DON CARLO GNOCCHI CARLO GNOCCHI La guerra

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DON CARLO GNOCCHI CARLO GNOCCHI La guerra
DON CARLO GNOCCHI
19021902-1956
Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico, (marmista che morirà di silicosi) e
Clementina Pasta (sarta), nasce a San Colombano al Lambro (attuale
Lodi), il 25 ottobre 1902. La madre, rimasta vedova nel 1904, si
trasferisce a Milano (ma qui perde altri due figli per tubercolosi) dove
Carlo può frequentare il Seminario del cardinale Andrea Ferrari. Nel
1925 (il 6 giugno) viene ordinato sacerdote e celebra la sua prima Messa
a Montesiro paese della zia e delle sue vacanze. Il primo impegno è
quello di assistente d’oratorio a Cernusco poi a San Pietro in Sala, a
Milano. Nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore
spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l'Istituto
Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. In questo periodo studia
intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia. Il Cardinale gli affida
anche l'incarico dell'assistenza spirituale della 2a Legione della Milizia
(MVSN) di Milano, composta in buona parte da studenti dell'Università
Cattolica e da molti (ex allievi) del Gonzaga.
La guerra
Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani
anche nel pericolo, si arruola come cappellano nel battaglione alpino "Val Tagliamento"
destinato all'Albania. Al termine della campagna, dopo un breve intervallo a Milano, don
Carlo riparte per il fronte Russo con gli alpini della Tridentina (nel ‘42) . “…Era un ferito
grave e già presso a morire. Quando gli tolsero adagio, devotamente, la giubba,
apparve la veste atroce e gioconda del sangue, che, come un velo liquido e vivo,
fasciava e rendeva brillanti le membra vigorose. Senza parlare mi guardò. I suoi occhi
erano colmi di dolore e di pietà, di volontà decisa e di dolcezza infantile. Al fondo vi
tremava, attenuandosi, la luce di visioni beate e lontane. Come di bimbo che si
addormenta poco a poco…”. Don Gnocchi rivela in queste righe la sofferenza del
Cappellano, che si fa ben più viva quando gli tocca di comporre il plico con le foto, le lettere,
gli oggetti portati da casa che non servono più, perché il soldato è lì, morto davanti a lui.
Bisogna spedire il plico a casa con una lettera del Cappellano. Nel gennaio del ‘43 don Carlo,
caduto stremato nella disastrosa ritirata, viene miracolosamente raccolto su una slitta ai
margini della pista dove passava la fiumana dei soldati e salvato. In quei giorni fatali - scrisse
poi in Cristo con gli alpini - Ho visto contendersi il pezzo di pane o di carne a colpi di
baionetta; ho visto battere con il calcio del fucile sulle mani adunche dei feriti e degli
estenuati che si aggrappavano alle slitte, come il naufrago alla tavola di salvezza; ho visto
quegli che era venuto in possesso di un pezzo di pane andare a
divorarselo negli angoli più remoti, sogguardando come un cane, per
timore di doverlo dividere con altri; ho visto ufficiali portare a salvamento,
sulla slitta, le cassette personali o persino il cane da caccia o la donna
russa, camuffati sotto abbondanti coperte, lasciando per terra abbandonati
i feriti e i congelati; ho visto un uomo sparare nella testa di un compagno,
che non gli cedeva una spanna di terra, nell'isba, per sdraiarsi
freddamente al suo posto a dormire... Ritornato in Italia, don Carlo inizia il
suo pietoso pellegrinaggio attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti per
dare loro un conforto morale e materiale. Dopo l’8 settembre, per la sua militanza nelle
Fiamme Verdi del Cln, viene perseguio dai nazifascisti.
E' in questo periodo meno noto che si sviluppa una avventura in cui il cappellano assurge al
ruolo di agente segreto degli alleati come raccontato da EDOARDO BRESSAN: “DON
CARLO GNOCCHI, UNA VITA AL SERVIZIO DEGLI ULTIMI”pubblicato da Mondadori
nella collana degli Oscar storia (Arnoldo Mondadori editore, Milano 2009). Quando il suo
coinvolgimento è provato il cardinale Schuster gli consiglia di cambiare aria e lo indirizza in
Svizzera (10 luglio 1944) dove può essere utile nella comunità degli espatriati a Lugano e
dintorni. Espatria clandestinamente e il vescovo di Lugano monsignor Angelo Jelmini lo
vorrebbe, come detto, destinare ai campi di raccolta dei giovani italiani anche all’interno della
confederazione, ma due denunce anonime di filo fascismo lo relegano al Ticino nella
piccolissima località di Gerra Gambarogno vicina al con fine sotto controllo dell'autorità
militare. Di lì si impegna nei settori a lui più congeniali: la pubblicistica, con articoli su organi
di stampa ticinesi, e la collaborazione con la Resistenza clandestina. «Liberata» il 9 settembre
1944 dai partigiani la vicina Ossola (oltre il lago) e formatasi la giunta provvisoria di governo
don Gnocchi chiede di rientrare. Da Milano il cardinale gli da appuntamento a Campione,
exclave ufficialmente Italia ma raggiungibile da Don Gnocchi facilmente. Il 20 settembre don
Carlo la raggiunge in barca, di notte, accompagnato da Vincenzo Torriani (futuro «patron»
del Giro d’Italia). E di questi giorni di fine settembre il suo coinvolgimento coi servizi segreti
americani dell’Oss (Office of Strategic Services). Assume infatti più di una identità operando
dal territorio di Campione. Bressan ricorda questi episodi in una frase: «Si sviluppa la sua
'attività di collegamento' fra i partigiani e gli Alleati, ulteriormente confermata da una sua
nuova missione a Campione dal 3 al 7 ottobre con il suo attendente Gino Schieppati, in
occasione della quale incontrò il viceconsole americano a Lugano, Donald Jones, uno degli
uomini più importanti per la raccolta di informazioni da parte degli Alleati, in stretto contatto
con Allen Dulles a Berna». Don Carlo ovvero «don Carlo Galbiati» veniva «in missione
speciale» per chiedere aiuti per l’organizzazione clandestina dei carabinieri capeggiata dal
duca Marcello Visconti di Modrone, già presidente della Croce rossa, che don Carlo raggiunse
poi a Macherio, ma anche per offrire informazioni. «Per mezzo delle conoscenze conservate
dai Carabinieri nell’ambiente fascista» – scrive don Gnocchi – tale gruppo avrebbe avuto «lo
scopo immediato di fornire agli Alleati materiale di informazioni militari e politiche e quello
futuro di costituire una forza di ordine al momento dell’avanzata delle truppe alleate nella
Valle Padana». E’qui a Macherio però che la notte del 17 ottobre viene arrestato dalle SS.
Don Carlo resta in cella fino al 4 novembre ed esce grazie all’intervento diretto del cardinale
Schuster.
Gli orfani e i mutilatini
1945: Dopo la liberazione giunge a Villa Amalia di Erba, dove è sfollato
il "Gonzaga", ma poco dopo è nominato assistente ecclesiastico della
Cattolica (carica retta fino al 1948). L’8 dicembre accoglie i primi
"mutilatini", gli orfani e i fanciulli abbandonati (nati da amori irregolari
negli eventi della guerra) nella villa di Arosio (Como) e comincia a
prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti, vittime di
guerra, appena abbozzato negli anni precedenti. Ben presto la struttura
di Arosio si rivelerà insufficiente ad accogliere tutti quei piccoli ospiti le
cui richieste di ammissione arrivano da tutta Italia. Quando la necessità
si fa impellente, ecco intervenire la Provvidenza. Nel 1947, gli viene
concessa in affitto, a una cifra simbolica, una grande casa a Cassano
Magnago, nel Varesotto. La "Federazione Pro Infanzia Mutilata", da lui
fondata viene ora riconosciuta ufficialmente con Decreto del Presidente
della Repubblica. Da questo momento uno dopo l'altro, si aprono nuovi
collegi: Parma (1949), Pessano (1949), Torino (1950), Inverigo (1950),
Roma (1950), Salerno (1950), Pozzolatico (1951). Don Carlo inizia a
manifestare i sintomi della sua malattia nel 1955 e nel gennaio del 56 gli
viene diagnosticato un tumore allo stomaco. Viene ricoverato nella
clinica milanese "Columbus", dove muore alle 18.45 del 28 febbraio. Le
cornee vengono trapiantate su due "mutilatini".
Trent'anni dopo la morte di Don Carlo Gnocchi il cardinale Carlo Maria
Martini istituirà il Processo di Beatificazione. La fase diocesana avviata
nel 1987 si è conclusa nel 1991. Il Processo è ora in fase di svolgimento
alla Congregazione delle Cause dei Santi, a Roma. Il 20 dicembre 2002
Papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato venerabile !!!.
Da “Cristo con gli Alpini” Don Carlo Gnocchi 1946 la Scuola Editrice
Bimbi mutilati di guerra
Da un mese, la guerra con tutti i suoi incubi atroci, coi suoi pungoli e i suoi
rimorsi inquietanti mi è rientrata insopportabile nell’anima. Da che il
chirurgo, sollevandomi dinnanzi i moncherini di Bruno (un bimbo mutilato di ambo
le braccia; tagliava l’erba per i conigli e urtò col falcetto in una bomba) mi
disse, un poco estraneo e scolastico: “Lo vede? Sono già in suppurazione.
Bisogna riaprirli, segare l’osso per corciarlo e rinchiuderli di nuovo”.
Perchè lei deve sapere che l’organismo umano non cresce contemporaneamente in
tutte le sue parti. Prima cresce la parte ossea e poi quella muscolare, Quindi
l’osso dei monconi preme e avanza; il moncone si fa conico e facilmente si
irrita e suppura. Tanto più trattandosi di ragazzi che, naturalmente, si
muovono, giuocano, saltano, muniti come sono di apparecchi artificiali che
aumentano la pressione e l’irritazione, Ogni tanto bisogna intervenire
chirurgicamente per regolarizzare il moncone. Magari tre o quattro volte prima
del termine della crescita. Tre, quattro volte prima del termine della crescita!
Questa condanna mi pare davvero insopportabile; più della disgrazia iniziale e
irreparabile. Non posso pensare, per tre o quattro volte, questi bimbi sul
lettino operatorio, risentire il loro pianto atterrito (perchè la prima
operazione si può farla di sorpresa, ma le altre...) vedere il bisturi frugare
alacre e irrequieto in quelle teneri carni innocenti.
Per questo, nei miei occhi e in quelli di Bruno che si sono improvvisamente
incontrati, c’è lo stesso terrore e la stessa ribellione. Se non ci fosse nella
corsia tutta quella gente estranea e indifferente potrei almeno buttargli le
braccia al collo, piccolo martire innocente e chiedergli perdono di farlo tanto
soffrire. Perchè le sue lacrime e il suo sangue innocente mi accusano
insopportabilmente.
Quando noi si farneticava di spazi vitali e di supremazie di razza egli non
chiedeva che di vivere e di. giuocare un poco. Ora, piccolo Bruno, come farai?
.La tua madrina ti ha portato un bel giocattolo di lusso. Ma è ancora là sul tuo
comodino bianco di ospedale. Più per la curiosità e la gioia degli infermieri e
delle Suore che per la tua. Come puoi fare senza manine?...