Una volta salpate le reti, i campioni di ittiofauna sono stati raccolti in contenitori distinti ed immediatamente conservati sotto ghiaccio fino al loro arrivo in laboratorio, dove sono stati preparati per le successive analisi chimiche e radiometriche. Le analisi sul pescato sono state le seguenti: la determinazione tassonomica; la determinazione dei parametri biometrici (misura della lunghezza standard e totale); Per le specie ittiche sono state considerate due misure di lunghezza: la lunghezza totale (TL) dall‟apice del muso alla punta della pinna caudale (pinna caudale inclusa); la lunghezza standard (SL) dall‟apice del muso alla punta del peduncolo caudale (pinna caudale esclusa). Le specie prese in esame sono state: Chlorophthalmus agassizi (Occhi Verdi); Phycis phycis (Musdea); Scorpaena scrofa (Scorfano). 165 Per ciascuna specie l‟aliquota prelevata per le successive analisi è stata di circa 1,5 kg. E‟ da sottolineare che durante la preparazione dei campioni in laboratorio, si è evidenziata la presenza in tutte le specie prese in considerazione del parassita Anisakis2. Le operazioni di prelievo di sedimento marino sono state effettuate sia in prossimità dall‟arenile, sia in mare a circa 20 – 25 mt di quota batimetrica, cercando di definire una serie di transetti perpendicolari alla linea di costa per i comuni maggiormente interessati. In data 28/07/10 sono stati eseguiti i campionamenti nella fascia di rispetto dei 5 metri dalla battigia, individuando una zona di superficie di 1 mq, ad uno spessore variabile dai 5 ai 10 cm. In ogni punto indicato è stata prelevata un‟aliquota di sabbia di circa 2 kg di peso. In particolare sono stati identificati i seguenti punti (vedasi tabella 2): Punto Postazione Profondità (mt) Coordinate geografiche 1 Lungomare in agro Belvedere Marittimo Presso lido LA BAIA 2 Lungomare in agro Cetraro Località Lampetia Top soil 39° 31,6863‟ N 15° 54,92‟ E 3 Lungomare in agro Amantea presso lido IL GABBIANO Top soil 39° 07,748‟ N 16° 04,480‟ E 4 Lungomare in agro San Lucido Top soil 39° 18,1621‟ N 16°02,270‟ E Top soil 39° 37,048‟ N 15° 51,024‟ E Tabella 2: Punti di campionamento top soil-arenile La profondità dei prelievi lungo il profilo verticale del suolo varia dai 5 ai 30 cm ed è legata alle caratteristiche del terreno (terreni indisturbati o meno) e alle condizioni climatiche. In generale in suoli che non possono essere considerati indisturbati, come i litorali, si possono effettuare prelievi dai 20 ai 30 cm di profondità con spessori variabili da 1 a 5 cm. 2 Questi parassiti sono presenti all'interno delle carni, prevalentemente nella parte inferiore del pesce (agli stadi intermedi) dove assumono una colorazione biancastra. Le larve di Anisakis possono costituire un rischio per la salute umana in due modi: per una parassitosi causata da ingestione di pesci crudi contenenti le larve e per reazione allergica ai prodotti chimici liberati dalle larve nei pesci ospiti. La gravità della malattia che apportano dipende sia dalla quantità di parassiti ingeriti sia dalla sensibilità individuale del consumatore. 166 In data 14 luglio e 20 luglio 2010 sono state eseguiti prelievi di sedimento marino secondo lo schema di tabella 3: Punto Postazione 1 largo costa Belvedere 2 3 4 Profondità (mt) Coordinate geografiche 21 39° 37,0223‟ N largo costa Cetraro 22,60 39° 31,6836‟ N 15° 50,4764‟ E 15° 54,1234‟ E largo costa Amantea 24,8 39° 07,748‟ N 16° 03,484‟ E largo costa San Lucido 29,8 39° 18,2421‟ N 16°02,1145 E Tabella 3: Punti di campionamento di sedimento marino, batimetria 20 mt. I subacquei ad intervalli regolari di tempo, si sono immersi ad una profondità variabile, prelevando in contenitori dal fondo marino due aliquote di circa 2 Kg destinate alle analisi chimica – fisica e due aliquote in bottiglie sterili per analisi microbiologiche ed eco tossicologiche. Negli stessi punti di campionamenti è stata anche determinata la concentrazione di inquinanti in colonna d‟acqua. Pertanto attraverso una bottiglia Niskin sono stati effettuati due campionamenti nella batimetria compresa tra 0 e 1 mt e a circa 15mt. Durante i campionamenti sono state eseguite delle misurazioni da campo quali la temperatura, il pH, e la conducibilità. Negli stessi campioni sono stati determinati: Per le analisi chimiche: Idrocarburi totali: METALLI: Alluminio, Arsenico, Cadmio, Cromo, Totale, Ferro, Manganese, Mercurio, Nichel, Piombo, Rame, Vanadio, Zinco. Composti organici Volatili (VOC):Benzene, Etilbenzene, Stirene, Toluene, m.p-Xilene, o-Xilene, Diclorodifluorometano, Clorometano, Vinilcloruro, Bromometano, Cloroetano, Triclorofluorometano, Pentano, 1,1-dicloroetilene, Diclorometano, trans 1,2-dicloroetilene, MTBE, Esano, 1,1-dicloroetano, cis 1,2-dicloroetilene, 2,2dicloropropano, Bromoclorometano, Triclorometano, 1,1,1tricloroetano, 1,1-dicloropropene, Carbonio tetracloruro, 1,2dicloroetano, Eptano, Tricloroetilene, 1,2-dicloropropano, Dibromometano, Bromodiclorometano, trans-1,3dicloropropene, Ottano, cis 1,3-dicloropropene, 1,1,2tricloroetano, 1,3-dicloropropano, Tetracloroetilene, 167 4 Dibromoclorometano, Clorobenzene, 1,1,1,2-tetracloroetano, Nonano, Tribromometano, Isopropilbenzene, 1,1,2,2tetracloroetano, Bromobenzene, n-propilbenzene, 2clorotoluene, Decano, 1,3,5-trimetilbenzene, 4-clorotoluene, Ter-butilbenzene, 1,2,4-trimetilbenzene, sec-butilbenzene, pisopropiltoluene, 1,3-diclorobenzene, 1,4-diclorobenzene, Butilbenzene, 1,2-diclorobenzene, Undecano, 1,2-dibromo-3 cloropropano, Dodecano, 1,2,4-triclorobenzene, 1,2,3triclorobenzene Per le analisi microbiologiche: Escherichia Coli, enterococchi e salmonelle; Per le analisi eco tossicologiche: Saggio di tossicità acuta con Vibrio fischeri. ANALISI GEOMORFOLOGICA DEI SEDIMENTI FLUVIALI E VALUTAZIONI RADIOMETRICHE Le coordinate delle stazioni di misura dalle quali sono stati prelevati i sedimenti fluviali sono quelle elencate nella tabella 4. Alle stesse coordinate sono stati valutati i valori di fondo rilevati con il misuratore portatile Berthold LB 123D, con sonda per la rivelazione delle radiazioni beta-gamma (0,001 ÷500,000 cps) e sonda gamma con tubo contatore proporzionale (10-2 ÷ 104 µSvh-1) range di energia compresa tra 30 KeV, 1.3 MeV e con sensibilità di 0.1µSv/h; Località Coordinate Rateo di dose µSv/h (valori di fondo) C.P.S. (valori di fondo) Foce fiume Aron Lat 39° 31.071‟N Long 15° 55.9626‟E 0.11 0.56 Foce fiume Catocastro Lat 39° 8.3454‟N,Long 16° 3.994‟E 0.10 0.55 Foce fiume Oliva Lat 39°4.6344‟ N,Long 16°5.2547‟E 0.14 0.72 0.12 Fondo medio regionale Tabella 4: Schematizzazione bianco radiometrico presso luoghi di prelevamento dei sedimenti fluviali Si noti come i dati di fondo analizzati sono confrontabili con il dato di fondo medio regionale. La valutazione dei C.P.S. inoltre è congrua con i dati medi della concentrazione di attività dei radionuclidi rilevati sui campioni analizzati con la spettrometria gamma da 168 laboratorio.3L‟analisi qualitativa dei sedimenti campionati ha evidenziato le seguenti tipologie di rocce (tab.5): Fiume/tipologia rocciosa Metamorfico Igneo Sedimentario Aron 76% 9% 15% Catocastro 53% 16% 31% Oliva 41% 7% 52% Tabella 5: Tipologie di rocce rilevate Notiamo nei fiumi Aron e Catocastro una predominanza di rocce metamorfiche, mentre nel fiume Oliva di rocce sedimentarie. Si ricorda che le rocce metamorfiche sono quelle che hanno subito modificazioni nella composizione mineralogica o nella struttura e nella tessitura in seguito a mutamenti di temperatura e pressione (metamorfismo). Le rocce metamorfiche possono perciò derivare da rocce ignee, da rocce sedimentarie o da altre rocce metamorfiche. La gran parte delle rocce sedimentarie si formano grazie al trasporto, da parte dei fiumi, del materiale eroso dalla superficie terrestre. I sedimenti raggiungono il mare dove si depositano per decantazione o per l‟azione delle onde, delle maree e delle correnti. La sedimentazione può avvenire anche all‟interno e in prossimità dei corsi d‟acqua (pianure alluvionali e intravallive), nei laghi, nelle grotte, o ad opera di altri agenti di sedimentazione quali il vento e i ghiacciai. I sedimenti, qualunque origine e natura abbiano, tendono a depositarsi a strati. Ogni strato viene nel tempo sepolto da altri sedimenti e subisce una lunga serie di trasformazioni sino a diventare una roccia solida. Analizzando nei campioni prelevati qual è nell‟ordine la seconda maggiore tipologia di rocce prevalente, riscontriamo che in tutti e tre i fiumi le rocce sedimentarie seguono le rocce metamorfiche. Si può presupporre quindi che la quantità di rocce metamorfiche trovata nei sedimenti sia con alta probabilità derivante da trasformazioni di rocce sedimentarie. 3 Si ricorda che le concentrazione di attività è data da:NEi/(έE*t*yd) , con : NEi=area netta del picco all‟energia E; έE= efficienza del rilevatore all‟energia E; t= livetime; Yd= disintegrazioni gamma all‟energia E del radionuclide. 169 Dai dati di letteratura4 i valori medi nelle rocce sedimentarie di U238 e Th234 sono (tabella 6): Rocce sedimentarie 238 Calcari 27 7 Rocce carbonatiche 26 8 Arenarie 18 11 Scisti 44 44 Crosta superiore 34 45 Suolo 25 25 Valore medio 29 23.3 U (Bq/Kg) 232 Th (Bq/Kg) Tabella 6: Valori medi di 238U e 232Th nelle rocce sedimentarie. Dai dati storici presenti in archivio presso il laboratorio fisico A.R.P.A.Cal. DAP Cosenza, sui sedimenti fluviali si è fatta una valutazione dell‟238U tramite i valori sul 234Th (appartenente alla stessa catena di radionuclidi naturali). Il valore medio di tale radionuclide nei sedimenti fluviali della Provincia di Cosenza analizzati dal 2004 ad oggi, si attesta a 22.97±1.48 Bq/Kg, confrontabile con il valore medio di letteratura del radionuclide padre. Anche per quanto riguarda il 232Th la valutazione si è potuta determinare solo analizzando i valori di concentrazione di attività dei figli della stessa catena (228Ac, 212Pb, 212 Bi). In questo caso i dati che abbiamo sono (tabella 7): Radionuclide Concentrazione di attività media anni 2004/2011 sedimenti fluviali – campioni analizzati Laboratorio Fisico DAP Cosenza – Arpacal Concentrazione di attività media Sigma 228 4,217E+01 4,176 E+00 212 4,050 E+01 1,688E+01 1,330E+01 7,655E-01 3,199 E+01 7,274 E+00 Ac Pb 212 Bi Valore medio delle medie Tabella 7: Concentrazione di attività media anni 2004/2011 sedimenti fluviali – campioni analizzati Laboratorio Fisico DAP Cosenza – Arpacal 4 M.Moroni – Il radon 170 Anche questo valore medio si attesta nell‟ordine di misura del dato di letteratura. I dati sui campioni fluviali in esame e i dati di letteratura e in archivio, sono stati esplicati in tab. 8. Si vuole evidenziare come le analisi tramite spettrometria gamma effettuate in questo laboratorio sono state eseguite utilizzando una libreria (definita “Naturali+”) che raccoglie i radionuclidi naturali e artificiali sui quali viene posta maggiore attenzione negli studi nazionali e internazionali (vedasi tabella 8, 9 e 10). Nel momento in cui gli spettri analizzati hanno evidenziato conteggi riferiti a radioisotopi non identificati, si è ampliata la libreria di riferimento con i radionuclidi estrapolati dal database creato dal “Laboratoire National Henri Becquerel”, dell‟Istituto di metrologia francese5. In questi casi i radionuclidi identificati sono sempre risultati con valori di concentrazione di attività minore della MAR. Radionuclidi della famiglia dell‟U238 Fiume Th 234 Sigma Th Radionuclidi della famiglia del Th232 234 Ac228 Sigma Ac228 6 Pb212 Sigma Pb212 Bi212 Sigma Bi 212 Catocastro 1,714 E+01 1,436 E+00 4,417E+01 4,028E+02 3,860E+01 2,629E+01 1,410E+01 6,696E-01 Oliva 1,453E+01 1,280E+00 2,287E+01 1,894E+01 2,615E+01 4,230E+00 1,661E+01 6,600E-01 Aron 1,248E+01 1,140E+00 7,550E+01 4,880E+00 6,330E+01 2,470E+00 2,478E+01 1,903E+02 Valore Medio campioni 1.472E+01 78,905 E+00 4.918E+01 1.191 E+01 4.268 E+01 1.100E+01 1.535 E+01 106,335 E+00 Valore medio da letteratura 2.330E+01 Valori medi archivio storico Arpacal DAP CS 2.29E+01 2.9 E+01 1.48 E+00 2.9 E+01 8 4.21E+01 4.18 E+00 7 2.9 E+01 9 4.05E+01 1.69 E+01 1.33 E+01 10 0.76 E+00 Tabella 8: valori rilevati dei campioni di sedimenti fluviali in esame e confronto con valori di archivio storico e di letteratura. Tenuto conto che le valutazioni sui radionuclidi vengono fatte sui “figli” delle catene di radionuclidi naturali di appartenenza, i dati sui 5 http://www.nucleide.org/index.htm Errore maggiore del valore rilevato. Dato non validabile. Come nota precedente 8 Vedi tabella 8 9 Vedi tabella 8 10 Vedi tabella 8 6 7 171 campioni possono ritenersi congrui e confrontabili con i valori di letteratura e storici. I valori trovati confermano l‟ipotesi iniziale che i campioni analizzati sono di origine sedimentaria. Nei campioni esaminati non sono stati trovati radionuclidi artificiali, tranne tracce di non rilevanza radiometrica di Cesio 137. Tale radionuclide viene normalmente riscontrato nelle matrici ambientali di stessa natura. 5 VALUTAZIONI RADIOMETRICHE MARINI E SUL PESCATO SUI SEDIMENTI Per quanto riguarda l‟aspetto radiometrico sui sedimenti marini, il valore del fondo medio rilevato in una zona lontana dall‟area oggetto d‟intervento, per la caratterizzazione del valore di riferimento, è stato di 0,10 µSv/h (congruo con il dato nazionale). Nella tabella 9 vengono riportati risultati del rateo di dose gamma a contatto (contatore Geiger) nei punti 1, 2, 3 e 4. Punto Postazione rateo di dose (µSv/h) 1 largo costa Belvedere 0,08 2 largo costa Cetraro 0,082 3 largo costa Amantea 0,075 4 largo costa San Lucido 0.085 Tabella 9: Rateo di dose gamma a contatto del campione di sedimento marino Nelle tabelle 10 e 11 si riportano i valori delle concentrazioni di attività dei radionuclidi rilevati dalle analisi di spettrometria gamma da laboratorio (suddivisi per categorie), sia relativamente ai sedimenti marini, che al pescato. Inoltre nelle stesse tabelle, al fine di effettuare le dovute valutazioni radiometriche, sono stati aggiunti i dati relativi a: Dati storici dell‟archivio del Laboratorio Fisico di A.R.P.A.Cal Cosenza “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APAT-ICRAM-ARPASAzienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004 172 Origini della contaminazione radioattiva naturale e artificiale dell‟ambiente marino – Cristina Nuccetelli – Laboratorio di fisica , Istituto Superiore di Sanità, Roma. Dati del database “MARIS- Marine Information System” della IAEA per quanto riguarda il Cs137, il Ra226 e il K40. I dati sono relativi agli anni 1987-2006 nel box di coordinate 88°8‟N, 88°35‟E,42°54‟S, 15°,51‟W11 Non è stata effettuata per questi campioni la caratterizzazione geomorfologica, né quindi la correlazione di questa con i dati radiometrici. I dati radiometrici sul pescato vengono paragonati con: “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APATICRAM-ARPAS-Azienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004, Dati del database “MARIS- Marine Information System” della IAEA (Cs137, il Ra226 e il K40) per i bioti (pesci). I valori sono relativi agli anni 1987-2006 nel box di coordinate 88°8‟N, 88°35‟E, 42°54‟S, 15°,51‟W.12 11 12 Vedasi: http://maris.iaea.org/Search/SearchResults.aspx?BackToSearch=true Vedasi nota precedente 173 radionuclidi della catena dell‟ 238 U rad. della catena del 232Th rad. di origine naturale rad. di origine artificiale 226 Ra [Bq/Kg] 234 Th [Bq/Kg] 214 Bi [Bq/Kg] 214 Pb [Bq/Kg] 212 Bi [Bq/Kg] 228 Ac [Bq/Kg] 40 K [Bq/Kg] 137 Cs [Bq/Kg] largo costa Belvedere 42,98+3,09 33,70+2,68 23,72+0,72 25,67+0,74 28,62+1,14 44,59+1,13 697,22+16,47 0,46+0,17 largo costa Cetraro 45,17+2,96 26,28+2,52 21,97+0,77 22,98+0,73 26,68+1,12 37,55+0,98 648,42+15,35 0,26+0,11 3 largo costa Amantea 47,71+2,96 28,88+2,49 23,69+0,76 25,89+0,74 20,03+0,97 30,84+0,82 754,95+17,75 0,39+0,13 4 largo costa San Lucido 40,99+3,15 29,37+2,24 19,44+2,19 20,42+1,60 27,04+1,67 39,08+1,06 590,77+14,02 0,93+0,13 Valori medi da progetto; punto 1/2/3/4 44.21±3.04 14 29.56±2.48 22.21±1.11 23.74±0.95 25.59±1.22 38.01±1.00 672.80±15.90 0.6±0.14 33.60±2.93 22.95±2.00 16.86±0.76 16.32±0.72 19.33±1.08 43.42±1.41 524.70±17.73 0.79±0.14 Punto Postazione 1 2 Valori medi archivio storico Laboratorio fisico DAP Cosenza 15 39.89±8.67 10.22±1.55 10.89±1.78 13.44±2.89 12.78±1.67 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 4.9±2.34 Valori medi - Progetto Marina MED18 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 26.16 ±2.4 Valore medio Nuccerelli19 anno 1994 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 10±n.p. Valore medio Nuccerelli20 anno 1997 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 6.5±n.p. Valori medi database “MARiS” – Marine Informatio Sistem IAEA21 43.52±5.07 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 770.39±49.31 260,78±8.07 Valori medi Maddalena Valori medi rapporto APAT/Stato dell‟Ambiente 6/200117 n.p. 16 Tabella 10: Dati relativi ai campioni di sedimento marino. 14 : Dato critico;: Dato da valutare; : Dato ok. Sono stati calcolati i valori medi dei valori presenti nello studio “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APAT-ICRAM-ARPASAzienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004. Si sono calcolate le medie dei dati rilevati nei punti “A-B-C-Cala Francese – Isola delle bisce – stagno Torto – Asinara – Porto Conte (Alghero) – Cagliari, sul sedimento marino secco. 16 Valore non analizzato nello studio di nota 10 17 Le località di prelievo sono state: Barena di Passo a Camplato (VE), Cesenatico (FO), La Maddalena (SS), Porto Garibaldi (FE), Venezia (VE) 18 Dati dal 1991 al 1993 19 Origini della contaminazione radioattiva naturale e artificiale dell‟ambiente marino – Cristina Nuccetelli – Laboratorio di fisica , Istituto Superiore di Sanità, Roma. Le località di prelievo sono state: Cattolica, Cesenatico, Goro, La Maddalena, La Spezia, Lido Adriatico, Napoli, Porto Garibaldi, Rovigo, Taranto,Venezia. 20 Come nota precedente 21 Dati relativi agli anni 1887-2006 nel box di coordinate 88°8‟N, 88°35‟E,42°54‟S, 15°,51‟W 15 174 radionuclidi della catena dell‟ 238 U Punto 1 postazione largo costa Belvedere 226 Ra [Bq/Kg] 234 Th [Bq/Kg] 214 Bi [Bq/Kg] <22 7,16 < 7,14 < 0,73 2 largo costa Belvedere < 1,12 < 1,03 < 1,36 3 largo costa Belvedere < 9,54 < 8,32 < 1,01 rad. della catena del 232Th 214 Pb [Bq/Kg] 1,16 ± 0,41 rad. di origine artificiale 210 Pb [Bq/Kg] 212 Bi [Bq/Kg] 228 Ac [Bq/Kg] 40 K [Bq/Kg] 137 Cs [Bq/Kg] < 6,93 < 2,58 < 1,62 96,88 ± 4,08 < 0,34 8,73 ± 4,32 < 3,90 < 2,32 99,38 ± 5,42 < 0,46 < 0,74 ≠ rad. di origine naturale ≠ < 0,78 < 8,02 < 3,35 < 1,79 82,29 ± 4,18 < 0,21 0,77 ± 0,33 ≠ 4,80 ± 2,22 < 3,00 < 1,65 101,48 ± 4,51 < 0,40 ≠ 6,67 ± 3,09 < 2,84 < 1,60 92,01 ± 4,28 < 0,36 < 2,96 83,60 ± 6,59 < 0,66 Tutti i valori <MAR 92.61±4.84 Tutti i valori <MAR 4 largo costa Cetraro < 8,65 < 7,86 < 0,80 5 largo costa Cetraro < 8,49 < 7,29 < 0,87 0,76 ± 0,29 6 largo costa Cetraro < 16,04 < 13,72 2,38 ± 0,77 < 1,62 < 13,85 < 5,72 Tutti i valori <MAR 2,38 ± 0,77 0.90 ± 0.34 6.73 ± 3.21 Tutti i valori <MAR 5.5±5.0 Tutti i valori <MAR 0.5±0.3 86±60 n.p. 2.5±0.5 98.5±38 Tutti i valori <MAR n.p. n.p. n.p. n.p. 110.68±6.85 12.56±0.67 Valori medi punti 1/2/3/4/5/623 Valori medi Maddalena24 Valori medi database “MARiS” – Marine Informatio Sistem IAEA25 Tutti i valori <MAR !Fine imprevista della n.p. formula 0.12±0.02 n.p. n.p. ≠ Tabella 11 Dati relativi ai campioni di pescato 22 Ove il livello di contaminazione del campione è risultato non rilevabile, si è assunto il limite di sensibilità della misura come risultato della stessa, in tal caso il valore viene riportato con il segno di inferiore (<). ≠ Il picco per il calcolo di attività ha una forma non regolare 23 Pur avendo calcolato i valori medi, essendo tutti i valori di riferimento <MAR, questi non vengono presi a riferimento 24 Sono stati calcolati i valori medi dei valori presenti nello studio “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APAT-ICRAM-ARPASAzienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004. Si sono calcolate le medie dei dati rilevati nei punti “A-B-C-Cala Francese – Isola delle bisce – stagno Torto – Asinara – Porto Conte (Alghero) – Cagliari, sulle matrici alimentari. La matrice alimentare analizzata è “Pesce stanziale dell‟infralitorale”, paragonabile alle specie ittiche analizzate in questo progetto. 25 Dati relativi agli anni 1987-2006 per i bioti (pesci) nel box di coordinate 88°8‟N, 88°35‟E,42°54‟S, 15°,51‟W 175 5.1 Radionuclidi naturali nei sedimenti marini Per quanto riguarda i radionuclidi naturali analizzati sui sedimenti marini, notiamo che i valori riscontrati sono quasi sempre leggermente maggiori dei valori di letteratura o di archivio. Le variazioni però rientrano in un range minimale, che attesta la non rilevanza radiologica. Fanno eccezione il Th234 e l‟Ac228. Tenuto conto che il Th234 è figlio dell‟U238, il valore ritrovato (dati di letteratura) si attesta in buona sostanza in un range di valori che caratterizza sia rocce ignee che sedimentarie. Si può perciò con buona approssimazione attestare che il dato riscontrato, pur essendo maggiore dei valori di letteratura e di archivio, dipende dalla conformazione geologica dei sedimenti analizzati. Stesso discorso può essere fatto per l‟Ac228 .Questo radionuclide, a differenza del precedente, è figlio del Th232 e i valori rilevati dai sedimenti si attestano in un range che caratterizza rocce ignee (in particolare dioriti o andesiti). Anche il K40 si attesta su un valore che è confrontabile con dati rilevati da matrici ambientali della stessa tipologia. 5.1.1 Valutazioni sull‟U238 nei sedimenti marini Le valutazioni sull‟uranio naturale sono state effettuate tenendo conto dei valori medi dei gamma emettitori figli della catena dell‟U238. Questi sono: Th 234, Pam234, Ra226, Bi214, Pb214. I valori riscontrati sono in equilibrio, cioè dello stesso ordine e paragonabili26. Fa leggera eccezione il Ra 226 in quanto nella nostra spettrometria si ha una sovrastima del Ra 226 al picco di energia di 185 Kev. A questa energia infatti il Ra 226 è influenzato dall‟U235, non ben separato dal Ra 226 e valutato dalla spettrometria in toto ed esclusivamente come Ra 226. A questo picco di energia è necessario perciò separare i conteggi dovuti ai due radionuclidi. Determinando i conteggi di picco dovuti all‟U235, e supponendo il Ra226 in equilibrio secolare con il capostipite U238 ed una situazione di abbondanza isotopica naturale dei due isotopi dell‟uranio (circostanza plausibile data l‟origine delle matrici analizzate), le 26 Per alcuni di questi valori vedasi tabella 13 176 valutazioni del radio e dell‟uranio si ottengono risolvendo semplicemente il seguente sistema: La risoluzione di tale sistema è: ARa226=AmisRa226*0.627. Nel nostro caso il valore del Ra226 pari a (44.21±3.04) Bq/Kg, diventa: ARa226=0.6*(44.21±3.04)=(26.56 ± 1.8) Bq/Kg, valore in equilibrio, cioè dello stesso ordine e paragonabile ai radionuclidi naturali della catena dell‟U238. 5.2 Radionuclidi artificiali nei sedimenti marini L‟unico radionuclide artificiale rilevato è stato il Cs137, puntualmente riscontrato nelle matrici dello stesso genere dopo gli eventi di Cernobyl. Tale valore risulta sempre comunque minore sia dei dati di letteratura, che dei dati storici di archivio. Le quantità individuate sono comunque tali da non porre problemi di rischio radiologico. 5.3 Valutazioni radiometriche sul pescato L‟unico valore leggermente alto nei campioni di pescato, che comunque si attesta a valori di non rilevanza radiologica, è quello del Bi214. Anche questo è un radionuclide di origine naturale, normalmente rilevato nelle matrici dello stesso genere. Tenuto conto inoltre che è un radionuclide ritrovato nei sedimenti marini prelevati negli stessi luoghi dove sono state effettuate le due calate di pesca scientifica, il valore dovrebbe semplicemente attestare la stanzialità delle specie ittiche prelevate, in quanto arrivato al pesce tramite la normale catena alimentare. Per concludere, la correlazione delle misure di radioattività (naturale e non) nei campioni esaminati con le analisi chimiche, microbiologiche e tossicologiche e con la caratterizzazione 27 ARa226=Attività del Ra 226, AmisRa226= Attività misurata del Ra 226 177 geologica ha rilevato che l’esposizione della popolazione a fattori di rischio radiologico è da considerarsi assolutamente irrilevante. Si vuole concludere tale sunto evidenziando come tale lavoro, che ha permesso un‟analisi puntuale dei dati rilevati, potrebbe trovare un ulteriore sviluppo in una modellizzazione sistemica degli andamenti dei radionuclidi (artificiali e non) dai sedimenti fluviali, ai sedimenti marini, ai bioti, alle acque, ad incremento delle reti di sorveglianza della radioattività artificiale e naturale nell‟ambiente. (Esempio: attuale rete RESORAD)28. 28 Vedasi Documento APAT: CTN_AGF AGF-T-RAP-00-13 178 6 BIBLIOGRAFIA Trattato Euratom della Comunità Europea per l‟Energia Atomica – 1957 D.Lgs.230/95 e s.m.i. Attuazione delle Direttive EURATOM 80/386, 84/467,84/466,89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti Misurazione della radioattività nell‟ambiente – UNI ISO 185891–2–3 Quarta relazione sullo stato dell‟ambiente in Valle d‟Aosta – ARPA Valle d‟Aosta, anno 2007 Guida tecnica sulle misure di radioattività ambientale: H3. Alfa e beta totale in acque potabili. Alfa e beta emettitori artificiali e naturali Elementi di Radioprotezione - C. Polvani 1993 Pubblicazione AGF-T-GTE 00-02 – Arpa Piemonte – Mauro Magnoni; Appendici tecniche sui metodi di campionamento e misura – Arpa Piemonte – M-Magnoni Sources of radioactivity in the marine environment and their relative contributions to overall dose assessment from marine radioactivity (MARDOS) – IAEA _TECDOC- 838 Metodo ISTISAN 96/34 ed analizzato tramite ICP-MS Amodio Morelli et Al., 1976,-Tortorici, 1992, - Sorriso Valvo e Sylvester, 1993, - Boriani, 2006, Di Sabatino et Al., - 2003 Moretti e Guerra, -1997 Canu e Trincardi, -1989 Ricci Lucchi et al., -1984 Chiocci et al., -1989 Ricci Lucchi F., -1980 Pisati et al. 179 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 STUDI SULLA BIOCINETICA DI 137CS IN MADRI IN ALLATTAMENTO EVIDENZIANO DIFFERENZE NELLA BIODISPONIBILITÀ DI 137CS DA DIVERSE TIPOLOGIE DI ALIMENTI E INTERAZIONI CON IL METABOLISMO DEL POTASSIO S. Risica*, A. Giussani** *Dipartimento Tecnologie e salute, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299 - 00161 Rome - Italy **BfS – German Federal Office for Radiation Protection. Department Radiation Protection and Health, Ingolstädter Landstraße 1 - 85764 Oberschleißheim - Germany INTRODUZIONE In due recenti studi (Giussani et al., 2009, Giussani e Risica, 2011) i dati raccolti in Italia in due programmi di ricerca sulla contaminazione nel latte materno dopo l'incidente di Chernobyl (Campos Venuti et al., 1991, Risica et al., 1992, Risica et al., 1997) sono stati confrontati con le previsioni del modello per il trasferimento del cesio dall'alimentazione della madre al latte materno che la Commissione Internazionale di Radioprotezione (ICRP) ha pubblicato recentemente (ICRP, 2004). Il confronto è stato effettuato andando a simulare esattamente i protocolli di raccolta dei campioni e valutando l'intake giornaliero sulla base della dieta media in quella regione per il primo programma di ricerca (cfr. Campos Venuti et al., 1991) o sulla base di una indagine specifica sulla dieta delle singole madri per il secondo programma di ricerca (cfr. Risica et al., 1992). Il confronto ha mostrato che il modello ICRP è in grado di descrivere in maniera soddisfacente l'andamento della concentrazione di attività di 137Cs nel latte materno, sia nei primi mesi successivi all'incidente di Chernobyl (Giussani et al., 2009, Giussani e Risica, 2011) che alcuni anni dopo (Giussani e Risica, 2011) e che i valori consigliati dei 180 parametri sono una stima ragionevole anche per riprodurre i dati misurati per le singole madri. Ciò significa anche che è possibile stimare in modo realistico la dose efficace da 137Cs ricevuta da bambini allattati al seno, quando si sia in grado di valutare la concentrazione di attività media dello stesso radionuclide nella dieta giornaliera della madre. SCOPO DELLO STUDIO Lo studio qui presentato ha preso spunto dai risultati dell'applicazione del modello di trasferimento del cesio al secondo progetto di ricerca sul latte materno. Questo studio fu condotto nel 1989 su un gruppo di madri residenti nel triangolo lariano, una delle aree del nord Italia maggiormente contaminate dalla ricaduta radioattiva nel 1986. Scopo dello studio era determinare il fattore di trasferimento del cesio dalle madri al loro latte e la variabilità individuale. Le madri furono selezionate al corso di preparazione al parto e seguite da personale infermieristico addestrato fino alle prime settimane di allattamento e raccolsero campioni del loro latte tra il 10° e il 40° giorno dopo il parto. I campioni compositi per ogni madre furono inviati all'Istituto Superiore di Sanità (ISS) per la misura del 137Cs (Risica et al., 1992) e fu effettuata un‟indagine specifica sulla dieta giornaliera di queste donne, valutando individualmente l'intake di 137Cs sulla base dei valori di contaminazione degli alimenti in quella zona. Per questi soggetti è stato quindi possibile effettuare un confronto individuale con le previsioni del modello biocinetico dell'ICRP. Per ognuna delle madri, infatti, è stata simulata la distribuzione di 137Cs in funzione del suo specifico intake, verificando in quale misura il modello può essere utilizzato per interpretare e/o predire in singoli soggetti l'andamento dell'attività nel latte (ed eventualmente in altri tessuti) a seguito di incorporazione di radionuclidi di cesio nella dieta. Di questo secondo gruppo di madri furono anche campionate le urine delle 24 ore, in una delle giornate nella prima settimana dopo il parto, e la concentrazione di attività di 137Cs in questi campioni è 181 stato misurato all'ISS1. Per questo secondo gruppo di madri è stato pertanto possibile applicare il modello ICRP anche all'escrezione urinaria e confrontarne i risultati con le concentrazioni misurate. In questo caso, però, l'accordo tra le predizioni del modello e i valori misurati è stato molto meno soddisfacente che per il latte, nel senso che il modello sovrastimerebbe sistematicamente l'escrezione di cesio, anche se vi è un accordo almeno come ordine di grandezza. Nel corso della elaborazione dei dati di latte di questo secondo studio (Giussani e Risica, 2011), è inoltre emerso che alcuni outliers della distribuzione erano relativi a madri per le quali la principale fonte di intake di cesio dalla dieta era dovuto al consumo di carne (84% e 74% dell'intake giornaliero). Questa osservazione ha suggerito di effettuare uno studio più approfondito sull'intake giornaliero di 137Cs di queste madri in relazione ai vari alimenti della dieta, al fine di evidenziare possibili correlazioni tra composizione della dieta e trasferimento del cesio al latte, in modo da contribuire ad un eventuale raffinamento delle previsioni del modello. Inoltre gli insoddisfacenti risultati del confronto tra modello e valori misurati per l'escrezione di 137Cs nelle urine ha stimolato a comprendere meglio le eventuali influenze del potassio presente nelle urine sul cesio escreto. EFFETTI DELLA COTTURA SULLA CONCENTRAZIONE DI ATTIVITÀ DI 137Cs NELLA DIETA In Tabella 1 sono indicate le tipologie di cibo che contribuivano principalmente all'intake giornaliero di 137Cs nella dieta delle madri partecipanti allo studio condotto nel triangolo lariano nel 1989. Nella tabella è indicato anche l'intervallo di variabilità del contributo relativo di ognuna di queste tipologie di cibo all'intake totale. 1 Tuttavia l'informazione sulla quantità totale di urina raccolta, fondamentale per valutare la quantità di 137Cs escreta nelle 24 ore, non è più disponibile in quanto smarrita dall'ospedale. 182 Contributo all'intake giornaliero (%) Range 0.3-2.6 1.0-11.1 9.1-83.9 0.05-0.44 0.00-0.58 0.0-38.9 0.6-55.1 0.05-3.4 0.8-16.4 Tipologia Pane Pasta Carne bovina Carne di pollo Carne di coniglio Pesce di lago Latte Formaggi freschi Formaggi stagionati Mediana 1.1 4.2 48.9 0.17 0.08 12.0 25.2 0.9 7.3 Tabella 1: Cibi contenenti 137Cs e contributo all'intake giornaliero delle madri. 500 Deviazione percentuale (modello vs misura) Deviazione percentuale (modello vs misura) La figura 1 mostra per ognuna delle madri la deviazione tra le previsioni individuali del modello ICRP, calcolate sulla base dell'intake determinato singolarmente sulla base della dieta personale, e le corrispondenti misure sperimentali. Il grafico a sinistra mostra la deviazione in funzione del contributo della carne all'intake giornaliero di 137Cs nella dieta, quello a destra in funzione del contributo dei latticini (latte più formaggi). Si può identificare una certa tendenza, per cui all'aumentare del contributo della carne (o specularmente al diminuire del contributo dei latticini) il modello tende a sovrastimare drasticamente i valori effettivamente misurati, anche se questo trend non è valido per tutti i soggetti. Queste osservazioni sembrano indicare che il modello suggerito dall'ICRP possa sovrastimare l'assorbimento intestinale per certe tipologie di cibi. Secondo il modello ICRP, infatti, tutto il 137Cs ingerito viene assorbito nella circolazione sistemica, senza fare distinzione tra le diverse tipologie di materiale ingerito e quindi senza considerare la differente biodisponibilità del cesio contenuto nei diversi cibi. Latte Urina 400 300 200 100 0 -100 0 10 20 30 40 50 60 70 80 500 Latte Urina 400 300 200 100 0 -100 90 Contributo della carne all'intake di 137Cs (% totale) Figura 1 – 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Contributo dei latticini all'intake di 137Cs (% totale) Deviazione percentuale tra le previsioni del modello ICRP, secondo le ipotesi utilizzate in Giussani e Risica (2011), e i risultati delle misure sperimentali in funzione della composizione della dieta. Ogni simbolo corrisponde ad una madre. Sull'asse x nel grafico di sinistra è riportato il contributo della carne (in termini percentuali) all'intake totale di 137Cs, mentre in quello di destra il contributo dei latticini. 183 In realtà, effettuando una ricerca bibliografica accurata degli studi pubblicati successivamente all'incidente di Chernobyl, si trovano indicazioni chiare su come la biodisponibilità dei cibi venga modificata a seguito della cottura. Secondo un rapporto dell'IAEA (Nordijik and Quinault, 1992) ed altri lavori presenti nella letteratura scientifica (Henrichs et al., 1989; Lotfi et al., 1990; Petäjä et al., 1992; Burger et al., 2004), la cottura dei cibi porta ad una diminuzione della concentrazione di attività di 137Cs negli stessi. Il fattore di ritenzione Fr, definito come il rapporto tra la concentrazione di attività nel cibo cotto e quella nel cibo crudo, varia per la carne tra 0.2 e 0.8 (valore raccomandato: 0.4), a seconda del tipo di cottura (minore in caso di bollitura, maggiore in caso di carne grigliata o arrosto). Parte del 137Cs perso si ritrova comunque nel brodo/sugo di cottura, e può rientrare a far parte del computo totale dell'intake. Altri cibi, tra quelli riportati in Tabella 1, che perdono 137 Cs a seguito di cottura, sono il pesce (intervallo 0.2-0.9, valore raccomandato 0.7; il valore sale però a 0.8-0.9 in caso di pesce fritto o alla griglia) e la pasta (Fr pari a 0.9). Sulla base di queste informazioni, sono stati ricalcolati gli intake giornalieri delle singole madri ed effettuate nuove simulazioni con le seguenti ipotesi: Fr per la carne pari a 0.5 Fr per il pesce pari a 0.85 Fr per la pasta pari a 0.9. Per la carne si è scelto un valore maggiore rispetto a quello raccomandato di 0.4 per tener conto dell'eventuale consumo del sugo di cottura. Per il pesce si è scelto il valore di 0.85 in considerazione delle tipiche modalità di preparazione (alla griglia o fritto) utilizzate nella regione. I risultati sono riportati nella figura 2. Nel confrontare questa figura con la figura 1 bisogna tener conto che nella nuova valutazione l'intake giornaliero totale di 137Cs è diminuito e il contributo relativo di ogni tipologia di cibo risulta quindi diverso rispetto alla valutazione originaria: ora infatti la carne cotta e, in misura minore, pesce e pasta contengono valori minori di 137 Cs rispetto alla valutazione originaria. Quindi il contributo relativo della carne (asse x del grafico di sinistra) risulta diminuito, mentre il contributo relativo dei latticini risulta leggermente aumentato. A 184 500 Deviazione percentuale (modello vs misura) Deviazione percentuale (modello vs misura) seguito di questa diminuzione di intake anche le previsioni del modello risultano diminuite, e in misura maggiore per quelle madri che avevano un alto contenuto di carne nella loro dieta. Si nota infatti che, pur persistendo il trend visto in figura 1, ora le differenze percentuali tra previsione del modello e misura sperimentale per gli outliers sono notevolmente ridotte. Di contro, risulta, almeno per i dati relativi alla concentrazione di attività in latte, una sistematica sottovaluazione delle misure sperimentali, contrariamente a quanto osservato nella analisi originaria. Latte Urina 400 300 200 100 0 -100 0 10 20 30 40 50 60 70 80 500 Latte Urina 400 300 200 100 0 -100 0 Contributo della carne all'intake di 137Cs (% totale) 10 20 30 40 50 60 70 80 Contributo dei latticini all'intake di 137Cs (% totale) Figura 2 – Deviazione percentuale tra le previsioni del modello ICRP, secondo le nuove valutazioni sull'intake giornaliero fatte in questo lavoro, e i risultati delle misure sperimentali in funzione della composizione della dieta. Ogni simbolo corrisponde ad una madre. Sull'asse x nel grafico di sinistra è riportato il contributo della carne (in termini percentuali) all'intake totale di 137Cs, mentre in quello di destra il contributo dei latticini. Nel valutare questi risultati bisogna tenere in considerazione il fatto che nel fare queste simulazioni ci si è attenuti strettamente al modello raccomandato dall'ICRP, senza modificare in alcun modo i valori dei suoi parametri. Solo il valore di intake giornaliero è stato definito individualmente per ognuna delle madri. Il confronto tra dati e previsioni del modello può essere migliorato variando le ipotesi standard fatte dall'ICRP. Ad esempio, una analisi statistica dei residui quadratici tra misure e previsione del modello fornisce come miglior stima del valore di produzione giornaliera di latte 0.65 ld-1, invece del valore di 0.8 ld-1 fissato dall'ICRP. 185 INTERAZIONI METABOLICHE TRA CESIO E POTASSIO La nuova valutazione del contenuto di 137Cs nella dieta, se pure riesce a giustificare, almeno parzialmente, i valori di outliers trovati nella analisi originaria, non è sufficiente a spiegare la sistematica sovrastima della escrezione di 137Cs nelle urine. A questo proposito bisogna considerare che il modello biocinetico attualmente raccomandato dall'ICRP per i radioisotopi del cesio è, come per i radionuclidi di tutti gli altri elementi, un modello compartimentale basato sulla cinetica del primo ordine, dove cioè il trasferimento di attività tra i vari compartimenti (cioè, tra i vari organi e tessuti) è regolato dalla attività (o dalla concentrazione di attività) presente nel compartimento di partenza. Questa è una ipotesi semplificativa, che non sempre risulta verificata, come si vede dal confronto presentato nei seguenti grafici di figura 3. Il grafico di sinistra mostra la relazione, per ognuna delle madri considerate nello studio, tra la previsione della concentrazione di attività in latte e la corrispondente previsione della concentrazione di attività in urina. Come si vede, è una relazione praticamente lineare, conseguenza delle ipotesi alla base del modello. In realtà però non esiste una tale relazione; lo stesso confronto, infatti, fatto sulle misure reali e non sulle previsioni del modello (v. figura 3, grafico di destra), mostra un andamento di tipo diverso. Si noti che la curva indicata non è un fit ai dati sperimentali, come la retta in quello di sinistra, bensì suggerisce semplicemente una possibile descrizione della relazione esistente tra le misure. Se ne ricava che il comportamento del cesio nel corpo ha una cinetica più complessa di quella del primo ordine ipotizzata dai generici modelli raccomandati dall'ICRP. Questo tipo di modelli non tiene infatti in considerazione eventuali altre interazioni fisiologiche o metaboliche, come quelle ad esempio note tra cesio e potassio. Diversi studi (Henrichs et al., 1989; Rääf et al., 2000) indicano come la escrezione di cesio nelle urine dipenda anche dalla quantità di potassio nel corpo. 186 Concentrazione di Cs nel latte materno (Bq/l) Misura sperimentale 0.5 0.4 0.3 137 137 Concentrazione di Cs nel latte materno (Bq/l) Previsione del modello 0.6 0.2 0.1 0.0 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0.0 1.6 0.0 Concentrazione di 137Cs nelle urine (Bq/l) - Previsione del modello 0.5 1.0 1.5 2.0 Concentrazione di 137Cs nelle urine (Bq/l) - Misura sperimentale Figura 3 – Relazione tra le concentrazioni di attività di 137Cs nel latte materno e nelle urine delle singole madri. Grafico di sinistra: secondo le previsioni del modello compartimentale dell'ICRP. Grafico di destra: secondo i risultati delle misure sperimentali. 2.0 0.6 0.5 1.5 0.5 137 0.4 Cs nelle urine (Bq/l) 0.7 Concentrazione di Concentrazione di 137 Cs nel latte materno (Bq/l) L'informazione sulla quantità di potassio nel corpo delle madri non è disponibile, tuttavia nei campioni raccolti, sia di latte che di urina, era stata determinata anche la concentrazione di attività di 40K, che è in rapporto stabile con il potassio totale. La figura 4 mostra la relazione tra concentrazione di attività di 137Cs e quella di 40K nei campioni di latte materno (grafico di sinistra) e di urina (grafico di destra). Mentre per il latte non è rilevabile alcun tipo di relazione tra i due valori, per quanto riguarda le urine si nota una certa correlazione tra i due valori, indice di una possibile interazione tra i due elementi nel processo di escrezione. 0.3 0.2 0.1 0.0 1.0 0.0 0 5 10 15 20 25 0 20 40 60 80 100 Concentrazione di 40K nelle urine (Bq/l) Concentrazione di 40K nel latte materno (Bq/l) Figura 4 – Relazione tra le misure di concentrazione di attività di 137Cs e di 40K nei campioni di latte materno (grafico di sinistra) e di urina (grafico di destra). 187 Concentrazione di 137 Cs nel latte materno (Bq/l) Risulta anche interessante il fatto che sembra esserci una relazione di tipo proporzionale tra il trasferimento di 137Cs nel latte materno e la escrezione di 137Cs nelle urine normalizzata alla concentrazione di attività di 40K. Si noti la differenza tra l'andamento mostrato in figura 5 e quello presentato nel grafico destro della figura 3. Tutte queste osservazioni lasciano intendere che sia possibile giungere ad un miglior accordo tra dati misurati e previsioni del modello se si potesse tener conto, nella struttura del modello, dell'influenza del potassio sul metabolismo del cesio. 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0.0 0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 Rapporto tra le concentrazioni di 137Cs e 40K nei campioni di urina Figura 5 – Concentrazione di attività di 137Cs nel latte materno in funzione del rapporto tra 137Cs e 40K nei corrispondenti campioni di urina. CONCLUSIONI In questa analisi, della quale sono stati qui presentati solo i primi risultati, si sono ricercati i motivi alla base di alcune discrepanze tra le misure di 137Cs nel latte di alcune madri, nel primo periodo dopo il parto, e nelle loro urine, nella immediatezza del parto, e le previsioni del corrispondente modello ICRP. Una determinazione più corretta dell'intake di 137Cs da parte delle madri, tenendo conto della manipolazione dei cibi, ed una ipotesi diversa da quella utilizzata dall'ICRP come valore di default per la quantità di latte prodotta giornalmente in quel periodo (0.65 ld-1, invece di 0.8 ld-1) portano ad un migliore accordo tra la previsione 188 del modello riferita alla presenza di cesio nel latte e le misure effettuate. Per quanto riguarda l‟escrezione urinaria, per una migliore rappresentazione dei dati sperimentali, sembra necessario modificare il modello ICRP in modo da tener conto dell'influenza del potassio nel metabolismo del cesio. Questa evidenza è, per altro, in buon accordo con quanto noto dalla fisiologia e riportato in numerose pubblicazioni internazionali. 189 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Burger, J., Gaines, K.F., Shane Boring, C., Snodgrass, J., Stephens, W.L. Jr., Gichfeld, M., 2004. Effects of cooking on radiocesium in fish from the Savannah river: exposure differences for the public. Arch. Environ. Contam. Toxicol. 46, 231-235. Campos Venuti, G., Risica, S., Rogani, A., 1991. Radioactive caesium contamination in human milk in Italy after the Chernobyl accident. Radiat. Prot. Dosim. 37 (1), 43-49. Giussani, A., Grisanti G., Risica, S., 2009. Il trasferimento del cesio dall'alimentazione della madre al suo latte: applicazione del modello ICRP. In: Atti del XXXIV Congresso Nazionale di Radioprotezione (AIRP), Frascati, 28-30 ottobre 2009. ISBN 978-88-88648 -10-1. Giussani, A., Risica, S., 2011. Validation of the ICRP model for caesium intake by lactating mothers with Italian data after the Chernobyl fallout, lavoro in attesa di pubblicazione (inviato a Environ. Internat.). Henrichs, K., Paretzke, H.G., Voigt, G. and Berg, D. (1989). Measurements of Cs absorption and retention in man. Health Phys. 57, 571-578. ICRP, 2004. ICRP Publication 95: Dose to infants from radionuclides ingested in mother's milk. Annals of the ICRP 34(3-4). Elsevier, Oxford. Lotfi, M., Notaro, M., Piermattei, S., Tommasino, L., Azimi-Garakani, D. (1990). Radiocaesium contents of meat in Italy after the Chernobyl accident and their changes during the cooking process. J. Environ. Radioactivity 12, 179-183. Noordijk, H., Quinault, J.M., 1992. The influence of food processing and culinary preparation on the radionuclide content of foodstuffs: a review of available data. In: Modelling of resuspension, seasonality and losses during food processing. First report of the VAMP terrestrial working group. IAEA-TECDOC 647, Vienna, 35-59. Petäjä, E., Rantavaara, A., Paakkola, O., Puolanne, E. (1992). Reduction of radioactive caesium in meat and fish by soaking. J. Environ. Radioactivity 16, 273-285. Rääf, C.L., Hemdal, B., Mattsson, S. (2000). Body burden and excretion of subjects from the south of Sweden. J. Environ. Radioactivity 47, 83-100. 137 Cs and 40 K in Risica, S., Campos Venuti, G., Rogani, A., Baronciani, D., Petrone, M., 1992. Caesium contamination in human milk and transfer factor from diet. Analyst 117, 511-4. Risica, S., Rogani, A., Tancredi, F., Grisanti, A., Grisanti, G., Baronciani, D., Del Prete, A., Zanini, R., 1997. Caesium transfer to placenta, urine and human milk. In: Proceedings of the IAEA International Conference One decade After Chernobyl: Summing up the consequences of the accident. IAEA-TECDOC-964, Vienna, 215-220. 190 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 INDAGINI RADIOMETRICHE CONOSCITIVE RECENTI CONDOTTE DA ARPA EMILIA-ROMAGNA IN AREE DELLA BIELORUSSIA E DELLA RUSSIA PESANTEMENTE INTERESSATE DALL‟INCIDENTE DI CHERNOBYL R. Sogni, L. Gaidolfi, A Gazzola, L. Achilli, C. Terzoni, P. Pisaroni ARPA Emilia-Romagna - Sezione provinciale di Piacenza – Centro Tematico Regionale Radioattività ambientale PREMESSA ARPA Sezione provinciale di Piacenza ha avviato da diversi anni (2003 – 2006) rapporti di collaborazione con Legambiente Solidarietà nell‟ambito del Progetto Accoglienza, finalizzato all‟ospitalità temporanea in Italia di bambini che vivono nelle zone della Bielorussia contaminate dall‟incidente alla centrale nucleare di Chernobyl. Tale collaborazione ha visto l‟ effettuazione di indagini radiometriche mirate a verificare la situazione radiometrica dell‟ambiente e della popolazione sia presso Centri di accoglienza in territorio bielorusso, sia in relazione ad aree ubicate nelle province di Khoiniki e Braghin, situate nella regione di Gomel (ad est della Bielorussia) fortemente contaminate dall‟incidente. Nel 2009 ARPA Sezione provinciale di Piacenza ha sottoscritto una nuova Convenzione con l‟Associazione di volontariato Verso Est Onlus, che svolge azioni di supporto sociale alla popolazione più pesantemente coinvolta dalla ricaduta radioattiva verificatasi in seguito all‟incidente di Chernobyl, tramite l‟organizzazione di progetti di accoglienza in Italia di bambini provenienti dalle aree più coinvolte. La Convenzione, sviluppatasi su base triennale, prevedeva la realizzazione da parte di ARPA di un‟attività di supporto tecnico/analitico ad una campagna conoscitiva sull‟attuale situazione radiometrica dell‟ambiente e della popolazione, da 191 svolgersi in aree particolarmente contaminate della Repubblica Bielorussa (province di Cecersk, Vetka, Buda-Koshelevo, Dobrush, Braghin, Khoiniki, Narovlya, situate nella regione di Gomel e provincia di Slavgorod, situata nella regione di Moghilev) e della Federazione Russa (provincia di Novozybkov, situata nella regione di Bryansk) (vedi fig. 1). Nello specifico tali aree erano individuabili presso i villaggi di provenienza dei bambini accolti da famiglie italiane per il tramite dell‟Associazione di volontariato Verso Est Onlus. A tale scopo, in base a quanto stabilito, in tali aree si sono effettuati monitoraggi finalizzati a: 1. stimare la dose alla popolazione residente dovuta all‟ingestione di alimenti; 2. verificare gli attuali livelli di contaminazione radiometrica ambientale, con riferimento a suoli indisturbati. Nel corso delle tre missioni svoltesi negli anni 2009, 2010 e 2011, sono stati pertanto prelevati circa 500 campioni di alimenti rappresentativi della dieta media della popolazione “locale”, circa 50 campioni di terreno, nonché ulteriori campioni di urine di bambini accolti in Italia, sottoposti poi ad analisi radiometriche di laboratorio (spettrometria γ e Sr90). In questo lavoro sono descritti i risultati delle misure radiometriche svolte da ARPA Sezione provinciale di Piacenza, nonché riportate le valutazioni delle dosi assorbite dalla popolazione locale. 192 Figura 1 – Repubblica Bielorussa: regioni di Gomel e Moghilev e Federazione Russa: regione di Bryansk. Mappa della contaminazione al suolo da Cs137. MATERIALI E METODI I campioni di terreno sono stati prelevati in superficie tramite un anello di spessore 5 cm e diametro 14 cm; i campioni sono stati prelevati in siti ritenuti indisturbati, cioè non soggetti a lavorazioni agricole o ad altre attività antropiche. Gli altri campioni di matrici ambientali ed alimentari prelevati sono provenienti generalmente da piccole coltivazioni locali e, nel caso degli alimenti, considerando la dieta media della popolazione delle province interessate. Per le analisi in spettrometria gamma eseguite sono stati impiegati sistemi di conteggio con rivelatori a HpGe iperpuro (tipo HPGe-P ed HPGe-N – EG G ORTEC, efficienze relative comprese tra 25% e 80% e risoluzione (FWHM) pari a circa 2.0 Kev all‟energia 1.33 MeV), schermati da pozzetti di piombo e collegati a PC, calibrati con 193 sorgente multigamma e dotati di programma di elaborazione spettri (GAMMAVISION 6.07 – ORTEC). I campioni, pesati ed omogeneizzati e, laddove necessario (suoli), setacciati, sono stati introdotti in contenitori “Marinelli beaker” della capacità di 1-2 L, oppure in contenitori cilindrici di capacità inferiore. Le determinazioni di Sr90, che hanno interessato solo alcuni campioni di latte, supposto l‟equilibrio radioattivo con il figlio Y 90, sono state eseguite impiegando metodiche interne che prevedono successive separazioni radiochimiche (disgregazione ad umido del campione, estrazione e separazione dello Sr90 da altri radionuclidi interferenti, mediante eluizione su resina a scambio ionico, separazione dal campione del radionuclide figlio Y 90) e la preparazione di un precipitato (ossalato di ittrio) raccolto su piattello da sottoporre a conteggio beta tramite un contatore proporzionale a basso fondo (fondo circa 0.06 cps) ASPN mod. 2011. RISULTATI DELLE MISURE E LORO ELABORAZIONE Le fig. 2 e 3 rappresentano la distribuzione dei campioni prelevati/analizzati sia rispetto alle tipologie di matrice che alle province di prelievo. Matrici 44 15 46 36 44 46 91 46 20 28 36 41 23 Acqua potabile/pozzo Latte Derivati del latte Carni Pesce fiume/lago Pane Uova Frutta Funghi Ortaggi Terreno Foraggio Altro Figura 2 – Distribuzione dei campioni prelevati/analizzati rispetto alle tipologie di matrice prelevate. 194 Province 76 38 56 79 54 40 42 30 101 BRAGHIN DOBRUSH BUDA-KOSHELEVO KHOINIKI CECERSK NAROVLIA VETKA SLAVGOROD NOVOZYBKOV Figura 3 – Distribuzione dei campioni prelevati/analizzati rispetto alle province di prelievo. Matrici alimentari e ambientali Nel corso del triennio di campionamento, escludendo la matrice funghi, la contaminazione da Cs137 in alcuni alimenti, nello specifico un campione di latte vaccino ed un campione di carne suina, è risultata superiore a 100 Bq/l-kg; peraltro queste risultano essere le matrici alimentari che mediamente presentano contaminazioni superiori alle altre. La contaminazione da Cs137 rilevata nei numerosi campioni di acqua potabile analizzati è risultata invece generalmente inferiore alla minima attività rilevabile (pari a circa 0.1-0.2 Bq/l); solo in alcuni campioni si sono riscontrate “tracce” di Cs137 con valori comparabili alla minima attività rilevabile. La contaminazione da Sr90 in 11 campioni analizzati nel triennio di attività è risultata sempre superiore alla minima attività rilevabile (pari a circa 0.01 Bq/l); non si sono osservate correlazioni significative rispetto ai corrispettivi valori di Cs137. Le fig. 4, 5, 6 e 7 rappresentano la contaminazione da Cs137 e Sr90 (per la sola matrice latte), nei principali alimenti campionati in relazione alla provincia di prelievo. 195 Latte vaccino 1.000 Bq/l 100 10 1 V O D O N N SL A A VG VO ZY B O R K O A TK VE LI A O V H K O D R U BR O IN IK I H S K RS E EC C B U D A -K O B R SH A E LE G H IN VO 0 Cs137 Sr90 Figura 4 – Contaminazione da Cs137 e Sr90 nel latte vaccino campionato nelle diverse province. Carne suina 1.000 Bq/kg 100 10 1 V O D VO ZY B O N O R VG K O A VE TK SL A N A R O V LI A O IN IK I H U BR O D K H S K RS E EC C B U D A -K O B R SH A E LE G H IN VO 0 Figura 5 – Contaminazione da Cs137 nella carne suina campionata nelle diverse province . 196 Derivati latte 100 Bq/kg 10 1 V K VO ZY B O R VG N O SL A A N O D O A TK VE LI A R H K O D O V U BR O IN IK I H S K RS E EC C B U D A -K O B R SH A E LE G H IN VO 0 Burro Formaggio Panna acida Ricotta Figura 6 – Contaminazione da Cs137 nei derivati del latte campionati nelle diverse province. Ortaggi 100 Bq/kg 10 1 V O D O R VO ZY B O N VG K O A VE TK SL A N A R O V LI A O IN IK I H U BR O D K H S K RS E EC C B U D A -K O B R SH A E LE G H IN VO 0 Patate Altri ortaggi Figura 7 – Contaminazione da Cs137 negli ortaggi campionati nelle diverse province. La contaminazione da Cs137 presenta generalmente elevata variabilità anche nell‟ambito della stessa provincia di prelievo; si può altresì osservare come mediamente si ritrovino livelli di contaminazione superiori in quelle province (Cecersk, Narovlya, Novozybkov) in cui si sono rilevati maggiori contaminazioni nei terreni. 197 La contaminazione da Cs137 nella matrice funghi, come peraltro era logico attendersi, ha raggiunto livelli significativi; in alcuni campioni si sono infatti rilevati valori superiori a 10000 Bq/kg peso fresco. La fig. 6 rappresenta la contaminazione da Cs137 nei funghi campionati, sempre in relazione alla provincia di prelievo. Funghi Bq/kg (peso fresco) 100.000 10.000 1.000 100 V O D O R VO ZY B O N VG K O A TK SL A VE LI A O V R A N H O IN IK I H U BR O D K S K RS E EC C B U D A -K O B R SH A E LE G H IN VO 10 Figura 6 – Contaminazione da Cs137 nei funghi campionati nelle diverse province . Si rileva notevole variabilità; dal momento in cui per la maggior parte dei campioni analizzati non risulta nota la specie del fungo, non risultano possibili specifiche considerazioni su tale matrice e peraltro anche la rappresentazione rispetto alle diverse province non consente alcuna specifica disamina. Nei campioni di frutti di bosco (10) sottoposti ad analisi di spettrometria gamma, la contaminazione max. da Cs137 rilevata è risultata pari a circa 250 Bq/kg in un campione di lamponi. Fra tutte le diverse matrici analizzate, è stata altresì eseguita una misura su di un campione di “tupinambur”, tubero della radice di una pianta erbacea (Helianthus tuberosus) che cresce lungo argini di fiumi o canali, utilizzata anche in cucina come patata; la contaminazione rilevata è superiore di due- tre ordini di grandezza rispetto a quella delle patate (circa 1300 Bq/kg). 198 Nel 2010 sono stati analizzati campioni di legname (sezioni di tronchi di betulle e pini cresciuti prima dell‟incidente di Chernobyl) prelevati nelle province di Buda-Koshelevo, Khoiniki e Slavgorod: in un campione il Cs137 è risultato pari a circa 1000 Bq/kg. Nei campioni di foraggio prelevati nell‟anno 2011 i valori di Cs137 non risultano correlati significativamente rispetto alla contaminazione dei corrispettivi terreni; si rilevano valori anche superiori a 1000 Bq/kg. Terreni Relativamente alla Repubblica Bielorussa, i punti di campionamento sono stati scelti disponendo di mappe redatte con dettaglio provinciale fornite da colleghi del Centro Repubblicano di Controllo delle Radiazioni e Monitoraggio Ambientale (RCRKM) di Minsk, riportanti la contaminazione del suolo da Cs137 al 1991. Si è cercato di campionare in zone con diversi livelli di contaminazione, dovendo però escludere aree poste nella “fascia rossa” (> 1480 kBq/m²), perché interdetta tramite posti blocco che la rendono inaccessibile, se non tramite permessi speciali rilasciati dalle autorità, e al cui interno risultano ubicati esclusivamente villaggi disabitati. La contaminazione da Cs137 nei terreni campionati varia fra circa 5 – 3700 kBq/m2 (vedi fig. 7), con notevoli variabilità nell‟ambito della stessa provincia. I valori riportati per la provincia di Braghin sono relativi ad analisi eseguite nel corso del 2006 in occasione di una esperienza analoga condotta a supporto di LEGAMBIENTE che aveva interessato le province di Braghin e Khoiniki, estraendo i risultati per i villaggi di provenienza dei bambini. 199 Terreni 10.000 kBq/km 2 1.000 100 10 V K O V VO ZY B O N N A R E EC O LI A K RS A VE TK C SL A SH O -K B U D A VG E O R LE O D VO IN G H A R B O IN IK I H K D O BR U S H 1 Figura 7 – Contaminazione da Cs137 nei terreni campionati nelle diverse province. Dall‟analisi degli spettri gamma relativi ad alcuni campioni di terreno, si è ancora riscontrata la presenza di Cs134. La fig. 8 riporta sempre la contaminazione da Cs137 nei terreni campionati, cui è stata attribuita la “fascia” di contaminazione in relazione alla ubicazione sulle mappe ottenute con dati relativi all‟anno 1991, confrontata con le stesse “fasce” di contaminazione; i livelli di contaminazione sono stati corretti all‟anno 2010 (intermedio di esecuzione dei campionamenti) esclusivamente in relazione al decadimento fisico del Cs 137. Tutto ciò allo scopo di effettuare una verifica fra i risultati delle misure sperimentali e la mappatura. Figura 8 – Confronto tra risultati delle misure di contaminazione da Cs137 nei terreni campionati e livelli di contaminazione territoriale desumibili da mappature. 200 Dal confronto emerge che il 26% dei campioni si colloca nella propria “fascia” di contaminazione, mentre rispettivamente il 39% ed il 35% dei campioni presentano valori superiori ed inferiori. STIME DI DOSE DA INGESTIONE ASSORBITA DALLA POPOLAZIONE LOCALE Per poter eseguire una stima della dose assorbita, a livello provinciale, dalla popolazione residente dovuta all‟ingestione di alimenti, si è cercato di acquisire informazioni relative alla struttura della dieta della popolazione interessata, nonché di definire un numero di campioni, per i diversi alimenti della dieta, da prelevare sufficienti a dare un‟idea precisa della reale situazione, considerando comunque le potenzialità analitiche del laboratorio ARPA. Il supporto degli operatori dell‟Associazione di volontariato Verso Est Onlus ha consentito di ottenere una stima dei consumi medi per i principali alimenti della dieta della popolazione locale, ovvero bambini (7 – 12 anni) ed adulti (> 17 anni) (vedi tab. 1). Tabella 1 – Consumi medi dei principali alimenti della dieta della popolazione locale Alimento Bambini Adulti Campioni per provincia (g/giorno) (g/giorno) (n°) Latte (*) 150 200 5 Derivati del latte 40 40 3 Carne Suina 37 50 3 Carne Pollo 37 43 3 Pesce acqua dolce 22 28 3 Uova 18 25 3 Pane 45 100 3 Patate 120 200 5 Altri vegetali 140 200 5 Frutta 45 80 3 Frutti di bosco 100 150 5 Funghi 100 150 5 Acqua potabile (*) 1000 1500 5 (*) ml/giorno In funzione dell‟importanza di tali alimenti per la dieta, si è quindi definito un numero minimo di campioni da prelevare in ogni provincia, variabile da 3 a 5 (vedi tab. 1). 201 Nel corso del triennio di attività non si è purtroppo riusciti a prelevare, in ogni provincia, il numero totale di campioni prefissato: solo nelle province di Khoiniki, Slavgorod e Novozybkov si è infatti riusciti a rispettare pienamente quanto programmato; nelle province di Cecersk e Buda-Koshelevo si può ritenere comunque di aver ottenuto un numero pressoché sufficiente di campioni, mentre in quelle di Vetka, Dobrush, Braghin e Narovlya il numero di campioni prelevati è da ritenersi insufficiente ai fini della stima della dose da ingestione a livello provinciale. I calcoli per la dose da ingestione sono stati effettuati: - per il Cs137, in quanto attualmente ancora presente e diffuso nell‟ambiente, e lo Sr90 perché, anche se meno presente, è chimicamente affine al calcio e si concentra pertanto in modo particolare nel latte, alimento importante per la dieta (anche per ciò e considerando altresì le problematiche radioanalitiche sono state eseguite misure nella sola matrice latte); - considerando i valori medi delle concentrazioni dei suddetti radionuclidi nei vari alimenti, considerando cautelativamente quali valori positivi anche i valori delle minime attività rilevabili ottenuti dalle analisi; - secondo le indicazioni ed i coefficienti di dose del Manuale CEVaD “Emergenze nucleari e radiologiche – Manuale per le valutazioni dosimetriche e le misure ambientali” (ISPRA, 57/2010). La stima della dose totale (Cs137 + Sr90) è stata ottenuta sommando al contributo del Cs137 quello dello Sr90 relativo al latte vaccino. Le fig. 9 e 10 riportano alcuni risultati delle valutazioni dosimetriche ottenuti con la metodologia sopra descritta per i bambini e per gli adulti. 202 Dose ingestione - Alimenti 10000 uSv/anno 1000 100 10 1 O I TT I B FU O SC G H IL E N O U FR Q U C A A Adulti: Sr90 O TA P A A LT R C Adulti: Cs137 B VA N U R E A PA U ER V PA N R A A C D TA TE TT A E U SC PE FR A PO E E N R A IV LL IN E SU TT O A IN C TI L C VA ER D TT E LA O 0 Bambini: Cs137 Bambini: Sr90 Figura 9 – Contributo dei vari alimenti alla dose da ingestione da Cs137 e da Sr90 (per il solo latte). E' evidente l‟importanza (mediamente pari al 95%) dell‟alimento “funghi” soprattutto per l‟elevato contenuto di Cs137 presente in diversi campioni analizzati. Dose ingestione 10000 100 10 N O VO gg ZY re B ga K O zi V on e Pr ov in ce D O A VG O R TK A SL A VE O V R A N K LI A O IN IK I U BR O D H H S K RS E EC C U D A -K O B R SH A E LE G H IN VO 1 B uSv/anno 1000 Tutti gli alimenti della dieta tipo Senza consumo funghi Senza consumo funghi e frutti di bosco Figura 10 – Adulti: dose da ingestione da Cs137 per le diverse province. 203 Considerando l‟insieme di tutti i dati, la stima della dose totale (Cs137 + Sr90) da ingestione risulta essere pari rispettivamente a circa 1400 µSv/anno per gli adulti e circa 700 µSv/anno per i bambini e si riduce rispettivamente a circa 90 µSv/anno per gli adulti e a circa 50 µSv/anno per i bambini se non si considera il contributo dell‟alimento “funghi”. E‟ trascurabile il contributo della contaminazione da Sr90 per l‟alimento latte vaccino, inferiore infatti all‟1%, se si considerano tutti gli alimenti, mentre lo stesso risulta essere rispettivamente pari al 4% per gli adulti e 13% per i bambini se non si considera il contributo dell‟alimento “funghi”. La disaggregazione dei dati a livello di singola provincia, in particolare relativamente alle sole province in cui è stato possibile prelevare il numero minimo di campioni (Khoiniki, Slavgorod e Novozybkov) non consente di evidenziare differenze significative. CONCLUSIONI La contaminazione da Cs137 negli alimenti analizzati, pur rimanendo al di sotto delle tolleranze massime fissate ad esempio dal Regolamento Comunitario 733/2008 relativo alle condizioni d‟importazione di prodotti agricoli originari dei paesi terzi a seguito dell‟incidente verificatosi nella centrale nucleare di Chernobyl (370 Bq/kg per i prodotti lattiero-caseari e derrate alimentari destinati all‟infanzia e 600 Bq/kg per tutti gli altri prodotti, per la somma di Cs134 e Cs137), evidenzia in alcuni campioni la persistenza della contaminazione radioattiva derivante dall‟incidente di Chernobyl e che ha pesantemente interessato le province della Bielorussia e della Russia oggetto dell‟indagine. Ciò non vale per i funghi, in cui in diversi campioni analizzati si sono riscontrati valori di Cs137 ampiamente superiori al limite imposto dal Regolamento europeo sopra riportato. La variabilità della contaminazione è generalmente elevata anche nell‟ambito della stessa provincia, anche se si osserva che mediamente i livelli di contaminazione risultano superiori in quelle province (Cecersk, Narovlya, Novozybkov) in cui si sono rilevati maggiori contaminazioni nei terreni. 204 Le stime di dose da ingestione dei radionuclidi artificiali Cs137 e Sr90 (quest‟ultimo per il solo alimento latte vaccino) sono dell‟ordine di alcune decine di µSv/anno se si esclude il consumo di funghi, cioè basse, circa uno-due ordini di grandezza inferiore al limite di 1mSv/anno fissato dalla normativa per la popolazione; considerando invece il consumo di tale alimento le dosi da ingestione possono raggiungere tale limite. BIBLIOGRAFIA R. Sogni, L. Gaidolfi, A Gazzola, L. Achilli, C. Terzoni - ARPA Emilia Romagna in Bielorussia: i controlli radiometrici effettuati nelle zone interessate dall’incidente di Chernobyl – Atti del Convegno Nazionale “Controllo ambientale degli agenti fisici: nuove prospettive e problematiche emergenti” – ARPA Piemonte - 24-27 marzo 2009 Vercelli. United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation - UNSCEAR 2000 Report to the General Assembly, Vol. II SOURCES AND EFFECTS OF IONIZING RADIATION, with scientific annexes. ISPRA - Manuale CEVaD - Emergenze nucleari e radiologiche – Manuale per le valutazioni dosimetriche e le misure ambientali - ISPRA, 57/2010 Roma 205 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 DOSE GAMMA DA MATERIALI DA COSTRUZIONE: STIME CON UN ROOM MODEL AVANZATO, ANALISI DELLA ROBUSTEZZA DELL‟INDICE I DELLA GUIDA RP 112 E VALUTAZIONI RADIO-PROTEZIONISTICHE C. Nuccetelli,* M. D‟Alessandro+, S.Risica*, R. Trevisi° *Dipartimento Tecnologie e salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma +Istituto per i sistemi complessi, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma °Dipartimento Igiene del Lavoro, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, Monteporzio Catone (Roma) Sommario - Un ampio database raccolto negli ultimi 10 anni ha permesso recentemente agli autori di calcolare l'indice di concentrazione di attività I per molti materiali da costruzione utilizzati nell'Unione europea. Questo indice fu suggerito dalla guida tecnica europea RP112 ed è stato recentemente adottato nella bozza di Direttiva Europea sui Basic Safety Standards. In questo lavoro è stata effettuata una analisi sulle implicazioni della scelta di diversi parametri nel calcolo dell‟indice I, per es. il fondo outdoor da sottrarre, i criteri di dose, ecc. Inoltre è stato applicato un particolare room model ai dati raccolti nel database ed è stata quindi effettuata una valutazione indipendente del rateo di dose gamma in una stanza modello, ipotizzando un uso ragionevole di diversi materiali da costruzione. Infine, sono stati confrontati i risultati ottenuti applicando i due metodi, cioè l‟indice I e il room model. INTRODUZIONE Negli ultimi 30 anni è stata riconosciuta la rilevanza della presenza della radioattività naturale nei materiali da costruzione sia dal punto di vista della ricerca scientifica che dal punto di vista normativo, dato il loro contributo all‟esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti. I materiali da costruzione, infatti, rappresentano la sorgente gamma indoor più importante. E‟ per tale ragione che nella bozza finale della Direttiva Euratom sui Basic Safety Standards (EU BSS), nell'articolo 101 e nell'allegato 15, si è inteso porre attenzione 206 alla protezione della popolazione da questa sorgente di radiazioni [1]. Le attività di ricerca in questo settore sono state principalmente dedicate allo sviluppo di modelli computazionali - i room model – e di tecniche in situ per valutare e prevedere la dose gamma indoor, sulla base della concentrazione di attività e di altre caratteristiche dei materiali da costruzione. In passato gli autori hanno confrontato diversi room model pubblicati nella letteratura internazionale e ne hanno verificato la sostanziale equivalenza [2]. Per questo l‟attenzione e l‟analisi di robustezza è stata focalizzata sul room model di Markkanen [3], il modello scelto dall‟Unione Europea per definire l‟indice di concentrazione di attività I. Tale grandezza fornisce un criterio per limitare l‟uso dei materiali da costruzione troppo attivi. Questo indice, raccomandato dalla guida tecnica europea RP112 [4], è stato recentemente adottato nella bozza finale della Direttiva Euratom sui Basic Safety Standards (EU BSS) [1]. Si ricorda che in questi ultimi decenni alcuni paesi stati hanno sviluppato metodi, per valutare e classificare i materiali da costruzione in base al contenuto di radionuclidi naturali. Una breve rassegna di questa ”famiglia” di criteri per la stima del contributo dei materiali da costruzione alla dose gamma indoor è riportata in Appendice. Il modello di Markkanen, migliorato dagli autori con una più approfondita analisi delle righe gamma emesse dai radionuclidi naturali [5], è stato applicato a un ampio database raccolto in questi anni sulla concentrazione di attività di materiali da costruzione italiani [6] ed europei [7,8,9,10]. Ciò ha permesso la valutazione dell‟esposizione della popolazione a questa sorgente gamma. Infatti, facendo ipotesi ragionevoli su un uso composito dei materiali da costruzione, con i dati raccolti è stata elaborata una stima delle dosi gamma. Sullo stesso database è stato calcolato l‟indice I per molti materiali (cemento, calcestruzzo, mattoni, ecc.), stimolando una riflessione sulle possibili conseguenze della scelta dei diversi parametri che intervengono nel calcolo di I, quali la dose di fondo da sottrarre, il criterio di dose da adottare ecc. Insieme ai risultati ottenuti con i due metodi - l‟indice I e il room model – verrà presentato il confronto tra i due approcci e le conseguenti valutazioni radioprotezionistiche. 207 L‟INDICE I NELLA GUIDA TECNICA DELL‟UNIONE EUROPEA L‟indice di concentrazione di attività I è stato introdotto dalla Commissione Europea (CE) [1] come strumento per identificare i materiali che richiedono ulteriori indagini. I valori di "soglia" di questo parametro, come già descritto in precedenza [9], sono calcolati in base al criterio di dose adottato - dove per dose si intende la parte eccedente il fondo medio ambientale, stimato a quel tempo in 50 nGy h-1 (~0,25 mSv y-1) per i paesi dell'Unione Europea - e alle modalità di utilizzazione del materiale. In particolare, per i materiali strutturali, una dose di 0,3 mSv y-1 corrisponde a un valore di I pari a 0,5 e una dose di 1 mSv y-1 corrisponde a un valore di I pari a 1. Per quanto riguarda i materiali utilizzati per rivestimento, ai due criteri di dose sopra citati corrispondono valori limite dell‟indice I pari, rispettivamente, a 2 e 6. Al fine di valutare se il criterio di dose è soddisfatto, nel calcolo dell'indice di concentrazione di attività (v. Appendice, eq (A1)) sono stati fissati per Ax i valori riportati nella formula che segue: I CRa 226 300 Bq kg 1 CTh 232 200 Bq kg 1 CK 40 3000 Bq kg1 (1) dove il 226Ra viene utilizzato come riferimento per il progenitore, l‟238U. Nella bozza EU BSS, il livello di esenzione è stato posto ≤1 mSv y-1. Questa scelta è stata principalmente basata sull‟analisi dei dati raccolti in [10], analisi che ha permesso di stimare l‟impatto sul mercato UE della scelta del criterio di dose da adottare. Analisi della robustezza dell‟indice I della guida RP112 L‟indice I - nella pubblicazione RP112 - è calcolato secondo il criterio di dose di 1 mSv y-1 e la sottrazione di un fondo esterno di 50 nGy h-1, sulla base della seguente equazione: 10-3 Sv/y = (RDSx Cx - 50) 10-9 Gy/h · 0,7 Sv/Gy ·7000 h/y 208 (2) dove RDSx è il rateo di dose specifica (nGy h-1 per Bq kg-1) per il radionuclide x - vedi tabella 1 - Cx è la concentrazione di attività del radionuclide x (Bq kg-1) quando il pavimento, il soffitto e le pareti sono realizzate con il materiale considerato (modello RP112). radionuclide rateo di dose specifica (RDS) (nGy h-1 per Bq kg-1) 226 0,92 232 1,1 Ra Th 40 K 0,08 Tabella 1 - Rateo di dose specifica per i radionuclidi considerati nella definizione dell’indice I In questo articolo abbiamo analizzato le possibili variazioni dell'indice I al variare del valore del fondo gamma outdoor. Al fine di valutare l‟eventuale variazione del fondo outdoor europeo - 50 nGy h-1 - connessa all‟attuale maggior numero di Stati Membri, è stata effettuata una nuova media pesata sulla popolazione, considerando i valori nazionali pubblicati nel Rapporto UNSCEAR 2000 [11] e le recenti stime della popolazione dell'UE (2009) [12]. Il risultato del nuovo calcolo ha fornito un valore pari a 57 nGy h -1: la nuova stima del fondo outdoor, pur essendo maggiore di circa il 10% della stima precedente, sostituita nell‟equazione (2) non varia significativamente il risultato. Tuttavia, il rateo di dose assorbita in aria outdoor è molto variabile tra gli Stati Membri. Per questo motivo è stata eseguita un'analisi delle differenze nei valori dei coefficienti Ax nel caso vengano utilizzati il valore minimo e massimo del fondo gamma outdoor degli Stato membro. Nel Rapporto UNSCEAR 2000, il valore minimo di fondo gamma outdoor è di Cipro (18 nGy h-1) e il valore massimo è del Portogallo (84 nGy h-1). Nella tabella 2 gli Ax sono stati quindi calcolati considerando questi due valori ed i risultati sono stati comparati con quelli della RP112. Ciò significa che se ogni Stato Membro adattasse l‟indice I alla propria situazione radiologica, questo creerebbe una limitazione significativamente differente del medesimo materiale. Infatti, i tre denominatori arrotondati dell‟indice I della RP112 (300, 200 e 3000 per 226Ra, 232Th e 40K,) sarebbero (200, 200 e 3000) e 209 (300, 300 e 4000) rispettivamente per Cipro e Portogallo. Pertanto, i materiali soggetti a controlli o restrizioni di movimento e/o utilizzo sarebbero molto diversi da paese a paese all‟interno della UE. Parametro dell’indice I (Bq kg-1) Fondo gamma outdoor RP112 (50 nGy h-1) 276 (300*) 231 (200*) 3176 (3000*) ARa-226 ATh-232 AK-40 Valore min in UEa (18 nGy h-1) 241 202 2776 Valore max in UEa (84 nGy h-1) 313 262 3601 Tabella 2 Valori di Ax per il valore minimo e massimo del fondo outdoor, confrontati con quelli di RP112 (con l’asterisco * sono indicati i valori arrotondati usati nella RP112; con a i valori di fondo min e max tratti dal Rapporto UNSCEAR 2000) INDICE I DELLA GUIDA RP112 APPLICATO A DIVERSI TIPI DI MATERIALE DA COSTRUZIONE CON TRE CRITERI DI DOSE Sono stati ricalcolati i parametri Ax dell'indice I (vedi Appendice), con l'obiettivo di valutare la percentuale di materiali che determinano una dose superiore a tre valori di dose scelti come criterio. Sono stati considerati tre diversi criteri di dose, cioè i due indicati dalla guida RP112 (0,3 e 1 mSv y-1), più un livello intermedio di 0,5 mSv y-1. Per calcolare i parametri Ax (vedi eq. (A1)), è stata utilizzata una formula analoga alla eq. (2) con il valore di dose appropriato. I risultati sono riportati nella tabella 3. Criterio di dose (mSv y-1) 1 (RP112) 0,5 0,3 ARa-226 (Bq kg-1) ATh-232(Bq kg-1) AK-40(Bq kg-1) valore calcolato valore arrotondato valore calcolato valore arrotondato valore calcolato valore arrotondato 276 165 121 300 200 100 231 138 101 200 100 100 3176 1901 1390 3000 2000 1000 Tabella 3 - Valori dei parametri Ax dell'indice I per i criteri di dose di 1, 0,5 e 0,3 mSv y-1 Per ogni criterio di dose sono state valutate le percentuali di mattoni, di campioni di calcestruzzo e di fosfogesso potenzialmente sottoposti a restrizione (vedi tabella 4), utilizzando i valori arrotondati di Ax riportati in tabella 3. Il calcolo è stato effettuato solo per i campioni di cui erano disponibili i dati completi sulle concentrazioni di attività di 226Ra, 232Th e 40K. 210 I risultati di tabella 4 indicano che il 95% dei mattoni e l‟82% dei campioni di calcestruzzo superano il valore di riferimento definito per un criterio dose di 0,3 mSv y-1. È utile ricordare che anche la guida RP112 prevede 0,3 mSv y-1 come possibile criterio di dose ma, invece di ricalcolare i valori di Ax, propone di utilizzare I = 0,5. Applicando questo metodo, si ottiene una percentuale del 91% nel caso di mattoni e del 62% per il calcestruzzo. Quindi, l'uso dei parametri riportati nella tabella 3 risulta essere più protettivo per la popolazione. Per quanto riguarda il criterio dose di 1 mSv y-1, l'uso parametri della tabella 3, coincidenti con quelli della guida RP112, dà luogo ad un 5% dei campioni superiori al valore di riferimento. L'obiettivo di non superare 1 mSv y-1 sembra quindi facilmente realizzabile, ma questo livello di dose gamma ricevuta dai materiali da costruzione potrebbe non essere trascurabile, considerando anche la dose efficace di esalazione del radon; d'altra parte, l'adozione di 0,3 mSv y-1 come livello di esenzione potrebbe prefigurare una situazione difficile da gestire dal punto di vista commerciale. Materiale strutturale N di campioni con dati completi Percentuale di campioni che supera il criterio di dose (0,3 mSv y-1 ) (0,5 mSv y-1 ) (1 mSv y-1 ) Mattoni 1593 95% 68% 5% Calcestruzzo 2704 82% 59% 5% Fosfogesso 257 98% 89% 84% Tabella 4 - Percentuale dei materiali strutturali che superano i livelli di esenzione relativi a tre criteri dose Per quanto riguarda il fosfogesso, i risultati della tabella 4 mostrano che una percentuale elevata di campioni supera anche il valore di riferimento superiore: ne segue che l'utilizzo di questo materiale potrebbe subire forti restrizioni negli Stati Membri. Infine, le stime relative all‟adozione di un criterio di dose di 0,5 mSv y-1 mostrano che circa il 60% dei principali materiali strutturali potrebbe essere esclusa, quindi anche questo scelta, che rappresenta una proposta intermedia tra quelle indicate nella guida RP112, produce conseguenze importanti che potrebbero richiedere ulteriori valutazioni economiche. 211 CALCOLO DELLA DOSE GAMMA DA MATERIALI DA COSTRUZIONE Al fine di ottenere una stima indipendente della potenziale esposizione della popolazione dell'Unione Europea alla radiazione gamma determinata dalla radioattività naturale nei materiali da costruzione, i valori di concentrazione di attività raccolti nel database sono stati utilizzati come input di un modello, che chiameremo room model ISS [5], ottenuto con una più approfondita analisi delle righe gamma dal modello di Markkanen [3] utilizzato nella guida RP112. Il room model ISS, come quello di Markkanen, considera una “stanza standard” di 5m x 4m x 2,8 m che ha pareti, pavimento e soffitto di 20 cm di spessore. Nel calcolo della dose si tiene conto solo del contributo dei raggi gamma e non viene considerata la dose dovuta al radon. Applicazione del room model ISS ai materiali strutturali nell‟Unione Europea Nella tabella 5 sono riportati i risultati dell'applicazione del room model ISS ottenuti utilizzando i valori medi di concentrazione di attività di alcuni materiali da costruzione, mentre la tabella 6 mostra il calcolo effettuato con i relativi valori minimi e massimi. E‟ bene qui ricordare quanto già ribadito in precedenza, che i dati disponibili nel database non sono statisticamente rappresentativi a livello dei singoli paesi membri ma permettono di delineare solo un quadro che, a livello Europeo, può dare probabilmente indicazioni circa le dosi massime. Sono stati scelti quattro tipi di “stanza standard”, ipotizzando un uso ragionevole dei materiali da costruzione. Pavimento e soffitto sono sempre in calcestruzzo mentre, per le pareti, sono state scelte quattro diverse configurazioni: i) tutte le 4 pareti della stanza di calcestruzzo, ii) tutte le 4 pareti di mattoni, iii) 3 pareti di calcestruzzo e una di fosfogesso, iv) 3 pareti di mattoni e una di fosfogesso. Come già fatto per la tabella 3, come dose efficace da materiali da costruzione sono stati assunti tre criteri: 1, 0,5 e 0,3 mSv y-1. Queste dosi efficaci corrispondono, rispettivamente, a valori di riferimento derivati di rateo di dose gamma in aria di circa 250, 212 150 e 110 nGy h-1, avendo sottratto il fondo esterno di circa 50 nGy h-1. L'analisi dei risultati nelle quattro possibili configurazioni, riportati in grassetto nella tabella 5, permette di concludere che un solo paese (la Svezia) presenta valori superiori a 250 nGy h -1, corrispondente a 1 mSv y-1. Se invece si considerano 0,5 o 0,3 mSv y-1, molti paesi presentano, nelle diverse configurazioni della stanza, ratei di dose superiori a quelli di riferimento derivati, cioè rispettivamente 150 e 110 nGy h-1. Passando alla tabella 6, emerge che, nella maggior parte dei casi, i valori massimi sono superiori a 150 nGy h -1 e che circa la metà dei paesi presenta valori massimi superiori a 250 nGy h -1. Per quanto riguarda i valori minimi, solo un paese (il Lussemburgo) ha il rateo di dose gamma superiore a 150 nGy h-1 e nessuno ha un valore superiore a 250 nGy h-1. 213 Stato membro Austria Belgio Bulgaria Ciproa Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lituania Lussemburgo Olanda Polonia Portogallo Regno Unito Rep. Ceca Romania Slovacchia Slovenia Spagna Svezia Ungheria media aritmetica media pesata su popolazione a Popolazione x 106 8,11 10,2 8,47 0,76 5,24 5,13 58,3 81,9 10,5 3,55 57,2 3,73 0,41 15,6 38,6 9,81 58,1 --22,7 5,35 1,92 39,7 8,82 10,1 rateo di dose assorb. in aria outdoor (nGy h-1) 43 43 70 18. 52 71 68 50 56 42 74 58 49 32 45 84 34 n. d. 59 67 56 76 56 61 Pavimento+ soffitto calcestruzzo = (p+s) 22 27 43 6 111 71 47 84 26 29 33 42 102 45 123 88 66 49 85 48 75 41 179 34 55 61 Parete fosfogesso = (p.fsf) 41 21 31 31 56 23 27 97 15 52 47 40 Rateo di dose assorbita in aria indoor (nGy h-1) Calcestruzzo Mattoni 3 pareti 4 pareti 4 pareti +(p+s) 14 18 28 4 71 45 30 54 17 19 21 27 65 29 79 56 42 32 54 31 48 26 115 22 20 25 40 5 102 65 44 77 24 27 30 39 94 41 113 81 61 45 78 44 69 38 165 32 42 52 83 11 214 136 91 161 50 56 62 81 195 86 236 169 126 95 162 92 144 78 344 66 36 35 35 8 22 41 28 35 37 29 31 34 76 32 20 47 32 38 35 39 59 45 61 39 51 50 51 11 31 59 41 50 53 42 45 50 110 46 29 67 46 55 50 56 85 65 88 56 73 77 94 17 142 130 88 134 79 71 78 92 211 90 152 155 112 104 135 104 160 105 267 91 39 57 118 37 54 115 3 pareti 4 pareti 4 pareti +(p+s) 3 pareti calcestruzzo +(p.fsf.)+(p+s) 3 pareti mattoni +(p.fsf.)+(p+s) 85 92 103 99 147 143 168 99 150 120 97 229 100 170 205 96 191 196 102 171 170 181 144 139 57 data la scarsità di dati sui materiali di Cipro, al calcestruzzo è stato assegnato un valore pari al 30% del cemento Tabella 5 - Ratei di dose gamma outdoor [11] e ratei di dose gamma indoor nei diversi Paesi della UE, calcolati nella “stanza standard” con ragionevoli ipotesi sull'uso dei material 214 Rateo di dose assorbita in aria indoor (nGy h-1) i Stato membro Austria Belgio Bulgaria Ciproa Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lituania Lussemburgo Olanda Polonia Portogallo Regno Unito Repubblica Ceca Romania Slovacchia Slovenia Spagna Svezia Ungheria media aritmetica 4 pareti calcestruzzo +(p+s) 4 pareti mattoni +(p+s) min 11 17 52 4 46 96 16 84 24 21 43 max 113 123 115 15 750 166 242 287 125 160 83 min max 35 157 51 124 6 38 85 39 59 38 24 29 33 438 169 176 245 145 184 157 186 26 137 3 59 204 319 400 433 177 184 27 84 41 33 191 257 254 320 187 45 37 37 303 137 353 36 52 88 275 147 286 94 40 51 1338 87 282 60 58 53 780 146 234 a 3 pareti calcestruzzo +(p.fsf)+(p+s) 3 pareti mattoni +(p.fsf)+(p+s) min max min max 54 47 146 137 77 147 84 231 77 234 79 70 298 167 62 80 268 182 26 124 321 381 26 86 277 279 110 287 92 293 54 338 48 318 72 256 69 250 data la scarsità di dati sui materiali di Cipro, al calcestruzzo è stato assegnato un valore pari al 30% del cemento Tabella 6 - Rateo di dose gamma indoor minimo e massimo nei diversi Paesi della UE, calcolato nella “stanza standard” con ragionevoli ipotesi sull'uso dei materiali. 215 CONFRONTO TRA I DUE APPROCCI Per stimare le differenze derivanti dall‟uso dei due metodi per lo screening dei materiali da costruzione, è stato eseguito un confronto tra i risultati ottenuti con l'applicazione dell'indice I, riportati nella tabella 4, con quelli ottenuti applicando il room model. Sono state considerate due stanze standard, entrambe con soffitto e pavimento in calcestruzzo: la prima ha anche le quattro pareti di calcestruzzo, mentre la seconda di mattoni. In quest'ultimo caso, per calcolare il contributo di pavimento e soffitto, sono stati estratti dal database [10] i valori medi di concentrazione di attività del calcestruzzo di ogni singolo paese. Utilizzando per il room model i valori del database e le ipotesi sopra riportate, è stato valutato il numero di campioni che determinano dosi maggiori dei diversi valori di riferimento scelti. Come valori di riferimento derivati del rateo di dose gamma in aria indoor sono stati utilizzati i valori di 250 e 110 nGy h-1 che, si ricorda, corrispondono rispettivamente a 1 e 0,3 mSv y-1. I risultati, in termini di percentuali di campioni che hanno “superato” i valori di riferimento, sono riassunti nella tabella 7. Per quanto riguarda la stanza in calcestruzzo, l'analisi mostra una percentuale del 5% e del 64% dei materiali che determinano dosi maggiori dei valori di riferimento derivati di 250 e 110 nGy h -1. Questi valori devono essere confrontati con i risultati riportati nella seconda riga della tabella 4. La percentuale di campioni che “supera” il valore di riferimento più alto è la stessa, ma si osserva una discrepanza per il rateo di dose assorbita di 110 nGy h-1, corrispondente a 0,3 mSv y-1. Questa differenza è da attribuire all'utilizzo dei parametri Ax arrotondati per il calcolo dell‟indice I; se questo parametro è calcolato utilizzando i valori non arrotondati mostrati nella tabella 4, i risultati sono in accordo. Nel caso dei mattoni, i risultati ottenuti con i due approcci sono diversi. In particolare, l'applicazione dell‟indice I è più conservativo per entrambi i criteri dose. Questo risultato è dovuto principalmente al fatto che nel room model abbiamo tenuto conto della reale densità dei mattoni (~1,5 g cm-3) nel calcolo del rateo 216 di dose, invece della densità del calcestruzzo (~2,3 g cm-3) utilizzata in RP 112 per elaborare l‟indice I indipendentemente dal materiale effettivamente considerato [4]. Infatti, il considerare per i mattoni una densità più “realistica” produce una diminuzione di più del 20% dei coefficienti di rateo di dose gamma per unità di concentrazione di attività per tutti i radionuclidi (catena di uranio e radio, catena del torio e potassio). camera standard 4 pareti, pav e soff in calcestruzzo 4 pareti in mattoni, pav e soff in calcestruzzo Dose assorbita in aria > 110 nGy h-1 > 250 nGy h-1 64% 5% 82% 0% Tabella 7 - Applicazione del modello: percentuale di campioni che determinano dosi superiori ai valori di riferimento per la dose assorbita in aria . CONCLUSIONI Per la realizzazione di questo lavoro è stata aggiornata la stima della media del rateo di dose assorbita in aria outdoor pesata sulla nuova popolazione europea ottenendo un valore di 57 nGy h-1. Il nuovo valore, ottenuto utilizzando il rapporto UNSCEAR 2000 e i dati sulla popolazione europea del 2008, non è significativamente diverso da quello precedentemente riportato nella guida RP112 (50 nGy h-1). È stata fatta quindi un'analisi di scenario, al fine di valutare l'effetto dell'applicazione dei diversi fondi gamma outdoor dei singoli paesi dell'Unione europea, con particolare attenzione ai valori minimo e massimo: i tre denominatori arrotondati dell‟indice I della guida RP112 (300, 200 e 3000 per 226Ra, 232Th e 40K) diventerebbero - rispettivamente per Cipro e Portogallo (200, 200 e 3000) e (300, 300 e 4000). Ne consegue che, se ogni Stato membro adattasse l'indice I al proprio fondo di radiazione gamma outdoor, verrebbe a crearsi una limitazione 217 significativamente differente sull‟uso e la commercializzazione dei materiali tra i diversi paesi. Per quanto riguarda la scelta dell‟indice I del RP112 [4] come metodo per classificare i materiali da costruzione, si deve sottolineare che questa grandezza risulta molto utile perché è uno strumento relativamente veloce e semplice, ma può portare ad errori di classificazione dei materiali, come si evince dal confronto con i risultati di una modellizzazione più accurata. In particolare, l‟uso dell‟indice I, che è calcolato con i parametri del calcestruzzo, per altri materiali usati comunemente (per es. i mattoni) può causare una inutile “sovraclassificazione” e la conseguente esclusione dal commercio e dall‟utilizzo. Infine, si ritiene necessario un commento più generale dal punto di vista radioprotezionistico. Il criterio per la dose efficace gamma determinata dai materiali da costruzione considera un singolo contributo, ma nelle abitazioni la popolazione è esposta anche ad altre sorgenti di radioattività: il 222Rn dal suolo e, anche se meno rilevante, dai materiali da costruzione e dall‟acqua; l‟acqua potabile; possibili radiazioni beta da materiali superficiali; 137Cs in alcuni tipi di legno, ecc. Pertanto l‟esposizione della popolazione indoor può essere significativamente superiore ai valori previsti dovuti ai soli materiali da costruzione. APPENDICE- RASSEGNA DEI CRITERI PER LA STIMA DEL CONTRIBUTO DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE ALLA DOSE GAMMA INDOOR Segue una breve rassegna sui principali metodi sviluppati negli ultimi decenni per valutare il ruolo dei materiali da costruzione come sorgente di radiazione gamma indoor e, in alcuni casi, anche di radon. L‟indice I nella sua formulazione generale L‟obiettivo di limitare l'esposizione gamma da materiale è ottenuto attraverso il calcolo di un parametro (o indice numerico) 218 che esprime la somma dei contributi dei diversi nuclidi. Di solito l‟indice deve essere minore/uguale o strettamente minore a 1: I CRa226 ARa 226 CTh 232 ATh 232 CK40 AK 40 1 (A1) dove Cx = concentrazione di attività misurata (Bq kg-1) Ax = valore fissato (Bq kg-1) I valori di Ax utilizzati dai diversi paesi possono essere molto diversi, sia a causa dei livelli di concentrazione di radionuclidi presenti nei materiali tipici di ciascun paese, sia per le conseguenze socio-economiche derivanti dal divieto di uso e/o commercializzazione di alcuni materiali. Questo approccio, e la sua evoluzione come espressa nella RP112 [4], sono stati fondamentali nella scelta di un criterio da adottare con la prossima direttiva EU BSS in materia di radioprotezione [1]. L‟indice I in Austria, in Israele e nella ex-Jugoslavia Nel 1995 l'Austria ha stabilito un limite [i] che tiene conto della dose da esposizione gamma e del contributo dato dall‟emanazione di radon, utilizzando il seguente indice: CRa 226 CTh 232 CK 40 1 I (1 0,15k) 1 1 1000 Bq kg 600 Bq kg 1000 Bq kg1 (A2) dove k è una costante, legata ad alcune caratteristiche dei materiali (densità , spessore d ed emanazione ). Nel 2009 è stato introdotto un nuovo regolamento con una diversa equazione per l‟indice I in cui, tra l‟altro, viene esplicitata la dipendenza da , e d del materiale da costruzione nel termine che tiene conto del contributo del radon all‟eccesso di dose alla popolazione [ii]. La nuova espressione dell‟indice I è dato dalla formula: 219 I (1 0,07 d) CRa 226 880 Bq kg 1 CTh 232 530 Bq kg 1 CK 40 8800 Bq kg1 1 (A3) dove è il coefficiente di emanazione di radon, è la densità e d è lo spessore della parete. Laddove ulteriori informazioni non sono disponibili, si considera il coefficiente di emanazione pari a 10%, d pari a 0,3 m e pari a 2000 kg m-3: questi parametri, come già nell‟equazione (A2), condizionano il contributo del termine legato all‟emanazione di radon, ma non intervengono nella stima dell‟eccesso di dose gamma che rimane quindi indipendente dalla densità e dalla geometria del materiale impiegato. Nel 2009 anche Israele ha adottato un approccio simile; infatti è stato pubblicato lo standard SI 5098 relativo ai materiali da costruzione [iii,iv], che considera il contenuto di gamma emettitori e l‟emanazione di radon e definisce l‟indice I nel seguente modo: I C Ra226 A1 (A4) (1 ) C Ra226 A2 CTh 232 A3 C K40 A4 1 dove il primo, il terzo e il quarto termine considerano l‟eccesso di dose gamma indoor, mentre il secondo termine tiene conto del contributo alla dose dovuto all‟inalazione di radon con il coefficiente A2 che dipende dall‟emanazione. Possiamo osservare, inoltre, che il primo termine esprime la riduzione della dose gamma da 226Ra, a causa dell‟emanazione di 222Rn che riduce la concentrazione dei suoi prodotti di decadimento a vita breve (214Pb e 214Bi) rispetto al valore di equilibrio secolare con il 226Ra. I valori dei coefficienti A1, A2, A3 e A4 dipendono anche dalla geometria del materiale, e in particolare dall‟”area specifica” (d). Per esempio per un prodotto di calcestruzzo con d = 450 kg m-2, A1, A2, A3 e A4 equivalgono rispettivamente a 421 Bq kg-1, 11,6 Bq kg-1, 298 Bq kg-1 e 4150 Bq kg-1. Anche l‟ex Jugoslavia nella definizione del proprio indice [v] aveva aggiunto alla somma un termine ulteriore che, in questo 220 caso, invece, teneva conto della concentrazione di radionuclidi artificiali: I C Ra226 400 (A5) CTh 232 300 C K40 5000 Ca 4000 1 dove Ca è la somma, espressa in Bq kg-1, delle concentrazioni di attività di tutti i radionuclidi artificiali presenti nel campione. Metodo del “Ra equivalente” - Raeq Nel 1985 Beretka e Mathew [vi] hanno proposto un criterio basato sulla definizione dell'attività equivalente di radio (Raeq); questo metodo viene ancora utilizzato da alcuni autori (si veda ad esempio il rif. [vii]). Raeq è un indice che rappresenta la somma pesata della concentrazione di attività di 226Ra, 232Th e 40K: questa grandezza tiene conto pertanto del contributo alla dose dato dalle emissioni gamma di tutti i nuclidi naturali. Il Raeq è calcolato attraverso la seguente formula: Raeq = ARa + 1,43 ATh + 0,077 AK (A6) dove ARa, ATh e AK sono, rispettivamente, le concentrazioni di attività (Bq kg-1) di 226Ra, 232Th e 40K. Questa definizione partiva dalla valutazione che 10 pCi/g (ora 370 Bq kg-1) di 226Ra, 7 di 232Th e 130 di 40K producono lo stesso rateo di dose gamma, pari a circa 150 mrad/y (ora 1,5 mGy/y). Per limitare a questo valore la dose gamma proveniente dai materiali, l‟indice Raeq dovrebbe essere inferiore o uguale a 10 pCi/g (ora 370 Bq kg-1) oppure ARa /10 + 1,43 ATh/7 + 0,077 AK/130 (A7) deve essere inferiore o uguale a 1 se calcolato con le vecchie unità di misura (Ci), a 370 se calcolato in Bq. 221 Il “Radiation Performance Index” Nei Paesi Bassi [viii] qualche anno fa è stato proposto il cosiddetto "Radiation Performance Index", che tiene conto del contributo dei radionuclidi gamma-emettitori presenti nei materiali da costruzione e del radon emesso: E= Ch cdc + E ≤ 1 mSv y-1 (A8) dove: Ch = concentrazione media annua di radon indoor sottratta del contributo fornito dal radon outdoor (Bq m-3) cdc = fattore di conversione dose annua/ concentrazione di attività (mSv y-1/Bq m-3) E = rateo di dose efficace determinato dalla radiazione gamma emessa dai materiali che è dato da: E=kUCRa+kThCTh+kKCK (A9) dove kx sono fattori di conversione (mSv y-1/Bq kg-1) che tengono conto della forma e delle dimensioni dell‟ambiente considerato (stanza), della composizione chimica, della densità e dello spessore dei materiali (modello Koblinger [ix]). 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Health Physics 34, 459-463. 224 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 DOSIMETRIA RETROSPETTIVA FORTUITA CON COMPONENTI DI TELEFONI CELLULARI P. Fattibene1,2, S. Della Monaca1,2, D. Viscomi1,2,3, C. Bassinet4, E. Bortolin1,2, C. De Angelis1,2, H. Schuhmacher5, F. Trompier4, A. Wieser6, C. Woda6 1 Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Rome, Italy Gruppo Collegato Sanità, Sezione Roma 1, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Rome, Italy 3 Scuola di Specializzazione in Fisica Medica, Università la Sapienza, Roma 4 Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire, Fontenay-aux-Roses Cedex, France 5 European Radiation Dosimetry Group e.V,. Bundesallee 100, D-38116 Braunschweig, Germany 6 Helmholtz Zentrum München, Deutsches Forschungszentrum für Gesundheit und Umwelt, Institut für Strahlenschutz, Neuherberg, Germany 2 Autori per la corrispondenza: [email protected]; [email protected] RIASSUNTO Questo lavoro presenta i risultati preliminari di uno studio dedicato allo sviluppo di un metodo di dosimetria retrospettiva per la valutazione della dose ricevuta da individui esposti in modo accidentale a radiazioni ionizzanti in assenza di dosimetri convenzionali. Il metodo proposto si basa sulla correlazione tra dose assorbita e danni indotti dalle radiazioni ionizzanti in componenti dei telefoni cellulari (vetro degli schermi e ceramica dei componenti elettronici quali resistori, capacitori ed induttori). I danni radioindotti nella struttura molecolare del vetro e della ceramica sono misurati rispettivamente con risonanza paramagnetica elettronica (EPR) e con luminescenza otticamente stimolata (OSL). Lo studio è parte di un progetto europeo finalizzato allo sviluppo di sei metodi considerati idonei alla stima di dose individuale in emergenze radiologiche che coinvolgano un elevato numero di persone. Il progetto (Multibiodose, MULTI-disciplinary BIODOSimetric tools to manage high scale radiological casualties - 7th EU-FP Security) è partito nel 225 2010 e coinvolge 14 partner europei. Sono stati esaminati in totale 61 modelli di telefoni cellulari di vecchia e nuova generazione, di cui 25 presso l‟Istituto Superiore di Sanità (ISS). 1. INTRODUZIONE L‟uso delle sorgenti di radiazioni ionizzanti a scopo industriale, medico e di ricerca comporta un aumento della possibilità di esposizione accidentale di operatori addetti e di popolazione civile. Attenzione è rivolta inoltre alla possibilità di esposizioni dolose, la cui sola minaccia avrebbe un forte impatto emotivo sulla popolazione. Nell‟eventualità di una tale emergenza, uno dei momenti chiave dell‟intervento è il triage dosimetrico (svolto con metodi di dosimetria biologica e retrospettiva) il cui obiettivo è l‟individuazione delle persone esposte e la distinzione tra gli individui realmente esposti e i non esposti, inclusi i cosiddetti “worried-well”, ossia coloro che richiedono di essere rassicurati su una non avvenuta esposizione. Questa parte del processo è particolarmente critica in esposizioni generate esclusivamente da sorgenti esterne quando non sono applicabili le procedure di monitoraggio dei fluidi e degli escreti biologici usati per la rivelazione di contaminazione radioattiva interna. La maggior parte dei metodi di biodosimetria e di dosimetria retrospettiva si basano sulla misura dei danni radio indotti stabili in tessuti (principalmente cellule del sangue) o in oggetti personali indossati dall‟individuo (Ainsbury et al., 2010). In pratica il dosimetro coincide con l‟individuo stesso o con gli oggetti che indossava e/o portava con sé al momento dell‟esposizione. Data la varietà dei potenziali eventi radiologici, è auspicabile la disponibilità di un ampio ventaglio di metodi e di un approccio integrato. In tale ambito si inserisce il progetto di ricerca Multibiodose (MULTI-disciplinary BIODOSimetric tools to manage high scale radiological casualties - 7th EU-FP Security) avviatosi nel 2010 con 14 partner europei con l‟obiettivo di sviluppare una metodologia per una risposta multi-parametrica basata su sei tecniche di biodosimetria e di dosimetria retrospettiva considerate potenzialmente idonee allo scopo. Tra queste rientrano la risonanza paramagnetica elettronica 226 (EPR) e la luminescenza otticamente stimolata (OSL) che sono considerate tecniche elettive per la rivelazione, nei materiali solidi, di danni indotti dalle radiazioni ionizzanti nelle molecole, in particolare radicali e centri luminescenti, la cui concentrazione è direttamente correlabile alla dose di radiazione assorbita dal materiale. In linea di principio quindi qualunque materiale potrebbe essere preso in considerazione come dosimetro. Nel caso dell‟EPR, si sfruttano le proprietà paramagnetiche di quelle molecole (radicali) che a seguito dell‟irraggiamento presentano elettroni disaccoppiati in uno o più orbitali molecolari e sono quindi in grado di acquisire un momento magnetico se immerse in un campo magnetico. La valutazione del numero dei centri paramagnetici radioindotti, e quindi dell‟energia rilasciata nel mezzo dalla radiazione ionizzante, avviene attraverso la misura dell‟energia assorbita da parte del materiale da una radiazione di frequenza (microonde) e intensità opportune, in presenza di un campo magnetico statico. Nel caso della OSL, gli elettroni eccitati in seguito a irraggiamento sono catturati dai difetti reticolari nel cristallo dove rimangono intrappolati finché non subentra uno stimolo esterno (in questo caso luminoso) a liberarli. La valutazione dell‟energia rilasciata nel materiale dalla radiazione ionizzante, in questo caso, avviene mediante la rivelazione della luce emessa in fase di diseccitazione degli atomi del cristallo. Il progetto Multibiodose propone di sviluppare un metodo basato sulla misura EPR e OSL dei difetti radioindotti nel vetro degli schermi e nei componenti elettronici dei telefoni cellulari da utilizzare come dosimetri cosiddetti “fortuiti”. Oltre all‟Istituto Superiore di Sanità, hanno partecipato a questa parte del progetto lo Helmholtz Zentrum di Monaco (HMGU), l‟Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire di Parigi (IRSN) e altri istituti attraverso la rete europea EURADOS. Obiettivo finale di questo lavoro è la stesura di un database, comune per tutti i laboratori, finalizzato a identificare le tipologie di vetro e di componenti elettronici con caratteristiche di radiosensibilità e stabilità della risposta idonee per dosimetria e la loro reperibilità nei telefoni cellulari. 227 I risultati presentati in questo lavoro si riferiscono alle misure che sono state effettuate presso l‟Istituto Superiore di Sanità (ISS), se non altrimenti dichiarato. 2. MATERIALI E METODI 2.1 Risonanza paramagnetica elettronica in campioni di vetro I campioni di vetro sono stati prelevati da 25 telefoni cellulari di vecchia e nuova generazione. Il vetro estratto dagli schermi dei telefoni (figura 1) è stato pulito con acetone, lavato con acqua distillata e lasciato asciugare in laboratorio per alcune ore. I campioni di vetro sono stati poi ridotti in frammenti utilizzando un pestello ed un mortaio in agata. Le misure sono state realizzate con uno spettrometro Bruker Elexsys E500, equipaggiato con una cavità SHQ, che opera in banda X. Per le misure EPR, i campioni sono stati inseriti in tubi di quarzo suprasil. Come riferimento di campo è stato utilizzato un campione di riferimento fornito dalla Bruker. La frequenza delle microonde è stata letta mediante un frequenzimetro esterno (HP53150A). Sono stati utilizzati i seguenti parametri di acquisizione: frequenza di modulazione 100 kHz; frequenza delle microonde 9.84 GHz, intervallo di campo 10 mT intorno al valore centrale di campo di 351 mT. Gli spettri sono stati inoltre registrati a potenza delle microonde 2 mW e ampiezza di modulazione 0.2 mT. Il tempo medio di acquisizione del segnale EPR è pari a circa 4 minuti. Le condizioni ambientali del laboratorio sono state verificate e mantenute a temperatura e umidità controllate (T = (22 ± 1) °C, H = (48 ± 1) %) durante la conservazione e la misura dei campioni. Per tutti i campioni è stata effettuata una misura pre-irraggiamento. Tutti i campioni sono stati irraggiati a una dose di 10 Gy e misurati 10 minuti e 10 giorni dopo l‟irraggiamento. Infatti il segnale EPR non viene cancellato durante la misura e può essere letto ripetute volte dopo l‟irraggiamento. Tutti i campioni sono stati conservati al buio ed in condizioni di temperatura ed umidità controllate nell‟intervallo di tempo tra le diverse misure EPR. 228 Gli schermi risultano costituiti da un doppio strato di vetro; i due vetri tra loro adesi sono stati separati meccanicamente. Per ogni telefono cellulare sono state caratterizzate entrambe i vetri presenti, cioè in totale in ISS sono stati misurati 50 campioni di vetro. In questa sede riportiamo i risultati ottenuti dalla caratterizzazione EPR del vetro di un modello di telefono cellulare di vecchia generazione (campione A) e di un dispositivo mobile di tecnologia touchscreen (campione B). 2 1 Figura 1. Ingrandimento 20x mediante microscopio ottico di frammento di vetro estratto da uno schermo di telefono cellulare (1) ed ingrandimento 60x del medesimo campione per evidenziarne la struttura complessa (2) . Generalmente infatti gli schermi non sono apparsi propriamente “trasparenti” ma rivestiti di sottili film di elettrodi, sia adesi al vetro in forma di pellicole, sia incorporati al suo interno. Ove possibile queste patine, dopo una pulizia preliminare con acetone, sono state rimosse meccanicamente. 2.2 OSL in componenti elettronici I componenti elettronici dei telefoni cellulari contengono un substrato in ceramica (di nitruro di alluminio) che presenta un segnale di luminescenza radioindotto (Inrig et al., 2008; Beerten et al., 2008; Beerten et al., 2009; Bassinet et al., 2010b). In alcuni componenti tale substrato è ricoperto da uno strato ulteriore che impedisce la rivelazione del segnale di luminescenza stimolata. Tra i componenti elettronici radiosensibili sono stati selezionati resistori, induttori e capacitori. Resistori e induttori sono presenti in tre dimensioni standard: -il formato 0603, “grande”, di dimensioni 1.6 x 0.8 x 0.45 mm -il formato 0402, “intermedio”, di dimensioni 1 x 0.5 x 0.35 mm -il formato 0201, “piccolo”, di dimensioni 0.6 x 0.3 x 0.20 mm 229 Non è stato possibile classificare i capacitori in base al loro formato perchè le dimensioni sono risultate essere estremamente variabili. Ogni campione (piattello) di induttori e resistori utilizzato è stato riempito con 10 componenti 0402, se disponibili, altrimenti con 20 componenti 0201 o infine, come ultima alternativa, con tutti i componenti 0402 presenti nel dispositivo. I componenti sono stati estratti meccanicamente dalle schede elettroniche dei 25 telefoni, lavati con acetone per eliminare residui di collanti chimici e risciacquati con acqua. Infine sono stati lasciati asciugare in aria per circa 10 ore. Il fissaggio su piattelli di acciaio inossidabile è stato effettuato con olio al silicone per evitare ribaltamenti e garantire che la parte radiosensibile del componente si trovasse sempre rivolta verso la sorgente luminosa nel corso delle operazioni di lettura del segnale. Su ogni campione è stato effettuato un primo irraggiamento a 10 Gy per verificare la radiosensibilità di ciascuno, misurando il segnale immediatamente dopo l‟esposizione alla radiazione. Nel secondo irraggiamento a 10 Gy, la lettura dei campioni è stata effettuata dopo 10 giorni dall‟esposizione per valutare la stabilità nel tempo del segnale radioindotto. Inoltre, per evidenziare e correggere eventuali variazioni di sensibilità causate dall‟irraggiamento o dai trattamenti termici utilizzati nel corso della misura, dopo ogni lettura dei segnali a 10 Gy ai campioni sono state somministrate delle dosi test (pari a 0.3 Gy per resistori e induttori e a 1 Gy per i capacitori). Per le letture del segnale OSL è stato usato un lettore TL/OSL Risø modello DA-20. I parametri di lettura utilizzati per i campioni irradiati a 10 Gy sono: preriscaldamento a 120 °C per 10 s; stimolazione con led blu per 60 s a 90 °C; stimolazione con led blu per 240 s a 90 °C (per cancellare i segnali residui). I parametri di lettura usati per la misura del segnale indotto dalla dose test sono: preriscaldamento a 120 °C per 10 s; stimolazione con luce blu per 300 s a 90 °C. La preparazione dei campioni prima dell‟irraggiamento è avvenuta in condizioni di luce bianca mentre tutte le operazioni relative alla misura dei campioni irradiati sono state eseguite al buio e in condizioni di luce rossa, per evitare perdite di segnale radioindotto. 230 Tutte le misure sono state effettuate in atmosfera di azoto per evitare la presenza di segnali spuri. 2.3 Irraggiamento in laboratorio I campioni sono stati irraggiati, in aria e a temperatura ambiente, alla dose di 10 Gy in termini di kerma in aria, utilizzando una sorgente di 60 Co Gammacell 220. Tutti gli irraggiamenti sono stati effettuati nelle stesse condizioni geometriche: i campioni sono stati inseriti in contenitori cilindrici di polistirolo e posizionati in modo riproducibile in un supporto porta-campioni di polimetilmetacrilato (PMMA) appositamente realizzato per gli irraggiamenti in questa sorgente. 2.4 Database Ciascun laboratorio ha analizzato 25 telefoni cellulari di modelli differenti. Sette dei 25 modelli di telefono posseduti da ciascun laboratorio erano identici per i tre laboratori, in totale quindi sono stati analizzati 75 telefoni cellulari, ma il database contiene 61 modelli differenti. I primi 7 modelli sono stati prodotti prima del 2009, i restanti 54 modelli appartengono a produzioni successive al 2010. Obiettivo finale del lavoro qui presentato era la stesura di un database, comune per tutti i laboratori, costruito secondo i seguenti criteri: - classificazione delle tipologie di vetro e di componenti elettronici presenza di un segnale radioindotto nelle tipologie identificate la percentuale di segnale radioindotto ancora visibile dopo 10 giorni dall‟irraggiamento. la percentuale di telefoni che presentassero vetri o componenti elettronici con caratteristiche dosimetriche idonee 231 3. RISULTATI 3.1 Risultati delle misure EPR in campioni di vetro effettuate presso l‟ISS Il campione A studiato in questo lavoro presenta un segnale EPR complesso prima dell‟irraggiamento centrato a g=2.0024 (corrispondente al valore di campo 350.5 mT) (figura 2). Anche nel campione B non irradiato si nota un segnale complesso (figura 3). Intensità segnale EPR (u.a.) 600 300 0 -300 -600 347 348 349 350 351 352 353 354 Campo magnetico (mT) Figura 2. Radiosensibilità. Segnale EPR per il campione A non irradiato (linea continua), irradiato e misurato pochi minuti dopo l’esposizione (linea continua grigia), irradiato e misurato dopo 10 giorni dall’esposizione (linea tratteggiata). 1600 Intensità segnale EPR (u.a.) 1200 800 400 0 -400 -800 -1200 347 348 349 350 351 352 353 354 355 Campo magnetico (mT) Figura 3. Radiosensibilità. Segnale EPR per il campione B non irradiato (linea continua), irradiato e misurato pochi minuti dopo l’esposizione (linea continua grigia), irradiato e misurato dopo 10 giorni dall’esposizione (linea tratteggiata). 232 In seguito ad irraggiamento ad una dose di 10 Gy, in entrambi i campioni si evidenzia la presenza di un segnale specifico dell‟irraggiamento. Nello spettro del campione A irradiato in laboratorio (figura 2), il segnale radioindotto è parzialmente mascherato dal segnale pre-esistente nel campione non irradiato (segnale di fondo), che rappresenta, in questa tipologia di vetro, un contributo piuttosto significativo. Si nota, inoltre, una variazione del g nello spettro EPR al valore di g = 2.008 (intorno al valore di campo 350 mT). Nel caso del campione B, il contributo del segnale di fondo, risulta meno evidente rispetto alla situazione osservata nel campione A. Lo spettro del campione B dopo irraggiamento appare piuttosto complesso e composto da vari segnali, in parte dovuti all‟aumento del numero di centri paramagnetici già presenti nel segnale di fondo, che determinano quindi un aumento nell‟intensità di segnali pre-esistenti, e in parte dovuti all‟attivazione di specie radicaliche specifiche dell‟irraggiamento (figura 3). In entrambi i campioni, si osserva un decadimento del segnale a 10 giorni dall‟irraggiamento dovuto alla ricombinazione delle specie radicaliche radioindotte più instabili. 3.2 Risultati delle misure OSL in componenti elettronici effettuate presso l‟ISS Tra i 25 telefonini studiati in ISS i componenti selezionati sono risultati presenti nel 100 % dei casi nel caso di resistori e induttori e solo in 12 telefoni su 25 nel caso dei capacitori. In figura 4 sono riportate le curve di decadimento OSL (intensità del segnale in funzione del tempo di stimolazione) di un campione formato da 10 resistori di taglia 0402. La linea continua rappresenta il decadimento del segnale del campione non irradiato, mentre la linea tratteggiata e la linea punteggiata rappresentano rispettivamente la curva di decadimento immediatamente dopo un irraggiamento a 10 Gy, e quella dopo 10 giorni dall‟irraggiamento a 10 Gy del campione. La mancanza di decadimento del segnale del campione non irradiato indica l‟assenza di un segnale prima dell‟irraggiamento in laboratorio. In seguito all‟esposizione a 10 Gy, il campione presenta un segnale ben visibile che risulta essere ancora osservabile dopo 10 giorni dall‟irraggiamento. Un simile risultato è stato 233 riprodotto per i resistori di tutti i 25 telefoni studiati nei laboratori ISS e, con diverse sensibilità, per tutti i componenti presi in considerazione. In figura 5 è rappresentata la variabilità tra le intensità dei segnali dei campioni di resistori estratti dai 25 telefoni studiati in ISS. In particolare, i rombi rappresentano la variazione percentuale dell‟intensità del segnale di ciascun campione rispetto alla media delle intensità dei segnali di tutti i campioni estratti dai 25 telefoni. Il valore numerico delle intensità dei segnali è calcolato come l‟integrale delle curve di decadimento OSL nei primi 6 secondi di acquisizione sottratto dell‟integrale della curva tra i 6 e i 12 secondi. La media delle variazioni percentuali è stata, nel caso dei resistori, di circa 17 (±19) %. Tale valore si riduce considerevolmente se si considerano le variazioni percentuali rispetto alla media delle intensità dei segnali normalizzate rispetto a quelle ottenute in seguito alla somministrazione di una dose test (pari a 0.3 Gy nel caso dei resistori e degli induttori e pari ad 1 Gy nel caso dei capacitori) sui campioni. Nel caso dei resistori la media dei valori assoluti di tali variazioni normalizzate, indicate in figura 5 con i quadrati, è di circa 6 (±4) %. Nel caso degli induttori 0402 tale media è pari a 8 (±8) % mentre nel caso dei capacitori (presenti però solo in 12 dei 25 telefoni studiati in ISS) risulta essere del 22 (±13)%. 6000 Intensità segnale OSL (u.a.) 5000 4000 3000 2000 1000 0 -1000 0 10 20 30 40 50 60 70 Tempo (s) Figura 4. Radiosensibilità. Curve di decadimento del segnale OSL in funzione del tempo di acquisizione (60 s) per un campione (resistore di formato 0402) non irradiato (linea continua), irradiato e misurato pochi minuti dopo l’esposizione (linea tratteggiata), irradiato e misurato dopo 10 giorni dall’esposizione (linea punteggiata). 234 80 60 Variazione dalla media (%) 40 20 0 -20 -40 -60 -80 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 ID telefono Figura 5. Variabilità. Per ciascuno dei campioni di resistori 0402 estratti dai 25 telefoni cellulari studiati in ISS è riportata la variazione percentuale dell’intensità del segnale del singolo campione rispetto alla media delle intensità di tutti i campioni, non normalizzata (rombi) e normalizzata rispetto al segnale corrispondente ad una dose test (quadrati). In figura 6 sono riportate per i 25 telefoni le percentuali di intensità del segnale OSL ancora visibili dopo 10 giorni dall‟irraggiamento nel caso dei resistori. In tutti i casi si è osservata una decrescita del segnale rispetto a quello rivelato immediatamente dopo l‟avvenuto irraggiamento. Le variazioni riportate in figura non si riferiscono ad intensità normalizzate a quelle delle dosi test. La media di tali variazioni è pari al 54 (±6) % nel caso dei resistori 0402, al 48 (±15) % nel caso degli induttori 0402 e del 49 (±7) % nel caso dei capacitori. 80 Segnale residuo (%) 70 60 50 40 30 20 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 ID telefono Figura 6. Fading del segnale. Per ciascuno dei campioni di resistori 0402 estratti dai 25 telefoni cellulari studiati in ISS è riportata la percentuale dell’intensità del segnale OSL ancora visibile dopo 10 giorni dall’irraggiamento rispetto al segnale registrato immediatamente dopo l’irraggiamento. 235 3.3 Database Lo stesso studio effettuato in ISS su vetri e componenti estratti da 25 telefoni cellulari è stato svolto anche nei laboratori dell‟HMGU e dell‟IRSN. Una sintesi dei risultati è riportata nelle tabelle 1 e 2. Lo studio dei 150 campioni di vetri appartenenti a 75 telefoni cellulari ha portato all‟identificazione di 5 tipologie di spettri EPR, associabili a 5 tipologie di vetri, definite con numeri da I a V. In circa il 20% dei campioni studiati non è stato possibile effettuare misure EPR, probabilmente a causa della presenza di componenti metalliche nei vetri. La percentuale di disponibilità di ciascuna tipologia di vetro è approssimativamente egualmente distribuita tra i diversi modelli di telefoni, fatta eccezione per la tipologia IV, presente in un ridotto numero di schermi di interfaccia di dispositivi touchscreen (cfr. sezioni 3.1 e 4.1). Tutti gli spettri EPR studiati sembrano composti di vari segnali, probabilmente generati da diversi centri paramagnetici. In 4 tipologie su 5 si osserva una sensibilità alla radiazione (variazione nell‟intensità del segnale), mentre la specificità alla radiazione, cioè la presenza di un segnale radioindotto diverso da quello presente nel campione non irradiato, è stata chiaramente identificata solo in 2 tipologie di vetro (corrispondenti ai campioni A e B di questo lavoro). Tutti gli spettri EPR investigati mostrano inoltre, dopo irraggiamento, un decadimento del segnale di circa 20% in 10 giorni. La tabella 1, che rappresenta un modello del database che è stato costruito, mostra un riassunto delle proprietà EPR che sono state investigate. Tipologia Sensibilità alla radiazione (Sì /No) Specificità alla radiazione? (Sì/No) Presenza di fading (Sì /No) Disponibilità nei 61 modelli (%) I II III IV V Sì Sì Sì Sì No Sì No No Sì - Sì Trascurabile Sì Sì - 20 35 25 5 13 Tabella 1. Sintesi dei risultati ottenuti nel corso dello studio EPR sulle 5 tipologie di vetri identificate e disponibilità percentuale dei vetri di ciascuna tipologia estratti da 61 telefoni cellulari nei laboratori dell’HMGU, dell’ISS e dell’IRSN. 236 La tabella 2 riporta una sintesi dei risultati OSL dei componenti elettronici ottenuti dai tre laboratori. La minima dose rivelabile per ciascun componente, riportata in tabella con l‟intervallo di ampiezza pari a due deviazioni standard, è stata calcolata a partire dalla media del segnale OSL dei campioni non irradiati estratti dai 25 telefoni cellulari esaminati, aumentata di 3 deviazioni standard. La conversione in dose è stata calcolata normalizzando al valore dell‟intensità del segnale registrato in ciascun campione dopo irraggiamento a 10 Gy. I numeri riportati nelle colonne 3 e 5 della tabella 2 sono valori medi e tra parentesi quadre si riportano i valori minimi e massimi. Tipologia Sensibilità alla radiazione (Sì/No) Minima dose rivelabile (mGy) Presenza di fading (Sì/No) Segnale residuo dopo 10 giorni (%) Disponibilità nei 61 modelli (%) R 0402 R 0201 C I 0402 I 0201 Sì Sì Sì Sì Sì 42.0 [21.1-62.9] 49.1 [14.7-83.6] 160.3 [99.0-221.6] 8.9 [0.9-16.9] 17.7 [3.0-32.4] Sì Sì Sì Sì Sì 54.6 [47.6-61.5] 54.3 [49.1-59.5] 61.2 [46.6-75.8] 47.5 [33.4-61.6] 70.1 [56.6-83.6] 100 50 50 88 28 Tabella 2. Sintesi dei risultati ottenuti nel corso dello studio OSL su componenti elettronici estratti da 61 telefoni cellulari nei laboratori dell’HMGU, dell’ISS e dell’IRSN. 4 DISCUSSIONE 4.1 Analisi EPR di campioni di vetro - Caratterizzazione dei segnali EPR dei vetri. I vetri dei 61 modelli di telefono esaminati hanno presentato segnali EPR classificabili in 5 categorie. In generale, i vetri sono i più comuni solidi amorfi, cioè caratterizzati da una disposizione di atomi e molecole che non è ordinata a lungo raggio, ma casuale. Sono solitamente costituiti da miscele di silicati, ottenute per fusione, con aggiunte di altre sostanze che conferiscono ai vetri caratteristiche fisico-chimiche che li rendano idonei a utilizzi specifici. Purtroppo i dati di letteratura disponibili hanno permesso solo per alcune categorie una identificazione certa dei corrispondenti centri paramagnetici radioindotti. Gli spettri EPR del campione A (categoria I), prima e dopo irraggiamento alla dose di 10 Gy, presentano, come riportato in 237 letteratura (Wu et al., 1995; Bassinet et al., 2010; Gancheva et al., 2006), le caratteristiche peculiari di una tipologia di vetri nota come “soda lime-silica glasses”. Questo vetro è composto per circa il 70% di ossido di silice, e per il 15% e 10% di ossido di sodio (soda) ed ossido di calcio (lime), rispettivamente, che lo rendono maneggevole per la lavorazione, e al tempo stesso ne aumentano la resistenza chimica e meccanica. Anche le categorie II e III sono chiaramente identificabili rispettivamente come vetri boro-silicato e probabilmente sodio-silicato. La categoria IV (il campione di tipo B nel presente lavoro) appartiene ad una tipologia di vetri di ultima generazione, “Gorilla glass” che non presenta ad oggi un riscontro in letteratura utile a una caratterizzazione mediante spettroscopia EPR. Dal punto di vista chimico è un alcali-allumino-silicato, con aggiunta di potassio e sodio in quantità variabile, oltre a percentuali minori di altri componenti. . Questo tipo di vetro, introdotto nel mercato dalla società americana Cornix nel 2008 (www.corninggorillaglass.com), costituisce un‟innovazione per le elevate proprietà di resistenza del materiale (resistenza alla frattura di circa 2-3 ordini di grandezza superiore al vetro “soda lime”). Il vetro della tipologia V non è caratterizzato, ma ha un‟importanza minore delle altre categorie, essendo risultato non sensibile alle radiazioni. I due vetri analizzati in questo lavoro (categoria I e IV) rappresentano dunque, in qualche modo, uno spartiacque tra una tipologia di vetro presente sul mercato da diversi decenni e quelle che potenzialmente costituisce il prossimo futuro. - Disponibilità dei vetri negli schermi. Le categorie di vetro più frequenti sono le I-III. La categoria IV (Gorilla glass) è poco presente negli schermi, ma è ancora prematuro concludere se sia stata già velocemente accantonata dai produttori (per il costo) o sia ancora in fase di affermazione. Nei cellulari dotati di tecnologia touchscreen (circa il 40% dei telefoni studiati), è stata inoltre evidenziata la presenza di un ulteriore schermo di interfaccia con l‟utente che nel 45% dei dispositivi investigati in ISS è risultato essere composto di fibre polimeriche (policarbonato) che non sono analizzabili con EPR. - Radiosensibilità. Quattro delle cinque categorie hanno presentato un segnale radioindotto (quindi con la sola esclusione dei vetri di categoria V). Nelle categorie I e IV (di cui si sono riportati i segnali 238 in questo lavoro) il segnale dopo irraggiamento era significativamente diverso nella forma di riga da quello dei campioni non irradiati, permettendo quindi un chiaro e non ambiguo riconoscimento dell‟avvenuto irraggiamento. Nei vetri di categoria II e III il segnale dopo irraggiamento ha la stessa forma di riga di quello osservato prima dell‟irraggiamento, sebbene un‟intensità maggiore. Infine, poiché la presenza di impurezze nei vetri, dovute ai diversi tipi di drogaggi, porta a spettri EPR complessi, sia nei campioni non irradiati che irradiati, appare evidente la necessità di poter discriminare i segnali provenienti da centri paramagnetici diversi e, al contempo, essere quindi in grado di isolare segnali specifici dell‟irraggiamento. In tal senso, uno strumento utile potrebbe essere, attraverso un‟analisi matematica, lo sviluppo di un algoritmo che consenta un‟analisi spettrale e conseguentemente l‟identificazione e la separazione delle diverse componenti dello spettro (deconvoluzione). - Fading del segnale EPR radioindotto. Tutti gli spettri EPR investigati mostrano una perdita di segnale nei primi giorni dopo l‟irraggiamento, con successiva stabilizzazione. Nuovamente, la deconvoluzione delle diverse componenti spettrali appare uno strumento d‟elezione per identificare chiaramente le componenti a lunga e breve vita media degli spettri EPR investigati. 4.2 Analisi OSL di componenti elettronici -Disponibilità dei componenti elettronici. Tra i componenti elettronici selezionati per lo studio, resistori e induttori di taglia intermedia (0402) sono risultati essere disponibili in tutti i telefoni, in numero spesso anche superiore a 30 per telefono. Ciò permette di utilizzare anche 10 componenti per piattello e di incrementare la sensibilità del sistema, diminuendo così la minima dose rivelabile. Induttori e resistori di piccola taglia, di formato 0201, sono risultati essere presenti in minor percentuale rispetto a quelli di formato intermedio, sebbene tale scenario potrebbe mutare velocemente con l‟avanzare del progresso tecnologico. Infine, i capacitori sono risultati essere pressoché assenti nei telefoni di nuova generazione (prodotti dopo il 2007) e presenti spesso in numero molto limitato nei telefoni della generazione precedente. 239 -Radiosensibilità. Tutti i componenti elettronici selezionati (resistori, induttori e capacitori) per lo studio hanno mostrato la presenza di un segnale OSL radioindotto molto intenso a 10 Gy. Ciascun componente ha mostrato una minima dose rivelabile ben al di sotto di 1 Gy; tra le tre tipologie di componenti, gli induttori e i capacitori si sono rivelati essere rispettivamente i più e i meno sensibili. La diversa radiosensibilità dei diversi componenti può essere spiegata con la differente composizione e quantità di materiale radiosensibile. Appare evidente, ad esempio, che la parte di materiale ceramico occupa in percentuale una superficie maggiore sugli induttori rispetto ai resistori. Per quanto riguarda i capacitori, in ogni piattello è stato inserito il maggior numero di componenti di questo tipo presenti sulla scheda elettronica del telefono in esame. In molti casi però si è verificato che il numero di capacitori fosse esiguo (anche uno o due per telefono) o che le loro dimensioni fossero ridotte e questo spiega la minore radiosensibilità di questi componenti e anche la maggior variabilità ottenuta nell‟intensità della risposta a 10 Gy. -Fading del segnale. Come è già stato osservato, il segnale radioindotto è risultato essere ancora rivelabile dopo 10 giorni dall‟irraggiamento per tutti i componenti elettronici selezionati. In particolare, per tutti i componenti è stata osservata una perdita di segnale media del 50 %. Gli induttori 0201 di taglia “piccola” sono risultati i componenti più stabili, con la minore perdita di segnale nel tempo (circa il 30 % dopo 10 giorni), mentre i resistori, sia di taglia “piccola” che di taglia “intermedia”, hanno mostrato una maggiore stabilità nella risposta. 5. CONCLUSIONI I risultati ottenuti nella prima fase del progetto hanno confermato la potenzialità dei metodi proposti. I principali aspetti indagati in questa prima fase del lavoro sono stati: la disponibilità dei diversi componenti elettronici e tipi di vetri nei telefoni; la presenza di un segnale radioindotto a 10 Gy e di un segnale residuo dopo 10 giorni dall‟irraggiamento. Sia i vetri degli schermi che i componenti elettronici hanno mostrato di conservare per un tempo sufficientemente lungo l‟informazione di una esposizione alle radiazioni ionizzanti. I componenti analizzati con OSL presentano 240 una soglia di rivelazione inferiore ad 1 Gy; il segnale risulta inoltre ancora ben visibile dopo 10 giorni dall‟irraggiamento sebbene presenti una decrescita dell‟ordine del 50 %. I vetri analizzati con EPR presentano una stabilità nel tempo più alta che nei componenti misurati con OSL, ma una minore sensibilità. Le fasi successive del lavoro prevedono una ottimizzazione del metodo per il superamento di alcuni degli ostacoli descritti sopra (eliminazione delle componenti metalliche nei vetri, identificazione dei centri paramagnetici con programmi di calcolo; valutazione di fattori correttivi per la perdita di segnale OSL nei componenti elettronici). Infine, si procederà a validare i due metodi attraverso un interconfronto internazionale che coinvolgerà laboratori afferenti alla rete europea EURADOS. RICONOSCIMENTI Questo lavoro è sostenuto dalla Commission of European Communities con il contratto n.FP7-241536. BIBLIOGRAFIA Ainsbury, E.A., Bakhanova, E., Barquinero, J.F., Brai, M., Chumak, V., Correcher, V., Darroudi, F., Fattibene, P., Gruel, G., Guclu, I., Horn, S., Jaworska, A., Kulka, U., Lindholm, C., Lloyd, D., Longo, A., Marrale, M., Monteiro Gil, O., Oestreicher, U., Pajic, J., Rakic, B., Romm, H., Trompier, F., Veronese, I., Voisin, P., Vral, A., Whitehouse, C.A., Wieser, A., Woda, C., Wojcik, A., Rothkamm, K.. Review of retrospective dosimetry techniques for external ionising radiation exposures. Radiat. Prot. Dosim., 1-20, 2010. doi:10.1093/rpd/ncq499. Bassinet, C., Trompier, F., Clairand, I. Radiation accident dosimetry on glass by TL and EPR spectrometry. Health. Phys. 98: 400-5, 2010. 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Radiation induced signals analysed by EPR spectrometry applied to fortuitous dosimetry. Ann. Ist. Super. Sanità 45: 287-96, 2009. Woda, C., Bassinet, C., Trompier, F., Bortolin, E., Della Monaca, S., Fattibene, P. Radiation-induced damage analysed by luminescence methods in retrospective dosimetry and emergency response. Ann. Ist. Super. Sanità 45: 297-306, 2009. Wu, K., Sun, C.P., Shi, Y.M. Dosimetric properties of watch glass : a potential practical ESR dosemeter for nuclear accidents. Rad. Prot. Dosim. 59: 223-5, 1995. 242 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 NOVITÀ IN RADIOPROTEZIONE APPROVATE O IN DISCUSSIONE AL GRUPPO DI ESPERTI EX ART. 31 DEL TRATTATO EURATOM S. Risica* e A. Farulla** *Dipartimento Tecnologie e salute, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299, 00161 Roma **Università La Sapienza, Roma. Via Giovanni Battista De Rossi 15A, 00161 Roma INTRODUZIONE Anche se probabilmente molto noto, vale la pena ricordare per sommi capi quanto il Trattato Euratom (Euratom Treaty, abbreviato in ET) (Commissione Europea, 1957) - che nel lontano 1957 aveva fondato la Comunità Europea dell’Energia Atomica - aveva stabilito in merito alla protezione dalle radiazioni ionizzanti negli Stati Membri (SM). L‟ET è stato modificato solo in piccola parte dai successivi trattati di Maastricht del 1992 e Lisbona del 2007, che, invece, hanno in un certo senso rivoluzionato l‟organizzazione dell‟Unione Europea. L‟ET al Capo 3, intitolato Protezione Sanitaria, all‟art. 30 afferma che nella Comunità Europea devono essere stabilite delle “… norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti”, specificando che “per norme fondamentali s‟intendono: le dosi massime ammissibili con un sufficiente margine di sicurezza, le esposizioni e contaminazioni massime ammissibili e i principi fondamentali di sorveglianza sanitaria dei lavoratori”. Successivamente all‟articolo 31 stabilisce che “Le norme fondamentali vengono elaborate dalla Commissione, previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico tra gli esperti scientifici degli Stati membri, particolarmente tra 243 quelli versati in materia di sanità pubblica1. La Commissione chiede il parere del Comitato economico e sociale sulle norme fondamentali così elaborate. Dopo consultazione dell‟Assemblea2 (Parlamento europeo), il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione che gli trasmette i pareri dei comitati da essa raccolti, stabilisce le norme fondamentali”. Viene così creato nel 1957 il cosiddetto Gruppo di esperti ex art. 31 del Trattato Euratom (Group of experts, GoE). All‟articolo 32, l‟ET prevede anche che “A richiesta della Commissione o di uno Stato membro, le norme fondamentali possono essere rivedute o completate secondo la procedura definita dall‟articolo 31”. Infine, il ruolo del GoE è richiamato anche all‟art. 37 dello stesso Trattato, ove vengono stabiliti gli obblighi degli SM a fornire alla Commissione Europea (European Commission, EC) “i dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di residui radioattivi, sotto qualsiasi forma, per consentire di determinare se la realizzazione di tale progetto sia suscettibile di provocare una contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio aereo di un altro Stato membro.” Infatti, in tale caso “La Commissione, previa consultazione del gruppo di esperti previsto dall‟articolo 31, esprime il suo parere entro un termine di sei mesi”. Poco dopo l‟entrata in vigore del Trattato, tuttavia, il Comitato Tecnico Scientifico (art. 134 dell‟ET) si rese conto che, per i compiti specifici richiesti dall‟art. 37, la expertise necessaria era diversa da quella richiesta agli artt. 31 e 32, per cui fu deciso di nominare un gruppo di esperti diverso con il ruolo di advisor per la EC. Le nomine degli esperti del GoE sono personali, non governative, e spettano al Comitato Tecnico Scientifico creato, come sopra ricordato, dall‟art. 134 dell‟ET. Per questo motivo gli esperti parlano a titolo personale e agiscono indipendentemente da qualsiasi pressione o influenza esterna. I due autori sono attualmente i membri italiani del GoE e, nella presentazione che segue, provano a delineare, seppure in modo 1 Il grassetto è degli autori. Il trattato di Maastricht del 1992 in questo articolo ha unicamente modificato la parola Assemblea con Parlamento 2 244 sintetico e parziale, il funzionamento di questo organismo, le sue attività e i risultati del suo lavoro, disponibili, grazie alle moderne tecnologie informatiche, al largo pubblico. L‟ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO Il funzionamento del GoE è stabilito da un regolamento, la cui ultima versione è stata approvata in novembre 20073. Il mandato degli esperti dura 5 anni ed è rinnovabile. Data la natura del GoE non è ammessa in nessun caso la sostituzione di un esperto assente. Gli esperti eleggono un presidente e un vice-presidente che rimangono in carica per metà mandato, ma l‟elezione di quest‟ultimo è spostata di un anno rispetto a quella del presidente, per garantire la continuità del lavoro. Il gruppo è convocato dalla EC, con largo preavviso, almeno due volte l‟anno - in riunione ordinaria, generalmente a giugno e novembre – su di un ordine del giorno stabilito in accordo con il presidente. In caso di urgenza può essere convocata una riunione straordinaria, con breve preavviso, come fu fatto, ad es., in occasione dell‟incidente di Chernobyl. Le riunioni ordinarie durano uno o più giorni e comunque tutte le riunioni devono essere convocate in un luogo ove la EC abbia una sua attività. Il GoE deve generalmente tentare di raggiungere una opinione unanime. Quando questo non è possibile, decide a maggioranza semplice, salvo casi particolari previsti. Ad es. per cambiare le regole di funzionamento è richiesta una maggioranza qualificata di due terzi. Il risultato del lavoro del GoE deve essere inoltrato alla EC normalmente sotto la forma di un parere ai sensi dell‟art. 31 dell‟ET, o di guida, proposta o pronunciamento. Tutti i verbali delle riunioni, una volta approvati alla riunione successiva, devono essere resi pubblici attraverso la pubblicazione sul sito web. Nel caso in cui non si sia raggiunta una conclusione solida o in quello di opinioni contrastanti, i verbali devono riportare 3 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2007_11_procedure_rules.pdf 245 una sintesi delle obiezioni sollevate. Le opinioni dei singoli esperti non devono essere rese note in alcun modo, in quanto si ritiene che questo potrebbe sottoporre gli esperti a pressioni esterne. Il GoE su suggerimento, o con l‟accordo, della EC può costituire qualsiasi gruppo di studio (Working Party, WP) che ritenga possa facilitare il suo lavoro, affidandogli compiti specifici. Ai WP possono partecipare solo membri del GoE; essi nominano un presidente responsabile di riferire al GoE lo sviluppo e i risultati dei lavori con un rapporto scritto. Il mandato e i componenti di ciascun WP devono essere rinnovati all‟inizio del periodo di 5 anni di permanenza in carica degli esperti. Sia al GoE che a tutti i gruppi di studio è garantito un segretariato a cura della EC, che deve assistere il presidente nell‟organizzare e condurre il lavoro, preparare i pareri, e per il gruppi di lavoro anche l‟ordine del giorno e le bozze di rapporto sulle attività. Due punti che non mancano mai all‟ordine del giorno delle riunioni ordinarie sono le “Informazioni da parte della Commissione” e lo “Stato dei progetti legislativi”. Al primo punto funzionari di altre divisioni della Directorate General for Energy – alla cui D4 Radiation Protection fa riferimento il GoE – o addirittura di altri Directorate General (ad es Directorate General Environment, Directorate General Health and Consumers, cioè la cosiddetta DGSaNCO, ecc.) aggiornano gli esperti sulle novità che possono essere di loro interesse. Al secondo punto citato gli esperti vengono informati sullo stato di avanzamento di tutti gli atti legislativi della EC inerenti la loro attività. Alle riunioni del gruppo di esperti è invitato, come osservatore, un rappresentante per ognuna delle principali organizzazioni internazionali coinvolte nella sicurezza nucleare e radioprotezione (tradizionalmente ICRP, IAEA, OECD/NEA, IRPA a cui si sono aggiunte recentemente, OMS e HERCA4), e ad ognuno è dato un certo spazio per una breve presentazione. Questo permette agli 4 ICRP (International Commission on Radiological Protection): www.icrp.org IAEA (International Atomic Energy Agency): www.iaea.org OECD/NEA (OECD Nuclear Energy Agency): www.oecd-nea.org IRPA (International Radiation Protection Association): www.irpa.net OMS (World Health Organization): www.who.int HERCA (Heads of the European Radiological protection Competent Authorities): http://herca.org 246 esperti di essere sempre aggiornati sulle novità in discussione, elaborate o decise da queste organizzazioni. NORME ETICHE Proprio per il loro ruolo di esperti indipendenti, che non rappresentano gli SM o altre organizzazioni e devono parlare a titolo personale indipendentemente da qualsiasi pressione esterna, gli esperti si sono dati un codice etico, anch‟esso approvato nella sua ultima revisione in novembre 2007, come un allegato al regolamento citato (v. nota 3). Questo inizia ricordando che per i sopranominati motivi gli esperti si assumono personalmente una grande responsabilità nei confronti della salute pubblica e questo richiede uno specifico codice etico. I principi fissati da questo codice, oltre a quello già ricordato di indipendenza, sono in effetti molto specifici e pregnanti. Nel seguito si riportano quelli che, a giudizio degli autori, sono i più interessanti. Priorità all‟interesse sanitario Per il compito loro affidato gli esperti devono dare priorità assoluta alla protezione della salute pubblica, alla sicurezza e allo sviluppo della migliore radioprotezione operativa possibile. Possono esprimere le loro opinioni su questioni politiche, economiche, finanziarie, ecc., ma le considerazioni sanitarie e di sicurezza devono essere sempre chiaramente identificabili nelle loro opinioni, proposte, ecc. Approccio da “cittadini del mondo” Gli esperti devono avere una visione più ampia di quella nazionale e perseguire il miglioramento della salute pubblica, della sicurezza e radioprotezione a beneficio della popolazione mondiale. Competenza Gli esperti devono preoccuparsi di aggiornare e ampliare le loro conoscenze scientifiche su ogni argomento fondamentale che possa avere delle conseguenze sulla radioprotezione, 247 mantenendo stretti contatti con il mondo scientifico sugli argomenti connessi a questa disciplina. Devono tener conto di tutte le informazioni scientifiche disponibili ed evitare selezioni improprie delle fonti, così come devono limitarsi ad esprimersi nei campi di loro competenza. Questioni etiche Gli esperti devono evitare di creare confusione tra giudizi puramente scientifici e giudizi di valore su questioni etiche - che sono spesso intrecciate con le valutazioni scientifiche - e possono non essere direttamente evidenti. Non devono tentare di fare gli arbitri su questioni etiche, ma anzi devono tentare di riconoscere gli aspetti etici più o meno nascosti e portarli alla luce per coloro che devono prendere le decisioni. LA SITUAZIONE ATTUALE: NOVITÀ APPROVATE E IN DISCUSSIONE Le nuove Basic Safety Standards Il 24 febbraio 2010 il GoE ha terminato di esaminare la bozza della nuova Direttiva Europea di base per la radioprotezione (European Commission, 2010a) che sostituirà la Direttiva 96/29 Euratom (Commissione Europea, 1996) e ha espresso il suo parere (European Commission, 2010b). Ambedue i testi sono disponibili sul sito web Europa. La bozza di questa nuova Direttiva riunisce in un unico testo le Direttive Euratom 96/29/Euratom Basic safety standards, 97/43/Euratom sull‟esposizione medica, 89/618/Euratom sull‟informazione del pubblico sulle misure di radioprotezione in caso di emergenza nucleare, 90/641/Euratom sulla protezione dei lavoratori esterni e 2003/122/Euratom sul controllo delle sorgenti ad alta attività e orfane, includendo anche il campo di applicazione della Raccomandazione 90/143 sul radon in ambienti chiusi, rendendo quindi la limitazione del radon negli ambienti domestici un obbligo in tutti gli Stati membri. 248 Nella recente Giornata di studio AIRP “Il nuovo nucleare in Italia. Radioprotezione dell‟uomo e dell‟ambiente”, tenutasi a Roma il 2325 febbraio 2011, sono state presentate le principali novità di questo testo in una relazione dal titolo “Novità nella bozza della Direttiva Europea di radioprotezione e stato della sua revisione”, e al relativo testo pubblicato si rimanda per il dettaglio (Risica, 2011). La bozza della Direttiva sta ora passando attraverso le varie fasi approvative. Alla riunione di giugno 2011 gli esperti del GoE sono stati informati che le procedure interne alla Commissione sono tuttora in corso, ma il testo ha avuto parere favorevole dall‟“Impact Assessment Board” e ha passato il vaglio dell‟Inter Service Consultation con parere favorevole in maggio 2001, in entrambi i casi con commenti più o meno dettagliati la bozza ha ricevuto molti commenti editoriali dei linguisti, che hanno migliorato significativamente la chiarezza del testo la traduzione in tutte le lingue dell‟Unione Europea, data anche la lunghezza del testo, richiederà molto tempo, e a questo riguardo è stato chiesto agli esperti se erano disponibili, in caso di necessità, ad aiutare i traduttori nel loro lavoro comunque si prevede che il testo possa essere varato dalla EC in settembre 2011 per essere sottoposto all‟ulteriore iter approvativo. Infine, è stato precisato che su proposta di HERCA5 è stato aggiunto il modello di passaporto delle radiazioni da loro preparato ed approvato in giugno 2010. Gli obblighi di istituire un passaporto delle radiazioni erano stati stabiliti nel 1990 dalla Direttiva Europea 90/641 Euratom (Commissione Europea, 1990), per assicurare ai lavoratori esterni6 nelle centrali nucleari lo stesso livello di protezione dei lavoratori assunti stabilmente, ma la trasposizione pratica di questi obblighi era stata significativamente diversa negli SM. La proposta fatta da 5 A cui partecipano attualmente 180 rappresentanti nazionali di 45 autorità di radioprotezione di 28 paesi. 6 Lavoratore esterno (ai sensi del Dlgs 230/1995 e smi) è il “lavoratore di categoria A che effettua prestazioni in una o più zone controllate di impianti, stabilimenti, laboratori, installazioni in genere gestiti da terzi in qualità sia di dipendente, anche con contratto a termine, di una impresa esterna, sia di lavoratore autonomo, sia di apprendista o studente”. 249 HERCA era stata presentata dalla EC alla riunione di novembre 2010 per avere il parere del GoE sul possibile inserimento del contenuto di questo passaporto delle radiazioni nella bozza di Direttiva. Il GoE aveva accolto positivamente l‟iniziativa per armonizzare i dati richiesti, raccomandando tuttavia di studiare ulteriormente la forma finale in cui i dati dovrebbero venire registrati, in particolare chiedendo che venga lasciata la possibilità di usare le moderne tecnologie informatiche, e riservandosi di esprimere un successivo parere definitivo. Oltre alla preparazione e discussione di nuovi testi legislativi come la Direttiva citata - il GoE discute ed elabora molti pareri, documenti e proposte nel settore della radioprotezione, emana guide tecniche e linee guida, ad es. per la trasposizione di direttive, come viene brevemente esemplificato nel seguito. L‟incidente alla Centrale di Fukushima La riunione di giugno 2011 è stata tenuta pochi mesi dopo il gravissimo incidente, seguito allo tsunami, avvenuto alla centrale nucleare di Fukushima (Giappone). Una parte significativa della riunione è stata quindi dedicata a questo evento, alle sue conseguenze e alle decisioni prese o eventualmente ancora da prendere da parte della EC. Purtroppo erano assenti, probabilmente proprio per gli impegni seguiti a questo evento, i rappresentanti della IAEA e dell‟OMS che avrebbero potuto arricchire le presentazioni e le discussioni con le informazioni dirette in loro possesso. Dalla Commissione è venuta l‟importante informazione che dal Giappone l‟Unione Europea importa in tutto 9000 tonnellate di materiali l‟anno e che, quindi, uno dei criteri a cui si era attenuta la EC nelle sue decisioni era stato quello di cercare di non danneggiare ulteriormente la già grave situazione economica e sociale del Giappone. Inoltre è stato riferito che fino a quel momento non era stato trovato nessun campione contaminato sopra i livelli prescritti, né vicino a questi. È stato inoltre chiarito, che i cibi e i beni di consumo rientrano nelle competenze del GoE, mentre navi, container e tutto ciò che è connesso ai trasporti è regolato dalle norme internazionali del settore. 250 Gli esperti hanno esaminato e discusso le misure imposte dalla Commissione Europea agli Stati Membri riguardanti l‟importazione dal Giappone di cibi potenzialmente contaminati e i livelli e le procedure da applicare al controllo delle merci e dei vettori che entrano nell'Unione Europea, in particolare i regolamenti 297, 351 e 506 emanati nel 20117. Infatti la Commissione ha dichiarato che queste sue decisioni, motivate dall‟urgenza causata dalla pressione dei media e dell'opinione pubblica, sono state adottate in via provvisoria, in attesa di consultazione degli esperti. Le opinioni espresse sono state trasformate in un parere emanato ai sensi dell‟art. 31 dal titolo “Measures with regard to food, feed and cosmetics imported into the EU after the accident in Fukushima” disponibile sul sito web Europa8. È stato inoltre richiesto agli esperti di esprimersi anche sull‟importazione di merci diverse dal cibo e il parere relativo, dal titolo “Measures with regard to containers and conveyances, and goods (other than food, feed, cosmetics or medicinal products) imported in the EU after the accident in Fukushima”, è anch‟esso disponibile sul sito web Europa9. I limiti di dose per il cristallino Come riportato nella relazione “Novità nella bozza della Direttiva Europea di radioprotezione e stato della sua revisione” (Risica, 2011), già citata, nella bozza della nuova Direttiva i limiti di dose per il cristallino non sono stati fissati, in quanto quelli attuali si sono rivelati decisamente troppo elevati (v. altri dettagli sullo stesso argomento nei paragrafi che seguono). Alla riunione di giugno 2011, essendo nel frattempo stato pubblicato dall‟ICRP un primo pronunciamento su questo argomento (v. paragrafo “Presentazione delle organizzazioni internazionali”), la EC ha proposto agli esperti uno schema, contenente tutti i limiti di dose che dovrebbero essere inseriti nella direttiva di base, o che potrebbe addirittura diventare il testo di una nuova Direttiva, da emanarsi in tempi più rapidi della 7 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/fukushima_en.htm http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2011_06_09_opinion_fukushima _food.pdf 9 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2011_06_09_opinion_fukushima _nonfood.pdf 8 251 direttiva di base. Mentre per i lavoratori non ci sono dubbi sul valore da fissare, perché si è condivisa l‟indicazione data dell‟ICRP di fissare un limite di dose equivalente al cristallino di 20 mSv all‟anno (non accettando, invece, la condizione di considerarlo un valore medio su 5 anni, con una dose massima per anno di 50 mSv), è sorto un problema sul valore da fissare per apprendisti, studenti e popolazione, in quanto l‟ICRP non si è pronunciata. Secondo il parere del segretario dell‟ICRP, presente alla riunione, questo è dovuto in parte alla scarsità di informazioni disponibili sui possibili rischi per la popolazione, in parte perché l‟ICRP considererebbe il valore attuale dei limiti per queste categorie sufficientemente protettivo. La EC ha fatto presente agli esperti la necessità di cercare di armonizzare questo valore con i valori proposti nella bozza di BSS della IAEA, che aveva già deciso di lasciare immutato il limite per apprendisti e studenti e per la popolazione. Dopo ampia e vivace discussione gli esperti hanno deciso per il momento di non modificare il limiti suddetti, ma di rimanere aperti a rimetterli in discussione in caso di maggiori informazioni scientifiche disponibili sull‟argomento. In particolare il WP Research Implications on Health and Safety Standards (RIHSS, v. paragrafo seguente) si è offerto di svolgere un‟indagine bibliografica nella letteratura internazionale, per valutare non solo possibili esposizioni significative per la popolazione, ma anche possibili maggiori rischi per i bambini. Esiste, infatti, almeno un articolo pubblicato sulla letteratura internazionale che segnala un aumento di incidenza di cataratta in bambini che hanno vissuto a lungo in zone molto contaminate dall‟incidente di Chernobyl. Working Party Anche se, come ricordato, i gruppi di studio decadono ad ogni fine mandato degli esperti e devono essere rinominati dai nuovi esperti, alcuni di questi gruppi di studio sono “storici” e sono stati riconfermati anche all‟ultimo rinnovo. Essi sono il già nominato WP RIHSS e il WP MED (Medical Exposures). Attualmente oltre a 252 questi due ne è stato recentemente attivato un terzo sui vincoli di dose (Dose constraints). Il WP MED è un gruppo di lavoro molto attivo che si occupa di tutti i problemi connessi con la radioprotezione nelle esposizioni mediche, ma per ragioni di brevità ci limiteremo a presentare alcuni dettagli delle attività degli ultimi anni del WP RIHSS, dato che a questo partecipa, da diversi anni, uno degli autori. Il WP RIHSS ha come mandato specifico di esaminare tutte le novità scientifiche che possono avere conseguenze significative sulla radioprotezione e quindi sulle norme di base. Ogni anno il WP RIHSS organizza un seminario di aggiornamento per gli esperti in occasione della riunione di novembre. Il seminario 2011 sarà su “Individual radiosensitivity”, mentre quello 2010 è stato tenuto su “The issue of dosimetry and uncertainties in the context of internal emitters”, e quello del 2009 su “Childhood Leukaemia – mechanisms and causes”. Subito dopo i seminari, sul sito web Europa vengono rese disponibili le diapositive delle presentazioni10 e, non appena disponibili tutti i manoscritti, gli atti del Seminario vengono pubblicati nei rapporti Radiation Protection, che da alcuni anni vengono tutti pubblicati sullo stesso sito11. Oltre alla preparazione dei seminari di aggiornamento, il WP RIHSS si occupa di preparare rassegne su temi emergenti inerenti al suo mandato. Ad es. negli anni scorsi era stato incaricato di esaminare le novità di ricerca emerse sugli effetti delle radiazioni ionizzanti sul cristallino. Molti esperti, infatti, erano convinti che i limiti di dose stabiliti per il cristallino dalla Direttiva 96/29 Euratom (Commissione Europea, 1996), che è tuttora il testo trasposto nelle legislazioni nazionali degli SM, fossero decisamente troppo alti e quindi nella nuova bozza di Direttiva di base dovessero essere abbassati. In vari studi, infatti, era stato osservato un aumento dell‟incidenza di cataratta dopo un‟esposizione di circa 0,5 Gy. Il testo di questa rassegna, dato il suo interesse, dopo discussione ed approvazione da parte degli esperti, si è deciso di renderlo disponibile anche al pubblico, cosa che normalmente non avviene per questo tipo di documenti, allegandolo al verbale della riunione di 10 11 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/seminars/scientific_seminar_en.htm http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/publications_en.htm 253 novembre 200912. Inoltre è questo il motivo per cui nella bozza di Direttiva, come già accennato, i valori dei limiti per il cristallino sono lasciati in bianco, precisando in nota che si sarebbero completati in seguito, anche in attesa di un pronunciamento dell‟ICRP (v. paragrafo “I limiti di dose per il cristallino”). Un‟altra attività di rassegna è stata fatta nel 2010 - 2011. Ricorrendo, infatti, nel 2011 il 25° anniversario dell‟incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, la Commissione Europea e il gruppo di esperti, nella riunione di novembre 2010, hanno dato mandato al WP RIHSS di preparare un breve documento di sintesi sulle conseguenze sanitarie dell‟incidente nelle popolazioni coinvolte. Il documento, qualora approvato dagli esperti, sarebbe divenuto la posizione ufficiale del GoE su tale evento. Il documento è stato presentato dal presidente del RIHSS alla riunione di giugno 2011 ed è stato accolto molto favorevolmente dagli esperti, tanto che se ne è decisa la pubblicazione sul sito web Europa, probabilmente sotto forma di rapporto Radiation Protection. I rapporti Radiation Protection Oltre agli atti dei seminari di aggiornamento, sui rapporti della serie Radiation Protection (v. nota 11), vengono pubblicati: guide tecniche elaborate da WP - su richiesta del GoE -, atti di convegni sponsorizzati dalla DGEnergy, D4 Radiation Protection (v. ad es. gli atti dei due Convegni tenuti a Dublino nel 2002 e 2009 sulle Nonmedical imaging exposures, argomento trattato in altra relazione in questo stesso convegno), elaborazioni di contrattisti che hanno lavorato a supporto delle attività del GoE, ecc… Tutti i rapporti, comunque, vengono preventivamente presentati al GoE e da questo discussi ed approvati per la pubblicazione. Data la vastità dei temi trattati non vale la pena dilungarsi sugli argomenti, ma si invita il lettore a navigare sul sito citato e a ricercare i documenti sugli argomenti di suo interesse. 12 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2009_11_3_report.pdf 254 Le “Informazioni da parte della Commissione” e lo “Stato dei progetti legislativi” All‟ultima riunione di giugno 2011 la D1 Nuclear Safety ha presentato la decisione presa a seguito dell‟incidente alla centrale nucleare di Fukushima (Giappone) di sottoporre tutti gli impianti nucleari di potenza ad uno stress-test13. Tutti i 143 reattori nucleari di potenza presenti nella UE saranno esaminati con i criteri ampi e dettagliati fissati dalla EC. Per garantire i più alti standard di sicurezza, facendo tesoro dalla “lezione imparata” anche dall‟evento di Fukushima, questi tengono conto sia dei rischi naturali che di quelli provocati dall‟uomo (es. effetti di caduta di aereo, attacco terroristico, ecc.). La nuova valutazione, il cui inizio era previsto il 1° giugno 2011, comprenderà tre fasi: una pre-valutazione da parte degli operatori dell‟impianto che dovranno rispondere al questionario di stress-test, fornendo i documenti di appoggio relativi, un rapporto nazionale preparato dal National regulator di verifica delle risposte date dagli operatori e, infine, un esame peer-review eseguito da un team internazionale composto da 7 membri, uno in rappresentanza della EC e sei scelti tra i National regulator. Il team internazionale potrà anche decidere di fare un‟ispezione all‟impianto. Una importante precisazione è stata fatta nella presentazione e cioè che le decisioni sulle iniziative da intraprendere a seguito dei risultati di questo stress-test rimarranno a livello nazionale, ma è già stato deciso che se non saranno disponibili i finanziamenti per le migliorie necessarie si dovrà procedere alla chiusura dell‟impianto e al suo smantellamento. La D2 Radioactive waste management and transport ha descritto la bozza di direttiva sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti nucleari14, la discussione avvenuta e le decisioni prese. La direttiva è stata in seguito adottata dal Consiglio il 19 luglio 2011, entrerà in vigore a settembre dello stesso anno e gli SM dovranno sottoporre i primi programmi nazionali nel 2015. Essa parte dalla constatazione che tutti e 27 gli SM producono rifiuti nucleari generati da numerose attività come produzione di elettricità, 13 14 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/safety/stress_tests_en.htm http://ec.europa.eu/energy/nuclear/waste_management/waste_management_en.htm 255 medicina, ricerca, industria e agricoltura. Inoltre 14 di questi hanno anche reattori nucleari che producono combustibile esaurito. Pur riaffermando la responsabilità primaria degli SM sulla loro gestione, la direttiva crea una cornice con importanti obblighi imposti agli SM. Presentazioni delle organizzazioni internazionali All‟ultima riunione a cui, come già ricordato, erano assenti più di un rappresentante, la più interessante novità è stata presentata dal rappresentante ICRP che ha illustrato lo “Statement on tissue reactions”15 pubblicato in aprile 2011 e la bozza di rapporto ICRP “Early and late effects of radiation in normal tissues and organs: threshold doses for tissue reactions and other non-cancer effects of radiation in a radiation protection context”, il cui periodo di consultazione sul sito web dell‟ICRP è terminato il 20 gennaio 2011. Inoltre, come avviene in tutte le riunioni, ha presentato le attività della Main Commission e dei vari sottocomitati e i rapporti pubblicati di recente, quelli in corso di preparazione o presenti sul sito web per commenti. 15 http://www.icrp.org/docs/ICRP%20Statement%20on%20Tissue%20Reactions.pdf 256 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Commissione Europea (1957). Trattato Euratom. Commissione Europea (1990) . Direttiva del Consiglio del 4 dicembre 1990 concernente la protezione operativa dei lavoratori esterni esposti al rischio di radiazioni ionizzanti nel corso del loro intervento in zona controllata (90/641/ Euratom). Gazzetta ufficiale delle Comunità europee NL 349/21 del 13. 12.1990. Commissione Europea (1996). Direttiva 96/29/Euratom del Consiglio del 13 maggio 1996 che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee NL 159/1 del 29.6.1996. European Commission (2010a). Draft Euratom Directive laying down basic safety standards for the health protection of the general public and workers against the dangers of ionising radiation, version 24 February 2010. European Commission (2010b). Opinion of the Group of Experts established under Article 31 of the Euratom Treaty on the Revised Basic Safety Standards for the protection of the health of workers and the general public against the dangers arising from ionising radiation (24 February 2010). Risica, S. Novità nella bozza della Direttiva Europea di radioprotezione e stato della sua revisione, relazione ad invito presentata alla Giornata AIRP “Il nuovo nucleare in Italia. Radioprotezione dell‟uomo e dell‟ambiente”, Roma, 23-25 febbraio 2011, in corso di pubblicazione sul bollettino AIRP. 257 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 LA DISCIPLINA COMUNITARIA E NAZIONALE IN TEMA DI INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO TRA PRECAUZIONE E SOSTENIBILITÀ. A. Borzì Arpacal SOMMARIO: 1. Principali fonti normative comunitarie e statali e ambito oggettivo di applicazione della disciplina. – 2. La disciplina dell‟inquinamento elettromagnetico come rappresentazione dei principali nodi problematici del diritto dell‟ambiente. – 2.1. La mancata attuazione di alcune parti della Legge quadro. – 2.2. La distribuzione di competenze tra i diversi livelli di governo. – 2.3. Tutela dai campi elettromagnetici e semplificazione amministrativa. – 3. L‟inquinamento elettromagnetico e i due principi cardine del diritto dell‟ambiente: sviluppo sostenibile e precauzione. 1. Principali fonti normative statali e ambito oggettivo di applicazione della disciplina Nell‟ambito di questo prestigioso incontro altri lavori fanno il punto sulle novità in tema di tutela dalle radiazioni ionizzanti, che, com‟è noto, trova la principale disciplina nel Trattato che istituisce la Comunità europea dell‟energia atomica. Questo contributo si concentra sull‟altro grande capitolo della disciplina giuridica delle emissioni elettromagnetiche: la tutela dalle radiazioni non ionizzanti. In questa sede – un convegno sugli aspetti tecnico-scientifici della radioprotezione – non è possibile illustrare la normativa vigente in modo esaustivo, per cui appare più proficuo procedere “per temi”, al fine di verificare come si atteggino i principali nodi problematici del diritto dell‟ambiente (e, più in generale, del diritto amministrativo 1) rispetto alla disciplina in esame. Fino al 2001, la disciplina giuridica sulla protezione dalle radiazioni elettromagnetiche era contenuta essenzialmente in tre atti: 1 Sul ruolo di diritto-pilota o diritto-sonda del diritto dell‟ambiente si veda su tutti F. SPANTIGATI, Le categorie giuridiche necessarie per lo studio del diritto dell’ambiente, in Riv. giur. ambiente, 1999, 221 e ss. 258 - - - il d.P.C.M. 23 aprile 1992 («Limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno»), emanato su proposta del Ministro dell‟ambiente e del Ministro della sanità in base alla legge istitutiva del Ministero dell‟ambiente (l. n. 349 del 1986) essenzialmente per la necessità di fissare limiti per l‟esposizione della popolazione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti (attuato con d.P.C.M. 28 settembre 1995); il d.m. 10 settembre 1998, n. 381 («Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana»), emanato dal Ministero dell‟ambiente, d‟intesa con il Ministero della Sanità e con il Ministero delle comunicazioni, in forza della l. n. 249 del 1997, istitutiva dell‟Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per fissare i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all‟esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell‟intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz la l. 12 novembre 1996, n. 615 («Attuazione della direttiva 89/336/CEE del Consiglio del 3 maggio 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica, modificata ed integrata dalla direttiva 92/31/CEE del Consiglio del 28 aprile 1992, dalla direttiva 93/68/CEE del Consiglio del 22 luglio 1993 e dalla direttiva 93/97/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993»), che fissava i requisiti necessari per l‟immissione in commercio di apparecchi in grado di generare emissioni elettromagnetiche o il cui funzionamento poteva essere alterato da disturbi elettromagnetici presenti nell‟ambiente. 259 Con la l. 22 febbraio 2001, n. 36 («Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici»), l‟ordinamento italiano si è dotato di una disciplina generale e organica sulla tutela dall‟inquinamento elettromagnetico, che trova applicazione per tutti gli impianti, i sistemi e le apparecchiature per usi civili, militari e delle forze di polizia, che possano comportare l‟esposizione dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz; in particolare, la legge si applica agli elettrodotti ed agli impianti radioelettrici, compresi gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli impianti per radiodiffusione (è esclusa l‟esposizione intenzionale a campi generati da apparecchi diagnostici, art. 2). L‟Italia, attraverso la Legge quadro, ha raccolto l‟esortazione della Comunità europea ad adottare “norme specifiche per quanto riguarda le sorgenti e le attività che comportano l’esposizione ai campi elettromagnetici” contenuta nella Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 1999, 1999/519/CE, «relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz». La Comunità europea non è intervenuta in questo settore con un atto vincolante, ma ha lasciato liberi gli Stati membri di introdurre, attraverso norme cogenti o volontarie, un quadro di limiti all‟esposizione ai campi elettromagnetici che avesse come base di riferimento i valori indicati nella Raccomandazione (individuati da uno studio della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti - ICNIRP). La scelta per una disciplina generale sulla protezione dai campi elettromagnetici fondata su un atto non vincolante, giustificata con il richiamo al principio di proporzionalità dell‟intervento delle istituzioni comunitarie (art. 5, par. 4 del Trattato sull‟Unione europea), ha come ragione di fondo l‟esigenza di bilanciare la tutela della salute con “gli altri benefici nel campo della salute e della sicurezza, che i dispositivi emittenti campi elettromagnetici arrecano alla qualità della vita nei settori come le telecomunicazioni, l’energia elettrica e la sicurezza della popolazione” (considerando n. 7), il tutto in un quadro di incertezza delle indicazioni provenienti dalla Comunità scientifica circa il livello di nocività delle emissioni elettromagnetiche. 260 Diversamente, il legislatore comunitario è intervenuto in maniera più incisiva nello specifico settore della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, ad esempio con: - - - - la direttiva del Consiglio, del 29 maggio 1990, n. 90/270/CEE relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali; la direttiva del Consiglio, del 19 ottobre 1992, n. 92/85/CEE concernente l‟attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento; la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, n. 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all‟esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici); la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, n. 2006/25/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all‟esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali). La Legge quadro n. 36 del 2001 assolve ad una triplice finalità: a) assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell‟esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici; b) promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela per i rischi connessi all‟esposizione ai campi elettromagnetici; c) assicurare la tutela dell‟ambiente e del paesaggio e promuovere l‟innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l‟intensità e gli effetti dei campi elettrici, 261 magnetici ed elettromagnetici secondo le migliori tecnologie disponibili. A tali obiettivi corrispondono le tre tipologie di strumenti previsti dalla legge per assicurare la protezione dall‟inquinamento elettromagnetico: i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, la cui individuazione è rimessa allo Stato, principalmente, e alle Regioni. In attuazione della l. n. 36 del 2001 sono stati emanati due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di pari data (8 luglio 2003), che hanno fissato i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità: a) per la protezione dai campi a bassa frequenza (50Hz) generati da elettrodotti; b) per la protezione dai campi ad alta frequenza, tra 100 kHz e 300 GHz2. La legge quadro costituisce il primo testo normativo italiano a richiamare esplicitamente il principio di precauzione (art. 1, comma 1. Lett. b). In effetti la tutela dagli effetti nocivi delle radiazioni elettromagnetiche rappresenta uno dei campi di elezione dell‟approccio precauzionale, che impone all‟Autorità pubblica di intervenire per scongiurare un potenziale pregiudizio per la salute o per l‟ambiente anche in assenza di informazioni scientifiche certe sulla pericolosità di un‟attività antropica, adottando misure, altamente discrezionali, per la gestione politica di un rischio che incombe sulla collettività. Ancora oggi, infatti, non si dispone di certezze scientifiche sul tipo e l‟entità di danni provocati dalle onde elettromagnetiche, soprattutto nel caso di esposizioni prolungate (cfr. la Relazione della Commissione sull’applicazione della Raccomandazione n. 1999/512/CE, com. n. 532 del 2008 def., cap. 4); da ultimo, il Comitato scientifico dei rischi sanitari emergenti e recentemente identificati (SCENIHR) è dell‟opinione che: a) per le radiofrequenze (RF: da 100 kHz a 300 GHz) è improbabile che l‟esposizione porti all‟insorgenza di tumori, anche se, specie per i campi prodotti da 2 Occorre altresì rammentare, benché non siano atti normativi, i due decreti direttoriali del Ministero dell‟ambiente aventi pari data 29 maggio 2008, recanti Approvazione della metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti e Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell'induzione magnetica. Per approfondimenti vedi P. BEVITORI (a cura di), Inquinamento elettromagnetico, Maggioli, Rimini, 2011. 262 telefoni cellulari, la durata di esposizione è inferiore al tempo di induzione di alcuni tipi di cancro (per cui occorrerebbero studi che analizzino un arco temporale superiore ai dieci anni); nessun effetto si riscontra per le funzioni sensoriali o cognitive, mentre è stata osservata un influenza sul sonno e sui tracciati elettroencefalografici; b) per le frequenze intermedie (IF: da 300 Hz a 100 kHz) i dati sperimentali ed epidemiologici sono molto limitati per cui è necessario incrementare la ricerca, specie sulle esposizioni di lungo periodo, collegate all‟attività lavorativa; c) per le frequenze estremamente basse (ELF: da 0 a 300 kHz) gli studi epidemiologici rilevano che i campi elettromagnetici sono possibili agenti cancerogeni, specie per le leucemie infantili, ma non vi sono conferme dagli studi in laboratorio (cfr. Rapporto sugli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici, del 19 gennaio 2009). Il panorama delle fonti normative statali comprende le previsioni del d.lgs. 1 agosto 2003, 259 («Codice delle comunicazioni elettroniche»); in particolare gli articoli 87 e ss., che si occupano del procedimento di autorizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica (integrato di recente dalle previsioni del d.l. n. 40 del 2010, convertito in l. n. 73 del 2010 e del d.l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, art. 35) nonché le disposizioni sulla localizzazione degli impianti radiotelevisivi contenute nella già richiamata l. n. 249 del 1997 e nel d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 («Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici», in particolare gli artt. 28 e 42). Altro capitolo è quello delle caratteristiche costruttive degli apparecchi per mitigare le emissioni elettromagnetiche; sul punto la normativa principale è costituita: - - dal d.lgs. 6 novembre 2007, n.194, recante «Attuazione della direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE»; dal d.lgs. 9 maggio 2001, n. 269, recante «Attuazione della direttiva 1999/5/CE riguardante le apparecchiature radio, le apparecchiature terminali di telecomunicazione 263 ed il reciproco riconoscimento della loro conformità» e s.m.i. Una precisazione è d‟obbligo. I decreti intendono assicurare la compatibilità elettromagnetica dei prodotti ed evitare fenomeni di “perturbazione elettromagnetica”. L‟interesse primario perseguito è quello di uniformare la normativa tecnica sull‟immissione in commercio degli apparecchi che, con la produzione di onde elettromagnetiche, potrebbero alterare il funzionamento di altri dispositivi (o subire un malfunzionamento per effetto di campi magnetici); la tutela della salute e dell‟ambiente è, dunque, un effetto indiretto e secondario. Più generale, ma sicuramente rilevante per il tema è la disciplina UE sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all‟energia, di cui alla direttiva 2009/125/CE, trasposta in Italia con d.lgs. 16 febbraio 2011, n. 153. L‟Italia ha recepito, inoltre, la normativa comunitaria, in precedenza richiamata, sulla sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori, da ultimo con il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» e s.m.i.; per ciò che qui interessa il riferimento è al Titolo VII sulle attrezzature munite di videoterminali e al Titolo VIII in tema di agenti fisici (in particolare il Capo IV sulla protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici e il Capo V sulla protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali). Tale disciplina e quella sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti non costituiscono oggetto del presente lavoro. 3 Il decreto ha sostituito il precedente d.lgs. 6 novembre 2007, n. 201 di recepimento della direttiva 2005/32/CE. 264 LA DISCIPLINA DELL‟INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO COME RAPPRESENTAZIONE DEI PRINCIPALI NODI PROBLEMATICI DEL DIRITTO DELL‟AMBIENTE 1.1.La mancata attuazione di alcune parti della Legge quadro Le principali criticità del panorama giuridico italiano in tema di elettrosmog riguardano essenzialmente due profili: l‟attuazione della Legge quadro nella parte in cui impone il risanamento delle infrastrutture esistenti – aspetto su cui si registra del ritardo rispetto ai tempi normativamente previsti – e l‟informazione alla popolazione sui rischi connessi agli impianti e alle apparecchiature che generano radiazioni elettromagnetiche, giudicata molto carente dalla rilevazione dell‟Eurobarometro del giugno 20074. La legge quadro prevede un adeguamento graduale degli impianti radioelettrici e degli elettrodotti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità, attraverso dei piani di risanamento, adottati, a seconda della potenza degli impianti, dal Ministero dell‟ambiente o dalle Regioni (o dalle Provincie, a ciò delegate con legge regionale), su proposta dei gestori (con intervento sostitutivo dell‟Autorità pubblica in caso di inadempienza)5. L‟art. 11 della legge quadro estende ai procedimenti di approvazione dei piani di risanamento degli elettrodotti le disposizioni della legge generale sul procedimento amministrativo, l. 7 agosto 1990, n. 241, in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, ciò in deroga a quanto stabilito, in generale, dalla stessa l. n. 241 del 1990 per l‟approvazione degli atti di natura pianificatoria. La giurisprudenza ha precisato come l‟art. 9 della l. n. 36 del 2001 esprima una duplice esigenza: la necessità di instaurare un confronto dialettico con i gestori e tenere conto, in relazione agli 4 Disponibile all‟indirizzo: http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_272a_en.pdf L‟art. 9 della l. n. 36 del 2001 e le leggi regionali di attuazione disciplinano i tempi, le procedure e il contenuto dei piani nonché gli effetti della mancata approvazione. Si tratta: a) del Piano di risanamento per impianti radioelettrici (definiti dall‟art. 4, comma 1, lett. h e che comprendono, ai sensi dell‟art. 2, comma 1, gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli impianti per radiodiffusione); b) del Piano di risanamento per elettrodotti (definiti dall‟art. 4, comma 1, lett. e, della legge quadro), a sua volta distinto tra b1) il piano relativo ad elettrodotti con tensione superiore ai 150 kV e b2) il piano di risanamento di elettrodotti con tensione inferiore o uguale a 150 kV. 5 265 interventi sugli impianti, delle esigenze operative del servizio di pubblica utilità (telecomunicazione o distribuzione dell‟energia elettrica, T.a.r. Umbria, sent. 12 maggio 2005, n. 269; Id., sent. 12 maggio 2003, n. 333). La legge prevede il completamento dell‟attività di risanamento degli elettrodotti nell‟arco di dieci anni dalla sua entrata in vigore (con tappe intermedie al 2004 e al 2008); termine che non potrà essere rispettato, visto il ritardo che si è accumulato nell‟attività di presentazione e approvazione dei piani e, ancor prima, nella definizione da parte del Ministero dell‟ambiente dei criteri per l‟elaborazione e attuazione dei piani6. Altri aspetti di mancata attuazione della Legge quadro si ricollegano direttamente al principio di informazione in campo ambientale, nella sua duplice accezione di necessità per la pubblica amministrazione di acquisire dati e informazione per un‟efficace azione di tutela nonché di obbligo per l‟autorità di comunicare al pubblico informazioni chiare, aggiornate e trasparenti sullo stato dell‟ambiente, i fattori che possono pregiudicarlo e le misure attivate per garantirne la tutela. Sotto il primo profilo rileva la mancata istituzione di un Catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili di campi elettrici, 6 Il mancato risanamento degli elettrodotti, delle stazioni e dei sistemi radioelettrici, degli impianti per telefonia mobile e degli impianti per radiodiffusione, secondo le prescrizioni del piano, dovuto ad inerzia o inadempienza del gestore, oltre all‟irrogazione di sanzioni pecuniarie, determina la disattivazione dell‟impianto per un periodo fino a sei mesi, dovendosi in ogni caso garantire i diritti degli utenti all‟erogazione del servizio di pubblica utilità. La disattivazione è disposta (art. 9, comma 6): a) per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, dal Ministro dell‟ambiente; b) per gli elettrodotti con tensione inferiore ai 150 kV e per i sistemi radioelettrici (escluse le categorie di impianti di cui alla lettera successiva), dal Presidente della Giunta regionale; c) in caso di impianti per telefonia mobile e per radiodiffusione e degli impianti per telefonia fissa nonché delle stazioni radioelettriche per trasmissione di dati, del Ministro delle comunicazioni che assicura l‟uniforme applicazione della disciplina sul territorio nazionale. In relazione a quest‟ultimo aspetto, va segnalato il potere di cui è titolare il Dipartimento comunicazione del Ministero dello sviluppo economico di disporre, su impulso delle Regioni, la delocalizzazione degli impianti radiotelevisivi che superano i limiti di esposizione (art. 28, d.lgs. n. 177 del 2005). Il trasferimento avviene a spese del titolare dell‟impianto in uno dei siti previsti dal Piano nazionale di assegnazione delle frequenze. Tale Piano, approvato dall‟Autorità per le garanzie nelle comunicazioni fissa il numero delle reti e dei programmi irradiabili in ambito nazionale e locale, indicando le diverse postazioni di emissione (art. 2 della l. n. 249 del 1997; art. 42 d.lgs. n. 177 del 2005). 266 magnetici ed elettromagnetici che dovrebbe operare, in coordinamento con i catasti regionali, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell‟ambiente. Per quanto attiene l‟informazione al pubblico, l‟art. 12 della Legge quadro prevede l‟emanazione di un decreto del Ministro dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che stabilisca le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire agli utenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, mediante apposite etichettature o schede informative. Le informazioni devono riguardare, in particolare, i livelli di esposizione prodotti dall‟apparecchio o dal dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata per ridurre l‟esposizione al campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico e le principali prescrizioni di sicurezza. Con lo stesso decreto sono individuate le tipologie di apparecchi e dispositivi per i quali non vi è emissione di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, o per i quali tali emissioni sono da ritenersi cosi basse da non richiedere alcuna precauzione. Tale decreto non è mai stato emanato e ciò è particolarmente indicativo di come la comunicazione del rischio e l‟individuazione del rischio “accettabile” al fine di adottare misure precauzionali si influenzino vicendevolmente. Comunicare il rischio è di per sé un‟azione precauzionale (Comunicazione della Commissione del 2 febbraio 2000, in tema di precauzione: “la decisione d’informare l’opinione pubblica sui possibili effetti negativi di un prodotto o di un procedimento possono costituire atti ispirati dal principio di precauzione”), ma non sfugge come la percezione che del rischio ha l‟opinione pubblica influisce sull‟attività di determinazione del rischio accettabile che spetta al potere politico, e, di conseguenza, sulla scelta delle ulteriori misure cautelari da intraprendere per gestire il rischio7 (su questi temi infra, §3). 7 Sotto il profilo dell‟informazione al pubblico vanno rammentati i decreti legislativi n. 194 del 2007 e n. 269 del 2001 sulla conformità e sulla compatibilità elettromagnetica dei prodotti, con l‟avvertenza, già segnalata, che l‟interesse primario che essi tutelano è la libera circolazione delle merci, per cui le informazioni imposte al produttore (o a colui che immette in commercio il dispositivo) riguardano essenzialmente il corretto utilizzo dell‟apparecchio. 267 1.2.La distribuzione di competenze tra i diversi livelli di governo Uno degli aspetti più qualificanti dell‟attuale produzione giuridica è costituita dalla risposta alla sfida lanciata dalla revisione del Titolo V, Parte II della Costituzione sulle autonomie territoriali (l.cost. n. 3 del 2001); la scommessa è quella di realizzare un reale modello di “pluralismo istituzionale paritario”8, connotato da un‟innovazione qualitativa della legislazione regionale e un incremento di efficienza dell‟amministrazione locale. La disciplina della tutela dalle onde elettromagnetiche ha costituito uno dei primi banchi di prova della riforma costituzionale, almeno sotto due profili: a) riparto di potestà legislativa tra Stato e Regioni alla luce del “rebus” delle materie di cui all‟art. 117 Cost.9; b) riconoscimento e delimitazione del potere regolamentare dei Comuni (artt. 114 e 117, comma VI, Cost.). In ordine al primo aspetto, la Corte costituzionale, nell‟ambito del contenzioso tra Stato e Regioni successivo alla modifica del Titolo V, ha avuto modo di definire i limiti del potere delle Regioni di fissare criteri localizzativi, standard urbanistici e prescrizioni per gli impianti che producono campi elettromagnetici. Anzitutto, le Regioni non possono stabilire valori-soglia più rigorosi di quelli statali, poiché questi ultimi costituiscono “il punto di equilibrio tra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche e di realizzare impianti necessari al Paese”, che spetta allo Stato individuare. Per quanto attiene, diversamente, ai criteri localizzativi e standard urbanistici, le Regioni devono intervenire nel rispetto delle esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non devono introdurre misure che, nel merito, siano tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l‟insediamento delle infrastrutture di comunicazione o energetiche (Corte cost., sent. n. 307 del 2003; vedi 8 L‟espressione è di M. CAMMELLI, Amministrazione (e interpreti) davanti al nuovo Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2001, 1274; ID., I raccordi tra livelli istituzionali, in Le istituzioni del federalismo, 2001, 1079 ss. 9 Su cui si consenta il rinvio a A. BORZÌ, I nomina delle “materie” nella giurisprudenza costituzionale: spunti ricostruttivi, in G. VERDE – S. PAJNO (a cura di), Studi sulle fonti del diritto, Milano, Giuffré, 2010, 17 e ss. 268 anche sent. n. 103 del 2006). In altri termini, i criteri localizzativi per essere legittimi non devono trasformarsi in “limitazioni alla localizzazione”, ossia impedire, di fatto, la localizzazione degli impianti (come nel caso della previsione di distanze minime anche in luoghi molto urbanizzati), ma devono consentire una sempre possibile localizzazione alternativa (come nel caso del divieto di installazione in corrispondenza di aree sensibili come ospedali o asili, Corte cost., sent. n. 331 del 2003, ovvero in aree limitate del territorio, Corte cost., sent. n. 303 del 2007). La legislazione regionale sul punto è molto eterogenea e non mancano i divieti di localizzazione che interessano edifici scolastici e sanitari (in alcuni casi sono fatte salve piccole antenne, l.r, Lombardia, 11 maggio 2001, n. 11, art. 4) immobili di interesse storico e culturale (in alcuni casi è prevista l‟approvazione della Soprintendenza, l.r. Friuli–Venezia Giulia, 16 dicembre 2004, n. 28, art. 8), i parchi urbani e finanche le aree destinate ad attrezzature sportive (es. l.r. Emilia-Romagna 32 ottobre 2000, n. 30, art. 4; l.r. Marche 13 Novembre 2001, n. 25, art. 7). La maggior parte delle attribuzioni di Comuni e Province sono disciplinate dalla legislazione regionale; l‟art. 8 della Legge quadro, infatti, conferisce alle Regioni il potere di definire, nell‟ambito delle proprie attribuzioni, le competenze che spettano alle amministrazioni locali; così alcune Regioni affidano alle Province il compito di approvare il Piano di risanamento degli elettrodotti (es. Abruzzo, Emilia-Romagna, Piemonte) o di pianificare la localizzazione degli impianti di radiodiffusione (es. Abruzzo, Emilia-Romagna). La legge quadro fa espresso riferimento alle amministrazioni provinciali e comunali in tema di vigilanza e controllo e all‟art. 8, comma 6, attribuisce al Comune il potere di adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l‟esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. La giurisprudenza ha chiarito i limiti del potere regolamentare dell‟ente locale. In generale il Comune non può porsi come obiettivo (anche se non dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell‟atto 269 regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente Stato-Regioni (Cons.Stato, sent. 6 settembre 2010, sez. VI, n. 6473; Id., sent. 24 settembre 2010, sez. VI, n. 7128). Seguendo tale impostazione, all‟ente locale è stata riconosciuta la possibilità di introdurre, sotto il profilo urbanistico, regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggisticoambientale o storico-artistico, ovvero, per quanto riguarda la minimizzazione dell‟esposizione ai campi elettromagnetici, di individuare di siti che per destinazione d‟uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche (Cons.Stato, 3 marzo 2010, sez. VI, n. 1017). Per lo stesso ordine di motivi, il Comune non può introdurre limitazioni e divieti generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee, né distanze fisse, da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, quando tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità dei detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dall‟esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici (Tar Lombardia-Milano, sent. 22 aprile 2011, sez. II, n. 1043; Tar Toscana, sent. 17 febbraio 2011, sez. II, n. 335; Id., sent. 14 febbraio 2011, sez. II, n. 299; Cons. Stato, sent. 15 luglio 2010, sez. VI, n. 4557; Id., sent. 2 novembre 2007, sez. VI, n. 5673; Id., sent. 14 febbraio 2005, sez. V, n. 450)10. 10 In alcune Regioni (es. Abruzzo, Emilia-Romagna, Liguria, Molise, Piemonte, Toscana) è fatto obbligo al gestore telefonico di comunicare al Comune, con cadenza annuale, il proprio programma di sviluppo della rete. La previsione di tale strumento, ad avviso della giurisprudenza, non è illegittima in sé, “in quanto risponde a criteri di razionalità dell’azione amministrativa l’esigenza di introdurre criteri minimi di conoscenza preventiva e di pianificazione dell’installazione degli impianti al fine di orientare l’attività amministrativa di controllo preventivo urbanistico edilizio, nonché ambientale, in merito all’assentibilità delle installazioni delle stazioni radio base”, ma finisce per contrastare con i principi fondamentali di celerità e semplificazione amministrativa, espressi dal Codice delle comunicazioni elettroniche, se al gestore non è consentito aggiornare il programma nel corso dell‟anno (vedi T.a.r. Toscana, sent. 26 luglio 2006, n. 3236; vedi Corte cost., sent. n. 303 del 2007 sul Piano comunale previsto dalla l.r. Friuli – Venezia Giulia n. 28 del 2004). 270 1.3.Tutela dai campi elettromagnetici e semplificazione amministrativa Altra questione cruciale del diritto dell‟ambiente è costituita dalla rapporto tra l‟esigenza di tutelare efficacemente l‟ecosistema e l‟opportunità di introdurre moduli di semplificazione procedimentale per promuovere altri interessi costituzionalmente tutelati, quali la libertà di iniziativa economica o la libertà di comunicazione, nel caso di impianti di telefonia o di diffusione di altri media. In linea generale il nostro ordinamento considera l‟ambiente un interesse “sensibile”, meritevole di una tutela rafforzata: la legge generale sul procedimento amministrativo (l. n. 241 del 1990) esclude, di regola, l‟applicazione di moduli di semplificazione procedimentale quando la tutela dell‟ambiente viene in gioco nell‟ambito dell‟attività amministrativa11. Nella stessa direzione si muove la giurisprudenza comunitaria che nell‟autorizzazione preventiva e a tempo determinato delle attività impattanti identifica la forma paradigmatica di strumento di tutela dell‟ambiente12. Ciò nondimeno la disciplina giuridica in tema di elettrosmog, proprio per gli interessi costituzionalmente protetti che vengono in gioco, contempla il ricorso a strumenti di semplificazione procedimentale; è il caso del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259 del 2003) che intende garantire i diritti inderogabili di libertà delle persone nell‟uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche (attività definita “di preminente interesse generale”, art. 3)13. 11 Si vedano gli artt. 16, comma 3; 17, comma 2; 19 e 20 della l. n. 241 del 1990; sul punto, per tutti, G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, Giuffré, 1996, vol. II, 1121 e ss. 12 Nell‟ambito degli strumenti di comando e controllo, ad esclusione delle misure di carattere volontario; su questi temi e su una panoramica della normativa di settore vedi S. GRASSI, Procedimenti amministrativi e tutela dell’ambiente, in M.A. SANDULLI, (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, Giuffré, 2010, spec. 1290-1296. 13 La Corte costituzionale nella sent. n. 336 del 2005 ha individuato nelle norme procedimentali che introducono regole di semplificazione amministrativa dei principi fondamentali della materia, in considerazione della pluralità delle esigenze e dei valori di rilevanza costituzionale che vengono in gioco e dell‟esistenza di un preciso vincolo comunitario ad attuare un vasto processo di 271 L‟impianto viene autorizzato previo accertamento, da parte dell‟organo tecnico deputato al controllo - l‟Agenzia regionale per la protezione dell‟ambiente - della compatibilità del progetto presentato con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità14. Il procedimento si caratterizza per la celerità e il ricorso ai seguenti strumenti di semplificazione procedimentale: a) la conferenza di servizi tra tutte le amministrazioni interessate, con approvazione a maggioranza dei presenti che sostituisce, ad ogni effetto, gli atti di competenza delle singole amministrazioni e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori; b) la denuncia di inizio attività per impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt (fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità); c) il silenzio-assenso, decorsi novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, sempre che non sia intervenuto il motivato dissenso di un‟amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico15. liberalizzazione del settore, armonizzando le procedure amministrative ed evitando ritardi nella realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica (p. 12.1. del Considerato in diritto). 14 Sul ruolo dell‟ARPA vedi Cons.Stato, sent. 6 settembre 2010, sez. VI, n. 6473 per cui il deposito del parere preventivo favorevole dell'Arpa non è prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione dell'impianto. 15 Com‟è noto il d.l. n. 40 del 2010, convertito in l. n. 73 del 2010, ha inserito l‟art. 87bis che prevede una denuncia di inizio attività a trenta giorni per caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive; è ancora tutto da valutare l‟impatto dell‟art. 35 del d.l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, in forza del quale “al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi e semplificare la realizzazione di impianti radioelettrici di debole potenza e di ridotte dimensioni, le modifiche degli impianti di cui all'articolo 87 e le procedure semplificate per determinate tipologie di impianti di cui all'articolo 87-bis del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, nonché le procedure per le installazioni di impianti radio per trasmissione punto-punto e punto-multipunto e di impianti radioelettrici per l'accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima in singola antenna inferiore o uguale a 7 watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati, sono soggette a comunicazione all'ente locale e all'organismo competente ad effettuare i controlli di cui all'articolo 4 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, da effettuarsi contestualmente all'attivazione dell'impianto”. 272 La tensione di fondo tra esigenze di tutela e necessità di promuovere lo sviluppo delle infrastrutture di comunicazione (ed energetiche) si rivela in alcuni dubbi interpretativi sorti nella prassi. Si pensi al rapporto con i titoli abilitativi edilizi di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia») e alla legislazione regionale in materia di governo del territorio. Sul punto la giurisprudenza (costituzionale e amministrativa) è ferma nel considerare i procedimenti di cui al Codice delle comunicazioni elettroniche sostitutivi dei titoli edilizi, con ciò escludendo che possa imporsi un ulteriore iter procedimentale per ottenere il permesso di costruire giacché verrebbero di fatto vanificati i principi ispiratori del Codice delle comunicazioni elettroniche, in particolare quelli della previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione e della riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti, nonché della regolazione uniforme dei medesimi (Corte cost., sent. n. 129 del 2006 e ord. n. 203 del 2006; Cons.Stato, sent. 15 luglio 2010, sez. VI, n. 4557; Cons.Stato, sent. 12 gennaio 2011, sez. VI, n. 98; Tar Sicilia-Palermo, sent. 2 febbraio 2011, sez. II, n. 194). Più di recente si è posta la questione se la dichiarazione di inizio attività, prevista dagli artt. 87 e 87bis del Codice, dovesse lasciare spazio alla SCIA, la segnalazione certificata di inizio attività, introdotta in sostituzione della DIA dall‟art. 49, comma 4bis del d.l. n. 78 del 2010, convertito nella l. n. 122 del 201016. Sul punto la giurisprudenza è orientata nel senso di valorizzare il carattere di specialità delle norme del d.lgs. n. 259 del 2003 rispetto alle previsioni edilizie, evidenziando, ancora una volta, “la sostanziale esigenza di semplificazione” sottesa alla disciplina in tema di comunicazioni elettroniche “che risulterebbe vanificata 16 L‟intervento legislativo ha riguardato, com‟è noto, l‟art. 19 della l. n. 241 del 1990. Più in generale nei primi mesi di vigenza della SCIA ci si è chiesti se la sostituzione automatica riguardasse anche la DIA edilizia (in senso positivo si è espresso il Ministro per la Semplificazione, con la nota P.C.M. del 16 settembre 2010); la questione è stata definitivamente risolta, a favore dell‟effetto sostitutivo, con l‟art. 5 del d.l. n. 70 del 2011, convertito in l. n. 106 del 2011. 273 dall’applicabilità della SCIA” (Tar Lombardia - Milano, sent. 22 giugno 2011, n. 1660)17. Altro aspetto rilevante della disciplina dei procedimenti autorizzatori di impianti che producono emissioni elettromagnetiche è costituito dalla ricorso ad autorizzazioni c.d. uniche o, in ogni caso, produttive di effetti sostitutivi degli atti di competenza delle molteplici amministrazioni coinvolte, a vario titolo, nel procedimento18. Oltre alle previsioni dell‟art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche, in precedenza richiamato, occorre considerare il regime dell‟autorizzazione alla costruzione e all‟esercizio di elettrodotti facenti parte della rete elettrica nazionale. L‟art. 1-sexies del d.l. 29 agosto 2003, n. 239, convertito con modificazioni nella legge 27 ottobre 2003, n. 290 e s.m.i. prevede che la costruzione e l‟esercizio degli elettrodotti, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all‟esercizio degli stessi, siano soggetti ad un‟autorizzazione unica rilasciata dal Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero dell‟ambiente e della tutela del territorio e del mare e previa intesa con la Regione o le Regioni interessate. L‟autorizzazione è unica in quanto sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti e comprende ogni opera o intervento necessari alla risoluzione delle interferenze con altre infrastrutture esistenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture, opere o interventi, in conformità al progetto approvato. L‟autorizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza 17 Si rileva, tuttavia, sul punto che andrebbe indagato non tanto il rapporto tra norme del Codice e norme edilizie, bensì l‟impatto della clausola sostitutiva prevista dall‟art. 49, cit. rispetto alle previsioni codicistiche. 18 Numerosi sono gli esempi nel nostro ordinamento: il provvedimento di approvazione del progetto di bonifica dei siti di interesse nazionale (art. 252 del d.lgs. n. 152 del 2006); l‟autorizzazione per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (art. 208, comma 6, d.lgs. n. 152 del 2006); l‟autorizzazione unica alla costruzione e all‟esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003); l‟autorizzazione alla costruzione e all‟esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore ai 300MW (art. 1, comma 3, d.l. n. 7 del 2002 convertito in l. n. 55 del 2002); il permesso di ricerca e la coltivazione di idrocarburi su terraferma (vedi art. 1, comma 82, l. n. 239 del 2004); l‟autorizzazione integrata ambientale (laddove comprenda l‟autorizzazione ex art. 208 del TUA). 274 ed indifferibilità dei lavori ai fini di un eventuale procedimento espropriativo19 e costituisce variante urbanistica20. Si tratta, come ha avuto modo di sottolineare la Corte costituzionale, di “fattispecie nelle quali alcuni atti espressivi delle scelte urbanistiche dei Comuni cedono dinanzi agli atti finali dei procedimenti adeguatamente partecipati di determinazione dei lavori pubblici di interesse generale” non rilevando alcuna violazione dei principi costituzionali21. La cura degli interessi pubblici perseguiti attraverso moduli procedimentali accelerati e semplificati, quali le c.d. autorizzazioni uniche, giustifica la compressione delle funzioni comunali in materia di governo del territorio – anche di organi elettivi quando trattasi di variante urbanistica – a condizione che venga garantita la partecipazione dell‟ente locale e, quindi, la rappresentazione all‟interno del procedimento dell‟interesse pubblico di cui è portatore. I problemi riconnessi al ricorso alle autorizzazioni uniche attengono al rapporto con le norme generali sul procedimento amministrativo, in particolare quelle sulla conferenza di servizi (art. 14 e ss. della l. n. 241 del 1990), soprattutto con riguardo alle modalità di risoluzione dei conflitti che dovessero insorgere tra le diverse amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento. In linea generale, anche per ciò che concerne la disciplina della conferenza di servizi nell‟ambito di uno specifico procedimento amministrativo, la relazione tra norme generali e previsioni di settore è risolta sulla base del principio di specialità, con la prevalenza delle seconde sulle prime22; quanto alla disciplina del dissenso in conferenza di servizi, in giurisprudenza l‟orientamento prevalente è 19 Vedi l‟art. 12, comma 1, lett. b), del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità»), per cui “La dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta… in ogni caso, quando in base alla normativa vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l'approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti”. 20 Anche in questo caso con riflessi sul procedimento espropriativo, attesa la previsione dell‟art. 9, comma 1 del d.P.R. n. 327 del 2001. 21 Corte cost., sent. n. 6 del 2004, par. 8 del Considerato in diritto. 22 G. PAGLIARI, La Conferenza di servizi, in M.A. SANDULLI, (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, cit., 608. 275 quello di considerare le c.d. autorizzazioni uniche come provvedimenti monostrutturati e, di conseguenza, di inquadrare la conferenza di servizi in termini di conferenza istruttoria23. Se con riferimento a questi temi si dirige lo sguardo ai procedimenti relativi ad impianti che emettono onde elettromagnetiche è possibile svolgere due ordini di considerazioni. Anzitutto la disciplina della conferenza di servizi si discosta, per taluni aspetti, dal modello generale (quale risulta a seguito delle modifiche apportate con l. n. 15 del 2005): a) l‟art. 87, cit. prevede l‟approvazione a maggioranza dei presenti a differenza dell‟art. 14ter, comma 6bis, che fa riferimento alle posizioni “prevalenti” espresse nell‟ambito della conferenza24; b) il medesimo art. 87 prevede l‟approvazione ad opera della conferenza di servizi, mentre le norme generali, almeno sino alla modifiche intervenute con l. n. 122 del 2010, contemplavano un ulteriore atto 23 Sul collegamento tra natura della conferenza e disciplina del dissenso, nel senso che le norme sul dissenso trovano applicazione unicamente per la conferenza decisoria vedi Cons. Stato, ord. 6 marzo 2001, sez. VI, n. 1529. Sulla conferenza di servizi nell‟ambito delle autorizzazioni uniche: S. BELTRAME, La partecipazione del Comune alla conferenza di servizi, ex art. 27 D.Lgs. 22/1997: profili strutturali e funzionali, in Riv. giur. amb., 2001, 652 e ss nonché Tar Toscana, sent. 13 luglio 2007, n. 2045 per l‟autorizzazione relativa ad impianti di smaltimento e recupero di rifiuti; Cons. Stato, sent. 4 giugno 2004, sez. VI, n. 3502; Tar Campania-Salerno, sent. 19 dicembre 2006, sez. I, n. 2233; Tar Puglia-Bari, sent. 24 settembre 2009, sez. I, n. 2102 per l‟autorizzazione unica alla costruzione di impianti di produzione di energia elettrica con potenza superiore ai 300MW termici; Tar Campania-Napoli, sent. 15 gennaio 2010, sez. VII, n. 157; Cons. Stato, sent. 17 gennaio 2011, sez. V, n. 200 nonché M. BORGO, Parere reso in via ordinaria del 23 marzo 2009, prot. 94151 – disciplina del dissenso in materia di autorizzazione per la costruzione e manutenzione di impianti alimentati a fonti rinnovabili, in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato, 1/2010, 215 per l‟autorizzazione unica di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In analoga direzione si è mosso il legislatore ambientale con il decreto correttivo sulla VIA, d.lgs. n. 128 del 2010, laddove ha qualificato espressamente la conferenza di servizi come “istruttoria” e ha introdotto all‟art. 25 del d.lgs. n. 152 del 2006, il comma 3-bis che abilita l‟autorità competente a provvedere secondo quanto stabilito dal successivo art. 26 qualora le amministrazioni invitate in conferenza non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio dissenso. 24 Non è un unicum in campo ambientale: vedi l‟art. 242, d.lgs. n. 152 del 2006, in tema di bonifica dei siti contaminati, nonché l‟art. 208, d.lgs. n. 152 del 2006, relativo agli impianti di recupero e smaltimento di rifiuti (la regola della maggioranza è stata tenuta ferma anche dal recente d.lgs. n. 205 del 2010, successivo alla l. n. 122 del 2010). 276 dell‟amministrazione procedente conforme al verbale di conferenza25. Ciò che preme sottolineare è, ad ogni modo, la previsione di specifiche modalità di superamento del dissenso tra amministrazioni coinvolte nel procedimento, sia mediante il rinvio alle norme generali (è il caso dell‟art. 87, cit., commi 7 e 8) sia attraverso soluzioni più originali, quale l‟indizione di un apposito comitato interistituzionale qualora non si arrivi alla definizione dell‟intesa con la Regione o le Regioni interessate per il rilascio dell'autorizzazione relativa agli elettrodotti della rete nazionale (art. 1sexies, comma 4bis, d.l. n. 239 del 2003, convertito in l. n. 290 del 2003)26. 2. L‟inquinamento elettromagnetico e i due principi cardine del diritto dell‟ambiente: sviluppo sostenibile e precauzione Il tema di questo convegno richiama con forza le riflessioni dei giuristi sul ruolo dei principi per la costruzione del diritto dell‟ambiente27. 25 Su questo tema, per un esame della giurisprudenza, vedi M. SANTINI, Note sparse sulla giurisprudenza in tema di conferenza di servizi, in Urbanistica e appalti, 1/2008, 20 e ss. 26 Ove non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa si provvede all'autorizzazione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione o delle Regioni interessate, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. 27 Su questo tema S. GRASSI, Ambiti della responsabilità e della solidarietà intergenerazionale: tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile, relazione tenuta nel corso del Convegno di Parma, 1° dicembre 2006, R. BIFULCO – A. D‟ALOIA, Un diritto per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, 2008, Napoli, Jovene. Nell‟ambito della vasta letteratura sui principi in materia ambientale si vedano: S. GRASSI, Principi costituzionali e comunitari per la tutela dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, Giuffré, 1996, 907 e ss.; ID., voce Tutela dell’ambiente (diritto amministrativo), Enc. dir., Annali, I, Milano, Giuffré, 2007, 1114 e ss.; M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Milano, Giuffré, 2001; ID., La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto dell’ambiente”, in Federalismi.it, n. 25/2006; P. DELL‟ANNO, Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, Giuffré, 2004; D. AMIRANTE, La forza normativa dei principi: il contributo del diritto ambientale alla teoria generale, Padova, CEDAM, 2006; M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come sistema complesso, adattativo, comune, Torino, Giappichelli, 2007; G. DI PLINO – P. FIMIANI (a cura di), Principi di diritto ambientale, Milano, Giuffré, 2008. 277 Vengono in particolare rilievo il principio dello sviluppo sostenibile e il principio di precauzione, che attenta dottrina non ha esitato a inquadrare come i due capisaldi della politica ambientale dell‟Unione europea28. Tutti i problemi della disciplina giuridica dell‟elettromagnetismo a cui si è fatto rapido cenno nei precedenti paragrafi, costituiscono manifestazione della tensione di fondo che esiste tra la necessità di promuovere lo sviluppo economico e l‟esigenza irrinunciabile di salvaguardare le risorse naturali e l‟ambiente. La dottrina dello sviluppo sostenibile nasce agli inizi degli anni ‟7029, ma le più significative formulazioni si rinvengono, nell‟ordinamento internazionale, nel Rapporto Brundtland del 1987 (“lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”) e nella Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 (principio n. 3: “Il diritto allo sviluppo deve essere perseguito in modo tale da soddisfare in egual misura i bisogni di sviluppo e ambientali sia delle attuali generazioni che di quelle future” e principio n. 4: “Per raggiungere lo sviluppo sostenibile, la protezione ambientale dovrebbe costituire una parte integrante del processo di sviluppo e non dovrebbe essere considerata in modo disgiunto da esso”)30. In ambito comunitario, l‟art. 3 del Trattato sull‟Unione Europea prevede tra le finalità dell‟Unione quella di adoperarsi “per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente” 31. Funzionale a questi 28 G. CORSO, La valutazione del rischio ambientale, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, Giappichelli, Torino, 2011, 168. L‟autore cita il principio di integrazione, che costituisce, come verrà messo in evidenza infra, la versione “procedurale” del principio di sviluppo sostenibile. 29 Vedi la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 sull‟ambiente umano, in particolare il principio n. 5 (“Le risorse non rinnovabili della Terra devono essere utilizzate in modo da evitarne l'esaurimento futuro e da assicurare che i benefici del loro sfruttamento siano condivisi da tutta l'umanità”). 30 Nonché nella Dichiarazione di Johannesburg del 2002; per un quadro di sintesi vedu V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e diritto interno, in Riv. giur. amb., 2002, 209 e ss.; A. FODELLA, Il vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, ivi, 2003, 385 e ss. 31 Occorre rammentare in precedenza il V Programma d‟azione “Per uno sviluppo durevole e sostenibile” (con il celebre slogan “Non mangiamo il frumento necessario per garantire il raccolto 278 obiettivi è il principio di integrazione, per cui “le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile” (art. 11 del Trattato sul funzionamento dell‟UE, già art. 6 del Trattato UE); sempre in termini di integrazione è declinata la “tutela dell‟ambiente” dalla Carta dei diritti fondamentali dell‟UE (Nizza, 2000): “Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile” (art. 37)32. Quanto all‟ordinamento italiano, la centralità del tema è resa plastica dall‟inserimento tra le prime disposizioni del “Codice dell‟ambiente”, dell‟art. 3quater, rubricato “Principio dello sviluppo sostenibile”33. Il primo comma richiama il collegamento tra sviluppo sostenibile ed equità intergenerazionale e restitusice una visione dell‟ambiente come fonte di responsabilità diffusa da costruire in termini di doveri di solidarietà34: “Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”. Per comprendere il reale significato del principio di sviluppo sostenibile occorre guardare al secondo comma, per cui “l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio dell’anno prossimo”); nel 1997 con il Trattato di Amsterdam viene inserito nel Trattato sull‟Unione Europea il riferimento a “uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche” (art. 2). 32 Vedi inoltre il riferimento allo sviluppo socioeconomico contenuto nell‟art. 191, par. 3 del TFUE. Sostiene la tesi che si debba parlare più che di diritto dell‟ambiente di diritto dello sviluppo sostenibile F. FRACCHIA, Il principio dello sviluppo sostenibile, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, cit., 175. 33 Allo sviluppo sostenibile si fa riferimento anche in altre disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006: l‟art. 4, comma 3; l‟art. 34, l‟art. 55; l‟art. 77. 34 S. GRASSI, Ambiti della responsabilità e della solidarietà intergenerazionale, cit., par. 2. 279 culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. La “prioritaria considerazione” di cui parla l‟art. 3quater non va intesa in termini assiologici; predicare l‟esistenza dell‟ambiente come “super-valore” che si impone su tutti gli altri costituirebbe in radice la negazione della ricostruzione dell‟ambiente come “valore costituzionale” operata dalla Corte costituzionale; i valori costituzionali costituiscono gli obiettivi primari dell‟azione dei pubblici poteri, tali da qualificare un ordinamento e che, tuttavia, vanno perseguiti attraverso un‟opera di costante bilanciamento con altri valori e interessi che trovano in egual misura riconoscimento nella Carta costituzionale (quale, ad esempio, l‟iniziativa economica privata)35. Cosa sia la primarietà dell‟ambiente lo ha chiarito la Corte costituzionale nella sent. n. 196 del 2004: essa “non legittima un primato assoluto in una ipotetica scala gerarchica dei valori costituzionali, ma origina la necessità che essi debbano sempre essere presi in considerazione nei concreti bilanciamenti operati dal legislatore ordinario e dalle pubbliche amministrazioni; in altri termini, la “primarietà” degli interessi che assurgono alla qualifica di “valori costituzionali” non può che implicare l’esigenza di una compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi decisionali all’interno dei quali si esprime la discrezionalità delle scelte politiche o amministrative” (p. 23 del Considerato in diritto); il riconoscimento della “primarietà” dell‟ambiente si attua considerando le variabili ambientali di ogni azione pubblica ossia, per dirla col legislatore comunitario, attraverso l‟integrazione della tutela dell‟ambiente in tutte le altre politiche pubbliche. In questa prospettiva, assumono estrema importanza le procedure per la produzione di norme o atti amministrativi relativi ad attività umane idonee a produrre effetti sull‟ambiente; in tale preminente ruolo delle procedure si coglie un profondo punto di contatto tra il principio 35 Su questi temi e la giurisprudenza costituzionale si vedano S. GRASSI, Principi costituzionali e comunitari per la tutela dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, Giuffré, 1996, 907 e ss., B. CARAVITA, Il diritto costituzionale dell’ambiente, in S. NESPOR – A. L. DE CESARIS, Codice dell’ambiente, Milano, Giuffré, 2003, 90 e ss.; M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, cit.; G. D‟ALFONSO, La tutela dell’ambiente quale valore costituzionale primario prima e dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in F. LUCARELLI (a cura di), Ambiente, territorio e beni culturali nella giurisprudenza costituzionale, Napoli, ESI, 2006, 3 e ss. 280 dello sviluppo sostenibile e l‟altro cardine della disciplina giuridica dell‟elettromagnetismo, il principio di precauzione. Nella sua più nota formulazione il principio di precauzione prevede che “l'assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale” (Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992, principio n. 15)36. Come già si è avuto modo di rammentare, il principio di precauzione fa la propria comparsa nell‟ordinamento italiano con la Legge quadro sull‟inquinamento elettromagnetico37; attualmente è espressamente annoverato tra i “principi dell‟azione ambientale” insieme ai principi di prevenzione, di correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all‟ambiente e “chi inquina paga” (art. 3ter, d.lgs. n. 152 del 2006) e l‟art. 301 del d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina l‟ “attuazione del principio di precauzione”, riconoscendo al Ministero dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare il potere di intervenire laddove vi sia un pericolo, anche solo potenziale, per la salute e per l‟ambiente (comma 1), purché si tratti di un rischio “che comunque possa essere individuato a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva” (comma 2). 36 Oltre alla Dichiarazione di Rio si vedano in ambito internazionale: Preambolo della Convenzione sulla diversità biologica (1992); Convenzione sui cambiamenti climatici (1992), art. 3; Convenzione si Parigi per la protezione dell‟ambiente marino per l‟Atlantico Nord-Orientale (1992); Conferenza delle Parti della Convenzione sulla diversità biologica, Protocollo sulla Biosicurezza di Montreal (28 gennaio 2000), art. 10, par. 3; per un‟approfondita analisi si veda S. DI BENEDETTO, La funzione interpretativa del principio di precauzione nel diritto internazionale, in Dir. comm. int., 2/2006, 321 e ss.; in ambito comunitario si vedano: Commissione europea, Comunicazione sul principio di precauzione del 2 febbraio 2000 (COM 1, final); Comitato economico e sociale, Parere sul tema “Il ricorso al principio di precauzione” (nat/065). 12 luglio 2000; Consiglio, risoluzione sul principio di precauzione (Consiglio europeo di Nizza del 2000, conclusioni della Presidenza, allegato III); Regolamento in materia di sicurezza alimentare n. 178/2002; sul tema, F. DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio, Milano, Giuffré, 2005; L. BUTTI, The Precautionary Principle in Environmental Law, Milano, Giuffré, 2007 e di recente, M. CECCHETTI, Principio di precauzione e produzione del diritto pubblico. La funzione normativa di fronte alle sfide del «governo» dell’incertezza scientifica, in G. GUERRA-A. MURATORIO-E. PARIOTTI-M. PICCINNI-D. RUGGIU (a cura di), Forme di responsabilità, regolazione e nanotecnologie, Bologna, Il Mulino, in corso di pubblicazione, 121 e ss. 37 Sul tema, tra i primi, F. MERUSI, Dal fatto incerto alla precauzione: la legge sull’elettrosmog, in Foro amm., 1/2001, 221 e ss. e più di recente F. FONDERICO, Tutela dall’inquinamento elettromagnetico e amministrazione “precauzionale”, in Riv.it.dir.pub.com., 3-4/2004, 907 e ss.; G. COMPORTI, Contenuto e limiti del governo amministrativo dell'inquinamento elettromagnetico alla luce del principio di precauzione, in Riv.giur.amb., 2/2005, 215 e ss. 281 Nel prevedere il ricorso a misure cautelative laddove sussista incertezza scientifica, il principio di precauzione si collega al principio di sviluppo sostenibile almeno sotto due profili: da un lato anticipa la soglia di tutela, riequilibrando il rapporto uomo-natura; dall‟altro, legittima misure che restringono le aspettative delle generazioni presenti per salvaguardare l‟esistenza e i diritti di quelle future38. L‟approccio precauzionale, inquadrato come principio dell‟azione ambientale ex art. 3ter del d.lgs. n. 152 del 2006, costituisce parametro d‟azione sia per la produzione normativa sia per l‟esercizio dell‟attività amministrativa 39. La giurisprudenza amministrativa ha elaborato alcuni canoni dell‟amministrazione “precauzionale”. Anzitutto il principio di precauzione può trovare applicazione unicamente laddove residui al potere amministrativo un ambito di discrezionalità e non già quando la regola cautelare sia stata oggetto di previa definizione normativa40. In secondo luogo, 38 Sul collegamento tra i due principi vedi L. BUFFONI, La “dottrina” dello sviluppo sostenibile e della solidarietà intergenerazionale. Il giusto procedimento di normazione ambientale, in Federalismi.it, 8/2007, 10; G. MANFREDI, Note sull’attuazione del principio di precauzione in diritto pubblico, in Dir.pub., 3/2004, 1091. 39 Parla di “criterio orientativo generale e di larga massima…che deve caratterizzare non soltanto le attività normative, ma prima ancora quelle amministrative” in forza del quale “si costituisce l’obbligo da parte delle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi anche se unicamente potenziali per la salute” Tar Trentino Alto-Adige, sez. Trento, sent. 25 marzo 2010, n. 93; analogamente Tar Piemonte, sent. 3 maggio 2010, n. 2294 per cui “la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente da danni poco conosciuti, anche se solo potenziali”. In realtà il principio di precauzione può essere impiegato anche nell‟opera di interpretazione della norma giuridica propria del giudice, si pensi, ad esempio all‟elaborazione della prima giurisprudenza comunitaria sulla definizione di rifiuto; sul tema sia consentito il rinvio ad A. BORZÌ, La nozione di rifiuto tra applicazione comunitaria e (dis)applicazione interna, in Riv.it.dir.pub.com., 3-4/2004, 759 e ss. 40 Sul punto è netta l‟opinione di G. CORSO, La valutazione del rischio ambientale, cit., 168 per cui il principio opera sul piano delle scelte normative e non su quello dell‟azione amministrativa; collega l‟operatività del principio di precauzione ad un ambito di discrezionalità normativa o amministrativa G. MANFREDI, Note sull’attuazione del principio di precauzione in diritto pubblico, cit., 1098; M. CECCHETTI, Principio di precauzione e produzione del diritto pubblico, cit., par. 3-5 parla di “priorità” della normazione nell‟attuazione del principio; l‟a., inoltre, dà per scontato che il principio di precauzione sia un parametro di legittimità dell‟azione amministrativa (anche per effetto del rinvio ai principi dell‟ordinamento comunitario operato dall‟art. 1, comma 1, della l. n. 241 del 1990) e ritiene che il principio abbia rango costituzionale e, come tale, si imponga al legislatore. La giurisprudenza amministrativa, specie in tema di elettromagnetismo, tende a circoscrivere il potere amministrativo a fronte della predeterminazione legislativa dei limiti di emissione (vedi Cons. Stato, sent. 15 luglio 2010, n. 4557; Tar Trentino Alto-Adige, sez. Trento, 282 l‟applicazione del principio, nella scelta della misura cautelare, deve essere armonizzato con il principio di proporzione 41. Particolare pregnanza assume, infine, l‟obbligo per l‟autorità procedente di svolgere un‟attività istruttoria “ineccepibile”42 e dotare le proprie decisioni di un “apparato motivazionale particolarmente rigoroso”43. Ma è nel campo della produzione normativa che il principio di precauzione può esprimere tutto il suo potenziale di innovazione, per aver segnato il passaggio dalla soggezione alla scienza “certa” al governo della scienza “incerta”44. Come ha sottolineato di recente il giudice amministrativo (Cons. Stato, sent. 12 gennaio 2011, sez. VI, n. 98), il principio di precauzione postula: in via preventiva: a): l‟identificazione dei potenziali rischi; b) una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo sulla base di tutti i dati esistenti, nonché c)la mancanza di una certezza scientifica che permetta di escludere ragionevolmente la presenza dei rischi identificati, e in via applicativa: l‟adozione di puntuali misure (peraltro di carattere solo provvisorio, in attesa di pervenire a un più adeguato grado di conoscenza scientifica) le quali risultino proporzionali rispetto al livello di protezione ricercato ed individuate a seguito sent. 11 giugno 2010, n. 160 e da ultimo Cons. Stato, sent. 12 gennaio 2011, n. 98 sulla compatibilità della disciplina legislativa statale col principio di precauzione); in altri ambiti, la giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità che l‟autorità amministrativa possa “integrare” il dettato normativo in forza del principio di precauzione (è il caso dell‟MTBE che non è previsto tra le sostanze contaminanti le acque sotterranee dal d.lgs. n. 152 del 2006, Tar. Trentino Alto-Adige, sez. Trento, sent. 8 luglio 2010, n. 171). 41 Tar Toscana, sent. 31 agosto 2010, n. 5145; Tar. Campania, sez. Napoli, sent. 2 novembre 2009, n. 6758, Cons. Stato, sent. 9 settembre 2005, n, 4648; esprime dubbi sul carattere innovativo del principio in relazione all‟attività amministrativa F. TRIMARCHI, Principio di precauzione e “qualità” dell’azione normativa, Riv.it.dir.pub.com., 6/2005, 1673 e ss., spec. par. 7. 42 Alla luce delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite tramite organismi di rilievo nazionale o sovranazionale (Corte cost., sent. n. 282 del 2002 e n. 116 del 2006). 43 Oltre a Tar Toscana, sent. n. 5245/2010, cit., Tar Liguria, sez. Genova, sent. 15 ottobre 2010, n. 9501; Tar Valle d‟Aosta, sent. 7 marzo 2011, n. 19; Tar Lombardia, sez. Brescia, sent. 11 marzo 2011, n. 398. 44 In questi termini L. BUFFONI, La “dottrina” dello sviluppo sostenibile e della solidarietà intergenerazionale. Il giusto procedimento di normazione ambientale, cit., 12-13; M. CECCHETTI, Prospettive per una razionalizzazione della “normazione tecnica” a tutela dell’ambiente nell’ordinamento italiano, in S. GRASSI – M. CECCHETTI (a cura di), Governo dell’ambiente e formazione delle norme tecniche, Milano, Giuffré 2006, 49; sui profili di incertezza della scienza vedi M. TALLACCHINI, Ambiente e diritto della scienza incerta, in S. GRASSI – M. CECCHETTI – A. ANDRONIO (a curda di), Ambiente e diritto, I, Firenze, Olschki, 1999, 85. 283 dell‟esame dei vantaggi e degli oneri conseguenti, anche in termini di una analisi economica costi/benefici. La pronuncia dal Consiglio di Stato riprende l‟elaborazione delle istituzioni comunitarie – in particolare la Comunicazione della Commissione del 2 febbraio 200045 – in cui più chiaramente si coglie la “doppia anima” dell‟agire precauzionale, che si articola in un momento, la valutazione del rischio da ricondurre prevalentemente, anche se non esclusivamente46, al dominio della scienza e in una successiva fase, rimessa agli organi politici, che è quella della gestione del rischio. Già questi sintetici richiami alle caratteristiche essenziali della decisione precauzionale, convincono della necessità di forgiare procedimenti (normativi e amministrativi) che da un lato “garantiscano l‟attendibilità dei dati, giudizi e previsioni e che evitino il rischio di un abuso strumentale di proposizioni pseudoscientifiche” e per altro verso “consentano di rendere evidenti le componenti descrittive ed assiologiche della decisione finale, giustificando le scelte, avvalorando i dati e i modelli da considerare attendibili, aggiornando le nozioni obsolete”47. I caratteri di tale “giusto procedimento di normazione cautelare”48, individuati dalla dottrina che più di tutte si è spesa sul tema del rapporto tra principio di precauzione e funzione normativa49, sono essenzialmente i seguenti: a) un‟istruttoria tecnico-scientifica completa, articolata ed aperta, almeno potenzialmente, a tutti i soggetti detentori di dati scientifici e tecnici rilevanti, affidata possibilmente ad organi imparziali e non politici; b) una procedura di valutazione del rischio accettabile e gestione del rischio trasparente ed aperta, in cui sia 45 Vedi retro nota 36. Poiché la fase della valutazione del rischio si articola, a sua volta, nella valutazione scientifica del rischio e nella determinazione del rischio “accettabile” da parte della società, decisione, quest‟ultima, rimessa ad organi politici (Comunicazione della Commissione del 2 febbraio 2000, par. 5). 47 Le citazioni sono di M. TALLACCHINI, Ambiente e diritto della scienza incerta, cit., 91 e 93. 48 L‟espressione è di L. BUFFONI, La “dottrina” dello sviluppo sostenibile e della solidarietà intergenerazionale. Il giusto procedimento di normazione ambientale, cit., 49 M. CECCHETTI, Principio di precauzione e produzione del diritto pubblico, cit. 46 284 garantita la partecipazione degli stackeholder e del pubblico interessato; c) la previsione di appositi meccanismi normativi di adeguamento progressivo e continuo all‟evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche per la revisione delle misure cautelative sulla base dei dati scientifici “disponibili”, onde garantirne sempre l‟adeguatezza, la coerenza e la proporzionalità. Questi, in estrema sintesi, i caratteri del modello astratto. Quale la disciplina delle procedure attualmente vigente? La Legge quadro prevede che i valori di attenzione per la popolazione siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell‟ambiente, di concerto con il Ministro della Salute, sentiti il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell‟inquinamento elettromagnetico di cui al successivo art. 6 e le competenti Commissioni parlamentari, previa intesa in sede di Conferenza unificata prevista dalla l. n. 281 del 1997. Nulla è stabilito circa le modalità di selezione delle opinioni scientifiche o degli esperti o in tema di partecipazione, né vengono imposti oneri di pubblicità durante i lavori preparatori Se si confrontano i caratteri dell‟idealtipo di procedimento di formazione della norma cautelare con la scarna disciplina della l. n. 36 del 200150, ci si avvede di come l‟attuazione del principio di precauzione nell‟ordinamento italiano, e nella materia che ci occupa, presenti ancora potenzialità del tutto inespresse. 50 E‟ necessario menzionare l‟art. 13 della l. n. 241 del 1990 che esclude l‟applicazione delle previsioni sulla partecipazione procedimentale alla formazione degli atti normativi e degli atti amministrativi generali. 285 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 NON MEDICAL IMAGING EXPOSURES: UN NUOVO E VASTO CAMPO DI APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI GIUSTIFICAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DELLA RADIOPROTEZIONE P.Fattibene, C. De Angelis, S. Risica Dipartimento Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299, 00161 Roma e-mail: [email protected] INTRODUZIONE Tra le tante tecnologie emergenti che usano radiazioni ionizzanti rientrano le nuove apparecchiature finalizzate alla sicurezza della popolazione e alla lotta all‟illegalità, quali per esempio gli strumenti per la rivelazione di droghe o armi nascoste nel o sul corpo, la verifica delle merci trasportate o l‟accertamento dell‟età di presunti minori. Elemento in comune a queste apparecchiature è l‟utilizzo di tecnologie di imaging. Queste esposizioni comportano quindi un uso diretto delle radiazioni sulle persone, senza però necessariamente presentare alcun beneficio diretto per la loro salute. Alcune tipologie di queste esposizioni hanno incontrato difficoltà a essere giustificate in molti Paesi, mentre altre in passato sono state considerate, in alcuni casi in modo forse un po‟ forzato, esposizioni medico-legali, ossia “esposizioni eseguite per scopi di assicurazione o legale senza un‟indicazione clinica” e sono state perciò inserite nel campo di applicazione della Direttiva 97/43/Euratom, Medical Exposure Directive, (MED, Commissione Europea, 1997), recepita in Italia dal Dlgs 187/2000 (Repubblica Italiana, 2000). In questi casi, al momento attuale l‟impianto legislativo è quindi quello della radioprotezione del paziente in cui non si applicano i limiti di esposizione per i membri del pubblico né i vincoli di dose. Da più parti negli anni è stata riconosciuta la difficoltà di applicare la filosofia alla base della MED a pratiche determinate da 286 motivazioni legali o di sicurezza invece che cliniche. Il momento attuale, che ha visto la revisione delle raccomandazioni della Commissione internazionale di radioprotezione (ICRP), della Direttiva Europea di base per la radioprotezione e dei Basic Safety Standards della Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA), è stato ritenuto idoneo per una revisione dell‟argomento. Le novità più importanti che possono rappresentare il filo conduttore sono il conio del nuovo termine “non-medical imaging exposures” (NMIE) in sostituzione del vecchio “medico-legal exposures” che appariva non idoneo a descrivere l‟ampio panorama di pratiche coinvolte e l‟inserimento di queste pratiche nella radioprotezione dei membri del pubblico invece che del paziente. In questo lavoro saranno riassunte le principali novità delle raccomandazioni internazionali, con un occhio particolare alla situazione europea e italiana, e alle problematiche che l‟utilizzo di queste procedure pone nella loro applicazione pratica. PROCEDURE DI NON-MEDICAL IMAGING EXPOSURES Per comprendere le difficoltà nella giustificazione e nell‟ottimizzazione delle pratiche che implichino una esposizione deliberata delle persone a fini non medici può essere utile partire da una panoramica di queste procedure. Un elenco completo degli scenari classificabili come procedure NMIE è piuttosto complicato da produrre perché, come è stato già evidenziato, all‟interno di questa categoria rientrano esposizioni e procedure che vanno ben oltre gli scopi legali o assicurativi, evocati dal vecchio termine “medico-legali”. Il numero e tipo di esposizioni che possono essere incluse in questa categoria si è infatti ampliato nel corso degli ultimi anni. Di seguito si riporta un elenco non esaustivo delle procedure che possono essere trattate come NMIE: - - accertamento degli abusi infantili: richiesto in caso di sospetto di percosse, particolarmente nei soggetti di età inferiore ai due anni, allo scopo di evidenziare lesioni fisiche non clinicamente evidenti rivelazione di droghe nascoste dentro il corpo: mirano ad individuare la presenza di sostanze stupefacenti generalmente contenute in ovuli ingeriti dal “corriere”. I metodi di indagine utilizzati in questi casi che prevedono l‟impiego di radiazioni ionizzanti sono la radiografia in 287 - - - - - - bianco o in alcuni casi la TAC e vengono eseguite in ospedale, anche per scongiurare il pericolo di morte per overdose del soggetto in seguito alla rottura delle capsule valutazione delle condizioni fisiche di atleti: sono procedure utilizzate dagli allenatori come strumento di supporto per la definizione di programmi di allenamento, per lo screening, particolarmente negli sport di contatto per escludere stati patologici che potrebbero mettere a rischio l‟atleta, o per l‟analisi delle potenzialità di crescita dei giovani atleti ispezioni dei veicoli ai confini nazionali o nei porti: effettuate essenzialmente per rivelare la presenza di merce trasportata illegalmente, ma possono esporre involontariamente clandestini nascosti dentro i veicoli verifica dello stato di salute dell’individuo a fini occupazionali: tra le indagini mediche che vengono effettuate per valutare l‟idoneità del lavoratore alle specifiche mansioni lavorative assegnate sono talvolta comprese radiografie screening degli immigrati: sono misure preventive per contrastare la diffusione di malattie quali per esempio la radiografia dei polmoni per la tubercolosi determinazione dell’età di bambini e adolescenti: effettuata nei casi di incertezza dell‟età di immigrati o di individui che abbiano commesso crimini e che siano sprovvisti di documenti. La tecnica radiologica più consolidata è la radiografia ossea del polso rivelazione con body scanner di materiale di contrabbando, armi o droghe nascoste sotto i vestiti: rientrano nella lotta alle attività criminali legate al trasporto di questi materiali. Questi stessi dispositivi trovano utilizzo in alcuni Paesi anche nelle ispezioni dei prigionieri o dei visitatori nelle carceri SITUAZIONE LEGISLATIVA La Commissione internazionale di radioprotezione (ICRP) Cronologicamente la prima organizzazione internazionale che ha affrontato una revisione delle esposizioni medico-legali è stata l'ICRP che nella Publication 103 (ICRP, 2007a) nel Cap. 5, Il sistema di protezione radiologica per gli esseri umani, al par. 5.7.2, Esposizioni ingiustificate, stabilisce che “certe esposizioni debbano essere considerate ingiustificate senza ulteriore analisi, fatte salve 288 circostanze eccezionali”1. Queste esposizioni ingiustificate includono gli esami radiologici a fini lavorativi, assicurativi contro le malattie e legali, se eseguiti senza indicazioni cliniche. L‟ICRP non chiarisce quali possano essere le circostanze eccezionali, anche se lascia intuire che l'esposizione potrebbe essere giustificata se l'esame fosse potenzialmente idoneo a fornire informazioni utili sulla salute dell'individuo esaminato (implicando che si faccia una valutazione clinica dell'immagine acquisita) o se fosse di sostegno per importanti indagini criminali. L‟ICRP identifica inoltre, in un‟altra classe di esposizioni, le indagini sanitarie con esposizione alle radiazioni effettuate su gruppi asintomatici della popolazione (i cosiddetti screening preventivi, come ad es. la mammografia di massa). Queste esposizioni sono da considerarsi ingiustificate, a meno che “i benefici previsti per gli individui esaminati o per la popolazione nel suo insieme siano sufficienti a compensare i costi economici e sociali, compreso il detrimento da radiazione.” Nonostante non vi si faccia esplicito riferimento, alcune NMIE (per esempio lo screening degli immigrati per la tubercolosi) potrebbero rientrare in questa categoria. Nel processo di giustificazione in questo caso si dovrebbe “tenere conto del potenziale della procedura di indagine nel diagnosticare malattie, della probabilità di trattamento efficace dei casi diagnosticati e, per certe malattie, dei vantaggi alla comunità derivanti dal controllo della malattia.” L' Unione Europea Dopo diversi anni di lavoro, il 24 febbraio 2010 il Gruppo di esperti ex art.31 del Trattato Euratom ha approvato una bozza di nuova Direttiva Europea di base per la radioprotezione (European Commission, 2010a) mediante la preparazione ed emanazione di un parere (European Commission, 2010b). Ambedue i testi sono disponibili sul sito web della DG Energy della Commissione Europea2. Questa bozza è stata elaborata principalmente a seguito della revisione delle raccomandazioni di base di radioprotezione 1 In questo paragrafo si è fatto uso della traduzione italiana a cura dell‟AIRP della Pubblicazione 103 (ICRP 2007b) 2 http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/article_31_en.htm 289 iniziata nel frattempo da parte dell‟ICRP (ICRP, 2007a). La bozza di nuova Direttiva riunisce in un unico testo le cinque Direttive Euratom pubblicate negli anni 1989 – 2003 (cfr. Risica, 2011), in particolare la Direttiva 96/29/Euratom Basic safety standards (Commissione Europea, 1996) e la Direttiva 97/43/Euratom sull‟esposizione medica (Commissione Europea, 1997). Le esposizioni medico-legali - ora chiamate non-medical imaging exposures - vengono definite e regolamentate al Capo VI, Justification and Regulatory Control of Planned Exposure Situations, art.49, Practices involving the deliberate exposure of humans for non-medical purposes. Quindi questo tipo di esposizioni sono trattate come planned exposure situations e sono state separate completamente dalle esposizioni di tipo medico che sono invece regolamentate al Capo VIII Protection of Patients and other Individuals Submitted to Medical Exposure. L‟articolo 49 prevede innanzitutto l‟obbligo per gli Stati Membri (SM) di assicurare, mediante indagini o qualsiasi altro mezzo appropriato, l‟individuazione delle pratiche che comportano NMIE, tenendo conto di una lista definita nell‟Allegato 16 della bozza di Direttiva. In questo allegato si distinguono due tipi di pratiche: - procedure eseguite da personale medico con apparecchiature radiologiche di tipo medico, per es. valutazioni della salute con esame radiologico per motivi occupazionali o di immigrazione, a scopo assicurativo, per la stima dell‟età, ecc. (chiamate di tipo A) - procedure eseguite da personale non medico con apparecchiature non mediche, per es. uso di radiazioni ionizzanti per rivelare oggetti nascosti o attaccati al corpo, o persone nascoste in occasione di screening di trasporto merci (a cui ci si riferisce comunemente con il termine cargo), ecc. (chiamate di tipo B). L‟art.49 prevede – entrando anche in un significativo dettaglio degli obblighi - ancora che gli SM dedichino particolare attenzione alla giustificazione di entrambe queste pratiche. Una volta che lo SM ha stabilito che una pratica è giustificata deve assicurarsi che: - la pratica stessa sia soggetta ad autorizzazione l‟autorità competente, in collaborazione con le agenzie e gli istituti pertinenti, stabilisca i requisiti per la pratica siano stabiliti vincoli di dose per ciascuna pratica, che devono essere ben al di sotto dei limiti di dose per i membri del pubblico, per quanto 290 - - possibile anche per le esposizioni di tipo A; per le esposizioni di tipo B, invece, i vincoli di dose debbono soddisfare anche le condizioni riportate all‟art.6 (cioè che la somma delle dosi ad una stessa persona da tutte le pratiche autorizzate sia conforme ai limiti di dose) nel caso di esposizioni di tipo A devono essere soddisfatte le condizioni del Capo VIII per la protezione dei pazienti (ad es. ottimizzazione, responsabilità, protezione speciale durante la gravidanza, ecc.) sia richiesto il consenso informato dell‟individuo da esporre, tenendo conto che in certi casi le forze dell‟ordine possono procedere senza il consenso, in conformità con la legislazione nazionale in caso di esposizioni di routine per scopi di sicurezza, siano disponibili tecniche alternative che non comportino esposizione a radiazioni ionizzanti. I due convegni di Dublino Nel descrivere l‟evoluzione della situazione legislativa delle NMIE non si può non citare due workshop promossi dalla Commissione Europea (CE) e svoltisi a Dublino nel 2002 e nel 2009. Già nel 2002 infatti la CE aveva riconosciuto che la filosofia alla base della MED dovesse essere ridiscussa perché non facilmente applicabile a pratiche determinate da motivazioni legali o di sicurezza invece che mediche. La revisione della legislazione europea in tema di radioprotezione iniziata nel 2005 è sembrata, in seguito, una buona opportunità per proporre modifiche all‟impianto legislativo della protezione delle persone deliberatamente esposte a radiazioni ionizzanti per motivazioni non mediche. A questo scopo nel 2009 è stato organizzato un nuovo convegno internazionale per valutare il panorama delle esposizioni medico-legali che dal 2002 era profondamente mutato, complici l‟avanzamento delle tecnologie e l‟attenzione sempre crescente ai temi della sicurezza. Gli atti dei due convegni sono disponibili in rete (European Commission 2003; European Commission 2011) e hanno certamente rappresentato una base di discussione per l‟elaborazione della Direttiva europea. L' Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA) Gli International Basic Safety Standards (BSS) della IAEA sono in fase di revisione. Nell‟ultima versione del documento (IAEA, 2011)) le NMIE sono trattate nell‟art. 3, Planned exposure situations, e 291 specificatamente al par. 3.1 (d) dove tra gli scopi dell‟articolo ci si riferisce a “The use of radiation or radioactive material for medical, industrial, veterinary, agricultural, legal or security purposes, including the use of associated equipment, software or devices where such use could affect exposure to radiation”. Queste esposizioni sono trattate in: - - Requirement 10 dedicato alla Justification (par. 3.18-3.21) dove viene stabilito che sono di norma ingiustificate le NMIE a scopo occupazionale, legale o assicurativo, in assenza di indicazione medica (fatte salve situazioni eccezionali, stabilite dal Governo o dall‟ente regolatore) e le esposizioni per rivelare la detenzione di oggetti nascosti effettuate per contrastare il contrabbando (fatte salve situazioni eccezionali, stabilite dall‟ente regolatore). Possono essere giustificate esclusivamente dal governo le esposizioni per rivelare oggetti nascosti effettuate allo scopo di prevenire atti criminali che potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale, mentre non sono mai giustificate le esposizioni per rivelazione di materiale trafugato. Requirement 18 esplicitamente dedicato a Human imaging using radiation for purposes other than medical diagnosis, medical treatment or biomedical research dove si stabilisce che, nelle situazioni eccezionali in cui una pratica sia stata autorizzata, l‟autorità politica deve garantire che l‟uso di radiazioni ionizzanti per tecniche di imaging per scopi non medici o inerente programmi di ricerca biomedica sia soggetto al sistema di protezione e sicurezza. Inoltre, ai paragrafi 3.64-3.67 l‟Agenzia fa una distinzione tra le procedure di imaging a scopo legale o assicurativo senza indicazione medica, ma condotte da personale medico con attrezzature mediche, e le procedure di imaging a carattere ispettivo utilizzate per la rivelazione di droghe o materiale di contrabbando nascosti o attaccati al corpo e per lo screening del trasposto merci. Nel primo caso (procedure con attrezzature mediche) la persona esposta è di fatto trattato come un paziente, non si applicano i limiti di dose del pubblico e devono essere garantiti i requisiti di ottimizzazione della dose che si applicano alle esposizioni mediche, con la differenza che si definiscono vincoli di dose invece dei livelli diagnostici di riferimento. Nel secondo caso (procedure a scopo ispettivo) la persona esposta è trattata come un membro del pubblico, si applicano i limiti di dose e l‟ottimizzazione è garantita dai vincoli di dose fissati per le esposizioni del pubblico. Infine, l‟Agenzia prevede che gli individui che devono essere sottoposti a ispezioni che prevedono l‟uso di radiazioni ionizzanti 292 siano informati sulla possibilità di richiedere l‟impiego di tecniche di imaging alternative, se disponibili, che non richiedono l‟uso di radiazioni ionizzanti. La legislazione italiana “L'uso diretto sulle persone di una sorgente di radiazioni che non sia riconducibile allo scopo diagnostico, terapeutico o di ricerca scientifica clinica” è vietato dall'art. 98, comma 3 del Dlgs 230/1995 e smi (Repubblica Italiana, 1995), anteriormente a ogni analisi di merito sulla sua "giustificazione" e per quanto piccolo possa essere il valore di dose prodotto. La legislazione italiana, in accordo con la MED, tratta tuttavia le esposizioni medico-legali anche come una sottocategoria delle esposizioni mediche nel Dlgs 187/2000 (Repubblica Italiana, 2000) che costituisce il recepimento della Direttiva 97/43/Euratom (Medical Exposure Directive, MED) (Commissione Europea, 1997) all‟art.1, e sottolinea (art.3 comma 6) che, trattandosi di esposizioni che non comportano “…un beneficio diretto per la salute delle persone esposte, devono essere giustificate in modo particolare …”. Alle procedure medico-legali deve essere applicato il principio di ottimizzazione (art.4) e specificatamente per esse (comma 6), “Particolare attenzione deve essere posta a che la dose… sia mantenuta al livello più basso ragionevolmente ottenibile”. Inoltre, il Dlgs 187/2000 definisce all‟art.5 (Responsabilità) comma 1 che “…le esposizioni mediche - quindi anche le esposizioni medicolegali - sono effettuate dallo specialista su richiesta motivata del prescrivente” (medico) e al comma 4 dello stesso articolo un generico “Le procedure da seguire nel caso di esami medico-legali sono quelle previste nell‟ambito della disciplina vigente in materia”, senza un chiaro riferimento normativo. Gli Stati Uniti Il problema della giustificazione di alcuni tipi di pratiche negli Stati Uniti è stato affrontato fin dalla tragedia dell‟11 settembre 2001. Particolare attenzione è stata rivolta alle procedure di screening delle persone e dei mezzi di trasporto. Il primo ente a occuparsene è stato l‟NCRP (NCRP 2003), a cui hanno fatto seguito raccomandazioni e prese di posizione dell‟ American National Standards Institute 293 (ANSI 2009), della Health Physics Society (HPS 2009) e dello Steering Committee on Radiation Standards (ISCORS 2008). Rimandiamo alla bibliografia per un approfondimento dei pronunciamenti di questi enti. APPROFONDIMENTO: PROCEDURE DI ACCERTAMENTO DELL‟ETÀ E BODY SCANNER Per comprendere quali siano le difficoltà delle applicazioni del principio di giustificazione e ottimizzazione nelle NMIE può essere utile analizzare più a fondo alcune procedure, prendendone ad esempio due di cui si sono occupati recentemente le cronache: radiografia del polso per l‟accertamento dell‟età di presunti minori e body scanner. Accertamento dell‟età Questo tipo di esposizione può essere effettuato nei casi di incertezza dell‟età di immigrati o di individui che abbiano commesso crimini e che siano sprovvisti di documenti di identità. In entrambi i casi l‟accertamento è necessario perché “se il minore è erroneamente identificato come maggiorenne, possono essere adottati provvedimenti gravemente lesivi dei suoi diritti, quali l'espulsione, il respingimento o il trattenimento in un Centro di permanenza temporanea o di identificazione” o il rinvio a un erroneo Tribunale di competenza (Amato, 2007; Pesarin, 2010). Può anche accadere che l‟accertamento dell‟età sia richiesto dalla persona stessa per poter usufruire di pene meno severe. Poiché tutti i metodi disponibili per la stima dell‟età hanno alte incertezze di misura, la determinazione dell‟età è tipicamente effettuata attraverso un approccio multiparametrico in cui si fa ricorso a misure antropometriche, valutazioni auxologiche, informazioni ricavate direttamente da colloqui e dati iconografici ottenuti da immagini di diagnostica. Tra queste ultime, la radiografia con valutazione dello stadio di sviluppo delle ossa del polso è la più consolidata. Anche la radiografia dell‟osso iliaco e della clavicola, o altre tecniche di diagnostica per immagini di risonanza magnetica nucleare ed ecografia potrebbero in linea di principio essere utilizzate, ma la letteratura iconografica non è considerata sufficiente per una attendibilità del risultato. 294 L‟incertezza complessiva sulla stima dell‟età rimane comunque significativa e nel dubbio vale il principio di presunzione della minore età, come previsto dalla normativa vigente. La dose efficace della radiografia del polso è stimata in circa 0.01 mSv, ma, usando opportuni schermi, l‟irradiazione è limitata al distretto corporeo mano-polso. L‟incertezza associata all‟età stimata con immagine radiologica è di ± 24 mesi. La radiografia è di solito utilizzata nei protocolli multiparametrici, ma il ricorso a essa deve comunque essere sempre giustificato, proprio perché l‟incertezza associata non è più bassa degli altri metodi. In Europa 13 Paesi hanno una legislazione specifica riguardo alla determinazione dell‟età, mentre 4 ammettono la radiografia manopolso (SCEP, 2003). In Italia la procedura basata sulla radiografia mano-polso è stata oggetto di un‟interrogazione parlamentare e, in seguito, di un parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità in base a un rapporto predisposto da un Gruppo di lavoro interministeriale istituito nel 2009 (CSS, 2009). Questa pratica sarebbe classificata come tipo A dalla bozza di Direttiva Europea e di tipo medico dalla bozza dei BSS della IAEA. La circolare Amato infatti stabilisce che tutte le procedure utilizzate per la determinazione dell‟età debbano essere eseguite “facendo ricorso, in via prioritaria, a strutture sanitarie pubbliche dotate di reparti pediatrici”. Questo concetto è stato ribadito dal rapporto del Gruppo interministeriale dove si suggerisce inoltre che “tali strutture siano dotate di personale in possesso di competenze radiologiche adeguate allo scopo”. Tuttavia, l‟indicazione della circolare del Ministro Amato di far ricorso alle strutture sanitarie “in via prioritaria” lascia un margine di libertà per l‟esecuzione della procedura anche in strutture non sanitarie. I body scanner Il giorno di Natale del 2009 un tentativo di esplosione (fortunatamente fallito) del volo della compagnia Norhwest Airlines diretto da Amsterdam a Detroit ha riacceso la discussione sulla sicurezza negli aeroporti e sull‟appropriatezza dei sistemi attualmente utilizzati. Il dispositivo che sarebbe dovuto esplodere era infatti una polvere (pentaerythritol tetranitrate, PETN) che 295 l‟attentatore aveva indosso, sotto gli abiti, e che avrebbe dovuto iniettare in un liquido una volta a bordo dell‟aereo. La polvere era passata inosservata nei controlli attuali che prevedono il controllo dei viaggiatori sotto un metal detector e una ricerca manuale a campione da parte degli operatori. Questo incidente ha fatto esplodere in Europa la discussione sull‟opportunità o meno di installare negli aeroporti dispositivi di imaging della persona (cosiddetti body scanner) in grado di rivelare oggetti non metallici. In realtà la discussione negli Usa era già in atto come si intuisce da numerosi documenti antecedenti all‟attentato del 2009 (NCRP 2003; Cerra 2006; ISCORS 2008) e la TSA aveva già autorizzato l‟uso dei dispositivi di body scanner dal 2007. Sul mercato attualmente esistono sia sistemi basati sull‟uso delle radiazioni ionizzanti (raggi x) che non ionizzanti (onde millimetriche). Quelli basati sulle radiazioni ionizzanti sono di due categorie: a retrodiffusione e a trasmissione, basati sulla rivelazione della radiazione rispettivamente riflessa o assorbita dai materiali, rivelando quindi la presenza di oggetti o sulla superficie del corpo (o meglio sotto i vestiti) oppure nelle cavità corporee. Stima di dose per le apparecchiature a retrodiffusione La tabella 1 fornisce un riassunto delle dosi determinate in diversi studi per l‟apparecchio a retrodiffusione Rapiscan Secure 1000 Single Pose X-Ray System (Smith, 2000), che al momento presenta le migliori prestazioni. Oltre alla stima della dose efficace individuale per controllo fornita dal produttore e determinata con camera a ionizzazione (Victoreen 4000M+ e Radcal 9015), esistono diverse verifiche sperimentali fatte da diverse istituzioni europee e USA: il John Hopkins University Applied Physics Laboratory e il NIST hanno svolto due analisi basati su misure sperimentali (APL, 2010; Cerra, 2003); l‟Institut de Radioprotection e de Sŭrète Nuclèaire ha simulato (confrontando due algoritmi) la sorgente di radiazione e ha quindi calcolato la dose in aria, da cui ha determinato la dose agli organi e la dose efficace; infine, uno studio sperimentale è stato condotto al PTB (Germania) con camere a ionizzazione e dosimetri elettronici nell‟ambito di un progetto di ricerca su apparecchi di 296 quattro produttori diversi (Hupe e Ankerhold, 2006), dove i nomi dei produttori non sono riferiti, ma tra le caratteristiche tecniche descritte se ne può identificare uno simile al Rapiscan Secure 1000. NIST3 Dose assorbita in aria (Gy) Dose efficace (Sv) 0.02 APL IRSN(a)4 IRSN(b)4 0.03 0.13 0.12 0.19 - 0.05 0.01 5 0.1 0.1 0.03 3 H*(10) (Sv) Hupe and Ankerhold (2006 )4 Produttore4 0.07 Tabella 1. Valori di dose riportati in letteratura per il Rapiscan Secure 1000. Nonostante le significative incertezze associate a queste misure (Hupe and Ankerhold, 2006) e la variabilità delle dosi determinate, è evidente che la dose per singolo controllo è bassa. Tuttavia, esistono almeno due motivi per cui l‟uso dei body scanner basati su radiazioni ionizzanti trova difficoltà a essere giustificato, almeno in Europa: - Il primo motivo chiama in causa il principio ALARA, secondo il quale l‟esposizione alle radiazioni ionizzanti dovrebbe essere evitato quando esistano opzioni equivalenti che non utilizzino radiazioni ionizzanti. Le apparecchiature con onde millimetriche sono un‟alternativa valida ai body scanner a retrodiffusione perché offrono le stesse prestazioni in termini di sensibilità, risoluzione, velocità e costi (Brenner, 2011). - Il secondo motivo riguarda specificamente l‟Italia, perché l‟uso dei body scanner si configura come un uso diretto delle radiazioni sulla persona umana senza finalità terapeutiche o diagnostiche, che, come ricordato sopra, è vietato dal Dlgs 230/1995 e smi (Repubblica Italiana, 1995). Infatti, mentre per alcune pratiche, può sorgere l‟ambiguità se l‟esposizione comporti o no dei benefici anche per la salute della persona esposta (un esempio fra tanti, il caso di esposizioni richieste dal 3 4 Misura sperimentale con camera a ionizzazione Calcolo della dose con modello Montecarlo 297 datore di lavoro per valutare l‟idoneità del lavoratore alla mansione assegnatali), il ricorso a body scanner non lascia evidentemente margini di dubbio. E‟ da notare che lo stesso divieto esiste in altri Stati Membri (Austria, Francia, Germania, Irlanda) come è risultato dalle risposte fornite a un questionario effettuato all‟interno del Gruppo di esperti ex art.31 del Trattato Euratom nel 2010. Stima di dose per le apparecchiature a trasmissione La dose efficace degli apparecchi a trasmissione è dell‟ordine di 5 µSv e quindi significativamente più alta di quella degli apparecchi a riflessione (si veda per es. Hupe and Ankerhold, 2006). L‟NCRP per queste procedure raccomanda un uso limitato, ossia che siano usate con discrezione in termini del numero di individui controllati e di numero di scansioni per individuo all‟anno. Bisogna notare infine che con il termine body scanner o security screening si intendono sistemi disegnati appositamente allo scopo di rivelare contrabbando o armi, e non i sistemi tipicamente usati per la diagnostica in ambito clinico (e quindi che comportano dosi più alte). Attualmente, in Europa, e in particolare in Italia, nei casi in cui sia necessario verificare la presenza di oggetti nelle cavità corporee, la persona sospettata è sottoposta a metodiche di imaging presso strutture sanitarie (Ministero Interno, 2009) e quindi con dosi più alte. In caso, tuttavia, di trasporto di droga dentro il corpo e di sospetti non generici, ma fortemente fondati (perché appurati con altri metodi, per esempio su indicazione di cani antidroga) per i motivi ricordati sopra, la giustificazione potrebbe essere ovvia. ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI Nell‟aggiornare le loro raccomandazioni/direttive l‟ICRP, la CE e la IAEA, pur con qualche piccola differenza, hanno seguito alcune linee comuni, partendo dalle seguenti considerazioni: - Negli ultimi anni sono emerse numerose nuove tecnologie basate sulle radiazioni ionizzanti e finalizzate alla sicurezza della popolazione e alla lotta all‟illegalità che non trovano un contesto appropriato di radioprotezione. Queste procedure infatti si estendono ben oltre lo scopo assicurativo o legale per cui il vecchio approccio basato sulle esposizioni mediche era stato pensato. 298 - - - - - E‟ stato ritenuto opportuno sostituire il vecchio termine “medicolegal” usato per definire questa classe di procedure con il termine “non-medical imaging exposure”. In questo modo si è voluta eliminare ogni ambiguità nella loro classificazione. Queste procedure non saranno perciò più trattate come esposizioni mediche (e quindi disciplinate dalle direttive per la radioprotezione del paziente), ma ricadranno nell‟ambito di applicazione della radioprotezione dei membri del pubblico. Si opera una distinzione, tuttavia, tra le procedure che sono eseguite in strutture cliniche sotto la responsabilità di personale medico e quelle eseguite con strumentazione dedicata allo scopo con personale non medico. Per ogni pratica sarà necessario definire un vincolo di dose che dovrà essere inferiore ai limiti di dose per i membri del pubblico. Quando questi esami sono eseguiti in strutture mediche, i vincoli di dose possono essere inferiori ai livelli diagnostici di riferimento. L‟elemento cruciale rimane la giustificazione della pratica. La definizione del beneficio e del detrimento per la persona esposta e per la società deve essere valutato per ogni singola pratica e dipende fortemente dal contesto e dallo scopo per cui la procedura si è resa necessaria. Da questo breve excursus sulle novità nelle raccomandazioni internazionali e nella direttiva europea riguardo alle esposizioni (ex) medico-legali si può prevedere che nei prossimi mesi anche in Italia si avvierà un‟ampia discussione. L‟auspicio è che si colga questa opportunità per sviluppare un approccio coerente e aggiornato che assicuri una radioprotezione adeguata alle NMIE. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Amato (2007). 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Campanella(*) (*)INAIL, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Area ex ISPESL, Dipartimento Igiene del Lavoro - Laboratorio Radiazioni Ionizzanti Settore per le Verifiche autorizzative ed ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti ed in Risonanza Magnetica INTRODUZIONE Con questo lavoro si intende riflettere sulle problematiche di sicurezza relative alle applicazioni non mediche della Risonanza Magnetica ad oggi conosciute, al fine di porsi l‟interrogativo sulla necessità di uno specifico e moderno apparato normativo dedicato al “rischio correlato alla uso della risonanza magnetica”, prescindendo dal contesto di utilizzo e puntando sempre comunque a preservare la sicurezza di tutti i soggetti coinvolti, in particolar modo gli operatori, magari partendo come modello di riferimento da quello relativo all‟utilizzo nell‟ambito clinico, che è forte di una storia lunga ormai 25 anni, ed è codificato da “standard” ormai consolidati, e che pur tuttavia andrebbero aggiornati, al fine di allineare la norma all‟evoluzione tecnologica. Il progresso scientifico e lo sviluppo tecnologico legato alle applicazioni del fenomeno fisico della Risonanza Magnetica, ha aperto negli ultimi decenni nuovi scenari, e non tutti correlati al settore medico: l‟evoluzione delle metodiche di diagnostica per immagini spinge verso l‟utilizzo di campi magnetici e gradienti di intensità sempre più elevati anche nelle più moderne e sempre più raffinate tecniche di spettroscopia, e in diffusione, attività 302 particolarmente importanti nell‟ambito, per esempio, della ricerca clinica, in particolare per ciò che attiene le neuroscienze. A conferma della sua poliedricità, vale la pena ricordare che la Risonanza Magnetica, prima di trovare ampie applicazioni in medicina, ha sviluppato terreno fertile nel mondo dell‟analisi chimica applicata, nella fattispecie per lo studio delle molecole organiche e delle macromolecole biologiche, la cui struttura complessa ha trovato codifica principalmente attraverso l‟interpretazione proprio degli spettri NMR derivanti da indagini di tipo non distruttivo finalizzati alla caratterizzazione di campioni particolarmente interessanti. Grazie a tale premessa, molteplici sono poi state le applicazioni nella ricerca farmaceutica, nello studio della relazione tra la struttura molecolare delle specialità farmaceutiche e la loro attività biologica, in particolare nei farmaci capaci di interagire nei confronti dei siti attivi dei recettori biomolecolari umani: in questi casi la tecnica NMR consente di investigare circa la reale capacità d‟azione della molecola studiata, permettendo di dare maggiore incisività allo studio ed alla sintesi di nuove strutture molecolari da destinare all‟utilizzo farmacologico. Dalle prime applicazioni dell‟NMR, legate al solo nucleo dell‟idrogeno, nel tempo il numero dei nuclei investigabili è aumentato considerevolmente, ed anche le metodiche sono andate via via raffinandosi, consentendo di ottenere informazioni che, correlate tra loro, forniscono anche indicazioni strutturali multidimensionali. Ovviamente, ciò si associa alla necessità di utilizzare campi magnetici statici e, corrispondentemente, quantitativi di fluidi criogenici, sempre più elevati: oggi si è giunti a tomografi da 23.5 tesla ed oltre 1300 litri di elio liquido. Nonostante, da quanto sopra riportato, è possibile desumere facilmente come l‟evoluzione tecnologica e la diversificazione delle applicazioni abbiano comportato un aumento del livello di rischio connesso all‟utilizzo delle apparecchiature di risonanza magnetica, di fatto in Italia non si è mai normato il rischio specifico nel suo complesso, ma ci si è concentrati semplicemente sull‟ambito più macroscopicamente in evidenza, ovvero quello medico. Tale carenza “storica”, magari un tempo tollerabile, è oggi sfociata, alla luce delle attuali apparecchiature presenti sul mercato, in una lacuna di 303 proporzioni inaccettabili, che diventa tanto più grave quanto più, nei vari contesti di utilizzo, gli operatori sono rappresentati da categorie che, proprio per la loro specifica connotazione, sono individuate, per a stessa impostazione del quadro normativo attuale relativo all‟igiene del lavoro, come meritorie di particolare protezione, ovvero per esempio gli studenti, i specializzandi, i borsisti e i contrattisti in servizio presso strutture sanitarie e struttura di ricerca ove la tomografia RM è usualmente disponibile. Fermo restando quanto sopra esposto, anche nel mondo della medicina le applicazioni della risonanza magnetica, nonostante le indagini siano ancora limitate all‟atomo di idrogeno, richiedono campi statici sempre maggiori, e l‟adozione di magneti superconduttori che, sebbene di 7-9 tesla (e più di 2000 litri di elio liquido), sono ormai orientati, in prospettiva, ad essere utilizzati nella routine diagnostica, di fatto comportando la necessità di gestire in modo ordinario scenari di rischio potenziale anche particolarmente critici e complessi. LE ATTUALI MAGNETICA APPLICAZIONI DELLA RISONANZA Per quanto detto sopra, l‟evoluzione tecnologica ha consentito di allargare il campo di applicazione della tecnica ad ambiti impensabili fino a 20 anni fa, permettendo così di identificare una casistica piuttosto ampia ove riportare gli utilizzi della tomografia a risonanza magnetica. In Italia tale casistica è così schematizzabile: Diagnostica medica e ricerca clinica: attività diagnostica e di ricerca applicata all‟ambito clinico effettuate oggi con circa 1000 apparecchiature con architettura “total body”: circa due terzi sono magneti superconduttori con campo magnetica statico compreso fra 1 e 2 tesla, tra le 40 e le 50 sono le apparecchiature ad alto campo (superiore o uguale a 3 tesla). 304 Spettroscopia NMR: la quasi totalità degli spettrometri sono installati presso Università e Centri di Ricerca, per onorare gli scopi di cui trattasi. Tipicamente, questo genere di spettrometri vanno mediamente da 200 MHZ (4.7 tesla) fino al 900 MHz (21 tesla), ma è disponibile sul mercato anche un tomografo che arriva a 1000 MHz (23.5 tesla). Diagnostica veterinaria: ad oggi sono installati sul territorio nazionale solo magneti “low field”, con conformazione a sandwich, mediamente da 0.2 tesla, simili a quelli per uso umano, o anche proprio gli stessi, dotati però di bobine dedicate alle diverse tipologie di animali esaminati; è pressoché imminente il passaggio ai magneti superconduttori con campi statici che si attesteranno, con molta probabilità, a non meno di 1.5 tesla, come già avviene largamente all‟estero. Diagnosi disposte dalle autorità giudiziarie su soggetti in regime di detenzione: si tratta di esami disposti dall‟autorità giudiziaria sia per un fini medici, legati alla diagnosi di un paziente malato o ferito che necessita di cure, sia non medico allo scopo di verificare la presenza all‟interno del suo corpo di materiale efficacemente segregato (quale droga, preziosi, etc.) tramite involucri in genere inghiottiti, nonché attrezzature da spionaggio (cimici, microspie, dispositivi elettronici, etc.). Lo status giuridico particolare del soggetto esposto ingenera scenari di gestione operativa e di prevenzione del rischio che suggeriscono approcci simili a quelli codificati per la diagnostica medica, ma più stringenti e cautelativi rispetto alla medesima Diagnosi di tipo autoptico (necroscopiche), effettuate nell‟ambito di autopsie, in particolare su cadaveri per i quali si renda necessario stabilire i dettagli che hanno portato alla morte quello specifico soggetto. 305 Diagnosi su reperti archeologici eventualmente al fine di una loro datazione, ovvero esami ad esempio sulle mummie o su resti umani di soggetti, vissuti nell‟antichità, e che sono giunti fino a noi grazie alle tecniche di imbalsamazione o anche all‟ibernazione. Indagini neurofunzionali a scopo commerciale (neuro marketing), ovvero utilizzo della tecnica RM per lo studio del comportamento dell‟uomo “consumatore” con l‟approccio neuro – funzionale, al fine di identificare i meccanismi che inducono la scelta di un prodotto piuttosto che di un altro, così permettendo di analizzare il processo decisionale utilizzato. In questo caso, lo scopo dell‟indagine non è evidentemente di tipo medico, ma è comunque un soggetto umano l‟oggetto della medesima, sebbene per finalità di carattere commerciale, o al più conoscitivocomportamentale. In tutte le applicazioni sopra citate l‟evoluzione delle conoscenze è ancora in fase di forte espansione, molto c‟è ancora da scoprire, e, a seconda del contesto, diversi sono i parametri con i quali rincorrere approcci sempre più spinti, ciò però comportando l‟insorgenza di rischi che crescono e, addirittura, a volte, cambiano a la loro stessa natura in virtù per esempio, dell‟utilizzo di campi sempre maggiori. A titolo di esempio, basti pensare alla forza di frenamento esercitata sulla circolazione del sangue da parte del campo statico, che sembrerebbe diventare significativa, secondo alcuni studi, per valori al di sopra di 5 tesla: un effetto fino ad oggi mai considerato, visto che in Italia l‟utilizzo della diagnostica medica RM si ferma attualmente ai 4 tesla e che risulta ancora in fase di installazione il primo tomografo a 7 tesla., ma che in prospettiva non potrà essere sottovalutato, e con esso tutte le altre eventuali problematiche che, per campi al di sotto dei 3 tesla, hanno un rilievo poco significativo (ad esempio, l‟orientazione delle emazie per i pazienti affetti da anemia falciforme e una controindicazione “storica” i cui effetti sono stati però poi ampiamente dimostrati come incisivi solo al di sopra dei 4 tesla).Lo stesso criterio di identificazione delle condizioni di 306 controindicazione all‟esame va oggi interpretato in modo molto flessibile, secondo uno standard di “job on going” direttamente riferito al singolo paziente, in quanto la scarsa riferibilità e referenza passata in rapporto alle nuove apparecchiature immesse sul mercato non consente di fare sistematicamente previsioni preventive sul giusto comportamento valutativo da osservare. In aggiunta a quanto sopra, bisogna anche considerare che le diverse macro-applicazioni sopra identificate (RM medica, RM veterinaria, e la spettroscopia NMR) non sono assolutamente paragonabili tra loro in quanto a modalità e livelli di esposizione sull‟uomo: nella RM medica abbiamo l‟esposizione sia del paziente e sia dei lavoratori addetti alla gestione dell‟apparecchiatura o comunque in qualche modo autorizzati ad entrare nel locale ove la medesima è collocata, mentre nelle altre due applicazioni l‟essere umano è coinvolto solo in quanto operatore esposto. Nel caso medico, l‟esposizione del paziente, che ha un valore di picco (sia relativamente al campo magnetico statico e sia relativamente ai gradienti propri dell‟apparecchiatura durante l‟erogazione della prestazione diagnostica) ovviamente elevata, è comunque sottoposta al preventivo esercizio del principio di giustificazione da parte del medico responsabile dell‟esame, mentre i lavoratori permangono nelle zone di rischio sulla base delle specifiche mansioni operative e, per lo più, solo nelle fasi di posizionamento del paziente e di fine esame, di fatto venendo esposti al solo rischio da campo magnetico statico (in procedure particolari per lo più eccezionali – alcune tipologie di lavoratori potranno essere esposti anche ai campi variabili della macchina RM e alle radiofrequenze attivi durante l‟esecuzione degli esami, come in alcuni casi di anestesia pediatrica o in RM intraoperatoria in cui può rendersi necessaria l‟assistenza sanitaria all‟interno della sala magnete da parte di alcuni operatori sanitari). I livelli di esposizione occupazionale ai campi magnetici statici tipici della risonanza magnetica sono oggetto della direttiva europea 40/2004, la cui entrata in vigore è stata differita dal 2008 al 2012 proprio per dare tempo ai paesi membri di effettuare studi applicativi finalizzati alla definizione di limiti che, sebbene armonizzati con quelli della Direttiva medesima, consentano, diversamente di questi 307 ultimi, di continuare ad utilizzare la tomografia RM, senza deprimere l‟evoluzione tecnologica ad essa riferita, nel rispetto di una matrice normativa che sia comune a tutti i paesi industrializzati. ANALISI DEI RISCHI Relativamente a tutti gli utilizzi della metodica RM per finalità non mediche fino a questo punto introdotti, emergono una serie di considerazioni che meritano di essere attentamente al fine di proporre delle strategie di valutazione e riduzione del rischio sufficientemente efficaci. 1. RISCHI LEGATI ALLA PRESENZA DI CAMPI ELETTROMAGNETICI Negli ambiti applicativi presi in considerazioni si hanno livelli di esposizione che, per quanto riguarda l‟ambito medico, sono orami ben noti, ma che, in alcuni ulteriori casi, come per esempio l‟NMR nella ricerca scientifica, sono correlati a campi magnetici statici molto maggiori, sebbene particolarmente ristretti ad un‟area strettamente circostante quella dell‟apparecchiatura: il problema è che, ciò nonostante, nelle attività di introduzione del campione, di regolazione del “tuning“, e di “refilling” del criogeno, gli operatori rischiano di rimanere immersi, per un tempo significativo, in un campo magnetico statico significativo, e per il quale si deve rendere necessaria una preventiva analisi dei rischi. 2. RISCHI LEGATI ALLA PRESENZA DI CRIOGENI NEI MAGNETI SUPERCONDUTTORI Per tutte le applicazioni RM non mediche citate, escluso l‟ambito l‟NMR, i quantitativi di fluido criogenico nei magneti superconduttori sono più o meno gli stessi, e analogo risulta di conseguenza il livello di rischio occupazionale correlato. Per le apparecchiature NMR i contenuti di elio liquido variano invece da apparecchiatura ad apparecchiatura, in funzione della 308 potenza caratteristica. Rispetto alle apparecchiature RM, quelle NMR hanno una variabilità di contenuti molto elevata: si va da apparecchiature da 200 MHz (4.7 tesla) che ne contengono poche decine di litri, fino a spettrometri da 1.2 GHz, che ne contiene oltre 1000. A differenza delle più moderne apparecchiature di diagnostica per immagini, gli spettroscopi NMR necessitano poi di refilling continui, con cadenze in molti casi anche molto ravvicinate, in quanto sono caratterizzate da fenomeni di evaporazione dell‟elio che sono fisiologicamente molto più accelerati. GLI USI DELLE TECNICHE A RISONANZA MAGNETICA SULL‟UOMO CONSENTITI IN ITALIA: COSA LA LEGGE NON HA ANCORA NORMATO Ad oggi in Italia, mentre l‟utilizzo delle Radiazioni Ionizzanti è chiaramente legiferato dal decreto 230/1995 e s.m.i., vietando le pratiche non appartenenti agli usi consentiti per legge, e, per quelle relative alle esposizioni mediche, vietando le pratiche non autorizzate dal Ministero della Salute, e radiazioni ionizzanti, e conseguentemente la risonanza magnetica, non gode di analoga formazione. Pertanto, il Regolamento sancito con l‟emanazione del DPR 542/1994 prevede, almeno per l‟ambito medico, un processo autorizzativo ben codificato, e nel quale comunque non rientrano tutte le applicazioni alternative di cui sopra, poiché nessuna si basa sull‟utilizzo di un dispositivo che si definisce “medico” quando caratterizzato da “… qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso l‟eventuale software informatico impiegato, destinato dal fabbricante1 ad essere impiegato sull‟uomo a fini di diagnosi,controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap;di studio, sostituzione diagnosi, controllo, terapia, attenuazione, compensazione di un handicap; studio, 1 la destinazione d’uso serve a valutare la pericolosità del dispositivo (esistono dispositivi il cui grado di rischio varia a seconda delle modalità di utilizzo) 309 sostituzione o modifica dell‟anatomia o di un processo fisiologico; intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l‟azione principale nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi …”. L‟applicabilità di tale definizione al contesto del neuromarketing, è di per sé particolarmente meritoria di riflessione poiché in questo caso, e come peraltro già evidenziato, lo studio di un soggetto umano non si affianca in alcun modo a finalità di carattere diagnostico, sebbene in qualche modo intereressato alla connotazione di quel medesimo soggetto. Il processo autorizzativo esistente oggi in Italia per le apparecchiature di risonanza magnetica , riguarda quindi le sole apparecchiature utilizzate a scopo clinico: quelle dedicate allo studio dei soli arti (settoriali) possono essere installate senza autorizzazione preventiva in quanto utilizzano campi decisamente bassi, quelle di tipo “total body” al di sotto dei 2 tesla necessitano di un‟autorizzazione regionale, quelle con campo magnetico statico superiore a 2 tesla necessitano dell‟autorizzazione del Ministero della Salute (sentito il Consiglio Superiore di Sanità, l‟ISS e l‟INAIL – area ex ISPESL), ma possono essere installate solo presso Istituti di ricerca. CONCLUSIONI In nessuna norma italiana che si occupa di sicurezza in risonanza magnetica viene preso in considerazione un ambito applicativo diverso da quello medico, in quanto le medesime sono state scritte in un‟epoca nella quale gli scenari di largo utilizzo della tecnica RM a contesti diversi da quello clinico non erano così consapevolmente immaginabili. La scelta quindi di codificare gli a spetti di gestione di uno specifico ambito operativo, quello medico appunto, e non il rischio nella sua accezione più generica, rappresenta ad oggi un problema di proporzioni sempre più rilevanti al quale sarebbe necessario dare risposta attraverso la promozione di iniziative di carattere legislativo organiche e complessivamente esaustive capaci, 310 anche per le applicazioni alternative, di codificare un sistema di standard che, per l‟attività di diagnostica medica RM, è rappresentato dagli allegati 1 e 4 del DM 2.8.91 e dagli allegati A e B del DM 8.8.93. Differire ulteriormente questa scelta potrebbe comportare il proliferare di apparecchiature di risonanza magnetica correlate a livelli di rischio non trascurabili e utilizzate all‟interno degli scenari più diversi fra loro, venendo magari gestite da utilizzatori non sempre consapevoli delle implicazioni tecniche e di sicurezza correlate: è in virtù di tutto ciò che il Settore ispettivo in RM dell‟INAIL, Area ex ISPESL, intende promuovere un processo di sensibilizzazione presso il Ministero della Salute in merito al tema di cui trattasi, mettendosi a disposizione del medesimo per condividere un approccio sistematico e moderno che risolva i dubbi sollevati. 311 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 NUOVO ASSETTO DELLE ATTIVITÀ DI ACCREDITAMENTO DEI LABORATORI DI TARATURA, ALLA LUCE DELLE RECENTI VERIFICHE DI COMPETENZA NEL SETTORE RADIAZIONI IONIZZANTI M. Bovi ENEA - Istituto Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti INTRODUZIONE A livello nazionale e internazionale, si pone sempre più diffusamente l‟esigenza di dimostrare in modo oggettivo e con criteri universalmente accettati la veridicità di quanto dichiarato riguardo alle caratteristiche dei prodotti o servizi forniti. La Garanzia della Qualità e la comune riferibilità delle misure sono gli obiettivi da perseguire per soddisfare tali esigenze e a tal fine i diversi organismi internazionali e nazionali, a ciò preposti, hanno identificato l‟insieme dei requisiti (tecnici, procedurali e organizzativi) il cui possesso consente di attuare un Sistema Qualità adeguato per ciascun settore d‟attività. In Italia, per garantire la riferibilità nazionale ed internazionale delle misurazioni effettuate nel Paese, la legge n. 273, 11 agosto 1991, [1-2] ha istituito il Sistema Nazionale di Taratura (SNT) riconoscendo il ruolo di fatto svolto dai tre Istituti Metrologici Primari (IMP): l‟Istituto di Metrologia G. Colonnetti del CNR (IMGC-CNR) per le misure termiche, meccaniche ecc., lì Istituto Elettrotecnico Nazionale G. Ferraris (IEN) per le misure di elettrotecnica, del tempo, ecc., e l‟Istituto di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti dell‟ENEA (INMRI-ENEA) per le misure delle radiazioni ionizzanti. In base alla suddetta legge, gli IMP realizzano, conservano e disseminano i campioni nazionali delle unità di misura del Sistema Internazionale (SI). I due istituti IMGC-CNR ed IEN sono stati successivamente unificati dalla legge n. 137 del 2002 che ha costituito l‟Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM). 312 Di conseguenza, gli IMP in Italia sono attualmente due: INRIM ed INMRI-ENEA operanti nei rispettivi settori di competenza. Sempre in base alla legge 273/91 la disseminazione delle unità di misura realizzate con i campioni nazionali può essere effettuata direttamente dagli IMP o indirettamente tramite i Centri di Taratura con essi convenzionati. A tale scopo gli IMP avevano costituito fin dal 1979 il Servizio di Taratura in Italia (SIT) con lo scopo di garantire la riferibilità ai campioni nazionali dei diversi settori anche tramite centri secondari di taratura accreditati. Il SIT è stato firmatario fin dall‟inizio degli accordi di collaborazione per il riconoscimento internazionale della certificazione emessa dai centri SIT in tutti i Paesi membri dell‟EA (European cooperation for Accreditation) e dell‟ILAC (International Laboratory Accreditation Conference). Dalla istituzione del SNT, gli IMP ed il SIT hanno assicurato nel Paese la disseminazione delle unità SI ed il riconoscimento internazionale della certificazione, seguendo l‟evolversi della normativa internazionale in materia di certificazione, fino a dicembre 2009. Successivamente a tale data, l'Italia si è adeguata al Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 765, del 9 luglio 2008, che dal 1° gennaio 2010 è applicato per l'accreditamento e la vigilanza del mercato in tutti i Paesi UE. In base a questo regolamento, ogni governo europeo ha designato un Ente di accreditamento unico che opera nel Paese senza fini di lucro. L'Ente Nazionale è responsabile per l'accreditamento in conformità agli standard internazionali della serie ISO 17000 e alle guide e alla serie armonizzata delle norme europee EN 45000. In applicazione del suddetto regolamento europeo, il governo italiano ha designato ACCREDIA, associazione senza scopo di lucro nata dalla fusione di SINAL e SINCERT, come Ente Unico Nazionale di Accreditamento ossia l‟unico organismo nazionale autorizzato dallo Stato a svolgere attività di accreditamento [3]. Il nuovo Ente opera con il riconoscimento dello Stato e sotto la vigilanza istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico, nonché delle altre Pubbliche Amministrazioni, secondo le rispettive competenze. Il decreto legge 99/2009 del 22 dicembre 2009 sancisce questo ruolo di ACCREDIA. Il presente lavoro riassume gli accordi internazionali sulla metrologia e sull‟accreditamento e descrive il nuovo assetto delle attività di accreditamento nel Paese. Una attenzione particolare viene posta in particolare al ruolo dell‟ENEA-INMRI nell‟assicurare la riferibilità delle misure e la capacità di misura dei laboratori accreditati da ACCREDIA nel settore delle radiazioni ionizzanti. 2. RIFERIBILITÀ INTERNAZIONALE CONVENZIONE DEL METRO AL MRA 313 DALLA La riferibilità internazionale di una misurazione presuppone che la strumentazione utilizzata sia dotata di un certificato di taratura “riconosciuto”. I certificati di taratura sono universalmente e automaticamente riconosciuti quando rilasciati dal sistema metrologico nazionale di ciascuno dei Paesi aderenti ai vigenti accordi internazionali sulla metrologia e sull‟accreditamento. A tale scopo, ogni Paese sviluppato ha istituito un laboratorio (o una serie di laboratori) avente il compito ufficiale di sviluppare il sistema di riferimento primario nel Paese per la misura di tutte le grandezze d‟interesse. Tali laboratori, denominati Istituto Metrologico Primario Nazionale (IMP), hanno il compito di: sviluppare e realizzare i campioni nazionali di misura, assicurandone l‟evoluzione ai livelli scientifici man mano consentiti; accertare, tramite periodici confronti internazionali, il livello qualitativo ed il riconoscimento internazionale dei campioni nazionali. Nel 1975, 17 Nazioni tra cui l‟Italia hanno siglato la Convenzione del Metro un accordo diplomatico che dà mandato al BIPM (Bureau International des poids et Mesures) al CGPM(Conference Generale des Poids et Mesures) e al CIPM (Commitè International des Poids et Mesures), di agire a livello della Metrologia mondiale per promuovere lo sviluppo di nuovi campioni e per garantire a tutti i Paesi la riferibilità metrologica [4-56-7]. L‟accordo internazionale di mutuo riconoscimento dei campioni nazionali di misura e dei certificati di taratura rilasciati dagli IMP viene firmato soltanto il 14 ottobre 1999, da 39 Stati tra cui l‟Italia, e denotato in sigla come MRA (Mutual Recognition Arrangement) [8]. L‟accordo richiede il rispetto di requisiti tecnici quali la validità dei campioni primari, delle procedure di taratura, dei Sistemi Qualità connessi alle tarature, ecc. Questi requisiti costituiscono il presupposto perché le certificazioni di taratura degli strumenti di misura possano considerarsi equivalenti all‟interno dei Paesi firmatari e soggetti a mutuo riconoscimento. Tale accordo è coordinato dal BIPM (Bureau International des Poids et Mesures) [9] sotto il controllo del CIPM e si basa sulla partecipazione degli IMP a specifici confronti internazionali di misura (key comparison) nonché su verifiche della competenza degli IMP e dell‟applicazione da parte loro di un adeguato sistema di qualità conforme alla norma ISO 17025. Le capacità di taratura (Calibration and Measurement Capabilities, CMCs) riconosciute nell‟ambito del MRA sono pubblicate sul sito del BIPM (http://kcdb.bipm.org/) per ciascun Istituto Metrologico Nazionale. Soltanto i certificati di taratura che gli IMP 314 emettono nell‟ambito del MRA riportano il logo MRA che ne attesta il riconoscimento internazionale (vedi Figura 1) [8-9]. Figura 1 – Esempio di un certificato di taratura emesso dall’Istituto Nazionale di Metrologia delle Radiazioni ionizzanti dell’ENEA (ENEA-INMRI) nell’ambito del MRA con il logo che ne attesta il riconoscimento internazionale. A livello esecutivo la riferibilità al SI è assicurata dall‟effettuazione di un‟ininterrotta catena di tarature (vedi Figura 2) che ha inizio da campioni delle unità di misura SI, riconosciuti a livello nazionale e internazionale, e termina nei campioni di riferimento aziendali attraverso successive tarature aventi ciascuna riferibilità documentata allo stadio precedente della catena e una adeguata valutazione della componente aggiuntiva introdotta nell‟incertezza di misura. ISTITUTO METROLOGICO PRIMARIO CAMPIONE PRIMARIO (u1 ) CAMPIONE DI PRIMA LINEA (u2 ) CENTRO DI TARATURA CAMPIONE DI PRIMA LINEA (u2 ) CAMPIONE DI SECONDA LINEA (u3 ) CAMPIONE DI SECONDA LINEA O DI LAVORO (u3 ) STRUMENTO DA CAMPO (u4 ) STRUMENTO DA CAMPO (u4 ) CAMPIONE AZIENDALE (u3) AZIENDA CAMPIONE AZIENDALE (u3 ) STRUMENTO DA CAMPO (u5 ) u1 < u2 < u3 < u4 < u5 rappresentano le incertezze tipo composte associate ai fattore di taratura determinati nei successivi stadi della catena di taratura Figura 2 – Schema di una catena ininterrotta di riferibilità (catena di taratura) dal campione di misura nazionale (campione primario) al laboratorio di taratura accreditato (centro di taratura) e verso l’utente finale (azienda). Ogni successivo stadio della catena introduce una componente di incertezza (ui) aggiuntiva all’incertezza finale delle misurazioni eseguite. 315 Lo schema della riferibilità accettata in Europa (e nel mondo) prevede un sistema di misura nazionale costituito da uno o più IMP, i quali forniscono una base metrologica comune per le attività di taratura nel Paese, e da un sistema di accreditamento di laboratori di taratura. Tale sistema è schematizzato in Figura 3: gli IMP collaborano in ambito EURAMET “European Association of National Metrology Institutes”, mentre i Laboratori di taratura collaborano in ambito EA. L‟EA coordina gli organismi di accreditamento dei laboratori di prova e di taratura e degli organismi di certificazione. Lo scopo dell‟EA è quello di raggiungere un approccio uniforme all‟accreditamento in Europa per avere certificati di taratura e rapporti di prova mutuamente accettati a livello europeo per tali motivi nel 1989 viene siglato dagli Istituti Metrologici Nazionali appartenenti all‟EA, tra cui il SIT per l‟Italia, il primo accordo MLA (Multi Lateral Agreemen). A livello mondiale, gli IMP collaborano in ambito BIPM e gli organismi di accreditamento dei laboratori di taratura collaborano in ambito ILAC. Lo scopo della ILAC è quello di gestire e di sviluppare la cooperazione per garantire l‟abbattimento degli ostacoli tecnici al commercio a livello mondiale e l‟accettazione internazionale dei risultati delle prove formalizzata. Ad essa aderiscono Figura 3 Schema della referibilità applicato in Europa per l‟Europa EA, per i paesi intorno al Pacifico APLAC (Asia Pacific Laboratory Accreditation Cooperation) ed infine per i paesi Canada, Messico ed USA la NACC (North Americam Calibration Cooperation). Un requisito fondamentale per il mantenimento di tale riconoscimento è la partecipazione dei Centri di Taratura a confronti internazionali di misure che vengono organizzati in tali ambiti per la verifica dell‟equivalenza tecnica dei servizi di taratura e dei certificati di taratura 316 emessi dai laboratori accreditati dagli organismi membri dell‟EA e dell‟ILAC. Tutti gli accordi internazionali sopra descritti scaturiscono dall‟esigenza di dare mutuo riconoscimento non solo nazionale ma anche internazionale ai Sistemi Qualità operanti nei diversi settori produttivi e dei servizi. Questi settori includono naturalmente anche quelli relativi all‟impiego delle radiazioni ionizzanti e tutti gli aspetti ad essi connessi fra cui: le capacità di taratura, la verifica dei laboratori di prova nel settore, nonché dei loro organismi accreditanti. In sostanza, tutte le attività di certificazione e di accreditamento che intendano essere riconosciute a livello internazionale sono ormai soggette a regole comuni da applicarsi a tutti gli stadi dell‟attività. Quando le attività sono basate (come nella gran parte dei casi) su processi di misura queste regole investono tutti gli stadi coinvolti: dagli IMP, ai centri di taratura, ai laboratori di prova, agli stessi organismi di accreditamento[10]. 3. SVILUPPI TARATURA DEL SISTEMA NAZIONALE DI Il sistema nazionale di taratura, in Italia, è soggetto sia alle regole definite dagli organismi internazionali [11-12].ed europei già citati (CGPM, CIPM, EURAMET, EA) che alla normativa nazionale [13-14]. In base alla già citata legge n. 273/91, [1-2], che ha istituito il SNT, i campioni di riferimento per le diverse tipologie di misura sono sviluppati e mantenuti dagli IMP: l‟INMRI-ENEA per le misure delle radiazioni ionizzanti e l‟INRIM per le altre tipologie di misura. La disseminazione delle unità di misura realizzate con i campioni nazionali può essere effettuata direttamente dagli IMP o indirettamente tramite i Centri di Taratura accreditati. Per quanto riguarda l‟accreditamento dei Centri di taratura, con decreto legge 99/2009 del 22 dicembre 2009, il governo italiano ha designato ACCREDIA, associazione senza scopo di lucro, come Ente Unico Nazionale di Accreditamento ossia l‟unico organismo nazionale autorizzato dallo Stato a svolgere attività di accreditamento [3]. Il nuovo Ente opera con il riconoscimento dello Stato e sotto la vigilanza istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico, nonché delle altre Pubbliche Amministrazioni, secondo le rispettive competenze. Con la designazione di ACCREDIA, l'Italia si è adeguata al Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 765, del 9 luglio 2008, che dal 1° gennaio 2010 è applicato per l'accreditamento e la vigilanza del mercato in tutti i Paesi UE. L'Ente Nazionale è responsabile per l'accreditamento in conformità agli 317 standard internazionali della serie ISO 17000 e alle guide e alla serie armonizzata delle norme europee EN 45000. A maggio 2009, ACCREDIA era stato riconosciuto ufficialmente dall‟EA che gli aveva trasferito lo status di firmatario degli accordi EA MLA precedentemente attribuiti a SINAL e SINCERT. Per assicurare anche lo svolgimento delle attività di accreditamento di laboratori di taratura, ACCREDIA ha stipulato una convenzione con INRIM a giugno 2010 e una convenzione con ENEA ad ottobre 2010, per i rispettivi settori di competenza. A seguito delle suddette convenzioni, ACCREDIA è stata ammessa tra i firmatari degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (EA MLA) anche per lo schema Taratura. Con questa decisione ACCREDIA partecipa a tutti gli schemi coperti dagli Accordi EA MLA: Certificazione di Sistemi di gestione, Qualità e Ambiente di Prodotto e di Personale; Ispezione; Prova; Taratura. Nella figura 4 viene schematizzata la rete degli Accordi di mutuo riconoscimento (MLA/MRA) Figura 4: Schema della rete degli Accordi di mutuo riconoscimento (MLA/MRA) con ACCREDIA L‟attività di ACCREDIA si articola in 4 Dipartimenti che curano l'accreditamento nei diversi settori: dipartimento degli Organismi di Certificazione ed Ispezione dei sistemi di gestione, dei prodotti, e del personale (DC) dipartimento dei laboratori di prova (DL) dipartimento dei laboratori di prova per la sicurezza alimentare (DS) dipartimento dei laboratori di taratura (DT) Una rappresentazione schematica della struttura organizzativa di ACCREDIA è riportata in figura 5. 318 Figura 5: Rappresentazione schematica della struttura organizzativa di Accredia Ogni Dipartimento di ACCREDIA è composto da un comitato di accreditamento e dai segretari tecnici relativi ai diversi settori di taratura/prova. I segretari tecnici coordinano con il direttore di dipartimento le fasi di accreditamento e di mantenimento per un Centro di taratura/prova. Presso il Centro vengono inviati gli esperti tecnici e di sistema per effettuare le verifiche tecnico/sperimentali previste sia nella fase di accreditamento che in quella di mantenimento. Con una periodicità semestrale il Comitato di Accreditamento, i segretari tecnici e il direttore di Dipartimento si riuniscono per valutare, sulla base della documentazione relativa ai risultati delle prove sperimentali effettuate presso il Centro dagli esperti del settore e in conformità alle normative vigenti, la Capacità del Centro a poter effettuare Tarature e/o prove riconosciute in ambito internazionale. In figura 6 è schematizzata l‟organizzazione di ACCREDIA per ogni Dipartimento. 319 Figura 5 Schema dell’organizzazione del Dipartimento di Taratura (DT) presente in Accredia. 4. L‟ORGANIZZAZIONE CORRENTE DEL SISTEMA NAZIONALE DI TARATURA NEL SETTORE DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI In base alla legge 273/91, l‟Istituto Metrologico Primario per le misure con radiazioni ionizzanti è l‟ENEA-INMRI che ha la responsabilità di garantire riferibilità e certificazioni di taratura. Inoltre l‟ENEA-INMRI svolge attività di ricerca e sviluppo sui metodi di misura delle radiazioni ionizzanti nelle diverse applicazioni (ambientali, mediche, industriali, nucleari, della difesa, della ricerca scientifica ecc...). Alcune funzioni principali dell‟Istituto Metrologico Primario nel settore delle radiazioni ionizzanti, vengono anche richiamate nei D. Lgs. sulla radioprotezione: n. 230/1995 e n. 241/2000. Si fa riferimento alla Certificazioni di taratura dei mezzi di misura e dei Servizi di dosimetria delle radiazioni ionizzanti (Art. 107, D.Lgs. 230/1995), e alla Commissione Tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione dalle radiazioni ionizzanti (Art. 10 (sep.), D.Lgs. 241/2000). Per consentire di caratterizzare la strumentazione dosimetrica operante nel Paese, l‟ENEA-INMRI ha realizzato (e continua a sviluppare) un sistema di oltre 20 campioni primari per le diverse tipologie di tarature e per la misura di grandezze quali la dose assorbita, l‟esposizione, l‟equivalente di dose (nelle diverse definizioni), la concentrazione di attività di radionuclidi, ecc. Per soddisfare le esigenze di misura previste nell‟attuale legislazione radioprotezionistica nazionale e per attuare i criteri di garanzia di qualità sopra richiamati, l‟ENEA-INMRI ha messo a punto procedure di taratura per le seguenti tipologie di strumenti di misura: - dosimetri per radiazione x e gamma con energia media fra 5 keV e 1,25 MeV (kerma in aria/esposizione, dose assorbita (acqua), equivalenti di dose); 320 - dosimetri per radiazione (dose assorbita (tessuto)); - monitori di contaminazione superficiale; - sistemi per spettrometria gamma e alfa e per conteggi alfa/beta; - sistemi per misure di radon in aria e in acqua; - irraggiamenti con dosi prefissate (anche ai fini del riconoscimento dei servizi di dosimetria individuale); - sistemi per misure neutroniche. La riferibilità delle misurazioni ai campioni nazionali dell‟ENEAINMRI è assicurata mediante taratura degli strumenti di misura effettuata per confronto diretto con i campioni nazionali o per via indiretta tramite opportuni campioni di trasferimento, denotati come campioni di prima linea, operanti sia presso l‟ENEA-INMRI che presso i Centri accreditati come laboratori di taratura (LAT) ACCREDIA. I campioni di prima linea dei Centri LAT ACCREDIA vengono periodicamente tarati per confronto diretto con i campioni nazionali e sono quindi utilizzati come riferimento operativo per le tarature. La capacità di taratura di ciascun Centro viene verificata sperimentalmente, per le grandezze e il campo di misura previsti dallo scopo del suo accreditamento, mediante la partecipazione del Centro a confronti bilaterali di misura con l‟ENEA-INMRI. Tali confronti sono organizzati con periodicità annuale dagli esperti dell‟ENEA-INMRI su richiesta di ACCREDIA. La partecipazione con esito positivo del Centro a tali confronti sperimentali costituisce uno dei requisiti necessari per il mantenimento dell‟accreditamento. I Centri correntemente operanti come LAT ACCREDIA nel settore radiazioni ionizzanti sono specificati in tabella 1, la loro distribuzione geografica rispecchia la situazione del Paese. Centro LAT n. 065 Ubicazione Comecer srl, Castelbolognese (Ra) Accreditamento luglio 1993 LAT n. 077 SOGIN, Caorso (PC) gennaio 1995 LAT n. 099 Joint research center Ispra (Va) febbraio 1997 LAT n. 104 Politecnico di Milano, Milano febbraio 1999 LAT n. 116 Centro Interforze Studi ed Applicazioni Militari, San Piero a Grado (Pi) Azienda USL n.6, Livorno febbraio 1999 LAT n. 222 01 luglio 2011 Tabella 1 – Centri di Taratura LAT ACCREDIA ) accreditati ed operanti nel settore delle radiazioni ionizzanti 321 In tabella 2 sono elencate le grandezze per le quali possono essere accreditati i Centri LAT ACCREDIA nel settore delle radiazioni ionizzanti ed il numero di Centri accreditati. Le specifiche capacità di taratura riconosciute al centro sono riportate nella tabella di accreditamento pubblicata, per ciascun Centro, sul sito web: http// www.accredia.it/ [3]. Grandezza Numero di LAT ACCREDIA Attività di radionuclidi - Concentrazione di attività di radionuclidi - Dose assorbita in acqua e corrispondente rateo . Equivalente di dose ambiente, direzionale, personale e corrispondenti ratei 4 con radiazione x e 6 con radiazione γ Kerma in aria e corrispondente rateo 4 con radiazione x e 6 con radiazione γ Esposizione e corrispondente rateo 4 con radiazione x e 6 con radiazione γ Rateo di emissione di neutroni (da sorgenti sigillate) - Rateo di emissione superficiale di particelle - Rateo di fluenza di neutroni termici - Tabella 2: Grandezze per le quali possono essere accreditati i Centri LAT ACCREDIA nel settore delle radiazioni ionizzanti ed il numero di Centri accreditati 5. VERIFICA DELLA COMPETENZA DEI CENTRI LAT ACCREDIA NEL SETTORE RADIAZIONI IONIZZANTI Un requisito fondamentale per ottenere e mantenere l‟accreditamento come Centro LAT ACCREDIA è la partecipazione, con esito positivo, del laboratorio a confronti sperimentali di misura organizzati a livello nazionale dall‟ENEA-INMRI per la verifica della capacità di misura del laboratorio stesso o a livello internazionale da EA o ILAC. Per poter certificare le loro tarature, questi Centri devono disporre di campioni secondari di taratura qualificati e certificati sulla base di procedure raccomandate a livello internazionale. Per ottenere e mantenere l‟accreditamento in ambito ACCREDIA, un laboratorio deve dimostrare sperimentalmente competenza tecnica e capacità di taratura al livello 322 dell‟incertezza minima prevista nella sua tabella di accreditamento. Questo è un requisito fondamentale che ACCREDIA richiede ai Centri LAT, oltre alla messa a punto ed attuazione di un adeguato sistema di qualità in accordo alla norma ISO/IEC EN 17025. La verifica della capacità di taratura del Centro LAT avviene mediante l‟esecuzione, con periodicità annuale, di confronti di misura bilaterali o multilaterali organizzati dall‟ENEA-INMRI. Nella fase del confronto viene richiesto al Centro di effettuare la taratura di uno o più campioni di trasferimento forniti dall‟ENEA-INMRI (campioni viaggiatori), per valori delle grandezze compresi all‟interno del campo di misura accreditato e per qualità di radiazione selezionate tra quelle specificate nella tabella di accreditamento del Centro. Ai fini della valutazione della compatibilità delle misure eseguite dal Centro e dall'Istituto viene calcolato l'errore normalizzato, En, tra le due determinazioni a confronto, NI e NC, seguendo le linee guida dell‟EA (documento EA-2/03). I risultati del Centro e dell‟Istituto sono considerati compatibili se i valori ottenuti per En risultano compresi tra i limiti accettabili –1 En 1, in tal caso la verifica ha esito positivo in quanto la differenza tra i due risultati (Nc – NI) è compresa entro l‟incertezza U(Nc – NI). L‟espressione utilizzata per ottenere En è la seguente: En N c N I N c N I U N c N I U c2 U I2 (1) dove UI ed UC. sono le incertezze estese (k=2) associate alle determinazioni del Centro e dell‟Istituto, diminuite di eventuali componenti di incertezza comuni tra le due determinazioni a confronto. Nel periodo tra Ottobre 2010 e Luglio 2011, gli esperti dell‟ENEAINMRI hanno effettuato la verifica della capacità di taratura di 6 Centri LAT ACCREDIA per le grandezze kerma in aria Ka, equivalente di dose ambiente H*(10), equivalente di dose personale superficiale Hp(0,07) e profonda Hp(10). Per le suddette verifiche sono stati portati presso i Centri complessivamente 8 dosimetri, di diverse caratteristiche e livelli di incertezza, precedentemente tarati presso i laboratori dell‟INMRI-ENEA con 31 qualità di radiazione x (generate con gestione del tubo compresa tra 323 50 kV e 300 kV) e gamma (Am-241, Cs-137 e Co-60) di riferimento per radioprotezione e radiodiagnostica. Si è trattato in particolare di 4 camere a ionizzazione ventilate di differente sensibilità con pareti in materiale ariaequivalente e volume compreso tra 2,8 cm3 e 10 000 cm3, di un campione secondario specifico per Hp(0,07), di 2 dosimetri personali elettronici ed un dosimetro da campo radioprotezionistico. Sono state valutate complessivamente 198 misurazioni di taratura differenti. A titolo informativo si riporta in fgiura 6 la distribuzione dei valori di En per le 198 prove valutate, ordinate per valori di En crescenti. Delle 198 verifiche effettuate, 190 hanno avuto esito positivo con risultati entro i limiti accettabili –1 En 1, con valore medio -0,03 e scarto tipo 0,39. Il valore medio basso è indice di assenza di errori sistematici. In particolare, 148 di queste verifiche hanno dato risultati ampiamente positivi compresi entro i limiti ristretti –0,5 En 0,5, con valore medio -0,04 e scarto tipo 0,23. Le 8 verifiche che hanno dato esito negativo (che corrispondono a circa 4% delle verifiche effettuate) hanno richiesto l‟apertura di una procedura di non conformità. In questi casi, il Centro è stato richiesto di individuare e risolvere le cause che hanno prodotto il superamento del limite, prima di poter effettuare tarature nelle condizioni sotto verifica. Figura 6 - Distribuzione dei valori di En, ordinate per valori di En crescenti, per le 198 prove valutate dagli esperti dell’ENEA-INMRI per i Centri LAT ACCREDIA del settore radiazioni ionizzanti nel periodo ottobre 2010-luglio 2011. 6. CONCLUSIONI Negli ultimi anni le attività di accreditamento dei laboratori di taratura sono state caratterizzate da numerosi cambiamenti dovuti alla necessità di soddisfare i requisiti della normativa internazionale in evoluzione. Il nuovo assetto delle attività di accreditamento con la designazione governativa di 324 ACCREDIA come Ente Unico Nazionale di accreditamento è una garanzia di stabilità del sistema nel Paese per il futuro. L‟ENEA-INMRI garantisce la riferibilità internazionale della certificazione emessa direttamente e collabora con ACCREDIA per le attività di accreditamento dei laboratori di taratura nel settore radiazioni ionizzanti a garanzia della riferibilità internazionale dei certificati di taratura emessi dai Centri LAT ACCREDIA. Le verifiche sperimentali della capacità di misura dei Centri LAT ACCREDIA organizzate periodicamente dall‟ENEA-INMRI sono il presupposto fondamentale per garantire la competenza dei centri e la riferibilità nazionale ed internazionale delle tarature da essi effettuate, ai livelli di incertezza dichiarati in ciascuna tabella di accreditamento. La trasparenza di queste operazioni vuole assicurare la fiducia degli utenti finali nel SNT. 325 BIBLIOGRAFIA Legge 11 agosto 1991, n. 273, Istituzione del Sistema Nazionale di Taratura, Gazzetta Ufficiale n. 199 del 26 agosto 1991. [2] D.M. 30 Novembre 1993, n. 591, Gazzetta Ufficiale n. 26 del 15 febbraio 1994, Regolamento concernente la determinazione dei campioni nazionali di unità di misura del Sistema Internazionale (SI) in attuazione dell’art. 3 della legge 11 Agosto 1991, n. 273. [3] ACCREDIA, Ente Italiano di Accrediatamento, sito web: http// www.accredia.it/ [4] CIPM, Comité International des Poids et Mesures, tome 44 65° Session, BIPM (1976). [5] ICRP Publication 51 - Recommendations of the ICRP. Annals of the ICRP 17, (1987). [6] ICRP Publication 60 - Recommendations of the ICRP, Annals of the ICRP (1990). [7]International Commision on Radiation Units and Measurements, "Radiation Quantities and Units", ICRU report 33, (1980) [8] EA, European Co-operation for Accreditation, Programma operativo, vedi sito web: http://www.european-accreditation.org/. [9] BIPM, Mutual recognition of national measurement standards and of calibration and measurement certificates issued by national metrology institutes, BIPM Publication, Sevres (1999). [10] IAEA, Calibration of Radiation Protection Monitoring Instruments, Safety Reports Series N. 16, IAEA Vienna, 00. [11] ISO, International Standards Organization, sito web: http://www.iso.ch/iso/en/ISOOnline.frontpage. [1] [12] IEC, International Electrotechnical Commission, sito web: http://www.iec.ch/ [13] CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, sito web: http//www.ceiuni.it/ [14] UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione, sito http://www.uni.com/ 326 web: AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 MISURA DI CONCENTRAZIONE E DI RAPPORTI ISOTOPICI DI URANIO E PLUTONIO PRESSO LA CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO MEDIANTE AMS AL CENTRO CIRCE, CASERTA M. De Cesare1,3, C. Sabbarese1,3, N. De Cesare2,3, A. D‟Onofrio1,3, A. D‟Arco1, A. Petraglia1, V. Roca3,4, F. Terrasi1,3, A. Esposito5, F. Mancini5 1 Dipartimento di Scienze Ambientali, Seconda Università di Napoli , Caserta and CIRCE, INNOVA 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Seconda Università di Napoli , Caserta and CIRCE, INNOVA, 3 INFN Sezione di Napoli, Napoli 4 Dipartimento di Scienze Fisiche, Università Federico II , Napoli 5 SoGIN, ABSTRACT Allo scopo di valutare l‟abbondanza e i rapporti isotopici di U e Pu da matrici ambientali e strutturali, quali indicatori di possibile contaminazione in seguito ad attività nucleari, è stato realizzato al CIRCE (Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental Heritage), in collaborazione con la SoGIN, un sistema ultrasensibile di misura. Basato sulla tecnica AMS, questo consente una elevata sensibilità per la valutazione dell‟abbondanza in massa per gli isotopi di entrambi gli elementi, e ha permesso di ottenere i primi risultati su campioni strutturali provenienti dalla centrale nucleare del Garigliano (GNPP) e campioni di suolo delle aree limitrofe. INTRODUZIONE Radionuclidi antropogenici a lunga vita media sono stati rilasciati nell'ambiente in seguito ad attività nucleari militari, incidenti nucleari, ritrattamento di combustibile e smantellamento di centrali nucleari. Tra questi senz‟ombra di dubbio i più significativi sono 327 239,240 Pu e 236U, anche se recentemente l‟attenzione si sta rivolgendo agli attinidi minori ed ai loro isotopi [1-3]. Una valutazione accurata dell‟abbondanza di questi radionuclidi e dei loro rapporti isotopici permetterebbe di stimare la possibile contaminazione derivante dalle attività nucleari nei siti appositi e nei territori limitrofi, in particolar modo per delineare un quadro accurato del possibile rischio radioattivo negli individui professionalmente e residenzialmente esposti: per esempio, una differenza di molti ordini di grandezza tra il rapporto isotopico 236 U/238U naturale e quello del combustibile nucleare spento ha portato Steier et al. [4] a concludere che una piccola contaminazione è legata ad un rapporto isotopico crescente. Attualmente, il monitoraggio dell‟attività di tali contaminanti è effettuata con tecniche radiometriche, che non consentono di quantificare attività estremamente basse dei radionuclidi di interesse. In questo senso, si è reso necessario sviluppare metodologie ultrasensibili: il CIRCE (Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental Heritage) situato in Caserta, in collaborazione con la SoGIN (Società Gestione Impianti Nucleari), ha iniziato un programma di ricerca volto a realizzare un sistema ultrasensibile per la misura delle concentrazioni e dei rapporti isotopici di U e Pu, sulla base della tecnica AMS (Accelerator Mass Spectrometry), e ad applicarla all'analisi di campioni ambientali e strutturali dell‟edificio del reattore e delle infrastrutture relative alla Centrale Nucleare del Garigliano (GNPP), per la quantificazione e la determinazione dell'origine di U e Pu presenti. Nel presente report viene descritto l‟upgrade del sistema AMS che, utilizzando un rivelatore a 16 strip di silicio, ha consentito di ottenere una sensibilità per l‟abbondanza di U pari a 4,3µg e per il 239Pu di 0.1 fg, oltre interessanti risultati preliminari relativi a campioni ambientali e strutturali della GNPP. METODI E APPARATO DI MISURA 2.1 Tecniche di separazione L‟estrazione dell‟U e del Pu è stata possibile con l‟utilizzo di due specifiche procedure: la prima interessante i campioni strutturali e realizzata in collaborazione con i tecnici SoGIN e la seconda, mirata 328 ai campioni ambientali, messa a punto dal gruppo di ricerca dell‟Università di Canberra diretto dal Prof. K. Fifield [5]. Entrambe le procedure prevedono una iniziale essiccazione del campione grezzo a 110°C in stufa e successiva combustione a 450°C per 12h. Il campione combusto viene marcato con traccianti radioattivi, rispettivamente 233U e 242Pu, finalizzati alla stima dell‟efficienza di estrazione. Si procede con la dissoluzione con attacco acido, acqua regia e/o HNO3; la completa dissoluzione permette di mandare in soluzione i costituenti del campione. Gli attinidi sono recuperati per co-precipitazione della soluzione aggiungendo (COOH)2 e CaCl2 2H2O e portando il pH della soluzione a 1,7. Per i campioni strutturali si utilizza la sola resina UTEVA per l‟eluizione di Th, U e Pu usando acidi rispettivamente HCl 9M, HCl 5M con (COOH) 2 allo 0,05M, e HCl 1M. Invece per i campioni di suolo il protocollo [5] prevede l‟eluizione degli stessi radioisotopi con due resine in serie, UTEVA e poi BioRad AG 1-X8 100-200 mesh, quest‟ultima per la separazione del Pu. Ciò che viene eluito dalle colonne è portato a secchezza e combusto, riducendosi in polvere. La polvere di U e Pu estratta viene mescolata con una pari quantità di polvere di argento e pressata nei cosiddetti “conetti” di alluminio, che vengono quindi inseriti nella sorgente sputtering SNICS da 40 campioni del sistema AMS di CIRCE [6] . 2.2 Apparato sperimentale CIRCE è una facility dedicata alla tecnica AMS basata su di un acceleratore tandem da 3 MV. Come schematizzato in figura 1, è dotata di sorgente sputtering multi campione (fino a 40) a ioni di Cs . L‟energia totale di iniezione è di 50 keV e 50-300 nA di 238U16Ovengono selezionati in energia tramite un analizzatore sferico elettrostatico con angolo di curvatura ±45°, operante a ±15 kV. Il magnete di inezione a bassa energia (LE) permette un‟analisi in massa ad alta risoluzione per isotopi in un ampio range di massa (M/ΔM~500 per un‟apertura delle slitte di ±1 mm) [6,7]. L‟acceleratore è contenuto all‟interno di una tank riempita con esafluoruro di zolfo (SF6) alla pressione di circa 6 bar. Al terminale, gli elettroni delle molecole vengono persi per stripping in argon ed il 329 gas viene fatto ricircolare da due pompe turbomolecolari. Gli ioni positivi sono quindi accelerati di nuovo nel secondo stadio dell‟acceleratore Tandem. All‟uscita di questo è posto un secondo magnete di analisi, magnete di alta energia (HE (M/ΔM = 725, con le slitte aperte a ±1 mm per entrambi i punti oggetto ed immagine). Questo consente una efficiente rimozione dei prodotti molecolari di break-up [7,8]. I due analizzatori elettrostatici (ESA) a 45° operanti in serie a ±60 kV permettono una risoluzione in energia E/ΔE = 700 per dimensioni tipiche del fascio di circa 3-4 mm. Un magnete di swicthing (Bmax= 1.3 T, r=1.760 m e ME/q2= 253 MeV amu/e2 ad un angolo di uscita di 20°) è posizionato dopo gli ESA, consentendo la deflessione di 20° al fascio da investigare e dirigendolo nel rivelatore. Il sistema di acquisizione è controllato dal sistema FAst Intercrate Readout (FAIR) [9] via Ethernet o AccelNet interfaces. Fig.1: Schema del sistema tandem da 3 MV del centro CIRCE. 2.3 Calibrazione interna Come primo passo tecnico si è provveduto alla verifica della risposta lineare del sistema, utilizzando una serie di campioni con rapporti isotopici nominali da 5 10.8 a 1 10.10. Questi sono stati preparati miscelando differenti quantità di “KKU” ((6.98±0.32)x10-11) [4,10] 330 sintetizzato ai laboratori VERA di Vienna con lo spike IRMM-075 (Institute for Reference Materials and Measurements) della serie dei materiali certificati (IRMM-075/1,2,3,4), riportati in figura 2. Fig. 2: Confronto tra i valori misurati e quelli nominali dei rapporti isotopici dell’uranio della serie di calibrazione interna. La sensibilità del sistema alla concentrazione di 236U, è stata valutata misurando una serie di campioni contenenti quantità di uranio decrescenti, con un valore nominale per il rapporto 236U/238U di 9.61x10-9. I risultati per i sette campioni sono confrontati con quello relativo alla massima quantità di U in figura.3. Fig. 3: Rapporti isotopici dell’uranio per campioni con contenuto in massa di U decrescente (Dilution Series) 331 MISURE DI 236U E XPU RELATIVE ALLA GNPP 3.1 Campioni ambientali L‟area circostante la GNPP è stata suddivisa in quattro corone circolari di 1 km di ampiezza, a partire da 500 m dalla stessa centrale, coprendo pertanto un‟area circolare complessiva di 4,5 km di raggio, come riportato in figura 4. Le corone sono state suddivise in settori per un totale di 48 punti di campionamento e identificati con opportuni codici. Fig. 4 : Mappa dell’area circostante la GNPP d’indagine e schema di suddivisione. Già sono state effettuate in passato varie campagne radiologiche nella zona in esame, che hanno permesso di stimare la contaminazione ambientale da γ emettitori. Per questi punti sono state ripetute analisi con rivelatore al germanio che consente una alta risoluzione energetica e un basso background che hanno rivelato radionuclidi gamma-emettitori naturali (7Be e 40K) ed artificiali (137Cs) [3,5]. 332 Abbiamo preliminarmente analizzato con il sistema AMS [10] i campioni di suolo, nei settori in cui l‟analisi spettrometrica aveva evidenziato una più elevata attività per il 137Cs ( 3-25 mBq/g). valutandone le concentrazioni di 236U e xPu [11]. Campioni di suolo A78 B34 B56 C7 C13 D12 BSC Locazione GNPP GNPP GNPP GNPP GNPP GNPP Piana del Sele Tab. 1: Sigle e provenienza dei campioni ambientali analizzati L‟analisi dei rapporti 236/238 di U mostra che i campioni considerati hanno livelli leggermente superiori ai valori di background ambientale, che vanno da 10-9 a 10-8, consistenti con i valori del fallout. Per quanto concerne i rapporti isotopici 240/239 Pu abbiamo constatato che risultano essere in accordo con i campioni del canale di scarico della GNPP e del fiume Garigliano [4,12]. In aggiunta si sono confrontate queste concentrazioni con quelle di un campione BSC2, campione di suolo prelevato nella piana del Sele a oltre 100 km dalla centrale. In tutti i casi, queste concentrazioni sono compatibili con quelle dei campioni di suolo nel circondariale della GNPP. 3.2 Campioni strutturali Le misure eseguite su campioni strutturali costituiscono il primo tentativo di quantificare 236U e xPu realizzato al centro di ricerche isotopiche CIRCE. L‟importanza di queste misure è correlata al programma di smantellamento avviato per la GNPP; esse completano i risultati ottenuti per i campioni di suolo sopra riportati. I campioni, forniti dalla SoGIN riguardano il calcestruzzo del camino di ventilazione e del muro esterno, come riportato in Tabella 2 . 333 Campioni strutturali Caratteristiche I Camino interno I8 Camino interno I12 Camino interno I16 Camino interno E1.5 Camino esterno E5 Parete esterna EW1 Parete esterna Tab. 2: Sigle e provenienza dei campioni strutturali analizzati I campioni relativi alla parte interna del camino presentano, come è ragionevole aspettarsi, Pu. La concentrazione, come si vede in figura 5, non varia in maniera significativa a diverse altezze, contrariamente ai rapporti isotopici 240Pu/239Pu che non si mantengono costanti per gli stessi campioni (sono riportati in rosso sul grafico). Per il camino esterno e per i due campioni della parete esterna la concentrazione di Pu è molto bassa e per i rapporti isotopici del Pu non è possibile trarre conclusioni definitive a causa della scarsa statistica. I valori di concentrazione dell‟U variano nel range 5 10-8 a 5 10-7. Inoltre si è notato che il fascio di uranio estratto per questi è poco intenso, suggerendo, pertanto, una possibile bassa efficienza di estrazione. Alla luce di questi risultati per i campioni strutturali sono in corso ulteriori preparazioni e misure. 334 Fig. 5: A sinistra sono riportati i valori per concentrazione e rapporti isotopici relativi ai campioni strutturali, mentre a destra quelli ambientali. In rosso sono indicati i rapporti isotopici 240Pu/239Pu, in nero le concentrazioni di 239Pu. CONCLUSIONI I primi esperimenti condotti su campioni ambientali e strutturali relativi alla GNPP hanno dato indicazioni soddisfacenti sulla bontà della procedura di estrazione per i campioni ambientali e suggerito dei possibili miglioramenti per il protocollo riguardante i campioni strutturali. I risultati preliminari, esposti precedentemente, hanno consentito di concludere che: 1. I rapporti isotopici 240Pu/239Pu per i campioni ambientali sono dell‟ordine del Global fallout. 2. I rapporti isotopici 240Pu/239Pu per i campioni strutturali, relativi alla parte interna del camino di ventilazione evidenziano una contaminazione da pregressa attività della centrale. 3. I rapporti isotopici per le pareti esterne sono fuorvianti e pertanto sono in corso le elaborazioni dati delle ripetizioni. 4. I valori delle concentrazioni di 239Pu per i campioni di suolo non sono significativamente differenti da quelli ottenuti per 335 un campione di riferimento prelevato nella piana del Sele a oltre 100 km di distanza dalla centrale. 5. Le concentrazioni di 239Pu e di U per i campioni strutturali sono di un ordine di grandezza superiori a quelle relative ai campioni ambientali. 6. È attualmente in corso il miglioramento del sistema di misura AMS, basato sul Pelletron CIRCE, per aumentare le prestazioni della facility e la automatizzazione delle misure. 336 REFERENZE [1] S.F. Boulyga, J.S. Becker, Isotopic analysis of uranium and plutonium using ICP-MS and estimation of burn-up of spent uranium in contaminated environmental samples, J. Anal. At. Spectom. (2002), 17: 1143-1147. [2] T. Matsumura, K. Takeshita, Extraction separation of trivalent minor actinides from lanthanides with hyphophobic derivatives of TPEN, Progress in Nuclear Energy (2008) 50 (2-6): 470-475. [3]A. Petraglia, C. Sabbarese, M. De Cesare, N. De Cesare, F. Quinto, F. Terrasi, A. D'Onofrio, P. Steier, L. K. Fifield, A. M. Esposito, Assessment of the radiological impact of a decommissioning nuclear power plant in Italy, submitted to J. Environ. Radioact., 2011. [4] P. Steier, M. Bichler, L.K. Fifield, R. Golser, W. Kutschera, A. Priller, F. Quinto, S. Richter, M. Srncik, F. Terrasi, et al., Natural and anthropogenic 236U in environmental samples, Nucl. Instr. Meth. Phys. Res. B. (2008), 266: 2246. [5] M. De Cesare, PhD thesis, Accelerator Mass Spectrometry of actinides at CIRCE, Dipartimento di Scienze Ambientali - II Università di Napoli, 2006-2009. [6] (F. Terrasi, D. Rogalla, N. De Cesare, A. D‟Onofrio, C. Lubrittoa, F. Marzaiolia, I. Passarielloa, M. Rubinoa, C. Sabbaresea, G. Casaa, A. Palmieria, L. Gialanellac, G. Imbrianic, V. Rocac, M. Romanoc, M. Sundquistd and R. Loger; A new AMS facility in Caserta/Italy; Nuclear Instruments and Methods in Physics Research Section B: Beam Interactions with Materials and Atoms, Volume 259, Issue 1, June 2007, Pages 14-17 [7] M. De Cesare, L. Gialanella, D. Rogalla, A. Petraglia, Y. Guan, N. De Cesare, A. D‟Onofrio, F. Quinto, V. Roca, C. Sabbarese, et al., Actinides AMS at CIRCE in Caserta (Italy), Nucl. Instr. Meth. Phys. Res. B, 268 (2010) 779. [8] M. De Cesare, Y. Guan, F. Quinto, C. Sabbarese, N. De Cesare, A. D'Onofrio, L. Gialanella, A. Petraglia, V. Roca, F Terrasi, Optimization of 236U AMS at CIRCE, Radiocarbon 52 (2010) 286. [9] A. Ordine, A. Boiano, E. Vardaci, A. Zaghi, A. Brondi, FAIR: a new fast trigger and readout bus system, IEEE Trans. Nucl. Sci., 45 (1998) 873. [10] L.K. Fifield, R.G. Cresswell, M.L. di Tada, T.R. Ophel, J.P. Day , A.P. Clacher, S.J. King, N.D. Priest, Accelerator mass spectrometry of plutonium isotopes, Nucl. Instr. Meth. Phys. Res. B, 117 (1996) 295. [11] M. De Cesare et al. (to be published). [12] F. Quinto, P. Steier, G. Wallner, A. Wallner, M. Srncik, M. Bichler, W. Kutschera, F. Terrasi, A. Petraglia, C. Sabbarese, The first use of 236U in the general environment and near a shutdown nuclear power plant, Appl. Radiat. Isot., 67 (2009) 1775. 337 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 METODO SPERIMENTALE PER ESEGUIRE UNA CORREZIONE IN EFFICIENZA PER EFFETTO DENSITÀ PER RIVELATORI HP(GE) IN MATRICI AMBIENTALI L. Sperandio, G. Iurlaro ENEA – Istituto di Radioprotezione – Laboratorio di Sorveglianza Fisica e Ambientale Via Anguillarese n. 301 – Santa Maria di Galeria (Roma) INTRODUZIONE Nella determinazione dell‟attività di emettitori gamma con rivelatori al germanio iperpuro (HPGe) si impiegano sorgenti di calibrazione che possono avere densità differenti rispetto alle matrici ambientali realmente misurate come ortaggi e terreno. Lo studio eseguito presso il Laboratorio di Sorveglianza Fisica e Ambientale del C.R. ENEA Casaccia si basa sulla sperimentazione delle correzioni delle curve di efficienza per rivelatori X-Gamma HPGe, cercando di evidenziare la sensibilità del rivelatore alle basse energie. Le variazioni nelle curve di efficienza sono essenzialmente dovute ad effetti di autoassorbimento della matrice analizzata, partendo da dati sperimentali acquisiti con matrici di riferimento saranno calcolati i coefficienti di auto assorbimento. Partendo dalla caratterizzazione del rivelatore (forma del cristallo e posizione), attraverso le specifiche fornite dal costruttore, le informazioni ottenute saranno impiegate per calcolare numericamente i fattori correttivi dovuti a fenomeni di autoassorbimento della matrice in funzione dell‟energia e di particolari geometrie di misura . Il lavoro proposto si prefigge di sperimentare un metodo di facile applicazione per poter costruire anche in tempi rapidi curve di efficienza per le matrici ambientali misurate presso il laboratorio e poter così valutare più accuratamente l‟attività delle stesse a basse energie. 338 CALCOLO DEI FATTORI DI AUTO-ASSORBIMENTO I campioni ambientali analizzati presso il laboratorio sono raccolti nelle zone limitrofe al centro ENEA Casaccia (distanza massima 5km), la misura con tecnica spettrometrica in geometria Marinelli avviene sul campione opportunamente pretrattato (setacciato/pulito ed essiccato). I rivelatori HP(Ge) impiegati sono calibrati con una sorgente gelificata multipicco con medesima geometria Marinelli e densità 1g/cm3. Per ottenere risultati quantitativi ottimali il rivelatore deve essere calibrato con una sorgente radioattiva standard delle stesse dimensioni, densità e composizione chimica del campione. Se queste condizioni sono soddisfatte e se la sorgente standard contiene gli stessi radionuclidi del campione sotto esame, la determinazione del rate di emissione è una semplice comparazione con il rate di conteggio del corrispondente full energy peak (FEP) dello spettro misurato. Una possibile sorgente di errore nella determinazione dell‟attività di un campione è dovuta alla differenza nelle densità dei materiali pertanto le differenze per autoassorbimento non possono essere trascurate. La densità dei campioni ambientali varia sensibilmente, tipicamente da 0,5 g/cm3 (materiali organici) a 1,5 g/cm3 (terreno), e le sorgenti di calibrazione sono frequentemente soluzioni acquose con una densità di 1.0 g/cm3 . Coefficiente di attenuazione Per il calcolo sperimentale dei coefficienti di attenuazione di massa delle matrici utilizzate, è stato effettuato un semplice esperimento di trasmissione [1]. Una sorgente gamma mono energetica, viene collimata in un sottile fascio di fotoni che dopo aver attraversato un materiale assorbente, di spessore variabile, raggiunge il rivelatore. Il risultato sarà una semplice attenuazione esponenziale. Ognuna delle possibili interazioni tra la radiazione e la materia rimuove un fotone del fascio dalla direzione del rivelatore attraverso il fenomeno dell‟assorbimento o dello scattering. Questo fenomeno può essere caratterizzato da una specifica probabilità di occorrenza per unità di cammino all‟interno del materiale assorbente. La somma di queste probabilità è semplicemente la probabilità per unità di lunghezza che il fotone gamma venga rimosso dal fascio di fotoni. 339 µ = τ (effetto fotoelettrico) + σ (scattering Compton) + κ (produzione di coppia) è chiamato coefficiente di attenuazione lineare. Il numero di fotoni trasmessi è dato dalla relazione I I 0 e t Con I0 che rappresenta il numero di fotoni in assenza del materiale assorbente. L‟uso del coefficiente di attenuazione lineare è limitato dal fatto che esso varia con la densità del materiale assorbente e con l‟energia del fotone incidente. METODO DI SIMA Il fattore di auto assorbimento, Fa , è definito come il rapporto tra l‟efficienza del FEP εµ(E) per un dato campione (E = energia del fotone, µ= coefficient di attenuazione lineare) e l‟efficienza del FEP ε0(E) per un campione completamente trasparente: (E) Fa ( ) 0 (E) Fa può essere usato per mettere in relazione l‟efficienza del FEP per un campione con una data densità e composizione all‟efficienza εref(E) per un campione di riferimento con identica geometria: ( E ) ( E ) Fa ( ) Fa ( ref ) Lo scopo di questo lavoro è utilizzare questo semplice ma preciso metodo per stimare correzioni dovute all‟autoassorbimento per campioni contenuti in beaker Marinelli che possono essere utili nel monitoraggio ambientale. Diversi metodi per calcolare Fa (µ) sono stati studiati [2] anche modellizzando il rivelatore come puntiforme . In questo lavoro verrà utilizzata la semplice equazione dovuta a Dtyak et all ( 1989) [3] Fa ( ) 1 exp( t ) t 340 dove t è lo spessore equivalente del campione, calcolato in funzione delle dimensioni del beaker Marinelli. Figura 1 Rappresentazione della sezione di un rivelatore HP(Ge) con campione in geometria Marinelli [4] in configurazione standard con indicazione dei parametri necessari al calcolo di t. Identificando t come lo spessore medio del campione, visto da un piccolo rivelatore sferico, abbiamo: l ( )d t d dove l ( ) è lo spessore del campione corrispondente all‟angolo (vedi figura 1). L‟integrazione viene effettuata su tutto l‟angolo solido sotteso dal campione. Allora si può ottenere una‟esatta formula analitica per t. Notiamo che l‟integrale sotto l‟angolo solido al numeratore dell‟equazione può essere sostituito da un‟integrale sul volume del campione: I l ( )d drd 1 r 2 dV V V Considerando che 2 2 2 1 ( x )arctg ( x ) arctg ( x) x 1/ 2 ln (1/ x) 1 , il risultato finale è il seguente 341 t 1 f (re , h1 ) f (re , h0 ) f (ri , h2 ) f (ri , h0 ) p con p 2 h0 e f (r , h) arctg h h ln r 1 1 2 r 2 h h02 ri 2 Dove: ri (re) è il raggio interno (esterno) mentre hi (he) è l‟altezza interna (esterna) del beaker ; h0 rappresenta l‟ordinata che congiunge il centro del rivelatore con il fondo del beaker Marinelli.; e h1 he h0 h2 hi h0 MATERIALI E METODI Per le misure in trasmissione delle matrici ambientali è stato utilizzato il rivelatore HP(Ge) GMX 40P4-76 Ortec (efficienza relativa del 40% per la radiazione γ del 60Co di 1,33 MeV, alimentazione -3500V) . La caratterizzazione del rivelatore utilizzato per il calcolo dei coefficienti di attenuazione di massa e per la valutazione dei coefficienti di autoassorbimento è stata fornita dalla casa costruttrice come mostrato in figura 2. Le sorgenti impiegate sono sigillate e puntiformi, in tabella 1 si riportano le attività alla data di rifermento del certificato. Radionuclide 152 Eu 241 Am 210 Pb 137 Cs Attività (kBq) 37 37 37 37 Data di riferimento 01-11-2009 01-11-2009 01-11-2009 01-11-2009 Tabella 1 Dati delle sorgenti puntiformi impiegate per le misure in trasmissione . 342 Figura 2 Sezione del rivelatore HP(Ge) Ortec (GMX 40P4-76) . Figura 3 Foto della sorgente sigillata posizionata sul sistema di collimazione. Sono state eseguite cinque misure per ogni matrice a differenti spessori con tutte le sorgenti disponibili, utilizzando un apposito contenitore graduato (figura 4 ) collocato tra la sorgente e un sistema di collimazione (figura 5). Una misura per ogni sorgente è stata eseguita con il contenitore vuoto. Figura 5 Sistema di collimazione e alloggiamento della sorgente realizzato presso il C.R. Trisaia Figura 4 Contenitore graduato delle matrici misurate 343 Le matrici analizzate sono due ortaggi e un terreno, essiccati e macinati per ottenere una composizione omogenea. La densità è stata valutata attraverso una misura del peso con bilancia di precisione di un volume noto, i dati sono riportati in tabella 2. Matrice Broccoletto Zucchina Terreno Densità (g/cm3) 0,43±0,11 0,67±0,13 1,03±0,13 Dopo aver alloggiato la singola sorgente sulla testa del collimatore, come in figura 3, sono stati registrati gli spettri dei raggi gamma per le sorgenti sopracitate e per ogni spessore scelto sono stati elaborati i dati di picco. I valori ottenuti con i diversi spessore alla medesima energia sono stati mediati. Si riportano nei grafici delle figure 6, 7 e 8 gli andamenti del coefficiente µ(E). Figura 6 Andamento sperimentale del µ(E) per la matrice broccoletto 344 Figura 7 Andamento sperimentale del µ(E) per la matrice zucchina Figura 8 Andamento sperimentale del µ(E) per la matrice terreno Per ogni matrice è stato calcolato il fit per poter estrapolare i dati di µ alle energie di riferimento della sorgente multipicco del laboratorio ed è stata calcolata la curva di taratura corretta in densità per ogni singola matrice. I valori ottenuti sono riportati nel grafico in figura 9. 345 Figura 3 Andamento delle curve di calibrazione ottenute dall’elaborazione dei dati sperimentali in confronto con la curva di taratura della sorgente multipocco CONCLUSIONI L‟applicazione del metodo sperimentale Sima sulle matrici ambientali analizzate presso il laboratorio ha consentito di verificare la rilevanza delle correzioni per densità sulle curve di taratura alle basse energie. Si osserva che gli andamenti variano apprezzabilmente al variare delle matrici, pertanto è importate completare tale studio per ottenere una classificazione dei campioni in funzione della tipologia (terreni e sabbie, ortaggi e foraggi) e della loro densità. Con la serie di misure eseguite è stata sperimentata la consistenza di un metodo semplice che può, con piccole variazioni di calcolo, essere estesa a diverse geometrie di acquisizione (es. cilindica o Marinelli da 500 ml) utilizzate presso il Laboratorio di Sorveglianza Ambientale. 346 BIBLIOGRAFIA [1] Knoll, radation detection and mesurment [2] Deberten, Ren Mesurement of activity of radioactive sample in marinelli beakers. Nucl. Instrument Meth 278:541-549, 1989 [3] Dryak P., Kovar K. Plchara. Correction for Marinelli geometry, J. Radional Nucl. Chem. letters [4] Sima, Photon Attenuation for sample in Marinelli Beakers Nucl Beakers geometry: an analytical computation 347 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 IL PROGRAMMA DI ASSICURAZIONE DI QUALITÀ DEL LABORATORIO RADIOATTIVITÀ NATURALE: UN PRIMO PASSO VERSO L‟ACCREDITAMENTO ISO/IEC 17025:2008-10 R. Trevisi, F. Leonardi, S. Tonnarini, M. Veschetti INAIL- Ex ISPESL, Dipartimento Igiene del Lavoro, Monte Porzio Catone (Roma) ABSTRACT I dosimetri passivi con rivelatori a tracce nucleari sono dispositivi ampiamente utilizzati nel monitoraggio della concentrazione di radon in aria. Affinché la misura effettuata con tali dispositivi fornisca risultati affidabili è indispensabile che i laboratori che li utilizzano siano in grado di garantire la “qualità” della misura stessa. La necessità di uniformare i risultati forniti da diversi laboratori, anche a livello internazionale, ha inoltre reso fondamentale armonizzare le diverse procedure inerenti la misura (dal campionamento alla presentazione dei risultati) e implementare i programmi di assicurazione di qualità anche sulla base degli standard internazionali. Per questo motivo il laboratorio di radioattività naturale di INAIL (Ex ISPESL) ha adottato, come primo passo verso l‟accreditamento UNI CEI EN ISO/ IEC 17025, il programma di assicurazione di qualità descritto nel presente lavoro. Sono stati identificati una serie di parametri che permettano di assicurare la qualità di ogni passaggio del protocollo operativo. La qualità dell‟intero processo viene inoltra controllata attraverso la periodica partecipazione ad esercizi di interconfronto. Gli ottimi risultati conseguiti dal laboratorio negli esercizi di interconfronto sono una garanzia dell‟accuratezza dei dati ottenuti mediante l‟utilizzo di dosimetri passivi a tracce nucleari. 348 1. INTRODUZIONE Negli ultimi anni in Italia sono molti i laboratori che stanno procedendo alla standardizzazione delle misure di radon mediante rivelatori a tracce nucleari in accordo con gli standard ISO. In questo lavoro gli autori intendono fornire il proprio contributo alla discussione generale, analizzando i principali requisiti tecnici per un programma di accreditamento secondo UNI CEI EN ISO/ IEC 17025:2008-10i [1]. In quest‟ottica un servizio di dosimetria radon deve definire programmi, procedure e istruzioni necessari ad assicurare la qualità dei risultati delle prove. Deve inoltre analizzare ogni operazione tecnica del processo di misurazione al fine di definire il sistema di controlli di qualità dell‟intero processo. Dal momento che sono ancora in fase di sviluppo standard nazionali ed internazionali relativi alla misurazione del radon mediante dosimetri passivi, il RI-RN INAIL (ex-ISPESL) ha adottato un protocollo sperimentale messo a punto per le misure di radon indoor. Il metodo di misura sviluppato dal nostro laboratorio per il monitoraggio integrato del radon in aria è stato basato sull‟impiego del dosimetro passivo NRPB/SSI [2] con elementi plastici di CR39 TASTRACK (TASL, UK). Di recente, dopo una serie di controlli di qualità sulla matrice polimerica si è preferito cambiare produttore: in particolare sempre più frequentemente la superficie del polimero risultava danneggiata e/o con impurezze al suo interno. Attualmente il laboratorio utilizza rivelatori di CR39 prodotti dalla Intercast (Intercast Europe Srl- Italia). Seguendo le indicazioni fornite dalla norma ISO/IEC 17025 [1] e i criteri dettati da EPA in "Guidance on Quality Assurance" [3], è stato quindi ridefinito definito un processo volto a garantire la qualità delle misure di concentrazione di radon in aria. In accordo con quanto previsto dalla ISO/IEC 17025 [1] al par. 5.4.3, l‟utilizzo di un metodo sviluppato dal laboratorio prevede la validazione dello stesso attraverso una serie di procedure volte a soddisfare particolari requisiti necessari a garantire di operare all‟interno di un sistema che sia tecnicamente competente e in grado di generare risultati tecnicamente validi. i Di seguito ISO/IEC 17025 349 2. MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI RADON IN ARIA MEDIANTE DOSIMETRI PASSIVI : DESCRIZIONE DEL METODO INTERNO Il principio del metodo si basa sulla produzione di danni molecolari (tracce latenti) per effetto dell‟interazione delle particella α emesse dal 222Rn e dalla sua progenie con un materiale plastico (PADC) commercialmente noto come CR39. Le tracce latenti sono rese osservabili attraverso una procedura di attacco chimico, le cui caratteristiche sono scelte sulla base del tipo di CR39 utilizzato e dei successivi parametri di lettura delle tracce. L‟attacco chimico si realizza impiegando una soluzione di idrossido di potassio in acqua bi distillata 6 N a 75 °C per 4,5 ore, al termine del quale i rivelatori sono risciacquati in acqua corrente per 15 minuti. Dopo l‟asciugatura si procede al conteggio delle tracce mediante il sistema automatico di conteggio (Politrack) commercializzato dalla società Mi.am srl (Italia). Il sistema automatico consiste in un microscopio (ingrandimento 4x) dotato di una fotocamera CCD che esplora la superficie del rivelatore. Un software di analisi dell‟immagine controlla la scansione XY, esegue la messa a fuoco automatica del microscopio e fornisce l'analisi delle tracce: il sistema è impostato per eseguire la scansione di una superficie di 1,2 cm2 in circa 174 scansioni. Tipicamente i rivelatori di CR39 sono conservati in un congelatore a circa -18 °C, in sacchetti di plastica alluminizzata termosaldata a bassa permeabilità di radon, al fine di ridurre gli effetti dell'invecchiamento (ageing e fading) [4] e l'esposizione incontrollata al radon (fondo intrinseco o background). Un attacco chimico più breve (3 ore) effettuato prima dell‟assemblaggio del dosimetro consente di eliminare il contributo dovuto all‟esposizione di fondo. Adottando la procedura di preattaccare i rivelatori plastici, le tracce nucleari dovute alle particelle alfa causate dall‟esposizione in campo risultano più piccole rispetto a quelle date dal fondo intrinseco [5]. 3. VALIDAZIONE DEL METODO Secondo la norma ISO/IEC 17025 le procedure devono essere validate prima della loro applicazione: in particolare la validazione del metodo viene definita come “la conferma attraverso esame e 350 l‟apporto di evidenza oggettiva che i requisiti particolari per l‟utilizzazione prevista sono soddisfatti”. La validazione del metodo prevede la progettazione di una serie di procedure relative al campionamento, alla manipolazione e al trasporto della strumentazione. Aspetto essenziale della validazione è verificare l‟accuratezza del metodo di prova [6], in termini di esattezza e precisione. Ciò viene realizzato, attraverso la taratura, la valutazione dell'incertezza dei risultati, la valutazione dei fattori che influenzano i risultati sperimentali e i confronti interlaboratorio. 3.1 Descrizione delle procedure di campionamento, manipolazione e trasporto La misurazione del radon mediante dispositivi passivi consiste in diversi passaggi, alcuni legati alla manipolazione del rivelatore e altri relativi all‟assemblaggio del dosimetro; tutti i passaggi sono strettamente collegati. Per ragioni descrittive si possono distinguere due processi: il primo riassume tutte le operazioni che riguardano il dosimetro nel suo insieme dall'acquisto all‟utilizzo finale in campo (vedi figura 1). Il secondo invece, (vedi figura 2) descrive le principali operazioni relative al rivelatore. Sia i rivelatori utilizzati nella misura in campo che quelli usati nelle tarature seguono il medesimo schema presentato figura .2. Figura 1: Schema delle tappe principali di una misurazione del radon integrata da dosimetri passivi- (tratto da [7]) Figura 2: Schema delle fasi principali del protocollo operativo sul CR-39 rilevatori- (tratto da [7]) 351 3.2 Test di accettazione Al fine di assicurare che fogli di CR39 diversi garantiscano risultati ripetibili, per ogni nuovo batch di CR39 vengono eseguiti, su un campione rappresentativo di rivelatori (3-5%) dei test di accettazione sulla densità. La densità del rivelatore plastico è strettamente legata al processo di produzione del polimero: una verifica del suo valore nominale rappresenta quindi un controllo della qualità del processo produttivo Il test di accettazione INAIL consiste nel controllo sperimentale della omogeneità dei fogli che viene effettuato misurando con un picnometro ad acqua (Sartorius mod. CP124S) la densità del polimero per ciascun rivelatore del campione. I fogli di CR39 sono considerati accettabili se la precisione, espressa come coefficiente di variazione (CV) è inferiore al 0,5% e l'esattezza, espressa come scarto fra la media aritmetica dei valori del foglio e il valore di riferimento ii, è inferiore al 2%. In tabella 1 sono riportati i risultati sperimentali di un test condotto su 40 rivelatori appartenenti ad uno stesso lotto. I valori di densità misurati per i diversi rivelatori sono nel range 1,30-1,32 g/cm3: il valore medio (espresso come media aritmetica) pari a 1,31 g/cm3 è in ottimo accordo con quello fornito dal produttore. Si può osservare come la distribuzione dei valori di densità sia simmetrica, la media geometrica e quella aritmetica sono infatti identiche. Il lotto analizzato, supera il test di accettazione con un valore di CV pari a 0,21%, di gran lunga al di sotto del limite di accettazione . Densità di riferimento AM GM Max Min 3) CV (g/cm % 1.30 1.31 1.31 1.32 1.30 0.21 Tabella 1: Risultati di un test di accettazione effettuato su un campione di 40 rivelatori. ii Il valore di densità del CR39 Intercast dichiarato dal produttore è 1,30 g/cm3 352 3.3 Accuratezza dei risultati del metodo di misurazione L‟accuratezza di un metodo di prova è data dall‟esattezza e della precisione, come definite dalla UNI ISO 5725 [8]: - Precisione: grado di concordanza tra i risultati di prova indipendenti. Esattezza: grado di concordanza fra il valore medio ottenuto a partire da un grande numero di risultativi di prova e il valore di riferimento accettato. In particolare valutare la precisione significa stimare la ripetibilità e la riproducibilità di una misura. La ripetibilità di una misura è espressa come scarto tipo dei risultati di prove ripetute sullo stesso materiale in “condizioni di ripetibilità”, cioè nello stesso laboratorio, con lo stesso metodo, con lo stesso operatore e con la stessa strumentazione. Questo è dunque un parametro di accuratezza proprio del laboratorio. Spesso però è quasi impossibile lavorare in “condizioni di ripetibilità” perché può accadere che un laboratorio cambi operatore, apparecchiatura, ecc. In questo caso si parla di condizioni di “ripetibilità intermedia”, che sono quelle in cui opera il nostro laboratorio. Al fine di assicurare che il sistema di lettura produca risultati ripetibili, vengono periodicamente riletti rivelatori di riferimento esposti precedentemente ad atmosfere certificate. Per ogni rivelatore la densità media delle tracce e il coefficiente di variazione (CV) vengono calcolati e confrontati con i risultati delle analoghe letture effettuate nei giorni precedenti. In particolare viene stimato lo scarto percentuale (M%) fra la densità delle tracce del rivelatore letto in quel giorno e la media del letture precedenti [ 9]. Il coefficiente di ripetibilità R viene calcolato tramite la seguente equazione: R M %2 CV 2 (1) 353 Tipicamente il valore di R definito nell‟equazione 1 è circa il 4%. La ripetibilità del sistema di lettura è garantita se R non è superiore al doppio del valore tipico, ossia l‟ 8%. Un valore di R superiore a questa soglia è indice di un malfunzionamento del sistema di conteggio. La riproducibilità invece è espressa come scarto tipo dei risultati di prove ripetute con lo stesso metodo sullo stesso materiale ma in laboratorio diversi ed in tempi diversi. E‟ dunque un parametro proprio del metodo di prova e la sua valutazione richiede una campagna di misurazioni interlaboratorio. La stima della riproducibilità interlaboratorio viene valutata attraverso la partecipazione a esercizi di interconfronto nazionali e/o internazionali. Ad esempio quest‟anno INAIL ha partecipato all‟interconfronto organizzato dalla BfS (Germania); in tale occasione i dosimetri sono stati esposti a 4 valori nel range 200-3500 kBq h/m3. Dal momento che il rapporto ufficiale relativo a tale interconfronto non è stato ancora pubblicato, non siamo in grado di dare un valore di riproducibilità, tuttavia è possibile evidenziare una ripetibilità fra le nostre misure del 4,5% ed una esattezza pari al 4,6%. 3.4 Procedura di taratura e determinazione del limite superiore di rivelazione Generalmente la taratura si riferisce al processo di determinazione della risposta di uno strumento (o sistema di misura) ad una serie di valori noti su tutta la gamma di funzionamento: nel caso di misurazioni di concentrazione di radon in aria con dosimetri passivi, la taratura fornisce la sensibilità di risposta S del sistema. S correla la risposta dello strumento (il dosimetro passivo), espressa in termini di densità di tracce e la concentrazione di radon per unità di tempo (esposizione al radon). L'esposizione al radon (E, kBq h/m3) può essere valutata tramite la relazione: t E S (2) 354 dove è la media della densità di tracce (cm-2), t è la densità di tracce dovute al transito (rivelatori non esposti in campo) e S è la sensibilità di risposta del sistema (cm-2 kBq-1 h-1 m3). La taratura si realizza mediante l‟esposizione dei dosimetri passivi a diversi valori di concentrazione di radon in atmosfere certificate [10]. Le tarature sono eseguite in genere a diversi valori di esposizione con l'obiettivo di verificare la relazione lineare tra esposizione al radon e densità di tracce, come ipotizzato nella equazione (2). L‟utilizzo del sistema automatizzato di lettura Politrack ha permesso si estendere l‟intervallo di esposizioni in cui vengono effettuate le tarature fino a 10000 kBq h/m3. Il software infatti è in grado di correggere l‟eventuale sottostima nel conteggio delle tracce dovuta alla sovrapposizione delle stesse ad alti valori. In queste condizioni l‟equazione (2) è sostituita da: t E S (1 K AC ) (3) La sensibilità di risposta S corrispondente viene calcolata minimizzando il quadrato degli scarti fra l‟esposizione di riferimento e quella valutata sperimentalmente. In figura 3 sono riportati, a titolo di esempio, i risultati di una taratura eseguita esponendo una serie di dosimetri NRPB/SSI presso le camere radon dell'Istituto Italiano Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti (INMRI-ENEA; Italia) . Figura 3: dipendenza lineare del dosimetro NRPB/SSI in risposta all'esposizione al radon. Il valore di S ottenuto per questa partita particolare è 2,95 ± 0,15 355 Poiché il materiale plastico viene acquistato da un produttore esterno, per verificare che eventuali cambiamenti nel processo di produzione del polimero non abbiano influenzato la risposta al radon, il laboratorio effettua una taratura di un campione rappresentativo per ogni nuovo lotto di CR39 (3-5% rilevatori per ciascun lotto). Anche se la risposta lineare del sistema è confermata nel range di 100-10000 kBq h/m3, è ragionevole aspettarsi la linearità anche nell‟intervallo 0-100 kBq h/m3. A valori superiori a 10000 kBq h/m3 sarà necessario ricalcolare il valore S attraverso opportune tarature. Quindi, nelle condizioni sperimentali descritte in precedenza, il valore soglia di 10000 kBq h/m3 deve essere assunto come limite superiore di rivelazione del sistema. 3.5 Limite di rivelazione e limite di decisione In accordo con lo standard ISO 11929:2010 [11], INAIL ha fatto propria l‟impostazione di Currie [12, 13] nella stima del limite di rivelazione e del limite di decisione. Il limite di decisione è identificabile con il minimo numero di tracce, oltre il quale si decide, con un determinato livello di confidenza, che il dosimetro è stato esposto al radon LD 2 K (4) Il limite di rivelazione è il minimo valore di esposizione al radon E, stimato con un determinato livello di confidenza, che può essere rivelato. LR 2 2 K (5) Con Kα si indica la variabile standardizzata della distribuzione normale corrispondente alla probabilità α e con σ lo scarto tipo dei rivelatori non esposti in campo (transiti) che, nelle condizioni operative adottate dal nostro laboratorio è pari a 7 kBq h/m3. Ad un livello di confidenza del 95% α è uguale a 0,05 e Kα è 1,645 [3], pertanto 356 Ld=16 kBq h/m3 LR=33 kBq h/m3 3.6 La valutazione dell'incertezza: approccio bottom-up Sulla base delle indicazioni fornite dalla norma CEI UNI EN ISO/IEC 17025 la valutazione dell'incertezza con l‟approccio bottom-up passa attraverso l'individuazione e la quantificazione della componente individuale delle incertezze [14]. In questo paragrafo l'analisi eseguita da Hanley et al. [15] è stata applicata al protocollo sperimentale precedentemente descritto. Se consideriamo N dosimetri esposti al medesimo valore di concentrazione di radon (E), per il k-esimo rivelatore sono eseguite n scansioni in modo da coprire una parte sensibile della sua superficie. Poiché la distribuzione delle tracce sulla superficie del rivelatore è omogenea, la scansione di un gran parte di essa permette il miglioramento della statistica di conteggio e conseguentemente di ridurre gli errori casuali (nel nostro setup 1,2 cm2 sono coperti in 174 in scansioni). L'incertezza associata alla densità delle tracce è calcolata come lo scarto tipo tra le scansioni: 1 n (6) ( ik k ) 2 n 1 i 1 dove ki è la densità di tracce della i-esima scansione e k è la media aritmetica dei valori di densità tracce ottenute dalle scansioni n. La densità di tracce media è la media aritmetica dei valori di N k. L'incertezza associata alla densità di tracce per è dato da: u( k ) u( ) 1 N N u 2 ( k ) (7) k 1 L'incertezza associata all'esposizione al radon è stata calcolata secondo lo standard UNI CEI ENV 13005:2000 [16] utilizzando la propagazione di incertezza per quantità non correlate: 357 u 2 u 2 t t u E u 2 S S2 S4 2 (5) Considerando che l‟incertezza sulla sensibilità può essere stimata pari ad un 5%, risulta evidente come sia questo il fattore critico per la valutazione dell‟esposizione al radon. CONCLUSIONI Il laboratorio di radioattività naturale di INAIL (Ex ISPESL) ha adottato, come primo passo verso l‟accreditamento UNI CEI EN ISO/ IEC 17025, il programma di assicurazione di qualità, descritto nel presente lavoro. Sono stati identificati una serie di parametri che permettono di assicurare la qualità di ogni passaggio del protocollo operativo: lo schema sotto riportato ne rappresenta una sintesi. La qualità dell‟intero processo viene inoltre verificata attraverso la periodica partecipazione ad esercizi di interconfronto. Calibrazione Test di accettazione Sviluppo chimico Fondo Sensibilità di risposta Calcolo della sensibilità per ogni partita Risposta lineare del dosimetro densità del materiale ripetibilità esattezza Proprietà della soluzione Temperatura Conducibilità Densità Transito 157 kBqm-3h Limite superiore rivelabilità -3 10000 kBqm h Limite di accettazione: COV <0,5% <2% Limite di accettazione: 1°C COV <2% Limite di decisione Ld=16 kBq h/m3 Limite di rivelazione LR=33 kBq h/m3 358 di RINGRAZIAMENTI Gli autori desiderano ringraziare i colleghi dott. P. De Felice e dott. F. Cardellini per i preziosi suggerimenti e le stimolanti discussioni. BIBLIOGRAFIA [1] UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2008-10. Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura. [2] Mellander H and Enflo E, 1992. The alpha track method use in Swedish radon epidemiological study. Rad. 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Atti convegno AIRP “Metodologie radiochimiche e radiometriche in radioprotezione”, Urbino, 20-22 giugno 1995. [13] Currie L A, 1968. Limits for qualitative detection and quantitative determination. Anal. Chem.. 40, 586-593. 359 [14] International Organization for Standardisation, 1995. Guide to the Expression of Uncertainty in Measurement ISO-GUM. ISO, Geneva. [15] Hanley O, Gutiérrez-Villanueva J L, Currivan L, Pollard D, 2008. Assessment of the uncertainties in the Radiological Protection Institute of Ireland (RPII) radon measurements service . J. Env. Rad. 99, 1578-1582. [16] UNI CEI ENV 13005:2000 (UNI CEI 9:1997). Guida all‟espressione dell‟incertezza di misura. 360 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 STUDIO DELLA RISPOSTA DEI DOSIMETRI A FILM A BASSE DOSI S. Abate, M. Caresana, L. Garlati, O. Tambussi Dipartimento di Energia – CESNEF- Politecnico di Milano Via Ponzio 34/3 – 20133 Milano INTRODUZIONE Il Laboratorio di Radioprotezione del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano dispone di un Servizio di Dosimetria dotato di dosimetri a film per la dosimetria a corpo intero e di dosimetri a termoluminescenza per la dosimetria delle estremità. In questo lavoro si considera la risposta dei soli dosimetri a film. Il documento della Commissione Europea Radiation Protection n. 160 “Technical Recommendation for Monitoring Individuals Occupationalyi Exposed to External Radiation” [1] pone l‟attenzione alla valutazione dell‟incertezza associata al valore di dose assegnata. In questa prospettiva diventa fondamentale conoscere la soglia di decisione (decision threshold) e il limite di rivelazione (Minimum Detectable Value). A tal fine devono essere identificate tutte le quantità che possono influenzare la misura: devono essere caratterizzate dalla loro miglior stima e dall‟incertezza associata (oppure da una funzione di densità di probabilità). Una volta identificati tutti i fattori d„influenza e le incertezze ad essi associati, è possibile applicare quanto indicato nelle norme ISO [2, 3] per determinare la soglia di decisione, il limite di rivelazione e l‟incertezza associata alla misura. Per quanto riguarda la dosimetria fotografica, le prove sperimentali e i calcoli necessari per riuscire a valutare queste grandezze sono molti. Un primo passo verso la stima dell‟incertezza è indagare la risposta dei dosimetri a basse dosi, così da ottenere i fattori d‟influenza per la y(0) (dose nulla). Con la dicitura “basse dosi” in questo lavoro si intendono valori di dose inferiori al limite di rivelazione storicamente dichiarato dal Servizio, pari a 200 µSv. 361 Propriamente il limite di rivelazione è dipendente dall‟energia incidente: si è scelto di iniziare l‟indagine considerando fasci di radiazione di energia prossima al fascio di riferimento del Cs-137. In questo modo si è potuto condurre gli irraggiamenti sia presso il Centro di Taratura LAT n. 104 – Settore Radiazioni Ionizzanti del Politecnico di Milano, utilizzando il fascio al Cesio descritto nella norma ISO 4037-1 e con le modalità previste dalla norma ISO 40373 [4, 5]; sia presso il deposito rifiuti del reattore L54M, dove la componente energetica maggiormente presente è quella del Cesio 137. Le misure presso il deposito rifiuti ha permesso di avere irraggiamenti dinamici in campi di raziazione non collimati, simulando così un dosimetro utilizzato dal personale. I dosimetri sono stati irraggiati tutti su solid slab phantom. Nel casi degli irraggiamenti presso il deposito rifiuti, la dose di riferimento (valore convenzionalmente vero) è stata valutata tramite un rivelatore elettronico DMC 2000 XB (MGP Instruments), posizionato sul fantoccio assieme ai dosimetri. Le dosi impartite sono tutte inferiori a 200 µSv. Per gli irraggiamenti si sono utilizzate due diverse partite di pellicole, una di nuova produzione e una prossima alla scadenza. In questo modo è possibile indagare l‟influenza dell‟invecchiamento della pellicola. I risultati vengono analizzati alla luce dei risultati ottenuti negli interconfronti organizzati da Eurados. MATERIALI E METODI Caratteristiche del dosimetro e del servizio di dosimetria Il dosimetro a corpo intero in utilizzo è un film badge (FB): il contenitore alloggia cinque filtri metallici ed è dotato di una finestra; la pellicola inserita è del tipo 22MUO Personal Monitoring, commercializzato dalla AGFA Gevaert. La valutazione della dose viene determinata tramite un algoritmo basato sulla soluzione in forma discreta dell‟equazione di Fredholm al primo ordine. La bontà dell‟algoritmo è stata oggetto di studi dedicati [6, 7]. Il Servizio di Dosimetria individuale con dosimetri fotografici è stato iscritto dal luglio 1986 fino a luglio 2000 nell'elenco dei Servizi 362 affidabili ENEA-EDP per il Gruppo 3 (da 20 keV a 1,3 MeV) avendo superato la prima prova di verifica dell'affidabilità e le successive prove periodiche di conferma. Il limite inferiore di rivelazione dichiarato era pari a 200 µSv. Non esistendo attualmente un sistema di affidabilità dei servizi e non avendo mutato nulla nel sistema dosimetrico, attualmente vengono dichiarati gli stessi intervalli di risposta dosimetrica verificati in precedenza dal servizio di affidabilità. Agli attuali utilizzatori del dosimetro viene fornito un documento riportante le caratteristiche stesse del sistema e indicazioni circa le dosi comunicate loro. Per quanto riguarda le dosi rivelabili, il documento recita: “Il limite inferiore specificato, per la radiazione elettromagnetica di energia inferiore a 200 keV, è di 200 µSv. Valori più bassi vengono indicati con <50 µSv e <200 µSv (si intende una dose compresa tra 50 e 175 µSv). Se la pellicola non risulta esposta viene indicato “zero”, intendendo con ciò un valore minore di circa 3 µSv (max 5 µSv). Il limite inferiore specificato, per la radiazione elettromagnetica di energia superiore a 200 keV, è di 200 µSv. Quando il risultato è inferiore, viene indicato come <200 µSv (si intende una dose compresa tra 30 e 175 µSv). Se la pellicola non risulta esposta affatto viene segnalato “zero”, intendendo con ciò un valore minore di circa 30 µSv.” Quindi, indipendentemente dall‟energia della radiazione incidente, la minima dose rivelabile è di 200 µSv, al di sotto di tale dose si dichiarano due o tre intervalli di dose a seconda dell‟energia della radiazione incidente. La dichiarazione “Zero” indica una dose sotto la soglia di decisione, l‟indicazione “<50 o <200 µSv” indica un intervallo entro cui sta la dose effettiva ricevuta dal dosimetro, ma affetta da un‟incertezza (elevata?!) non quantificabile. Per quanto riguarda la stima dell‟incertezza, per i dosimetri a film uno studio approfondito come indicato dal documento RP 160 non è mai stato condotto. Per sopperire alla mancanza d‟informazione sulla stima dell‟incertezza, all‟utente non si fornisce il valore ottenuto dall‟algoritmo di elaborazione dei dati, ma una sua approssimazione: per esempio, una dose assegnata pari a 250 µSv indica un risultato dell‟algoritmo compreso tra 226 e 275 µSv. 363 Purtroppo la mancanza di dati precisi sotto i 175 µSv può essere un problema, soprattutto per la classificazione dei lavoratori in categoria B. Da parte degli utenti si hanno spesso richieste di avere informazioni più precise. La partecipazione agli interconfronti organizzati da Eurados per sistemi dosimetrici a corpo intero [8, 9] ha permesso di verificare l‟affidabilità del Servizio per dosi comprese tra 0.5 e 250 mSv per la grandezza dosimetrica Hp(10), a diversi fasci energetici e a diverse condizioni di irraggiamento. La partecipazione nell‟anno 2008 è stata utile anche per apportare modifiche alle procedure di valutazione della dose per dosimetri irraggiati con fasci angolati e ad alte dosi. In questo modo si è passati da due valori al di fuori della curva a trombetta nel 2008 a nessuno nel 2010, secondo quanto stabilito dalla ISO 14146 [10] (figura 1). I risultati dell‟interconfronto del 2010 mostrano però un trend di sovrastima maggiore rispetto a quelli dell‟interconfronto del 2008. Maggiori problemi di sovrastima si hanno per dosimetri irraggiati ad angoli diversi da 0°. In media il rapporto tra dose misurata e dose convenzionalmente vera è di 1.17. Dosi inferiori a 0.5 mSv restano però non verificate da questi interconfronti. Set di pellicole Alcune caratteristiche delle pellicole possono cambiare col lotto di produzione. Per questo motivo si lavora sempre con film prodotti in contemporanea: questo significa avere una curva di controllo per lo sviluppo dello stesso lotto di quella in utilizzo. Inoltre va considerato che le pellicole acquisiscono dose dovuta alla radiazione di fondo ambientale. Diventa importante avere un dosimetro testimone (cioè un dosimetro non irraggiato) per ogni set di dosimetri utilizzato per la dosimetria o per gli irraggiamenti di prova. 364 R: rapporto tra dose misurata e dose convenzionalmente vera 2008 limite superiore limite inferiore R 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 Dose convenzionalmente vera (mSv) 365 10,0 12,0 14,0 R: rapporto tra dose misurata e dose convenzionalmente vera 2010 limite superiore limite inferiore R 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 Dose convenzionalmente vera (mSv) 12,0 14,0 Figura 1: Risultati relativi alla partecipazione agli interconfronto organizzati da Eurados nel 2008 e nel 2010 per il dosimetro fotografico a corpo intero del Servizio di Dosimetria. 366 A mano a mano che la pellicola invecchia, si ha un peggioramento dell‟immagine prodotta. Durante il normale svolgersi del Servizio di Dosimetria, c‟è sempre un periodo di sovrapposizione tra pellicole di diverse scadenza e in genere un lotto viene utilizzato circa tre mesi dopo l‟arrivo in laboratorio, così da consentire tutte le verifiche preliminari, e fino a un massimo di tre mesi prima della sua scadenza, così da consentire all‟utente di restituire per tempo il dosimetro. Per indagare correttamente i limiti di rivelazione l‟ideale sarebbe controllare una partita da quando è prodotta a quando arriva in prossimità della scadenza (circa un anno). Per ottimizzare i tempi e minimizzare le incertezze sulle modalità di irraggiamento, si sono indagati dosimetri con pellicole di due diversi lotti: uno acquistato a marzo 2011 con scadenza maggio 2012 (indicato in seguito con la sigla NS) e uno acquistato a giugno 2010 con data di scadenza maggio 2011 (indicato in seguito con la sigla VS). Per ogni lotto si hanno a disposizione varie curve di riferimento e set di due film di controllo delle curve stesse. Inoltre si hanno a disposizione delle pellicole non irraggiate per la valutazione dell‟omogeneità dei due lotti. Irraggiamenti presso il Centro di Taratura e presso il locale deposito rifiuti Una serie di irraggiamenti è stata condotta presso il Centro di Taratura per caratterizzare la strumentazione utilizzata e confrontare i dati registrati dai diversi dosimetri. Questi irraggiamenti sono caratterizzati da fasci ben collimati, zone di irraggiamento uniformi, dose assegnate con incertezza pari a circa il 5% (k=2). Preliminarmente a tutti gli irraggiamenti, presso il Centro è stato tarato il dosimetro elettronico DMC 2000 XB (MGP Instruments) in termini di grandezza operativa Hp(10). Gli irraggiamenti, effettuati tutti su solid slab phantom, sono schematizzati in tabella 1 e di seguito riassunti: - irraggiamento contemporaneo di un dosimetro con pellicola di NS e uno con pellicola di VS per verificare la risposta delle pellicole di lotti diversi in condizioni di irraggiamento statico; 367 - - irraggiamento contemporaneo di un dosimetro con pellicola di NS e del dosimetro elettronico DMC per confrontare la risposta e verificare l‟attendibilità dell‟utilizzo del dosimetro elettronico come campione di prima linea nelle prove presso il deposito isotopi; irraggiamento a gruppi di 4 di dosimetri con pellicola di NS da sviluppare a diversa distanza dalla data di irraggiamento, per verificare effetti legati allo sviluppo delle pellicole. La seconda serie di irraggiamenti è stata condotta presso il locale di deposito dei bidoni dei rifiuti del reattore L54M e il locale antistante il deposito. Presso questo deposito sono stoccati circa una trentina di bidoni contenente rifiuti a bassa attività, ottenuti negli anni di funzionamento del reattore e dall‟attuale decommissioning. Questi rifiuti contengono in prevalenza Cs-137, Sr-90, Eu-152 e Am-241. In questi locali è possibile simulare situazioni reali di campi di radiazione durante l‟utilizzo del dosimetro a film a corpo intero: nel locale deposito si ha un campo di radiazione multi sorgente ed esteso, nel locale antistante si simula un campo di radiazione quasi di singola sorgente e limitato per estensione. Ogni irraggiamento prevede l‟utilizzo del dosimetro elettronico, di un FB con pellicola di NS e uno con pellicola di VS. I dosimetri vengono posizionati sullo solid slab phantom all‟interno di un quadrato di riferimento di 20 x 20 cm2, abbastanza vicini da garantire l‟uniformità di campo di radiazione, ma senza rischio di sovrapposizione. La posizione dei tre tipi di dosimetro viene mantenuta fissa. Il solid slab phantom viene adagiato sopra un bidone dei rifiuti vuoto, munito di carrello girevole alla base, ottenendo una specie di fantoccio. In figura 2 è mostrato l‟assetto d‟irraggiamento presso il locale deposito rifiuti. Per effettuare le misure dinamiche, il fantoccio può essere movimentato tramite corde fisate ai manici del bidone dei rifiuti. Gli irraggiamenti sono schematizzati in tabella 1 e qui riassunti: - nel locale deposito dei rifiuti serie di irraggiamenti (frontale, rotazione di ±90° del fantoccio) per la determinazione della componente maggioritaria dello spetto energetico; 368 - - nel locale deposito dei rifiuti serie d‟irraggiamenti in posizione fissa (solid slab phantom posto frontalmente ai bidoni); nel locale deposito dei rifiuti serie d‟irraggiamenti in movimento; nel locale antistante il deposito un irraggiamento per la determinazione della componente maggioritaria dello spetto energetico; nel locale antistante il deposito in presenza di un unico bidone contenente rifiuti radioattivi serie d‟irraggiamenti in posizione fissa (solid slab phantom posto frontalmente ai bidoni); nel locale antistante il deposito in presenza di un unico bidone contenente rifiuti radioattivi serie d‟irraggiamenti in posizione fissa. Numero e tipo di dosimetro 14 FB NS + 14FB VS + DMC 11 FB NS + DMC Da 10 a 200 Sv Luogo di irraggiamento Centro di Taratura Da 20 a 250 Sv Centro di Taratura 24 FB NS + DMC Da 40 a 250 Sv Centro di Taratura 3 FB NS + 3 FB VS Determinazione spettro energetico locale Da 6 a 92 Sv Locale deposito Da 7 a 98 Sv Locale deposito Determinazione spettro energetico locale Da 12 a 118 Sv Locale antistante deposito Statica Slab + bidone Dinamica Slab + bidone Statica Slab + bidone Locale antistante deposito Locale antistante deposito Statica Slab + bidone Dinamica Slab + bidone 5 FB NS + 5 FB VS + DMC 5 FB NS + 5 FB VS + DMC 1 FB NS + 1 FB VS 5 FB NS + 5 FB VS + DMC 5 FB NS + 5 FB VS + DMC Intervallo di dose Da 8 a 84 Sv Locale deposito Modalità Slab, 0°, distanza 180 cm Slab, 0°, distanza 180 cm Slab, 0°, distanza 180 cm, coppie di 4 FB Statica Slab + bidone Tabella 1: Schema degli irraggiamenti effettuati (FB: film badge, NS: nuova scadenza, VS: vecchia scadenza, DMC: dosimetro elettronico). 369 Figura 2: Irraggiamenti presso il locale deposito isotopi. I dosimetri a film e il lettore elettronico sono attaccati al solid slab phantom. RISULTATI Prove di omogeneità I primi film ad essere analizzati sono quelli non irraggiati inseriti per il controllo dell‟omogeneità. Tutti i film sono stati sviluppati assieme, posizionati uno di seguito all‟altro all‟interno del bagno di sviluppo; sono stati letti in corrispondenza dei sei campi di lettura abituali delle pellicole (finestra, filtro Al, filtro 0.2 Cu, filtro 1 Cu, filtro Sn e filtro Pb), sia per la vecchia sia per la nuova scadenza. In tabella 2 si riportano le letture di densità ottica massime e minime, lette sullo zero strumentale, il valor medio e la variazione percentuale. Come si può notare, pellicole prodotte di recente danno minore variazione di 370 lettura sulle pellicole non irraggiate rispetto a pellicole in prossimità della data di scadenza. Ai fini del Servizio di Dosimetria, la differenza di dose registrata da questi film è stata considerata come la dose sotto cui è impossibile distinguere un irraggiamento da un valore dovuto al fondo ambientale per radiazione con energia maggiore di 200 keV (dose attribuita “Zero”). Questo permette di avere un metodo di screening tra dosimetri irraggiati e dosimetri simili al dosimetro testimone: si considerano irraggiati film che hanno letture di densità ottica sotto finestra maggiori dello scostamento massimo ottenuto nelle prove di omogeneità. Correttamente, questo valore dovrebbe essere valutato tramite una funzione di distribuzione di probabilità a partire da questi dati e verificando come questo fattore influenzi il calcolo delle dosi. Oltre alla disomogeneità, dovranno essere tenuti in conto gli effetti dovuti alle diverse condizioni di sviluppo e la disomogeneità di lettura all‟interno di ogni singolo campo. Tutte queste variabili devono essere valutate correttamente, attraverso più prove e un numero di pellicole sufficientemente grande. Purtroppo non è una procedura così semplice da essere condotta per ogni nuovo lotto. Si è pertanto deciso di fare una valutazione semiquantitativa: si considera come valore soglia lo scostamento medio tra le letture di densità ottica. Per la nuova scadenza questo valore è pari a 0.010, per la vecchia scadenza è di 0.030. Questi valori soglia vengono verificati sui film irraggiati nelle prove seguenti. Finestra Nuova scadenza Vecchia scadenza Min Max Media Var % Min Max Media Var % 0,358 0,369 0,364 3,0% 0,615 0,653 0,632 6,0% Filtro Al 0,359 0,368 0,364 2,5% 0,613 0,638 0,626 4,0% Filtro 0.2 Cu 0,359 0,369 0,364 2,7% 0,617 0,638 0,627 3,4% Filtro 1 Cu 0,363 0,37 0,367 1,9% 0,616 0,646 0,633 4,7% Filtro Sn 0,364 0,369 0,367 1,4% 0,617 0,646 0,629 4,6% Filtro Pb 0,365 0,372 0,368 1,9% 0,618 0,653 0,631 5,5% Tabella 2: Analisi dei dati relativi alle letture di densità ottiche su pellicole non irraggiate. 371 Prove solo su film di nuova scadenza Le pellicole di nuova scadenza irraggiate a gruppi di 4 a basse dosi sono state sviluppate in tempi diversi (set A sviluppato il 25/7/2011, set B il 2/8/2011, set C e D il 30/8/2011). In tabella 3 si riportano i risultati. Per la dose registrata dai film badge, in tutte le tabelle si riporta la dose esatta calcolata dall‟algoritmo, che rappresenta la soluzione con il valore minore della funzione 2. La lettura sotto finestra dei film irraggiati a 40 µSv è risultata essere all‟interno dello scostamento di 0.010 (densità ottica min 0.017 – max 0.027). L‟algoritmo per il calcolo delle dosi sovrastima mediamente del 34% per valori di dose così bassi, in accordo anche con i risultati ottenuti nell‟interconfronto Eurados. La sovrastima è maggiore per dosi minori. I risultati relativi ai due set di dosimetri sviluppati in contemporanea (C e D) dimostrano come si possano avere dosi diverse da dosimetri che hanno avuto lo stesso iter: per questi dosimetri si possono escludere influenze dovute allo sviluppo delle pellicole. v.c.v. Hp(10) (µSv) 40±2 100±5 150±8 175±9 200±10 250±12 Dose registrata dai FB set A (µSv) 58 138 185 208 250 302 Dose registrata dai FB set B (µSv) 62 136 190 224 262 314 Dose registrata dai FB set C (µSv) 53 121 196 232 252 321 Dose registrata dai FB set D (µSv) 68 151 214 247 273 341 Media Scarto tipo 60 137 196 228 259 320 49% 36% 31% 30% 30% 28% Tabella 3: Dosi registrate da dosimetri fotografici irraggiati contemporaneamente e sviluppati in tempi diversi confrontate col valore di dose convenzionalmente vero (v.c.v.). Le dosi sono espresse nella grandezza dosimetrica Hp(10). Le pellicole appartengono tutte allo stesso lotto (NS). Le dosi registrate dai film irraggiati presso il Centro di Taratura assieme al dosimetro elettronico DMC sono riportate in tabella 4. I dati relativi al dosimetro elettronico sono già corretti per il fattore di taratura e riportati con incertezza pari a un fattore di copertura k=2. 372 Lo scarto tipo si mantiene sotto il 20%: c‟è buon accordo tra il valore convenzionalmente vero e le dosi ottenute dal fit dei dati di lettura delle densità ottiche. Va fatto notare che le letture di densità ottica iniziano ad essere superiori a 0.010 e a mostrare un trend in crescendo (e non casuale) solo dal film con dose assegnata pari a 50 µSv. v.c.v. Hp(10) (µSv) 20±1 30±1 40±2 50±3 75±4 100±5 125±6 150±8 175±9 200±10 250±13 Dose registrata da DMC (µSv) 20±1 29±2 40±2 50±3 76±5 105±6 126±8 154±9 179±11 202±12 256±16 Dose registrata da FB (µSv) 20 35 40 42 84 115 145 166 196 234 295 Scarto tipo 1% 17% 0% -16% 12% 15% 16% 10% 12% 17% 18% Tabella 4: Dosi registrate dal dosimetro elettronico DMC e dai dosimetri fotografici irraggiati contemporaneamente. Le pellicole appartengono tutte allo stesso lotto (NS). Prove su pellicole di entrambi i lotti I dosimetri irraggiati nelle prove in cui si ha la presenza di pellicole di entrambi i lotti sono stati sviluppati in contemporanea entro la data di scadenza del lotto più vecchio. Si analizzano per primi i dati dei dosimetri irraggiati in contemporanea al Centro di Taratura. Irraggiamenti a valori significativi di dose per l‟espletamento del Servizio di Dosimetria sono stati ripetuti: 30 µSv rappresenta la soglia per l‟attribuzione di dose nulla, 100 µSv rappresenta il valore medio dell‟intervallo di dose assegnato come “<200 µSv”, mentre 175 µSv è la minima dose rivelabile dichiarata. I risultati dell‟elaborazione dei dati sono riportati in tabella 5. Nelle colonne relative al lotto di nuova scadenza è introdotta una linea che indica i dosimetri da cui si inizia ad avere una lettura di densità ottica superiore a 0.010. Il film irraggiato a più bassa dose ha dato letture tutte nulle o negative. Gli scarti tipi si mantengono al di sotto del 373 20% per dosi significative dal punto di vista della densità ottica letta. Questi dati confermano quanto trovato negli irraggiamenti di tabella 4. Per quanto riguarda i film di vecchia scadenza, tutte le letture sono risultate superiori a 0.030. Le dosi registrate sono però risultate essere poco attendibili fin oltre alla dose assegnata di 100 µSv, per cui si ha uno scarto tipo inferiore a 50%. v.c.v. Hp(10) (µSv) 10±1 20±1 30±2 30±2 40±2 50±2 75±4 100±5 100±5 128±6 153±8 176±9 177±9 202±10 Scadenza maggio 2012 (NS) Dose registrata Scarto da FB (µSv) tipo Non letto ---15 -26% 23 -25% 24 -21% 25 -38% 43 -13% 71 -5% 103 3% 105 5% 134 5% 174 14% 202 15% 207 17% 236 17% Scadenza maggio 2011 (VS) Dose registrata Scarto tipo da FB (µSv) 74 644% 78 291% 87 191% 127 325% 140 250% 151 203% 184 146% 217 117% 192 92% 173 36% 199 30% 231 31% 237 34% 254 26% Tabella 5: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione e irraggiati contemporaneamente, e confrontate col valore di dose convenzionalmente vero (v.c.v.). La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e superiore alla soglia di 0.010. I dosimetri irraggiati presso il locale di deposito dei rifiuti radioattivi per verificare lo spetto energetico hanno confermato che la componente maggiormente presente nella radiazione incidente sul fantoccio è quella del Cs-137, congruentemente con i dati noti del contenuto dei singoli bidoni. Inoltre la dose registrata dai due dosimetri con pellicole di diversa scadenza è stata la stessa, così da avere una conferma dell‟omogeneità di campo di radiazione nella zona di posizionamento dei dosimetri, almeno per la posizione di irraggiamento per le esposizioni statiche (irraggiamento frontale). A 374 causa dei lunghi tempi di irraggiamento per ottenere questi dati, non si è potuto lasciare in misura il dosimetro elettronico DMC. Nelle tabelle 6 e 7 si riportano i dati relativi agli irraggiamenti effettuati presso il locale deposito per le due diverse partite di pellicole. Nella tabella 6 vengono confrontati i dati relativi alle esposizioni statiche e nella tabella 7 quelle relative alle esposizioni dinamiche. Le linee nere separano di dosimetri per cui le letture stanno sopra o sotto la soglia di 0.010 per la NS e di 0.030 per la VS. Va premesso che il programmi di elaborazione dei dati assegna la dose in base alla combinazione energetica che permette di avere la funzione 2 minimizzata. Per gli irraggiamenti condotti presso il Centro di Taratura, la dose era dovuta completamente alla componente energetica di 662 keV del Cs-137. Per gli irraggiamenti presso il locale deposito e quello antistante il deposito, le dosi ottenute sono dovute in prevalenza alla componente energetica maggiormente presente, ma anche in parte ad altra componente energetica, spesso inferiore a 200 keV, per cui la pellicola fotografica risulta essere molto più sensibile. Durata irraggiamento (minuti) v.c.v. Hp(10) (µSv) 7 15 30 60 90 5,8±0.4 15±1 30±2 59±4 89±5 Scadenza maggio 2012 (NS) Dose registrata da FB (µSv) Scarto tipo 33 41 47 84 116 470% 179% 57% 42% 30% Scadenza maggio 2011 (VS) Dose registrata Scarto da FB tipo (µSv) Non letto --16 9% 35 18% 63 6% 98 10% Tabella 6: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale deposito rifiuti in modalità statica. La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e superiore alla soglia di 0.030. 375 Durata irraggiamento (minuti) v.c.v. Hp(10) (µSv) 7 15 30 60 90 6,8±0.4 16±1 33±2 62±4 95±6 Scadenza maggio 2012 (NS) Dose registrata Scarto da FB tipo (µSv) 8 22% 9 -39% 42 27% 72 16% 116 22% Scadenza maggio 2011 (VS) Dose registrata da FB (µSv) Scarto tipo Non letto 40 64 99 66 --156% 94% 59% -30% Tabella 7: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale deposito rifiuti in modalità dinamica. La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e superiore alla soglia di 0.030.. I dati attendibili, cioè con letture di densità ottica superiori ai valori soglia stabiliti, risultano quelli sopra i 30 µSv. I dosimetri con pellicole di nuova scadenza nelle esposizioni statiche hanno registrato valori superiori alla dose di riferimento data dal dosimetro elettronico. Non è completamente da escludere l‟ipotesi di disuniformità del campo di radiazione. Il passaggio da esposizioni statiche a quelle dinamiche porta a risultati peggiori per le pellicole di VS, mentre migliorano quelle di NS. I dosimetri, irraggiati con solo uno dei bidoni per la determinazione dello spettro energetico nel locale antistante il deposito dei rifiuti, hanno confermato la presenza di Cs-137 e Sr-90 in minor quantità, come dichiarato sull‟etichetta affissa all‟esterno del bidone. Anche in questo caso le dosi registrate dai due film sono risultate uguali. In tabelle 8 e 9 si riportano i dati relativi agli irraggiamenti effettuati presso il locale antistante il deposito per le due diverse partite di pellicole. Nella tabella 8 vengono confrontati i dati relativi alle esposizioni statiche e nella tabella 9 quelle relative alle esposizioni dinamiche. Le linee nere hanno la stessa funzione di quelle delle tabelle 6 e 7. 376 Durata irraggiamento (minuti) v.c.v. Hp(10) (µSv) 8 15 30 45 75 12±1 23±1 45±3 70±4 114±7 Scadenza maggio 2012 (NS) Dose Scarto registrata da tipo FB (µSv) 31 170% 52 122% 76 71% 93 33% 147 29% Scadenza maggio 2011 (VS) Dose Scarto registrata da tipo FB (µSv) 12 -0,2% 61 163% 89 100% 92 32% 157 37% Tabella 8: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale antistante il deposito rifiuti in modalità statica. La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e superiore alla soglia di 0.030. Durata irraggiamento (minuti) v.c.v. Hp(10) (µSv) 8 15 30 45 75 7.8±0.5 23±1 30±2 51±3 81±5 Scadenza maggio 2012 (NS) Dose Scarto registrata da tipo FB (µSv) 31 302% 60 158% 50 67% 65 27% 79 -3% Scadenza maggio 2011 (VS) Dose Scarto registrata da tipo FB (µSv) 30 288% 44 91% 48 58% 65 27% 93 14% Tabella 9: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale antistante il deposito rifiuti in modalità dinamica. La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e superiore alla soglia di 0.010 ( NS) e di 0.030 (VS). Per tutte le pellicole tutti gli irraggiamenti a dosi inferiori a 50 µSv danno uno scarto troppo alto, confermando anche la validità di porre una soglia di lettura sotto cui non è attendibile calcolare la dose. Si hanno meno differenze tra le pellicole delle due partire, mentre sembra essere meno influente il tipo di esposizione (statica o dinamica). Questi ultimi irraggiamenti sono quelli che rappresentano meglio la situazione d‟impiego usuale dei dosimetri a film: presenza di un numero finito di sorgenti (in genere una o due) e movimento dell‟utilizzatore all‟interno della stanza con presenza statica in prossimità della sorgente limitata nel tempo. 377 CONCLUSIONI Gli irraggiamenti condotti su dosimetri a film con pellicole prodotte in lotti diversi ha permesso di verificare l‟utilità di porre una soglia di lettura sulla densità ottica sotto cui non è possibile dare indicazioni di dose. Propriamente questo valore varia nel tempo con l‟invecchiamento della pellicola. Alla luce dei risultati ottenuti, per la radiazione di energia superiore a 200 keV, è necessario rivedere il valore di soglia adottato dal Servizio per l‟attribuzione della dose pari a “Zero”: si dovrebbe passare dall‟attuale valore di 30 µSv al valore di 50 µSv per la grandezza dosimetrica Hp(10). In caso di lavoratori soggetti a ricevere dosi inferiori a 200 µSv, è utile l‟utilizzo contemporaneo di un dosimetro elettronico e di un dosimetro fotografico, per poter valutare su un periodo di tempo significativo le dosi effettivamente ricevuto dal lavoratore. In questo modo si ha anche la sicurezza di classificare correttamente il lavoratore. Occorre proseguire lo studio prendendo in considerazione solo fasci di energia inferiore a 200 keV, zona dello spettro energetico di massima sensibilità delle pellicole. Sarebbe auspicabile effettuare anche per queste componenti energetiche “misure in campo”. Infine dovrebbe essere ripetuto tutto anche per campi di radiazione misti. BIBLIOGRAFIA 1 - European Commission: Radiation Protection N. 160, Technical Recommendation for Monitoring Individuals Occupationally Exposed to External Radiation (2009) 2 - ISO/IEC Guide 98 Part 3: Guide to the expression of uncertainty in measurement (1995) 3 – BIPM, IEC, IFCC, ISO IUPAC, IUPAP and OILM Joint Committee for Guides in Metrology: Guide to the expression of uncertainty in measurement (2008) 4 – ISO 4037-1: X and gamma reference radiation for calibrating dosemeters and dose rate meters and for determining their response as a function of photon energy - Part 1: Radiation characteristics and production methods (1996) 5 – ISO 4037-3: X and gamma reference radiation for calibrating dosemeters and dose rate meters and for determining their response as a function of photon energy 378 - Part 3: Calibration of area and personal dosemeters and the measurement of their response as a function of energy and angle of incidence (1993) 6 - M. Caresana, V. Klamert, G. Minchillo, O. Tambussi: Analisi della risposta angolare del dosimetro fotografico in termini di Hp(10), Atti del Convegno Nazionale di Radioprotezione: “Dosimetria personale ed ambientale”, La Maddalena 26-28 settembre 2001 7 - M. Caresana, V. Klamert: Evaluation, by simulated exposures, of a dose algorithm for photographic dosimetry for X and gamma radiation , Atti del European IRPA Congress 2002: “Towards harmonisation of radiation protection in Europe”, Firenze 8-11 ottobre 2002, ISBN 88-88648-09-7 8 – www.eurados.org 9 – T. W. M. Grimbergen, M. Figel, A. M. Romero, H. Stadtmann, A. F. 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Sabbareseb,c a Dipartimento di Scienze Fisiche, Università degli Studi di Napoli Federico II, Italy b Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Napoli, Italy c Dipartimento di scienze Ambientali, Seconda Università degli Studi di Napoli, Italy ABSTRACT Il recente interesse e sviluppo per le misure di concentrazione di 220 Rn in aria, in particolare nei luoghi sotterranei, ha reso necessario lo sviluppo di standard per la taratura degli strumenti e per permettere il confronto di misure fatte in diverse condizioni. A causa della vita media breve del 220Rn le tecniche consolidate per la creazione di atmosfere controllate di 222Rn non sono efficaci. Si è perciò sviluppato un nuovo protocollo per la caratterizzazione di sorgenti di 220Rn e produzione di atmosfere con concentrazione di attività nota. La sorgente è stata sviluppata utilizzando campioni naturali contenenti 232Th e misurando la loro emanazione di 220Rn. Essa è inserita in una camera, di volume pari a 33 litri, corredata da un rivelatore a raccolta elettrostatica e altri sensori per la misura di attività e parametri ambientali. L‟omogeneità all‟interno dell‟apparato è assicurata da una ventilazione interna alla camera. I primi risultati sperimentali e calcoli teorici mostrano la stabilità, la linearità del sistema e l‟omogeneità di concentrazione all‟interno della camera. INTRODUZIONE Il 220Rn, chiamato thoron, è un isotopo naturale del radon con vita media di 55.6 s. La concentrazione di thoron negli ambienti domestici è normalmente molto inferiore di quella del radon. Infatti, benché la concentrazione 380 di 232Th naturale sia superiore a quella dell‟238U, a causa della vita media breve la concentrazione in aria di thoron dipende fortemente dalla distanza dal punto di origine del gas e diventando spesso trascurabile. Ma in alcuni casi la concentrazione di thoron non può essere ignorata: alti livelli di concentrazione di attività di thoron si possono trovare in zone con sedimenti rocciosi e granitici ricchi di 232Th poco ventilate, come per esempio miniere, gallerie, cantine, etc. Oltre alla valutazione della concentrazione di thoron per motivi di radioprotezione diretti, il thoron ha un ruolo importante nelle misure di radon dove è necessario riuscire a discriminare i diversi contributi dovuti ai due isotopi, per minimizzare il fondo e per ottenere informazioni aggiuntive rispetto alla sola concentrazione. La misura della concentrazione di thoron con rivelatori attivi o passivi richiede quindi la taratura di tali strumenti. Mentre per il radon si dispone di tecniche consolidate per la creazione di atmosfere di concentrazione nota per la taratura dei rivelatori e per lo studio del comportamento dei suoi prodotti di decadimento (pdd), per il thoron si è ancora in pieno sviluppo di tali sistemi. Il problema principale nella gestione e realizzazione di atmosfere di concentrazione di attività di thoron da usare come standard sta nella vita media breve del gas, che non permette l‟utilizzo delle stesse tecniche usate per il radon. In questo quadro è quindi importante sviluppare apparati che permettano la taratura dei rivelatori, ma anche lo studio del thoron e dei suoi pdd e delle interferenze tra thoron e radon. Strumenti adatti a tale scopo sono le “camere thoron”. Di seguito è descritta la camera thoron sviluppata nel Laboratorio di Radioattività dell‟Università Federico II, il metodo usato per lo sviluppo e la caratterizzazione delle sorgenti e il loro utilizzo per la taratura della camera thoron. SORGENTE DI 220RN Le sorgenti thoron sono state sviluppate a partire da campioni naturali. La prima fase necessaria per la caratterizzazione è lo sviluppo di un protocollo per la misurazione dell‟emanato e del rate di emanazione. 381 Le sorgenti utilizzate si possono dividere in due famiglie a diversa attività. Un gruppo di sorgenti ad attività medio bassa che sono state ricavate da delle reticelle per lampade a gas contenenti 232Th. L‟altra sorgente ad alta attività è stata ottenuta da un campione di ossido di torio. Come detto, le sorgenti con attività medio bassa sono ricavate da delle reticelle per lampade a gas. Il torio è legato alle reticelle e, normalmente, i prodotti di decadimento del torio rimangono anch‟essi all‟interno della reticella, cosi nelle reticelle si trovano tutti i radionuclidi della serie radioattiva del 232Th. Le reticelle in dotazione sono 8 e sono state divise in tre gruppi, uno da quattro e due da due. Ai diversi gruppi di reticelle sono stati assegnati dei codici di riconoscimento, come riportato in tabella 1, che saranno usati in seguito per riferirsi alle sorgenti. La divisione delle reticelle in varie sorgenti permette di poter realizzare diverse concentrazioni di attività di thoron, esponendo in camera le diverse sorgenti o loro combinazioni. La sorgente ad alta attività è stata realizzata inserendo un campione di ossido di torio in una capsula petri e ricoprendolo con un panno di spugna, che permette al thoron di emanare liberamente e tiene confinata la parte solida, per evitare eventuali perdite del campione. Anche a quest‟ultima sorgente è stato assegnato un codice identificativo, con il quale sarà indicata la sorgente in seguito. Descrizione sorgente 2 reticelle integre in capsula petri da 6cm 2 reticelle tagliate in capsula petri da 6cm 4 reticelle integre in capsula petri 10cm Ossido di torio in capsula petri da 6cm Codice identificativo sorgente MTh2A MTh2B MTh4A STh20A Tabella 1 : codici identificativi delle diverse sorgenti. 382 Attività (Bq) Descrizione dell‟emanazione e dell‟accumulo delle concentrazioni. La tecnica usata per la caratterizzazione della sorgente sfrutta il disequilibrio tra i radionuclidi precedenti il thoron e quelli seguenti. Infatti, preso un campione con un certo coefficiente di emanazione costante, solo una parte del thoron prodotto dal radio, interno al campione, decade all‟interno della sorgente stessa. Essendo la percentuale di thoron trattenuto una caratteristica della sorgente si raggiungerà all‟interno del campione equilibrio tra il thoron trattenuto e i suoi pdd. Lo stesso accade fuori dalla sorgente dove si raggiungerà equilibrio tra il thoron emanato e i suoi prodotti di decadimento. In figura 1 è mostrato l‟andamento che ha l‟attività del thoron esterno alla sorgente, e dei suoi pdd, in caso di rate di emanazione costante. Rn220 1000 900 800 700 600 500 400 300 200 100 0 0 0,5 Po216 1 Pb212 1,5 2 Tempo (Giorni) Bi212 2,5 3 3,5 Figura 1: attività thoron emanato e suoi pdd in un volume con chiusura ermetica . Questo fenomeno è stato sfruttato per la realizzazione dell‟atmosfera a concentrazione di attività nota. Infatti, chiudendo una sorgente che emana una quantità costante di thoron all‟interno di un volume di riferimento, si ottiene una concentrazione di attività di thoron nota e costante. Caratterizzazione delle sorgenti La caratterizzazione della sorgente è stata eseguita attraverso delle misure di spettrometria γ eseguite con il rivelatore HpGe. 383 Per la misura dell‟attività si sono definiti due diversi metodi di misura: uno viene effettuato preliminarmente per essere sicuri che nella serie non ci siano disequilibri, il secondo è quello pratico che si esegue poi durante l‟uso normale della sorgente. La prima misura è divisa in due fasi. Nella prima il contenitore con la sorgente viene chiuso e lasciato chiuso per circa 40 giorni. In questo modo si raggiunge l‟equilibrio tra i diversi radionuclidi del campione, e si misura l‟attività della sorgente, attraverso misure gamma con HpGe. Una volta controllato che ci sia equilibrio tra i radionuclidi della serie, si calcola l‟attività della sorgente riferendosi al 212Pb appartenente alla seconda parte della serie. Per la seconda fase della misura la sorgente viene aperta e tenuta aperta per 3 giorni, affinché il 212Pb prodotto dal thoron emanato durante il periodo di chiusura decada e nella sorgente rimanga solo il 212 Pb in equilibrio con il thoron non emanato. A questo punto si procede a eseguire una nuova misura gamma, posizionando la sorgente sul rivelatore e installando un sistema di ventilazione che porta via il thoron emanato. La ventola è necessaria per evitare che il thoron emanato decada vicino alla sorgente e i suoi pdd si accumulino sulla superficie della stessa. Cosi facendo si misura solo il 212Pb in equilibrio con la concentrazione del thoron non emanato e per differenza si conosce la quantità di thoron emanato dalla sorgente. La seconda tecnica sfrutta, direttamente il disequilibrio tra la prima parte della serie radioattiva e la seconda. Si sono usati come riferimenti l‟228Ac e il 212Pb appartenenti rispettivamente alla prima e alla seconda parte della serie. Il primo è stato scelto perché emette gamma su un largo range di energia, permettendo una misura più precisa. Il secondo per essere il primo pdd del thoron che emette gamma. Si raccoglie uno spettro gamma con la sorgente aperta e con la ventilazione attiva. Cosi facendo si misura la quantità di thoron emanato come differenza tra l‟attività dell‟228Ac e il 212Pb. Per la ripetibilità delle misure è stato creato un protocollo che fissa i tempi e le modalità della misura. I risultati delle misure sono mostrarti in tabella 2. 384 Sorgente Rn220 emanato Bq MTh2A 273 ± 41 MTh2B 268 ± 40 MTh4A 623 ± 69 STh20A 15550 ± 1400 Tabella 2: attività di Rn220 emanato dalla sorgente. LA CAMERA THORON Apparato sperimentale La camera in cui si produce l‟atmosfera ad attività nota è costituita da un cilindro di acciaio dal volume di 32.7 litri. In dotazione alla camera ci sono due rivelatori sensibili alla concentrazioni di gas radioattivo in camera, un set di sensori per il monitoraggio di temperatura, umidità e pressione e diverse valvole per l‟ingresso e l‟uscita di gas dalla camera. Lo schema della camera è mostrato in figura 2 e in seguito sono elencati in modo più dettagliato i componenti dell‟apparato sperimentale. Figura 2: Schema della camera thoron. 385 Gli elementi principali che costituiscono il sistema sono: 1- La camera costituita da un cilindro di acciaio con un volume interno di 32.7 ± 0.7 litri. 2- Un monitor interno, che consiste in un rivelatore a raccolta elettrostatica su rivelatore al silicio, di volume di circa 70 cm3, usato come monitor interno della camera. 3- Una ventola di redistribuzione del gas. La ventola crea il flusso di aria nel circuito per ridistribuire e uniformare l‟aria e il radon al suo interno. 4- Un set di sensori per parametri ambientali. I sensori sono tre uno per la pressione, uno per la temperatura e uno per l‟umidità. L‟insieme dei sensori è gestito da una scheda elettronica interfacciata con una porta seriale al sistema RaMona. 5- Una pompa da vuoto, usata per lo svuotamento della camera e la gestione della pressione interna. 6- Un sistema, costituito da una pompa di ricircolo, un misuratore di flusso e un circuito di tubi in teflon, per il trasporto del gas all‟esterno della camera. La misura del thoron mediante la raccolta elettrostatica Il rivelatore a raccolta elettrostatica, che costituisce il monitor di riferimento interno del sistema, si basa sul trasporto degli ioni positivi, tramite un campo elettrico, su di un rivelatore a stato solido dove poi decadono. Esso è costituito da una semisfera, con volume di 250ml, sulla cui base è inserito il rivelatore al silicio. La semisfera è costituita da una rete metallica che viene portata ad alta tensione (3000V), Il rivelatore è invece portato a massa insieme alla camera radon. Esso ha una superficie attiva di 100 mm2 e uno spessore di 100 micron. 386 Figura 3: Monitor interno a raccolta elettrostatica Le linee di forza del campo all‟interno del volume sono dirette verso il rivelatore; all‟esterno invece vanno dalla semisfera verso le pareti della camera. I discendenti del radon prodotti all‟interno della semisfera sono trasportati dal campo sulla superficie del rivelatore dove producono uno spettro alfa ad alta risoluzione, in quanto le particelel alfa venono emesse direttamente sulla superficie del rivelatore e quindi non subiscono alcun degrado in energia. Una volta arrivato e decaduto il radionuclide continua a subire i decadimenti successivi, consentendo la rivelazione nelle stesse condizioni di altre particelle alfa. All‟interno della camera vengono misurati i parametri ambientali, in quanto l‟efficienza di raccolta della camera è sensibile ad essi, essendo dovuta alle modalità del trasporto degli ioni dal punto di decadimento al punto di raccolta. Il trasporto è influenzato dalle condizioni del mezzo in cui avviene, quindi dalla temperatura, dalla pressione e dall‟umidità. Il fatto che il sistema venga usato in condizioni standard riduce in parte questo problema; studi di caratterizzazione precedenti, hanno consentito di conoscere la dipendenza dell‟efficienza da questi parametri e quindi di valutare e compensare la loro influenza ( Roca, 2004, Venoso,2007). Per scegliere la tensione di raccolta ottimale sono state eseguite misure a concentrazione di attività costante variando la tensione di raccolta. Per monitorare la raccolta al variare della tensione si è scelto di seguire il 216Po che va subito in equilibrio con il thoron e, avendo tempo di dimezzamento molto breve , 0.15 secondi, non da grossi 387 problemi di accumulo sul rivelatore. Le misure sono state effettuate per 30 minuti a ogni tensione con un tempo di attesa tra una misura e la successiva di 5 minuti, necessari per cambiare la tensione di raccolta e far decadere il 216Po residuo dalla misura precedente (figura 6). Si evidenzia una crescita dell‟efficienza di raccolta all‟aumentare della tensione fino ad arrivare a un valore di saturazione di circa 3000 V, valore che è stato scelto come tensione di lavoro del rivelatore. Gli spettri ottenuti con il rivelatore descritto, uno dei quali è mostrato in figura 4 , presentano, nel caso del thoron, tre picchi. Il primo è dovuto al 212Bi, il secondo al 216Po e il terzo al 212Po le cui energie sono rispettivamente di 6.1 MeV, 6.8 MeV e 8.8 MeV. Spettro thoron Spettro thoron 600 conteggi 500 400 300 200 100 0 1200 1450 1700 1950 2200 2450 2700 canale Figura 4: Spettro gamma dei prodotti di decadimento del thoron, ottenuto con il monitor interno. La possibilità di fare spettroscopia permette quindi di analizzare indipendentemente l‟andamento dell‟attività dei singoli radionuclidi della serie permettendo di scegliere volta per volta il radionuclide più adatto alla tipologia di misura a cui si è interessati. Infatti il 216Po essendo il primo della serie ed il più veloce si presta per misure in cui interessi monitorare le variazioni nel breve termine del thoron. Mentre gli altri due sono interessanti nei casi in cui interessi avere informazioni mediate della concentrazione in camera e variazioni sul lungo termine. 388 In figura 5 è mostrato l‟andamento dei conteggi in camera in funzione del tempo ( Figura 5). Il primo punto corrisponde all‟attività subito dopo l‟inserimento della sorgente in camera. Si vede chiaramente la crescita rapida del 216Po e quella più lenta del 212Po e del 212Bi. Figura 5: andamento dei cps in funzione del tempo, dopo l’inserimento in camera di una sorgente di thoron. CARATTERIZZAZIONE AL THORON L‟andamento dell‟attività in camera Il thoron decade velocemente tanto da non riuscire a diffondere uniformemente in camera. Studi teorici e sperimentali hanno misurato l‟andamento della concentrazione di thoron in funzione della distanza dalla sorgente. (Rottger,2009, 2010 - Nikezic, 2007) Misure in camera sono quindi necessarie per verificare le condizioni in cui si riesce a ottenere un uniforme distribuzione del gas in camera. Le misure vengono eseguite sia inserendo rivelatori passivi in diverse posizioni della camera, in modo da coprire buona parte del suo volume, sia usando i monitor attivi della camera e variando la posizione della sorgente. In condizioni normali non c‟è omogeneità nella distribuzione del gas in camera, come si vede dai grafici di alcune di queste misure mostrati nella figura 6 389 4,5 4 3,5 3 Lato Ventola OFF 2,5 Centro Ventola OFF Lato Ventola ON 2 Centro Ventola ON 1,5 1 0,5 0 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 Figura 6: variazioni dei cps al variare delle condizioni di ventilazione e della posizione della sorgente. Il grafico è stato ottenuto eseguendo due misure al variare della tensione di raccolta con la sorgente in due diverse posizioni. I punti in blu sono i risultati ottenuti con la sorgente nella posizione di maggiore distanza dal rivelatore: si vede un leggero aumento dei conteggi, che restano comunque bassi. Questo perché solo una piccola parte di gas riesce a giungere fino al rivelatore, ed è poi disponibile per la raccolta elettrostatica e la misura. La seconda serie di punti, in rosso corrisponde a misure effettuate con la sorgente posizionata al centro della camera, dimezzando cosi la distanza dal rivelatore. I conteggi all‟aumentare della tensione aumentano in modo significativo. Una quantità di thoron non trascurabile giunge nell‟aria attiva del rivelatore. La differenza evidenzia la non uniformità in camera che ci si aspettava. Per ovviare a questo problema è stata quindi montata una ventola all‟interno della camera nelle prossimità della sorgente. La ventola crea un flusso costante in camera che riesce a distribuire il gas emanato dalla sorgente nell‟intero volume della camera. Ripetendo le misure già descritte e accendendo il sistema di ventilazione, si vede che il numero di conteggi è più alto a tutte le tensioni e confrontabile al variare della posizione della sorgente, questo perché il flusso distribuisce il thoron in camera con dei tempi molto minori di quelli dovuti alla sola diffusione, permettendo allo stesso di arrivare in tutti i punti della camera con efficienza migliore. 390 Sono state ripetute le misure di uniformità della concentrazione di thoron in camera con rivelatori passivi, in particolare con elettreti Eperm ( Figura 7) e con rivelatori a traccia LR-115, che hanno confermato l‟uniformità in caso di ventilazione accesa. 1000 Attività (Bq/l) 900 800 MTh4A 700 600 MTh2B 500 400 300 MTh6A 200 100 0 A B C Posizione A B C Posizione A B C Posizione Figura 7: omogeneità con E-perm in tre diverse posizioni ( A, B, C) a tre diverse esposizioni. Dalla costanza delle tracce nei rivelatori passivi e da quella dei valori forniti dai rivelatori attivi si evince che la ventilazione costante in camera riesce a creare una concentrazione di thoron uniforme e che questa è indipendente dalla posizione della sorgente. Taratura monitor interno Una volta testati gli strumenti e verificata l‟omogeneità in camera si è passato alla caratterizzazione della camera. Le misure sono state eseguite con le diverse sorgenti caratterizzate in precedenza con le misure gamma. La sorgente viene inserita in camera si accende la ventilazione e si procede alla chiusura della stessa. Viene acceso il rivelatore e si procede alla misura con il rivelatore da caratterizzare. Per il calcolo dell‟efficienza si fa riferimento al picco del 216Po che permette di seguire con variazioni più veloci della variazione di thoron e da meno problemi di fondo. I punti sperimentali mostrano un andamento lineare come mostrato in figura 8 391 0,0070 Efficienza 0,0060 0,0050 0,0040 0,0030 0,0020 0,0010 0,0000 0 100 200 300 400 500 600 Attività (Bq/l) Figura 8: Efficienza monitor interno al variare della concentrazione di attività thoron . Si evidenzia un leggero aumento dell‟efficienza di raccolta all‟aumentare della concentrazione di attività in camera. CONCLUSIONI I risultati preliminari qui mostrati, indicano che il metodo usato per lo sviluppo della sorgente e delle atmosfere di concentrazione di attività nota fornisce buoni risultati. Infatti si vede come la sorgente esposta in camera produca una concentrazione costante di thoron, e permette quindi di fare misure lunghe aggirando il problema della vita media breve del thoron. La caratterizzazione delle sorgenti con lo studio dei disequilibri attraverso misure gamma, ha permesso una prima stima dell‟attività emanata della sorgente. La tecnica può essere migliorata riducendo i forti problemi di fondo dati dal 212Pb emanato durante la manipolazione della sorgente e durante la misura stessa che si deposita nei pressi della sorgente, che non permette di eseguire misure molto lunghe per il repentino aumento del fondo. Parte del problema è stato risolto installando un sistema di ventilazione attivo durante la misura con il rivelatore HpGe. La camera, grazie al suo monitor interno che permette di fare spettroscopia alfa ad alta risoluzione, si adatta oltre che per l‟utilizzo con il thoron anche per la realizzazione di atmosfere miste thoron radon. La possibilità di distinguere chiaramente i pdd dei due isotopi, permette di risolvere facilmente molti problemi legati alle misure nelle matrici ambientali più varie, dove essi sono presenti insieme 392 entrambe. L‟utilizzo di rivelatori a raccolta elettrostatica o comunque in grado di fare spettroscopia sembra quindi essere privilegiato per affrontare i complessi problemi che caratterizzano la metrologia del thoron. 393 BIBLIOGRAFIA E.I. Shabana, Radioactivity in some gas-flow lantern mantles produced by different manufacturers Applied Radiation and Isotopes 51 (1999) 609-613 Doi, M. and Kobayashi, S. Vertical distribution of outdoor radon and thoron in Japan using a new discriminative dosimeter. Health Phys. 67, 385–392 (1994). Gargioni, E. and Model, R. A simple method for measuring thoron spatial distributions. Radiat. Prot. Dosim. 113, 321–325 (2005). E. Gargioni, Development of a calibration facility for measurements of the thoron activity concentration. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research A 506 (2003) 166– 172 V. Urosevic, A theoretical approach to indoor radon and thoron distribution. Journal of Environmental Radioactivity F. Bochicchio, Sensitivity to thoron of an SSNTD-based passive radon measuring device: Experimental evaluation and implications for radon concentration measurements and risk assessment. Radiation Measurements 44 (2009) 1024–1027 D. Nikezic, Behavior of 220Rn progeny in diffusion chamber. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research A 570 (2007) 182– 186 Annette Röttger, A primary standard for activity concentration of 220Rn (thoron) in air. Applied Radiation and Isotopes 68 (2010) 1292–1296 Annette Röttger, The German thoron progeny chamber- Concept and application. Applied Radiation and Isotopes 67 (2009) 839–842 Y. Kobayashi, Practicality of the thoron calibration chamber system at NIRS, Japan. International Congress Series 1276 (2005) 281– 282 K.N. Yu, A simple and versatile 222Rn/220Rn exposure chamber. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research A 481 (2002) 749– 755 Naomi H. Harley, Thoron versus radon: measurement and dosimetry. International Congress Series 1276 (2005) 72– 75 S. Tokonami, WHY IS 220RN (THORON) MEASUREMENT IMPORTANT? Radiation Protection Dosimetry (2010), Vol. 141, No. 4, pp. 335–339 Roca, The influence of environmental parameters in electrostatic cell radon monitor response. Applied Radiation and Isotopes. Volume 61, Issues 2-3 (2004) Venoso, A radon facility at Naples University: Features and first tests. Applied Radiation and Isotopes. Volume 67, Issue 5, (2009) 394 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 UNA STAZIONE PER IL MONITORAGGIO ON-LINE DI RADIOATTIVITÀ ATMOSFERICA : CRITERI DI PROGETTO E VALUTAZIONE DEI COSTI P. Buffa1, A. Parlato, S. Rizzo, E. Tomarchio Dipartimento Energia – Università degli Studi di Palermo Viale delle Scienze – Parco d’Orleans – Edificio 6 - 90128 – Palermo (Italy) Riassunto Presso la Sezione di Ingegneria Nucleare del Dipartimento dell‟Energia (già Dipartimento di Ingegneria Nucleare, DIN) dell‟Università di Palermo, è installato un sistema di aspirazione di particolato atmosferico ad elevato volume (circa 1000 m3/h di aria). Costruito agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso, risulta ormai datato in parte della strumentazione a corredo oltre che nella stessa struttura di protezione dagli agenti atmosferici che lo contiene. La stazione di prelievo è stata utilizzata fino a qualche anno addietro per il monitoraggio giornaliero di deboli concentrazioni di inquinanti radioattivi in aria, con livelli di Minima Attività Rivelabile (MAR) abbastanza ridotti (dell‟ordine di 2†5 microBq/m3 per il 137Cs) anche in relazione all‟impiego di sistemi spettrometrici gamma con rivelatori HPGe tipo “Low Background”. Tale sensibilità e l‟elevato volume aspirato permettono anche di adottare brevi tempi di campionamento e di misura, un aspetto che può essere molto importante in una situazione di emergenza, come già sperimentato durante il periodo immediatamente successivo l‟incidente di Chernobyl. Questo sistema, tuttavia, seppure interessante e utile in situazioni di emergenza o per il monitoraggio di deboli attività, non è automatico e risulta oneroso sia per l‟impegno di personale che di dotazione 1 Per corrispondenza: [email protected] 395 strumentale. Pertanto, non è proponibile come prototipo di una stazione di monitoraggio da adottare per misure di routine, da inserire nella cosiddetta “rete diradata”, o per la rete locale attorno alle centrali nucleari che dovrebbero essere realizzate sul territorio italiano. Si è voluto allora elaborare un progetto per la realizzazione di una stazione di monitoraggio di contaminanti radioattivi in aria che avesse caratteristiche di automaticità e rispondesse comunque e requisiti di efficienza e alto volume di campionamento. Inoltre l‟installazione di una stazione meteorologica per il rilevamento automatico delle caratteristiche locali, inclusa la piovosità, dovrebbe assicurare la possibilità di controllare remotamente i parametri di funzionamento del sistema di aspirazione e modificare il volume aspirato in relazione alla variazione di temperatura. Il sistema di misura consiste in un rivelatore HPGe, con raffreddamento elettrico e adeguatamente schermato, le cui misure spettrometriche vengono automaticamente registrate e analizzate in modo da poter programmare anche misure on-line di concentrazioni rapidamente variabili. Il corredo della dotazione strumentale prevede anche l‟installazione di dispositivi per la raccolta e misura del fallout, la rilevazione automatica del kerma in aria, la possibilità di effettuare studi multifunzionali e/o di comparazione, etc. In questa lavoro sono evidenziati i criteri di progetto e le principali caratteristiche dei vari dispositivi, con una valutazione dei presumibili costi. La realizzazione di un prototipo sperimentale, per cui è necessario disporre di adatti fondi per l‟acquisizione della dotazione strumentale completa, consentirà di verificare le prestazioni, la funzionalità, la possibilità di impiego come componente di una rete di monitoraggio, o di una rete di allarme. INTRODUZIONE La probabilità di accadimento di una emergenza di tipo nucleare può essere influenzata dall‟incremento del numero di impianti nucleari per ricerca, produzione di energia, produzione di radioisotopi a scopo medico/diagnostico, quest‟ultimi spesso installati in centri abitati, 396 della loro dotazione di dispositivi di sicurezza, ma anche di impianti militari di tipo nucleare, dalla possibile effettuazione di test nucleari da parte di alcune potenze emergenti non aderenti al “Trattato di non proliferazione” (es. Cina, India, Corea, …), nonché, come dimostrato in episodi recenti, da fenomeni naturali le cui conseguenze non sono preventivate. L‟esigenza di monitorare quanto più prontamente possibile una eventuale contaminazione ambientale (nell‟aria, in acqua, negli alimenti, …), per poter prendere le necessarie contromisure, ha condotto alla realizzazione nel mondo di un grande numero di stazioni di monitoraggio della radioattività ambientale rivolte sia alla prevenzione di una indebita esposizione della popolazione, sia per il controllo dell‟evoluzione di eventuali fenomeni di contaminazione/esposizione persistente. Presso la sezione nucleare del Dipartimento dell‟Energia (ex Dipartimento di Ingegneria Nucleare) dell‟Università di Palermo è operativa una stazione di monitoraggio della radioattività, estensivamente utilizzata a seguito degli incidenti di Chernobyl e Fukushima, oltre che nella normale attività di controllo della radioattività ambientale [1,2]. In Fig. 1 è rappresentata la stazione di prelievo nella sua ultima configurazione, dotata di un misuratore di precisione di portata a turbina della Flow Technologies e della possibilità di acquisizione dei dati sulla variazione di portata tramite controllo remoto. In Fig. 2 è riportato l‟interno della capanna che ospita l‟impianto di aspirazione (a), il filtro di particolato atmosferico al termine dell‟aspirazione (b) e lo stesso filtro, preparato per la misura spettrometrica (c). Queste operazioni non sono automatiche e necessitano dell‟intervento dell‟operatore nelle varie fasi. L‟esperienza di vari anni di impiego di questa stazione, che risulta pertanto onerosa dal punto di vista dell‟impegno del personale, ci ha suggerito di progettare e, compatibilmente con le disponibilità economiche, realizzare una stazione di monitoraggio automatica, le cui operazioni potessero essere effettuate senza soluzione di continuità e con possibilità di controllo remoto, senza tuttavia determinare significative diminuzioni di sensibilità del sistema rispetto a quanto già raggiunto in precedenza. 397 Fig. 1- Schema della stazione di prelievo con l’indicazione dei principali componenti. 1) Condotto di ingresso dell’aria; 2) imbocco; 3) porta filtro; 4) ventilante; 5 turbina di misurazione della portata; 6,7) dispositivi per la generazione dei segnali di portata. La continuità di servizio della nuova stazione potrebbe inoltre far considerare una sua collocazione all‟interno di una rete di monitoraggio o di allarme già esistente [3]. Tale obiettivo deve essere raggiunto con efficacia ed economia di esercizio, per cui l‟automazione è stato uno dei requisiti fondamentali attorno al quale è stato poi sviluppato il progetto, per ridurre fortemente i costi in termini di risorse umane. In modo del tutto automatico è previsto pertanto vengano effettuate tutte le operazioni di routine, dalla filtrazione dell‟aria alla misura spettrometrica e analisi dei dati, fino ad alcune operazioni di lettura e controllo della rete, quali l‟interpretazione dei dati, trasmissione dei dati, confronti con valori di soglia per la generazione di un segnale di allarme relativamente alla “griglia” di rete in cui è inserita. A scopo di ricerca invece possono essere svolte attività di analisi e interpretazione dei dati off-line sulla base dei “raw data” delle filtrazioni e delle misure, eventualmente utilizzando differenti tecniche e software di analisi, o effettuando sugli stessi filtri misurazioni aggiuntive con impiego di rivelatori con maggiore sensibilità. Nell‟automazione è ancora previsto l‟impiego di un rivelatore con raffreddamento di tipo elettrico che, a fronte di un 398 modesto investimento iniziale, ha costi di gestione ben al di sotto di quelli rappresentati dai sistemi di raffreddamento ad azoto liquido (sia in termini di risorse umane necessarie, che in termini di costo di consumabili). a) b) c) Fig. 2 - Interno della capanna che ospita l’impianto di aspirazione (a), filtro di particolato atmosferico al termine dell’aspirazione (b) Filtro tagliato e pressato, preparato per la misura spettrometrica (c). METODI E CRITERI DI PROGETTO I criteri adottati per la progettazione della nuova stazione di monitoraggio sono stati essenzialmente l‟economicità e la continuità di servizio. Infatti, per la realizzazione dei costituenti della nuova stazione si è fatto ricorso a componenti di uso comune, facilmente reperibili sul mercato o da selezionare tra prodotti già presenti “in stock” presso ditte specializzate. Ciò consente di ottenere eventuali pezzi di ricambio in tempi brevi e con costi che possono beneficiare di una economia di scala. Relativamente ad alcuni limitati pezzi speciali, questi possono essere realizzati, a partire da materiali ancora una volta di facile reperibilità, presso l‟officina interna del dipartimento e quindi si suppone facilmente replicabili e/o modificabili. Progetto della nuova stazione – Sezioni principali – scelta dei materiali/analisi dei prezzi Nelle sue parti costituenti, la stazione di monitoraggio si compone di una sezione meteo, una sezione di aspirazione con relative canalizzazioni, una sezione di campionamento (in linea con la 399 canalizzazione), una sezione di rivelazione ed infine uno o più sistemi per l‟analisi dei dati ed il controllo dei parametri on-site o da controllo remoto. Qui saranno brevemente descritti i componenti delle varie sezioni, insieme con le funzioni principali cui esse sono devolute. Sezione meteo La sezione meteo è una componente da acquisire direttamente sul mercato, senza alcuna particolare preferenza tra i vari modelli. La maggior parte delle stazioni meteo presenti sul mercato hanno le caratteristiche richieste nel presente studio, come evidenziato nelle diverse “brochures”, con costi contenuti (circa 500€). Le stazioni meteo di nostro interesse sono costituite da un sistema base predisposto al collegamento con un PC via USB, al quale - con collegamento via radio - possono essere collegati vari sensori per il rilevamento dei parametri atmosferici di temperatura (termometro), pressione (barometro), umidità relativa (igrometro), intensità (anemometro) e direzione del vento (a banderuola), nonché la quantità di pioggia caduta (con pluviometro). Il collegamento via radio dei sensori alla centralina di controllo e rilevazione è importante per avere una certa libertà di scelta relativamente al posizionamento del PC principale per la gestione della stazione di monitoraggio. Sezione aspirazione La sezione di aspirazione è composta dalle tubazioni di adduzione e scarico aria e dal gruppo aspirante. Le tubazioni, non essendo necessaria alcuna particolare attenzione per il trasferimento dell‟aria prelevata, sono reperibili presso numerosi distributori con ampia scelta di materiali e dimensioni. La scelta dei materiali va dal PVC (in differenti modalità di confezionamento) al Polietilene alta densità I materiali, a parità di diametro esterno dei tubi, presentano un differente peso “specifico” lineare (peso per unità di lunghezza della tubazione, kg*m-1) che va da 1,4 kg m-1 del PVC a circa 2,8 kg m-1 del polietilene ad alta densità, mentre il costo varia da circa 5/6€ m -1 per il PVC per edilizia a circa 15€ m-1 del Polietilene PN 10. Per i nostri scopi risulta più che adatto il PVC con diametro 100 mm (il 400 cui costo medio è di 4€ m-1) per il quale la raccorderia è facilmente reperibile nelle forme più svariate a costi dell‟ordine di 5/6 € per ciascun pezzo. Il costo totale di tutta la tubazione, secondo la tipologia che si vuole realizzare, risulta comunque contenuta nell‟ambito di un migliaio di euro, tenendo conto di tutta la raccorderia necessaria. Per quanto riguarda l‟aspiratore, per semplicità e per evitare difficoltà di utilizzo, si è scelto di utilizzare una ventilante associata a un motore asincrono trifase ad elevata efficienza, con potenza non inferiore a 2 kW. Tale potenza, con associato il filtro, potrebbe condurre per la sezione considerata a una portata oraria di circa 400 m3/h, che per 24 h di aspirazione (condizione che si pensa di utilizzare per misure di routine) condurrebbe a un volume aspirato di circa 9600 m3 di aria. La portata viene misurata all‟interno della condotta di aspirazione, subito a valle delle sezione di campionamento (vedere Fig.3), ove si pensa di posizionare il sensore per la misura del flusso aspirato, in maniera da registrare le portate effettive relative ad ogni filtro impiegato, ed eventualmente combinare queste con le informazioni provenienti dalla centralina meteo per effettuare le opportune correzioni di temperatura. La scelta tra i sensori disponibili in commercio (diversi per principio di funzionamento ed interfaccia di comunicazione) è ricaduta su un anemometro a filo caldo con uscita analogica, accoppiato ad un data logger con connessione Ethernet, con interfaccia web e protocollo di trasferimento dati FTP, corredato di software PC per l‟analisi e la registrazione dei dati. La sonda oltre ad essere adeguata alle caratteristiche dei flussi ipotizzati in condotta presenta robustezza costruttiva e ottima affidabilità. L‟interfaccia Ethernet, del data logger, poi consente, come nel caso della centralina meteo, libertà di posizionamento del sistema di analisi. Tuttavia potrebbe essere utilmente allocata una turbina (ad esempio come quella sopra indicata della Flow Tecnologies) dotata di mulinello e pick-up magnetico e display con lettura degli impulsi magnetici. Il costo totale del sistema di registrazione della portata è di circa 2000€ con una probabile suddivisione in circa 700€ per la sonda, 1700€ per il data logger, e circa 100€ come stima per 401 l‟acquisto di cavi ed accessori atti ad avere la catena perfettamente funzionante e collegata in rete. Sezione campionamento La sezione di campionamento è stata interamente progettata presso la sezione nucleare del Dipartimento Energia dell‟Università degli Studi di Palermo (ex Dipartimento di Ingegneria Nucleare). È posizionata in linea con la condotta di aspirazione, si compone principalmente di un “caricatore filtri”, di un carosello di movimentazione e di un cilindro di raccolta filtri “esausti”. Il caricatore filtri è proporzionato in maniera da contenere 35 filtri montati nei loro portafiltri. La necessità di inserire i filtri in portafiltri nasce dall‟esigenza di conferire rigidità meccanica ai filtri stessi, in modo da poterli movimentare in maniera automatica. Altra funzione svolta dai portafiltri è quello di presentare delle superfici regolari sulle quali è possibile assicurare l‟aderenza delle guarnizioni di neoprene, necessarie per la tenuta “pneumatica” della sezione di campionamento. Fig. 3 – Schema della sezione aspirazione in cui sono evidenziate le condutture di aspirazione e la parte porta filtro posta in linea con la conduttura principale. Il caricatore consiste di un cilindro verticale, fissato in posizione disassata rispetto al centro di rotazione del carosello, ad un‟altezza tale da consentire che il porta filtro con il filtro già inserito possa cadere nella sede del carosello stesso, “sfilato” dal basso e trasferito nella posizione di campionamento. Relativamente al carosello questo 402 è composto da due piatti concentrici, il primo disco è fisso e destinato al sostegno dei filtri in tutte le posizioni tranne che in quella di scarico ove è presente un foro per il deposito dei filtri nel cilindro di raccolta (per gravità). Il secondo disco invece è movimentato per mezzo di un motore passo-passo. Il secondo disco è idealmente suddiviso in 6 settori, corrispondenti ad altrettante posizioni, corrispondente ancora una volta ad altrettante sedi per l‟accoglimento dei filtri. I settori svolgono compiti differenti in funzione della posizione occupata. La prima posizione è destinata al carico filtri, segue la posizione di campionamento, tre sedi di “attesa” (predisposti in questa versione) prima della posizione di misura ed infine, dopo aver completato la misura il filtro viene scaricato in un contenitore per eventuali ulteriori analisi. Nella configurazione attuale, ogni posizione viene mantenuta per 24h, ossia si ha un campionamento di 24h, un‟attesa di 72h (3gg) prima della misura, la quale, ovviamente, può avere una durata massima di 24h. Tuttavia, per esperienze speciali, può essere programmata una frequenza diversa, ad esempio filtrazioni di 1 h, attesa di 3 h e misura di 1 h; in alternativa potrebbe essere sostituito l‟intero carosello e programmare una frequenza di campionamento e misura adatta all‟esperienza che si vuole effettuare. La tenuta “pneumatica” nella posizione di campionamento viene assicurata per mezzo di due flange “guarnite” manovrate per mezzo di 6 piccoli elettromagneti contrastati da 6 molle di richiamo (Fig. 3, ingrandimento). Il controllo del movimento del carosello assicura il rilascio della tenuta della sezione di campionamento tramite eccitazione di apposito elettromagneti; in successione il carosello – tramite il motore passo-passo e propri microswitch – viene movimentato fino a raggiungere la posizione stabile successiva. A questo punto il rilascio dell‟eccitazione degli elettromagneti consente di riprendere la tenuta sul nuovo filtro in posizione di aspirazione. Il costo stimato per l‟acquisizione dei materiali necessari alla realizzazione della sezione di campionamento è stato valutato in circa 1500€. 403 Fig. 4. Particolare dei componenti il “carosello” di posizionamento filtri. In questa versione sono previste sei sedi (A). La diversa sagomatura coperchio (B) e della base fissa (C) permette il caricamento del filtro, in posizione nota (D), il trasferimento nella posizione di aspirazione, il movimento pari al periodo di attesa prima della misura e infine l’espulsione del filtro al termine della misura spettrometrica (E). Sezione rivelazione Il rivelatore che si prevede di utilizzare, di germanio iperpuro (HPGe) di tipo “p”, in geometria coassiale e in capsula sottovuoto, dovrebbe avere una efficienza relativa non inferiore al 40% e una risoluzione energetica FWHM a 1332 keV non superiore a 1,85 keV, dotato di un sistema per raffreddamento elettrico con compressore X-COOLER da almeno 300W. Questo presuppone, per un corretto funzionamento, l‟installazione di un gruppo di continuità per l‟alimentazione del sistema di raffreddamento, con almeno 30 minuti di autonomia, con un modulo di controllo del ciclo di raffreddamento/riscaldamento del complesso rivelatore. Ad esso deve essere associato un sistema di acquisizione integrato, digitale, con ADC da16 K canali da collegare in rete Ethernet in modo da poter ricevere comandi e trasmettere i dati come risposta a comandi remoti. Questa parte, che risulta la più costosa dell‟intero complesso, 404 compreso il software per la gestione e l‟analisi dei dati, dovrebbe costare approssimativamente € 53.000. Schermatura del complesso rivelatore Per ridurre il fondo del rivelatore descritto nel precedente paragrafo è indispensabile che il rivelatore sia adeguatamente schermato nei confronti della radiazione di “fondo”. Tenendo in mente di voler circondare – per quanto possibile - il rivelatore da ogni lato, si è pensato di adottare un manicotto in Piombo, rivestito di rame e plexiglas per lo schermo nella parte cilindrica del rivelatore, mentre per la parte superiore – dovendo consentire il passaggio del carosello e del filtro - si è adottato uno spessore di Pb di circa 5 cm (sempre rivestito con rame e plexiglas) sorretto da una flangia in metallo di collegamento tra la parte inferiore e la parte superiore. In parte, questa struttura è visibile con i supporti di sosteno nella successiva Fig. 5. Questo complesso, che lascia aperto solo un a minima parte atta a consentire il passaggio del carosello con il filtro da misurare, ha un costo in gran parte connesso al piombo da utilizzare per la realizzazione della schermatura, inclusa la struttura di supporto che consente di distribuire il peso del piombo in un‟area della soletta del tetto più ampia e le flange a corredo, stimabile in circa € 10000. Sistemi per il controllo e telegestione i sistemi di cui sopra sono tutti collegati ad un PC, il quale ha lo scopo di raccogliere i dati generati e in alcuni casi anche di analizzarli in automatico. Il PC a sua volta è collegato in rete e consente la visualizzazione/condivisione dei dati sia in Locale (LAN) che da remoto (VPN). A loro volta il PC ed alcune utenze del sistema (sonda portata e data logger, sistema per la movimentazione del carosello, sistema di acquisizione dati spettrometrici) sono collegate a un gruppo di continuità di tipo UPS, in grado di assicurare il funzionamento per alcune ore in caso di interruzione di fornitura di energia elettrica. In via del tutto sovrabbondante si possono utilizzare una o più webcam per la sorveglianza visiva del carosello e della sezione di misura. Costo previsto, comprendendo un PC fisso ed 405 eventualmente un portatile per la gestione in remoto, gruppo di continuità UPS e set di telecamere, approssimativamente € 2000. Opere accessorie: è previsto che la strumentazione venga installata sul tetto dell‟edificio N. 6 nella parte sovrastante la Sezione Nucleare, in un complesso da posizionare in prossimità della stazione di prelievo esistente. Tutta la strumentazione sarà posizionata all‟interno di una capanna in pannelli coibentati da fissare su una base di calcestruzzo con dimensioni in pianta di 3x4 m, corredata di un climatizzatore a pompa di calore per compensare le fluttuazioni termiche giornaliere e stagionali. Il costo per le opere accessorie, incluse quelle ridotte al minimo per le opere murarie, sono contenute in meno di € 6000. Buona parte dei costi di cui sopra sono riferiti all‟acquisto dei materiali in quanto gli assemblaggi, i montaggi, altre realizzazioni e calibrazioni verranno effettuate dal personale afferente al Dipartimento; le opere civili (murarie) richiederanno invece l‟impiego di personale esterno e nei loro costi viene computata anche il costo giornaliero per la loro messa in opera. PROGETTO DELLA STAZIONE E FASI DI REALIZZAZIONE Come detto precedentemente la stazione è composta da elementi facilmente reperibili sul mercato e pertanto, una volta predisposto lo schema di massima, resta solo il compito – almeno per una buona parte dei componenti - di scegliere quanto tra gli elementi offerti nel mercato risponde ai requisiti richiesti dal progetto. Differente evoluzione ha avuto la progettazione della sezione di campionamento, poiché il progetto iniziale che prevedeva i filtri (classe F8 – EN 779 – caduta di pressione ~ 0,5atm) raccolti in bobina non è stato portato a termine per l‟impossibilità di reperire il prodotto sul mercato se non con una produzione ad-hoc, con aggravio di spese e incertezza di continuità di fornitura. La soluzione con filtri su bobina presentava diversi elementi di interesse: il primo 406 consisteva nella possibilità, per la lunghezza della bobina, di avere lunghi intervalli tra una ricarica e la successiva. L‟utilizzo di una striscia filtrante e delle bobine di raccolta faceva sì che l‟elemento filtrante fosse autoportante, e pertanto la schermatura del rivelatore era geometricamente più efficace, in quanto la feritoia necessaria al passaggio della striscia di carta era sicuramente più ridotta di quella necessaria al passaggio dei portafiltri. L‟opzione di utilizzare filtri standard tipo Whatman da 110mm, da inserire in alcune telai porta filtri in allumino che possono essere facilmente realizzati in officina, risulta più praticabile anche se non ottimale. La minore efficienza geometrica della schermatura ed un intervallo massimo di sostituzione del pacco porta filtri di 30gg sono compensati in parte dal fatto che una volta realizzato il portafiltro non vi è limitazione alla sperimentazione delle carte filtro che dovessero rendersi disponibili in futuro. In Fig. 5 è presentato uno schema di massima dell‟intero complesso nel suo posizionamento sul tetto terrazza, senza l‟indicazione della struttura di contenimento. Fig. 5. Schema sintetico dell’intero complesso di aspirazione e misura (vista frontale, alcuni componenti sono riportati in tratteggio indicando la posizione di riferimento). 407 CONCLUSIONI E POSSIBILI IMPLEMENTAZIONI Il progetto della stazione risponde ai requisiti richiesti senza tuttavia escludere possibili modifiche da effettuare in corso di realizzazione per adeguare le varie parti al programma di funzionamento in precedenza stabilito. Uno dei fattori che è stato tenuto in debito conto è il costo complessivo del progetto, cercando di limitare al minimo indispensabile il costo delle attrezzature e degli impianti tali da consentire un funzionamento abbasatanza semplice e privo di complessità di gestione. La realizzazione di un prototipo sperimentale, per cui è necessario disporre di adatti fondi per l‟acquisizione della dotazione strumentale completa, consentirà di verificare le prestazioni, la funzionalità, la possibilità di impiego come componente di una rete di monitoraggio, o di una rete di allarme. Il costo complessivo dell‟intero complesso è valutato in circa €80.000, che risulta molto contenuto tenendo conto che una buona parte di questa somma è relativa alla acquisizione di un sistema spettrometrico completo. Una possibile riduzione, qualora necessario, potrebbe considerare l‟impiego di un rivelatore di più bassa efficienza, con una prevedibile riduzione non superiore a €10.000-15.000. Una volta realizzata una minima configurazione sarà possibile procedere ad ulteriori ottimizzazione della logica di comando e controllo e ad implementare parti delle varie sezioni. Ad es., l‟aspiratore è attualmente equipaggiato con un motore asincrono a corrente alternata, che non consente variazioni di velocità dello stesso. Una delle possibili implementazioni consiste nel sostituire tale motore con uno a corrente continua alimentato da inverter. Tale sistema sarebbe utile per tenere conto del progressivo intasamento del filtro e per compensare automaticamente le variazioni di temperatura giornaliere e stagionali. E‟ quasi ovvio che, in considerazione delle complicazioni che tale sostituzione apporta al sistema, anche solo per il sistema di controllo della velocità del motore che si deve interfacciare con diversi parametri, si dovrà prioritariamente verificare – con valutazioni medie – l‟effettiva 408 variazione di portata per intasamento dei filtri ed escursione termica giornaliera/stagionale. Anche la gestione del carosello potrebbe essere migliorata con l‟impiego di un microcontrollore che consentirebbe una eventuale programmazione del movimento del carosello (attualmente variabile solo meccanicamente), gestire l‟alimentazione dei filtri (con generazione di un allarme quando sono in esaurimento), programmare esperienze di misure particolari, ad esempio con maggiore frequenza di aspirazione e di conteggio dei filtri . BIBLIOGRAFIA [1] G. Agelao, F.Cannizzaro, G.Greco, E.Oliveri, S. Rizzo, M.C.Spitale: "La stazione di prelievo dell‟IAIN di Palermo per misure di radioattività atmosferica”, Atti XXI Congresso Nazionale AIRP, Palermo, 16-19 ottobre 1979. [2] Cannizzaro F., Greco G., Raneli M., Spitale M.C., Tomarchio E.( (2004): “Concentration measurements of 7Be at ground level at Palermo, Italy – Comparison with solar activity over a period of 21 years”, Journal of Environmental Radioactivity, vol. 72 n. 3, pp. 259-271. [3] ANPA - Censimento delle reti di monitoraggio del rumore esistenti e individuazione delle potenzialità e criticità per la realizzazione di reti nazionali per il monitoraggio della radioattività ambientale – AGF-T-RAP-99-32 (2000). 409 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 IL CONTROLLO RADIOLOGICO COME ATTIVITÀ INTEGRATA NELLE OPERAZIONI DI SMANTELLAMENTO E ALLONTANAMENTO DEI MATERIALI: L‟ESPERIENZA DELLA CENTRALE DI CAORSO R. Bongiorni, E. Molinari, G. Puerari, S. Romani, E. Ruggeri Sogin, Area Disattivazione Caorso INTRODUZIONE Lo smantellamento dei sistemi dell‟edificio Turbina della Centrale di Caorso, una delle attività autorizzate con Decreto Ministeriale del 04/08/2000, ha vissuto la sua fase più intensa a partire dal settembre del 2009; la gestione di un notevole flusso di materiali metallici smantellati e da trattare in vista di un potenziale rilascio è stata possibile grazie all‟installazione di una stazione di gestione materiali dotata di attrezzature per la segmentazione, la decontaminazione, la movimentazione e il monitoraggio radiologico. Il monitoraggio, finalizzato all‟allontanamento dei materiali che a valle dei vari trattamenti presentano livelli di contaminazione superficiale e di massa inferiori ai livelli di allontanamento, è eseguito con criteri di carattere tecnico e logistico tali da consentire un flusso ordinato e la completa tracciabilità dei materiali stessi. 1. ORGANIZZAZIONE DELLA STAZIONE GESTIONE MATERIALI L‟impianto nucleare di Caorso è del tipo BWR (Boiling Water Ractor); come è noto, il vapore generato nel recipiente a pressione passava direttamente in turbina, a sua volta seguita da un condensatore dove il vapore veniva condensato mediante l‟acqua di raffreddamento, fornendo così acqua da reimmettere nel reattore; in 410 questo tipo di impianti, a ciclo diretto, la contaminazione presente nel vapore interessa quindi, oltre che il circuito primario nel reattore, anche tutti i sistemi di turbina attraversati dal vapore e il condensatore; ciò a differenza di quello che accade negli impianti di tipo PWR, in cui per la generazione elettrica si utilizzano scambiatori di calore, o generatori di vapore fra la fonte di calore e la turbina. I sistemi di turbina della Centrale di Caorso sono quindi contaminati superficialmente, anche se a livelli in generale piuttosto modesti. L‟obiettivo di svolgere l‟attività di smantellamento minimizzando la produzione di rifiuti radioattivi e quindi allontanando più materiale possibile dall‟impianto, nel rispetto delle prescrizioni dell‟ente di controllo, e tenendo conto da un punto di vista operativo dei programmi temporali di smantellamento, della varietà di geometrie dei materiali rimossi e della variabilità del grado di asportabilità della contaminazione, ha portato ad organizzare la cosiddetta Stazione Gestione Materiali (SGM). La SGM, organizzata quasi totalmente al piano a quota 60.20 m slm dell‟Edificio Turbina (denominato “piano governo turbina” o PGT) si configura come una sorta di “officina” dedicata alla schedatura, segmentazione, decontaminazione, controllo radiologico dei materiali rimossi dall‟impianto di Caorso, in preparazione all‟allontanamento degli stessi in quanto rilasciabili o allo stoccaggio a rifiuto qualora non rilasciabili. Attualmente è utilizzata per il trattamento dei materiali provenienti dallo smantellamento della turbina, ma in futuro sarà utilizzata anche per gli altri materiali rimossi dall‟impianto. In figura 1 è riportata una pianta della SGM . Sono previste due vie di trattamento dei materiali: il “percorso pulito” per materiali provenienti dalla Zona Controllata e che non sono mai entrati in contatto con alcun fluido contaminato e per materiali provenienti dalla Zona Controllata che, pur essendo entrati in contatto con fluidi contaminati, sono caratterizzati da un livello di contaminazione inferiore alla soglia di screening per il rilascio; 411 il “percorso contaminato” per materiali provenienti dalla Zona Controllata che sono entrati in contatto con fluidi contaminati, e caratterizzati da un livello di contaminazione superiore alla soglia di screening per il rilascio. Questi due percorsi sono differenziati a partire dalle aree di buffer, (in cui i materiali sono depositati temporaneamente in attesa di trattamento) ubicate a quota 49,63 m slm e successivamente in SGM. La delimitazione della SGM in aree dedicate a materiali “rilasciabili” e “non rilasciabili” è realizzata lungo l‟asse est-ovest dell‟edificio: la parte a nord è dedicata ai materiali rilasciabili, la parte a sud ai materiali non rilasciabili. La separazione è realizzata mediante l‟esistente muro di schermo turbina, prolungato mediante tamponamenti in materiali resistenti all‟incendio supportati da telai metallici. Ogni percorso fisico è attrezzato in modo indipendente con aree di parcheggio dei materiali e stazioni di segmentazione dedicate; i sistemi di trattamento per la decontaminazione del materiale sono ovviamente presenti soltanto nel “Percorso Contaminato” e consistono in particolare in: sistema di decontaminazione materiali con acqua in pressione nel “percorso contaminato”, in un capannone mobile di confinamento dotato di ventilazione filtrata; sistema di decontaminazione chimica con processo PHADEC, che consiste sostanzialmente in un trattamento di decapaggio, ossia nella rimozione degli ossidi superficiali mediante immersione delle parti da decontaminare in acido fosforico al 40%; sistema di trattamento con sabbiatrice meccanica all‟interno del “percorso contaminato”; officina di segmentazione all‟interno del “percorso pulito”, attrezzata sia per il taglio termico (torcia al plasma, ecc.) che 412 per quello meccanico (sega a nastro, troncatrice ecc.) sega a portale; officina di segmentazione all‟interno del “percorso contaminato” attrezzata, anche in questo caso, sia per il taglio termico che per il taglio meccanico, area di riempimento contenitori rifiuti radioattivi ubicata all‟interno del percorso contaminato, in prossimità della cabina per il taglio termico; area di monitoraggio materiali ubicata in Zona Controllata al piano sottostante (quota 49,63 m slm) e dotata di “box counter” per misure volumetriche, nonché di attrezzature manuali e semiautomatiche per il monitoraggio superficiale. All‟uscita dall‟area di monitoraggio, il materiale prosegue per la baia di carico turbina (Zona Non Controllata) e quindi per le aree di stoccaggio esterne. 413 Figura 1: schema della stazione gestione materiali 1 8 6 7 5 3 4 Taglio a caldo materiale rilasciabile 1a 2 A2 F E SALA CONTROLLO PHADEC Lavorazione e controllo materiali rilasciabili 3B 200 CABINA DI TAGLIO A CALDO (MATERIALE RILASCIABILE) AREA LAVORAZIONE MATERIALI RILASCIABILI 200 H21-PP319 200 27 200 D 3 A Area decontaminazione chimica (Phadec) 200 H21-PP332 A G A Lavorazione mat. contaminato SEGA A PORTALE AREA LAVORAZIONE MATERIALE CONTAMINATO (COPRON) U41-PP301 AREA PHADEC C Uscita rifiuti da supercompattare e da sottoporre a grouting Taglio a caldo materiale contaminato MONTACARICHI Monitoraggio tubazioni B Apertura trasferimento materiali e contenitori verso loading bay (esterno edificio) AREA SGM (OFFICINA MATERIALE CONTAMINATO) B Montacarichi salita materiali non rilasciabili sabbiatrice Area materiale contaminato 200 B Montacarichi salita materiali rilasciabili 3B Apertura "B" verso aree buffer contenitori rifiuti condizionati e supercompattazione (q.ta 49.63 m e 39.00 m) 200 200 SABBIATRICE 200 - CABINA DI TAGLIO A CALDO (MATERIALE CONTAMINATO) 2 C C 3B 26 200 200 40 4 A D 13 E 12 11 10 9 8 F 7 414 6 5 4 G 3 2 1 2. ORGANIZZAZIONE RADIOLOGICI DEI CONTROLLI L‟allontanamento dei materiali è possibile soltanto qualora sia soddisfatta la condizione per il rilascio degli stessi sia in termini di contaminazione specifica superficiale che di massa (tabella 1). Ora, nel caso dei materiali metallici di turbina, è esclusa la presenza di contaminazione più in profondità rispetto ad uno strato superficiale di alcune decine di micron; pertanto, il rispetto della condizione per l‟allontanamento in termini di contaminazione superficiale implica di norma anche il rispetto di quella di massa. In taluni casi è tuttavia necessario eseguire entrambe le misure, sia di massa che di superficie: qualora la geometria dei materiali sia tale da non consentire di raggiungere con sonde manuali tutte le parti contaminate (es. piccole valvole); qualora la densità e lo spessore medio dei materiali sia tale da rendere più restrittivo il rispetto dei criteri di allontanamento in termini di massa (es: lamiere sottili in alluminio). E‟ invece richiesto soltanto il controllo massico in questi casi: per i materiali classificati come “altri” (es. coibente, plastica ecc, si veda la tabella 1); qualora la pezzatura del materiale sia talmente piccola da non rendere possibile il controllo di contaminazione superficiale (es. materiale sfuso come viti, bulloni, ecc). 2.1 Controlli radiologici dopo lo smontaggio Dopo la rimozione del materiale viene eseguito un precontrollo dello stesso, che ha lo scopo di verificare la congruenza dei valori misurati rispetto alle informazioni fornite dalla caratterizzazione radiologica pregressa dei materiali. Gli strumenti in genere utilizzati sono di tipo gamma totale, consentendo, in ragione dell‟elevata efficienza di rilevazione, lo svolgimento di misure rapide. Il radioisotopo di riferimento o vettore è per i sistemi di turbina il Co-60, al quale è 415 correlata la concentrazione dei radioisotopi beta emettitori Fe-55, Ni59, Ni-63. Il precontrollo, che viene svolto dopo lo smontaggio del materiale, può costituire anche il controllo finale qualora la geometria, la composizione del materiale e le condizioni di fondo ambientale lo consentano e qualora il materiale in oggetto possa essere ritenuto allontanabile senza ulteriori lavorazioni, o, al contrario, qualora si ritenga non possibile renderlo allontanabile e pertanto sia destinato allo stoccaggio a rifiuto. Il controllo dopo lo smontaggio è importante al fine di indirizzare correttamente il materiale verso il percorso “pulito” o “contaminato”. Il corretto indirizzamento del materiale è fondamentale al fine di ottimizzare le lavorazioni; a tale scopo vengono utilizzati contenitori di colore diverso per i materiali puliti e contaminati e su ogni contenitore, o su ogni pezzo sfuso, è fissato un modulo che reca la provenienza e le caratteristiche fisiche e radiologiche del materiale (si veda la figura 6). 2.2 Controlli radiologici a valle dei sistemi di decontaminazione A valle della decontaminazione è di norma previsto un controllo qualitativo per la verifica dell‟efficacia dei sistemi di decontaminazione. Qualora si rilevino valori di contaminazioni tali da fare presumere una sostanziale inefficiacia della decontaminazione stessa, il processo può essere reiterato; successivamente viene effettuato un controllo per la verifica del rispetto delle condizioni per l‟allontanamento, che porta alla classificazione del materiale come allontanabile o come rifiuto radioattivo. 2.3 Precontrolli prima del confezionamento dei contenitori di materiali I materiali di piccole dimensioni, prima di essere introdotti nelle casse per il controllo volumetrico finale, sono soggetti a verifiche 416 qualitative del grado di omogeneità della radioattività, attraverso sistemi di tipo gamma totale Questo per fare in modo che da un punto di vista della radioattività il contenitore abbia caratteristiche omogenee e che quindi risponda alla modellizzazione geometrica. Figura 2: controllo manuale mediante strumenti di tipo gamma totale 2.4 Controlli finali mediante spettrometria gamma La Centrale di Caorso dispone di due apparecchiature di tipo “box counter”, che di norma sono utilizzate per il controllo massico di materiali in contenitori a parallelepipedo, tipicamente cassoni; i sistemi si basano sulla rivelazione della radiazione gamma mediante rivelatori HPGe collimati e sull‟analisi degli spettri associati alle varie porzioni dei contenitori. Uno di questi strumenti è collocato al piano sottostante a PGT (quota 49,63 m slm) (figura 3); a questa quota è stata allestita un‟area di monitoraggio finale dotata anche di attrezzature manuali e semiautomatiche per il monitoraggio 417 superficiale. I materiali vengono trasportati in tale area da PGT tramite un montacarichi. All‟uscita dall‟area di monitoraggio, il materiale prosegue per la baia di carico turbina (Zona Non Controllata e pulita) e quindi per le aree di stoccaggio esterne. L‟altra apparecchiatura similare è posta in un differente edificio, fuori zona controllata. Sono disponibili anche due sistemi per spettrometria gamma in situ basati su rivelatori HPGe dotati di diversi set di collimatori e di un software che consente la modellizzazione di diverse geometrie (es. big bags, cassoni, ecc). I radiosotopi gamma emettitori presenti nell‟inventario della radioattività sono Co-60, Cs-137, Sb-125. Figura 3: apparecchiatura di tipo “box counter” collocata nell’area di monitoraggio 2.5 Studio di sistemi di misura innovativi Lo sforzo di integrare l‟attività di monitoraggio radiologico all‟interno della complessa macchina dello smantellamento conciliando le prescrizioni per l‟esecuzione delle misure e i requisiti 418 di tracciabilità con le tempistiche programmate, ha condotto alla ricerca di soluzioni innovative. Si citano in questa sede in particolare il sistema di monitoraggio radiologico automatico delle tubazioni (figura 4) e la realizzazione di una rete wi-fi di comunicazione tra i vari strumenti di monitoraggio e un PC centrale. Figura 4: sistema di monitoraggio radiologico automatico delle tubazioni Il sistema di monitoraggio delle tubazioni consente il controllo automatico, con rivelatori di tipo gamma totale, contemporaneamente all‟interno ed all‟esterno di tubazioni di diametro nominale compreso tra 10 e 90 cm, spessore massimo di 2 cm circa, lunghezza massima di 200 cm. Il tubo è posto in rotazione mediante un opportuno sistema meccanico mentre il sistema di acquisizione registra le misure, le elabora, fornendo segnalazioni e bloccando il sistema in 419 caso di superamento della soglia di rilasciabilità. Questo sistema consente l‟accesso all‟interno della superficie senza la necessità di sezionare il tubo longitudinalmente, come avviene nel caso dei tradizionali controlli manuali. Per introdurre la descrizione della rete di monitoraggio, occorre precisare che tutti gli strumenti di misura della radioattività dedicati ai controlli per l‟allontanamento sono equipaggiati con un computer e con l‟hardware occorrente per il trasferimento dei dati su rete wireless. La rete schematizzata in modo semplificato in figura 5 è costituita da un PC dedicato, posto nell‟area di monitoraggio a quota 49,63; il PC è equipaggiato con un software che svolge diverse funzioni, dall‟impostazione centralizzata di parametri sensibili come i fattori di correlazione, le efficienze e le condizioni geometriche di taratura, (operazioni svolte da personale con qualifiche di supervisione delle attività di monitoraggio) alla raccolta di tutti i dati di misura provenienti dalle varie stazioni di misura, elaborazione dei dati e produzione di files standardizzati pronti per l‟archiviazione informatica e la stampa. La comunicazione tra questo PC dedicato e le varie stazioni avviene mediante rete wireless; il PC è integrato nella rete LAN di Sogin mediante interfaccia Ethernet; l‟inserimento del PC nella rete LAN consente la gestione dei files prodotti da altre postazioni di lavoro e dagli uffici; inoltre in questo modo si sfrutta il sistema di back up e di antivirus già implementato in rete. Server Sogin Server rete wi-fi . Rete PGT el. 60.20 slm Monitori manuali Monitori manuali Monitori lamiere Rete Area Monitoraggio el. 49,63 m slm Monitore tubi Monitori sacchi Monitori sacchi Box Counter Monitori lamiere Figura 5: schema semplificato della struttura della rete di monitoraggio di turbina 420 Il sistema descritto offre il vantaggio di eliminare o comunque minimizzare i trasferimenti manuali di dati e gestire i dati stessi a diversi livelli di responsabilità attraverso il controllo degli accessi. Inoltre l‟informazione sull‟allontanabilità dei materiali risulta disponibile già sul luogo della misura, in quanto le elaborazioni matematiche avvengono in linea. Ciò porta all‟ottimizzazione dei tempi di svolgimento delle operazioni collegate all‟esito dei controlli radiologici. 3. QUANTITATIVI DI MATERIALI MONITORATI E NUMERO DI MISURE EFFETTUATE Dalla fine del 2009 fino a metà agosto 2011, con l‟organizzazione delle misure prima descritta, sono stati monitorati i seguenti quantitativi di materiali: misura massica (Box Counter, ISOCS) misura superficiale (gamma totale) n° misure Peso (ton) 10750 1455.36 52408 3655.58 Si precisa che nel caso di misura massica, una misura rappresenta l‟acquisizione di uno spettro gamma, e l‟elaborazione dello stesso per verificare la condizione sulla rilasciabilità del materiale. Ogni spettro si riferisce ad un quantitativo di materiale non superiore a 300 kg e a un volume non superiore a 1 m3. Nel caso di misura superficiale, una misura si riferisce all‟acquisizione di un conteggio integrale, associato ad una superficie di area non superiore a 1 m 2 (tipicamente si tracciano comunque delle aree di scansione o di misura statica di superficie non superiore a 625 cm2) e all‟elaborazione dello stesso per la determinazione del grado di contaminazione superficiale e della 421 verifica dell‟assenza di “hot spots” associati a superfici dell‟ordine di 100 cm2 all‟interno dell‟area di misura. Cli Materiali metallici Radionuclide (i) Cli Materiali cementizi Cli Altri materiali Simbolo massa (Bq/g) Superf. (Bq/cm2 ) Massa (Bq/g) Superf. (Bq/cm2 ) massa (Bq/g) 3 1 10.000 1 10.000 0,1 C 1 1.000 1 1.000 0,1 Mn 1 10 0,1 1 0,1 H 14 54 55 Fe 1 1.000 1 10.000 0,1 60 Co 1 1 0,1 1 0,1 59 Ni 1 1000 1 10.000 0,1 63 Ni 1 1000 1 10.000 0,1 90 Sr 1 1 1 100 0,1 125 Sb 1 10 1 1 0,1 134 Cs 0,1 1 0,1 1 0,1 137 Cs 1 10 1 1 0,1 152 Eu 1 1 0,1 1 0,1 1 1 0,1 1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,01 1 1 1 10 0,1 154 Eu alfa emettitori 241 Pu Tabella 1: livelli di allontanamento stabiliti con il DM 04/08/2000 422 Figura 6: modulo accompagnamento componenti 423 4. CONCLUSIONI L‟esperienza dello smantellamento della turbina e in particolare dei controlli per l‟allontanamento dei materiali metallici, ha condotto ad un‟organizzazione tale da prevedere diverse fasi di controllo dopo lo smontaggio per un corretto indirizzamento dei materiali verso le opportune destinazioni. L‟enorme varietà di geometrie ha condotto alla realizzazione di apparecchiature di misura che potessero garantire una certa flessibilità ed è stato intrapreso lo sviluppo di strumentazione innovativa e di architetture di trasmissione dati tali da limitare le registrazioni manuali e controllare gli accessi per l‟inserzione dei dati primari. 424 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 THE SPANISH LABORATORY ON NATURAL RADIATION UNDER FIELD CONDITIONS L.S Quindós-Poncela*, C. Sainz-Fernandez, I. Fuente-Merino, J. L. Gutierrez-Villanueva, L. Quindós-Lopez, J.L. Matin-Matarranz** *Department of medical Physics, Faculty of Medicine University of Cantabria 39011 Santander, Spain ** Spanish Nuclear Safety Council, Madrid, Spain ABSTRACT In this communication the facilities of a new laboratory for natural radioactivity measurements is presented. The installation is available since 2010 and provides the possibility to any national and international laboratory of performing verification measurements under realistic field conditions. It is well know the necessity of adequate calibration procedures for quality assurance of devices used in monitoring and measurement of the natural radiation levels in soil, water and air. Usually, this kind of calibrations is carried out in accredited laboratories where the detection and measurement systems are exposed to radiation under strictly controlled conditions. Complementarily to these procedures, the new laboratory open the possibility of calibrations under field conditions, closer to that where we usually want to assess the risk of people exposed natural sources of radiation. Finally, during May 2011, an International Intercomparison exercise, sponsored by the Spanish Nuclear Safety Council has been carried out at the laboratory. More than 30 laboratories coming from different countries have tested their measurement systems within this exercise. Several types of measurements like radon indoors and outdoors, external gamma radiation, radon in soil and water, and exhalation rate from soil and building materials have been performed, and some results as well as main conclusions for the future will be presented in this communication. 425 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 TOWARDS A EUROPEAN ATLAS OF NATURAL RADIATION: GOAL, STATUS AND FUTURE PERSPECTIVES M. De Cort1,*, V. Gruber1, T. Tollefsen1 and P. Bossew2 1 European Commission, Joint Research Centre, Institute for Transuranium Elements,Via E. Fermi 2749, I-21027 Ispra (VA), Italy 2 Bundesamt für Strahlenschutz (German Federal Office for Radiation Protection), Köpenicker Allee 120-130, D-10318 Berlin, Germany ABSTRACT One of the tasks of the European Commission (EC) under the Euratom Treaty is to collect, validate and provide information about the levels of radioactivity in the environment. In order to offer to the public a more balanced view on the annual dose that it may receive from environmental radioactivity, a few years ago we decided to explore the feasibility of preparing a European Atlas of Natural Radiation (EANR). To-date already 21 countries have provided indoor radon data and efforts continue to extend this information to other European countries. In addition, we started investigating the feasibility of a “geogenic radon map”, which would show “what earth delivers” in terms of potential Rn hazard. In this paper we present the current state of the art of the preparation of the EANR and provide detailed statistics of the results already obtained. The current efforts are still focussed on radon, but also progress on other components, like cosmic rays and terrestrial gamma radiation will be presented and discussed. 426 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 CONCENTRAZIONI DI RADON LUNGO STRUTTURE TETTONICHE ATTIVE IN CALABRIA M. Fòlino Gallo*, C. Tansi**, S. Procopio*, G. Martini**, A. Rania* * ARPACal Dipartimento di Catanzaro (CZ), Italia ** CNR-IRPI Sezione di Cosenza, Rende (CS), Italia RIASSUNTO Nel presente lavoro sono state confrontate le concentrazioni di radon misurate nel suolo e l‟assetto neotettonico in alcuni settori dell‟Arco Calabro. Le aree investigate, caratterizzate dalla presenza di faglie attive, sono state interessate storicamente da forti terremoti crostali (M>7 e intensità MCS fino a XI). Anche gli epicentri dei terremoti strumentali più intensi (M>3) tendono a distribuirsi lungo le faglie riconosciute confermandone l‟attività. I risultati ottenuti mostrano che nelle zone investigate: (a) non si evince una chiara correlazione tra le concentrazioni anomale di radon e le litologie affioranti; (b) esiste una evidente correlazione tra l‟andamento delle strutture tettoniche e la distribuzione delle concentrazioni anomale di radon; (c) le aree epicentrali dei principali terremoti sia storici che strumentali corrispondono alle zone caratterizzate dai valori più alti di concentrazione di radon, probabilmente ad indicare una attivazione recente di questi segmenti di faglia. La metodologia utilizzata permette di meglio definire sia la geometria e il potenziale sismico delle faglie che il rischio ambientale connesso alla maggiore probabilità di fenomeni di accumulo di radon negli ambienti confinati. Parole chiave: Gas del suolo, radon, faglie 427 INTRODUZIONE E ASSETTO GEOLOGICO Gli stress tettonici attivi in un‟area possono provocare variazioni nel tempo di alcuni parametri fisici. Numerosi studi riportati in letteratura hanno suggerito che le misure di radon, sia in acqua sia in suolo, possono essere un valido strumento per la comprensione dei fenomeni geodinamici (THOMAS, 1988; KING et al., 1996; BURTON et al., 2004; NERI et al., 2005). Infatti, la concentrazione di radon ha la caratteristica di poter essere rilevata con un costo relativamente basso e di essere molto sensibile alle variazioni di stress tettonico anche profondo. Il radon, gas radioattivo che costituisce la frazione preponderante della radioattività ambientale, è naturalmente emanato dalle rocce che costituiscono la crosta terrestre. Esso deriva dal decadimento dell‟Uranio-238, le cui tracce sono presenti in ogni tipo di suolo. Per tale motivo è fondamentale individuare le possibili vie di comunicazione tra il sottosuolo e la superficie (faglie e fratture). Infatti, il discreto tempo di dimezzamento (3,8 giorni) e la sua solubilità permettono al radon di essere trasportato per considerevoli distanze da gas o liquidi trasportatori, come l‟anidride carbonica e l‟acqua. Le faglie inducono un aumento considerevole degli indici di fratturazione delle rocce che attraversano, costituendo una via di fuga preferenziale per i gas (fig.1). Fig. 1 – Schematizzazione della risalita del radon lungo faglie attive. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato, in diverse parti del mondo, che lungo alcune faglie attive si registrano valori importanti di concentrazione di radon, confermando l‟ipotesi che queste controllano sensibilmente la risalita di radon verso la superficie terrestre. 428 In Calabria, le rocce uranifere sono presenti in quasi tutte le formazioni del sottosuolo. Da un punto di vista geologico, l'Arco Calabro (AMODIO-MORELLI et al., 1976), è un segmento arcuato dell‟orogene appenninico-magrebide estruso sulla crosta oceanica del Bacino Jonico durante le fasi finali dei processi collisionali tra Africa ed Europa (BEN AVRAHAM et al., 1990). Strutturalmente, l‟Arco rappresenta un thrust-belt prodotto dalla sovrapposizione, attuatasi tra il Cretaceo sup. ed il Paleogene, di una serie di unità, costituite da rocce cristallino-metamorfiche paleozoiche e coperture mesozoiche, derivanti dalla deformazione di domini continentali ed oceanici. Durante l‟Oligocene-Miocene Inferiore, le suddette unità sono sovrascorse “in toto” sulle unità di piattaforma appartenenti alla catena appenninica, lungo overthrusts che mostrano attualmente vergenza NE (AMODIO-MORELLI et al., 1976; TORTORICI, 1982). Dal Miocene Medio l‟Arco ha iniziato a migrare verso SE lungo faglie trascorrenti d‟importanza regionale, orientate NW-SE, direttamente connesse con l‟apertura del Bacino Tirrenico (MALINVERNO & RYAN, 1986; DEWEY et al., 1989). Fig. 2 – Mappa schematica con i principali lineamenti tettonici della Calabria settentrionale. SLFZ Soverato-Lamezia Fault Zone; CAFZ Catanzaro-Amantea Fault Zone; SDFZ Sellia-Decollatura Fault Zone; OCFZ Colle OspedaleColosimi Fault Zone; FCFZ Falconara-Carpanzano Fault Zone; PSFZ Petilia-S.Sosti Fault Zone; SRFZ S. Nicola Rossano Fault Zone (da Van Dijk et al.; 2000, modificata). In particolare, la Calabria Settentrionale è attraversata da un sistema di shear-zones profonde (fig. 2) che, dal Pliocene medio e fino a tempi recenti, ha disarticolato il complesso edificio a thrust che 429 costituisce l‟Arco Calabro con una tettonica di tipo prevalentemente trascorrente (VAN DIJK et al., (2000); TANSI et al., 2007, FOLINO GALLO M., 2011). In Calabria è stata riconosciuta un‟intensa deformazione crostale che si manifesta attraverso sistemi di faglie normali e trascorrenti (MONACO & TORTORICI, 2000; TANSI et al., 2005; SPINA et al., 2007; FERRANTI et al., 2009). Tali sistemi hanno evidenziato un‟intensa attività rendendo la regione una tra le zone più attive, dal punto di vista sismico, nel Mediterraneo Centrale. Lungo le faglie che attraversano il territorio calabro, sono si sono verificati numerosi terremoti catastrofici caratterizzati da magnitudo (M) fino a 7.4 e intensità MCS fino a XI (fig. 3). Fig. 3 - Schema sismotettonico dell’Arco Calabro e della Sicilia orientale (da: MONACO & TORTORICI, 2000, modificato). Sono riportati i terremoti crostali (profondità < 35 km) a partire dal 1000 d.C. (dati tratti da: POSTPISCHL, 1985; BOSCHI et al., 1997). 430 MISURE DI RADON: METODOLOGIA La misurazione della concentrazione di radon può essere effettuata attraverso diverse metodologie. In questo lavoro la strumentazione utilizzata è costituita da un contatore di particelle alfa corredato da un set di camere a scintillazione. Il contatore (modello Pylon AB-5) è composto da un fotomoltimplicatore (PMT), da un sistema dotato di un software in grado di trasformare gli impulsi luminosi generati dal PMT in conteggi e una pompa con la quale vengono prelevati i campioni di aria da analizzare. Lo strumento è stato calibrato utilizzando una sorgente radioattiva di Ra-226 (modello 3150 A, Calibrazione standard), con un'attività di equilibrio con il Ra-226 di 3716 dpm e un‟efficienza del 74,5%. Le camere a scintillazione utilizzate sono Celle di Lucas, aventi volume nominale di 270 ml, nelle quali attraverso due valvole viene immessa dell‟aria (flusso 3 l/min.). Anche le Celle di Lucas sono state calibrate fino ad ottenere un‟efficienza E = 0.75d (cpm / dpm) e una sensibilità pari a S = 0.0365* cpm (Bq/m3). Il radon è stato campionato per cinque minuti e dopo più di tre ore, tempo necessario per raggiungere l‟equilibrio tra il radon e i suoi figli, per ogni campione è stata determinata la concentrazione di radon. In tal modo è stata evitata l‟interferenza nella misura di altri isotopi con emissioni di radiazioni-alfa (WINKLER et al., 2001). Le aree sono state investigate tramite l‟effettuazione di 4 misure per km2. I campioni di gas sono stati prelevati a profondità variabili tra 0,5 e 1 metro di profondità, in modo da limitare l‟influenza nelle misure delle variazioni delle condizioni atmosferiche. Tutte le misure sono state eseguite in condizioni meteorologiche stabili. La mappa con le isoconcentrazioni di radon nel suolo è stata realizzata considerando le misure ottenute in laboratorio. La distribuzione spaziale delle concentrazioni di gas nel suolo è stata ottenuta attraverso elaborazioni geostatistiche (kriging con variogramma lineare) e di un GIS, al fine di evidenziare le tendenze “anomale”. Sono state considerate “anomalie significative”, in accordo con IGARASHI & WAKITA (1990), i valori di concentrazione 431 del radon superiori al valore medio +/- 2 volte il valore della deviazione standard. Infine, l‟andamento delle concentrazioni di radon è stato confrontato con i principali lineamenti geologici e sismici dei settori investigati. CONFRONTO DEI DATI RADON CON I LINEAMENTI NEOTETTONICI I dati geologico-strutturali, alcuni dei quali inediti, assieme ai caratteri della sismicità strumentale e storica, sono stati confrontati con le misure di radon nel suolo eseguite, in alcuni settori della Calabria centro-settentrionale, dal Dipartimento di Fisica dell‟Università della Calabria tra il 2004 e il 2006. In particolare, l‟attenzione è stata focalizzata in aree ad elevato potenziale sismogenetico (settore meridionale del graben del Crati, margine ionico dell‟Altopiano Silano e settore occidentale della Piana di Lamezia Terme), ed i risultati ottenuti sono di seguito descritti. a) Settore meridionale del graben del Crati Il settore meridionale del graben del Fiume Crati è una depressione tettonica d‟età plio-quaternaria (LANZAFAME & TORTORICI, 1981), caratterizzata dalla presenza di faglie normali ad andamento N-S che ne definiscono la forma tipicamente stretta ed allungata (fig. 4). Tali faglie delimitano i depositi clastici plio-quaternari di riempimento del graben (COLELLA et al., 1987) dalle rocce cristallinometamorfiche paleozoico-cretaciche, che costituiscono gli horst della Catena Costiera e dell‟Altopiano Silano. I depositi di riempimento del graben del Crati sono costituiti da una successione conglomeratico-sabbioso-argillosa, riferibile a un ciclo sedimentario marino del Pliocene superiore-Pleistocene inferiore, su cui giacciono in unconformity depositi di fan-delta ghiaioso-sabbiosi (COLELLA et al., 1987) del Pleistocene medio, a loro volta ricoperti dai depositi alluvionali attuali del F. Crati e dei suoi principali tributari. Gli horst che delimitano il graben del Crati sono costituiti da litotipi cristallino-metamorfici appartenenti all‟Arco Calabro (AMODIO432 MORELLI et al., 1976), localmente sormontati da depositi altomiocenici (DI NOCERA et al., 1974) in corrispondenza degli horst della Catena Costiera e dell‟Altopiano Silano. Le faglie riconosciute sono connesse a una fase tettonica distensiva, con assi di estensione massima orientati E-W, perdurata dal Pliocene sup. (LANZAFAME & TORTORICI, 1981), particolarmente intensa dal Pleistocene M., e tuttora attiva (GASPARINI et al., 1982; TORTORICI et al., 1995). Lungo il bordo orientale del graben del Crati le faglie N-S sono organizzate in una gradinata, ribassante verso occidente. Esse sono più “fresche” morfologicamente e, quindi, più recenti, procedendo da est verso ovest e culminano per rigetti ed estensione con le direttrici “Rogliano-Serra Castellara” e “Donnici-Luzzi” (TANSI et al., 2005). L‟attività sismogenetica di tali faglie è evidenziata dai dati sia della sismicità storica (cfr. eventi di intensità IX-X MCS, anni 1767, 1835, 1854, 1870 e 1887 - POSTPISCHL, 1985; BOSCHI et al., 1997) che strumentale. Dal confronto faglie-sismi, si evince come gli epicentri dei terremoti strumentali più intensi (M>3, dati INGV relativi al periodo 1983-2010), tendano a distribuirsi prevalentemente lungo le faglie del sistema N-S (fig. 4, riquadro a). Inoltre, lungo questo settore, nel tratto compreso tra Rogliano e Luzzi, si allineano le aree macrosismiche dei principali terremoti storici che hanno interessato la valle del Fiume Crati (BOSCHI et al., 1997), con assi di allungamento che seguono le principali strutture tettoniche recenti presenti. 433 Fig. 4 – Schema neotettonico del graben del Crati. Nel riquadro A: anomalie di radon, faglie quaternarie e principali terremoti storici e strumentali lungo il bordo orientale del graben del Crati (da Tansi et al., 2005, modificata) Le concentrazioni di radon misurate in questo settore sono risultate piuttosto uniformi, con valori di fondo medio osservato di 9,08 Bq/l. Le concentrazioni minime e massime sono pari, rispettivamente, a 1,00 e 38,82 Bq/l (varianza = 43,95, deviazione standard = 6.63). Dalla mappa non si individuano alcune zone che presentano valori anomali di concentrazione di radon. In generale non si evincono correlazioni significative tra le litologie affioranti e le concentrazioni di radon, sia in termini di background sia di anomalie, le quali interessano diverse unità geologiche e mostrano valori molto diversi anche per singola unità litologica. Esiste, invece, un‟evidente correlazione tra le faglie quaternarie e le aree con concentrazioni di radon più elevate (sino a 4 volte il valore medio). In particolare, queste zone “anomale” si dispongono, generalmente, in direzione NS, parallelamente alle strutture tettoniche più recenti, ad esclusione della pozione meridionale in cui l‟andamento delle anomalie di radon è influenzato dalla sovrapposizione del sistema di faglie N-S e NWSE. 434 Esiste una significativa correlazione tra l'intensità/larghezza delle anomalie di radon e lo stato di attività delle faglie. Le concentrazioni più alte corrispondono, generalmente, ai settori di faglia che mostrano indizi di “freschezza morfologica” e, quindi, caratterizzati da fratturazione recente. Invece, a faglie relativamente più antiche si associano concentrazioni di radon più basse. Inoltre, le aree epicentrali dei principali terremoti sia storici che strumentali corrispondono a picchi principali di anomalie di radon, indicando, probabilmente, segmenti di faglia di attivazione recente. Le aree macrosimiche dei terremoti del 1835, 1854, e 1870 coincidono con le zone caratterizzate dalle concentrazioni più elevate di radon. b) Settore nord-orientale dell‟Arco Calabro Il bordo nord-orientale della Calabria costituisce un alto strutturale che corrisponde al margine ionico del Massiccio Silano. Le unità cristallino-metamorfiche, che costituiscono il bedrock, affiorano diffusamente in tutta la parte centrale e meridionale dell‟area e sono rappresentate essenzialmente dalle rocce granitoidi e gneissiche che strutturano l‟Altopiano della Sila. Al di sopra di queste giacciono: le coperture sedimentarie del Mesozoico (costituite da sedimenti carbonatici); le coperture Alluvionali Terziarie (conglomerati, brecce e marne, Formazione di Paludi di DUBOIS, 1976); i sedimenti Neogenici (DI NOCERA et al., 1974), rappresentati da conglomerati e arenarie del Tortoniano, argilliti, calcari evaporitici e gessi del Messiniano; i depositi del Pliocene M.-Pleistocene M., costituiti da successioni sedimentarie marine di conglomerati, sabbie e argille (CAROBENE, 2003). Da un punto di vista tettonico, in quest‟area VAN DIJK et al. (2000), hanno riconosciuto un‟importante struttura tettonica crostale a orientamento NW-SE, definita dagli Autori “Rossano-S.Nicola Fault Zone”(fig. 2), attiva almeno sino al Pleistocene Medio e 435 caratterizzata in profondità da cinematismi trascorrenti sinistri con forti componenti inverse. Studi recenti (FERRANTI et al., 2009; FOLINO GALLO, 2011, FOLINO GALLO et al., in press) hanno riconosciuto, lungo il bordo nord settentrionale dell‟Arco Calabro, la presenza di un regime tettonico quaternario di tipo transpressivo, individuato da un sistema di faglie trascorrenti sinistre con direzione media NW-SE e immersione prevalentemente verso NE (fig.5). Fig. 5 – Schema geologico-strutturale del bordo nord-orientale della Calabria. Nel riquadro confronto tra anomalie di radon e faglie quaternarie lungo il bordo nord-orientale della Calabria (da Folino Gallo, 2011, modificata). Tali strutture rappresentano un sistema che si sviluppa per circa 70 km, costituito da diversi segmenti, ben evidenti morfologicamente, contraddistinti da settori in sovrapposizione. Nell‟ambito di tale sistema sono state riconosciute due shear-zones principali: una orientata WNW-ESE, che si estende tra Spezzano Albanese e Rossano; l‟altra orientata NW-SE, che si sviluppa tra il Fiume Trionto e Punta Alice. Lungo questo sistema regionale di faglie si riconosce una discreta attività sismica che si evince sia dalla distribuzione delle aree macrosismiche dei terremoti storici, l‟evento di maggiore energia è stato quello del 25 aprile 1836 caratterizzato da un‟intensità IX-X MCS, che dalla localizzazione degli epicentri strumentali, alcuni dei 436 quali hanno superato M = 4 (fig. 6). I meccanismi focali dei principali eventi sismici recenti sembrano confermare l‟attività del sistema di faglie riconosciuto mostrando soluzioni focali che indicano movimenti trascorrenti sinistri (fig. 6). Fig. 6 – Caratteri sismotettonici del bordo nord-orientale della Calabria. Sono rappresentati gli epicentri dei terremoti storici e strumentali (profondità < 35 km) significativi, e le principali faglie. Nel complesso le concentrazione di radon misurate nell‟area variano spazialmente tra un minimo di 2,02 Bq/l ad un massimo di 89,91. Bq/l, con valori medi che si attestano intorno a 5 Bq/l. Dal confronto tra le concentrazioni di radon misurate e la distribuzione della fagliazione quaternaria recente, si deduce come i più alti valori - concentrazioni anomale - si dispongono lungo gli allineamenti tettonici a orientazione media NW-SE (fig. 5). Le faglie, che mostrano forme morfologiche più fresche, corrispondono alle anomalie principali (sia in termini di intensità che di larghezza). L‟andamento della distribuzione delle concentrazioni di radon ha permesso, inoltre, di confermare l'esistenza di faglie sepolte nei sedimenti alluvionali che caratterizzano il settore settentrionale dell'area di studio (linee tratteggiate in fig. 5). Fatta eccezione per il bordo SW, le concentrazioni anomale di radon mostrano valori compresi tra 21,32 Bq/l (nei pressi del centro abitato di Scala Coeli) e 43,25 Bq/l (vicino al centro abitato di Spezzano Albanese). Il bordo SW è caratterizzato da un‟estesa zona contraddistinta da concentrazioni radon particolarmente elevate (valori fino a 78,50 Bq/l), 437 che si allunga in direzione E-W. Tale situazione è, probabilmente, dovuta alle rocce cristalline affioranti nella zona (gneiss dell‟Unità di Monte Gariglione e rocce granitoidi del Batolite Sila), caratterizzate da un alto contenuto di minerari uraniferi. Infine, l‟andamento della distribuzione delle concentrazioni anomale di radon a spot potrebbe essere dovuto alla presenza di corsi d'acqua assimilabili a fiumare che attraversano perpendicolarmente le zone di faglia riconosciute (fig. 5). Gli alvei di tali corsi d‟acqua, molto estesi, sono costituiti da depositi alluvionali grossolani (generalmente conglomeratici e conglomeratici sabbiosi), che disperdono i flussi di gas radon in superficie, mascherando l'originale concentrazione lungo la direzione di massima fatturazione della roccia sottostante. c) Settore occidentale della Piana di Lamezia Terme La Piana di Lamezia Terme corrisponde al settore tirrenico del graben di Catanzaro. Quest‟ultimo rappresenta orograficamente una depressione morfologica allungata in direzione E-W, delimitata a Nord dal Massiccio della Sila e a Sud da quello delle Serre (fig. 2). Ai fini del presente lavoro, si è ritenuto opportuno raggruppare le unità geologiche affioranti in due domini principali rappresentati da (fig. 7): • substrato roccioso pre-pliocenico: affiorante in corrispondenza dell‟alto strutturale della Sila, costituito da rocce metamorfiche di basso grado paleozoico-mesozoiche (filladi, gneiss ed in subordine, rocce verdi) e da rocce carbonatiche giurassiche (dolomie e calcari); • depositi sedimentari plio-olocenici: affioranti in corrispondenza del basso strutturale della Piana di Lamezia Terme e rappresentati da potenti successioni sedimentarie d‟origine marina d‟età Pliocene Sup.-Pleistocene Med., ricoperte da depositi di conoide d‟origine continentale d‟età Pleistocene Sup.-Olocene. I depositi plio-pleistocenici sono rappresentati da una successione prevalentemente argillosa ed, in subordine, sabbiosoconglomeratica. In particolare, tali depositi sono qui rappresentati 438 da due generazioni di conoidi che si allineano lungo il bordo settentrionale della Piana di Lamezia Terme. Fig. 7 – Schema geologico-strutturale della Piana di Lamezia Terme (riquadro di sinistra). Anomalie di radon, faglie quaternarie e principali terremoti storici e strumentali nella Piana di Lamezia Terme (riquadro di destra). Il graben di Catanzaro è strutturato da faglie normal-trascorrenti sinistre con direzioni medie WNW-ESE. In particolare, nella sua porzione settentrionale, esso è caratterizzato dalla faglia d‟importanza regionale “Sambiase – Pianopoli - Catanzaro”, che delimita le propaggini meridionali dei sistemi montuosi Catena Costiera - Sila. L‟area di studio ricade in una zona ad elevato rischio sismico connesso con l‟attività di faglie sismogeniche: questi caratteri sono particolarmente evidenti nella faglia che, nei pressi del Torrente Zinnavo a circa 3 km ad est di Capo Suvero, disloca una conoide di deiezione post-Wurmiana e lungo la cui scarpata, caratterizzata da una lunghezza di qualche km e da un‟altezza di circa 30 m., si impostano due nuove conoidi oloceniche, indicativi di un “ringiovanimento” della stessa (TORTORICI et al., 2002). La Piana di Lamezia Terme coincide con l‟area epicentrale del terremoto del 27 marzo 1638 (intensità alla sorgente pari a XI MCS, magnitudo 439 equivalente pari a 7.1, fig. 7). Inoltre, gli allineamenti degli epicentri strumentali registrati negli ultimi decenni confermano i caratteri sismogenetici delle faglie suddette (fig. 7). Il confronto tra gli elementi tettonici, i dati della sismicità e le misure di radon disponibili per quest‟area è in via di definizione. I risultati preliminari dell‟indagine sono riportati in figura 7. Le concentrazioni di radon riscontrate variano tra un minimo di 2,08 Bq/l ad un massimo di 65,7. Bq/l, con valori medi che si attestano intorno a 11 Bq/l. Dal confronto tra le concentrazioni di radon misurate e la distribuzione della fagliazione quaternaria recente, si deduce, anche per quest‟area, che i valori più elevati di radon si dispongono lungo gli allineamenti tettonici più recenti. I valori più alti sono stati riscontrati al contatto tra rocce cristalline e le rocce sedimentarie, marcato da un‟importante struttura crostale profonda lungo la quale è avvenuta la risalita delle rocce carbonatiche affioranti nella finestra tettonica di Caronte. L‟andamento delle anomalie di radon ha permesso, inoltre, di ipotizzare la prosecuzione di un‟importante struttura tettonica, probabilmente attiva, al di sotto delle conoidi nella parte meridionale dell‟area (linea tratteggiata in fig. 7). CONCLUSIONI I dati presentati in questo lavoro, alcuni dei quali inediti, hanno confermato una forte correlazione tra l‟andamento delle concentrazioni “anomale” di radon e l‟assetto neotettonico. Dal confronto tra le concentrazioni di radon e la distribuzione della fagliazione quaternaria si deduce che i più alti valori si dispongono lungo le faglie con indizi di attività più recente. Le aree epicentrali dei principali terremoti sia storici sia strumentali corrispondono, nei settori investigati, alle zone caratterizzate dai valori di concentrazione di radon più elevati, probabilmente ad indicare i segmenti di faglia che si sono riattivati più recentemente. 440 Lo studio delle anomalie di radon ha permesso, inoltre, di identificare alcuni segmenti di faglia sepolti al di sotto delle coltri alluvionali. In conclusione, gli studi effettuati permettono di affermare che in Calabria centro-settentrionale le principali faglie attive sono caratterizzate da alti valori di concentrazione di gas radon che rappresentano, oltre ad un indizio del potenziale sismico delle faglie, un fattore di rischio ambientale connesso alla maggiore probabilità di fenomeni di accumulo di gas negli ambienti confinati. 441 BIBLIOGRAFIA AMODIO-MORELLI, L., BONARDI, G., COLONNA, V., DIETRICH, D., GIUNTA, G., IPPOLITO, F., LIGUORI, V., LORENZONI, S., PAGLIONICO, A., PERRONE, V., PICCARRETA, G., RUSSO, M., SCANDONE, P., ZANETTIN-LORENZONI, E., ZUPPETTA, A. (1976). - L’arco Calabro-Peloritano nell’orogene appenninico Maghrebide. (The Calabrian-Peloritan Arc in the Apennine-Maghrebide orogen). Mem. Soc. Geol. It. 17, 1-60. BEN AVRAHAM Z., BOCCALETTI M., GRASSO M., LENTINI F., TORELLI L. & TORTORICI L. 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Bonasegla*, E. Chiaberto+, E. Serena+, M. Magnoni+, A. Bruno#, F. Lollobrigida#, L. Tomassone°, * Università degli Studi di Pavia Dip. Fisica Nucleare e Teorica +ARPA Piemonte Dipartimento Radiazioni Via Jervis, 30 – 10015 Ivrea (TO) – Italy # ARPA Piemonte Dipartimento di Torino Via Pio VII Torino ° ARPA Piemonte Sistemi previsionali Via Pio VII Torino INTRODUZIONE I fenomeni di inquinamento interessano soprattutto la troposfera ed in questa, in particolare, lo strato di mescolamento (Planetary Boundary Layer PBL). Quest‟ultimo è quella porzione di atmosfera dove forti variazioni della velocità orizzontale ed il riscaldamento della superficie danno origine a movimenti turbolenti (in inglese eddies) che vanno a condizionare quindi la concentrazione degli inquinanti e dei gas qui presenti. In genere, il PBL può avere un‟estensione variabile con altezze h dal suolo a partire da valori di 100 metri fino a raggiungere anche qualche kilometro, a seconda della stabilità atmosferica e delle condizioni metereologiche. Ad esempio, durante i giorni di bel tempo, il PBL subisce un aumento significativo della temperatura e raggiunge altezze molto elevate; al contrario, di notte, il raffreddamento del suolo causa un‟inversione termica tale per cui l‟altezza h rimane più bassa variando da 100 a 600 metri circa. Si ha inversione termica, e quindi un‟altezza contenuta del PBL, anche nel periodo invernale in condizioni anticicloniche; in questo caso l‟ulteriore assenza di vento limita molto il trasporto degli inquinanti causandone quindi una maggiore concentrazione. 445 Un comportamento analogo a quello di inquinanti di origine antropica lo ha il radon, gas naturale radioattivo che si genera per decadimento del radio 226 presente nel suolo, ben noto come inquinante indoor. Dalla misura del radon in atmosfera (radon outdoor), tramite opportuni modelli, è quindi possibile studiare e stimare i fenomeni di inquinamento acuto. Tramite questo approccio, è stato possibile correlare sia qualitativamente che quantitativamente i valori dell‟altezza dello strato di mescolamento con le concentrazioni di radon outdoor sperimentali; e di conseguenza con le concentrazioni degli inquinanti (traffico auto veicolare, emissioni dovute alle caldaie per il riscaldamento domestico). Un ulteriore vantaggio offerto da tale studio è dovuto al fatto che il radon può essere misurato con relativa semplicità ed economicità rispetto ad altri strumenti di valutazione dell‟altezza di rimescolamento e degli inquinanti stessi (PM10 - PM2.5). MODELLO DELLA DIFFUSIONE DEL RADON IN ATMOSFERA IN PRESENZA DI STRATO LIMITE Per descrivere il fenomeno della diffusione del radon nell‟atmosfera si può seguire, in alternativa all‟impostazione seguita dai modelli semiempirici normalmente in uso, un approccio “più fisico”, che parte cioè dalla considerazione dell‟equazione di continuità, scritta per il flusso J di radon che dal suolo entra in atmosfera e si diffonde verso l‟alto: divJ C 0 (1) t dove C è la concentrazione di radon. Ipotizzando che anche per J possa formalmente essere scritta una relazione analoga alla cosiddetta I legge di Fick che descrive il flusso di diffusione di un soluto in un solvente si avrà, considerando la sola coordinata verticale, la seguente relazione: 446 J D C ( 2) z dove D dovrà in questo caso essere interpretato come il cosiddetto coefficiente di diffusione turbolenta (coefficient of eddy diffusivity). Considerando il caso stazionario (∂C/∂t=0), è quindi possibile, inserendo la (2) nella (1) e tenendo conto del decadimento radioattivo, ottenere una familiare equazione del secondo ordine: D 2C C 0 (3) z 2 la cui soluzione generale è la seguente: C( z) A e z D Be z D ( 4) in cui A e B sono costanti arbitrarie il cui valore dipenderà dalle condizioni al contorno che verranno assunte e che sono quindi legate al fenomeno fisico che si sta studiando. Per giungere al calcolo esplicito di tali costanti sono quindi necessarie alcune considerazioni teoriche che devono tenere conto e schematizzare la realtà sperimentale. Tali condizioni al contorno dovranno descrivere in termini matematici il sistema fisico in questione. Nel nostro caso, si possono distinguere 2 diverse situazioni, legate alla meteorologia e che influenzano direttamente il sistema fisico: a) Assenza di inversione termica Tali condizioni meteo si traducono, nella trattazione matematica, in vincoli per la diffusione. In particolare, l‟assenza di inversione termica fa sì che il processo di diffusione del radon, continuamente prodotto dalla crosta terrestre, possa svolgersi liberamente verso l‟alto senza alcun ostacolo. 447 Matematicamente quindi, l‟assenza di inversione termica può essere espressa con l‟imposizione delle seguenti condizioni al contorno sulla concentrazione di radon: C (0) C 0 (5) C ( z ) 0 dove C0 è la concentrazione del radon all‟interfaccia suolo-aria. Con queste condizioni si ottiene quindi per il profilo verticale di z C( z) C 0 e D (6) concentrazione del radon la seguente espressione: Volendo cercare di mettere in relazione la concentrazione di radon all‟interfaccia suolo-aria C0 con un parametro fisico direttamente misurabile, cioè con il flusso di radon ¢ proveniente dal suolo, la prima delle condizioni scritte nella (5) può essere sostituita dall‟imposizione di una condizione sul flusso, J(0)=¢, che equivale, tenendo conto della (2), a una condizione sulla derivata prima. L‟imposizione di una tale condizione si traduce nella seguente espressione: D (A D B D ) ( 7) da cui, poiché, valendo sempre la seconda delle (5), deve essere B=0, si ottiene in definitiva: C( z) z e D D (8) dalla quale si vede che la concentrazione di radon all‟interfaccia suolo-aria C0 può essere espressa in funzione del flusso di radon φ proveniente dal suolo. 448 b) Presenza di inversione termica con strato limite di altezza h In questo caso la situazione si complica un po‟: il dominio di definizione della funzione definita dalla (6) è infatti l‟intervallo limitato (0, h): bisognerà quindi imporre opportune condizioni al contorno in 0 e h. Se per la condizione al contorno corrispondente a z=0 si possono senz‟altro fare le stesse considerazioni del caso precedente, per la condizione in z=h si può fare il seguente ragionamento. Dal momento che la presenza di uno strato limite ha l‟effetto di incrementare e omogeneizzare gli inquinanti in uno strato limitato, si può ragionevolmente supporre che lo stabilirsi di questa condizione porti all‟azzeramento della variazione della concentrazione all‟avvicinarsi dello strato limite: infatti, mentre l‟assenza di una limitazione della diffusione del radon verso l‟alto determina un derivata negativa, ma sempre 0, della concentrazione per qualunque quota z, la presenza di un‟altezza limite h oltre la quale il radon non può più diffondere fa sì che il radon venga in qualche modo “riflesso” verso il basso. Sembra perciò sensato porre come condizione al contorno in z=h l‟azzeramento della derivata prima della funzione C(z), così come è definita dalla (4), cioè : C (h) 0 ( 9) z In definiva le condizioni al contorno che descrivono fisicamente il sistema in caso di inversione termica definiscono il seguente sistema, nelle incognite A e B: D (A A D D e B D ) h D B D (10) e h D 0 Risolvendo il quale si giunge alla soluzione particolare che descrive C( z) e z D D (1 e 2 h D ) 449 e ( 2 h z ) D (1 e D 2 h (11) D ) l‟andamento della concentrazione di radon in presenza di inversione termica: Si può verificare che, operando il passaggio al limite per h +, si annulla il secondo termine e la (11) si riduce alla (8). L‟aspetto fisicamente non banale della (11) è che essa prevede, rispetto alla (10), un incremento delle concentrazioni al suolo in funzione dell‟altezza h dello strato limite, in accordo con quanto si osserva sperimentalmente. In particolare si ha infatti: C (0) (1 e 2 h D (1 e D ) 2 h D ) D (12) la quale ci dice appunto che la concentrazione al suolo in presenza di inversione (cioè quando h0) è sempre maggiore della concentrazione al suolo in assenza di inversione. Il principale aspetto problematico di questa teoria è che essa è una teoria stazionaria: infatti, pur ammettendo che D e il flusso di radon ¢ possano, in prima approssimazione, essere ritenuti costanti, le variazioni di h che, come ben sappiamo, sono sperimentalmente assai ben verificate, non possono certo essere trascurate. Pertanto, in senso stretto, la (11) è valida solo se h si mantiene costante per un congruo periodo di tempo, valutabile nell‟ordine delle 2-3 settimane, necessario affinché la quantità totale di radon nel dominio (0,h) vada all‟equilibrio. Il parametro h che si calcola a partire dalla (11) non può rappresentare quindi un valore “istantaneo” dello strato di mescolamento ma può essere considerato una buona stima del suo valor medio in certo intervallo di tempo. Ciò può valere in particolare nelle condizioni “quasi stazionarie” cioè in quei casi in cui la concentrazione di radon misurata sperimentalmente al suolo o a una data altezza z non subisce significative variazioni in un ampio intervallo di tempo (almeno qualche giorno) e non vi siano significativi trasporti orizzontali. Situazioni di questo genere non sono infrequenti in Pianura Padana durante la stagione invernale: è 450 pertanto possibile, a queste condizioni, sottoporre a verifica sperimentale la (11) e confrontare i valori di h che si ottengono in tal modo con quelli che si possono ottenere con altri metodi. IL MONITORAGGIO: STRUMENTAZIONE E METODO Le misure sperimentali sono state effettuate in due differenti siti: nel 2010 si è misurata la concentrazione radon outdoor a Torino presso una centralina per il monitoraggio della qualità dell‟aria posta nel parco di Torino Lingotto la quale fornisce i dati orari di NO, PM10 e NO2; nel 2011 la strumentazione è stata dislocata sempre a Torino in Corso Stati Uniti dove è invece presente una stazione di misura del profilo di temperatura e del vento che offrono una valutazione tridimensionale dei gradienti di temperatura e delle variazioni vettoriali della velocità del vento. Le misure di radon sono state effettuate mediante una sonda Pylon PMT-TEL ad elevata sensibilità (MCR = 0.9 Bq/m3), accoppiata con un‟unità di conteggio mi.am MR1. Si tratta di un rivelatore a solfuro di zinco ad alto volume (20 litri), all‟interno del quale un campo elettrico concentra opportunamente i figli del radon incrementando in tal modo l‟efficienza di raccolta delle particelle alfa emesse. Lo strumento scelto quindi per l‟elevata efficienza ha però lo svantaggio di possedere un certo ritardo nella risposta dovuto ai tempi di formazione dei figli del radon internamente al volume in cui viene flussata con continuità l‟aria campionata esterna. Tale ritardo può essere valutato non inferiore a due ore. Dato il tipo di campionamento attivo non è presente alcun ritardo imputabile alla diffusione del radon che può essere considerato istantaneo. Gli strumenti invece utilizzati da ARPA in Corso Stati Uniti per analisi dell‟atmosfera nascono nell‟ambito del progetto IMA e sono due strumentazioni specialistiche di grande potenzialità nello studio della micrometeorologia e delle situazioni di inquinamento dell‟aria; tali strumenti sono un Wind Profiler ed un radiometro e sono stati installati nel 2003. Possiedono enormi potenzialità per lo studio dello strato limite e adottano una tecnologia estremamente innovativa, che si sta sviluppando in questi ultimi anni a livello mondiale. Vanno, 451 pertanto, sottolineate le grandi possibilità a livello di sperimentazione scientifica che vengono create dall‟impiego di tali strumenti. Queste due tipologie di strumentazioni sono installate nello stesso sito in quanto forniscono misurazioni ed informazioni confrontabili e complementari; di seguito si fornisce una loro breve descrizione: il WIND PROFILER (LAP 3000) è un radar Doppler, che emette impulsi elettromagnetici, con una frequenza di 915 Mhz, in una certa direzione e fornisce una stima della velocità orizzontale del vento, a varie quote sulla verticale. A causa della bassa intensità di riflessione, il rapporto segnale/rumore è piccolo. Essendo l‟intensità di diffusione retrograda nulla sopra il PBL, l‟altezza di tale strato può essere stimata come quella che compete alla più alta misura di velocità del vento maggiore di zero. E‟ uno strumento particolarmente sensibile all‟individuazione delle irregolarità di rifrazione dovute alla turbolenza ed esegue misurazioni fino a i 3000 m di quota; il RADIOMETRO (MTP5) è un campionatore passivo per la misura dei profili verticali di temperatura. Misura la radiazione termica al centro della banda di assorbimento dell‟ossigeno molecolare. Il profilo di temperatura è spinto fino a 1000 m di altezza. RISULTATI E CONCLUSIONI I dati radon acquisiti nel corso di un intero anno (2010) presso il Lingotto sono mostrati in figura 1 e mostrano una evidente variabilità stagionale: in estate mediamente i valori riscontrati sono più bassi perché maggiore è il rimescolamento degli strati atmosferici e di conseguenza maggiore è la diluizione del radon. 452 Rn outdoor 2010-centralina Lingotto 30 25 Bq/m 3 20 15 10 5 data 13/11/10 24/9/10 5/8/10 16/6/10 27/4/10 28/11/09 17/1/10 8/3/10 0 Figura 1: Radon outdoor 2010 I dati quindi sono stati analizzati a livello orario e giornaliero per quanto riguarda gli inquinanti NO e NO2 e su base giornaliera per quanto riguarda il PM10. y = 6,411x - 6,3922 R2 = 0,3204 Radon - NO 450 400 350 μg/m 3 300 250 200 150 100 50 0 0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00 3 Bq/m Figura 2 : Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazioni di radon orarie e NO 453 y = 7,572x - 12,644 R2 = 0,5219 Radon - NO 160 140 120 μg/m 3 100 80 60 40 20 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 3 Bq/m Figura 3: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazione di radon e NO giornaliere y = 3,4082x + 22,18 R2 = 0,214 Radon - NO2 180 160 140 μg/m 3 120 100 80 60 40 20 0 0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00 3 Bq/m Figura 4: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazioni di radon orarie e NO2 454 y = 4,2435x + 17,593 R2 = 0,3647 Radon - NO2 120 100 μg/m 3 80 60 40 20 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 3 Bq/m Figura 5: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazione di radon e NO2 giornaliere y = 6,2499x + 0,2148 R2 = 0,4643 Radon - PM10 160 140 120 μg/m 3 100 80 60 40 20 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 3 Bq/m Figura 6: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazione di radon giornaliere e PM10 455 Come risulta dai grafici precedenti le concentrazioni di radon outdoor e degli ossidi di azoto e PM10 sono in accordo e la correlazione migliora nel caso di NO e PM10 inquinanti primari rispetto al caso di NO2. Sulla base del modello teorico descritto in precedenza si è quindi proceduto a calcolare l‟altezza di rimescolamento elaborando il dato di concentrazione radon (Fig. 7). Per ricavare h occorre però conoscere: 1) il flusso radon di emanazione dal suolo Ф medio dal suolo che in generale è una funzione del tempo ma per semplicità per questo studio è ritenuto una costante pari appunto al valor medio; 2) il coefficiente di diffusione turbolenta D, ritenuto anch‟esso costante ma del quale, nel caso di un affinamento del modello, occorrerà valutare la variazione nel tempo. D e Ф sono infatti parametri che possono risentire di variazione stagionali e giornaliere essendo intimamente connessi alle problematiche di migrazione del radon dal suolo all‟atmosfera e dai fenomeni di trasporto e diffusione del radon in atmosfera libera. Nei calcoli si è assunto pertanto un valore per D pari a 10000 m 2/h e per Ф uguale a 15 Bq/[m2∙h]. Altezza di rimescolamento - h 2.000 1.800 1.600 1.400 m 1.200 1.000 800 600 400 200 0 13/11/09 2/1/10 21/2/10 12/4/10 1/6/10 21/7/10 9/9/10 29/10/10 18/12/10 Data Figura 7: altezza di rimescolamento ricavata dalla misura di radon in funzione del tempo. 456 Dai dati analizzati riferiti alla centralina di rilevazione di Corso Stati Uniti si è potuto invece confrontare i dati di altezza ricavati dal modello radon con quelli ottenuti principalmente dai dati di temperatura restituiti dal radiometro. Un modello permette infatti di ricavare l‟altezza limite di rimescolamento analizzando il gradiente di temperatura al variare dell‟altezza. Nel presente studio disponendo dei dati di concentrazione radon a partire dal 13 giugno 2011 sono stati analizzati 43 giorni in cui, a diverse ore, è stato possibile trovare evidenti inversioni termiche per le quali l‟applicabilità dei modelli è maggiormente garantita. Sono stati analizzati i dati orari delle altezze e le medie calcolate su base giornaliera; inoltre è stato fatto un confronto tra i valori orari trovati tramite radiometro e le altezze ricavate dalla concentrazione radon traslate di 4 e 5 ore in avanti, in modo da tener conto del tempo utile al radon per poter diffondere nel nuovo volume a disposizione dopo ogni variazione dell‟altezza dello strato di rimescolamento. Si è osservato, dai dati sperimentali e dal confronto tra i modelli utilizzati per valutare h, che, in generale, sia i valori orari che le medie giornaliere ottenute col radiometro non sono in buon accordo con quelle valutate dalla concentrazione radon. Un punto importante su cui focalizzarsi è il fatto che, mentre i dati forniti tramite l‟analisi radiometrica sono valori istantanei dell‟altezza e si riferiscono esclusivamente ai periodi di chiara inversione termica, le altezze ricavate dal radon si basano invece su un modello stazionario e quindi rappresentano un valore medio. D‟altra parte un‟analisi di correlazione, in primo approccio lineare (Fig. 8), tra i valori di h stimati col radiometro e gli inquinanti convenzionali (PM10) fornisce dei risultati negativi, cosa che non avviene invece per i valori di h stimati dalle concentrazioni di radon, come era prevedibile vista la buona correlazione esistente tra radon e inquinanti convenzionali. Alla luce di ciò si ha quindi ragione di ritenere che le modalità di calcolo di h tramite il radiometro vadano riviste. E‟ anche possibile che questi risultati preliminari siano influenzati dal fatto che si riferiscono al periodo estivo, quando il fenomeno delle inversioni è meno intenso; per un‟analisi completa è quindi necessario studiare in futuro gli andamenti invernali. 457 h radon e radiometro - PM10 50 h radon h radiometro 45 Lineare (h radiometro) 40 Lineare (h radon) 35 μg/m 3 30 y = -0,0342x + 38,301 R2 = 0,3385 25 20 y = 0,0098x + 24,374 R2 = 0,0538 15 10 5 0 0 100 200 300 400 m 500 600 700 800 900 Figura 8: Confronto tra altezze ricavate da radon e radiometro in corso Stati Uniti con concentrazione del PM10. Una futura estensione del modello dovrà comunque tener conto anche delle possibili repentine variazioni di h, andando a considerare nelle equazioni il caso di h non stazionario e quindi dipendente dal tempo. 458 BIBLIOGRAFIA MAGNONI M., et al., Vertical dispersion of radon and conventional pollutants: some tests on existing and new models, IAEA/WMO Technical Meeting on Sources and Measurements of Radon and Radon Progeny Applied to Climate and Air Quality Studies, Vienna, 22-24 June 2009 (in press). GARBERO V., DELLACASA G., BIANCHI D., MAGNONI M., ERBETTA L., Outdoor radon concentration measurements: some correlation with major urban pollutants, Radiation Protection Dosimetry, (in press) (2009). MARCAZZAN G.M., PERSICO F., Evaluation of layer mixing depth in Milan town from temporal variation of atmospheric radioactive aerosol, J. Aerosol Sci., 27, S21-S22 (1996). 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Sofia, 64 - 95123 Catania INTRODUZIONE Le misure di radioattività sono da diversi anni applicate allo studio di fenomeni geodinamici e in particolare le concentrazioni di Radon in-soil sono considerate [1-5] un utile strumento per il monitoraggio geodinamico in zone in cui sono presenti faglie attive, per la sorveglianza in aree vulcaniche [1,6-9], per l‟identificazione di faglie nascoste [10-11] e per lo studio di possibili precursori di eventi sismici. Il processo di diffusione e di trasporto del Radon attraverso un mezzo è tuttavia un processo complesso e influenzato da diversi fattori [12-15]. Anche se negli ultimi anni le misure di Radon sono state intensificate soprattutto per indagini geofisiche, tuttavia l'origine e il meccanismo delle anomalie del Radon e la loro relazione con gli eventi geodinamici (sismici o vulcanici) sono ancora poco conosciuti. Sono stati proposti diversi modelli, Sing [12] e Planinić [16], per esempio, hanno suggerito che le anomalie di Radon sono legate all‟incremento della microfratturazione delle rocce. Ciò può determinare sia l‟apertura di nuove fratture, l‟incremento o la chiusura di vecchie fratture, una ridistribuzione delle fratture aperte e chiuse o una variazione di flusso delle acque sotterranee. Il coefficiente di diffusione del Radon nelle rocce subirà quindi delle variazioni legate al diverso assetto geofisico del suolo, determinando pertanto una variazione nella quantità di Radon che riesce a 460 fuoriuscire dalle rocce. Un meccanismo alternativo a questo, detto di compressione, fu proposto da King [17], in questo modello le anomalie nella concentrazione di Radon vengono interpretate come dovute ad un aumento della compressione della crosta terrestre prima dell‟inizio di un terremoto, facilitando la fuoriuscita del gas dal suolo. Diversi studi sono stati anche condotti in aree vulcaniche in varie parti del mondo. Le prime evidenze di un legame tra concentrazione di Radon e l'attività vulcanica sono state trovate nel Karimsky (Russia) [18] e nel Kilauea (Hawaii) [19]. Un'ipotesi sul possibile meccanismo potrebbe essere che, durante un evento vulcanico, l‟aumento del flusso di calore, o l‟emissione di vapore secco, spinga verso la superficie il Radon presente negli strati più profondi della crosta terrestre. Sulla base di tali presupposti dal 2001 abbiamo intrapreso un‟attività di monitoraggio della concentrazione di Radon in-soil sull‟Etna lungo faglie attive, con lo scopo di investigare possibili legami con i fenomeni geodinamici. AREA DI INDAGINE L'area studiata si trova sull‟ Etna, un grande strato-vulcano di natura basaltica, alto circa 3330 m, situato lungo la costa orientale della Sicilia. Esso ricopre un‟area di circa 1250 km2 ed è delimitato verso nord dai rilievi dei monti Nebrodi e Peloritani e verso sud dalla piana alluvionale del fiume Simeto. Da un punto di vista geodinamico il monte Etna si trova in corrispondenza della zona di collisione continentale tra la placca euro-asiatica a nord e quella africana sovrapponendosi a nord sulle unità della catena appenninico-maghrebide e a sud sui depositi quaternari dell‟avanfossa Gela-Catania. Lo sviluppo di un vulcanismo di tipo basaltico in questa zona di collisione continentale è legato alla presenza di un importante sistema di faglie crostali distensive, conosciuto con il nome di scarpata ibleo-maltese, che dislocano la crosta della Sicilia orientale permettendo la risalita del magma dal mantello. Per la nostra indagine, con misure in continuo di Radon insoil, sono stati scelti in particolare due siti su due faglie che si 461 trovano lungo la direzione NE-SO e attraversano diagonalmente il vulcano. Un sito (Biancavilla) si trova nel versante SO, mentre l'altro (Vena) è nel versante NE (cerchi in fig.1). Figura 1 Mt.Etna – Mappa dei siti di misura. Cerch:i stazioni di monitoraggio in continuo(Biancavilla e Vena); stella: sito di Cugno di Mezzo; quadrato: sito di Santa Venerina; rettangolo: tratto della Pernicana. Dal momento che l'attività vulcanica più recente dell‟Etna ha riguardato prevalentemente il versante orientale, indagini in sito sono state soprattutto condotte nella regione orientale (vedi fig. 1), in particolare nei pressi dei comuni di Vena (V) [NE, 825 slm], Cugno di Mezzo (CDM) [E, 1400m slm], Santa Venerina (SV) [SE, 400m slm]. Tutti e tre i siti sono localizzati vicino a sistemi di faglie, che svolgono un ruolo importante durante le fasi pre-eruttive. In particolare, Vena si trova vicino al punto d'incrocio tra la faglia Pernicana (PF) e le Timpe della Naca (NF); Cugno di Mezzo si trova 462 sul bordo meridionale della caldera orientale denominata "Valle del Bove", Santa Venerina si trova vicino sia al sistema di faglie delle Timpe (TFS) che alle faglie di S. Tecla (STF). Infine per avviare un‟indagine sulle caratteristiche delle faglie si è scelto di investigare una delle più conosciute, la Pernicana (rettangolo in figura 1). VARIAZIONI DI RADON INSOIL ED EVENTI GEODINAMICI Negli ultimi anni abbiamo condotto molte indagini sulla radioattività nel suolo come strumento per lo studio di eventi geodinamici nella Sicilia orientale. Riportiamo qui una sintesi dei risultati più significativi. Misure di Radon in-soil in continuo Misure in continuo di gas Radon in-soil hanno avuto inizio nel 2001 nei due siti: Biancavilla nel versante SO e Vena nel versante NE dell‟Etna (fig.1). In entrambi i siti è stato installato un sistema di monitoraggio della concentrazione di gas Radon in continuo, che utilizza una camera a ionizzazione per la rivelazione delle particelle alfa del decadimento del Radon. Il sistema è collegato, per mezzo di una pompa, con portata di 0,05 l/min., ad una sonda capillare con due filtri, uno per eliminare l'umidità e l'altro che permette il passaggio del solo 222Rn e che blocca il particolato e la progenie. La sonda capillare è posta nel terreno ad una profondità di un metro al fine di ridurre l'influenza delle condizioni meteorologiche, che vengono, comunque, tenute sotto controllo. I dati vengono scaricati ogni dieci minuti. In ognuno dei siti è inoltre presente una stazione sismica composta da un sismometro tridirezionale a 1 Hz [20]. I dati raccolti nei due siti dal 2001 hanno dimostrato che i due versanti sono molto diversi tra loro, sia per l‟andamento temporale sia per i valori assoluti di concentrazione (un ordine di grandezza superiore nel versante NE rispetto a quello SO) [20]. Per quanto riguarda, inoltre, le possibili correlazioni con gli eventi geodinamici, 463 mentre il sito di SO non mostra segnali significativi, alcune evidenze sono state registrate nel versante di NE [21-25]. Per quanto riguarda l'eruzione del 2002 un‟analisi più dettagliata [21] ha evidenziato che i valori di concentrazione di Radon aumentavano appena dopo l'inizio dell'eruzione (figura 2). È inoltre da registrare la presenza di una evidente anomalia prima di un terremoto di magnitudo 3.5 verificatosi il 03 novembre 2002 e con epicentro prossimo al punto di misura. Figura 2 Andamento della concentrazione di Radon (curva continua) durante l’eruzione del 2002 e strain release (area ombreggiata) e numero di terremoti (istogramma) [20] Inoltre, lo studio dello strain release dei terremoti (figura 3.) indica che la pendenza della curva di strain-release non cambia in maniera significativa fino al 27 ottobre (inizio dell'eruzione), suggerendo che la dinamica delle fratture non contribuisce all'aumento di gas Radon. La curva cumulativa per il power spectrum (fig.3) invece suggerisce una risalita di magma verso gli strati superiori della crosta terrestre già da luglio 2002 e fino al giorno dell‟eruzione, che precede un repentino aumento di concentrazione di Radon. Il magma, risalendo verso la superficie, dovrebbe determinare, a causa dell‟aumento del flusso di calore, l'aumento di concentrazione di Radon che è inoltre agevolata dalla fratturazione a seguito di una sequenza di eventi sismici avvenuti successivamente. 464 Pertanto, possiamo sostenere che l'aumento di Radon potrebbe essere legato principalmente alla risalita di magma [21]. Figura 3 Andamento del power spectrum e dello strain release nel periodo gennaioottobre 2002 [21] Un comportamento diverso è stato invece osservato durante l‟eruzione del periodo settembre 2004- Marzo 2005. Valori di concentrazione di gas Radon superiori a quelli attesi sono stati registrati alla fine del 2003, sebbene non si sia verificata alcuna eruzione. L'analisi del power spectrum [23] per quel periodo ha suggerito una possibile risalita di magma, che non ha raggiunto la superficie. Questo magma, probabilmente degassato negli strati meno profondi della crosta, è poi fuoriuscito durante l'eruzione del settembre 2004, che ha avuto luogo senza segnali associati a sciami di terremoto e/o aumento del tremore vulcanico. Figura 4 Andamento a) dello strain-release e b)della concentrazione di Radon nel periodo luglio 2003-marzo 2005 [23] 465 Altre evidenze sono state registrate durante l‟eruzione del periodo settembre-dicembre 2006. Tale eruzione è stata preceduta da un lungo periodo di alta concentrazione di Radon. L'eruzione ha avuto caratteristiche simili a quelle del 2004. Anche in questo caso possiamo ipotizzare che un degassamento preliminare ha avuto luogo prima dell'eruzione, che potrebbe spiegare l'alta concentrazione di Radon in-soil. Misure di parametri fisici Per capire meglio il meccanismo di trasporto di Radon nel suolo, sono stati studiati in dettaglio alcuni parametri fisici, in particolare il coefficiente di diffusione del Radon attraverso misure in situ e il rateo di esalazione tramite misure in laboratorio. Le indagini sono state condotte in tre siti del versante est: Vena (NE), Cugno di Mezzo (E) e Santa Venerina (SE). Nei tre siti sono state effettuate misure di profili verticali di concentrazione di Radon utilizzando la tecnica dei rivelatori a traccia, CR39, collocati a distanza di 20 cm l‟uno dall‟altro all'interno di un tubo posto nel terreno alla profondità di un metro [26]. In figura 5 sono riportati gli andamenti dei profili verticali di concentrazione radon nei tre siti indagati. Dal fit dei dati con le curve teoriche ottenute dal modello esponenziale [27] è stato ricavato il coefficiente di diffusione che è risultato più alto (Tabella 1) nel sito a quota maggiore (CDM), questo potrebbe essere legato alle caratteristiche morfologiche del vulcano, essendo la parte sommitale maggiormente coinvolta in fenomeni di deformazione a seguito di eventi vulcanici. Figura 5 Profili verticali di Radon in-soil nei siti Cugno di Mezzo (triangoli), Santa Venerina (quadrati), Vena (cerchi) [26] 466 Sito D [10-3cm2s-1] V 14.3 0.1 CDM 16.0 0.3 SV 3.50 0.01 Tabella 1 Coefficienti di diffusione Inoltre in laboratorio sono state eseguite misure del rateo di esalazione del Radon mediante la can techinique [28]. Campioni di roccia prelevati dai siti su indicati, del peso di 300 g ciascuno, dopo essiccazione a 80 ° C, sono stati messi in contenitori sigillati di forma cilindrica (8,6 cm di diametro e 10,5 cm di altezza). Un rivelatore a tracce, CR-39, è stato fissato sulla parte superiore all'interno di ogni contenitore in cui il campione è rimasto chiuso per un tempo di esposizione di tre mesi, per rivelare le particelle alfa del decadimento del Radon esalato dal campione nel volume residuo del contenitore. Sono state analizzate rocce di diverso tipo (Sedimentario, vulcanico e metamorfico) e i risultati hanno mostrato che il rateo di esalazione è maggiore per le rocce di tipo vulcanico (Tabella 2) [26]. TIPO Sedimentaria Sedimentaria Sedimentaria Sedimentaria Sedimentaria Metamorfica Vulcanica Vulcanica Vulcanica E [mBq m-2h-1] 53.64 ±3.87 69.35 ±4.44 37.05 ±3.01 79.5 ±4.91 232.5 ±10.1 77.35 ±4.54 510.071 ±23.47 708.744 ±31.57 171.462 ±10.7 Tabella 2 Rateo di esalazione 467 Misure di Radon in–soil lungo piani di faglie Poiché i dati di Radon possono essere idonei per lo studio delle emissioni di geogas vicino a faglie attive, sono state eseguite misure anche lungo una delle più note e attive faglie dell‟Etna, la Pernicana (PF in fig.1). In particolare sono stati determinati due diversi profili orizzontali, ortogonalmente al piano principale di faglia, il primo situato a 1400m slm (profilo AB in fig.1), il secondo a 1370 m slm (profilo CD) [28]. Per ogni profilo sono stati considerati dieci punti di misura a distanza di 20 metri l‟uno dall‟altro. Le concentrazioni di 222Rn sono state ottenute utilizzando tre diverse metodologie: passiva, spot e in continuo. Le misure passive sono state eseguite utilizzando rivelatori a tracce nucleari di tipo CR-39, le misure spot e in continuo con dispositivi attivi portatili, che utilizzano rivelatori allo stato solido (Si) [29]. Le tre metodiche hanno dato valori confrontabili e in particolare l‟andamento della concentrazione Radon è simile lungo i due profili: i valori più bassi sono stati registrati vicino al piano principale di faglia. Lungo gli stessi profili sono state condotte anche misure di flusso di CO2, utilizzando uno spettrofotometro a infrarossi. A differenza del Radon, le emissioni maggiori di CO2 sono state registrate lungo il piano di faglia. Questo comportamento può essere giustificato dal meccanismo di trasporto del gas nel suolo. In particolare, lungo il piano principale di faglia, il trasporto avvettivo di gas profondi (CO2, Rn) si verifica a causa dell‟alta fratturazione e permeabilità. Vicino alla superficie prevale la diluizione del Radon da parte della CO2, producendo così valori inferiori di Radon. Figura 6 Profilo orizzontale della concentrazione di Radon e del flusso di CO2 lungo un piano di faglia [29] 468 CONCLUSIONI Negli anni l‟interesse verso lo studio delle concentrazioni di Radon nel suolo in ambiente geodinamico è sempre più cresciuto. In letteratura sono riportati molti esempi di anomalie radon legate ad eventi sismici e/o eruttivi. Le nostre indagini in tale campo sono iniziate nel 2001; sono stati qui riportati alcuni dei risultati più significativi ottenuti. Misure di radon in-soil sono state effettuate come strumento per investigare eventi geodinamici, in particolare nell'area etnea caratterizzata da aspetti sia vulcanici che tettonici. Le misure condotte hanno evidenziato che il versante orientale risultava più idoneo per gli scopi della nostra indagine. L‟analisi dettagliata dei dati temporali in un sito posto in questo versante ha evidenziato alcune anomalie radon che possono essere correlate con la risalita del magma. Inoltre, poiché l'area etnea è una zona tettonica importante, è interessante studiare anche le faglie attive. A questo scopo sono state effettuate indagini lungo la faglia della Pernicana. In particolare, sono state utilizzate tre diverse metodologie per misurare il Radon, basate su tecniche di rilevamento sia passive che attive. Lungo il piano di faglia le concentrazioni di radon sono state misurate a diverse distanze dal piano di faglia e sono state correlate ai valori di flusso di CO2, come strumento per studiare il processo di diffusione del radon e il suo ruolo come tracciante di geogas. Inoltre, al fine di chiarire il processo di trasporto del radon, abbiamo effettuato misure in situ di profili verticali di concentrazione per determinare i coefficienti di diffusione e misure in laboratorio per determinare il rateo di esalazione di diversi campioni di roccia, prelevati negli stessi siti. Dai risultati ottenuti in questi anni nelle varie indagini è possibile concludere che l‟utilizzo del radon come precursore di attività sismica, per quel che riguarda il territorio etneo, presenta dei limiti dovuti al fatto che i terremoti che si registrano sul territorio sono generalmente di magnitudo minore di 3, studi simili in altre parti del mondo hanno mostrato segnali positivi per terremoti di magnitudo maggiore [1-8]. D‟altra parte risultati di evidenti correlazioni fra concentrazioni radon e attività vulcanica, in 469 particolare, ci permettono di affermare il ruolo del radon come precursore di magma up-rising. BIBLIOGRAFIA [1] Monnin, M.M. and Seidel, J., 1997. 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Drago* *ArpaCal – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, Laboratorio Fisico, via Lungomare – Catanzaro **Unical – Università della Calabria,Dipartimento di Chimica, Ponte P. Bucci – Arcavacata (Cs) RIASSUNTO Lo studio muove dall‟esigenza di indagare su alcune sorgenti di rischio che hanno provocato nell‟ultimo decennio numerosi sospetti sul presunto aumento di alcune patologie tumorali di una vasta area cosentina in cui ricade il Comune di Roggiano Gravina. Le caratteristiche geologiche del territorio e un‟importante frattura della crosta superficiale in prossimità dell‟area in oggetto non hanno permesso di escludere dalla lista dei potenziali agenti patogeni la più importante sorgente del campo della radioattività naturale: il radon. È stato completato un monitoraggio della radioattività naturale e del gas radon su tutto il territorio comunale con l‟intento di stimare i livelli di concentrazione di radon nelle unità abitative e nei luoghi di lavoro attraverso la misura diretta della concentrazione di attività in aria e acqua; effettuare una valutazione di dose alla popolazione e individuare le eventuali zone a rischio radon. L‟analisi geofisica del territorio, la misura della radioattività naturale in diverse matrici ambientali ed alimentari e un congruo numero di misure di radon al suolo hanno supportato i risultati dell‟indagine. Per la misura della concentrazione del radon indoor è stato impiegato un dosimetro ad elettrete nella configurazione LLT (Long Term), un disco di teflon carico elettricamente per misure a lungo periodo montato su una camera di conteggio di tipo L in plastica conduttiva. INTRODUZIONE L‟area in esame, circa 45 km2 è situata su una collina a 250 m s.l.m., in una posizione centrale della Valle del Crati, tra la costa tirrenica e 472 quella ionica. Il nucleo abitato occupa la parte centrale della vasta area bagnata quasi completamente dal fiume Esaro. Le caratteristiche geologiche dell‟area sono tipiche unità della catena alpina composte principalmente da serpentiniti, metabasiti, scisti verdi, calcari, filladi, micascisti e da una copertura carbonatica mesozoica. L‟Arco Calabro[i], considerato un frammento di catena alpina è delimitato da due importanti sistemi di faglie: la “Linea del Pollino” a Nord che rappresenta la zona di confine tra i terreni cristallini calabri e quelli carbonatici appenninici e che ha portato la catena Alpina a penetrare profondamente nell‟arco ionico; e la “Linea di Taormina” a Sud. Lungo questi due importanti limiti si sviluppa la complessa evoluzione geodinamica del sistema di faglie presenti nella parte nord e centro occidentale della regione. In questo quadro geologico articolato e assai evolutivo il radon, gas nobile radioattivo generato principalmente da alcune rocce della crosta terrestre lave, tufi, graniti, materiali di origine vulcanica, rocce sedimentarie può diffondersi più facilmente attraverso le fratture della crosta, fessure e fori fino a raggiungere i piani interrati e seminterrati degli ambienti di vita, determinando un aumento delle concentrazioni di attività volumetrica e di conseguenza del rischio derivante dall‟esposizione. In presenza di particolari materiali da costruzione questa grandezza volumetrica può aumentare e amplificare il rischio fino a renderlo più significativo per la salute dei soggetti esposti. Come è noto, il radon è stato classificato dall‟Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro[ii,iii,iv] (IARC/OMS) come agente cancerogeno di gruppo 1. Nel nostro paese la norma ha inteso limitare il rischio per i lavoratori imponendo l‟obbligatorietà delle misure della concentrazione di radon e toron - D.lgs n. 241/2000,capo III bis - nei luoghi di lavoro sotterranei, interrati e seminterrati[v,vi,vii]. Negli ambienti di vita e nei luoghi dove risiedono persone del pubblico, scolari o studenti, la stima del rischio radon dipende dalla sensibilità degli enti o dei soggetti privati. Diversi laboratori dei Centri di Riferimento Regionali per la Radioattività presenti sul territorio italiano, hanno già da tempo intrapreso importanti iniziative per la misura della concentrazione di radon nelle abitazioni domestiche e nelle scuole, facendo riferimento alle indicazioni europee. La Raccomandazione 90/143/Euratom del 21/11/1990, la tutela della 473 popolazione dall’esposizione al radon in ambienti chiusi, fissa la concentrazione a 400 Bq/m3 come media annua oltre la quale è necessario intraprendere un‟azione di bonifica per gli edifici già esistenti e di 200 Bq/m3 per i nuovi. A partire dal 2006, il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie ha promosso la realizzazione di un Piano Nazionale Radon finalizzato alla promozione e al monitoraggio delle attività per la riduzione del rischio di tumore al polmone[viii]messe in atto sul territorio. L‟aspetto sanitario del radon è determinato dai suoi prodotti di decadimento ed in particolare dai radionuclidi emettitori di particelle alfa: 218 Po,214Po,210Po[ix]. Questi, in quanto ioni metallici sono chimicamente attivi possono subire processi di deposizione o legarsi alle particelle di aria ed essere inalate, esponendo al rischio una qualsiasi regione dell‟apparato respiratorio: naso-faringe, tratto bronchiale, tratto polmonare[x]. La conseguenza per un individuo può essere l‟aumento della dose assorbita e della probabilità di insorgenza di tumori polmonari[xi]. Le particelle “α” emesse dal radon e dai suoi figli, vengono classificate come radiazioni ad alto LET (Trasferimento di Energia Lineare) e quindi con un‟alta efficacia biologica quindi, particolarmente pericolose se introdotte per via interna. Organismi internazionali [xii] infatti, attribuiscono al radon una frazione rilevante dei casi di tumore polmonare; si stima, in via preliminare che in Italia da 1500 a 6000[xiii] casi all‟anno, su un totale di 30.000 potrebbero essere causati dall‟esposizione a concentrazioni di radon. MATERIALI E METODI I criteri di scelta e il posizionamento dei dosimetri per la misura del gas radon nelle utenze domestiche hanno avviato l‟indagine. L‟analisi puntuale delle caratteristiche del territorio e la necessità di rappresentare tutto il perimetro comunale, che possiede caratteristiche geologiche e litologiche omogenee, hanno condizionato l‟individuazione dei punti di misura. Tenuto conto che la densità abitativa più significativa occupa una porzione ristretta della vasta area del perimetro comunale e a parità di condizioni ideali, considerato l‟interesse locale dell‟indagine sono state privilegiate le utenze domestiche dove si sono verificate patologie 474 tumorali. Quest‟ultima scelta non è scriteriata se si consultano le schede informative raccolte nei siti indagati che, oltre alle caratteristiche costruttive e i materiali utilizzati, riportano dati interessanti:la maggior parte dimora nelle abitazioni da più di 30 anni e certe patologie riguardano soggetti che non hanno svolto lavori in ambienti esterni. Al fine di ottemperare alla norma vigente sulla protezione dei lavoratori in materia di radiazioni ionizzanti, le misure della concentrazione di radon sono state effettuate nei luoghi di lavoro interrati e seminterrati di proprietà comunale:archivio, biblioteca, refettorio comunale. Tutte le scuole comunali e non di ogni ordine e grado sono state monitorate su ogni piano rispetto alla sorgente primaria. La permanenza di popolazione giovanile in questi luoghi ha permesso di sopperire alla mancanza dell‟obbligo di misura. Per tutti i luoghi confinati sono stati privilegiati i piani più vicini alla litosfera ma in ogni punto di misura sono stati posizionati almeno due dosimetri per una migliore rappresentatività spaziale e superficiale della concentrazione di radon. Per la misura della concentrazione del gas radon in aria sono stati impiegati dosimetri ad elettrete per lunga durata (long term), dischi di teflon carichi elettricamente montati su una camera di conteggio in plastica conduttiva tipo L. La tecnica di misura è denominata sistema EPERM e si basa sulla rivelazione della radiazione α emessa durante il decadimento radioattivo. Il gas penetra in questi dispositivi per diffusione e per effetto del suo decadimento ionizza il volume della camera di conteggio scaricando il potenziale superficiale del disco. Dalla differenza tra il potenziale elettrico iniziale e quello finale è possibile determinare la concentrazione di attività volumetrica di radon in Bq/m3 presente in un determinato sito sfruttando la relazione [1]: V V f [222Rn ] i C H C F te [1] dove [222Rn] in Bq/m3 è la concentrazione di attività di radon in aria; Vi e Vf in Volt, il potenziale superficiale iniziale e finale dell‟elettrete; CF in [(Volts m3)/(Bq giorno)] è il coefficiente di 475 calibrazione; te in giorni è il tempo di esposizione, per questa indagine un anno solare suddiviso in due semestri; in Bq/m3 è la concentrazione di radon equivalente dovuta alla radiazione gamma; H adimensionale è il fattore correttivo per l‟altitudine. Il lettore di potenziale impiegato per la lettura degli elettreti è un Rad Elec EPerm[xiv]. Fig. 1: posizionamento dei dosimetri e punti di misura del radon al suolo. Roggiano Gravina In sintesi la prima parte dell‟indagine si compone delle seguenti fasi: la scelta e l‟individuazione dei locali utili alla misura[xv]; il posizionamento in 22 siti (Fig.1) di 45 elettreti per la misura della concentrazione del gas radon in aria tra utenze private e pubbliche ricadenti nel territorio. A seconda della superficie del piano ogni punto di misura ha ospitato almeno 2 dosimetri. Alla fine del primo semestre di esposizione dei rivelatori passivi, sono state calcolate le concentrazioni parziali di attività degli ambienti confinati e si è proceduto con la individuazione dei punti (Fig.1) per la misura della concentrazione del gas radon nel suolo; pur consapevoli che la correlazione tra la concentrazione di radon nel suolo e quella degli ambienti confinati più prossimi non sempre è dimostrata. Per tale ragione sono state effettuate misure di concentrazione di radon nel suolo in corrispondenza di punti in grado di garantire una buona rappresentatività del territorio. Il monitoraggio della concentrazione di radon nel suolo è stato realizzato impiegando una catena di misura formata da: un monitore tipo MR1 con un rivelatore a scintillazione, una cella di Lucas con una sensibilità di 0,0341 [cpm/(Bq/m3)] accoppiata ad un fotomoltiplicatore e una sonda in acciaio posta ad una profondità di 60 cm dalla superficie. La misura è stata effettuata con una modalità 476 di esecuzione attiva, cioè aspirando il radon con la pompa di aspirazione del MRI con un flusso di 0,25 l/min e realizzando su ogni punto di misura, tre campionamenti per un tempo di conteggio complessivo di 30 minuti. Le misure sono state realizzate in condizioni atmosferiche stabili. Per la determinazione della concentrazione di attività del gas radon in acqua è stato realizzato un monitoraggio con più campionamenti e in diversi periodi dell‟anno su tutte le sorgenti di acqua destinate al consumo umano presenti sul territorio. Le misure sui campioni di acqua con capacità volumetrica di 250 ml, in condizioni di equilibrio secolare, sono state realizzate adoperando il sistema IDRA (Minima Attività Rivelabile = 2 Bq/l) in grado di determinare la concentrazione di 222Rn mediante la tecnica del degassamento e la rivelazione delle particelle alfa emesse dal 218 Po. La grandezza interessata è stata determinata utilizzando la relazione [2]: N N f ondo [ Rn t ] [222Rn ] e V 3 riv deg [2] dove [ 222Rn] è la concentrazione di radon in acqua espressa in Bq/l; Nα – Nfondo è il numero di conteggi netti; V è il volume del campione in litri; τ il tempo di conteggio in s; è l‟efficienza del rivelatore; è l‟efficienza di degassamento; Δt è l‟intervallo di tempo tra prelievo e conteggio; λRn è la costante di decadimento del gas radon. Al fine di stimare l‟effetto della radioattività naturale e per escludere la presenza di radionuclidi artificiali, sono stati analizzati, con una catena di spettrometria gamma al germanio (efficienza del 32%), diversi campioni alimentari e ambientali presenti sul territorio: terreni e affioramenti rocciosi, latte, pomodori, meloni e peperoni. Come già evidenziato, se pur ben rappresentato da un numero sufficiente di misure utili per effettuare una stima accurata del rischio radon, questo territorio è stato preso a modello per alcune considerazioni più generali che possono interessare anche il resto della Regione Calabria. In particolare, la necessità di costruire una mappa con criteri scientificamente condivisi per l‟individuazione delle zone dove più alta è la 477 probabilità di rischio radon. Pertanto, considerata la variabilità spaziale dei valori di radon indoor è stata applicata una tecnica di geostatistica[xvi] per l‟analisi spaziale della distribuzione dei punti di misura, al fine di definire una mappa descrittiva del fenomeno. La costruzione di una mappa della probabilità di trovare concentrazioni elevate o di superare i livelli di azione previsti dalla normativa internazionale per gli ambienti di vita confinati in un‟area senza informazioni sperimentali, sarà successiva alle finalità di questo lavoro. La tecnica impiegata è il metodo del Kriging (miglior stimatore lineare esatto) che tiene conto dei rapporti spaziali tra un punto incognito e il punto di misura. L‟applicazione del metodo prevede preliminarmente la costruzione di un variogramma sperimentale,una funzione che dipende dalla distanza tra coppie di punti e in grado di strutturare una continuità spaziale del fenomeno attraverso la determinazione di alcuni parametri. In questa fase si è tenuto conto della varianza e della clusterizzazione dei dati, quest‟ultimo aspetto vincolante per il variogramma e causa dell‟effetto pepita. I limiti della tecnica sono ben noti: sottostima dei massimi, sovrastima dei valori minimi e rappresentazione poco accurata in presenza di hot spot. RISULTATI Al fine di stimare il fondo gamma ambientale è stato misurato in continuo per un intervallo di tempo pari a 600 secondi e in diversi punti del territorio, l‟equivalente del rateo di dose ambientale impiegato per calcolare la concentrazione di radon equivalente prodotta dal fondo gamma. In media il fondo ambientale nel territorio di Roggiano Gravina è di 120 ± 12 nSv/h. Gli accertamenti radiometrici sui campioni alimentari e ambientali hanno mostrato la presenza di radioisotopi naturali appartenenti alle famiglie dell‟uranio e del torio in concentrazione confrontabile con i dati di letteratura. La concentrazione media di radon in acqua (Fig.2) misurata è di 7±1 Bq/l, un valore che è in accordo con le concentrazioni già note per altri siti del territorio regionale e ben distante dal riferimento normativo europeo di 100 Bq/l. 478 Figura 2: concentrazioni di radon in acqua delle sorgenti presenti sul territorio L‟abitazione privata che compare in Fig.2 è una sorgente di pozzo abitualmente utilizzata per usi civili. Figura 3: distribuzione delle concentrazioni di radon nei punti di misura Le medie riportate in figura 2 sono il risultato di 5 campionamenti per sorgente realizzate in periodi diversi. In Fig. 3 sono riportate le frequenze ottenute con le concentrazioni di attività medie del gas radon negli ambienti confinati e la distribuzione Lognormale delle frequenze con una media geometrica pari a 79±2 Bq/m3. È questo il valore che più della media aritmetica rappresenta la distribuzione sperimentale. Nella figura successiva (Fig.4) vengono presentate le distribuzioni ottenute con le concentrazioni medie ai vari piani (piano terra e primo piano) e quelle ottenute in un stesso punto di osservazione. 479 É ben evidente la dipendenza della concentrazione di attività del radon in funzione della distanza dalla litosfera. In generale, la concentrazione diminuisce con l‟allontanamento dalla sorgente primaria che è il suolo. L‟analisi dei risultati ha evidenziato che la distribuzione delle concentrazioni normalizzate al piano terra (Media Geometrica=76±2 Bq/m3) è identicamente definita come coincidente con la distribuzione delle concentrazioni ottenute dalla media aritmetica delle misure realizzate nello stesso punto (MG=79±2 Bq/m3). Per normalizzare le poche misure realizzate ai piani diversi da quelli di campagna è stato calcolato il rapporto tra le concentrazioni al piano e i rispettivi fattori di normalizzazione: 0,85 piano seminterrato – piano terra e 1,17 primo piano – piano terra. La concentrazione di attività media del comune in esame pur registrando valori di concentrazione (Fig.3 e 4) importanti, è in sintonia con quella dell‟Italia ottenuta nella campagna nazionale di misura del radon[xvii]. Il campione scelto per le misure indoor è rappresentativo del territorio e fortemente condizionato da una densità abitativa concentrata quasi per intero nel nucleo storico. La media geometrica della distribuzione dei punti di misura è l‟indicatore impiegato per il calcolo della stima di dose alla popolazione. Figura 4: distribuzione ai piani 480 Nel tentativo di voler costruire una mappa interpolando le misurazioni di radon indoor e con il solo intento di voler marcare le zone del territorio con le diverse concentrazioni di radon, si è proceduto con la misurazione diretta delle concentrazioni nel suolo. Su tutto il territorio comunale (45 km2) sono state effettuate 8 misure di concentrazione di radon nel suolo in punti scelti per rappresentare il territorio e indagare sulle concentrazioni più significative misurate al piano terra. In figura 5 sono riportati i valori delle concentrazioni al suolo e le coordinate geografiche dei punti di misura. La concentrazione media più importante registrata è pari a 34,5±0,1 kBq/m3. In figura 6 è stata ricostruita, con la tecnica del Kriging, una mappa descrittiva del radon ottenuta con le misure delle concentrazioni al suolo e finalizzata alla spazializzazione delle osservazioni sperimentali. Il variogramma sperimentale è stato interpolato con un fit esponenziale. La mappa presenta un quadro della distribuzione media delle concentrazioni di radon anche se non può essere direttamente assunta come uno strumento predittivo. Tuttavia vengono evidenziati punti che hanno una buona corrispondenza con le misure. x104 Figura 5 :concentrazione di radon nel suolo Al fine di verificare se concentrazioni importanti di radon nel suolo possono condizionare i valori di radon indoor, avendo effettuato 481 delle misure in corrispondenza con le concentrazioni più critiche di radon indoor misurate al piano terra è stato realizzato uno studio sulla correlazione. Figura 6 : mappa della concentrazione di radon al suolo I dati presentati in figura 7, come si verifica in genere, dimostrano che non vi è dipendenza diretta tra la concentrazione di radon nel suolo (R2=0,038) e quella misurata negli ambienti confinati: la presenza di concentrazioni significative di radon nel suolo non implicano necessariamente una corrispondenza nell‟ambiente confinato. 482 Figura 7: concentrazioni di radon al suolo-indoor Anche per le concentrazioni del radon indoor si è proceduto con una spazializzazione del dato con l‟algoritmo di stima (modello esponenziale) e di riempimento delle zone dove non si hanno informazioni sperimentali (Fig.8). Figura 8: mappa della concentrazione di radon in ambienti confinati Conoscendo il valore della concentrazione media di attività del gas radon in aria (79±2 Bq/m3) per gli ambienti confinati, assumendo un 483 fattore di equilibrio pari a 0,4 e un tempo di occupazione dell‟ambiente interessato superiore alle 6000 ore, si può stimare il contributo del radon alla dose efficace: 0,6 mSv/anno. Se si considera la concentrazione media del radon in acqua di 7 Bq/l e si assume un consumo giornaliero di acqua da sorgente locale pari a 0,2 l si può stimare la dose derivante da ingestione del radon in acqua che è pari a 0,018 mSv/anno. Il contributo della concentrazione di radon in acqua alla dose da inalazione è quasi del tutto trascurabile e si stima[xviii] essere lo stesso di quello prodotto da una concentrazione di circa 0,7 Bq/m3. Il contributo totale del radon presente nel territorio indagato si stima intorno a 0,62 mSv/anno e può essere confrontato con il valore di dose efficace di 1,26 mSv/anno[4] che è il contributo del radon alla dose totale generata dal fondo della radioattività naturale. Su scala mondiale, la dose efficace assorbita dalla popolazione è in media pari a 2,48 mSv/anno se si considerano gli altri contributi: i raggi cosmici e i radionuclidi cosmogenici 7 Be,3H,14C,40K. In Italia, il livello di dose efficace consentito dalla norma per la popolazione è di 1 mSv/anno. CONCLUSIONI Il lavoro sperimentale ha migliorato il quadro cognitivo sugli agenti patogeni del territorio contribuendo a giustificare completamente i diversi motivi che lo hanno ispirato. L‟analisi dei dati presenta un territorio in cui la concentrazione media di radon negli ambienti confinati è di 79±2 Bq/m3, in sintonia con la media nazionale e non con quella che annovera il territorio calabrese nell‟intervallo tra 20 e 40 Bq/m3. Il valore massimo registrato è pari a 435±71 Bq/m 3, dato giustificato dalla distribuzione delle concentrazioni dell‟agente inquinante indagato. Le misure sperimentali hanno confermato l‟andamento tipico della distribuzione lognormale della concentrazione di attività del gas radon per ambienti indoor nei piani interrati, al piano di campagna e al primo piano. Inoltre è stata provata la dipendenza della concentrazione con la distanza dal suolo. A sostegno di questi risultati più delle caratteristiche geologiche e litologiche del territorio, come dimostrano le misure di concentrazione di radon nel suolo e le relative incertezze, la struttura del substrato comunale, la sua permeabilità e la presenza di un 484 importante sistema di faglie attive favorirebbero l‟accumulo e la diffusione del gas radon. L‟applicazione di tecniche di riempimento basata su un algoritmo di interpolazione delle misure acquisite, sono il tentativo di rappresentare la variabilità del dato su tutta l‟area interessata. Lo sviluppo futuro più immediato è quello di superare i limiti della tecnica di interpolazione usata e giungere ad una valutazione più probabilistica capace di disegnare una mappa di probabilità del rischio radon. L‟approccio sperimentato su questo territorio è senza dubbio una buona base per applicare il modello di acquisizione e l‟analisi dei dati sulla restante parte della Regione Calabria ritenuta dai promotori della campagna nazionale un territorio a basso rischio radon,ignorando quasi completamente le potenzialità dell‟Arco Calabro. Esiste più di qualche elemento per considerare il territorio calabrese come un‟area dove non è possibile sottovalutare in alcun modo il rischio radon. 485 BIBLIOGRAFIA [i]C. Tansi e VV.Interpretation of radon anomalies in seismotectoni an tectonigravitational settings: the south-eastern Crati graben ( northern Calabria Italy), Elsevier Tectonophysics 396 (2005)181-193 [ii]WHO-IARC (World Health Organization - International Agency for Research on Cancer).IARC Monograph on the Evaluation of Carginogenic risks to Humans: man made mineral fibres and Radon. IARC Monograph Vol.43, Lyon, France:1988 [iii]NRPB (National Radiological Protection Board). 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Del Maschio°, M. Garavaglia*, C. Giovani*, L. Piccini*, F.Cucchi°, L. Zini° *S O S Fisica Ambientale ARPA FVG °Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Geoscienze Analisi effettuate nella Grotta Gigante (Carso Classico triestino) a partire dal 2008 hanno rilevato concentrazioni di radon che, nelle diramazioni secondarie, raggiungono valori particolarmente elevati durante i mesi estivi. Analogamente a quanto svolto nell‟ambito di ricerche precedenti in contesti simili (Barbosa et al, 2007, Perrier et al, 2010), in questo lavoro si analizza la variabilità spaziale e temporale del radon entro la grotta correlandola, oltre che con temperatura e pressione atmosferica, anche con parametri ambientali quali piovosità, ventosità, livello delle acque di fondo carsiche, deformazioni crostali. INTRODUZIONE Studi svolti negli ultimi decenni hanno rilevato concentrazioni di radon particolarmente elevate e variabili nello spazio e nel tempo in svariate cavità calcaree del mondo. Questo, oltre a rappresentare un potenziale pericolo soprattutto per i lavoratori, offre l'opportunità di studiare tali variazioni spazio-temporali anche in relazione agli agenti ambientali, meteorologici e climatici che si possono supporre esserne all‟origine. Nel contesto della Grotta Gigante, uno studio preliminare svolto nel corso del 2008 mediante rilevatori passivi ha escluso l'esistenza di un pericolo tanto per i numerosi visitatori, quanto per le guide impiegate stabilmente presso la grotta, mostrando valori medi annui dell‟ordine dei 350Bq/m3 nelle zone in prossimità del percorso turistico e in particolare nei punti di sosta previsti durante le visite. Un ulteriore studio, svolto nel 2009 con un elevato numero di rilevatori posti 488 anche a distanza dal percorso turistico e con uno strumento attivo a registrazione continua con campionamento orario, ha evidenziato: a. forti differenze di concentrazione da punto a punto nella grotta, con valori più elevati (anche di più ordini di grandezza) all'interno di diramazioni e gallerie secondarie, non raggiunti dai turisti, rispetto a quanto misurato nella sala centrale; b. una spiccata stagionalità, soprattutto nelle zone a maggiore concentrazione indicate al punto precedente, con valori registrati di oltre 32kBq/m3 di picco durante l'estate e mediamente attorno a 100±25Bq/m3 in buona parte della stagione fredda; c. nelle zone e nei periodi in cui sono state misurate le concentrazioni maggiori, la presenza di repentine forti oscillazioni dei valori orari. In particolare, sono state riscontrate diminuzioni dell'ordine di 10-15kBq/m3 in 4-6 ore, seguite da altrettanto rapidi incrementi tali da ripristinare in un tempo analogo le condizioni iniziali. Si illustrano qui i risultati di una terza fase di studio, durante la quale si è focalizzata l'attenzione su una diramazione laterale della grotta (Galleria Nuova, figura1), con accesso in prossimità del percorso turistico. Si tratta di una galleria ubicata a 45 metri di profondità dal piano campagna, concrezionata, parzialmente riempita, esplorabile per circa 60 metri. Le misure prese in considerazione si riferiscono al periodo luglio 2009 - maggio 2011, con alcune brevi interruzioni per motivi tecnici e/o strumentali. Gli strumenti utilizzati per la misura del radon sono stati alcuni elettreti (posizionati anche esternamente alla Galleria Nuova, per monitorare l'uniformità della distribuzione del gas entro la cavità) e lo strumento a misurazione continua, mantenuto attivo entro la Figura 1: Sezione della Galleria Nuova. La porzione esplorata si estende per circa 60 metri. 489 galleria a una decina di metri dall'ingresso e adeguatamente protetto dal-l‟umidità. Accanto alla strumen-tazione per la rilevazione del radon, sono stati utilizzati i dati messi a disposizione sia da due stazioni meteorologiche (poste una a Trieste, sul livello del mare, la seconda in prossimità dell‟ingresso della grotta) e della stazione geofisica che si trova all‟interno della Grotta Gigante stessa. Attraverso questi dati è stato possibile cercare le possibili correlazioni tra le variazioni spazio-temporali delle concentrazioni di radon, temperatura dell‟aria, pressione atmosferica, gradienti termico e barometrico tra l‟interno e l‟esterno, umidità dell‟aria, precipitazioni e ventosità in superficie, deformazioni indotte da maree terrestri e dalle acque carsiche di fondo. LA GROTTA La Grotta gigante, uno degli esempi più noti di cavità naturale di origine carsica, si trova nell‟omonimo borgo del comune di Sgonico (TS). Con uno sviluppo planimetrico complessivo di 719 metri e una profondità massima di 252 metri, è costituita principalmente da una sala centrale nota per essere la più ampia al mondo sala a volta unica (è lunga 168 m, alta 99 m, larga 76 m, con un volume di circa 365.000 m3) tra le cavità turistiche (figura 2). Da qui si dipartono più Figura 2: sezione della Grotta Gigante. gallerie laterali, a diverse altezze rispetto al fondo, tra le quali la Galleria Nuova e le due attualmente utilizzate come ingresso e uscita per i visitatori. La genesi di una caverna così ampia è legata ad una serie di processi carsici che hanno operato su lunghi periodo di tempo. All‟azione di dissoluzione chimica si sono affiancati processi gravitativi con grandi crolli nei volumi ampliati dall‟acqua. 490 Nel caso della Grotta Gigante, dopo una serie di approfondimenti di gallerie per erosione accelerata durante la crisi messiniana, i crolli hanno riunito in un unico vano un pozzo, alcune caverne e gallerie sovrapposte create nel tempo in seno alla massa rocciosa. Grandi blocchi rocciosi, conseguenza di questi crolli, sono ancora ben visibili lungo la parete sinistra della grande caverna. Il prossimo passo (fra qualche centinaia di migliaia d‟anni?) sarà la genesi di una dolina di crollo. La presenza di alte stalagmiti al di sopra dei blocchi dà una misura del tempo trascorso dal crollo stesso che gli studiosi calcolano in almeno 160.000-200.000 anni. All‟interno della grotta sono presenti anche depositi di riempimento, rappresentati da argille, oltre che depositi calcitici. DESCRIZIONE DEI DATI In figura 2 è riportato l‟andamento della concentrazione del radon misurata con campionamento orario entro la Galleria Nuova nel periodo luglio 2009 - maggio 2011. I dati non coprono tutto l‟intervallo di tempo, a causa di alcune interruzioni (ad es. 10-19 agosto 2009) dovute perlopiù a motivi tecnici, quali sospensioni della corrente elettrica in seguito a forti perturbazioni meteoro-logiche o a lavori di manutenzione della rete. Al contrario, le misure integrate sono procedute durante l‟intero periodo di presa dati senza soluzione di continuità. Dal grafico in figura 3 la stagionalità appare in tutta la sua evidenza. Nel periodo giugno-settembre 2009 il valore medio misurato è di 23.5±4.9kBq/m3; nel corrispondente periodo del 2010 la concentrazione media è di Figura 3: Concentrazione di radon misurata con campionamento orario all’interno della Galleria Nuova tra luglio 2009 e giugno 2011. 491 21.7±4.2kBq/m3 se calcolata nei soli intervalli in cui sono disponibili misure continuative. Figura 4a (sinistra) e 4b (destra): Concentrazione del radon in grotta nell'ultima settimana di maggio e la prima di giugno 2010: si osservano variazioni dell’ordine di 10kBq/m3 nell'arco di poche ore (a). A un anno di distanza, il radon passa da valori invernali a estivi con solo 2 gioni e 5 ore di scostamento rispetto al 2010 (b). Al contrario, da ottobre a metà maggio si rimane in entrambi i casi sotto i 200Bq/m3 medi. Una stagionalità di questo tipo viene riportata da numerose ricerche svolte nei contesti geologici più vari (ad es. AlShereideh et al., 2006; Richon, Perrier 2009). Il rapporto tra i valori nelle due stagioni estreme tuttavia varia con la località considerata, passando da un fattore 2 misurato ad esempio nel distretto di AbuSaid in Giordania (Al-Shereideh et al., 2006) a valori dell‟ordine di 10 e 15 rilevati rispettivamente in una cava calcarea nel Derbyshire (Gillmore et al., 2002) e nella zona granitica di Elat, Israele (Barbosa et al., 2007), fino a oltre 100 unità come riportato da Tanahara et al. (1997) per delle grotte in Okinawa e da Przlibski (1999) per alcune cavità polacche. I valori misurati in Grotta Gigante presentano tuttavia due peculiarità ben marcate: da un lato, l‟elevata differenza tra le concentrazioni estiva e invernale (con un rapporto tra i valori medi dell‟ordine di 102 o superiore) dall‟altro la rapidità con cui si è osservata variare nel tempo la concentrazione istantanea. Nel grafico nelle figure 4a e 4b, relativo alle due settimane a cavallo tra maggio e giugno 2010 e 2011, sono ben visibili le brusche variazioni della concentrazione del radon che portano dalle basse concentrazioni invernali a quelle estive: sorprende come, a un anno di distanza, il primo picco, in entrambi i casi di circa 11kBq/m3, si osservi con solo 2 gioni e 5 ore di differenza. È fondamentale, nel tentativo di interpretare le brusche variazioni estive, osservare che non si tratta di veri e propri “gradini”, ovvero di 492 valori immediatamente successivi differenti tra loro per uno o più ordini di grandezza, bensì di incrementi (o decrementi) estremamente rapidi ma pur sempre continui. Considerando, a titolo di esempio, il 30 maggio 2010, sono stati misurati circa 11kBq/m3 verso Figura 5: Spettro della concentrazione del radon mezzanotte, che nell‟arco di calcolato sulla base delle misure de periodo maggiosole 4 ore passano a circa dicembre 2010. Unità arbitrarie 1kBq/m3, livello destinato a stabilizzarsi per alcune ore attorno agli 850Bq/m 3. Già dalle prime ore del mattino la concentrazione del gas riprende a crescere, raggiungendo ancora una volta in 4 ore un valore prossimo ai 16kBq/m3. Oscillazioni di tale entità si susseguono per gran parte del periodo estivo, con incrementi e diminuzioni che frequentemente superano i 3kBq/m3·h. Oltre a queste rapide oscillazioni aperiodiche, da un‟analisi spettrale (FFT) emerge la presenza anche di marcate componenti periodiche nella variabilità del radon su periodi relativamente brevi: nel grafico in figura 5 è riportato lo spettro della concentrazione del radon misurata tra maggio e dicembre 2010. La periodicità diurna appare ben evidente, anche se affiancata da un fitto insieme di picchi minori nel quale la componente semidiurna non risalta. Si vedrà nel paragrafo seguente, relativo a temperatura e pressione, come le due componenti a 12 e 24 ore nello spettro del radon appaiano più distinguibili nel periodo estivo (cioè quando le concentrazioni sono più elevate) rispetto a quello invernale. 493 CORRELAZIONE CLIMATICI CON PARAMETRI AMBIENTALI E METEO- Il peculiare comportamento delle concentrazioni di radon sia sul breve periodo, con marcate oscillazioni repentine e una periodicità diurna sempre presente, sia sul lungo periodo, con una stagionalità particolarmente marcata, induce a considerare la correlazione con i parametri ambientali e meteo-climatici che caratterizzano l'ambiente di misura. Se per fattori "standard" in studi di questo tipo, quali temperatura, pressione atmosferica (e relativi gradienti interno/esterno) e Figura 6: In nero: concentrazione di radon tra il 21 piovosità, si osserva maggio e il 10 giugno 2010. In blu sono evidenziati gli di tempo durante i quali si è osservata l'esistenza di un legame, sia intervalli un’inversione del gradiente termico tra l’interno della anche debole, con la grotta e l’esterno. variabilità del radon, per altri fattori ciò non si verifica. È questo il caso, ad esempio, della ventosità in superficie: anche in corrispondenza di periodi fortemente ventosi (tipici della zona di Trieste), il radon in grotta non ne appare minimamente influenzato. Nei paragrafi che seguono verranno descritte più nel dettaglio le correlazioni con ciascun parametro ambientale preso in esame. TEMPERATURA E PRESSIONE Temperatura e pressione atmosferica sono i due parametri ambientali presi più spesso in considerazione nell‟analisi della variabilità del radon in ambienti naturali (Perrier, Richon, 2010; Steinitz, Piatibratova, 2010). 494 Per quanto riguarda la Grotta Gigante, i dati meteo-climatici disponibili sono relativi sia all‟interno della cavità, sia a due stazioni esterne di cui una in prossimità degli ingressi, l‟altra sul livello del mare. Quanto visto nel paragrafo precedente riguardo alla marcata stagionalità porta a supporre che il gradiente tra interno ed esterno abbia un ruolo dominante, determinando un‟inversione nella direzione del flusso d‟aria dominante nella galleria. Semplici prove qualitative indicano che durante l‟inverno tale flusso è prevalentemente diretto dalla sala centrale verso la profondità della Galleria Nuova, il contrario di quanto avviene nel periodo estivo. Poiché nella galleria il rapporto superficie/volume è sensibilmente maggiore rispetto alla sala centrale, è ragionevole che l‟aria che raggiunge la strumentazione nella stagione fredda sia meno ricca di radon: una semplice modellizzazione del fenomeno è descritta in seguito. Sarebbe allo stesso modo ragionevole supporre che l‟inversione nella direzione del flusso d‟aria all‟interno della Galleria Nuova sia associata all‟inversione del gradiente termico medio tra interno ed esterno: come mostrato in figura 6, tuttavia, questo è vero solo considerando l‟andamento tendenziale su un intervallo di tempo sufficientemente lungo. Nel grafico si nota infatti che il periodo dell‟anno in cui si verifica l‟inversione termica interno/esterno coincide con quello a maggiore variabilità del radon, senza però che a un‟inversione del gradiente corrisponda nell‟immediato una rapida variazione del radon. Passando a considerare le oscillazioni periodiche del radon, il legame con temperatura e pressione atmosferica risulta essere maggiore. Come si può osservare dalle figure 7a, 7b e 7c, lo spettro del radon nel periodo estivo presenta spiccate periodicità a 12 e 24 ore, associabili rispettivamente alle oscillazioni semidiurne della pressione atmosferica e a quelle diurne della temperatura. 495 Figure 7a (in alto a sinistra), 7b (sopra) e 7c (a sinistra): spettri estivi di temperatura esterna (a), pressione atmosferica (b), concentrazione di radon (c). Unità arbitrarie. La spiegazione più semplice di questo fenomeno è che le oscillazioni di T e P influenzino la velocità del flusso d‟aria entro la Galleria Nuova, velocità che a sua volta determina il tempo di contatto tra aria e roccia, e quindi la concentrazione finale di radon: la verifica di tale ipotesi richiederebbe tuttavia l‟utilizzo di anemometri di precisione. Va sottolineato come l‟ampiezza delle componenti diurna e semidiurna nello spettro del radon sia caratteristica del periodo estivo: come visto in precedenza durante il resto dell‟anno (e quindi quando le concentrazioni sono minori) il radon presenta un andamento maggiormente caotico, con periodicità a 12 e 24 ore poco accentuate e talvolta scarsa-mente distinguibili dal rumore di fondo. Nonostante tutto ciò, i coefficienti di correlazione radon/ temperatura e radon/pressione atmosferica rimangono poco significativi durante la maggior parte dell‟anno. Nella tabella in figura 8 sono riportati tali coefficienti in ciascun periodo (calcolati senza aver operato alcun filtraggio sui dati): solo nei mesi autunnali la correlazione supera, in modulo, la soglia di 0.60. Il fatto che i valori indichino una tendenza alla correlazione con la temperatura (coefficienti perlopiù positivi) e all‟anticorrelazione con la pressione atmosferica (coefficienti perlopiù negativi) è in accordo con quanto riportato da studi in contesti simili (ad es. Barbosa et al., 2007). 496 Figura 8: coefficienti di correlazione tra radon e: temperatura esterna sul livello del mare (slm) e in prossimità della grotta (BGG); gradiente barometrico tra l’interno della grotta e le stesse località considerate per la temperatura PIOVOSITÀ E ACQUA SOTTERRANEA Più studi, citati in precedenza, hanno analizzato il ruolo dell‟acqua nell‟influenzare l‟emissività di radon da parte della roccia, fratturata o meno. In particolare, la presenza di acqua limita la quantità di radon che, emesso dalla roccia, riesce a raggiungere l‟aria anziché rimanere intrappolata nel velo d‟umidità che avvolge ciascun frammento di minerale. Poiché l‟acqua presente nelle cavità subaeree deriva principalmente da percolazione dalla superficie (a meno di corsi d‟acqua che scorrono in prossimità della grotta), è ragionevole aspettarsi che, a seguito di periodi caratterizzati da un‟elevata piovosità, la concentrazione di radon tenda a diminuire, e viceversa. Questo è infatti compatibile con la stagionalità che si è trovata nelle misure di radon in Grotta Gigante, con valori più elevati nella stagione estiva, durante la quale la piovosità è minore. Per quanto Figura 9a e 9b: concentrazione di radon in Galleria Nuova (in rosso) e piovosità cumulativa su 48 ore (in verde) tra fine agosto e inizio ottobre 2009 e 2010. Nel 2010 si nota una maggiore corrispondenza tra piovosità (superiore rispetto all’anno precedente) e oscillazioni del radon. 497 riguarda la presenza di corsi d‟acqua, il Timavo a breve distanza dalla grotta influenza solo in parte l‟effettiva disponibilità d‟acqua, dato che il del fiume è stabilmente al di sotto della quota più bassa della sala centrale. Poiché la Galleria Nuova, in cui sono state effettuate tutte le misure in continuo, si trova a una quota relativamente alta rispetto al resto della grotta, possiamo ragionevolmente supporre che nel punto di misura l‟acqua presente derivi principalmente dalla percolazione del suolo sovrastante. Per questo motivo verrà valutata non tanto la piovosità istantanea, introducendo eventualmente un ritardo rispetto alle variazioni del radon, quanto invece quella cumulativa su un intervallo di tempo pari a 2 giorni consecutivi. Se durante il periodo invernale non si osserva alcuna correlazione tra piovosità e radon, al contrario durante i mesi più caldi si osserva una certa corrispondenza tra periodi a elevata piovosità e brusche oscillazioni delle concentrazioni misurate. Le figure 9a e 9b, relative ai mesi di settembre 2009 e 2010, rappresentano significativamente il fenomeno: pur non essendoci un‟esatta corrispondenza, tale da permetterci di individuare una reale causalità, appare evidente come alcune diminuzioni repentine del radon siano associate alla piovosità soprattutto quand‟essa supera i 100mm su 48 ore. Una possibile spiegazione ragionevole è la seguente: se è vera l‟ipotesi avanzata in precedenza, secondo la quale in corrispondenza ad elevati valori di radon l‟aria ricca di tale gas fluisce dalla Galleria Nuova verso la sala centrale, si può supporre che a seguito della pioggia il riempimento repentino di bacini idrici in prossimità della grotta inverta temporanemante la direzione del flusso d‟aria all‟interno della galleria. Questa ipotesi spiega non solo le rapide diminuzioni del radon, ma anche le altrettanto rapide risalite, altrimenti inspiegabili se attribuite alla sola emissività della roccia. Poiché il sottosuolo carsico è percorso dalla fitta rete di diramazioni del corso ipogeo del Timavo, è stata presa in considerazione anche l‟ipotesi che un incremento della portata del fiume, dovuto alla piovosità in superficie, possa influenzare le repentine oscillazioni dei valori di radon misurati. Un aumento del livello dell‟acqua del fiume in un canale sotterraneo connesso alla grotta potrebbe infatti, almeno in linea di principio, influenzare la circolazione dell‟aria nella cavità, 498 aumentando la velocità del flusso d‟aria entro la Galleria Nuova e quindi la diluizione del radon nell‟aria stessa. Premesso che una modellizzazione di questo tipo non giustificherebbe le rapide risalite delle concentrazioni di radon, in ogni caso una verifica di questa ipotesi è stata relativamente semplice sfruttando la presenza di una stazione che misura continuamente il livello del fiume al di sotto della grotta. I risultati mostrano tuttavia l‟assenza di una correlazione tra radon e livello del Timavo: a titolo esemplificativo, nelle figure 8a e 8b è rappresentata la situazione nei periodi 21/05-30/07 e 27/08-16/11 2010. Qui, nonostante si osservi l‟unica variazione di rilievo del livello del fiume nel corso del 2010, il radon non ne appare significativamente influenzato. Figure 10a e 10b: Concentrazione di radon (rosso) e livello del Timavo (blu) nei periodi 21/0530/07 2010 (a) e 27/08-16/11 2010 (b). RADON E TILT DELLA GROTTA: MAREE TERRESTRI E SEGNALE IDROLOGICO La presenza, all‟interno della Grotta Gigante, di una stazione geofisica dotata di clinometri in grado di misurare in modo continuo le variazioni di tilt della grotta, permette di valutare l‟eventuale correlazione tra le misure di radon e le deformazioni indotte sia dalle maree terrestri (periodiche) sia da altri fenomeni aperiodici (piene del Timavo, movimenti tettonici, carico superficiale da innevamento etc.). Per quanto riguarda le maree terrestri, in uno studio di Kies et al. (2002) gli autori sostengono di aver individuato una loro influenza sulla variabilità del radon mediante un confronto tra gli spettri delle 499 due grandezze. Nel presente caso, in figura 9b è riportato lo spettro della concentrazione del radon calcolato sulla base dell‟intero periodo di presa-dati (2009-2011), assieme alle frequenze caratteristiche di alcune componenti mareali. La corrispondenza, per quanto evidente in particolare per le periodicità diurne, non può giustificare l‟esistenza di un legame di causa-effetto tra i due fenomeni, in quanto tali periodicità sono condivise anche dagli spettri di parametri meteo-climatici quali temperatura e pressione atmosferica. Nemmeno se si prendono in considerazione le componenti mareali a lungo periodo si trova alcuna correlazione. In figura 10a vengono raffrontati gli andamenti del radon e della deformazione totale della grotta, comprendente tra i vari fattori anche il segnale idrologico derivante dalla variazione del livello del Timavo. Sebbene una correlazione non appaia evidente, nella porzione centrale del grafico (20-25 settembre 2011) si nota che a deformazioni più marcate sono associate rapide oscillazioni nella concentrazione del radon. Poiché tali deformazioni sono in prevalenza di origine idrologica, sarebbe ingiustificato attribuirvi a priori le anomalie del radon: è ragionevole supporre invece che queste siano legate più direttamente alla piovosità, come visto in precedenza, la quale determina come effetto collaterale un aumento del livello del fiume, registrato dai clinometri come una Figure 9a e 9b: radon e segnale clinometrico totale (a), spettro del radon in relazione ad alcune componenti mareali semidiurne e diurne (b) deformazione indotta. In altre parole, le contemporanee variabilità della concentrazione del radon e del tilt della grotta possono essere spiegate come le risposte, indipendenti tra loro, all‟influenza diretta o indiretta della piovosità. 500 MODELLIZZAZIONE DEI FLUSSI D‟ARIA Le analisi svolte finora inducono a supporre che i flussi d‟aria nella Galleria Nuova, anche se di minima entità, abbiano un ruolo predominante nel determinare la concentrazione del radon. Per giustificare anomalie come le repentine ampie oscillazioni della concentrazione di radon (>3kBq/m3∙h) è necessario ipotizzare l‟influenza di variazioni della circolazione dell‟aria entro la Galleria Nuova: infatti, eventuali variazioni dell‟emissività efficace della roccia (derivanti, ad esempio, da una maggiore o minore abbondanza d‟acqua nel tunnel) non potrebbero in alcun modo determinare variazioni nella concentrazione del radon su periodi più brevi dell‟emivita (3.82 giorni). In questo paragrafo si cercherà di modellizzare l‟influenza, sulla concentrazione del radon, della circolazione dell‟aria entro la galleria, basandosi da un lato su uno schema geometrico semplificato per rappresentare la galleria, dall‟altro sui dati disponibili in letteratura per quantificare l‟emissività della roccia. Nella modellizzazione dei flussi d‟aria si considereranno separatemente le due przioni esplorata/inesplorata della Galleria Nuova. Per quanto riguarda l‟emissività di Rn da parte della roccia, si è scelto di considerare un valore relativamente basso, pari a 25±5Bq/m2∙h, anche per considerare l‟effetto dell‟elevata umidità nel cunicolo che tende a schermare la roccia. Con una semplice modellizzazione basata su una combinazione di strutture piramidali, per il primo tratto della galleria si ottiene un rapporto superficie/volume prossimo a 4. Ciò implica, in una condizione di assenza di ricambio di aria, una concentrazione di Rn all‟equilibrio di 8.7±2kBq/m3. Considerando invece uno scambio d‟aria di 50m3 e 100m3 orari con la sala centrale, nella quale si può approssimare costante la concentrazione a 250Bq/m3, i valori scendono a 400±75Bq/m3 e 330±50Bq/m3 rispettivamente. Si tratta di stime compatibili con i dati effettivamente misurati nel tardo periodo invernale. Valori più bassi, analoghi a quelli trovati nei mesi di inizio inverno, possono essere spiegati con una concentrazione minore di quella stimata per la sala centrale. Per il secondo tratto del tunnel, una modellizzazione analoga fornisce un rapporto superficie/volume prossimo a 13, ben superiore a quello 501 trovato in precedenza, così come la concentrazione all‟equilibrio: 29±5kBq/m3, compatibile per difetto con i massimi valori registrati nella porzione iniziale del tunnel. Se consideriamo l‟ipotesi di un intervallo di tempo sufficientemente lungo in cui i flussi d‟aria entro la grotta siano prossimi a zero, è ragionevole aspettarsi che in questo tratto della galleria si raggiungano concentrazioni di Rn prossime a quelle di saturazione. D‟altra parte, nel momento in cui ha inizio un eventuale flusso d‟aria dal fondo del tunnel verso la sala centrale, è lecito prevedere di trovare anche nella porzione iniziale della Galleria Nuova (la zona di misura) tali concentrazioni, poichè l‟aria avrebbe traslato senza aver modo di diluirsi significativamente. Supponiamo quindi ora che nel cunicolo s‟instauri un minimo flusso d‟aria così diretto, ad esempio di 0.1cm/min, (0.6m/h), tale quindi che il tempo di contatto tra aria e roccia permetta di raggiungere concentrazioni elevate di radon nonostante l‟aria sia in moto. Se l‟aria proviene dall‟esterno, possiamo porre pari a zero la concentrazione di Rn nell‟aria che entra nel tunnel, ottenendo una concentrazione all‟equilibrio (flusso stazionario) di 1.5±0.5kBq/m 3: questo fa capire come un flusso d‟aria anche minimo possa influenzare significativamente la presenza di Rn. Riassumendo, i valori nel periodo invernale risultano compatibili con l‟ipotesi di un sensibile scambio d‟aria con la sala principale della grotta: ciò è vero a maggior ragione se si considera che, nei mesi freddi, semplici esperimenti per una stima di massima della direzione dei flussi d‟aria hanno sempre mostrato l‟esistenza di un lieve flusso nella direzione dalla sala centrale verso l‟interno del tunnel. Analoghe osservazioni hanno mostrato che si tratta in realtà prevalentemente di moti convettivi, con ogni probabilità influenzati dalla presenza, all‟interno della galleria e a pochi metri dall‟ingresso, di un faretto alogeno a elevata potenza. Ciò porta a pensare che questi scambi d‟aria con la sala centrale coinvolgano la sola porzione iniziale della galleria nuova, permettendo al radon presente più in profondità di raggiungere, come detto, valori prossimi a quelli di saturazione e quindi compatibili con i repentini aumenti della concentrazione osservabili qualora s‟inneschi un flusso diretto verso la sala centrale. 502 CONCLUSIONI Giungere a una completa ed esaustiva spiegazione di un fenomeno complesso come le anomalie di radon in una cavità subaerea è un obiettivo ambizioso, data la molteplicità di agenti e parametri ambientali coinvolti e variamente intercorrelati. L‟analisi svolta ha permesso tuttavia di mettere in luce i principali aspetti dell‟interazione tra la grotta, l‟ambiente esterno e i fattori meteoclimatici di riferimento, con i conseguenti risvolti sulle concentrazioni di radon misurate: a. Da un'analisi spettrale è apparso come una ciclicità diurna, ben visibile nella stagione calda, tenda a diminuire nel periodo invernale, quando più basse sono anche le concentrazioni del gas. È ragionevole supporre che tale ciclicità sia da porre in correlazione ai gradienti termico e barometrico con l'esterno, i cui spettri presentano andamenti analoghi nel corso dell'anno. Altre periodicità riscontrate nello spettro del radon, in ogni caso più accentuate durante il periodo estivo, sono a 12 ore, verosimilmente legate all‟andamento semidiurno della pressione atmosferica; b. La correlazione con parametri ambientali quali umidità e vento in superficie appare insignificante (e non se ne sono perciò riportati i risultati in dettaglio). Se si considera la caratteristica forte ventosità della zona in cui si trova la grotta, con velocità sia di punta sia medie orarie che possono permanere particolarmente elevate anche per più giorni consecutivi, sorprende come la concentrazione del radon ne sia scarsamente influenzata. Ciò può essere spiegato considerando la posizione in cui si trovano i due accessi principali: il fatto che siano a un‟altezza simile rispetto al fondo della grotta, oltre che relativamente vicini in linea d‟aria, può in gran parte inibire l‟effetto venturi che ci si sarebbe potuto aspettare indotto dal vento in superficie. Un‟azione diretta del vento, ovvero un ingresso di masse d‟aria in moto direttamente nella cavità, è invece da escludersi a priori a causa della posizione relativamente protetta degli accessi. c. Si è trovata una significativa corrispondenza con le precipitazioni al suolo. In particolare, si è osservato come le brusche diminuzioni di concentrazione di cui si è accennato sopra tendano a seguire periodi d‟intense precipitazioni senza che tuttavia vi sia un oggettivo legame 503 di causalità tra i due fenomeni. Una giustificazione di ciò non può limitarsi a considerare la saturazione delle fratture nella roccia dovuta alla percolazione dell'acqua nel suolo, poiché ciò lascerebbe inspiegata la rapidità delle oscillazioni: anche un'ipotetica (e irrealistica) totale interruzione dell'emanazione della roccia dovuta all‟effetto schermo ad opera dell‟acqua determinerebbe tutt‟al più un decremento della concentrazione di radon su più giorni, in quanto legato al decadimento del gas già presente nell‟ambiente. Inoltre, la rapidità con la quale la concentrazione si riporta ai valori iniziali non è compatibile con una semplice de-saturazione della fratturazione rocciosa, poiché l'ipotetica quantità di gas che le rocce dovrebbero emettere nell'unità di tempo per giustificare un tale aumento (oltre 3kBq/m3∙ora), oltre a implicare un'emissività inusuale per la roccia calcarea, comporterebbe anche una concentrazione all'equilibrio nell‟aria ben oltre 100kBq/m3, compatibile con i valori caratteristici del geogas ma improbabile (oltre che non verificata) per una grotta di tale vastità. Tutto ciò porta a supporre l‟esistenza di una causalità indiretta tra piovosità e variabilità del radon, causalità sulla quale sono state sviluppate le ipotesi descritte in precedenza. d. Un'analisi del livello idrometrico del fiume Timavo, una cui diramazione passa in prossimità della grotta (sebbene il percorso esatto del fiume nel sottosuolo rimanga tuttora ignoto) porta a escludere una correlazione con tra variazioni della portata del fiume e oscillazioni del radon. Se una correlazione fosse stata trovata, si sarebbe potuto supporre che eventuali rapide variazioni del livello del fiume, legate alla piovosità in superficie, incidessero sui flussi d'aria nella grotta e quindi sulla concentrazione del gas. e. Né le oscillazioni periodiche del tilt della grotta indotte dalle maree terrestri (o perlomeno dalle loro componenti orizzontali misurate presso la stazione geofisica nella grotta), né quelle aperiodiche dovute ad altri fenomeni quali variazioni della portata del Timavo, appaiono influenzare in alcun modo le concentrazioni di radon misurate. Ciò è ragionevole, in quanto le deformazioni indotte, di minima entità, non sono tali da alterare lo stato di fratturazione della roccia né quindi la relativa emissività. 504 Ulteriori analisi si mostrano necessarie per giungere a una comprensione più completa delle variazioni spazio-temporali del radon nella Grotta Gigante, analisi che dovranno concentrarsi in primo luogo sulla misura dei flussi d'aria e del livello igrometrico nella cavità. Da quanto descritto finora emerge infatti come siano i flussi dell‟aria l‟elemento maggiormente influente sulle oscillazioni del radon, flussi la cui conoscenza permettere di spiegare con maggiore precisione l‟effetto indiretto di parametri ambientali in sé facilmente misurabili quali, appunto, temperatura e pressione atmosferica. 505 BIBLIOGRAFIA >Al-Shereideh, Bataina, Ershaidat, "Seasonal variations and depth dependence of soil radon concentration levels in different geological formations in Deir Abu-Said District, Irbid-Jordan", Science Direct-Radon Measurements 41, pag 703-707, 2006 >Barbosa, Steinitz, Piatibratova, Silva, Lago, “Radon variability at the Elat granite, Israel: Heteroscedasticity and nonlinearity”, Geophysical Research Letters, Vol. 34, 2007 >Cucchi, Finocchiaro, Muscio, “Geositi del Friuli Venezia Giulia”, Regione Autonoma FVG, 2009 >Kies, Massen, Tosheva, “Influence of variable stress on underground radon concentrations”, Geofisical Internacional (2002), Vol. 41, num 3, pag. 325-329 >Neves, Barbosa, Pereira, “Indoor radon periodicities and their physical constraints: a study in the Coimbra region (Central Portugal)”, Journal of Environmental Radioactivity 100 (2009) 896–904 >Perrier, Richon, “Spatio-temporal variation of radon and carbon dioxide concentrations in an underground quarry: coupled processes of natural ventilation, barometric pumping and internal mixing”, Journal of Environmental Radioactivity, 2010 >Perrier, Richon, Gautam, Tiwari, Shrestha, Sapkota, "Seasonal variations of natural ventilation and radon-222 exhalation in a slightly rising dead-end tunnel”; Journal of Environmental Radioactivity 97, 2007 >Richon, Perrier, Pili, Sabroux, ”Detectability and significance of 12-h barometric tide in 222Rn signal, dripwater flow rate, air temperature and carbon dioxide concentration in an underground tunnel”, Geophys. 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Risigo°, V.Chmill°, E. Chiaberto*, E.Serena*, A. Prandstatter* e M. Magnoni* *ARPA Piemonte – Dipartimento Radiazioni Via Jervis, 30 – 10015 Ivrea (TO) ° Università degli studi dell’Insubria - Como INTRODUZIONE Lo studio presentato di seguito è stato realizzato nell‟ambito del progetto RADICAL (RADon: Integrating Capabilities of Associated Labs), una cooperazione trans-frontaliera Italia-Svizzera che vede la partecipazione di Università e Agenzie Regionali per l‟Ambiente. Le attività del progetto includono il monitoraggio della concentrazione radon indoor in edifici pubblici e privati, al fine di studiare i parametri che ne influenzano l‟andamento e attuare delle azioni di rimedio. Per individuare con maggior precisione le problematiche connesse all‟ingresso e all‟accumulo del radon in un edificio occorre disporre di strumenti che forniscano in tempo reale la concentrazione di attività. Per questo motivo, in un una prima fase è stata analizzata in dettaglio la risposta del Radim, lo strumento di misura utilizzato e sviluppato nell‟ambito del progetto. La seconda parte del lavoro riguarda l‟analisi dei dati raccolti durante i monitoraggi in Valle Cervo. Sono ormai noti gli alti livelli di radon che caratterizzano gli edifici di questa valle piemontese, a causa dell‟abbondante presenza della sienite della Balma sia nel sottosuolo sia nei materiali da costruzione. STRUMENTI DI MISURA I monitoraggi della concentrazione di 222Rn sono stati eseguiti mediante l‟utilizzo di uno strumento attivo denominato Radim 5B. Esso fornisce la concentrazione media oraria di 222Rn misurando 507 l‟attività dei figli emettitori α, 218Po e 214Po, grazie ad un rivelatore al silicio. La raccolta dei figli è resa particolarmente efficiente dall‟applicazione di un campo elettrico nel volume sensibile del dispositivo. Alcuni tra gli aspetti più vantaggiosi di questo strumento riguardano il basso costo e il suo ridotto consumo energetico, che consente monitoraggi di lunga durata in luoghi non raggiunti dalla rete elettrica. I lunghi monitoraggi sono resi possibili anche grazie alla capacità della memoria, che permette di immagazzinare grandi quantità di dati. RISULTATI Studio della risposta del Radim 5B La maggior parte dei monitori in continuo disponibili in commercio rispondono non in tempo reale ad una variazione di radon nell‟ambiente: un certo tempo intercorre, infatti, affinché il radon diffonda internamente al volume sensibile del dispositivo. Inoltre, la misura è influenzata dalla formazione dei figli a breve emivita del radon internamente allo strumento. Lo strumento Radim 5B fornisce la concentrazione di attività di radon in modo indiretto, misurando l‟attività dei suoi figli α emettitori, 218Po e 214Po. Tale attività coincide con quella del radon solo quando essi sono in condizioni di equilibrio secolare con il progenitore comune. Occorre tener conto, tuttavia, che il tempo di raggiungimento dell‟equilibrio secolare è maggiore rispetto al tempo tipico di campionamento dello strumento, pari a 1 ora. Di conseguenza, a seconda dell‟andamento temporale del radon in ingresso, è lecito ipotizzare che lo strumento sottostimi o sovrastimi la concentrazione di radon, nel caso in cui nell‟ambiente stia aumentando o diminuendo rapidamente. Per cercare di correggere questo ritardo di risposta è necessario valutare quantitativamente il tempo di risposta effettivo dello strumento. Occorre quindi risolvere le equazioni del decadimento dei figli a vita breve del radon α emettitori (218Po e 214Po),vedi figura 1 508 Figura 1: Catena di decadimento dei figli a vita breve del radon. Considerando la brevissima emivita del 214Po, si può fare senz‟altro la semplificazione di ammettere che tra 214Bi e 214Po si instauri immediatamente l‟equilibrio secolare. In tal modo il sistema di dNj jNj 0 j0 dt dNj 1 j 1 Nj 1 jNj j 1,2,3 dt equazioni differenziali da risolvere si riduce da cinque a quattro equazioni: dove la variabile Nj indica la concentrazioni di atomi nell‟unità di volume, j=0 individua il radon, mentre j=1,2,3 i figli della catena. Come condizioni iniziali si è assunto che: NRn(0)=N° e Nfigli(0)=0. Questo sistema descrive la crescita dei figli a seguito dell‟immissione in un determinato volume di una certa quantità di radon (Figura ): come si vede l‟equilibrio tra la concentrazione del radon e dei suoi figli si raggiunge dopo circa 200 minuti. Tendendo però conto del fatto che le misure vengono effettuate con cadenza oraria, quello che viene fornito dallo strumento è in realtà il valor medio dell‟attività presente nel tempo d‟integrazione. Per valutare dunque 509 quantitativamente il raggiungimento dell‟equilibrio tra radon e figli bisogna calcolare i seguenti integrali (fc,i=1,2,3): f c ,1 f c ,3 1 0 3 Po (t ) 218Po (t ) dt 214 1 222 (2 Rn(t ))dt 0 2 ; fc,2 Po (t ) 218Po (t ) dt 214 1 1 222 (2 Rn(t ))dt ; 0 Po(t ) 218Po(t ) dt 214 2 1 (2 0 222 Rn(t ))dt Risolvendo tali integrali si trova che essi differiscono dall‟unità solo per le prime 3 ore (Tabella ). Intervallo di integrazione (h) 0-1 1-2 2-3 Transitorio crescente fc,i 0,564 0,856 0,966 Tabella 1: Fattori fc nella fase crescente. Figura 2: Transitorio crescente:come si vede le concentrazioni dei figli del radon raggiungono l’equilibrio dopo circa 3 ore dall’input di una certa quantità di 222Rn. 510 In modo del tutto analogo si possono calcolare i fattori che descrivono il transitorio decrescente: in lo strumento tende a sovrastimare la concentrazione di radon effettivamente presente per effetto dei prodotti di decadimento a vita breve ancora presenti. Anche in questo caso tale “effetto memoria” risulta significativo solo per 3 ore, come si può vedere dalla seguente Tabella Intervallo di integrazione (h) 0-1 1-2 2-3 Transitorio decrescente fd,i 0,434 0,146 0,038 Tabella 2: Fattori fd nella fase decrescente. In base a questi fattori è quindi possibile scrivere delle formule ricorsive che correggono la concentrazione misurata dallo strumento cm(t) e forniscono la concentrazione di radon corretta cc(t): cc (t ) cm (t ) c(t )k0 c(t 1)k1 ... c(t T 1)kT 1 dove Δc(t)=cm(t)-cc(t-1), i ki sono invece nuovi parametri algoritmici calcolati utilizzando i fattori fc e fd a seconda che Δc sia maggiore o minore di zero e T è il tempo di raggiungimento dell‟equilibrio valutabile in tre ore circa. La correzione teorica sopra descritta è stata quindi dapprima applicata al caso semplice di una esposizione controllata dove lo strumento è stato esposto ad una funzione a gradino di radon e successivamente a misure reali in edifici. In questo caso (Figura 3), la risposta del Radim viene confrontata con la risposta di un altro strumento attivo, l‟Alphaguard e comparata con la curva corretta. 511 Figura 3: Risposta del Radim5B ad un gradino di concentrazione. La risposta al gradino può essere interpolata con una funzione esponenziale decrescente: t c(t ) c(0)(1 e ) Il best fit permette di ottenere la costante di tempo τ dello strumento in esame con e senza l‟uso dell‟algoritmo che compensa l‟effetto memoria. Dalla curva “Radim corretta” e dalle costanti di tempo calcolate si osserva che la risposta strumentale migliora anche se non del tutto, in quanto resta un ritardo, dovuto alla diffusione, valutabile in circa ¾ d‟ora. Dati interpolati Radim Radim corretta Alphaguard τ (h) 1,30 0,75 0,24 Tabella 3: Costanti di tempo ottenute interpolando sia la concentrazione misurata che quella corretta. A questo punto, si può utilmente rappresentare lo strumento Radim come un sistema che rispetto ad una concentrazione funzione del tempo si comporta come un filtro passa basso. Volendo, si può 512 stabilire un parallelismo tra l‟apparato di misura e un filtro RC, interpretando la risposta dello strumento come la tensione ai capi di un condensatore. Il vantaggio che si ottiene è di poter stabilire una relazione matematica tra la concentrazione radon in ingresso allo strumento e la concentrazione misurata (in uscita), detta funzione di trasferimento. La funzione (4), utilizzata come fit esponenziale della risposta al gradino, è di fatto identica a quella della risposta di un filtro passa basso e da essa è stata ricavata la costante di tempo (Tabella 3). Nel caso in cui la funzione in ingresso del sistema “Radim” non segua un andamento periodico, si ricorrerebbe al metodo operatoriale che applica la trasformata di Laplace. Spesso però, nei grafici delle concentrazioni radon misurate in ambienti confinati, si riscontra una periodicità giornaliera e perciò, in molti casi, è possibile ricorrere al metodo simbolico, sostituendo alle grandezze sinusoidali i loro corrispondenti fasori. La funzione di trasferimento del sistema in questione diventa più semplicemente: H ( j ) cout 1 cin 1 j Il cui modulo e fase sono espresse da: H 1 1 ( ) 2 H arctg ( ) dove ω indica la pulsazione del segnale e τ la costante di tempo del sistema “Radim”. Se la funzione in uscita, rappresentata dalla misura, è assimilabile ad una sinusoide, significa che rispetto alla concentrazione in ingresso nello strumento è modificata in ampiezza e fase secondo le precedenti espressioni (6). La concentrazione realmente presente in ingresso al variare del tempo è quindi facilmente ottenibile. 513 Si consideri, per esempio, il seguente caso reale in cui lo strumento ha monitorato una concentrazione radon indoor. Il grafico in figura 4 rappresenta la risposta dello strumento, il cui l‟andamento temporale è ben approssimato da una funzione sinusoidale. Figura 4: Risposta del Radim5B ad un andamento sinusoidale. Come si osserva dal grafico, il periodo del segnale analizzato è all‟incirca pari a 24 ore. Infatti, calcolando la trasformata di Fourier (figura 5), si osserva che ad una delle componenti principali del segnale corrisponde una frequenza pari a 0.041 h-1. A questo punto, è possibile calcolare il modulo e la fase di H, da cui si ricavano i risultati mostrati in Tabella 4. Radim Radim corretta cout / cin 0,95 0,98 Δφ=φin - φout 0,32 0,19 Δt = Δφ/ω 1,25 h = 1h 15min 0,74 h = 44 min Tabella 4: Modulo e fase della funzione di trasferimento. 514 Figura 5: Trasformata di Fourier del segnale in uscita dallo strumento. Dai risultati ottenuti si può notare che l‟andamento della concentrazione radon in ingresso nel Radim ha un‟ampiezza di poco superiore a quella misurata dallo strumento ed è sfasata, in relazione al tempo di risposta dello strumento, influenzato dai tempi di formazione dei figli a vita breve e dalla diffusione del radon. Tuttavia, applicando la correzione “per l‟effetto memoria” lo sfasamento diminuisce di circa mezz‟ora e si ritrova soltanto il tempo di diffusione (circa ¾ d‟ora) già valutato dalla risposta al gradino. Il grafico in figura 6 mostra invece l‟andamento della concentrazione radon indoor in un luogo di lavoro, considerando il giorno medio su un periodo di campionamento di 13 giorni. I dati sperimentali sono stati interpolati con una funzione sinusoidale (fit Radim), da cui è stata ricavata mediante la funzione di trasferimento una stima del segnale radon in ingresso (figura 7). 515 Figura 6: Dati sperimentali e fit del giorno medio. Figura 7: Stima dell'andamento medio giornaliero del radon in ingresso (nero) utilizzando la funzione di trasferimento del sistema “RADIM”. Studio dei tassi di ingresso del radon e dei tassi di ventilazione in un edificio pubblico In un periodo compreso tra aprile e maggio 2011, sono stati condotti alcuni monitoraggi di radon indoor in municipi e scuole localizzati in Valle Cervo (BI). 516 Molti di questi edifici hanno mostrato concentrazioni di radon piuttosto elevate. Al fine di intraprendere delle azioni di rimedio, si è cercato di stimare, per ogni locale monitorato, il tasso di ingresso del radon e i tassi di ventilazione. Per mostrare il metodo adottato, di seguito è riportata l‟analisi dei dati riferiti al municipio di Quittengo (BI). Figura 8: Concentrazione di radon in un ufficio del municipio di Quittengo. Si osserva che l‟andamento generale ha una periodicità di circa 24 ore. Pertanto si è preso in considerazione il giorno medio, riportato in figura 9 ottenuto mediando le concentrazioni di radon per ciascuna ora del giorno su tutto l‟arco temporale del monitoraggio. Figura 9: Giorno medio. 517 Dal grafico si osserva quindi che dalla seconda metà del pomeriggio la concentrazione di radon aumenta fino al mattino, quando inizia la sua fase decrescente. Si possono quindi individuare due fasi: una fase di salita e una di discesa. Per stimare il tasso di ingresso del radon, si considera la fase di salita. Si assuma che la concentrazione di attività di radon vari secondo la seguente legge: dc(t ) K (Rn v, s )c(t ) dt V dove c(t) indica la concentrazione di attività di radon, λRn la costante di decadimento del 222Rn, λv,s il tasso di ventilazione nella fase di salita, K il tasso di ingresso del radon e V il volume del locale. Integrando si ottiene: K ( ) t c(t ) (1 e Rn v ,s ) V (Rn v , s ) Dalla (7) si osserva che la pendenza iniziale della curva di crescita del radon è una buona stima di K. Si esegue il best fit lineare dei primi punti della curva e si considera il coefficiente angolare (figura 10 a). A questo punto è possibile valutare λv,s interpolando la fase di salita con una funzione del tipo (8), come riportato in 10 b. Durante la fase di discesa, invece, il fenomeno dominante è la rimozione del radon, per motivi legati alle variazioni di condizioni atmosferiche e all‟uso del locale. Pertanto, questa fase decrescente può essere descritta dalla seguente equazione: dc(t ) (Rn v ,d )c(t ) dt La soluzione analitica della (9) è riportata di seguito: c(t ) c(0)e ( Rn v , d ) t Interpolando i dati con una funzione del tipo (10) si può quindi valutare il tasso di ventilazione della fase di discesa (figura 11). 518 Figura 10: (a) Fit lineare e stima di K. (b) Fit esponenziale e stima di λv,d Figura 4: Fit esponenziale e stima diλv,s In Tabella sono riportati i parametri ottenuti per i due uffici monitorati. e la concentrazione media calcolata nel periodo considerato. Locale cmedia (Bq/m3) K (Bq/h) χ2/DF λv,i (h-1) Ufficio 1 7074 ± 3188 (2,96 ± 0,14)*104 0,36/3 0,052 ± 0,003 10,76/13 0,101 ± 0,004 Ufficio 2 1562 ± 574 (1,40 ± 0,23) *104 3,09/3 0,075 ± 0,005 16,98/13 0,141 ± 0,012 14,94/6 χ2/DF λv,d (h-1) χ2/DF 5,13/7 Tabella 5: Tassi di ingresso e di ventilazione per i due locali considerati. I risultati evidenziano che il tasso di ingresso del radon nell‟ufficio 1 è circa il doppio rispetto a quello nell‟ufficio 2. Dal momento che i locali sono adiacenti e i dati si riferiscono allo stesso periodo di misura, si possono considerare uguali le condizioni atmosferiche. Di 519 conseguenza, questa differenza tra i due valori è probabilmente imputabile a caratteristiche specifiche dell‟ufficio 1. Infatti, sulle pareti di questo locale sono presenti delle bocchette di aerazione, a diretto contatto con l‟intercapedine presente tra l‟edificio e una parete rocciosa, che favorirebbero l‟ingresso del radon. Inoltre, il tasso di ventilazione raddoppia per entrambi i locali durante le ore lavorative, ma indica, comunque, un ricambio d‟aria molto scarso. CONCLUSIONI Il lavoro svolto ha permesso di elaborare un metodo che corregge la risposta del Radim a un impulso di radon, tenendo conto dell‟accrescimento dei figli; ciò ha permesso inoltre di stimare quantitativamente il tempo di diffusione all‟interno del volume sensibile dello strumento. Inoltre, nel corso dei monitoraggi pilota eseguiti in Valle del Cervo, si è studiato un metodo per la stima di alcuni fondamentali parametri (tassi di ingresso e di ventilazione), specifici per ogni edificio e assi utili al fine di intraprendere delle azioni di rimedio. Il monitoraggio verrà anche approfondito nella stagione autunno-inverno, per studiare le variazioni stagionali dell‟andamento del radon e dei parametri stimati nel presente articolo. BIBLIOGRAFIA [1] N.Jonassen, The determination of radon exhalation rates, Health Physics, 45, 369-376 (1983). [2] T.Keskikuru, H.Kokotti, S.Lammi, P.Kalliokoski, Effect of various factors on the rate of radon entry into two different types of houses, Building and Environment, 36, 1091-1098 (2001). 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Schmidt Lecturer: Elisabeth Foerster, Federal Office for Radiation Protection (BfS) Contact: [email protected] ABSTRACT Since 2003 Interlaboratory Comparisons for Passive Radon Measurement Devices using track-etch detectors, electret ionisation chambers or charcoal annually are conducted by the Radon Calibration Service Laboratory at the German Federal Office for Radiation Protection (BfS) in order to assure the quality of measurements. Until now the number of participants has more than tripled. In 2011 took 33 laboratories from several European countries part with 48 sets of passive radon measurement instruments. Laboratories, which possess or wish to acquire an accreditation for measuring the activity concentration of Radon-222 fulfil the obligation to validate their measuring method in accordance with EN ISO/IEC 17025 by participating in the intercomparison. The exposures are carried out in the Radon Calibration Service Laboratory at BfS, which is accredited by the German accreditation body Deutsche Akkreditierungsstelle GmbH (DAkkS) for measuring the activity concentration of radon-222 in air and the potential alpha energy concentration of short-lived decay products. The measurands are traced back to the National Standard at the German National Metrology Institute Physikalisch-Technische Bundesanstalt (PTB) as secondary standard. All relevant measurements concerning the Interlaboratory Comparisons are subject to an accredited quality management system according to DIN EN ISO/IEC 17025:2005. During the Interlaboratory Comparison 2011 the passive radon measurement devices were exposed to reference atmospheres with different radon-222 activity concentrations of up to 10 kBq/m³ under normal indoor climate. The exposures to radon reached values of 241 521 kBq·h/m³, 1769 kBq·h/m³. , 1849 kBq·h/m³ and 3294 kBq·h/m³ respectively. All participants obtain a certificate of participation stating their measurement results and the corresponding reference exposures. Annual reports, which include the results of all participants in anonymous form with detailed information on the conditions of exposure for intercomparisons, are published at BfS website http://www.bfs.de/de/ion/radon/Fachinfo_messung/vergleichspruefungen.ht ml. 522 The Radon Calibration Service Laboratory Since 2003 Interlaboratory Comparisons for Passive Radon Measurement Devices using track detectors (SSNTD), electret ionisation chambers (EIC) or activated charcoal (AC) are conducted annually by the Radon Calibration Service Laboratory of the German Federal Office for Radiation Protection (BfS) in order to assure the quality of measurements. The Federal Office for Radiation Protection is hosting a Coordinating Office for the monitoring of elevated levels of natural radioactivity. Among other tasks the Coordinating Office is responsible for the determination of radiation exposures resulting from radon and radon progenies. The Radon Calibration Service Laboratory represents the metrological reference laboratory for radon-222 and its short-lived progenies within the scope of this Coordinating Office. The laboratory performs a comprehensive program to assure the quality standard of radon and radon progeny measurements with regard to the protection against elevated levels of exposures of radon at workplaces and in dwellings in Germany [1]. The program comprises scientific investigations on metrological fundamentals, development and evaluation of measurement methods, type testing of devices [2], calibration service [3] and interlaboratory comparisons for passive radon monitors [4], [5], [6]. The offers for quality assurance of measurements of radon-222 and radon-222 progenies are ordered by both national and international institutions as well. Technique and equipment The Radon Calibration Service Laboratory of BfS is accredited according to norm DIN EN ISO/IEC 17025 (German version of EN ISO/IEC 17025, [7]) by the German Accreditation Body “Deutsche Akkreditierungsstelle GmbH” for the measurands activity concentration of radon-222 in air (CRn) and potential alpha energy 523 concentration of short-lived decay products (Cp). The Service Laboratory consists of two branches: the radon laboratory and the radon progeny laboratory. Reference atmospheres for investigations and calibration are provided in two chambers and several stainless steel containers. In the radon laboratory a walk-in chamber with a volume of 11 m³ (“radon chamber”) and a set of stainless steel containers with a volume of 0.4 m³ each are used. In the laboratory for radon progenies a walk-in chamber is used with a volume of 30 m³ (“PAEC chamber”). The calibration containers are connected to flow-through sources containing radium-226 for continually compensation of the loss of radon-222 due to radioactive decay, see figure 1. By means of pumps and ventilators the activity concentration of radon-222 in the containers can be kept sufficiently homogenous and temporally constant during the tests. Errore. Non si possono creare oggetti dalla modifica di codici di campo. Figure 1: Scheme of the technique and equipment of the BfS Radon Calibration Service Laboratory Every unit is equipped with a flow-through scintillation cell for the measurement of radon activity concentration and with sensors to measure the quantities of temperature and humidity. All parameters are monitored and registered quasi-continuously every 10 minutes using a control panel. Additionally every working day measurements of the radon-222 activity concentration are carried out by manually sampling from the reference atmosphere. This is done to check the monitored data and to secure redundancy. All measured values, which are obtained during the tests, are recorded in data bases and can be managed centrally. Thus the repeatability and traceability are guaranteed. The indoor climate conditions in both walk-in chambers can be controlled and adjusted by means of in-floor heating, cooling elements, humidifier and ventilators controllable in direction and intensity. 524 For the measurements of radon progenies the PAEC chamber with a volume of 30 m³ is used to assure the homogeneity of the reference conditions within the chamber volume during the measurements and to reduce the influence of interfering parameters. The generation of a reference atmosphere for the calibration of radon-222 progeny measurement devices is technical more sophisticated than that of radon measurement devices. The PAEC chamber is additionally equipped with aerosol generators, a facility for continually dosing of aerosols and a clean-up circuit to reduce the aerosol concentration by means of a HEPA filter. A multitude of further parameters influencing the measurement of short-lived progenies have to be accounted for and monitored, including aerosol particle concentration, particle size distribution, relation between the aerosolattached part and the unattached part of the short-lived progenies, temperature, relative humidity, air pressure, flow velocity, degree of turbulence of the air in the chamber and measuring position within the chamber. All relevant parameters are detected by sensors and logged automatically for calibration and quality assurance purposes. The measured parameters of the reference atmosphere in the walk-in chambers can be kept sufficiently constant during the calibration process and can be adjusted in certain ranges, see table 1. 525 Measurement parameter Range of adjustment Radon chamber PAEC Chamber Radon-222 activity concentration (CRn) 50 … 100 000 Bq∙m-³ Air temperature -5 … 50 °C Relative humidity 10 … 95 % Atmospheric pressure (not adjustable) Potential alpha energy concentration of the short-lived radon-222 progenies (Cp) 0.3 …640 µJ∙m-³ - Particle concentration of the aerosol 200 … 200 000 particles∙cm-³ - 0.1 … 0.9 - Unattached fraction of PAEC < 1 … 90 % - Air flow velocity 0 … 1 m∙s-1 - Air pressure Equilibrium factor Table 1: Measurement parameters and their range of adjustment Traceability The measurands activity concentration of radon-222 in air (CRn) and potential alpha energy concentration of short-lived decay products (Cp) are traced back as secondary standards to the National Standard at the German National Metrology Institute Physikalisch-Technische Bundesanstalt (PTB). For example a scheme of the traceability of CRn is given in figure 2. 526 Traceability CRn PhysikalischTechnische Bundesanstalt (PTB) Radon Calibration Service Laboratory of BfS Calibration chamber Calibration chamber National radon-222 standard SK Radon-222 reference standard (“transfer standard”) DSK Equipment under test SK : Scintillation chamber DSK: Flow-through scintillation chamber Figure 2: Scheme of the traceability of the measurand radon-222 activity concentration in air During routine operation the reference value of the radon-222 activity concentration in the calibration containers and/or chambers is determined by the working standards: scintillation cells and flow-through scintillation cells. A commercial radon measuring device is used as transfer standard. It is calibrated against the primary standard of the German National Metrology Institute. Thus the radon measuring device becomes the reference standard of the BfS Calibration Service Laboratory. The working standards are internally calibrated against the reference standard periodically. 527 Best measurement uncertainty In table 2 the best measurement uncertainty of the measurand radon222 activity concentration, which can be achieved during calibrations, is assigned according to the accreditation certificate. It is given as the extended relative measurement uncertainty resulting from the standard uncertainty of measurement multiplied with a coverage factor k=2 (95 % confidence interval). It is determined in accordance with DAkkS-DKD-3 [8]. Table 2: Best measurement uncertainty of the radon-222 activity concentration (extended relative measurement uncertainty, 95 % confidence interval) Working standard Specified measuring range of CRn [kBq∙m-3] Scintillation chamber Flow-through scintillation chamber Alphaguard® 0.05 – 1.0 12 % 12 % 8% 1.0 - 10 7% 7% 6% 10 - 100 6% 6% 6% Interlaboratory Comparison for Passive Radon Measurement Devices 2011 The interlaboratory comparison is designed for passive radon measurement of type SSNTD, EIC or AC. The intercomparison has been announced at the BfS website for all participants and by letter to participants of the previous year. Both national and international institutions have been invited to take part in the intercomparison. Quality Assurance The exposures to radon are subject to the accredited quality management system of the Radon Calibration Service Laboratory. The interlaboratory comparison meets requirements of ISO/IEC 528 Guide 43 [9]. The organisational course has been laid down as process instruction containing a documented plan, test item management, preparation and issuing reports and stating the confidentiality of the identity of participants. Participants From the year 2003 until now the number of participants has more than tripled. During the first years the number of measurements services from Germany prevailed the number of foreign participants. In the year 2011 33 laboratories from several European countries took part in the BfS Interlaboratory Comparison for Passive Radon Detectors. Organisational course The measurement services submit their labelled devices for testing to BfS. Submitted sets are divided at random into a certain number of exposure groups and are exposed to different radon-222 activity concentrations of up to 10 kBq·m-³ under normal room conditions. Devices using charcoal are returned to the participants right after exposure, while the other devices are returned after all exposures have been accomplished. Afterwards the laboratories evaluate their devices and report the measurement results to the Federal Office for Radiation Protection. The participants are not informed on the devices group allocations and exposure data before they all have returned the indication values of their instruments. As soon as the return is complete, the measurement results are compared with the reference exposures. All measurement services obtain a certificate of participation including description of the procedure, parameters of the reference atmospheres, their own measurement results and the corresponding reference exposures. A comprehensive report on the results is published at BfS homepage and can be downloaded [6]. Results are published exclusively in anonymous form. 529 The organisational course varies in detail depending on the type of detectors. Radon measurement devices with solid state nuclear track detectors and electret ionisation chambers are handled and exposed according to procedure 1 and radon measurement devices using activated charcoal as detector are handled and exposed according to procedure 2. Procedure 1 for SSNTD or EIC Radon services which intend to participate have to submit a sufficient number of devices of the same type to BfS. In table 3 the numbers of devices, needed for intercomparison, are given depending on the detector type. Table 3: Number of devices, which have to be submitted Type of detector Number of devices of one set Number of exposure groups Solid state nuclear track detector (SSNTD) 35 4 Electret ionisation chambers (EIC) 24 Number of transit groups Exposure duration Radon-222 activity concentration in kBq·m-³ Exposure in kBq·h∙m-³ 1 1…3 weeks ≤ 10 100 - 3500 3 Submitted sets are divided at random into several groups of the same size. Passive radon monitors with SSNTD are separated into 5 groups with 7 devices each. Monitors with electret detectors were separated into 4 groups with 6 devices each. One of these groups is used to determine the effects of transportation and storage during the intercomparison („transit group”). This group comprises devices 530 which are transported and stored under the same conditions as the other devices but are not exposed in reference atmospheres. After delivery the submitted devices are initially kept in a storage room with low radon concentration, whereas they are still remaining in their original packaging (figure 3). The values of radon-222 activity concentration, temperature, relative humidity and gamma dose rate in the storage room are monitored and stored. At the beginning of the intercomparison all radon measurement devices are unpacked, made ready for measurement and are brought into an air-conditioned room with low radon-222 activity concentration (storage room). The values of radon-222 activity concentration, temperature, relative humidity and gamma-ray dose rate in the storage room are monitored. Before the beginning and after the end of exposure in reference atmospheres devices stay in the storage room. The exposure groups are exposed to several, certified radon-222 activity concentrations at normal indoor climate. Exposures to radon of track or electret detectors take at least 1 and up to 3 weeks and reach values from 100 kBq·h·m-³ up to 3500 kBq·h·m-³. The instruments of the transit group are not exposed in reference atmospheres, but remain in the storage room over the entire period of interlaboratory comparison. The mean exposure value of the transit group is a measure of the effects of transportation and storage, which all submitted measurement devices have been exposed to (“transit background”). After all exposures are accomplished all exposed and transit instruments are removed from the storage room at the same time. Radon measurement devices, which are adjustable into ON/OFF mode, are turned into OFF mode at the end of the interlaboratory comparison. Devices, which had been sent in within a radon-proof packaging, are repacked in the same manner. Together with their devices the participants are provided a handout containing information, which devices belong to the transit group. It is the responsibility of the participants to take account of the transit background and to determine the net radon-222 exposure values. The 531 participating laboratories determine the value of radon exposure for each single instrument and report them to the BfS. Figure 3: Time course of the BfS Interlaboratory Comparison of Passive Radon Detectors using SSNTD or EIC in the year 2011 Procedure 2 for instruments using activated charcoal Radon services which intend to participate with activated charcoal detectors have to submit 8 devices of the same type to BfS. A transit group is not used. The radon measuring instruments with charcoal are exposed in the walk-in calibration chamber with a volume of 30 m³ separately from the instruments with SSNTD or electrets. All charcoal radon monitors are opened immediately before they are brought into the calibration container. Radon activity concentrations reach up to 10 kBq∙m-³. The exposure to radon of all charcoal instruments starts at the same time. The instruments are taken out from the calibration chamber at the end of the desired exposure time (48 or 72 hours). After retaining the instruments they are closed immediately, repacked and sent back to the participating laboratories. The participating laboratories determine the values of the radon-222 activity concentration. The indicated values are reported to the BfS. Exposure conditions for SSNTD and EIC In table 4 exposure data for SSNTD and EIC for the intercomparison of the year 2011 are summarised. 532 Table 4: Exposure conditions for instruments using solid state nuclear track detectors or electrets in 2011 Exposure group Date from - to t in hours CRn,Ref in Bq·m-3 PRn,Ref in kBq·h·m-3 U in % r.H. in % T in °C 1 09.03. – 16.03.2011 169.5 1422 241 7 27 23 2 08.03. – 22.03.2011 344.0 5221 1796 7 26 23 3 08.03. – 16.03.2011 193.5 9555 1849 7 26 23 4 16.03. – 30.03.2011 332.3 9914 3294 7 24 24 CRn,Ref : Mean activity concentration of radon-222 during exposure time t PRn,Ref : Reference exposure to radon, calculated by integrating the curve of radon-activity concentration during exposure time t with 10minute time intervals U: Extended relative uncertainty of the radon concentration resulting from the standard uncertainty of measurement multiplied with a coverage factor 2 (95% confidence interval) r.H.: Mean value of the relative humidity of reference atmospheres T: Mean value of the temperature of reference atmospheres In figures 4 and 5 the time variation of radon activity concentrations of the different reference atmospheres are plotted. The concentrations are kept nearly constant. 533 Radon-Aktivitätskonzentration [Bq/m³] Radon activity concentration Referenzatmosphäre 3 Reference atmosphere 3 104 Referenzatmosphäre 2 Reference atmosphere 2 Referenzatmosphäre 1 Reference atmosphere 1 103 102 0 50 100 150 200 250 300 Expositionszeit [h] Time of exposure 350 400 450 Radon-Aktivitätskonzentration [Bq/m³] Radon activity concentration Figure 4: Radon-222 activity concentrations versus time of exposure for exposure groups 1 to 3 Referenzatmosphäre 4 Reference atmosphere 4 104 103 102 0 50 100 150 200 250 300 Expositionszeit [h] Time of exposure 350 400 450 Figure 5: Radon-222 activity concentration versus time of exposure for exposure group 4 534 Exposure conditions for instruments using activated charcoal In table 5 exposure data for devices with activated charcoal depending on the exposure duration t are summarised. Table 5: Exposure conditions for instruments using activated charcoal in 2011 Number Date from - to t in hours CRn,Ref in Bq·m-3 U in % r.H. in % T in °C p in hPa F fp 1 28.02. – 02.03.2011 48 2533 7 15 25 1035 0.4 0.07 2 28.02. – 03.03.2011 72 2547 7 15 25 1036 0.6 0.07 CRn,Ref : Mean activity concentration of radon-222 during exposure time t U: Extended relative uncertainty of the radon concentration resulting from the standard uncertainty of measurement multiplied with a coverage factor 2 (95% confidence interval) r.H.: Mean value of the relative humidity of reference atmospheres T: Mean value of the temperature of reference atmospheres p: Mean value of the air pressure F: Mean value of the equilibrium factor fp: Mean value of the unattached fraction The flow speed was adjusted to a value of 12 cm∙s-1 and the degree of turbulence to 0.8. In figure 6 the time variation of the radon-222 activity concentration is given. 535 Radon-Aktivitätskonzentration [Bq/m³] Radon activity concentration 104 103 102 0 10 20 30 40 50 Expositionszeit [h] Time of exposure 60 70 Figure 6: Radon-222 activity concentration versus time of exposure Storage conditions The parameters of the atmosphere in the storage room during intercomparison 2011 are given in table 6. Table 6: Parameters of the atmosphere in the storage room CRn inBq·m-3 5.3 CRn,EG in Bq·m- r.H. in % Ur.H. in % T in °C UT in K H * (10) 3 in nSv·h in nSv·h-1 5 24 8 22.1 0.6 46.3 2.4 -1 U H * (10) CRn is the mean radon activity concentration determined during the storage of instruments in the air-conditioned storage room. CRn,EG is the detection limit of the measuring system used for monitoring. Furthermore, the mean value of relative humidity (r.H.), expanded relative uncertainty of relative humidity Ur.H .(k=2), mean value of temperature (T), and expanded relative uncertainty of temperature UT (k=2) during the storage of instruments are given. The parameter H * (10) is the mean ambient dose rate with the expanded relative uncertainty U H * (10) (k=2). 536 Measurement results This year 33 laboratories with 47 sets of passive radon measurement devices (35 SSNTD, 7 EIC, 5 AC) participated. A total of 31 from 33 participating laboratories reported the measurement values of 42 exposed instrument sets. The reported values of each instrument set were grouped according to their exposure group affiliation. Results of SSNTD and EIC For each instrument set the mean values and standard deviations of the determined radon exposures were calculated for each exposure group. If the values of the transit instruments were reported, than their mean values and standard deviations were calculated. The mean value of the transit group was not subtracted from the mean value of the exposure group by BfS staff. It was the responsibility of the participants to consider the transit background for the determination of the indicated values of exposure. The mean value of the radon-222 exposure of each exposure group of the instrument set is compared with the reference value of the corresponding radon-222 reference exposure and the relative error is calculated. The relative error is the difference between the mean value of exposure and the reference exposure related to the reference exposure. In the figures 7 to 10 the relative errors of the instruments using nuclear track detectors or electrets in relation to the reference exposures are given as boxplots. Within the boxes are 50 % of the results. The ratio of exposure to radon measured and reference exposure is assigned to the ordinate. Test code at abscissa means the instrument type of one participating laboratory. 537 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 A2a A2b A3 A6 B1 B2 B4 B6 C1 D1 GA2 GA3 GB4 GA5 GB6 GA7 GA8 J1 K1 L1 L2 N1 N2 N3a N3b N3c N3d N4 N5 P1 P2 P4 S1 S2 T1 U1 V1 V2 Y1 Z1 Messgeräteanzeige/Referenzwert Exposure to Radon measured/ Reference Exposure Referenzexposition Reference Exposure 241 kBq h/m³ Prüfcode Test Code Figure 7: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the reference exposure 241 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 A2a A2b A3 A6 B1 B2 B4 B6 C1 D1 GA2 GA3 GB4 GA5 GB6 GA7 GA8 J1 K1 L1 L2 N1 N2 N3a N3b N3c N3d N4 N5 P1 P2 P4 S1 S2 T1 U1 V1 V2 Y1 Z1 Messgeräteanzeige/Referenzwert Exposure to Radon measured/ Reference Exposure Referenzexposition Reference Exposure 1796 kBq h/m³ Prüfcode Test Code Figure 8: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the reference exposure 1796 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD 538 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 A2a A2b A3 A6 B1 B2 B4 B6 C1 D1 GA2 GA3 GB4 GA5 GB6 GA7 GA8 J1 K1 L1 L2 N1 N2 N3a N3b N3c N3d N4 N5 P1 P2 P4 S1 S2 T1 U1 V1 V2 Y1 Z1 Messgeräteanzeige/Referenzwert Exposure to Radon measured/ Reference Exposure Referenzexposition Reference Exposure 1849 kBq h/m³ Prüfcode Test Code Figure 9: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the reference exposure 1849 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 A2a A2b A3 A6 B1 B2 B4 B6 C1 D1 GA2 GA3 GB4 GA5 GB6 GA7 GA8 J1 K1 L1 L2 N1 N2 N3a N3b N3c N3d N4 N5 P1 P2 P4 S1 S2 T1 U1 V1 V2 Y1 Z1 Messgeräteanzeige/Referenzwert Exposure to Radon measured/ Reference Exposure Referenzexposition Reference Exposure 3294 kBq h/m³ Prüfcode Test Code Figure 10: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the reference exposure 3294 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD Results of instruments using activated charcoal For each instrument set the mean value and standard deviation of indicated radon-222 activity concentration are calculated. The relative error is the difference between the mean value of the indicated radon-222 activity concentration of the exposure group and 539 the reference value of radon-222 activity concentration CRn,Ref related to CRn,Ref . 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 cB7 cB6 cB3 0,0 cB2 0,2 cA2 Messgeräteanzeige/Referenzwert der Radon-222-Aktivitätskonzentration Indicated value/ Reference value of radon-222 aczivity concentration In figure 11 the indications of the radon measurement devices with activated charcoal in relation to the reference radon-222 activity concentration are given as boxplots. Within the boxes are 50 % of the results. The ratio of exposure to radon measured and reference exposure is assigned to the ordinate. Test code at abscissa means the instrument type of one participating laboratory. The devices with test code cA1 are of type PicoRad® and test codes cBx comprise charcoal canisters with a diameter of about 10 cm and a height of about 3 cm. The set with test code cA1 was exposed for 72 hours, all others were exposed for 48 hours. Prüfcode Test Code Figure 11: Indication of the instruments using activated charcoal as detector relative to the reference exposure, given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the results), Test code cA1: type PicoRad®, test codes cBx: charcoal canister (diameter 10 cm) 540 Conclusions In general, results of most of the participating laboratories are in good agreement with the reference exposures, independently on the device type (see figures 7 to 11). Neither an official appraisal of results nor ranking of laboratories are applied. The BfS Interlaboratory Comparison for Passive Radon Measurement Devices provides an opportunity to test passive radon measurement devices under laboratory conditions with reference values, which are traced back to the National standard. It is the responsibility of each participant to judge the outcome of the comparison and to draw their own conclusions for their further work. For the quality assurance of individual radon measurements it is expected [11] that a single measurement value shall deviate maximal ± 20 % from a reference value above a radon exposure of approximately 3000 kBq∙h∙m-³, if the measurement services control their processes carefully and operate an effective quality management system. For a reference value less than 650 kBq∙h∙m -³ a single measurement value shall not under- or over-estimate the reference value by a factor in the range 0.5 to 1.5 [11]. The performance of some of the measurement systems with unexpected large relative errors could be improved by re-calibration. In any case, the participating measurement services fulfil the requirement to validate their measurement method for the determination of radon-222 activity concentration in accordance with EN ISO/IEC 17025. A comprehensive report on the intercomparison 2011 is in preparation and will be published at BfS website http://www.bfs.de/de/ion/radon/Fachinfo_messung/vergleichspruefu ngen.html. 541 References [1] Hamel, P., Schmidt, V., The Calibration Laboratories for the Measurement of Radon and short-lived Radon Decay Products at the Federal Office for Radiation Protection (BfS), Kerntechnik 66 (2001), no. 4, pp. 202-205 [2] Beck, T.R., Buchröder, H.; Schmidt, V., Performance Tests for Instruments Measuring Radon Activity Concentration, Applied Radiation and Isotopes 67 (2009), issue 5, pp. 876-880, doi: 10.1016/j.apradiso.2009.01.049 [3] http://www.bfs.de/en/ion/radon/fachinfo_messung/service.html [4] Beck, T. 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Zani Facoltà di Psicologia, Università di Bologna 1. DEFINIZIONI Per comunicazione del rischio si intende “lo scambio di informazioni e di valutazioni sul rischio tra gli esperti, le pubbliche amministrazioni, i mass media, i gruppi di interesse ed i cittadini, finalizzato ad aiutare a prendere decisioni circa l‟accettare, ridurre od evitare il rischio” (Leiss, 1996). Rientra quindi tra le comunicazioni di tipo tecnico o scientifico, che hanno lo scopo di informare, educare o persuadere i riceventi, ma con una differenza sostanziale, legata all‟incertezza associata a un possibile esito negativo. Inoltre gli scopi di tale tipo di comunicazione possono essere molto diversi tra loro: motivare le persone ad adottare determinate precauzioni, stimolare la popolazione a raggiungere un determinato consenso rispetto a decisioni da prendere, tranquillizzare rispetto a un rischio o al contrario allertare i destinatari, sollecitando un adeguato grado di preoccupazione e di azione. La scelta di comunicare il rischio può dipendere, in qualche caso, anche da ragioni non strettamente legate alla gestione del rischio, come ad esempio i vincoli normativi . La definizione di Leiss, consensualmente accettata è l‟esito di una evoluzione della concezione di comunicazione dall‟essere considerata un‟attività di persuasione, prevalentemente unidirezionale, centrata sul messaggio, rivolta ad uno o più destinatari ad una concezione più dinamica e interattiva, che vede la comunicazione come processo di scambio, tra più attori, centrato sul contenuto e sul rapporto tra le parti, collocato culturalmente. Questa diversa concezione della comunicazione ha portato a riconsiderare il 543 ruolo delle variabili in gioco nel processo di comunicazione del rischio. L‟attenzione iniziale al contenuto e alla forma del messaggio si è spostata e allargata agli attori e al loro ruolo attivo nel processo di comunicazione del rischio. Questo ha messo la fiducia al primo posto tra i principi guida della comunicazione del rischio (Albanesi , Pietrantoni, Zani, Cicognani, Prati, Porretta, 2011).. 2. MODELLI DI COMUNICAZIONE DEL RISCHIO Un modello processuale che ha enfatizzato il ruolo attivo giocato dagli attori nel processo di comunicazione del rischio è stato elaborato da Kasperson e collaboratori, che hanno enfatizzato il potenziale di amplificazione/attenuazione del rischio delle “stazioni sociali” coinvolte nel processo di comunicazione . Il modello chiamato dell‟amplificazione sociale del rischio (SARF, Kasperson J.X., Kasperson R.E., Pidgeon, Slovic, 2003) si propone di descrivere il processo di diffusione di un determinato rischio in una comunità. Parte dal presupposto che, una volta costruito il rischio, si può assistere a fenomeni di una sua amplificazione o attenuazione. Secondo questo modello, l'impatto di una notizia negativa (per esempio un incidente) non si limita a coinvolgere solo i diretti interessati, ma può dar luogo a un processo di amplificazione, simile a quello che si osserva gettando un sasso in un lago: le onde concentriche che si generano all‟inizio sono di piccole dimensioni ma poi, man mano che si allontanano dal punto di inizio, si allargano ingigantendosi. In altri casi, si può assistere invece ad una sottovalutazione del rischio che porta, ad esempio, le persone a non prendere precauzioni o a non adottare stili di vita più sani, mettendo in pericolo la propria incolumità o salute (Zani e Cicognani, 2000). Il modello, quindi, si propone di spiegare come mai alcuni rischi, giudicati molto bassi secondo gli esperti, diventano di grande interesse per una comunità (amplificazione del rischio) e come mai, al contrario, altri rischi giudicati dagli esperti più gravi non attraggono l‟attenzione del pubblico 8attenuazione del rischio). La risposta fornita dagli autori è basata sulla presenza di stazioni di 544 amplificazione,cioè persone, gruppi sociali, organizzazioni, istituzioni e mass media che ricevono, generano, interpretano e trasmettono le informazioni su un determinato rischio. L‟amplificazione e l‟attenuazione sono, così, il frutto dei diversi processi sociali che sottostanno dinamicamente alla percezione e comunicazione del rischio (Prati e Pietrantoni, 2011). Un altro modello processuale, messo a punto dal Center of Desease Control di Atlanta (USA), ha posto l‟attenzione non tanto al ruolo attivo in termini di amplificazione o attenuazione del rischio, ma piuttosto alle diverse necessità comunicative che accompagnano lo sviluppo di una crisi,specie in ambito sanitario, considerando che Una che anche il processo comunicativo evolve in relazione all‟evoluzione della crisi. Il modello è articolato in 5 fasi a cui corrispondono a differenti bisogni informativi e obiettivi comunicativi. Durante la fase di pre-crisi le attività di promozione della salute e di comunicazione del rischio sono adeguate sia per educare il pubblico su pericoli potenziali, sia per incoraggiare il pubblico ad adottare comportamenti volti a ridurre il rischio. • Nella fase di crisi iniziale la pressione temporale è maggiore ed è necessario comunicare tempestivamente e in modo diretto, in particolare con coloro che sono personalmente coinvolti. La comunicazione deve rispondere anche al bisogno del grande pubblico di avere informazioni essenziali, di solito attraverso i mass media, che garantiscano una comprensione di base di ciò che sta accadendo e permettano di agire in modo adeguato. Le persone, siano esse direttamente o indirettamente coinvolte, in assenza delle informazioni di base possono facilmente agire aggravando il rischio. • Nella fase di mantenimento, occorre fornire informazioni su come ridurre il rischio e su dove rivolgersi in caso di bisogno, ridurre le ansie di coloro che tendono a preoccuparsi troppo benché non direttamente coinvolti (es., persone che finiscono per intasare i pronto soccorsi o gli studi medici pur non facendo parte dei gruppi a rischio). • Le fasi di post-crisi sono quelle in cui hanno luogo la risoluzione e la valutazione. In assenza di minaccia, la comunicazione è focalizzata su ciò che si è appreso in termini di comprensione del 545 rischio e sulla definizione di politiche pubbliche per la riduzione di rischi futuri. Il pubblico e i media, invece, possono interrogarsi su errori e responsabilità legati alla gestione del processo nel suo complesso. FASE INIZIALE PRECRISI Essere preparati Stringere alleanze Sviluppare raccomandazioni consensuali Verificare i messaggi Riconoscere la portata dell’evento e le preoccupazioni del pubblico Spiegare ed informare il pubblico sul rischio utilizzando la forma più semplice possibile Scegliere un rappresentante istituzionale credibile Offrire indicazioni sul da farsi (compreso come e dove trovare altre informazioni) Impegnarsi a continuare la comunicazione con gli stakeholders e con il pubblico MANTENIMENTO Aiutare il pubblico a comprendere maggiormente i propri rischi Fornire informazioni di base comprensibili a chi ne ha bisogno Favorire la comprensione e il sostegno ai piani di intervento proposti Ascoltare il feedback degli stakeholders e del pubblico e correggere la disinformazione Spiegare le raccomandazioni di emergenza Migliorare la capacità di valutare rischi/benefici e prendere decisioni in merito VALUTAZIONE RISOLUZIONE Insegnare attraverso l’educazione risposte appropriate per emergenze future Esaminare onestamente le criticità dell’attuazione dei piani di intervento e consolidarne gli aspetti positivi Persuadere il pubblico a sostenere le policy adottate anche mettendo a disposizione risorse Promuovere le attività e l’immagine dell’ istituzione Valutare la performance del piano comunicativo Documentare ciò che si è imparato Stabilire azioni specifiche volte a perfezionare il piano e i sistemi di gestione della crisi Tab. 1 Il modello “Crisis and Emergency Risk Communication” (CERC) Fonte: Centre for Disease Control and Prevention (2002) 3. UN ASPETTO CENTRALE: LA FIDUCIA Focalizziamo la nostra attenzione sulla fase iniziale della crisi che risulta strategica in relazione all‟evoluzione successiva della comunicazione. E riportiamo l‟attenzione a 3 principi Tempestività/trasparenza/credibilità, il rispetto dei quali garantisce l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra comunicatori e i loro destinatari. La fiducia è conditio sine qua non per un‟efficace comunicazione del rischio. Già gli studi sulla comunicazione persuasiva della scuola di Yale avevano dimostrato che ci sono due caratteristiche della fonte che influenzano l‟efficacia comunicativa del messaggio: il livello di expertise e la sincerità. Una fonte molto esperta può essere giudicata meno credibile se ne vengono percepiti degli intenti manipolativi, 546 mentre se la fonte sembra agire per tutelare gli interessi altrui è giudicata più credibile. La fiducia rappresenta il principale mediatore del processo di comunicazione del rischio, modula il rapporto tra gli attori in gioco e il modo in cui vengono recepiti/interpretati i contenuti di un messaggio. Oggi si registra un calo notevole di fiducia da parte della popolazione nei confronti delle fonti esperte e delle istituzioni pubbliche, in primis i politici. Le ragioni sono note rimandano a due componenti della credibilità: la convinzione che le persone, anche nei ruoli istituzionali, tutelino interessi di parte; la difficoltà a destreggiarsi in una realtà a più voci, da parte di tecnici e scienziati, dovuto al mutare continuo dei progressi della ricerca scientifica, con risultati non univoci. Le persone, specie quando le fonti di informazione sono molteplici e divergenti, tendono a fidarsi maggiormente di quelle che esprimono valori coerenti con i propri, resi salienti dalla situazione specifica. La fiducia rappresenta un elemento critico per accettare le strategie di mitigazione del rischio proposte da un‟organizzazione, in particolare quando il rischio non è direttamente sotto il controllo degli individui. Spesso di fronte ad una situazione controversa e complessa, le persone adottano i comportamenti di coloro che sentono più vicini, di cui si fidano e che rispecchiano i propri valori e le proprie credenze: i genitori, ad esempio, in assenza di indicazioni precise del pediatra, possono decidere di vaccinare i loro figli in età prescolare confrontandosi con gli amici che hanno bambini piccoli. I fattori che incidono sulla fiducia sono diversi in condizioni di bassa o elevata preoccupazione dei cittadini verso il rischio oggetto di attenzione (Covello, 2009): . In condizioni di bassa preoccupazione da parte dei cittadini, il fattore più importante è la competenza percepita della fonte. Invece, in condizioni di elevata preoccupazione diventa determinante la capacità di ascoltare e di mostrare empatia (importanza del 50%), mentre la competenza o expertise diventa meno rilevante (importanza del 15-20%). Anche altri fattori come onestà e trasparenza, capacità di rendere conto delle proprie azioni (accountability), impegno, dedizione e imparzialità sono importanti. 547 Si evince che nelle situazioni più critiche, è fondamentale che il comunicatore istituzionale sappia mostrare empatia, nel senso di mettersi nella posizione del proprio interlocutore e cercare di comprenderla, senza per questo necessariamente condividerla o sperimentarla Nella tabella 2, sono riportate le indicazioni più rilevanti di Lundgren Mcmakin (2009) Bennet, Calman , Curtis e Smith (2010), Bevitori (2004) Sellnow,Ulmer, Seeger e Littlefield (2009), relative ai comportamenti da evitare e a quelli da incoraggiare rispetto sia agli aspetti di processo di comunicazione del rischio (il come) , sia agli aspetti di contenuto (il cosa). COSA NON FARE COSA FARE Aspetti di processo Ignorare il pubblico Considerare il punto di vista del pubblico, i valori che esprime e le Trascurare i suggerimenti e le sue credenze. preoccupazione degli stakeholders Fare attenzione al livello di preoccupazione percepita Mettersi sulla difensiva Esprimere empatia rispetto alle Agire in modo da tutelare i posizioni del pubblico propri interessi piuttosto che quelli del pubblico Essere aperti; spiegare perchè e in che modo si è deciso di adottare Agire in ritardo quella particolare strategia di prevenzione del rischio Considerare interessi e motivazioni del pubblico Fornire le informazioni di cui si dispone in modo tempestivo Aspetti di contenuto Mentire Essere onesti; chiarire i limiti delle proprie informazioni e conoscenze Omettere informazioni Fornire le informazioni di cui si è in Divulgare informazioni non possesso; evitare un linguaggio supportate da dati eccessivamente tecnico che non favorisce la comprensione del contenuto Fornire dati empirici a supporto delle informazioni che vengono diffuse Tab. 2. Cosa fare e cosa non fare per rafforzare la fiducia Ricordiamoci anche, come suggerito da Slovic (2000) che in base al principio di asimmetria sono necessari più sforzi e più tempo per 548 costruire la fiducia che per distruggerla. Riguadagnare fiducia, una volta che questa sia stata perduta, non è semplice. Tuttavia, sia quando la perdita o il decremento di fiducia sono imputabili a responsabilità dell‟organizzazione, sia a eventi esterni (un incidente di cui non si ha alcuna responsabilità, “l‟accanimento” dei media), si possono mettere in atto tre strategie: 1. assumere le proprie responsabilità sia rispetto a ciò che è stato fatto, sia a ciò chenon è stato fatto; 2. chiedere scusa per i propri errori; 3. mostrare, dati alla mano, l‟impegno profuso nel passato e l‟investimento sul futuro. La credibilità di una organizzazione è strettamente correlata alla tempistica con la quale si comunica il rischio. Il principio di precauzione suggerisce che quando il rischio è potenzialmente grave, anche a fronte di un‟incompleta valutazione dello stesso, è opportuno intervenire tempestivamente. Tuttavia vi può essere la tentazione da parte delle istituzioni di aspettare a comunicare il rischio per: il timore di creare un allarme ingiustificato o il bisogno di avere ulteriori prove. In realtà vi sono sia ragioni pratiche che ragioni etiche per comunicare il rischio da subito: sul piano etico, le persone hanno diritto di essere informate sui rischi che le riguardano; inoltre fornire informazioni tempestive può evitare che la stessa situazione si produca in un altro contesto. Sul piano pratico, se il pubblico avrà la percezione che l‟informazione è stata “trattenuta” o occultata, sarà pieno di risentimento, probabilmente sovrastimerà il rischio e sarà meno disponibile ad accogliere la comunicazione e a fidarsi di chi la propone. Il caso dell‟Uranio impoverito ha rappresentato un esempio emblematico di questa situazione. 4. CARATTERISTICHE DEL PROCESSO COMUNICATIVO: IL MESSAGGIO E I DESTINATARI La comunicazione è un atto cooperativo fondato su due principi fondamentali: il principio di pertinenza, in base al quale si deve dare un contributo nel momento opportuno come richiesto dagli scopi del discorso in cui si è impegnati, e il principio di cooperazione, in base 549 a cui chi comunica, per il solo atto di comunicare, assume implicitamente di avere qualcosa da dire (Rumiati e Lotto, 2007). Un messaggio per essere efficace deve essere basato sulla conoscenza delle preoccupazioni comuni ai diversi stakeholders (pubblico, esperti, tecnici e dovrebbe utilizzare uno schema di message mapping. (Centre for Disease Control and Prevention, 2011). Le preoccupazioni più importanti, una volta individuate, devono essere tradotte in domande:, facendo uso di un linguaggio semplice e mirato, tecnico (ma non tecnicistico). Il messaggio a sua volta dovrebbe comporsi di tre parti: la prima deve contenere una dichiarazione delle preoccupazioni, una descrizione chiara delle attività, degli scopi e dell‟impegno dell‟organizzazione e una dichiarazione degli obiettivi della comunicazione; la seconda deve sviluppare i messaggi chiave, in un massimo di tre punti principali che includono anche le informazioni a supporto dei messaggi chiave. Infine, la terza parte deve prevedere una dichiarazione riassuntiva di quanto affermato. Covello (2009), inoltre, suggerisce che per essere efficace la comunicazione deve contenere un numero di messaggi positivi (orientati alla soluzione del problema) pari o superiori a quelli negativi per controbilanciarne l‟effetto, in quanto: è dimostrato che le informazioni negative hanno un impatto maggiore e suscitano una maggiore attenzione rispetto alle informazioni positive. Nella comunicazione del rischio, si tratta spesso di comunicare l’incertezza. Soprattutto nelle scelte importanti per la salute, le decisioni spesso vengono prese sulla base di conoscenze imprecise e incomplete: di qui l‟importanza di ridurre le incertezze attraverso la semplificazione, l‟osservazione degli, lo studio delle probabilità e la costruzione di modelli di previsione. Questa consapevolezza sembra accomunare esperti, tecnici e persone comuni, tanto che se la gente chiede sicurezza al 100%, dunque senza margine di errore, probabilmente ciò accade non perché sta mettendo in discussione i dati e la loro scientificità, ma perché si interroga sul processo di costruzione della conoscenza, sui modi che l‟hanno sostenuta e sui valori dell‟organizzazione che la comunica. La cosa migliore di fronte a un dato mancante, è ammettere onestamente che ci sono cose 550 non note, rassicurando, al contempo, che si sta facendo quanto è possibile per riempire le lacune nelle conoscenze attuali. L‟onestà, l‟ammissione dei limiti della conoscenza e della ricerca scientifica, comunicata apertamente, favorisce l‟instaurarsi di una relazione di fiducia con l‟interlocutore. La storia della comunicazione del rischio per lungo tempo è stata dominata prima dall‟attenzione al contenuto del messaggio, poi alle forme di comunicazione (persuasiva) del messaggio e solo più recentemente alla prospettiva dei destinatari e del suo ruolo nella costruzione degli scambi comunicativi (Morgan, Fischhoff., Bostrom, Atman, 2002). Partner, stakeholders, parti sociali sono termini che indicano la complessità del rapporto con parti terze (rispetto al comunicatore istituzionale e al pubblico generale). Ci si riferisce con questi termini ai media, alle organizzazioni che a vario titolo fanno comunicazione del rischio nell‟ambito delle loro attività nel privato sociale (ONG, associazioni di volontariato, culturali, ambientali), le organizzazioni che sono nate per difendersi dal rischio, e sono diventate, magari senza una volontà precisa in tale senso, strategiche sul piano della comunicazione. Poi ci sono tutte le altre organizzazioni/ istituzioni che si occupano di gestione del rischio nel settore pubblico e privato. Un panorama variegato, complicato dal fatto che in relazione al tipo di rischio, queste parti terze si moltiplicano, specie quando sono in ballo interessi politici ed economici (pensiamo ad esempio alla produzione di energia, o allo stoccaggio di rifiuti). La moltiplicazione degli stakeholders è l‟esito di un duplice processo: da un lato l‟aumento della domanda di partecipazione diretta dei cittadini alle scelte delle amministrazioni locali (Lombardi, 1997), dall‟altro il riconoscimento del loro ruolo strategico, che ha reso necessario incrementarne la consultazione e favorirne il coinvolgimento. Una sorta di circolarità virtuosa che ha conferito anche maggiore identità agli attori in gioco. 551 5. PIANIFICARE COMUNICATIVO E VALUTARE IL PROCESSO Comunicare il rischio significa fronteggiare la complessità: ci si confronta con una pluralità di destinatari e stakeholders, di idee, percezioni e rappresentazioni diverse dei problemi e delle soluzioni; si devono costruire i messaggi tenendo conto dei processi psicologici che sottendono l‟elaborazione delle informazione, prestando attenzione al linguaggio, alla forma, al contenuto; si devono adattare i messaggi a diversi veicoli di comunicazione; si deve lavorare con i mass media e si devono fare scelte tenendo conto di diritti e interessi diversi. Senza un attento lavoro di pianificazione, nessuna di queste attività potrà riuscire bene. La valutazione oltre a dirci se alla fine siamo riusciti nel nostro intento, ci può aiutare nel lavoro di pianificazione. Pianificare e valutare possono essere considerate le due facce di uno stesso processo, indispensabili alla comunicazione. Nell‟ambito della pianificazione strategica si dice che programmazione e gestione diventano momenti di un unico agire, suggellato da una terza parola-chiave, che è quella della valutazione. L‟agire di cui si parla è costituito fondamentalmente da prendere decisioni: si fa pianificazione (strategica) per prendere decisioni migliori e migliorare la gestione del rischio. La buona comunicazione, si potrebbe dire, è il mezzo (importante) ma non il fine. Tutte le attività di comunicazione istituzionale (informare, dare indicazioni sulle misure precauzionali da adottare, rispondere alle preoccupazioni del pubblico, individuare gli stakeholders e stabilire rapporti di collaborazione con loro) richiedono molteplici decisioni e, cosa molto importante, devono essere coordinate tra loro. Questo suggerisce da subito alcuni punti fermi sulla pianificazione: l‟investimento di risorse umane e materiali, una buona attività di coordinamento, formazione e lavoro in team. Il gruppo e il coordinatore devono definire gli obiettivi del piano di comunicazione, stabilire come raggiungerli (strategie e azioni) e fissare metodi e strumenti per misurarli. Un aspetto centrale del piano di comunicazione riguarda l‟attribuzione di compiti e responsabilità: devono essere chiari, altrimenti la macchina organizzativa si inceppa. 552 Predisporre il piano significa anche predisporre gli strumenti per la sua valutazione, distinguendo ciò che viene fatto/valutato prima, durante e dopo la realizzazione delle attività del piano. La valutazione ex ante. Si riferisce all‟analisi fatta preliminarmente alla stesura di un piano di comunicazione. Serve a rilevare la coerenza complessiva del piano, a identificare i servizi, le istituzioni, i gruppi che rivestono un ruolo di potenziali stakeholders e conoscere le loro opinioni, i loro bisogni informativi. In questa fase può essere utile protestare i messaggi, per vedere come le persone reagiscono al contenuto e ai diversi tipi di strumento informativo proposti, prima della loro diffusione Valutazione in itinere. Consente di capire se il piano di comunicazione sta andando nella direzione desiderata. Si avvale di questionari, interviste individuali e di gruppo con i destinatari della comunicazione, gli operatori, e gli stakeholders coinvolti. Può dare informazioni sui punti di forza e di criticità delle strategie adottate (perché la comunicazione sta oppure non sta funzionando), sul grado di copertura (la comunicazione raggiunge oppure non raggiunge i target previsti). Anche l‟analisi della stampa può rivelarsi utile per capire l‟andamento della percezione del rischio e ricavare feedback sulle strategie comunicative messe in atto. Questo tipo di valutazione, che ha luogo mentre il piano di comunicazione è in corso, è molto importante, dal momento che permette di introdurre correttivi alle attività che vengono ritenute insoddisfacenti o inefficaci. La valutazione ex post (o sommativa). È la valutazione comunemente intesa e mira a indagare quali risultati sono stati raggiunti. Sono particolarmente importanti rispetto a un piano di comunicazione del rischio, la misurazione dell‟efficacia, ovvero la capacità di ottenere i risultati attesi (cambiamento di atteggiamenti; acquisizione di conoscenze e di abilità; riduzione/incremento di specifici comportamenti) e la misurazione dell‟impatto,ovvero la capacità della comunicazione di incidere sul bisogno di partenza (es., ridurre l‟esposizione al rischio). Per concludere, vale la pena ricordare le sette regole cardinali per la comunicazione del rischio proposte da Covello e Allen (1988): 553 1. Accettare e coinvolgere il pubblico come partner legittimo 2. Programmare con cura e valutare gli sforzi 3. Ascoltare le preoccupazioni specifiche del pubblico 4. Essere chiari, franchi e aperti 5. Coordinarsi e collaborare con altre fonti credibili 6. Andare incontro alle esigenze dei mezzi di comunicazione 7. Esprimersi chiaramente e con sensibilità Come si vede sono regole chiare, molto conosciute e apparentemente banali: tuttavia spesso sono ancora disattese: il caso “uranio impoverito”, da noi analizzato in modo approfondito (Cicognani, Prati, Zani, 2011),.mostra quanto in realtà sia difficile osservare queste “semplici” raccomandazioni e come la violazione di alcuni principi abbia “incrinato” la fiducia nella comunicazione .istituzionale. È mancata totalmente la comunicazione preventiva e si è lasciato che i media creassero un caso a partire dal racconto delle storie dei militari malati e sopravvissuti. Il vuoto della comunicazione istituzionale è stato infatti riempito dalla comunicazione mediatica: che ha fatto nascere “il caso uranio impoverito”. L‟informazione da parte dei mass media segue le proprie regole: ci sono le inchieste e le trasmissioni di approfondimento, ma si enfatizza la comunicazione allarmistica,specie quella destinata al grande pubblico, come testimonia un giornalista da noi intervistato. Il processo di amplificazione sociale del rischio si è innestato sulla densità emotiva della comunicazione, sulla paurosità del rischio uranio e sulla sue diverse rappresentazioni sociali. A questo punto la comunicazione istituzionale è risultata “emergenziale”, per lo più orientata alla rassicurare. La rassicurazione però è stata prevalente sull‟informazione, andando a minare la percezione di trasparenza e di onestà del comunicatore istituzionale, con un effetto retroattivo potente anche rispetto allo scopo della rassicurazione Le istituzioni non sono riuscite a far valere la loro credibilità: la pressione temporale e mediatica ha condizionato la capacità delle fonti di presentarsi in modo autorevole, di dare informazioni chiare e complete sul modo in cui si era arrivati a produrre certi risultati e a formulare determinate conclusioni. L‟esperto, pur riconoscendo la 554 possibilità degli interlocutori di ascoltare “selettivamente”, ammette gli errori, in particolare l‟incapacità di comunicare l‟incertezza. L‟effetto è stato critico anche perché le istituzioni sono state accusate di farsi carico dei propri interessi di parte, e di non tutelare quelli delle persone coinvolte. I militari si sono sentiti traditi, hanno continuato a chiedersi “Come potevano non sapere? Perché non ci hanno avvisato?”La comunicazione si è fatta poco carico delle preoccupazioni dei militari e del personale impegnato nelle missioni di pace, nella convinzione che fornire numeri cifre e dati potesse bastare a rassicurarli. Il risultato è stato che i militari si sono sentiti doppiamente traditi. La presenza di informazioni divergenti prodotte da fonti diverse ha ridotto ulteriormente la credibilità delle istituzioni, in particolare tra i militari. Se ci fossero state convergenze tra le informazioni prodotte da fonti diverse o fossero state istituite parti terze in grado di verificare l‟attendibilità delle informazioni prodotte, la credibilità istituzionale ne avrebbe beneficiato. Il caso Uranio è emblematico dell‟importanza della fiducia nella comunicazione istituzionale. Segnale errori da evitare e conferma l‟utilità di alcuni criteri e strategie da adottare nella comunicazione. Tra gli aspetti fondamentali vale la pena ricordare quelli legati ai contenuti dei messaggi: chiarezza, esaustività, rispetto per il proprio interlocutore, ammissione del limiti delle proprie conoscenze rafforzano la dimensione fiduciaria del rapporto tra i comunicatori istituzionale e i loro interlocutori. 555 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Albanesi, C., Pietrantoni, L., Zani, B., Cicognani,E., Prati, G. & Porretta, B. (2011). La comunicazione istituzionale dei rischi. Linee guida., Bologna, Graph-x Bennet R., Calman C., Curtis S., Smith D. (2010) Risk Communication and Public Health. U.S.A.: Oxford University Press Bevitori P. (a cura di) (2004) La comunicazione dei rischi ambientali e per la salute. Milano: Angeli Centres for Disease Control and Prevention (2002) Crisis and emergency risk communication. Centres for Disease Control and Prevention (2011). Crisis and emergency risk communication by leaders for leader Cicognani E., Prati G., Zani B. 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Roma:CarocciA . 556 AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011 AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3 EXISTING EXPOSURE SITUATIONS: A NEW CHALLENGE IN RADIATION PROTECTION CONCERNING ENVIRONMENTAL IMPACTS OF RADIOACTIVITY AND ASSOCIATED RISKS C. Murith Swiss Federal Office of Public Health (OFSP), 3003 Berne 1. Introduction Existing exposure situations open new challenges in radiation protection; the protection of the public against indoor exposure to natural sources of radiation and the protection of affected populations against exposure to artificial sources of radiation in contaminated areas resulting from either a nuclear accident or a radiation emergency are particularly concerned. Recent knowledge concerning radon risk and post accident consequences of Fukushima are two events which oblige radiation protection to re-examine paradigms concerning the long term strategies to be developed to control the environmental impact of the radioactivity in question and to reduce the associated risks from a public health perspective. The object of this paper consists in indicating updated approaches at international level as well as ongoing reflections in Switzerland to take up these new challenges. 2. Radon risk management Based upon a review of epidemiological studies of underground miners and worldwide residential-case control studies the International Commission on Radiological Protection (ICRP) adopted a statement on radon summarizing its updated position on radon exposure at home and in workplaces, with revisited risk 557 detriment values and reference levels (ICRP, 2009). The Commission findings are consistent with the estimates of the United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation (UNSCEAR, 2006) and with the handbook published by the World Health Organization dealing with indoor radon exposure from a public health perspective (WHO, 2009). The new situation can be summarize as follows: An excess relative risk (ERR) of 16% per 100 Bq/m 3 may be considered as a reasonable estimate for risk management purposes at relatively low and prolonged radon exposures in homes, considering that the risk is linked to an exposure period of at least 25 years; The risk is about 25 times higher for smokers than for nonsmokers; Radon is the second most important cause of lung cancer after smoking; Radon is one of the main sources of radiation exposure; with an increase in effective dose per unit exposure of around a factor of two, radon represents for example more than 50% of the average annual dose to the public in Switzerland. According to the updated knowledge, the International Atomic Energy Agency (IAEA) and the European Commission (EC) initiated a revision of their Basic Safety Standards (BSS) in which the requirements on radon exposure management were consolidated. The next two paragraphs present on one hand the main points that meet international consensus to define and implement an effective radon strategy based on both ambition and realism and on the other hand the measures and objectives of the Swiss national radon action plan 2012-2020 accepted by the Federal Council on May 25, 2011 to manage long term risks from radon exposures. 558 MAIN POINTS TO FIGHT AGAINST RADON AT INTERNATIONAL LEVEL In the new context ICRP decided to mandate a task Group (TG81) to provide an updated guidance against radon exposure describing and clarifying the application of its system to the protection of the members of the public and the workers against radon 222 and radon 220 exposures in dwellings, workplaces and other types of locations according to the three radiation protection principles: - Justification of protection strategies: 1. Radon exposure is a significant source of exposure; 2. Radon exposures can be controlled ; 3. Radon policy may have positive consequences on the overall indoor air quality; 4. Radon strategies should address both smokers and non smokers together. - Optimization of protection for all buildings in a graded approach : 1. Radon exposures in dwellings and workplaces have the characteristics of existing exposure situations excepted in mines where the control of workers‟ radon exposure is managed as for a planned exposure situation; 2. On the basis of the 10 mSv per year value, ICRP recommends 300 Bq/m3 as the upper value of the reference level for concentration of radon gas in dwellings and mixed-use buildings with access for both members of the public and workers; 3. A national action plan should be established by national authorities with the involvement of relevant interested parties in order to frame the implementation of the national radon protection strategy in dwellings, places open to the public and workplaces ; 4. The optimization process should include a prevention part for new buildings and for renovation of old buildings (building codes, coherence with energy 559 saving policy…) and mitigation part for existing buildings (radon prone area identification, methods for measurements and mitigation, information and training of concerned parties). - Limitation for planned exposure situations: 1. According to the principle of limitation an upper value of the tolerable risk for occupational exposure (on the order of 20 mSv per year, possibly averaged over 5 years) should not be exceeded; 2. The ICRP will published revised dose coefficients for the radon inhalation for different reference conditions of occupational exposure situations using biokinetic and dosimetric models like for the other radionuclides (Task Group TG 64). To implement the new system of Radiological Protection (ICRP, 2007) in the radon policy according to the principles just mentioned above, the BSS of the European Commission requires that “Member States shall establish an action plan to manage long term risks from radon exposures in dwellings, buildings with public access and workplaces for any source of radon ingress, whether from soil, building materials and water”. An indicative list of issues in the action plan is given below: Fix long term goals of reducing lung cancer ; Assign responsibilities and allocate resources for implementation; Define criteria for delineation of radon prone areas; Develop strategies for surveys and management of data; Identify the building with public access, e.g. schools, underground workplaces (risk assessment including occupancy rates); Establish reference levels; Develop strategies for reducing radon exposure including prevention and mitigation; Develop strategies for communicating risks to public and local decision makers including the risk related to smoking ; Warrant the financial support for surveys and corrective actions. 560 In addition it is recommendable to consider some interesting advices of the IAEA DS421: - When setting a reference level, the national authority should consult interested parties; - In the case of rental accommodation, the national authority should consider a mandatory requirement for the owners of dwellings to ensure that radon concentrations are below the reference level; - The national authority should consider requiring radon measurement and, where necessary, remediation at the time of sale of dwellings; - The success of a programme must be estimated on the basis of the reduction of radon exposure. 2.1 MEASURES AND OBJECTIVES OF THE SWISS NATIONAL RADON ACTION PLAN Since 1994 the Division of Radiological protection of the Swiss Federal Office of Public Health (SFOPH) has the responsibility for the national radon strategy; taking into account both the updated scientific evidence and the experience gained during the current program, the new paradigms in dealing with radon lead us to fix five emerging objectives: 1. From 2014, no new construction should lead to a radon problem (the prevention is in place). 2. From now on, no subsidized energy saving measures lead to a radon problem. 3. Until 2020 all buildings with public access are measured and, the government gives the example for the realization of their mitigation if appropriate. 4. For existing buildings out of the public sector, a strategy will be developed for an autonomous management of the private individuals (owners and tenants) in taking into account radon. This implies that radon becomes a recognized criterion in the real estate. 5. From 2020, no value exceeding 1000 Bq/m3 occurs at workplaces and a corresponding control is implemented. 561 The corresponding national radon action plan 2012-2020 (SFOPH, 2011) approved by the Federal Council on May 25, 2001 includes following steps : Revision of the legal regulations; Improvement of the knowledge of radon exposures; Prevention for new buildings and renovation (also linked to the energy saving program); Mitigation for existing buildings; Professional training and education; Overall increasing awareness of the radon problematic ; Development of methods and tools to improve quality and interpretation of the results. The ideas and reasons beyond these objectives are briefly commented below: Objective 1: setting the principal effort on the search for building with high concentrations and on the persuasion of owners for their mitigation as in the precedent swiss program is not bearable any more considering the new international recommended upper reference value of 300 Bq/m3. With the revised BSS, new constructions become a priority to guarantee an effective solution of the radon problem in the next decades. One should at least be able to check that the use of modern methods of construction complies with these standards in particular in areas with the highest radon concentration. That can appear not very ambitious, but seems realistic depending on financial circumstances and on sensitizing of the political, societal and professionals actors. Objective 2: concerning the second objective, it is absolutely necessary that the State does not create new radon problems through its energy saving support. Even if it would have been more judicious to integrate this step in the legislative framework which lay down the subsidizing of the energy saving program, it is a least required to follow and to control the situation. Objective 3: the importance of the third objective is linked to the fact that the government cannot solve the radon problem in its 562 globalism. So the government must at least insure that in the buildings where it takes the direct responsibility, the solution of the radon problem is warranted. Mainly schools and places with high public occupancy are concerned. Objective 4: objective four implies that the principal responsibility for radon changes from the government to the owners and requires that the public and the professionals are really informed on the radon exposure and on the problem it might represent (radon is on the public place). One of the methods could consist to integrate radon into the rental value of a building. The government brings an indirect help to building owners in the monitoring of measurement methods, the training and education of building specialists and the expertise in the event of litigation. Objective 5: the fifth objective takes also importance compared to the preceding situation considering the reduction of the limit of concentration at workplaces. Here the authorities of radiation safety will have initially to develop measurement campaigns at workplaces where a radon risk is likely to intervene. The mitigation will be responsibility of the company and the control will belong to the regulatory authority. 3. Risk management of post accident situations Following the serious nuclear accident which has occurred in TEPCO‟s Nuclear power station Fukushima Daiichi in Japan, consecutive to the seism and the tsunami of March 11 2011, many countries were mobilized to answer many requests of their fellowcitizens concerning the potential health hazards. It is essential to learn the lessons from this accident, as that was the case in particular after that of Three Mile Island due to a technical failure and after that of Chernobyl caused by a human failure. The questions concerning the safety of nuclear installations as well as the measures to be taken after a major nuclear catastrophe quickly arised. Circumstances and 563 evolution of the accident highlighted gaps at the level of the preparedness and of the means necessary to deal with durable environmental contamination and with exposed people living in contaminated areas. After having briefly reviewed fundamental principles of the application of the ICRP recommendations (ICRP, 2009) on protection of concerned members of the public we will present the subjects of reflection in progress in Switzerland. 3.1 APPLICATION OF THE ICRP SYSTEM Living or working in a contaminated area is considered as an existing exposure situation. The fundamental protection principles include the justification of implementing protection strategies and the optimization of the protection achieved by these strategies. - Justification of protection strategies: 1. The radiation protection conditions allowing people living in contaminated areas are not too complex to managed and do more good than harm; 2. The protective actions allow further human activities and provide a net benefit taking into account various economic, political, environmental, social and psychological consequences; 3. The inhabitants are properly informed on the risks and the associated rules of behavior aiming to reduce them; - Optimisation of protection strategies: 1. The Commission recommends that the reference level for the optimization of protection of people living in contaminated areas should be selected from the lower part of the 1-20 mSv/year band; 2. The protection strategy should be based on controlling the predominant ingestion pathway in relation to relevant groups of the population; 3. The government constantly evaluates the effectiveness of the protection strategy in place; 564 4. The participation of relevant interested parties in the process of selecting strategies for protecting people is essential. Whereas the main concern of the public authorities, during the emergency phase, is to protect the public from immediate exposure to the radioactive cloud formed by accidental release, there are more issues to be addressedduring the post-accidental phase from the very first week following the end of release. An indicative list of main issues taken from CODIRPA Guide is given below: – Issues related to protecting individuals from land or food contamination, resulting from radioactive deposition: 1. the general public, residing or working in the territories significantly affected by radioactive fallout; 2. specific categories of the population (small children, the elderly, individuals with a medical condition, campers, etc.) and, extending from this, establishments dedicated to public service (schools, hospitals, retirement homes, campgrounds, etc.) 3. psycho-social public health considerations; – Issues relating to infrastructure maintenance, resources and supply thereof; 1. transport infrastructures (roads, railways, waterways, airports, etc.); 2. power supply grids; 3. drinking water supply (water towers, DWS capture, tanks, etc.); 4. food supply issues; 5. waste collection, treatment and disposal chains; 6. buildings and property; 7. human resources – Economic and social activity issues, including, in particular: 1. industrial activity; 2. farming activity; 3. economic activity zones; 4. service sector activity, in particular relating to tourism; 5. trade and movement of goods 565 6. psycho-social economic and social considerations. The engagement of the affected population in the development and implementation of actions defined by authorities will be key to their effectiveness; on one hand establishing local mapping through ambient dose rates monitoring will mainly help to reduce external exposure by knowing the levels of contamination in the different places and on the other hand quality measurements of foodstuffs will help to reduce internal exposure by classifying the more sensitive products to radioactive contamination. 3.2 SUBJECTS SWITZERLAND OF REFLEXION IN PROGRESS IN A revision of the organization, at the national level, of the emergency prepardness and response in the event of radiological accident was undertaken since 2009 and one new legislation was put into force at the beginning of 2011. The new ordinance includes in particular a concept of measures to be taken according to the doses applicable during the emergency phase. The principal elements of this concept are the following: 1. the sheltering of the most fragile fraction of the population (children, teenagers, expectant mothers) intervenes already for a predicted effective dose exceed of 1 mSv during the emergency phase, of which the duration is estimated at 2 days; 2. as soon as the effective dose can exceed 10 mSv during the emergency phase, the protected sheltering applies to all; 3. the intake of iodine tablets is considered as of 50 mSv and relates to the whole of the population; 4. the preventive evacuation intervenes only as of 100 mSv with a graded plan; 5. a prohibition of harvest and setting in grazing is ordered with preventive measure in the zones for which protection measures were taken as in those which are located in the direction of the wind to the national border and the alpine arc. Other measures concern the legislation on the foodstuffs. The accident of 566 Fukushima highlighted that a state of emergency can be prolonged during weeks, even months, which is not taken into account in the strategy of intervention considered to date in Switzerland. Thus, parallel to measures to consider on the level of nuclear plants themselves to prevent such a situation, a revision of the emergency prepardness and response concept is to be considered . In addition to the aspects of the safety of nuclear installation itself which are not approached here, the Fukushima accident highlighted many new elements that the intervention organization will have to analyze in the coming months. It moreover called in question old problems which one considered as solved. We will present here some already identified critical aspects and which are subject of reflections currently in Switzerland. Let us raise that part of these aspects had been discussed already before March 11 2011. 1. The duration of the emergency phase can be prolonged during weeks, even months, which is not taken into account in the intervention strategy considered to date in Switzerland; 2. Until now sheltering on the spot was always regarded in Switzerland as the most adequate preventive measure. A reflection is launched to analyze the feasibility of preventive evacuation which has important advantages, in particular if the emergency phase is brought to be prolonged. 3. Preparedness in Switzerland mainly concentrated on the emergency phase, and post-accidental management was neglected, the idea being one will have enough time to set up the protection measures. From the work carried out in France on post-accidental management (2011, CODIR- PA) and lessons learned from Fukushima, an approach on the need for preparing a post-accidental strategy considering a transition phase must be developed at national level. 4. The decision of a very broad prohibition of harvest and setting in grazing as of the end of the emergency phase is largely confirmed. The criteria of relaxation of this prohibition measure must 567 however be specified in the phase of preparation. In this context the maximum acceptable activity levels into force in Europe appear relatively high. Moreover Japan used values appreciably lower. Here also a reflection is to be engaged. 5. The registration of the populations which would be exposed at the time of a radiological accident is a step which must be committed as of the end of the emergency phase and which, for this reason, must be the subject of a strategy to be developed in the phase of preparedness. 6. Certain problems, such as the compensation or the assumption of responsibility of radioactive waste following an accident, cannot reasonably be regulated in detail in phase of preparation because their application strongly depends on the circumstances of the accident. It would be however judicious to establish the broad outlines of their strategy. 4. CONCLUDING REMARKS 4.1. The management of radon Radon is not a fate against which nothing can be done; it is possible to reduce the indoor air quality deterioration generated by building in asking the prevention and mitigation techniques what they can give us. It is necessary to recognize the importance of the challenge, to distinguish the possibilities of reducing the radon concentrations in an efficient way, even if the health consequence is not directly seen and that its effects could appear only after a few decades; then it will be too late. In addition to the medical impact, a good indoor air quality is a right for the tenant. Optimization has a central place in protection against radon. That is due to the fact that it is an existing exposure situation and that the private sphere of the individuals is touched where the strategy of protection must be based more on incentives that coercive actions. This irrefutable fact should not however lead to a timide attitude of the authorities, nor to avoid informing the population 568 about the associated risk under the pretext not to panic it. In spite of the constraints associated with this situation, the State must assume its responsibility for protecting members of the public based on an active and transparent policy, and not in expecting the good will of the individuals. Within this framework a minimal protection is to be warranted leaving a margin to the individual who wishes to still reduce the residual risk. Here the State can bring expertise and advice. 4.2. The management of post accidental situations The probability of a nuclear accident is relatively weak according to the probabilistic safety analyses. Only a preparation will make it possible to face such crises and their consequences. However more the robustness of the methods should be aimed that optimization of the effectiveness and of the cost of the intervention dispositive. Many actors are involved in the intervention and their coordinated engagement is a key of success for the crisis management. Under these conditions the implication of all the actors should be warranted as of the prepardness phase. The intervention dispositiv must be maintained and trained by the means of exercises. One noticed in certain cases that every twenty years a restoring is operated, associated with the fact that the people which prepared the planification are not any more in service. To avoid these ruptures, an effort of continuity of the intervening teams and pooling of the reflexion is necessary. In spite of a serious preparation, it should be accepted that the strategy of intervention shall be reconsidered and adapted to the temporary situation at the time of the accident (weather conditions, period of the year, other collateral damage, etc). This point must be present at the spirit of the planners who are required to limit themselves to organize what is reasonable and to leave the inevitable part to improvisation. Also let us remember that at the time of the accident the people to the orders of the intervention will probably not be those which carried out planning (sindrome del deserto dei tartari di Buzzati). This also speaks for the robustness and the clearness of the strategy. 569 4. BIBLIOGRAPHIE ICRP, 2009 Prior to consultation and subsequent publication in the Annals, ICRP wishes to make the Statement on Radon available for information. It can be downloaded below. ICRP Statement on Radon UNSCEAR, 2006 Report: "Effects of ionizing radiation" Volume II, Annex E - Sources-to-effects assessment for radon in homes and workplaces WHO, 2009 WHO Handbook on Indoor Radon ICRP, 2007 - ICRP Publication 103 The 2007 Recommendations of the International Commission on Radiological Protection SFOPH, 2011 “Radon Action plan 2012-2020” approved by the Swiss Federal council under following link: Radon action plan 2012-2020 Piano di azione radon 2012-2020 ICRP, 2009 - ICRP Publication 109 Application of the Commission's Recommendations for the Protection of People in Emergency Exposure Situations - ICRP Publication 111 Application of the Commission's Recommendations to the Protection of People Living in Long-term Contaminated Areas After a Nuclear Accident or a Radiation Emergency CODIRPA, 2011 Steering committee (CODIRPA) for the management of the post-accident phase of a nuclear or radiological accident. Contrôle review n° 180 - Post-nuclear-accident management Download the .pdf file 570 © Copyright 2011 Dott Sandro Sandri Responsabile della Pubblicazione Dott. Sandro Sandri Libro pubblicato dall‟autore 571