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Lunedi, 3 ottobre 2016
Ciao,
oggi la nostra Lampadina si accende su:
ASTRONOMIA: Urania quei libri di fantascienza e Kepler
FOTOGRAFIA: Uno stravagante ed avventuroso personaggio di
nome Felice Beato. Il primo fotografo di guerra della storia
ABBIAMO OSPITI ­ STORIA: Il Forte come centro sociale e di
commercio nel Canada del XVIII secolo
ABBIAMO OSPITI – CULTURA: Fare il bucato, che strano
modo di dire
COSTUME: Memoria
LA LAMPADINA ­ RACCONTI: Improbabile
La Lampadina ­ n. 52
Ottobre 2016
L'autunno è appena iniziato, dicono che sia la stagione
della decadenza e della rinascita: la natura si veste di
colori meravigliosi, la luce particolare di questo
periodo fa risaltare ogni paesaggio, le foglie cadono e
creano nutrimento per altri organismi. C'è fermento, e
noi seguiamo la traccia: il 25 ottobre cerchiamo di
capire qualcosa di più dell'elezione del Presidente
USA; a novembre ci dedichiamo al collezionismo e
molto altro è previsto nei prossimi mesi, noi il letargo
invernale non lo conosciamo... ASTRONOMIA: Urania quei libri di fantascienza e Kepler
Articolo di Carlo Verga
Vi ricordate i Romanzi di Urania? Il primo uscì nel 1952, “Le sabbie di
Marte” di Arthur C. Clarke. Molti gli autori come Isaac Asimov, Ballard,
Dick che furono pubblicati per la prima volta su questi libri. Pensate
che per un ventennio i curatori furono anche Carlo Fruttero e Franco
Lucentini.
Ne avevo una collezione che si
arricchiva di mese in mese, appena
uscivano mi chiudevo in camera e
non ne uscivo fino a che non avevo letto le ultime
pagine. Mondi nuovi, avventure spaziali, più credibili
almeno per me, di quelli fantastici rappresentati nei
film di oggi e poi li “creavo” con la mia
immaginazione.
E’ passato qualche anno ma sul Corriere di qualche
giorno fa un articolo “C’è vita nell’universo, molta vita”, lo leggo con attenzione,
parlano gli scienziati di Kepler, il grande telescopio lanciato in orbita nel 2009,
annunciano di aver scoperto 1.284 nuovi pianeti extra solari, cioè pianeti che ruotano
attorno a una stella diversa dalla nostra. Pazzesco, e tutto fa pensare che ce ne siano
miliardi e alcuni certamente ospitali. Entriamo certo in una nuova epoca.
I primi pianeti, fuori del sistema solare, sono stati
scoperti, negli anni 90, con un sistema definito
“metodo della velocità radiale” che misura una
variazione periodica in frequenza della sua
emissione luminosa, in questo modo viene rilevato
il moto orbitale e la sua massa. Grande rivoluzione
poi con un nuovo metodo definito “metodo dei
transiti fotometria di precisione” che tiene
sotto controllo la luminosità del corpo celeste misurandone la differenza quando un
altro corpo le passa davanti.
Rilevazione della diminuzione di luminosità della
curva di luce di una stella quando un pianeta
transita di fronte alla stella madre. La diminuzione
è correlata alla dimensione relativa della stella
madre, del pianeta e della sua orbita.
Le due tecniche combinate riescono a dare un idea abbastanza precisa della massa e
della densità.
Il nuovo telescopio Kepler sorveglia una piccola parte del cielo tra la costellazione del
Cigno e della Lira, tiene sotto controllo circa 150mila stelle. Il telescopio utilizza un
sistema per le misure di fotometria e di camere fotografiche molto sofisticato, da
quasi 100 milioni di Pixel.
SUGGERIMENTI "ILLUMINANTI"
DA VEDERE: TEDxCNR
BEYOND THE KNOWN
ROMA. E' l’evento di
comunicazione globale che
per la prima volta in Italia
coinvolge un Ente di ricerca...
Continua a leggere
DA VISITARE:
GIARDINITY AUTUNNO,
LA FESTA DE "L'HORTUS
FLORIDUS". Un omaggio e
una dedica alla Contessa
Evelina van Millingen Pisani,
genius loci del giardino di Villa
Pisani ora Bolognesi
Scalabrin...
Continua a leggere
DA VEDERE: IL TEATRO DI
KENNETH BRANAGH AL
CINEMA ­ Stagione 2016­
2017. Al via dal 18 ottobre
con "Racconto d’inverno" con
Judi Dench la nuova stagione
della Kenneth Branagh
Theatre Company che porta
sul grande schermo gli
spettacoli diretti dal candidato
all’Oscar Kenneth Branagh, e
in scena al Garrick Theatre di
Londra nel corso dell’anno...
Continua a leggere
Tutti i nostri suggerimenti sono qui
Molti dei corpi celesti osservati si sono rilevati
inospitali perchè troppo vicini ad una stella,
temperature impossibili, atmosfere dense di elio e
idrogeno. Ma molti sono in una fascia considerata
abitabile molto simile a quella dove si trova la
nostra terra, quindi temperature miti dove
ipotizzabile anche la presenza di acqua. A breve
verrà lanciato un nuovo telescopio ancora più
sofisticato per osservare circa 200 mila dei corpi celesti più vicini a noi. L’aspettativa è quella di trovarne un numero intorno ai 500 con caratteristiche simili
alla nostra Terra.
La via Lattea contiene circa 200 milioni di stelle, ma è una tra le 100 miliardi di
galassie che popolano il nostro universo. In questo panorama quante potrebbero essere i corpi celesti simili al nostro e che
potrebbero contenere delle forme di vita?
La cifra certo per difetto potrebbe arrivare a milioni di miliardi?
Tra qualche anno riusciremo ad analizzare anche la composizione dell’atmosfera di
quelli più vicini, cosi da rilevare la presenza di sostanze organiche acqua e qualche
indizio di forme di vita.
Sì, passeranno ancora tanti anni, poi chissà? Troveremo forme di vita simili alla nostra? Saremo pronti ad affrontare un problema così grande, i primi contatti, le relazioni, i
rapporti con loro, lo sapranno fare le nuove generazioni? Certo se dovessimo guardare la storia del nostro di mondo, i primi viaggi in America,
Cina etc e le relative risultanze, mi sentirei in qualche modo imbarazzato.
Ma i tempi cambiano, almeno speriamo.
Forse converrebbe ripercorrere i romanzi di Urania cosi saremo, almeno, preparati?
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FLASH NEWS!
Un po' qua, un po' là...
Un po' di positiva quallità! Intervista
a Diego Piacentini: "Regalo due anni
all'Italia per portarla nelle modernità e
farvi dimenticare i certificati " da la
Repubblica del 30/10/2016
Leggi la proposta di Piacentini
MdM
*
Il più antico amo da pesca del
mondo . E' stato ritrovato in Giappone il
più antico amo da pesca conosciuto al
mondo realizzato con gusci di lumaca di
mare 23 mila anni fa. “Una
scoperta preziosa, che
testimonia un aspetto
nuovo del Paleolitico,
periodo che si credeva
caratterizzato da popoli
dediti principalmente alla
caccia sulla terra“. Con
l'uso della pesca da parte delle
popolazioni del Paleolitico come sistema
per nutrirsi, cambia molto lo studio delle
implicazioni evolutive, relazionali, sociali,
oltre che nutrizionali.
MdM
*
FOTOGRAFIA: Uno stravagante ed avventuroso personaggio di nome Felice
Beato. Il primo fotografo di guerra della storia. Articolo di Marguerite de Merode
Intorno alla prima metà del Ottocento nasce la fotografia.
Diventa presto uno strumento ideale per ricercatori e
viaggiatori nel documentare le loro scoperte, un mezzo di
trasmissione di immagini molto dettagliate per illustrare un
contesto sociale, un evento bellico, un’occasione mondana
oppure per creare ritratti e paesaggi. Dalla prima
Eliografia di Joseph Niépce, 1826 ai dagherrotipi di Louis
Jacques Mandé Daguerre nel 1837, questo mezzo
rivoluzionario trova rapidamente una serie di addetti
appassionati.
Uno di loro, uno stravagante ed avventuroso personaggio si chiama Felice Beato.
Come essere una persona qualunque con un tale nome!
Delle sue origini non si sa molto. Nasce in Italia nei
primi anni del 1830, si naturalizza inglese e diventa
presto il primo fotografo al mondo a dedicarsi al
fotogiornalismo dal 1850 in poi. Insieme al
cognato, marito di sua sorella Leonilda, e suo
fratello Antonio, forma una società la "Robertson,
Beato & Co." a cui rimane legato fino al 1867.
Beato è il primo fotografo a documentare le guerre.
Sarà a Balaklava in Crimea nel 55’, alla caduta di
Sebastopoli, a Calcutta per documentare le
conseguenze della ribellione indiana del 1857. E’ il primo europeo a illustrare la Cina dell’epoca e sarà lì nella spedizione militare
anglo­francese della seconda guerra dell’oppio nel 1860.
Con lo spirito del fotogiornalista riprende spesso
cadaveri che, si dice, fa spostare per aumentarne
l’effetto scenico. Sempre corpi di non europei, per
poterne vendere le immagini ad acquirenti
occidentali. Passa per Atene, Costantinopoli, la
Palestina e l’Egitto.
Le sue foto rappresentano spesso l’unica
documentazione di fabbricati che verranno poi
distrutti in futuri conflitti. Realizza centinaia di ritratti,
preziosi elementi di grande interesse etnografico. Nel Regno Unito le sue fotografie vengono utilizzate anche per giustificare la guerra
Forse una soluzione? Il canadese
Robert Bezeau ha
costruito il “Plastic
Bottle Village” a Bocas
del Toro a Panama: il
primo villaggio al mondo costruito
interamente con le bottiglie di plastica
con un milione di vuoti trovati in giro per
l’isola. Inserendole in delle griglie
metalliche a forma di grandi mattoni, si
realizzano case fresche, perfettamente
antisismiche e anche galleggianti in caso
di inondazioni.
MdM
*
Nuova Biennale, nuova curatrice!
Sarà Christine Macel la curatrice
della 57esima Biennale d’Arte di Venezia
dal titolo Viva Arte Viva.
Christine Macel nel
presentare la sua
rassegna esordisce
definendo l'arte un “campo prezioso e da
proteggere perché è un luogo della
libertà, della riflessione, del sogno e
dell’utopia”. Darà grande importanza alla
figura dell’artista, tant'è che il catalogo
sarà interamente dedicato agli artisti,
senza testi critici. Si porrà come
mediatore tra gli artisti (il loro studio, il
loro pensiero) e il pubblico dando molto
spazio all’energia della creatività, tra
varie generazioni e aree geografiche,
come America Latina, Asia, Europa, ma
anche artisti Inuit e Kazaki.
MdM
*
Quadri reali. Il principe Carlo ha un
grande futuro da pittore, dipinge
dell’oppio e le altre guerre coloniali. Oltre che fotografo di guerra è stato pure un
ottimo paesaggista cercando di rendere vaste panoramiche unendo insieme più
stampe ottenute da scatti contigui.
Alla fine del 1861 Beato è in Inghilterra, dove vende circa quattrocento fotografie
dell’India e della Cina. Sono illustrazioni di un mondo di cui l’Occidente è totalmente
all’oscuro. In molte fotografie scattate contemporaneamente in vari parti del globo,
compare la firma “Felice Antonio Beato”. Sembra che sia una firma utilizzata sia da
uno che dall’altro fratello a rappresentare entrambi.
Comunque, Felice viene soprattutto ricordato per gli scatti
che realizza dal 1863 al 1877 nel Giappone della dinastia
Edo, paese chiuso ai contatti con il mondo esterno per due
secoli, e poi riaperto con forza dall’intervento degli Stati
Uniti. E' l’alba della modernità, la fine di un’epoca di cui le
immagini che ci giungono grazie a lui ci illustrano i
paesaggi, le città e, soprattutto, le persone: uomini che
girano con la spada, samurai, anziani e donne in costumi
tradizionali. Ogni sua opera è una finestra aperta sul mondo orientale,
lontano e sconosciuto, che, grazie alla fotografia si offre
alla curiosità del pubblico europeo. Crea a Yokohama
insieme al pittore Charles Wirgman, specializzato nella
coloritura delle stampe fotografiche con l’anilina, una vera
e propria scuola a cui partecipano molti artisti locali.
Visto che per la colorazione di una buona
fotografia occorre quasi mezza giornata,
si forma una catena di montaggio con una
gerarchia produttiva ben precisa, che
segue anche le inclinazioni e il grado di
abilità di ciascun colorista. La scuola di Yokohama crea uno stile e una moda che
perdura fino ai primi del Novecento. La mancanza di colore nelle fotografie ottocentesche era avvertita come un limite. La
policromia di queste stampe, unite alla loro raffinatezza e esoticità, contribuisce al
loro grande successo commerciale in Occidente. Beato pubblica nel 1868 due volumi:
“Native Types” e “Views of Japan”.
Le sue avventure da fotoreporter lo trovano
ancora in varie occasioni come protagonista: nel
’71 in Corea, nel ’84 in Egitto. Dal 1884 al 1885
segue la spedizione, condotta dal generale
Charles George Gordon in Sudan. Nel frattempo
non si limita solo alla fotografia e viene nominato
nel 1873 Console Generale per la Grecia in
Giappone dove si lancia pure in attività finanziarie,
immobiliari e commerciali di scarso successo. La
sua incredibile energia lo porta, lasciando il
Giappone, in Birmania dove riapre uno studio fotografico. Rientra infine in Europa e si pensa muoia a Firenze nel 1909.
Per apprezzare le sue incredibili imprese bisogna ricordarsi delle difficoltà tecniche
della fotografia di allora. Durante la sua lunga attività, Felice Beato ha vissuto
l’evoluzione dei materiali sensibili ancora allo stato pionieristico. Non crea "istantanee"
ma grandi lastre con lunghi tempi di esposizione. E' una notevole emozione guardare i
suoi scatti, testimonianze di un mondo remoto.
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ABBIAMO OSPITI ­ STORIA: Il Forte come centro sociale e di commercio nel
Canada del XVIII secolo
Articolo di Enrico Ricci – Autore Ospite de La Lampadina
Verso la fine del XVII secolo iniziò quel lento ed
inesorabile avanzamento della popolazione
americana di origine francese ed inglese in tutto il
Nord America verso l’Ovest.
Consolidate le prime città costruite nel versante
atlantico, che già potevano competere, per
abitanti almeno, con quelle europee, si cercò di
conoscere, valorizzare e sfruttare l’enorme
territorio che le divideva dall’Oceano Pacifico.
La nazione canadese, così ricca di acque interne,
con i suoi numerosi e sterminati laghi, con i suoi
grandi fiumi, fu esplorata inizialmente percorrendo
paesaggi, e vende le litografie dei suoi
acquarelli, a edizioni limitate, a circa
3200 euro ciascuna.
Produce i suoi dipinti
dal 1997 e fino ad oggi gli hanno reso
circa 6 milioni di sterlina andati tutti in
beneficenza.
CV
*
Una pella nuova? Care signore
spariscono le rughe
niente più interventi,
niente più massaggi
niente più creme
costosissime oggi
sembra si stia affermando una
sottilissima pellicola adesiva, si chiama
Xpl è stata messa a punto dai ricercatori
del Mit. E’ un film a base di silicone,
distende la pelle è traspirante e
protegge dai raggi ultravioletti. Potrà
anche essere usata, in futuro, per
somministrare farmaci e curare le
malattie dermatologiche.
CV
* * *
EVENTI APPUNTAMENTI Come si diventa collezionisti? Ce lo spiega Ludovico Pratesi
Dopo il successo delle lezioni su
"L'avventura dell’Arte Moderna da
Pablo Picasso a Jeff Koons" tenute
da Ludovico Pratesi nella scorsa
primavera, si è pensato di proseguire
il viaggio nell'arte con la proposta di
un ciclo di quattro lezioni nel
mese di novembre relative a "L'arte di collezionare l'arte
contemporanea".
Il Corso si svolgerà al Circolo degli
Affari Esteri di Roma e si snoderà in
quattro incontri serali nei martedi 8 ­ 15 ­ 22 ­ 29 del
mese di novembre 2016.
Leggi di più
I posti sono limitati. Per favore scriveteci al più presto per
segnalate la Vostra partecipazione al
corso scrivendo a:
[email protected] appunto queste vie d’acqua, alcune delle quali partivano dalla Baia di Hudson, altre
dai Grandi laghi e da questi, attraverso il fiume San Lorenzo, fino all’Oceano Atlantico.
I finanziamenti necessari per intraprendere queste esplorazioni in luoghi così
remoti ed abitati da gente di lingua e costumi diversi, venivano assicurati inizialmente
dalla potente Compagnia della Baia di Hudson che, sotto la bandiera inglese, aveva
costituito con gli anni una serie di collegamenti veloci, risalendo i fiumi canadesi ed
attraversando il laghi che si incontravano verso occidente.
Il territorio così esplorato andava difeso ed
organizzato, e pertanto venivano di volta in volta
costituiti dei caposaldi, piccoli fortini, abitati anche
da poche persone sempre a ridosso di corsi
d’acqua o di laghi.
Questi centri così disseminati, che oggi sono
diventati le grandi città canadesi venivano
costruiti con il materiale di cui il territorio era ed è
abbondante: il legno.
Il “Forte” era costituito da un perimetro di forma
rettangolare formato da enormi tronchi d’albero,
appena sagomati, conficcati verticalmente nel terreno e uniti tra loro, posizionando
agli angoli delle torri più elevate, per il controllo e l’avvistamento di eventuali pericoli.
All’interno venivano realizzate delle piccole
case sempre in legno per la piccola
guarnigione mandata dalla Compagnia
della B.H. o per la popolazione del forte. I collegamenti tra forte e forte avvenivano
unicamente attraverso le vie d’acqua con
semplici canoe indiane o con delle
imbarcazioni più grandi che la Compagnia
della Baia di Hudson metteva a
disposizione provenienti dalla cittadina
chiamata York Factory situata al centro
della baia stessa.
Il commercio principale dalla fine del XVII secolo sino alla metà del XVIII era quello
delle pelli di castoro. La ricchezza del Canada era misurata appunto dall’enorme quantità di pelli di castoro
che poteva commerciare ed esportare verso il mercato europeo.
Oltre ai “trappers”, gli stessi indiani
catturavano questi animali per poi
portare le loro pelli al più vicino Forte
per un controvalore in tabacco, pistole,
coperte e alcol.
Gli indiani per facilitare lo scambio
incominciarono a piantare le loro tende
poco fuori il forte dando vita a piccoli
villaggi.
Il “Forte” si trasforma pian piano in un
vero centro sociale, il primo ed unico
nucleo abitativo dove coesistevano contemporaneamente funzionari della Compagnia
della Baia di Hudson, cacciatori bianchi di pelli di origine francese o inglese e differenti
tribù di indiani, un vero centro sociale e di scambi. Si confrontavano pacificamente
coloni inglesi, cacciatori francesi e nativi americani, quest’ultimi suddivisi in varie tribù,
irochesi, moicani etc. Il forte rappresentava l’unico luogo in un territorio sconosciuto
ed esteso dove era possibile socializzare e conoscersi.
Tra i tanti fortini costruiti nel nord America merita una segnalazione il Forte Edmonton
lungo il ramo nord del fiume Saskatchewan, tuttora ben conservato e situato a poca
distanza dal centro di Edmonton, l’attuale capitale dell’Alberta, che divenne il
principale mercato di libero scambio per la Hudson's Bay Company.
Visitandolo si ha una precisa ricognizione di tutte le
componenti del forte stesso. Vi sono le abitazioni
per la guarnigione militare, i capanni per il ricovero
dei cavalli, ma anche per le coltivazioni
ortofrutticole, per la macellazione delle carni,
bisonti soprattutto, nonché per lo stoccaggio dei
pesci.
Ma all’interno del forte vi è anche una chiesa, un
centro di incontro o di ritrovo e abitazioni per
scapoli, per le famiglie e per gli indiani.
Il pane veniva cotto nei forni e le vivande venivano conservate in appositi ambienti
chiamati case del ghiaccio con doppia parete per un giusto isolamento termico.
Fra le tante abitazioni presenti troneggia per la sua dimensione e per lo stile
architettonico la residenza del capo della guarnigione, ossia il rappresentante della
Compagnia della Baia di Hudson che amministrava allora un vastissimo territorio
A TEATRO CON LA LAMPADINA
Il teatro Olimpico di Roma ci presenta
dal 6 al 16 ottobre un nuovo
sorprendente spettacolo di Emiliano
Pellisari con Roma Barocca Ensemble
"Aria, arie barocche nell'aria".
L’incanto dell’arte barocca ispira. La
poesia della musica, la fantasia della
danza, l’eleganza dei costumi, la grazia
delle scenografie: come in un sogno,
immergetevi in questo stupefacente
“teatro delle meraviglie”, realizzato
attraverso le spettacolari e potenti
tecniche espressive Della No Gravity
Dance Company e la musica dal vivo
della Roma Barocca Ensemble.
Dal 6 al 16 ottobre 2016.
Clicca sull’immagine e leggi le
promozioni riservate ai Lettori de La
Lampadina e prenota al botteghino.
* * *
GLI APPUNTAMENTI
DE LA LAMPADINA
La Lampadina, in collaborazione con
il Circolo del Ministero
degli Affari Esteri, Vi invita il
25 ottobre 2016
alle 19.00 al
Circolo degli Affari Esteri
per la presentazione del libro di
Rodolfo Bastianelli
"IL PRESIDENTE DEGLI STATI
UNITI.
Dalla Dichiarazione di
Indipendenza ad oggi"
corrispondente alle attuali province canadesi dell’Alberta, del Saskatchewan e del
Manitoba.
Si chiama Casa Rowand dal nome di John
Rowand che fu il capo assoluto di quella
regione fino alla sua morte avvenuta nel
1854, conoscitore sia del francese che
dell’inglese e che, avendo sposato una donna
indiana, poteva parlare anche diverse lingue
di tribù indiane della zona.
L’edificio il cui stile architettonico richiama il tipico palazzo inglese con i suoi due piani
principali, un grande ballatoio, la copertura del tetto a quattro falde inclinate che
consentono la realizzazione di un ulteriore piano abitato, è stato per molti anni il più
grande edificio costruito ad ovest di Winnipeg.
Anche l’arredo ed il mobilio è stata costruito usando esclusivamente il legno, ma con
pregevoli finiture tali da sottolineare come tale edificio sia stato realizzato come una
vera residenza governativa da valorosi artigiani e sotto l’attenta visione di un
architetto che ha saputo infondere al fabbricato un certo valore architettonico di stile
europeo.
edito da Eurilink Edizioni
"In un appassionante periodo in cui
l'elezione del Presidente degli Stati
Uniti è seguita con trepidazione dal
mondo intero, il libro di Bastianelli
analizza per noi la procedura in cui
viene eletto il Presidente, i poteri di
cui dispone e i rapporti che
intercorrono tra Casa Bianca ed il
Congresso nel sistema politico
statunitense".
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ABBIAMO OSPITI – CULTURA: Fare il bucato, che strano modo di dire. Articolo di Giulia Pasquazi Berliri – Autore Ospite de La Lampadina
Perché mai quando si deve lavare la biancheria
invece di dire "vado a lavare la biancheria", tutti
diciamo" vado a fare la lavatrice"? La lavatrice mica
la facciamo noi, noi ci limitiamo a mettere le cose da
lavare dentro il cestello e la lavatrice poi, ossia lei, le
lava. La lavatrice la fa chi la costruisce e non noi!
Eppure ormai da questo modo di dire non si salva
nessuno... E poi chi sa dirmi perché il bucato, che doveva
essere intero altrimenti si sarebbe chiamato cucito, quando viene lavato si chiama
invece bucato? Di certo non credo di essere la sola ad essersi chiesta perché si dice "fare il bucato", o
chiamare i panni sporchi da lavare "bucato". Io mi sono posta questi interrogativi proprio in una lavanderia a gettone aspettando di
riavere delle lenzuola dopo il lavaggio e l'asciugatura e così, una volta tornata a casa,
ho cominciato le mie ricerche.
Fare il bucato è sinonimo di lavare i panni e ho trovato diverse
origini di questa espressione. Usiamo abitualmente questa
formula per descrivere l’azione di pulire i vestiti e la biancheria,
sia se utilizziamo una lavatrice sia se laviamo tutto a mano. Ma
perché diciamo allora il "bucato"? Verrebbe da pensare al verbo
bucare, cioè fare un buco a qualcosa. In effetti, nonostante non si sia arrivati ad una conclusione
certa, il "buco" di fatto c’entra. Secondo una prima teoria, la
parola "bucato" deriverebbe dal verbo tedesco bauchen ovvero
"lavare con la lisciva" (soluzione liquida, ottenuta dalla bollitura
della cenere) e questo nome deriverebbe a sua volta dal
"francone" bukon che significa immergere. Secondo altri, invece, la sua provenienza risalirebbe al sostantivo latino
originariamente neutro plurale bucata: forse anche i soldati romani dovevano in
qualche modo lavarsi i panni e probabilmente appresero il sistema dai "barbari"
germanici!
Le due teorie concordano però nell’affermare che per lavare i panni anticamente si
utilizzava un recipiente con un buco, l'antenato delle prime lavatrici, che chiamarle
così oggi fa un po’ uno strano effetto. Insomma questi rudimentali, ma ingegnosi
attrezzi per lavare i panni erano formati da un "otre" abbastanza capiente con un
"bocchettone" che consentisse all'acqua di uscire dopo una lunga nottata passata in
compagnia dei panni sporchi. Da questo foro quindi usciva l'acqua di lavaggio con
l'allora sapone (la cenere) e l'uso di questo particolare recipiente con tale foro ha dato
il nome di "bucato" ai panni che andavano lavati o erano stati appena lavati e/o
raccolti.
Oggi le moderne lavatrici non richiedono una presenza o un lavoro stancante e
continuo, ma fino ad un tempo non troppo lontano per fare il bucato si iniziava la
mattina presto e si finiva il giorno successivo. Difatti la mattina all’alba si disponeva la
biancheria nella pila di pietra, situata nel cortile, con l’acqua che si attingeva dalla
cisterna. Clicca sull'invito e scaricalo. L'incontro, con entrata libera su
prenotazione allo 06/8086130, si
terrà nei saloni del Circolo MAE,
Lungotevere dell'Acqua Acetosa 42,
00197 Roma.
MOSTRE
Questo mese le scelte di
Marguerite de Merode
cadono su:
Pompei
Mitoraj: 30 sculture a Pompei ­ “30
grandi sculture sono state distribuite nei
luoghi più significativi di
Pompei, dal Foro alla
Basilica, dal Quadriportico
dei Teatri alla via
dell'Abbondanza, con gli
imponenti personaggi
mitologici che si
confrontano con le
architetture più note della cittadina
campana“. Una grande mostra curata
dalla Soprintendenza Speciale di Pompei
insieme all’Atelier Mitoraj di Pietrasanta
e la Galleria d'arte Contini, promossa
dalla Fondazione Terzo Pilastro. Igor
Mitoraj definito da Strinati, un
"sognatore dell'antichità'", non ha
purtroppo potuto
vedere le sue opere
nel sito Partenopeo.
Venuto a mancare
nell’ottobre del 2014
l’artista già da tempo
lo aveva voluto e
programmato. Una perfetta
combinazione tra il mondo antico e la
contemporaneità, dove le opere del
maestro franco­polacco trovano la loro
naturale collocazione. Da non mancare.
Con un rapido treno per Napoli e una
gita in Circumvesuviana si può
Si lavava con il sapone fatto a casa e, intanto, si
appendeva il paiolo sotto al camino, lo si riempiva
d’acqua e si accendeva il fuoco. Accanto si metteva
l'otre o il bigoncio, sopra ad una specie di sgabello o
cavalletto e si sistemava la biancheria all'interno ben
pigiata (facendo in modo che non rimanesse alcun
vuoto) e sopra si metteva a copertura un telo grezzo di
canapa o di tela fortissima e su questo si spargeva
cenere di legna, la cosiddetta lissia o lissiva, in quantità
proporzionale a quella del bucato: infine, sulla cenere,
si versavano litri e litri d’acqua bollente.
L’acqua versata
sul telo grezzo
filtrava
attraverso la biancheria e scendeva in un
grosso recipiente di creta che era situato sul
pavimento sotto il calderone. Subito dopo
l’acqua raccolta nel recipiente di creta si
metteva nel paiolo per riscaldare e quindi si
versava di nuovo sulla biancheria. Si
continuava così per sette o nove volte,
aumentando sempre di più la temperatura
dell’acqua. Nell’ultimo lavaggio si mettevano scaglie di sapone e qualche foglia di
alloro che si versavano direttamente sulla biancheria, dopo aver sollevato il telo
grezzo. Alla fine si ricopriva il bucato e si lasciava raffreddare per tutta la notte. Il
mattino dopo si toglieva la biancheria e un po’ alla volta si metteva nella pila piena
d’acqua e si lavava un’altra volta. Veniva poi sciacquata in un recipiente di creta,
trasportata con gran fatica al fiume o al pubblico lavatoio per essere rifinita e
risciacquata; poi strizzata e infine stesa al sole ad asciugare.
Il bucato si faceva periodicamente: si sbrigava a
date fisse, ogni 15­20 giorni quello "minuto" e
solitamente in primavera quello "grosso", perché
fiumi e lavatoi non erano più ghiacciati ma pieni
d’acqua dopo il disgelo, mentre in estate capitava
che fossero vuoti a causa della siccità. Quindi la
"grossa" biancheria sporca (lenzuola,
asciugamani, traverse, tovagliati ecc, tutti
rigorosamente bianchi) veniva conservata anche
per mesi ammucchiata in un locale apposito della
casa. La biancheria fina (colli, polsini, sete, pizzi) invece era fatta bollire a parte con scaglie
di sapone di Marsiglia, mentre le cosiddette "flanelle della pelle" (magliette, mutande
e calze) venivano prima immerse in una miscela composta da 2 cucchiai di farina ogni
2 litri d’acqua e succo di limone che sgrassava e toglieva eventuali odori.
L’acqua corrente nelle case fu in molte zone d’Italia un sogno irrealizzabile sino
all’abbondante metà degli anni ’50­60; dopo, pure il possedere la lavatrice fu spesso
sogno reso irrealizzabile dai costi proibitivi che ebbe sino agli inizi del 1970.
L’Enciclopedia Pratica Bompiani (1938) alla voce "Norme per
lavare" suggeriva in città, al posto del bigoncio e per chi
aveva l’acqua corrente, l’uso delle "lisciviatrici", antenate
delle lavatrici che potevano essere utilizzate sui fornelli di
cucina: recipienti cilindrici, muniti d’un coperchio e di un
doppio fondo mobile a forellini sollevato dal fondo. La biancheria grossa prima doveva essere messa a mollo 12
ore insieme a 200 gr di sapone, 12 di ammoniaca, 12 di
trementina, 50 di borace ogni 12 litri d’acqua. Poi strizzata e
messa sul fuoco a bollire con 100 gr di soda nella
lisciviatrice, che però ne conteneva ben pochi pezzi e quindi
la manovra doveva essere ripetuta più e più volte. Ma l’Enciclopedia concludeva trionfante che, grazie alle
lisciviatrici, "in passato il nostro bucato voleva a disposizione più di una settimana;
oggi non più di 3 giorni"!
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facilmente programmare la visita in
giornata da Roma. Fino a gennaio 2017
ROMA
C’è un grande fervore in questo
momento a Roma, molte gallerie hanno
aperto le loro porte dopo la pausa
estiva:
Lorcan o’Neill ­ Kiki Smith, Betty
Woodman. Per la prima volta le due
grandi artiste americane Kiki Smith e
Betty Woodman sono invitate a esporre,
insieme, le loro
opere negli spazi di
vicolo dei Catinari.
Una doppia
personale con
arazzi, sculture,
ceramiche, dipinti e disegni.
Fino al 12 novembre
Gavin Brown Entreprise: Jannis
Kounellis: Dodecafonia Nella chiesa
sconsacrata di Sant’Andrea de Scaphis,
in via dei Vascellari, il gallerista riprende
il suo discorso con il pittore e scultore di
origine greca Jannis Kounellis, uno dei
massimi rappresentanti dell’arte povera.
Potenti opere interagiscono
perfettamente con l’ambiente lasciato
indenne.
Fino al 29 ottobre
Gagosian Rome: Adriana Varejão,
Olympic Aquatics Stadium Rio. Con i
suoi dipinti di
"grandi piastrelle"
rese su tela in
gesso e pittura ad
olio, Varejao, uno
dei più famosi
artisti viventi del Brasile, allude al
collegamento del Brasile con il Portogallo
attraverso il commercio e la
colonizzazione.
Fino al 10 dicembre Ex­Elettrophonica: Margherita
Moscardini. “ATLAS. On the Human
Condition, Places and Times”.
L’artista si
appoggia, per
costruire il suo
lavoro, agli scritti
di Arendt e, con
disegni di folle e piccole statue, rivendica
gli spazi pubblici e gli ridà tutto il loro
senso.
Dall’11 ottobre al 20 dicembre 2016.
Galleria del Cembalo: “Identità
Negate. Lingering Ghosts” di Sam
Ivin e “Foibe” di Sharon Ritossa.
"Con "Lingering Ghosts", Sam Ivin ha
cercato di esprimere
con le sue immagini il
senso di perdita di sé e
di insicurezza sul
proprio destino che
accomunano i richiedenti asilo nel Regno
Unito. Con "Foibe", Sharon Ritossa è
partita dalla particolare conformazione
geologica del Carso per una riflessione
su come questa possa avere avuto
ripercussioni sulle vicende sociali e
COSTUME: Memoria
Articolo di Lalli Theodoli
storiche della regione.
Fino al 26 novembre
Dopo quella che a me pare una lunga assenza, mi riaffaccio a trovare i miei nipoti in
campagna.
Mi sembra di avere da recuperare tanto tempo, credo di aver mille cose da
raccontare loro e così, con entusiasmo, parto con descrizioni su quanto ho fatto da
quando non li ho visti.
Colgo però alcuni sguardi, complici fra di
loro; si lanciano occhiate che pensano io
non raccolga, alzano gli occhi
distrattamente al cielo, nascondono uno
sbadiglio annoiato.
Si squarcia implacabile un ricordo, anzi IL
RICORDO di quando con le mie sorelle ci
guardavamo disperate all’ennesimo
racconto, sempre lo stesso della vecchia
zia. Rideva, come sempre, già da sola, prima di raccontarci del vecchio prete che
beveva l’acqua del bowl ingoiando anche la foglia di garofano galleggiante o di
quando era uscita con le pantofole al posto delle scarpe. Gli sguardi dei genitori ci imponevano di sorridere, anzi di ridere come ad un nuovo
racconto. E noi veramente cercavamo di sorridere. Ridere non ci era possibile.
Su questa memoria li affronto. “Quando, e capiterà sempre più spesso, vi racconto qualcosa che vi ho già detto, non
fate finta di nulla, non sorridete compiacenti. Bloccatemi subito e tranquillamente
ditemi “Ma nonna, ce lo hai già raccontato!” Io non mi offenderò. So che la memoria
ha ora strani sbalzi.
Valentina Bonomo: Brian Eno: Light
music. Con i suoi nuovi lavori, light
boxes e speaker flowers, l'artista
sperimenta altre forme espressive come
scultore, pittore e
video artista. Brian
Eno, musicista
polistrumentista,
compositore e
produttore
discografico britannico riempie gli spazi
della galleria con suoni e luci per creare
veri "paesaggi sonori".
Fino al 30 settembre
Mi ascoltano contenti. Sospirano di solllievo, ma
anche io sono sollevata. Preferisco la cruda verità
ad una finta attenzione.
O almeno così pensavo. Dopo qualche tempo, torno a trovarli. A tavola, dopo averli massacrati di “giù i gomiti,
dritti con la schiena, non parlate a bocca piena”
parto con un racconto che sinceramente credo
inedito.
Ho appena cominciato con un “Non sapete cosa
faceva mio padre quando vedeva i gomiti a tavola…”
Si scatena un coro “Nonna ma già ce lo hai raccontato!”
“Ah bravi, grazie di avermi evitato di ripetermi!” e cambio argomento…
”Ma nonna ce lo hai detto l’altra volta”.
Si azzuffano fra loro ridendo come matti. “Ma non ce lo ha detto solo una volta”
attacca uno, “No almeno dieci”, risponde l’altra, ”No cento volte!”
Ridono fra loro come matti, dandosi allegre gomitate.
Il gioco pare ora di non farmi nemmeno cominciare a parlare per intervenire e
bloccarmi immediatamente. Un concorso a premi su chi mi ferma per primo.
Rido con loro.
Ma ora un po' perplessa.
Attentissima prima di avviare un qualsiasi discorso.
Un po’ di nostalgia per quella vecchia educazione in cui si ascoltava sbadigliando.
Musei Vaticani . Aperture notturne.
Un’opportunità da non mancare che
viene proposta ancora quest’anno: “il portone
monumentale
dei Musei del
Papa si
schiuderà al
tramonto per svelare in una luce
inconsueta i tesori millenari delle
collezioni vaticane”.
Fino al 28 ottobre
Castel Sant’Angelo Aperture
Eccezionali. Il Castello segreto prevede
l’apertura eccezionale di un percorso che
passa dal Passetto di Borgo, per le Prigioni
storiche, le
Oliare, e poi il
cortile di Leone
X, il locale
detto ‘del
Forno’ e la
minuscola Stufetta di Clemente VII, cioè
la sala da bagno del pontefice, celebre
fra l’altro per gli affreschi della bottega
di Raffaello Sanzio.
Fino al 20 novembre Il pensiero laterale L'ombrello
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Tre uomini grassocci cercano di ripararsi
sotto un piccolo ombrello, nonostante la
loro mole, nessuno però si bagna, ma
perché?
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Continua la pubblicazione dei Racconti de La Lampadina!
Sentitevi liberi di inviarci quanto scrivete, che abbia una lunghezza di quattro, cinque cartelle e noi, dopo una semplice valutazione
di opportunità, pubblicheremo ciò che ci proponete.
Oggi vi proponiamo una scritto di Isabella Confortini Hall: Improbabile
Qui le prime righe e poi continuate la lettura sul sito, in tutta tranquillità, oppure, sempre dal sito, cliccate sulla piccola icona verde
alla fine del racconto, stampate la pagina e.. buona lettura!
"Era estate, una giornata cocente. Ritornando a casa passai con mia sorella davanti al portone di un palazzo. Non so se lei abbia
battuto di proposito un colpo contro il portone o per distrazione, o se fece soltanto l’atto col pugno e non abbia picchiato affatto."
No, no, e poi ancora no! Nessun senso, impersonale. Quale sorella? E quale portone? Ma che razza di incipit... niente da fare. Non
può inventare di sana pianta. Ci deve essere una scintilla di realtà. Di nuovo un foglio accartocciato gettato nella carta da riciclare.
Sindrome da pagina bianca.
E dato che invece nella vita tutto torna e si insegue in un gioco di specchi, eccolo quel colpo al portone, reale e tempestivo, giunto
in tempo a levarla d'impaccio. Non si sarebbe dovuta dare per l'ennesima volta una scusa, una giustificazione per l'incapacità di
vergare parole sul foglio bianco, intonso e impaziente. Parole che non atterravano mai, si limitavano a volarle nella mente rapide e
inafferrabili, come i sogni del mattino presto. A occhi chiusi riusciva a fermarne qualche particolare, qualche fotogramma e poi più
nulla.
Continua a leggere sul sito...
La Lampadina ::: Periodiche illuminazioni
Newsletter di fatti conosciuti ma non approfonditi, luoghi comuni da sfatare, semplici novità.
La Lampadina è una newsletter ideata da Carlo Verga, gestita da un Comitato di redazione composto da: Filippo Antonacci, Isabella Confortini Hall, Lucilla Crainz
Laureti, Marguerite de Merode Pratesi, Ranieri Ricci, Carlotta Staderini Chiatante, Lalli Theodoli, Beppe Zezza e redatta con la partecipazione di: Lorenzo Bartolini
Salimbeni, Renata Ferrara Pignatelli, Giancarlo Puddu e Angelica Verga. La sede è in via Castiglion del Lago, 57, 00191, Roma.
La newsletter, di natura non politica, non ha scopo di lucro e si propone di fornire ­ con frequenza inizialmente mensile ­ "periodiche illuminazioni" su argomenti di
vario genere, con spunti di riflessione e informazioni. L'invio viene effettuato su segnalazione degli stessi lettori, agli amici ed agli amici degli amici. il presente
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