Iconologia e iconografia del Crocifisso di san Damiano

Transcript

Iconologia e iconografia del Crocifisso di san Damiano
,FRQRORJLDHLFRQRJUDILD
GHO&URFLILVVRGLVDQ'DPLDQR
&RQYHUVD]LRQHFRQ0RQV&ULVSLQR9DOHQ]LDQR
7HVWRWUDVFULWWRGDOODUHJLVWUD]LRQHQRQULYHGXWRGDOO¶DXWRUH
Mons. Crispino Valenziano
Il prof. Crispino Valenziano, ha compiuto i suoi studi presso
l’Università Gregoriana di Roma, l’Università di Genova,
l’Università di Strasburgo e alla Sorbona di Parigi. E’
professore ordinario al Pontificio Istituto liturgico dell’Ateneo
S. Anselmo di Roma. E’ membro di numerose commissioni
pontificie per la liturgia, i beni culturali e l’archeologia. Fa
parte del Consiglio regionale per i beni Culturali della
Regione Sicilia in rappresentanza della conferenza
episcopale di quella regione.
Suoi campi di insegnamento e di ricerca sono: la liturgia,
l’antropologia, la cultura e l’arte. Il prof. Valenziano, in
ricezione del Concilio Vaticano II e in attuazione delle
istanze innovative conciliari, è impegnato a promuovere la
teologia della via pulchritudinis.
3DUWH,,FRQRORJLDHLFRQRJUDILD
,QWURGX]LRQHLVWUX]LRQLSHUO¶XVR
Grazie a voi, sono contento di essere qui, spero di esservi utile e spero che voi possiate
aver frutto da me ed io da voi.
Permettetemi di iniziare con un po’ di istruzioni per l’uso, perché su questo argomento,
specialmente da quando l’interesse su questi argomenti (non solo d’arte ma spirituale, e
teologico esegetico è cresciuto ed è davvero cresciuto), di tanto sono aumentate le
possibilità e gli arricchimenti, forse di altrettanto sono aumentati i rischi e gli equivoci.
Perché ogni…con tanta buona volontà, impegno, fervore ci si mette, ci si butta e si salvi
chi può.
Prima avevamo la paura dei critici d’arte e degli storici dell’arte, i quali, facendo il loro
mestiere, indebitamente, trascuravano la formalità, quello per cui questo è un crocifisso,
basta considerarne la bellezza, la composizione formale. Adesso questo rischio formale si
è allargato. Le iconi corrono lo stesso rischio dei testi che proclamiamo nella liturgia,
perché sono i rischi dell’omelia, essa è un a cosa necessaria e stupenda nel suo genere, ma
l’ omelia è rischiosa perché può diventare un pretesto addirittura per smentire il testo.
Questo tipo di discorsi bisogna che sia rigoroso perché sia vero, niente di più, e colga la
verità in tutt’ uno con la bellezza, perché quando diciamo che procediamo teologicamente,
biblicamente, liturgicamente alla lettura di una icone di questo tipo, non è che dobbiamo
pensare che dunque mettiamo da parte la storia dell’ arte, la critica d’ arte e addirittura la
bellezza. È dalla sinergia tra bellezza e verità che queste opere danno il tutto di sé. E
quindi bisogna mettere insieme le due cose: quello di evitare il rischio professionalmente
e quello di lavorare in maniera efficace. L’ efficacia è data dalla capacità che uno ha di far
leggere le cose in maniera sintetica tra bellezza e verità.
&RV¶qXQ¶LFRQH
Posto ciò la prima cosa che vorrei mettere in evidenza è che cos’ è un’ icone, dopodiché
come si legge una icone. Notate che io non dico icona ma icone al singolare e di
conseguenza iconi al plurale, con uno scopo preciso: perché icona (immagine HLNRQ) è
immagine, figurazione, qualunque. Ricordo la prima volta che sono stato a Tessalonica,
prendendo in un hotel l’ ascensore….
Perché il termine è generico /HLWXUJKqD è servizio pubblico.
Icona è immagine figurativa. Ma c’ è una icona che è non è quella dell’ indicazione al
computer ma è una particolare icona, e diventa un nome proprio, per distinguerla la
chiamo icone con una tradizione volutamente leziosa del greco HLNRQ. Parliamo di icone
per indicare una particolare immagine. Ma anche qui dobbiamo fare una ulteriore
precisazione. Parlando di icone in senso proprio corriamo un ulteriore rischio. Icone
intendiamo quella bizantina, o quella slava, quella greca, cretese, cipriota, russa, rumena,
l’ ucraina ecc… Pensando che sia icone quella immagine particolare evitiamo il primo
errore (quello del nome comune) però ne facciamo un altro, a volte, quello di pensare che
sia icone particolare quella immagine che ha il fondo d’ oro, la testa - se è greca un settimo
del corpo, se è slava un nono del corpo -, senza prospettive, senza terze dimensioni… No,
quello è un particolare tipo di vera icone. L’ icone è questo ed è anche altro, l’ icone in
senso proprio, e non lo stabilisce un critico d’ arte, uno storico dell’ arte, un teologo lo ha
stabilito per tutta la Chiesa, d’ Oriente e d’ Occidente, un concilio ecumenico, l’ ultimo dei
concili ecumenici accettato c0ome tale da tutta la cristianità il concilio ecumenico VII,
Niceno II. Lì è stato precisato che cosa è un’ icone in senso proprio. Perché ci sia un’ icone
occorre tutto quello che lì è stabilito, ma solo quello. Si può fare un’ icone poi alla maniera
bizantina, slava, cipriota, alla maniera occidentale (perché anche gli occidentali sanno fare
iconi, questa – del Crocifisso di san Damiano – è un’ icone occidentalissima, poi lo
mostreremo). Ed è icone, tant’ è la nostra disabitudine alle icone occidentali, che quando
vediamo un’ icone occidentale, ad esempio del beato Agelico, noi cerchiamo subito gli
influssi bizantini. Qui (nel Crocifisso di san Damiano) ci sono gli influssi di tutti cinque i
Patriarcati: cappadoci, alessandrini, siriaci, … l’ ecumene, questa è un’ icone ecumenica.
Ma non è solo questa, non perciò diventa un’ icona siriaca o egiziana o bizantina, è
un’ icona occidentalissima, umbra! Senza dubbio! Allora bisogna un po’ orientarsi sapere
bene quello che si dice, e il senso con cui lo si dice, altrimenti si rischia di cadere in
esoterismi.
Tornando al Niceno II, perché ci sia un’ icone occorre essenzialmente e soltanto quanto
segue: i padri di Nicea l’ hanno proposto con l’ adattamento del v. 9 del Salmo 47. Il salmo
47 è il salmo con cui, quando il papà sale col bimbetto e giunge all’ Eleona, al Dominus
flevit e contempla Gerusalemme tutta così bella e così bianca, allora esclamavano “6LFXW
DXGLYLPXVVLFHWYLGLPXVLQFLYLWDWH'HLQRVWUL”, cosa rara perché il turista quando arriva o
è sopraffatto e trova di più o vicevresa è deluso e dice: “Tutto qui?”. Il Salmo invece è
preoccupato e fiero di dire: “Ma guarda è proprio come ce l’ avevano detta!”. La
corrispondenza tra “VLFXW DXGLYLPXV VLF HW YLGLPXV”. L’ icone risulta dalla perfetta
corrispondenza tra la Parola che ci è stata detta e la vista che ci è stata donata. Detta
dall’ agiografo rivelatore (profeta, ispirato), vista e riproposta dall’ agiografo pittore (il
Niceno II chiama pure il pittore agiografo come lo scrittore, d’ onde nasce il mito di Luca
che è pittore). Quello dice scrive la Parola. Non è però sufficiente la corrispondenza tra
parola e immagine, il salmo 47 aggiunge: “,Q FLYLWDWH 'HL QRVWUL”, cioè nel contesto
ecclesiale, che garantisce la trasmissione perfetta della Parola e adeguata e, dunque,
l’ autenticazione altrettanto agiografica della delineazione figurativa.
Quando mi sono interessato dell’ evangeliario per le Chiese d’ Italia, cercammo il gotha
degli artisti, così pure per San Giovanni Rotondo, mi sono preso le batoste della stampa
perché ho negato a Rauschenberg l’ installazione della sua Apocalisse, perché dopo avergli
dato il testo dell’ Apocalisse, gli ho dato il testo in greco, latino e inglese, lui mi ha detto:
“Ma io lo sento così”, gli ho detto: “Qui non occorre una riproposizione di quello che lei
pensa, occorre la riproposizione della parola del libro dell’ Apocalisse dalle sue mani
d’ artista, che è un’ altra cosa”. Il problema è tutto in questa delicatezza.
,FRQRJUDILDHLFRQRORJLD
Sempre il Niceno II si è riferito anche al Cantico dei Cantici, capovolgendo le parole della
Sposo alla Sposa: “)DPPLYHGHUHLOWXRYROWRIDPPLVHQWLUHODWXDYRFHSHUFKpLOWXRYROWR
qOHJJLDGURHODWXDYRFHqVRDYH” (cfr Ct 2,14). Questo mettere insieme volto e voce è
tipico dell’ icone. Di fatti nella grande tradizione della Chiesa si usa indifferentemente dire
leggere la Scrittura e vedere l’ icone o vedere la Scrittura e leggere l’ icone. È uguale, c’ è
addirittura il chiasmo suggerito dall’ Apocalisse all’ inizio, Giovanni il presbitero: “,R
VHQWLLPLFKLDPDURQRHPLYROWDLSHUYHGHUHODYRFH” (cfr Ap 1,12). Tommaso d’ Acquino
e Bonaventura ci hanno ricamato su cose stupende. Questo chiasmo dunque è un discorso
fondamentale, occorre imparare a leggere l’ icone e vedere la Scrittura. E non solo, come
l’ omelia, così l’ icone diventa un potenziamento del mio orecchio e del mio occhio, perché
se l’ artista è vero, professionalmente vero ed è fedele, cristianamente fedele, anche se non
è cristiano (ma sa cogliere la fede LQFLYLWDWH'HLQRVWUL), allora mi presta i suoi occhi per
vedere cose che non riuscirei a vedere. Perché noi vediamo le cose che vogliamo vedere,
le altre non riusciamo. C’ è bisogno di lasciarsi aiutare dall’ artista. Come si fa a educare
alla musica? Facendogli ascoltare musica. Come si fa a educare la vista? Facendogli
vedere le iconi. Si impara a penetrare la parola scoltando, si impara a penetrare il bello
guardando. E allora accade questo miracolo che la bellezza e la verità vanno a nozze.
“,XVWLWLD HW SD[ RVFXODWDH VXQW” io a mio modo lo traduco ed adatto (ho l’ illustre
precedente di Nicea II) “3XOFKULWXGRHWYHULWDVRVFXODWDHVXQW”. Quando diciamo che Luca
è il pittore agiografo intendiamo che lui dipinge con la parola. Ambrogio dice che Luca ha
lavorato LVWRULNq, cioè istoriando la narrazione evangelica.
Facciamo un passo avanti. Questo significa che non c’ è iconografia iconica se non su una
iconologia. Che differenza c’ è tra iconografia e iconografia? Icono-logia è quel che di
ORJKLD, ratio, parola, rivelazione, verità, c’ è sotto, fa da supporto. Icono-grafia è la grafia,
la descrizione, delineazione, la pittura, la scultura il cesello, che viene fatto su questa
ORJKLD, quindi senza iconologia non c’ è iconografia. L’ iconografia a sua volta aggiunge
all’ iconologia questo marchio, queste nozze di bellezza, nel senso visivo della parola. Le
due cose, per uno che vuole parlare di questi argomenti devono essere chiarissime. Lo
storico dell’ arte tende ad aver chiara l’ iconografia ma non l’ iconologia. Noi a volte
abbiamo chiara l’ iconologia ma non l’ iconografia, per cui forziamo l’ iconografia e allora
facciamo illustrazione. Devo parlare di un argomento a catechesi (es. Crocifissione) e cito
indifferentemente il crocifisso di Chagall, di Michelangelo, di san Damiano, … non si
può! Quelle non sono illustrazioni, che utilizzi a tuo uso e consumo, cadiamo
nell’ esoterismo; quelli sono libri da leggere e ognuno te lo propone a suo modo il mistero
della crocifissione. Quando tu proponi un’ icone devi leggerla, non imporle la tua lettura e
poi piegarla e strumentalizzarla.
Esempio previo legato al Crocifisso di san Damiano: non c’ è biografia su questa icone,
non ci sono studi seri. Qualcuno spaccia queste cose (il bordo del Crocifisso) per
conchiglie, intanto questo bordo è falso, non è autentico, non l’ ha messo l’ autore! È come
il dito di Dio che nella cappella Sistina tocca il dito di Adamo: è un falso del settecento, si
era aperta una crepa e il restauratore ha dipinto il dito di Adamo che tocca ilo dito di Dio e
prende vita. Mentre l’ idea di Michelangelo era che il dito di Dio (GLJLWXV SDWHUQDH
GH[WHUDH) infonde lo Spirito ad Adamo, che era interte e non col braccio alzato. La mano
di Adamo, nell’ originale era inerte, altrimenti che gli infondeva il Padre? Gli infonde
l’ DOLWXVYLWDH, lo Spirito dà la vita (il consulente di Michelangelo era un teologo di scuola
agostiniana).
La cornice del Crocifisso di san Damiano ha un altro significato. Non c’ è conchiglia, è un
falso. Chi l’ ha dipinta sapeva quel che faceva, pur facendo un falso. Queste sono fogliette
di cardo che quando viene trasformato, riproposto, diventa acanto. E qui c’ è un mito
desunto da Genesi 3, dove Dio dice ad Adamo ed Eva, “ TXDQGR ODYRUHUHWH OD WHUUD YL
SURGXUUj FDUGL H VSLQH” (cfr Gn 3,18), ma nella risurrezione del Signore le spine
diventano fiori, il cardo diventa acanto, secondo il mito greco. Nella lettura ecclesiale
questo mito è stato trans-significato e l’ acanto diventa emblema (1%QRQVLPEROR) della
risurrezione. Nell’ abside romana di san Clemente, c’ è un bellissimo crocifisso musivo con
un cardo enorme con le foglie di acanto. Gli inesperti, guardando questa cornice, prima
leggono in maniera sbagliata l’ immagine scoprendovi delle conchiglie, poi vanno a
cercare il significato sul dizionario dei simboli, l’ applicano qui e così l’ errore di lettura è
duplice. Bisogna evitare di cadere nell’ illustrazione e mantenere il nesso tra la verità e la
bellezza! La lettura delle iconi è una decodificazione. Cosa deve fare l’ artista? Codificare
col linguaggio della pittura, musica, scultura, argenteria, cesello, la Scrittura! Per cui
quando si legge bisogna decodificare. Non si può leggere l’ icona fantasticando.
Sono necessarie tre cose: vocabolario grammatica e sintassi, come per ogni linguaggio.
(OHPHQWLEDVHSHUOHJJHUHO¶LFRQH
9RFDERODULR occorre sapere il significato della conchiglia, ad esempio, nei vari secoli e
nei vari autori.
*UDPPDWLFD Però il vocabolario non basta, bisogna capire come sono accostate e questa
è la grammatica. Ad esempio il volatile del CSD ha configurazioni diverse da quelle del
gallo e per di più lì non c’ è alcun richiamo a Pietro!
6LQWDVVL bisogna conoscere le regole secondo le quali l’ icone viene composta unendo
diversi elementi di significato. Occorre sapere che gli artisti quando si prendono delle
licenze le segnalano in qualche modo, e solo quelle sono licenze poetiche!
3RL VL FHUFD O¶LFRQRORJLD che tema biblico si è prefissato l’ artista? Se non scopriamo il
tema dell’ artista va a finire che facciamo forzature. Non si può ad esempio partire da
luoghi comuni tipo “ prima si dipingeva il &KULVWXVWULXPSKDQV con gli occhi aperti e poi il
&KULVWXV SDWLHQV con gli occhi chiusi” . Questi sono luoghi comuni, questo è un Cristo
morto con gli occhi aperti, come ci sono Cristi vivi con gli occhi chiusi. Gli occhi aperti e
chiusi, nella storia dell’ iconografia, in forza di un’ iconologia estremamente forte, che va
conosciuta, la questione degli occhi ha un significato diverso. Perciò bisogna vedere la
storia come ha maturato questi vocabolari e come ha articolato questi elementi diversi.
Luoghi comuni no! Questo è un &KULVWXV SDWLHQV o un &KULVWXV WULXPSKDQV? Mai nella
nostra storiografia teologica si ha avuto una identificazione tra &KULVWXVSDWLHQV e &KULVWXV
WULXPSKDQV, per un motivo teologico, per lo stesso motivo per cui noi a parasceve al
momento massimo del &KULVWXVSDWLHQV cantiamo: “ 0RUWHPWXDPJORULILFDPXV'RPLQHHW
VDQFWDP UHVXUUHFWLRQHP WXDP FROODXGDPXV” , cioè dopo la Pentecoste Cristo è SDWLHQV,
porta con sé le piaghe, la prospettività della riproduzione figurativa (Cristo risorto, Cristo
crocifisso) non può fare mai dimenticare che è sempre lo stesso Cristo “ YLYHQV DG
LQWHUSHOODQGXP SUR QRELV” . Ci sono momenti in cui l’ icone non è icone, allora il Cristo
crocifisso viene raffigurato in altro modo, perché si può fare anche arte religiosa senza
fare iconi! Voi francescani avete su questo una tradizione tutta vostra, a san Damiano, nel
secolo XVII viene messo un crocifisso scultoreo di fra Innocenzo da Palermo, quello – si
dice – con le tre espressioni. Questo Innocenzo da Palermo, degli Osservanti, è allievo di
frate Umile da Pietraia, degli Osservanti. Frate Umile da Pietralia lo conosco bene è uno
dei grandi traduttori in figurazione scultorea del Crocifisso secondo l’ 2IILFLXPSDVVLRQLV
di Francesco. “ ,Q &LYLWDWH 'HL QRVWUL 6FULSWXUD” è sempre una traduzione della Scrittura
all’ interno della Chiesa, di cui fanno parte anche le spiritualità diverse. Il Beato Angelico,
ad esempio dipinge seguendo alla lettera la Summa di Tommaso d’ Acquino e le /HWWHUH di
Caterina da Siena, perché ci sono delle mediazioni della Scrittura che sono comunque “ LQ
FLYLWDWH 'HL QRVWUL” . Non si può capire il Beato Angelico senza leggere la 6XPPD
7KHRORJLDH, la 9LWD&KULVWL (Tertia pars) e le /HWWHUH di Caterina, perché altrimenti non si
capisce. Caterina parla della passione e della morte di nostro Signore nel presepio, come
capire tutto questo?
/HIRQWLDJLRJUDILFKHGHOO¶LFRQRJUDILD
L’ agiografia di fondo è data dalle Scritture lette “ LQFLYLWDWH'HLQRVWUL” , e questa complica
le cose. La prima cosa ad essere complicata sono gli Apocrifi, i quali, più venivano
condannati e più venivano usati, e non c’ è bisogno di andare a Giotto nella Cappella degli
Scrovegni per arrivare a questo: nel Crocifisso di san Damiano è usato l’ apocrifo di
Nicodemo abbondantemente, come vedremo ed è un apocrifo ripreso dall’ autore di questo
Crocifisso o da chi gli ha suggerito il tema. Pensate che subito dopo la prima condanna
(sec IV), che Girolamo aveva ripreso ed aggravato, 20 anni dopo nell’ arco di Papa Sisto in
S. Maria Maggiore a Roma viene riproposto tutto l’ apocrifo del Protovangelo di Giacomo
(pseudo Giacomo), vent’ anni dopo che un Papa l’ aveva condannato un altro Papa lo
ammette. Gli apocrifi hanno subito condanne, ma non sono mai state di fatto recepite. Gli
apocrifi entrano sempre abbondantemente nella spiritualità. Pensate quanto hanno influito
nei secoli XIV e XV le 0HGLWDWLRQHV 9LWDH &KULVWL dello Pseudo Bonaventura, che è un
francescano, da allora in poi tutti i presepi occidentali presenteranno Maria in ginocchio,
cosa inaudita, perché Maria, nel presepe, è distesa, sempre! C’ è la coperta di porpora, se si
vuole sottolineare che Maria ha generato il Verbo di Dio allora Maria è tranquilla e serena
e le mani sono distese bianche sulla porpora. Se viceversa si vuole sottolineare che ha
generato l’ uomo che patirà (cfr. s. Caterina e la passione nel presepio), allora le mani di
Maria sono sempre sulla porpora, ma la afferrano mostrando il suo travaglio. È tutta
un’ altra cosa, eppure è l’ una e l’ altra, sono due tradizioni, bisogna vedere come viene
riproposto tutto questo, facendo attenzione a tutti questi particolari.
/¶LFRQHDXWHQWLFDYHURQLFDPLUDFRORVDDFKHURSuWD
Ci sono tre aggettivi che dicono queste cose in maniera epigrafica: le iconi autentiche, una
volta che son fatte, sono dette veronica, miracolosa e acheropìta. Nei nostri manuali di
storia dell’ arte il chiostro di Amalfi vien detto “ chiostro del paradiso” . Ebbene, nella
tradizione monastica “ SDUDGHLVRV-paradiso” non è solo il chiostro di Amalfi, perché il
chiostro monastico è diviso in quattro sezioni-giardini, che rappresentano il giardino
dell’ Eden, il giardino del Cantico dei Cantici, della risurrezione dove la Maddalena
incontra il Risorto e dell’ Apocalisse. I quattro giardini sono due reali e due metaforici e
così formano il chiostro. Ecco il chiostro del Paradiso. Tutti i chiostri autentici sono
chiostri del Paradiso, anche se per i libri di storia dell’ arte lo è solo quello di Amalfi!
9HURQLFD, nella via Crucis è la donna che asciuga il volto di Gesù e ne riceve impressa
l’ immagine sul sudario. Il Sinodo di Pistoia avrebbe voluto che nella via crucis ci fossero
solo episodi evangelici e non si facesse ricorso agli apocrifi, personalmente non sono
d’ accordo, non è saggio, perché se ci sono delle immaginazioni, che sapendo che sono
immaginazioni ti rivelano tutta una serie di cose stupende da non buttar via! La Veronica,
che riceve l’ impressione del volto di Cristo sul sudario, non è una storia è un mito, ma è
un mito che ti dice una verità enorme e una responsabilità enorme, quella di ricevere il
volto di Cristo in forza della sua passione, del suo sudore, delle sue lacrime, del suo
sangue. Veronica è quella, veronica è ogni icone, l’ etimologia è fasulla, mezza latina e
mezza greca, ma il senso è quello: vera eikon, vera immagine; ogni icone deve essere vera
e tutte le iconi sono Veroniche in tanto in quanto sono vere come dicevamo all’ inizio della
corrispondenza tra bellezza e verità.
In secondo luogo tutte le iconi sono PLUDFRORVH: effige miracolosa non vuol dire che fa
miracoli, miracolosa vuol dire “ PLUD RFXOLV” cioè c’ è bisogno che un’ icone sia una
meraviglia agli occhi nostri, perché le nozze tra verità e bellezza si fanno con uno scopo
preciso: la verità come primo frutto si propone l’ aderenza della fede, l’ RERHGLHQWLDILGHL.
La bellezza, il primo frutto che si propone è la meraviglia, lo stupore davanti ai mirabilia
Dei. Ecco perché Luca narra LVWRULNq, perché secondo Ambrogio Luca cerca
contemporaneamente di suscitare l’ RERHGLHQWLDILGHL e lo stupore davanti ai PLUDELOLD'HL,
alle meraviglie di Dio. L’ icone è fatta per suscitare la meraviglia, quindi è una cosa PLUD
RFXOLV. L’ icone deve captarti, deve sedurti: “ IDPPLVHQWLUHODWXDYRFHIDPPLYHGHUHLOWXR
YROWRSHUFKpODWXDYRFHqVRDYHHLOWXRYLVRqOHJJLDGUR” (Ct), c’ è il desiderio di vedere le
meraviglie di Dio. Quindi ogni icone deve essere miracolosa. Se non è miracolosa,
probabilmente non è neanche un’ opera d’ arte. In fondo non è che ci interessi che sia
un’ opera d’ arte, anche se, quanto più è un’ opera d’ arte tanto più ha la probabilità di
avverare lo scopo ma ci interessa anche che ci mostri le meravigliose opere di Dio. Andate
a vedere certi crocifissi, dato che i crocifissi sono emotivamente più sorprendenti, che
magari non sono opere d’ arte di primo ordine, ma che sono delle vere iconi perché ti
propongono davvero e ti fanno cogliere questo stupore davanti alla passione.
Terzo tutte le iconi sono DFKHURSuWH. La parola è greca, significa non fatte da mano
d’ uomo. Attenzione quello è un mito, si diece che quel volto non è dipinto da mano
d’ uomo, poi la faccia dell’ angelo ecc. Si tratta di un mito, ma dentro il mito è contenuta
una verità profonda, dentro il mito viaggiano cose serie, cose reali: l’ artista a un certo
punto deve sentire quel che bene esprime Dante nella Divina Commedia: “ $OO¶DOWD
IDQWDVLDTXLPDQFzSRVVD” (Par 33,142). C’ è un momento in cui lo stesso artista è preso
dalla meraviglia, dai mirabilia Dei. È questo il momento in cui si dice che i pittori
cristiani, gli scultori cristiani si inginocchiano. È il momento in cui viene sostituita la loro
mano. La loro mano viene come guidata. La loro fede, la loro speranza, l’ eco che
recepiscono della fede e della speranza LQFLYLWDWH'HLQRVWUL, capisce di traballare. Questo
è un po’ comune di tutti gli artisti. Michelangelo, terminata l’ opera del Mosè batte il
martello sull’ opera: “ Perché non parli?” Michelangelo stesso rimane meravigliato davanti
all’ opera che ha appena visto sbalzar fuori dal marmo per sottrazione (Michelangelo ha
un’ idea platonica della scultura, questa è la sua poetica e la sua estetica). Da quel
momento quell’ opera è acheropìta, non fatta da mano soltanto. E tutte le iconi che non
diventano a un certo momento acheropìte mancano di qualcosa!
Per cui la traduzione di quel che abbiamo detto prima, le nozze autentiche tra verità e
bellezza nascono con queste tre qualità. Tutte le iconi (scolpite, dipinte, ecc.) realizzano le
nozze tra verità e bellezza solo se c’ è questa YHUDLFRQH, se c’ è questa PLUDRFXOLV, se c’ è
questa DFKHURSRLqLQ.
8QFURFLILVVRSURWRWLSR
Un’ ultima parola: ci sono tre crocifissi che sono nella storia dell’ arte occidentale tre punti
a cui rifarsi. Non lo dico qui per FDSWDWLREHQHYROHQWLDH.
Uno è il FURFLILVVRFRVLGGHWWRGL1LFRGHPR, che è costruito su Giovanni 4 ed è il santo
volto di Lucca. Ed è scultura.
Secondo è il FURFLILVVRFRVLGGHWWRGL$ULEHUWR ed è uno schiacciato in rame. Schiacciato
significa scolpito ma a bassissimo rilievo, la terza dimensione c’ è ma sfugge. È
attualmente all’ opera del Duomo a Milano. Ariberto era l’ arcivescovo. In questo caso si
tratta di scultura in metallo.
Il terzo è il &URFLILVVRGLVDQ'DPLDQR, che è una pittura, per certe cose è riducibile ad
altro e per certe cose è KDSD[, e dovremo dire quale KDSD[ e perché è KDSD[.
Questi tre crocifissi stanno all’ origine della svolta della raffigurazione del Crocifisso in
Occidente.
Vi anticipo una cosa che è questa: normalmente si dice che l’ Oriente presenta il trionfo e
la gloria del Cristo, mentre l’ Occidente l’ umanità. Bene: è stato così per la raffigurazione
della natività, del battesimo, della trasfigurazione non per la raffigurazione del Crocifisso.
Non dimentichiamo che nel 1054, quando arriva a Costantinopoli quella delegazione che
deporrà la scomunica sull’ altare di Santa Sofia, lì c’ è tutta una serie di contestazioni degli
Occidentali agli Orientali e degli Orientali agli Occidentali (il pane azzimo, il celibato dei
preti, la mancanza dell’ epiclesi nell’ anafora). Bene, tra le accuse che l’ Occidente fa
all’ Oriente (e non viceversa!) c’ è che l’ Oriente s’ è permesso di allontanarsi dalla
tradizione che raffigura Cristo in croce vivo, vestito e glorioso per fare crocifissi
dolorifici. I crocifissi dolorifici non nascono in Occidente, nascono in Oriente, tant’ è vero
che nel 1054 questa è l’ accusa che gli occidentali fanno, con la bolla di scomunica a
Costantinopoli. Ma quelli sono gli anni, i decenni delicatissimi in cui vanno spuntando
anche in Occidente i crocifissi dolorifici. Il Crocifisso di san Damiano non è dolorifico,
quello di Lucca non è dolorifico, quello di Milano, lo è invece e sono tutti degli stessi
decenni. Per me il Crocifisso di san Damiano, oltre che KDSD[, per ragioni che cercherò di
mostrarvi, è anche prototipo e cercherò di mostrarvelo.
3DUWH,,/HWWXUDGHO&URFLILVVRGLVDQ'DPLDQR
/DYLFHQGDVWRULFDGHO&URFLILVVRGL6DQ'DPLDQRLOUHVWDXURGHOµ
Dobbiamo dunque fare questo passaggio, questo rapporto, tra iconologia e iconografia,
com’ è nel nostro caso specifico. Non fa male dire qualcosa della vicenda di questa tavola,
non tanto per far storia, o storia dell’ arte o non so che. Io cercherò di dirvi ciò di cui sono
convinto, i motivi per cui sono convinto ed ancora delle cose che mi restano dubbie. Il più
delle cose dipendono dal restauro del 1938-39, che - come sapete - è stato proprio una
medaglia con dritto e rovescio, ha salvato la tavola, perché veramente, a quanto pare, era
ridotta in pessime condizioni e, per l’ altro verso, (siamo negli anni 38-39) non so quanto
valesse come restauratore la signora che l’ ha restaurato. Non riesco ancora a cogliere bene
la faccenda, bisognerebbe cercare, c’ è pochissima documentazione, di quel restauro
abbiamo foto in bianco e nero e le cose che si vedono in bianco e nero non si possono
distinguere bene, non riesco bene a capire come funzionano per cui credo ci sia bisogno
davvero di una ulteriore approfondita ricerca documentaria su questa vicenda del 38-39.
Certamente sappiamo delle cose che mettono – come dire - sull’ attenti.
Era ridotta male, la tavola, si dice sempre tavola anche quando come in questo caso, e
questo capita sulle tempere anche orientali più spesso di quanto si supponga, la tavola è
lavorata su legno, nel nostro caso di noce, su cui è steso un telo di lino grezzo. Stessa
identica operazione si trova nell’ DFKHURSLWD del 6DQFWD 6DQFWRUXP, cioè quell’ immagine
del Salvatore dagli occhi grandi che si trova in San Giovanni al Laterano: è la stessa
identica tecnica, per cui il lavoro di pulitura non andò molto per il sottile, pulivano,
ridipingevano. Quella per esempio pativa ogni anno l’ abitudine di essere crismata,
profumata - immaginate questo che cosa provoca - ma non si preoccupavano perché il
problema era che fosse l’ immagine su cui si sedimentava la devozione e la celebrazione.
Quindi si lavorava in questo modo. Sul Crocifisso di san Damiano non credo che risulti
niente del genere, però è certo che la tavola era ridotta male e che era in queste condizioni.
L’ icone è dipinta a tempera, ma la tempera non è direttamente su tavola, ma su questo telo
incollato. E allora che succede? Che la restauratrice, attorno al collo e in alto sul volto,
stende un pezzo di lino nuovo che viene ridipinto. Vi sono poi altre ridipinture, che
toccano i personaggi ai lati e in specie la gamba sinistra, che è più rigida dell’ altra (è una
protesi), sono indizi che danno a pensare. I piedi: uno è stato restaurato e uno ridipinto. Le
costole dello stomaco sono state attenuate e l’ ombelico del Cristo è stato portato più in su
(la restauratrice dice che così ha trovato sotto, ma questo andava documentato per non
lasciare dubbi). Il OLQWHXP, così è chiamata la cintola del gonnellino anche in siriaco come
alla latina, è stato toccato ma è una cosa delicatissima. Gli ornamenti bianchi non sono
viticci ma i cirri delle viti, gli attacchi delle viti. Ora ce n’ è uno che mi pare artificiale
perché rompe la specularità ed è un po’ troppo invasivo e anomalo. Come mai manca il
nome di Stefanatos? Dall’ altro lato, a destra, vi il nome di Longinus, anche questo ripreso
dall’ apocrifo, ma all’ altro nome (quello del personaggio a sinistra) cos’ è successo se
c’ era? Vorrei saperne di più ma manca la documentazione.
/HWWXUDGHOO¶LFRQRORJLDGHOFURFLILVVR
/DFURFH
Dopo queste premesse legate al restauro, cerchiamo di dire alcune cose come allo stato
attuale ci risultano. Parliamo della questione della iconologia: c’ è il vangelo secondo
Giovanni, chiarissimo, tanto che c’ è qualcuno che lo chiama Cristo giovanneo. Andiamoci
però piano perché queste definizione DG XQLFXP sono sempre molto rischiose
nell’ iconografia. Giovanni c’ è evidentemente. Ma c’ è anche Luca e non nel senso il
centurione che sta ai piedi corrisponde alla descrizione di Luca ma come qui ci sono
Giovanni 19 e Luca 23 come base testuale. Inoltre incontriamo anche Andrea di Creta,
Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo, Agostino e Ambrogio. Quindi è una iconologia
complessa, nella prospettiva del ³VLFXW DXGLYLPXV LQ FLYLWDWH 'HL QRVWUL´: cioè chi ha
dipinto questa icone, monaco teologo, uomo spirituale o altro, evidentemente la sapeva
lunghissima; questo è un trattato di teologia e di spiritualità, e bisogna prendere questo
trattato per quello che esso è. Certamente non è per natura sua un trattato di spiritualità
francescana, questo precede la spiritualità francescana. Però, e non è per FDSWDWLR
EHQHYROHQWLDH nei vostri confronti che lo dico, mi pare che provvidenzialmente c’ è qui una
delle trattazioni più cospicue di un aspetto della spiritualità francescana: la nuzialità di
Cristo l’ ammirabile FRPPHUFLXP tra Cristo e la sua Chiesa, e questo è uno dei punti
carissimi al francescanesimo, per esempio Bonaventura.
L’ altra cosa, e mi riallaccio alla questione del restauro del ‘38-‘39, la restauratrice aveva
abbondanza di rosso e ne ha abusato. Oltre al mantello del centurione, nell’ uso del sangue
s’ è sprecata. È molto difficile che sia originale, il sangue che viene così scorrendo, ad
esempio, lungo le braccia, così “ realisticamente” . C’ è chi ci dice che è per fare cadere il
sangue sui vari personaggi presenti nell’ icone. Questa interpretazione non mi persuade
perché il problema del sangue sacramentale in questo ambito è a profusione di sorgente.
C’ è il WRSRV, il luogo comune, e i padri d’ Oriente quanto d’ Occidente che ci dicono che le
sue 5 piaghe (4 innanzitutto) sono sorgenti che scaturiscono e tendono a irradiarsi. Questo
si ricollega peraltro alla croce stessa.
La croce anche per la ³'LGDFKp´, è un figura geometrica che, per natura sua, tende a
deflagrare e ad espandersi a conquistare spazio. Non bisogna lasciarsi fuorviare e dire che
questa è una coppa, questo tipo di discorso a disegno, lo inventerà Rublev nel 1400, è
quindi un discorso successivo. E questo è voluto.
A proposito del fondo oro, in fondo (tra i santi in basso) c’ è dell’ oro perché il fondo d’ oro
resta dietro, stessa cosa doveva risultare anche in alto oltre le ali degli angeli, la
restauratrice invece ha dipinto tutto di rosso anche negli interstizi dove il fondo era aureo,
ma dimenticandone una parte che fa da spia indicandoci che il fondo era aureo. Vi è una
corrispondenza verticale precisa in cui pure l’ oro rientra.
/DOHWWXUD³RUL]]RQWDOH´FURFHDVWDWHUD«
Prima di leggere il contenuto verticale dell’ icone, guardiamo però il senso orizzontale. I
crocifissi si possono distinguere in due tipi. Prima del V secolo vi era solo la
rappresentazione delle croci, poi inizia anche la raffigurazione del Crocifissoi crocifissi
hanno stentato a farsi strada. Dietro a entrambe i modelli di cui parlerò ci sta Venanzio
Fortunato (sec. VI), che scrive due inni alla croce 3DQJH OLQJXD JORULRVL SURHOLXP
FHUWDPLQLV, (imitato poi da S. Tommaso nel 3DQJHOLQJXDJORULRVLFRUSRULVP\VWHULXP) e
9H[LOODUHJLVSURGHXQW, inni che noi cantiamo ancora. Forse però l’ idea non è del tutto sua,
ma della sua amica la diaconessa Radegonda con cui Venanzio Fortunato ha lavorato
molto e dalla quale ha probabilmente mutuato alcuno idee presenti nei suoi inni alla santa
Croce. Vi sono perciò, a partire da questo momento, due moduli della croce. Uno è un
modulo a statera, ³VWDWHUD IDFWD FRUSRULV´ – dice Venanzio nel suo inno 9H[LOOD UHJLV
SURGHXQW – cioè le braccia del Cristo si stendono a Bilancia. In questo caso il Cristo sta lì
come ago della bilancia. Che cosa ci sta a monte di questa raffigurazione, dal punto di
vista iconologico? ³4XHVWD q O¶RUD LQ FXL VL SRQH LO JLXGL]LR GL TXHVWR PRQGR RUD LO
SULQFLSHGLTXHVWRPRQGRYLHQHHVSXOVR´ (cfr. Gv 12,31). In questo caso nel punto centrale
dell’ ago, del perno costituito dal collo, c’ è l’ occhio sinistro del Cristo. La bilancia è
quest’ occhio che vede e che giudica a bilancia.
«FURFHFRPHDOEHURGHOODYLWD
Il secondo modulo di raffigurazione del Crocifisso è quello che vi intravede l’ albero della
vita che lo stesso Venanzio Fortunato ha messo in evidenza nel 3DQJH OLQJXD JORULRVL
SURHOLXPFHUWDPLQLV. In questo caso il Cristo è il frutto, non è il giudice che sta lì a vedere
o a guardare ma è il frutto dell’ albero della vita. C’ è di mezzo perfino l’ evoluzione della
cosiddetta leggenda della croce (cfr. Jacopo da Varagine sec. XIII)1, per cui Adamo non
1
NdR. La leggenda della vera croce si trova meravigliosamente affrescata nella chiesa di SanFrancesco
ad
, come
Arezzo, ad opera di Piero della Francesca (1452-1460). Il ciclo di affreschi inizia con la storia di
dal suo letto di morte, abbia mandato il proprio figlio Set presso l’Arcangelo Michele, come questi gli diede
alcuni semi dell’albero del Peccato Originale da mettere nella bocca del padre al momento della morte. L’albero
nato sulla tomba del patriarca vienepoi
Salomone e il suo legno, inutilizzabile per qualunque
abbattuto
dal
,Re
cosa, verrà utilizzato come ponte. nel suo viaggio per incontrare Salomone e in procinto di
attraversare quel ponte, ha la visione che il Salvatore verrà crocifisso con quel legno. Invece di attraversarlo si
inginocchia ad adorare quel legno. Quando Salomone scopre
del messaggio divino ricevuto dalla
la natura
. Ma il legno viene ritrovato e, dopo un
Regina di Saba ordina che il ponte venga rimosso e il secondo messaggio
della Passione. Tresecoli
prima di affrontare
premonitore,
diventa
"!# $ lo, l'strumento
chepiùglitardi,
Massenzio nella Imperatore Costantino fa un
indica di combattere nel
nome della Croce per vincere il nemico. Dopo la vittoria, la madre di Costantino Elena va a Gerusalemme per
recuperare
miracoloso. Nessuno sa dove sia la reliquia della Croce, tranne un ebreo chiamato Giuda.
% & $ il legno
' &' in un pozzo e rivela il nome del tempio dove sono conservate le tre croci del Calvario.
riuscendo a portare con sé un rametto dell’ albero della vita manda suo figlio Set, che
riuscì nell’ impresa e tornò dall’ Oriente (il giardino è piantato in Oriente) portando con sé
questo rametto di speranza, appena prima della morte del padre e glielo mise nella bocca
come YLDWLFXP ed Adamo morì contento. Fu sepolto all’ RPELOLFXVPXQGL cioè al centro del
mondo, sotto il Calvario, perciò sotto la croce verrà poi raffigurato un cranio, e il Golgota
è detto il luogo del cranio. Questo rametto diventa protagonista di tutta una serie di cose:
andò a finire sul Tabor, andò nella valle di Gerusalemme dove c’ è ancora oggi la basilica
dell’ albero, al tempo di Salomone diventò una trave e la volevano mettere nel tempio ma
non ci riuscivano perché questa trave scappava sempre, fino a quando questa trave andò a
finire nella piscina di Siloe e lì nella piscina probatica guariva tutti, quindi la narrazione
sulla vicenda della croce si accumula in continuazione. E ‘sto legno viaggiava di qua e di
la e poi fu preso al momento della condanna di Gesù quando cercavano un pezzo di legno
da caricargli sulle spalle, come traversa della croce. E presero questo legno e glielo
caricarono sulle spalle. Vedete quanta sedimentazione, quante cose in questo mito, in
questa leggenda. Così l’ albero della vita, per mezzo di Adamo, non è soltanto piantato sul
cranio di Adamo, non è neanche soltanto il suo YLDWLFXP, diventa parte della croce. E il
povero Adamo che ce l’ ha fatta grossa, però ci ha lasciato qualcosa, si è preoccupato per i
suoi figli, attraverso quel rametto è venuto un albero, e quale frutto ha dato! E in questo
caso il Cristo attaccato in croce è il frutto dell’ albero della vita.
I due tipi appena presentati (la bilancia e l’ albero della vita) sono evidentemente due tipi
che hanno un’ influenza enorme nella storia della iconografia cristiana. Come vedete c’ e
un’ iconologia complessa, perché non è soltanto iconologia biblica. Questa si alimenta e
vi sono apocrifi, aspetti liturgici, innografia, ma vi sono anche tradizioni popolari, di
quelle però che non smentiscono la fede. Il VHQVXV ILGHL della devozione popolare non è
una nostra scoperta. C’ è un discorso enorme, dietro tutto ciò! E anche questo è un aspetto,
permettetemi di dire, francescano, che non va per niente sottaciuto o sottovalutato. Questo
dunque è un crocifisso a tipo statera. E ricordiamo le anafore, tutte, quelle che celebrano il
mistero della croce, romane, siriache, orientali e occidentali dove uno dei punti cardine è:
³HJOL VWHVH OH EUDFFLD VXOOD FURFH PRUHQGR GLVWUXVVH OD PRUWH H SURFODPz OD
ULVXUUH]LRQH´.
/¶RFFKLRHLOJLXGL]LR
Vi stavo dicendo, poco fa, della faccenda dell’ occhio. Gli occhi sono grandi qui, questo è
un punto molto rilevante e determinante. C’ e nel vangelo di Giovanni una pericope di
molto interesse laddove Gesù dice ³LO3DGUHKDULPHVVRRJQLJLXGL]LRDO)LJOLR´(cfr. Gv
5,22) e gli scolastici, sia di scuola domenicana che di scuola francescana, si sono molto
impegnati nel nostro medioevo a cercare di capire questo discorso: che significa che il
Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio? Quello che ne viene fuori è che se il giudizio, il
nostro giudizio, il giudizio su questo mondo, fosse rimasto riservato al Padre e non
(')*'+ ', ++, & $
perché
Elena ordina la distruzione del tempio; vengono trovate le tre croci e provoca una miracolosa resurrezione. Nell'
anno 615 il Re persiano Cosroe trafuga il legno per arricchire la sua
collezione
di oggetti di culto. L'
Imperatore d'
Oriente Eraclio muove guerra al Re persiano e, dopo averlo
+- , ritorna
a Gerusalemme col Legno Sacro. Ma un prodigio divino impedisce all'
Imperatore di entrare
trionfalmente
inGerusalemme.
Così Eraclio, messe da parte tutte le forme di pompa e magnificenza, entra nella
'
*
)
'
+
città
, in gesto di umiltà, sull'
esempio di Gesù Cristo.
l’ avesse rimesso al Figlio, noi saremmo stati giudicati con giustizia e misericordia, perché
Dio è giustizia e misericordia. Ma avendolo Egli rimesso al Figlio, il Padre – stiamo
naturalmente balbettando antropomorficamente, ma diciamo cose che teologicamente
hanno molta radice – è come se sulla giustizia il Padre avesse fatto prevalere in se stesso
la misericordia. Perché? È una cosa stupenda questa che vi sto per dire. Perché dicono i
due grandi teologi della scolastica – san Tommaso e san Bonaventura – perché il Figlio, in
quanto Dio, è giustizia e misericordia come il Padre; ma in quanto uomo ha un’ esperienza
della debolezza umana che il Padre non ha. Questa è una cosa che ti commuove. Il Padre
rimette ogni giudizio al Figlio, perché giudichi con giustizia e misericordia come Egli
stesso farebbe. Però – dice al Figlio – “ Tu li puoi capire! Perché tu li puoi capire” Perché
Egli ha pianto come noi, perché ha sofferto come noi, e ha patito come noi, perché c’ è la
sua solidarietà umana con noi. Ora, l’ apertura dell’ occhio che viene dal patriarcato
alessandrino, questo è un tratto tipico della iconografia egiziana – vi ho detto che tutti e 5 i
patriarcati sono impegnati in questo Crocifisso – gli occhi spalancati così a cosa ci
rinviano? C’ è un documento letterario molto antico Abercio che dice: “ io sono discepolo
di quel pastore che ha gli occhi grandi, che guardano dovunque” . Testo che riecheggia la
Lettera agli Ebrei la dove si dice ³Ê ULVRUWR LO SDVWRUH JUDQGH GHOOH SHFRUH´ (cfr. Eb
13,20), gli occhi grandi sono occhi che guardano dovunque. È il SDQRSWRQ. E gli antichi, i
greci, i grafici, lo dicevano come uno degli attributi del Sole. Il Sole che vede tutto, ha
occhi grandi. Questo è tipico del pastore. Allora il giudizio qui è di Cristo, Figlio di Dio,
giusto giudice, misericordioso, che ha occhi grandi e niente gli sfugge. La cosa la
vedremo confermata nell’ analisi delle sei ciocche che scendono sulle spalle.
,OVXSSHGDQHXPLQEDVVR
In basso, abbiamo il VXSSHGDQHXP, il poggiapiedi, e questo è un elemento che viene dalla
Cappadocia, quindi qui c’ entra l’ altro patriarcato, siamo con Costantinopoli. Cristo che
incrocerà i due piedi è un discorso storicamente successivo, attaccato direttamente alla
croce senza poggiapiedi questo è un discorso successivo, questo elemento del poggiapiedi
sul quale sono inchiodati i due piedi dice l’ arcaicità. Se non fosse chiaro io l’ ho detto
stamattina abbastanza chiaramente, mi sembra, in quanto ho detto che questo è un
prototipo. La mia posizione è che questa croce è la prima delle croci umbre di questo tipo
ed è realizzata, circa, intorno agli anni delle due altre croci alle quali ho fatto riferimento
stamattina, quella di Eriberto e il Santo Volto. Certo d’ altra parte come insegnate S
Damiano è del 1030 e nel 1050 abbiamo quella reazione a Costantinopoli. La mia
posizione è che questa croce non è per niente del 1200, ma non sono il primo questo a
dirlo eh! Ma che questa croce è del 1000 intorno alla metà tra il 1050 e il 1030, roba di
questo genere, e da questo nascono tante cose. Perché dico così? Perché qui ci sono tanti
particolari.
Il primo è questa scena in alto, che non è l’ Ascensione ma è una prospettiva teologica
sull’ Ascensione come metteremo in evidenza. Questa cosa qui, racchiusa nel cerchio in
alto, poi diventa ascensione esplicita narrativa, mentre questa non è una ascensione
narrativa. E quindi chi viene appresso in parte capisce in parte non capisce e allora se ne è
data una OHFWLRIDFLOLRU mentre questa è una OHFWLRGLIILFLOLRU, dal punto di vista teologico.
Ora la OHFWLR GLIILFLOLRU, da un punto di vista metodologico, precede sempre la OHFWLR
IDFLOLRU, perché sono quelli che non colgono, che tendono a facilitare. È chiaro: o non
capiscono bene o gli sfugge qualcosa, oppure vogliono essere popolari, attenuano e
cambiano. È come per i maestri, si spera che i discepoli li superino, come dice Leonardo:
“ Cristo come Maestro che non viene superato da lo discipulo” , però non sempre è così.
Allora questo mi dice mi conferma, a parte altre arcaicità di tutto ciò, questo mi conferma
sulla mia idea, io sono persuasissimo che questa croce è arcaica ed è arcaica non solo per
questo tipo, ma come croce è arcaica. La pongo alla pari delle altre due in questo senso e
quindi ancora non è sbilanciata sul discorso della sofferenza così messa in evidenza. Mi
sembra che in evidenza siano i pezzi che vengono da questo patriarcato da quel
patriarcato, questo viene da Alessandria (il SDQRSWRQ), questo (il VXSSHGDQHXP) dai
Cappadoci, cioé da Costantinopoli e questo (il OLQWHXP) dai Siri: ecco Antiochia.
,OOLQWHXPHLOVXRVLJQLILFDWR
Che cos’ è questo OLQWHXP? Dunque vi dicevo il termine OLQWHXP è usato in quest’ apocrifo
che è l’ DSRFULIR GL 1LFRGHPR, anche quando viene tradotto in greco viene chiamato
OLQWHXP, dal latino OLQWHXP, quando viene tradotto in siriano troviamo ancora OLQWHXP, cioé
questo termine OLQWHXP non scompare mai in nessuna redazione dell’ DSRFULIR GL
1LFRGHPR. Quindi un senso l’ avrà. Come si traduce OLQWHXP? /LQWHXP si traduce
grembiule. Ora sulla lettura di questo elemento figurativo, ma questo non solo per questo
crocifisso, si è diffuso un WRSRV, un luogo comune, che vede nel OLQWHXP a doppio telo
come questo, una reminiscenza dell’ HIRG sacerdotale veterotestamentario: perché? Il
problema è che chi fa questa interpretazione non sta leggendo questo tipo di figurazione,
che viene dai Siri, e dovrebbe vedere in che senso i siri lo hanno già usato, ma sta
semplicemente applicando la propria precomprensione che qui bisogna dire sacerdozio di
Cristo e dunque questo dev’ essere l’ HIRG… eh no! Il sacerdozio di Cristo emerge
ugualmente, vedremo come emerge in maniera molto più commovente che non con l’ HIRG
veterotestamentario. Perché questa figurazione non è l’ HIRG? Sappiamo a cosa serviva
l’ HIRG. Sappiamo che i sacerdoti che andavano al sacrificio, non al sacrificio vespertino
dell’ incenso, ma al sacrificio di olocausto con cui si ammazzava una bestia, mica erano
sacerdoti come noi che andiamo all’ altare e diciamo: “ Ti offriamo questo pane e questo
vino” , che è tutta misericordia del nostro Sommo Sacerdote! I sacerdoti veterotestamentari
andavano lì con il coltello e dovevano ammazzare una bestia aiutati dagli altri sacerdoti. E
qui evidentemente gli facevano scuola, oltre che di teologia e di esegesi, anche di
macelleria. Per ammazzare queste bestie, che non sempre erano agnellini o tortorelle, ma
anche buoi e vitelli, allora occorrevano 10 o 12 sacerdoti, i quali evidentemente
gesticolavano, si muovevano e siccome erano alti si voleva impedire che dessero
spettacoli piuttosto indecenti. Lo dice chiaro la Scrittura questo è l’ HIRG. Ora l’ HIRG perché
ottenesse questo scopo, mica lo si indossava così come un gonnellino, legandolo al modo
di questa raffigurazione! È chiaro che l’ HIRG lo si indossava a mo’ di pannolone, ed è
scritto come si indossava! Allora come si fa a dire che questo è l’ HIRG? mi capite mi
spiego, allora non bisogna fantasticare bisogna leggere OLQWHXP. Invece che cosa è il
OLQWHXP? Vi ricordate quel che si dice nel cap. 13 di Giovanni? “ Mentre erano tutti a
tavola, si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse un OLQWHXP e si mise a lavare i piedi ai
suoi discepoli” (Gv 13,1.4.). Allora vedete questo Cristo giudice e pastore è Cristo in
croce VHUYR. Qui c’ è tutto Isaia dentro. A me pare che a volte, pur con la nostra buona
intenzione, facciamo come quelli a cui il Signore, per bocca del profeta, dice: “ Popolo
mio perché agisci così insipientemente? hai pozzi, li chiudi e poi ti scavi cisterne, le
cisterne si sgretolano l’ acqua va via e poi ti lamenti con me che ti faccio morire di sete”
(cfr. Ger 2,13). Davanti a questa icone noi dobbiamo fare OHFWLRGLIILFLOLRU! Se questo è un
OLQWHXP leggiamo quello che questo testo ci da, senza sovrapposizione di devozioni
indebite. Vedete infatti come è legato il OLQWHXP, così dovette essere la sera prima. Dalla
sera del Giovedì alla sera di Parasceve, Cristo si presenta come servo! E ditemi se questo
non è tratto provvidenziale di collegamento tra questi concetti e la spiritualità monastica e
poi recepiti nella spiritualità francescana! A me pare di sì.
,OWHPDQX]LDOH
Saliamo un poco nella lettura dell’ icone. La signora “ restauratora” ha spostato verso l’ alto
e dipinto più in su l’ ombelico. Sull’ immagine non si vede bene. Su iconi così, come anche
sul crocifisso di Ariberto, che è schiacciato l’ anatomia si vede, per quanto è possibile, non
realisticamente ma abbastanza emblematicamente. Sul Crocifisso di san Damiano le ossa
non si vedono più bene, perché lei ha sparso sopra alla parte del torace – così ci viene
raccontato – una sorta di patina uniforme. Certo ha guadagnato in luminosità, come sono
stati ravvivati i colori, ma certamente l’ aspetto, l’ impatto di questa sua sofferenza, con le
ossa che vengono fuori evidentemente qui è scomparso, non ce l’ abbiamo più bene. È
rimasto molto bene il problema del sangue sul corpo del Crocifisso: qualche
considerazione perciò sulla transverberazione. Dicevo stamattina OHFWLR GLIILFLOLRU
VHTXHQGDHVW. Cristo in croce non è raffigurato morto se ha gli occhi chiusi e vivo se ha gli
occhi aperti! Secondo la narrazione degli evangelisti dell’ evangelista Giovanni in questo
caso, quarto vangelo cap. 19, se ha il sangue che gli cola dal fianco è morto, pure se ha gli
occhi aperti. Perché il problema della crocifissione, ecco Andrea di Creta, il problema
della crocifissione non è quello di narrare la storia ma è quello di proporre una teologia.
Andrea di Creta – e questo lo si canta in un canone della liturgia bizantina nel Mercoledì
della prima settimana di Quaresima – dice: “ Noi abbiamo un cratere di salvezza, è il
cratere di salvezza che ha raccolto l’ acqua e il sangue del suo fianco. Questo cratere di
salvezza è la nascita della Chiesa” ecco il tema di questo crocifisso. Stiamo accumulando
elementi ma adesso arriviamo al dunque. E qui ecco Ambrogio, ecco Agostino ecco una
serie, Giovanni Crisostomo per primo, il quale dice: “ La Chiesa si è unita a Cristo, si sono
sposati quando dal Suo cuore – e per far questo doveva morire – sono scaturiti sangue ed
acqua, simbolo del battesimo e dell’ Eucaristia” così sta scritto. Anticipiamo un pochettino
Luca 24, il quale dice: “ E non ricordavate che bisognava che il Cristo patisse e morisse
per entrare nella sua gloria?” La morte era necessaria perché si facesse testamento. Così si
esprime la Lettera agli Ebrei (cfr Eb 9,16). E allora andarono a nozze Cristo e la Chiesa. E
per dote – riporto esattamente Giovanni Crisostomo – il Cristo portò due cose sangue ed
acqua: il battesimo e l’ Eucaristia. Allora le nozze tra Cristo e la Chiesa avvengono a
questo punto e avvengono con questa dote, la dote che è il suo sangue e la sua acqua cioè
il battesimo e l’ Eucaristia. Questo si chiama secondo Paolo agli Efesini (5,32) P\VWHULRQ
WRPHJD, il grande mistero il mistero grande, il mistero delle nozze, “ lo dico di Cristo e
della Chiesa” – precisa san Paolo – e dunque anche di voi tutti che andate a nozze! Questo
è il tema di questa croce, è il P\VWHULRQWRPHJD. Il tema centrale di questa iconografia, di
questa iconologia, per la convergenza di elementi che andiamo raccogliendo e ne
aggiungeremo ancora, è il P\VWHULRQWRPHJD, ed è questo un altro di quegli elementi che
dicevo provvidenzialmente affini a tutto il rispetto, a tutta la devozione, tutta l’ adorazione
che Francesco aveva. E non a caso, ma dovreste essere voi a dire questo a me e non io a
voi, ecco dove dovete o dovreste legare il problema di Francesco davanti a questo
crocifisso e quel che gli dice Cristo: il discorso della chiesa dove la chiesa (di pietre da
riparare) diventa immagine di quel che è la Chiesa “ mistero grande” . Io non lo so se
Tommaso da Celano aveva chiara questa cosa, non lo so, ma so che c’ è una affinità tra
questo discorso e la Chiesa. Perché? Perché (nel contesto che stiamo prendendo in
considerazione) la Chiesa ha due riproposizioni: una fisica, addirittura architettonica, che
è la chiesa di muri e una riproposizione che è prima Maria e tutti gli altri con lei. Questa
come vedremo è la Chiesa. Di fatti mi viene in aiuto l’ altro aspetto iconologico qui
presente. Io ho detto che qui dentro c’ è Gregorio di Nissa. Li vedete questi quattro
angioletti qui sotto le mani del Cristo crocifisso, che stanno a fare? Vediamo cosa fanno.
Questi sono testimoni, sono quelli che poi successivamente, da Giotto in poi, a Cimabue e
nei pittori successivi, diventeranno gli angeli del compianto, ma in questa iconografia non
c’ è nessuno che piange nessuno. Questi quattro angeli, che qui vedete, stanno
chiacchierando, indicando qualcosa. Dietro questi quattro angeli, c’ è l’ iconologia di
Gregorio di Nissa Omelia VIII nel “ Commento al Cantico dei Cantici” . Fratelli Carissimi,
per leggere bisogna avere ascoltato molto, bisogna avere i Padri nelle mani. Dico sempre
ai miei alunni guardate che qui il computer non basta, perché non sai cosa bisogna andare
a “ cliccare” , qui devi avere la tua familiarità con la Parola, con i Padri, perché questa
gente la sapeva lunga, questa gente meditava, contemplava, pregava, e quindi quando poi
dipingevano, quando poi mostravano esprimevano, e sono cose enormi, ricchissime, e
chissà quanto altro che io non ho visto c’ è qui dentro, quanto altro tu ci puoi vedere,
perché è così, perché questi sono pozzi, miniere, e tu le scavi. E questo capita a tutti pure
ad un poeta che scrive quattro versi, non è detto che lui abbia chiaro tutto quello che poi i
critici gli faranno dire, non è detto affatto! Ma non perciò egli non l’ ha detto! Vedremo
ora quello che capita a questo poveraccio qui (indica il personaggio alla destra delle due
Marie), da questo punto di vista per cui l’ apocrifo lo ha scritto e l’ iconografo lo ha dipinto
qui. Anticipiamolo. Questo qui fa la figura che ha fatto il Sommo Sacerdote perché lui è
della stessa razza, imparentato: “ &XP HVVHW SRQWLIH[ DQQL LOOLXV GL[LW HW SURSKHWDYLW” (cfr
Gv 11,51). Non sapeva quel che diceva il povero Caifa: “ È bene che uno muoia per il
popolo” (cfr Gv 11,50). Che andava dicendo? Ma essendo pontefice di quell’ anno, senza
saperlo, SURSKHWDYLW. Lo stesso vale per questo personaggio (alla destra delle due Marie,
non sa cosa sta facendo, ma ora lo vedremo, per questo ce lo ha messo qui l’ apocrifo. Gli
angioletti secondo Gregorio di Nissa sono quelli che godono, – dice lui – esultano, di
essere stati chiamati ad assistere alle nozze di Cristo con la Chiesa. E Gregorio di Nissa
cita il famoso versetto della /HWWHUDDJOL(EUHL: “ $TXDOHGHJOLDQJHOLHJOLGLVVHLQIDWWLWX
VHLPLRILJOLRLRRJJLWLKRJHQHUDWR"” (cfr Eb 1,5) E questo, di per sé detto nel Salmo 2
della generazione eterna del Verbo, è detto nella esortazione di Pietro del giorno di
Pentecoste della risurrezione del Cristo (cfr At 2. 1GU la citazione del Sal 2,7 si trova in At
13,33, ad opera di Paolo, nella sua predicazione nella sinagoga di Antiochia di Pisidia).
Cioè nel momento in cui Cristo è morto e dà, affida alla Chiesa, la sua dote, quello è il
momento in cui, queste creature, secondo Gregorio di Nissa, dicono esplicitamente: “ Ci è
stato dato a noi – citando dal &DQWLFRGHL&DQWLFL che Gregorio sta commentando – a noi
angeli è stato dato un cuore e una capacità di ragionamento, (gli angeli che non hanno ne
cuore ne ragionamento!) che ci fa comprendere come gli uomini esultano. Questo è
Gregorio di Nissa. Allora vedete la presenza di questi quattro angeli sotto le mani del
Cristo è una presenza forte dal punto di vista teologico che, stando alla testimonianza di
Gregorio di Nissa dice, esplicita quello che qui sta succedendo, quello che qui si sta
svolgendo, il tema delle nozze!
,FDSHOOLDSSRJJLDWLVXOOHVSDOOH
Andiamo un po’ più su. I capelli nella tradizione iconografica cristiana non sono il
superfluo, perché questa sarà una interpretazione che verrà successivamente, quando i
capelli verranno intesi come la vanità. I capelli invece, basti pensare per esempio al voto
di nazireato (cfr Gdc 13,5; At 18,18), sono quella parte del corpo umano che viene
impiegata per dire, per essere messaggio diverso a seconda di come i capelli si atteggiano.
Mi limito qui a un solo aspetto, quando i capelli sono DSSRJJLDWL D, e cito due esempi
iconografici. 1) Quando le ciocche sono appoggiate qui sulla fonte, lo avete visto forse in
certi mosaici, due ciocche di capelli sulla fronte nel 3DQWRFUDWRU, allora sono in funzione
antiereticale, i capelli appoggiati sulla fronte dicono, in opposizione ai monoteliti, che le
operazioni di Cristo uomo–Dio sono due: volontà umana e volontà divina. I monoteliti
gliene attribuivano una sola, quindi – in questo caso – le due ciocche sulla fronte,
nell’ iconografia, sono in funzione antiereticale. In funzione antidocetista dicono che
Cristo resta Dio, totalmente Dio come il Padre, quindi dicono che la divinità del Padre e la
divinità del Figlio restano intatte, precise, distinte. Tutto questo lo si ritrova per esempio
nei manuali di pittura del monte Athos, nelle analisi dei Medioevali, che si rifanno
soprattutto a Dionigi aeropagita, per esempio nella Scuola di Chartres, presso i Vittorini,
Ugo di San Vittore, eccetera.
Quando i capelli sono appoggiati sulle spalle dicono il carico che Cristo si fa. Ciò che sto
per dire mi conferma nell’ idea che questo Crocifisso sia un prototipo. Nei crocefissi umbri
il più delle volte ci sono 3 ciocche per parte come in questo caso, ma c’ è anche qualche
caso in cui ce ne sono 3 da un lato e 4 dall’ altro. Io non sono riuscito ancora a capire, non
ho trovato documentazione, se questo caso è un caso di errore (di uno che veniva appresso
e non capiva più di che si trattasse) o di uno che ci ha voluto dire qualcosa che molto
sinceramente mi sfugge. Ma i segni sono chiari. Cristo ha detto una volta, Giovanni
ancora (cfr Gv 5,17): “ Io sono all’ opera con il Padre fino da principio” ; il problema
dell’ opera in 6 giorni, opera del Padre, è ugualmente opera del Figlio con l’ aggiunta che,
quando il Figlio muore in croce e sposa la Chiesa, l’ opera dei 6 giorni viene ricreata,
riformata. Questa è la riforma che la croce del Signore opera nel cosmo, se l’ è posta sulle
sue spalle. Egli è all’ opera con il Padre fin da principio, e anche questo è uno degli aspetti
estremamente interessanti, perché i capelli hanno sempre questa valenza esplicativa
quando sono “ appoggiati su” non sono soltanto un discorso così, superfluo, di ornamento.
/¶DXUHROD
Passiamo all’ aureola. Attenzione l’ aureola che cos’ è? Leggiamo l’ ultima TXDHVWLR della
parte III della 6XPPDWKHRORJLDH di S. Tommaso: 'HYLWD&KULVWL. L’ ultima TXDHVWLR è 'H
DXUHROLV. S. Tommaso ha studiato le aureole e dice: le aureole noi le mettiamo intorno alle
teste dei Santi, perché sono il nome nuovo proprio di ognuno. Nell’ Apocalisse sta scritto
che, se vinceremo, alla fine il nostro giudice ci darà il nostro nome nuovo, scritto su un
sassolino bianco: “ YLQFHQWLGDER«LQFDOFXORQRPHQQRYXPVFULSWXPTXRGQHPRVFLWQLVL
TXLDFFLSLW” (cfr. Ap 2,17). Io qual è il mio nome proprio non lo so, porto questo nome,
perché mio nonno si chiamava Crispino, niente di più. Il mio nome proprio me lo darà, se
vincerò, scritto in un sassolino bianco come lo darà a ciascuno e a ciascuna di voi. Perché
i religiosi cambiano nome? Sono nomi in cerca di identità, personaggi in cerca d’ autore!
Ma Cristo sì che lo ha il proprio nome, “ si chiamerà Salvatore” (cfr. Mt 1,21). L’ aureola
di Cristo come si fa? Benozzo Gozzoli ha scritto nelle aureole di certi angeli che ha
raffigurato nel corteo dei magi a Firenze nella cappella Strozzi: “ *ORULDLQH[FHOVLV'HR” ,
così ha dato loro un nome proprio. Sono questi gli angeli apparsi ai pastori e che hanno
cantato il JORULD. Le aureole sono tentativi di identificazione nella situazione definitiva,
ultima, escatologica. Ecco perché l’ aureola di Cristo è sempre crociata. Sempre! Gli
antichi maestri dipingevano il Padre, quando lo dipingevano, non come un vecchio ma: o
con emblemi (es. la mano in alto) o viceversa tale e quale come il Figlio, con la stessa
immagine, ma con una sola differenza, che l’ aureola del Figlio è sempre crociata, mentre
l’ aureola del Padre non è crociata, porta la scritta å rQ (K Q), cioè “ Colui che è” . A
Monreale c’ è un mosaico della creazione dell’ uomo bellissimo. Ci sono tre personaggi
con la stessa faccia: C’ è Dio creatore che ha la faccia del Figlio e l’ aureola senza croce,
c’ è in distanza il Figlio, stessa faccia, con l’ aureola crociata, Adamo, stessa faccia, perché
è fatto a sua immagine, ma è senza aureola. Ecco la storia dell’ uomo creato a immagine di
Dio. Quindi il problema dell’ aureola ha questo significato. La corona di spine che gli
viene posta sul capo durante la flagellazione, nessuno dice che la portò sino al calvario. È
un dato legato alla pietà e alla devozione. Nelle raffigurazioni di Gesù Cristo, spunterà,
comincerà a spuntare per responsabilità o merito dei francescani, ma circa 150 anni dopo!
Prima non c’ è corona di spine nei crocifissi, mai. C’ è invece un nimbo, un’ aureola
crociata, ma crociata a corona. Come si vede che è crociata a corona? Ci sono gemmeD
TXLQFXV, una parola latina-turca. 4XLQFXV è una parola della bassa latinità, e significa
questa composizione contenente cinque punti: quattro punti esterni e uno in mezzo.
Nell’ aureola del Crocifisso di san Damiano ci sono tre TXLQFXV. Che cos’ è il TXLQFXV? In
questo momento ancora non è chiaro. Due secoli appresso il TXLQFXV diventerà lo schema
della tipologia biblica, questo sarà l’ evento, l’ antitipo neotestamentario, questa sarà la
profezia DQWHOHJHP, questo sarà il tipo SRVWOHJHP, questo sarà il profeta e questa sarà la
sapienza. Si cercano cioè quattro punti veterotestamentari che ne annunciano uno
neotestamentario. In altri termini il TXLQFXV è la sintesi delle due alleanze, questo però
successivamente. In questo momento ancora non lo si capisce bene, però ci sono già dei
tentativi perché la tipologia è antichissima. Saranno i canonici regolari che questa cosa la
metteranno in evidenza, non i francescani, né i dominicani. Il TXLQFXV qui è ancora in
cerca di se stesso, comunque presagisce questo che stiamo dicendo. Ora mettere il TXLQFXV
qui nei tre punti significa fare di questa croce una corona regale, perché le corone sono
tutte a TXLQFXV, basti guardare ad esempio la corona regale della regina d’ Inghilterra o la
corona di Monza del re d’ Italia. La corona con cui si incoronava l’ imperatore di Spagna, il
re cristianissimo di Francia e gli altri re cristiani, hanno tutte il TXLQFXV, perché si
ritengono partecipi a loro modo – sapete questa gente era un po’ presuntuosetta – si
ritengono partecipi della regalità di Cristo. Ma la regalità del Cristo è la regalità delle
Alleanze, ecco perché la corona presenta il TXLQFXV, le gemme a TXLQFXV. È corona regale
perché, come recita il WLWXOXV posto sopra il capo di Gesù, egli è -HVXV 1D]DUHQXV 5H[
-XGHRUXP. Pilato non sapeva cosa scrivesse, tant’ è vero che quelli che l’ avevano
consegnato lo capirono e obiettarono: “ Ma cosa dici, devi dire che s’ è detto re dei Giudei
no che è re dei Giudei” “ 4XRGVFULSVLVFULSVL” replica Pilato. Lui profetizza senza sapere
perché: “ Ciò che ho scritto ho scritto” , e noi scriviamo ancora ciò che ha scritto Pilato,
l’ Oriente cristiano qui ci scrive “ + EDVLOqXVW VGz[HV” cioè il re della gloria e questo lo
ritroviamo subito qui (indica il tondo in alto che racchiude il Cristo), ma questo è un altro
discorso.
Allora intanto siamo saliti accomodando uno dopo l’ altro gli elementi che ce lo
identificano. Lo abbiamo detto pastore, lo abbiamo detto re, lo abbiamo detto giudice, lo
abbiamo detto pastore che vede tutto lo abbiamo detto colui che porta su di sé e rinnova il
creato, lo abbiamo detto servo. E come vedete c’ è tutta una contraddizione, è un sistema
di paradossi, perché re e servo, occhio e patimento, bilancia e effetto, praticamente è
davvero l’ accumulo di tutto ciò che possiamo pensare sperare e credere che egli sia stato e
sia.
/HVFHQHLQDOWRHLQEDVVR$QDVWDVLVH&ULVWRLQJORULD
Procedendo ancora nella lettura di questa icone, passiamo a considerare la scena dipinta in
basso, sotto i piedi del Crocifisso e troviamo un altro testo biblico che credo vada
considerato in tutta la sua forza ed è il testo di )LOLSSHVL 2,10-11. Ricordate: “ LQQRPLQH
,HVXRPQHJHQXIOHFWDWXUFDHOHVWLXPHWWHUUHVWULXPHWLQIHUQRUXP” , in realtà JHQXIOHFWDWXU
non vuol dire genuflettersi, vuol dire piegare il ginocchio, vuol dire piegare se stessi, fare
SURVFK\QHVLV, cioè nel nome di Gesù tutti si sottopongano, FHOHVWLXPWHUUHVWULXPHW
LQIHUQRUXP, gli inferi, “ HWRPQLVOLQJXDFRQILWHDWXUTXLD'RPLQXV,HVXV&KULVWXVLQJORULD
HVW'HL3DWULV” . Non si tratta di andare a identificare quali santi sono questi, raffigurati alla
base del crocifisso. Questo è il testo, l’ iconografia di )LOLSSHVL 2. Nel nome di Gesù,
obbediente fino alla morte e alla morte di croce, tutto, tutto quello che abbiamo detto,
RPQHJHQXIOHFWDWXUFDHOHVWLXPHWWHUUHVWULXPHWLQIHUQRUXP, cioè in linea verticale noi
abbiamo qui l’ DQDVWDVL all’ orientale e anche all’ occidentale. Questo è di nuovo, qualcosa
che viene dall’ Oriente, innanzitutto dalla Palestina, l’ altro patriarcato, Gerusalemme,
questa è la discesa agli inferi, l’ DQDVWDVLV. Qui ci sono sei personaggi, dice la famosa
restauratrice, ecco due si vedono e gli altri non si vedono. Ma è chiaro che uno di questi è
sicuramente lui che arriva con la sua croce come sempre nella DQDVWDVLV. Come qui. Lui
dopo schiodato, risorto – questo ce lo dirà l’ uccello qui dipinto – cammina con la sua
croce e, arrivando, libera questi altri personaggi qui raffigurati, e sale LQJORULD'HL3DWULV.
Il testo della Vulgata (cfr. Fil 2,11) dice “ HWRPQLVOLQJXDFRQILWHDWXUTXLD'RPLQXV,HVXV
&KULVWXVLQJORULDHVW'HL3DWULV” , mentre il testo greco non dice LQJORULD ma DGJORULDP
'HL3DWULV(NDLSDVDJO{VVDH[RPRORJrVrWDLKRWLNXULRV,rVRXV&KULVWRVHLVGR[DQ7KHRX
3DWURV. Allora la sua discesa agli inferi è immediatamente, è la grande liturgia vigiliare,
Egli va agli inferi a liberare quelli che sono laggiù. La discesa agli inferi è un articolo per
noi del simbolo apostolico, cioè proprio della Chiesa romana. La chiesa orientale lo ha
raffigurato come noi in Occidente lo raffiguriamo di rado, ma noi lo diciamo nel simbolo
battesimale romano che loro non dicono: “ HGLVFHVHDJOLLQIHUL” . Il discendere e
l’ ascendere è tipico indicativo della resurrezione di Cristo. Il GHVFHQVXV-DVFHQVXV
DQDVWDVLV. Non dimenticate che il canone XI del concilio Niceno I dice che è scomunicato
chi nel giorno di domenica o nel tempo pasquale si mette in ginocchio, perché costui con
il suo corpo – motivazione del concilio Niceno I – negherebbe quello che la sua mente
professa: è risorto, DQDVWDVLV vuol dire stare in piedi. Evidentemente questa gente aveva la
preoccupazione che tutti gli atteggiamenti dei cristiani fossero consoni, perché vivevano
in un mondo pagano, non ancora convertito, dunque tutto doveva aiutare a professare la
fede, pure queste cose. $QDVWDVLV vuol dire stare in piedi, allora lui va giù, li prende, li fa
stare in piedi, li porta su, e sale: ecco egli che sale. Il problema dell’ ascensione è una cosa,
è l’ evento storico, mentre qui ancora una volta è il senso teologico del salire fino al Padre
ad essere raffigurato. Lui sale LQJORULD'HL3DWULV e sul crocifisso di san Damiano si vede
tutto questo movimento a salire fino al Padre. Questa, cioè è una sintesi della economia
neotestamentaria, e tutto questo evidentemente comporta tutto ciò che comporta. Andiamo
qui, vedete, Cristo ha questi piedi così aperti (LQGLFDLO&ULVWRQHOWRQGRLQDOWR), questi
piedi aperti in alto cosa sono? Guardiamo in basso (LQGLFDODSDUWHLQEDVVRGHO&URFLILVVR
VRWWRLSLHGLGHO&ULVWR), in basso la tavola è mutila, quella che taluni identificano come la
pietra su cui poggerebbe il crocifisso, è inesistente, la tavola è semplicemente mutila e non
sappiamo cosa c’ era qui sotto, anche se vorremmo saperne tutti di più. Evidentemente qui
in basso c’ è una sproporzione, qui sotto c’ è qualcosa, la parte in basso doveva essere più
lunga di qualche centimetro, quindi constatiamo che l’ opera è monca. Evidentemente se
qui c’ è l’ DQDVWDVLV, avete presente l’ DQDVWDVLV, cioè la discesa agli inferi, raffigurata
nell’ affresco di S. Salvatore in Chora a Costantinopoli? Ecco c’ è quel gesto così che
richiama il Salmo 18 “ H[XOWDYLWXWJLJDVDGFXUUHQGDPYLDP” . Il salmo 18 ha detto del sole
che esulta come gigante, qui sotto questo gesto così è ottenuto perché sotto questo piede
c’ è un battente, mezzo battente, di una porta e sotto questo piede c’ è l’ altro mezzo
battente, perché arrivando laggiù il Cristo scardinò le porte degli inferi, come Sansone.
Sansone è il tipo della risurrezione, perché dopo la notte, quando riebbe forza, scardinò la
porta e si pose i battenti uno su una spalla e uno sull’ altra spalla (cfr Gdc 16,3), come il
Signore che, nella risurrezione, scardina le porte degli inferi, che non è l’ inferno, e laggiù
libera Adamo, Noè, Eva, e i santi, e i patriarchi e profeti, eccetera. Questo modo di
comportarsi XWJLJDV, come gigante vincitore DGFXUUHQGDPYLDP, lo si ripropone quando,
in questi casi, in un modo o l’ altro si fa riferimento all’ DQDVWDVLV, mentre nell’ ascensione
non procede così. L’ ascensione è lui che sale in alto, lui si vede a mezzo busto o
tutt’ intero ma a salire, ma non di fianco, non di prospetto e non XWJLJDVDGFXUUHQGDP
YLDP. Quindi se poi di questa figurazione ne faranno l’ ascensione non c’ è nessun errore,
ma questa figurazione è molto più ricca perché dice appunto tutta la dinamica da giovedì a
venerdì a sabato a domenica, c’ è il WULGXXPVDFUXP, cioè, nella riproposizione liturgica,
tutta l’ economia della salvezza e questo è un discorso, evidentemente, di una ricchezza
veramente enorme. Chi ha restaurato ha fatto un errore qui (LQGLFDLOYHVWLWRGHO&ULVWRQHO
WRQGRLQDOWR). Questo è evidentissimo. Vedete questo, questa (LQGLFDODSDUWHVYROD]]DQWH
GHOYHVWLWRFKHJLUDVRWWRLOEUDFFLRGHVWURHVRSUDODVSDOODVLQLVWUD), lui non è più vestito
qui di colori molto chiari, qui non possiamo vederlo, è vestito d’ oro, argento e oro, bianco
e giallo . Questa striscia svolazzante non è nient’ alto che la prosecuzione di questo
mantello, il mantello è avvolto sulle spalle sale da qui e gira di qua, non è una cosa
sopraggiunta, ma è parte del mantello, quindi la restauratrice ha sbagliato a dipingerlo di
colore diverso, e questo ce lo ha aggiunto di sua fantasia! Tutte le pitture di questo tipo
sono fatte così, il mantello che gira sotto e poi svolazza, nient’ altro. Di qua, non c’ è nulla,
non centra niente. Qui pare quasi che sopra alla tunica e al mantello ci sia qualche altro
vestito, ma non è così! Mi pare d’ aver letto, che qualcuno ha detto che questa è una sorta
di stola. State per favore un po’ più attenti, perché la stola di Cristo non è mai sul
mantello. Quando Cristo ha la stola, e a volte ce l’ ha, la stola di Cristo è qui sulla spalla
destra, e scende piana. E non son sicuro che pure qui non ci sia la stola, ma non è questa è
questa si vede solo sulla spalla (LQGLFDODVWULVFLROLQDGLVWRIIDFRORUDWDFKHFDGHGLULWWD
VXOODVSDOODGHVWUDGHO&ULVWRLQDOWR). La stola di Cristo e di Tarcisio non si vede mai
avvolta alle spalle come la portiamo noi, perché la stola di Cristo non si porta come la
portiamo noi, perché si porta sulla spalla destra, così che cade davanti e dietro.
Ritorniamo ancora al nostro Cristo colto nel suo essere LQJORULD'HL3DWULV Questi
personaggi (indica gli angeli ai lati del tondo) chi sono? E cosa stanno a fare qui? Queste
sono le creature celesti (FHOHVWLXP), che, come ci ricorda la /HWWHUDDJOL(EUHL (cfr. (E 1),
sono lì e lo stanno accogliendo nella gloria del Padre.
,O3DGUH
Il Padre: qui si vede la mano (LQGLFDODPDQRQHOVHPLFHUFKLRLQDOWR). La mano del Padre
si atteggia o con un dito o con due dita o con tre dita a seconda dei casi però,
ineccepibilmente, se il Padre benedice la mano è rivolta verso l’ alto, se indica è posta in
orizzontale (come nel Crocifisso di san Damiano), se addita è rivolta verso il basso.
Quando la mano è rivolta verso l’ alto il discorso è trinitario: è il Padre. Quando la mano
del Padre indica, è la figurazione del GLJLWXVSDWHUQDHGH[WHUDH, cioè dello Spirito santo.
Quando è rivolta verso il basso – solo in due casi – trasfigurazione e battesimo, significa
l’ invito ad ascoltare il Figlio: “ ascoltatelo” (Mt 3,17; 17,5). Per cui l’ atteggiamento
raffigurato nella lunetta che stiamo esaminando non è quello della benedizione, avendo il
Padre la mano in questa posizione orizzontale, sta indicando: state bene attenti, qui c’ è
bisogno dello Spirito, deve venire, è venuto lo Spirito, ecco l’ indicazione del GLJLWXV
3DWHUQDHGH[WHUDH. Allora LQJORULD'HL3DWULV, significa: nel contesto trinitario; perché
tutto quello che abbiamo da vedere è opera dello Spirito e qui è detto con una chiarezza
enorme il P\VWHULRQWRQPHJD, l’ economia della salvezza , le alleanza, son tutte qui. Ecco
perché il Padre lo Spirito GLJLWXVSDWHUQDHGH[WHUDH.
,SHUVRQDJJLDLODWLGHO&ULVWRLQFURFH
,SHUVRQDJJLPDJJLRUL
OD0DGUH*LRYDQQL0DULDGL0DJGDOD0DULDGL&OHRIDHLO&HQWXULRQH
Iconograficamente dunque FHOHVWLXP viene ripresentato come angeli, secondo la lettera
agli Ebrei. ,QIHURUXP viene presentato come inferi nel senso però degli inferi
nell’ DQDVWDVLV, e non dimentichiamo che negli inferi dell’ DQDVWDVLV c’ è anche quello che è
stato vinto ed espulso, c’ è anche il Diavolo e le porte degli inferi e quelli dell’ Antico
Testamento che salgono. 7HUUHVWULXP viene ripresentato e rappresentato come Chiesa, che
in quel giorno e in quell’ ora - è NDLUzV questo – nasce. Evidentemente, la prima è lei, è
Maria. Vi prego di considerare questo atteggiamento che come è sempre stato notato è
identico o quasi tra Maria sua madre e Maria di Magdala e quell’ altro che per metà è
analogo a Giovanni e l’ altra Maria, per l’ altra metà, per motivi chiari che ora ripeteremo,
non si vede, sta qui dietro. Ambrogio su questo è stato duro, duro e DQWHOLWWHUDP, a
proposito di Maria che piange. Questo è stato sempre un discorso delicato e controverso.
Maria che piange, Maria che sviene, è sempre stato un atteggiamento che non ha persuaso
mai tutti. C’ è chi ne è stato persuaso, c’ è chi no. Per la scuola francescana “ VWDEDWPDWHU
GRORURVDLX[WDFUXFHPODFULPRVD” . Ambrogio invece dice “ VWDQWHPOHJRIOHQWHPQRQ
OHJR” : che stava dritta in piedi lo leggo (nel testo evangelico), ma che piangeva non lo
leggo, e si ferma lì. Il problema di Maria che piange, in questa fase – siamo verso il 1000
– non si pone neanche. Ancora, la mano posta sotto il mento, come nel caso di Maria,
iconograficamente è chiaro il significato, è fissato grammaticalmente e sintatticamente,
non può essere letto in altro modo. La mano così è come quando ci mettiamo la mano
sotto il mento: è riflessione, contemplazione, impressione. Si dice con termine tecnico che
la mano sotto il mento (QHOO¶LFRQHODPDQRVLQLVWUDGL0DULDHGHOOD0DGGDOHQD) è
impressione mentre la mano che indica (QHOO¶LFRQHODPDQRGHVWUDGL0DULDHGL*LRYDQQL)
è espressione Per cui Maria che ha la mano sinistra sotto il mento e la destra che indica, è
sia colei che contempla e medita (impressione), sia colei che indica (espressione). Lo
troviamo nei vangeli: alla nascita (cfr Lc 2,19) mentre meditava in cuor suo, lei è quella
che ha ascoltato, è quella che ha introiettato, è quella che ha contemplato; alle nozze di
Cana è invece quella che ha indicato “ fate quello che egli vi dirà” (Gv 2,5). Maria è la
regola aurea dell’ impressione e dell’ espressione. Vedete Giovanni ha soltanto
l’ atteggiamento dell’ espressione, l’ altra Maria (di Cleofa) ha soltanto l’ atteggiamento
dell’ espressione, Maria Maddalena ha l’ atteggiamento dell’ impressione ma non ha
l’ atteggiamento dell’ espressione che ha Maria. Vedete allora tra le due c’ è una
divaricazione, da questo punto di vista, fatta di cose sottili, quasi da niente, però sono
atteggiamenti canonici dell’ iconografia, non si può sbagliare. Allora lei (Maria) è quella
che come Chiesa – non dimentichiamo che il Cristo in croce sta sposando la Chiesa – ma
il tipo è lei, è in lei che si ritrova riunito il tutto, quello che qui viene affidato, scandito,
suddiviso in parte a Giovanni, in parte a Maria Maddalena, in parte all’ altra Maria, in
parte anche al centurione. Qui entra come fonte iconologica Luca, dal capitolo 22 fino al
24 (Emmaus e la conclusione dove va a imparentarsi con Marco). In questi capitoli
conclusivi Luca torna ad essere il pittore puntuale dei vangeli dell’ infanzia, attraverso
un’ immagine che è quella del WKHRUqLQ. 7KHRUqR è un verbo greco da cui teoria, che indica
un certo modo di atteggiarsi. 7KHRUqR è quello che facciamo quando stiamo in un posto,
stiamo fuori all’ aperto, al sole di mezzogiorno, dove c’ è troppa luce. Allora io esco da una
galleria in macchina e trovo un sole abbagliante, entro sotto i fari di uno studio televisivo
e allora io, anche senza volerlo, socchiudo gli occhi, non per non vedere ma perché
dinanzi alla troppa luce che mi abbacina, io adatto i miei occhi. Questo è WKHRUqLQ,
teorizzare. 7KHRUqR vuol dire adattare la propria situazione – questo è intelligenza – alla
luce: io devo teorizzare davanti a troppa luce. Se sono stupido chiudo gli occhi, se sono
pazzo li spalanco, se sono un uomo ragionevole li adatto, teorizzo. Luca al capitolo 23
dice una cosa stupenda, a mio modo di vedere. Dopo che il centurione sotto la croce ha
confessato “ veramente quest’ uomo era giusto” (Lc 23,47), “ era Figlio di Dio” (Mt 27,54;
Mc 15,39), dopo questa parola Luca dice qualcosa sulle folle, sui conoscenti e sulle donne
(Lc 23,48-49). Per inciso dobbiamo dire che sul Crocifisso dove c’ è abbondanza di rosso,
ad opera della restauratrice, non sappiamo esattamente cosa ci fosse sull’ originale; non vi
fidate di questa parte ridipinta, non sappiamo, non saprei dire cosa c’ è, vorrei saperne di
più, ma qui questo rosso ha invaso tutto e quindi mi astengo. Ciò che è chiarissimo è che il
Centurione è l’ unico che guarda verso l’ alto ma non lo può vedere.
,SHUVRQDJJLPLQRULTXHOOLGLHWURLO&HQWXULRQH/RQJLQRH6WHIDQDWR
Dietro al Centurione troviamo una serie di personaggi, ci sono cinque teste. Costoro sono
coloro di cui Luca dice al capitolo 23: “ Molti di coloro che erano venuti a vedere” – la
9XOJDWD traduce – “ lo spettacolo” (cfr. Lc 23,48-49), ma Luca non dice spettacolo! Luca
dice “ coloro che erano venuti a vedere la WKHRUuD, erano usciti a vedere la WKHRUuD, se ne
tornavano indietro battendosi il petto” . Cioè ci furono di quelli che – secondo Luca pittore
– andati là magari per lo spettacolo, costoro per grazia di Dio, adattarono i propri occhi
alla troppa luce e seguirono quello che disse il centurione: “ Veramente costui era Figlio di
Dio” , e se ne tornarono indietro battendosi il petto. Io dico sempre ai miei alunni di
liturgia ed antropologia liturgica che questi mi fanno l’ impressione di chi va in chiesa la
domenica per ascoltare messa e colpito dalla grazia di Dio ci partecipa. Perché la
differenza tra spettacolo e teoria è questa: spettacolo vuol dire VSHFWDRFXORV, è una cosa
che ti viene sbattuto davanti agli occhi, e tu non puoi che star lì, assisti, sei lì, te lo
sbattono in faccia, questo è lo spettacolo. La teoria no, la teoria sono io che adatto i miei
occhi. Lo spettacolo è un fatto oggettivo, persino cosistico, cosale, bruto. Io vado a teatro
e mi godo lo spettacolo, e mi porto addirittura il binocolo da teatro. Mentre se esco per
teoria altro che binocolo da teatro, li socchiudo gli occhi, perché la luce è troppa, quella
artificiale del teatro, quella reale del sole, la luce del mistero. Allora quelli che erano
andati a vedere la WHRULD tornavano indietro battendosi il petto. Vedete costoro che sono
andati a vedere la teoria eccoli qua (LQGLFDLSHUVRQDJJLGLHWURLO&HQWXULRQH), sono coloro
che seguiranno, vedete come sono in fila professionale, il centurione che sta dicendo:
“ 9HUDPHQWHFRVWXLHUD)LJOLRGL'LR” . Cioè, mentre qui c’ è la figurazione delle nozze,
come dire, ritmate, scandite, qui nella totalità, qui nelle parti e qui ci sono coloro che
l’ hanno visto e ne godono il tripudio, qui (LQGLFDLGXHSHUVRQDJJLSLSLFFROLDLSLHGL
ULVSHWWLYDPHQWHDVLQLVWUDGL0DULDHDGHVWUDGHO&HQWXULRQH) c’ è invece chi deve fare e
farà, tutta la sua strada per arrivare a dire: “ &RVWXLHUDqYHUDPHQWH)LJOLRGL'LR” . Ci
sono cioè 3 tipi di atteggiamenti che davanti alla totalità dell’ economia salvifica, che
abbiamo cercato di dire, si assumono diverse parti. Ciascuno di questi personaggi vive ed
esplica diverse parti uno dopo l’ altro. E qui interviene dunque questo apocrifo (di
Nicodemo). L’ apocrifo è l’ unico testo da cui sappiamo i nomi di questi due signori:
Longino e Stefanato.
Di Longino è detto che era uno dei romani, colui che gli aprì il fianco, “ XQXVPLOLWXP
ODQFHDODWXVHLXVDSHUXLW” (cfr Gv 19,34). Questo è stato detto, soltanto che l’ apocrifo
mitizza un aspetto nei confronti di Longino, perché all’ apocrifo pare troppo poco che egli
abbia aperto il costato del Signore e tutto si sia fermato lì. Il Centurione disse “ TXHVWRqLO
)LJOLRGL'LR” e Longino invece? L’ apocrifo di Nicodemo dice che quello, appena aprì il
costato di Gesù, una goccia di questo sangue arrivò su di lui. E secondo l’ apocrifo
Longino soffriva di male d’ occhi, e come gli arrivò questa goccia, non si sa se di sangue o
di acqua, lui ci vide benissimo: è la illuminazione, secondo l’ apocrifo Longino è il primo
ad essere illuminato dai sacramenti che stanno arrivando, perché lui li ha aperti. Dio dà
quello che vuole a chi vuole e quando vuole. Chissà quanti avremmo voluto aver aperto –
Caterina dice – “ ODFHOODGHOYLQR” .
Il povero Stefanato invece non è uno dei romani, è una guardia o un servo del tempio,
perché già fin dalla sera prima erano usciti a catturarlo, alcuni soldati mandati da Pilato
insieme ad un manipolo di guardie del tempio. Qui arrivano degli uni e degli altri.
L’ apocrifo attribuisce a costui l’ avere fatto un servizio a Cristo. Quando Gesù disse: “ 6LWLR
±+RVHWH” (cfr Gv 19,28), costui sarebbe quel tale che, tra i presenti, prese una spugna la
imbevve nell’ aceto e gliela porse (cfr Gv 19,29). Negli ,PSURSHUL del venerdì santo
cantiamo ancora: “ 7XPLKDLGLVVHWDWRFRQILHOHHGDFHWR” . Apro una parentesi, noi
occidentali chiamiamo ,PSURSHUL quel canto del venerdì santo: “ 2SRSRORPLRFKHPDOHWL
KRIDWWRLRWLKR«HWX«” . Li chiamiamo così perché prendiamo in considerazione la
seconda parte del contenuto delle strofe di questo canto idealmente fatto a due cori: io e
tu. Negli improperi l’ accento è sul “ WXLQYHFHPLKDL«” Le stesse, quasi alla lettera,
testuali parole cantate nell’ Oriente si chiamano (QFRPL, cioè il contrario. Questo perché
l’ Oriente mette invece in evidenza ciò che ha fatto il Signore: “ ,RWLKRIDWWR«” . Il nostro
apocrifo ci ricorda che, in fondo, offrendogli l’ aceto, costui stava facendo qualcosa per il
Signore, perché l’ aceto e l’ aceto non stava lì per caso, era usato per stordire il condannato
e ridurgli la sofferenza. Era come dare morfina a questa povera gente che veniva crocifissa
e quindi in fondo, con questo gesto, Stefanato gli fece un atto di servizio. Nell’ apocrifo
c’ è sotto non l’ esegesi, ma la prosecuzione di quello che vi dicevo prima a proposito di
Caifa. Caifa non stava profetando ma “ essendo Sommo sacerdote in quell’ anno, profetò” .
Questo poveraccio, essendo un servitore del tempio, Dio lo trasforma nel servitore del
tempio che è Lui, il Cristo in Croce col costato aperto! E’ così. Allora la grande cosa che
l’ apocrifo affida a questo piccolo uomo qui, è questa avere servito il tempio che è Lui.
“ Distruggete questo tempio” aveva detto Gesù riferendosi al proprio corpo (cfr Gv 2,2921). Poco prima che lo distruggessero, costui e nessun altro gli portava sollievo ed anche
questo, sapete è un discorso di estrema raffinatezza teologica, spirituale. Tutto questo,
come vedete, è un trattato!
/DIHQLFH
Prima di darvi la conclusione andiamo al “ gallo” . Il gallo, così come vi dicevo dei capelli,
ha una sua iconografia classica. Vedete queste gambe che sembrano di una cicogna? Non
sono le zampe di un gallo! Il gallo, quando viene riproposto nell’ iconografia cristiana,
questa riprende alla lettera il disegno del gallo che ha fatto Ambrogio nel suo &RPPHQWR
DOO¶HVDPHURQH, che poi lì è in strofa, e Ambrogio stesso lo ha tradotto in versi nell’ inno
$GJDOOLFDQWXP, che è uno degli inni autentici di cui Ambrogio compose pure la musica e
che noi ancora cantiamo. Questo è l’ inno del gallo che canta al mattino e ci sveglia:
“ 6XUJDPXVHUJRVWUHQXHJDOOXVLDFHQWHVH[FLWDWHWVRPQROHQWHVLQFUHSDWJDOOXVQHJDQWHV
DUJXLW´ Ora da qui il gallo è passato in sculture e in pitture. Per sottolinearlo il gallo viene
sempre raffigurato con queste 3 cose insieme: bargigli molto lunghi, cresta molto alta e
soprattutto la coda alzata, che qui non c’ è. Invece qui c’ è qualche altra cosa. Noi abbiamo
visto tutta questa economia salvifica. Quest’ uccello è un uccello di fantasia, mitico, questo
è la fenice. La fenice la trovate voi, parlo a dei frati minori, una delle più antiche è nella
basilica dei santi Cosma e Damiano, a Roma lungo la via dei fori imperiali, appollaiato
sulla palma di sinistra rosso, un’ altra la trovate nel mosaico della Basilica di Santa Cecilia
ed è rossa, sempre, perché è quello che Stravinsky ha chiamato l’ uccello di fuoco e ci ha
composto un bellissimo pezzo. Di che si tratta? Questo uccello non è mai esistito, mai. È
un uccello mitico, non si sa se il mito dalla Grecia è passato agli arabi e agli egiziani o ha
fatto un procedimento inverso, comunque è conosciuto dai greci e dagli arabi e dagli
egiziani, perciò è l’ araba fenice, “ FKHFLVLDFLDVFXQORGLFHGRYHVLDQHVVXQORVD” . Questo
uccello di fuoco perché nel mito pagano è gia presentato così come vi dico. Pensava
questa gente che c’ era un uccello che era affascinato dal fuoco, ma non da qualsiasi fuoco.
Era affascinato dal fuoco con cui si bruciavano gli olocausti, per cui questo uccello
andava sempre nei pressi di altari e quando i sacerdoti stavano bruciando l’ olocausto, cioè
la vittima già offerta, questo uccello era preso da una sorta di ubriacatura, di entusiasmo.
Si buttava dentro questo fuoco fino a bruciarsi, solo che succedeva un fatto strano – lo
racconta il )LVLRORJR, uno dei primi trattati di simbologia –, che quest’ uccello bruciato
dopo 3 giorni risorgeva. Questo è un racconto, un mito pagano. E i cristiani, proponetegli
un mito di questo genere, gli andava a pennello, per cui la fenice è diventata l’ uccello di
fuoco della morte e risurrezione del Cristo, offerto in olocausto, bruciato dallo Spirito. Lì
lo si ritrova come uccello di questo tipo, che promette dunque un futuro, è escatologica la
fenice. Ma c’ è un fatto che mi ha molto colpito, c’ è un luogo dove la fenice non è dipinta
di fuoco, non è rossa come l’ uccello di fuoco, ma è dipinta di verde di tipo brunastro,
come qui. Nei mosaici dell’ abside di S. Apollinare in classe a Ravenna la fenice è
identica, ma proprio identica a questa: identica a questo rossastro e a questo verde
bluastro. Ma chi ha parlato di quest’ uccello si è dimenticato che cosa c’ è qui (LQGLFD
O¶HOHPHQWRUDIILJXUDWRDOFXQLFHQWLPHWULVRWWRODIHQLFH). Cosa c’ è qui? C’ è fuoco! La
fenice sta tendendo al fuoco, sta sul fuoco! Vedete che la fenice qui raffigurata è
l’ emblema con cui tutto quello che abbiamo detto finora viene riproposto in modo
emblematico, secondo le categorie del )LVLRORJR! La fenice è la firma ultima, definitiva,
iconografica che afferma: “ 7XWWRTXHVWRFKHDEELDPRGHWWRQRQqXQDIDQWDVLDYHORGLFR
LRFKHVRQRODIHQLFH” .
&RQFOXVLRQH
Io concludo come segue. Vi ho detto che questa non è un’ iconografia francescana, questa
è una iconografia monastica, è una iconografia ecumenica, è iconografia biblica, è un
trattato. Ma io ritengo provvidenziale che questo crocifisso sia quello che la vostra
tradizione, la nostra tradizione, della Chiesa, fa dire qualcosa a Francesco. Francesco
dinanzi a questo icone ha fatto l’ operazione che noi dicevamo stamattina, si è voltato a
vedere la voce e questa voce gli ha detto tutto! Secondo me in quel momento Francesco
non ha appreso soltanto: “ Va’ e ripara la mia chiesa” – però questa che vi offro è una mia
riflessione personale, assolutamente non ho nessuna prova, nessuna riprova, è un mio
atteggiamento – è lì che Francesco viene, secondo me, stigmatizzato nella mente. Lì, in
quel momento, davanti a quell’ icone.
6,17(6,'(//(5,63267($//('20$1'('(,3$57(&,3$17,
, GXH DQJHOL in piedi ai lati delle braccia sono testimoni come gli altri quattro e perciò
dipendono anch’ essi dall’ iconologia di Gregorio di Nissa, 2PHOLD 9,,, VXO FDQWLFR GHL
&DQWLFL.
/D FRQRVFHQ]D GHL FRQWHQXWL GHOO¶LFRQRJUDILD in san Francesco e nei suoi
contemporanei. Non so quanto Francesco conoscesse scolasticamente l’ iconografia. Alla
scuola Palatina di Carlo Magno (sec IX) ne sapevano. Sicuramente, sebbene noi oggi
siamo più abituati alla comunicazione per immagini, la gente di allora ne sapeva di più di
noi a livello di penetrazione. Erano più pronti, quasi come per una seconda natura. Per
esempio leggiamo Paolino di Nola quando scrive sull’ abside di S. Apollinare o scrive al
suo amico Severo. Si deve distinguere però tra conoscenza scientifica, riflessa, e
conoscenza usuale di fatto. Noi abbiamo bisogno della conoscenza scientifica per poter
riscoprire e penetrare quello che per loro era un messaggio di spontanea comprensione.
3HUFKpLOFURFLILVVRGLVDQ'DPLDQRVLWURYDSURSULROu in quella chiesetta così piccola e
“ secondaria” ? Non si sa se il crocifisso di S. Damiano, così ricco dal punto di vista
teologico, sia stato fatto per quella chiesetta o per altrove e come ci sia finito. Sicuramente
S. Damiano era un monastero. Però a volte capitano cose strane nella storia. Io vengo da
Cefalù che ha quella cattedrale straordinaria. Come mai Ruggero II è andato a costruire
quella magnifica cattedrale in quel posto lì? Mi piace pensare, nel caso del crocifisso di S.
Damiano, che sia stato un fatto provvidenziale, che la provvidenza pensava a Francesco e
a quello che quell’ incontro avrebbe provocato in lui.
/¶DEEUHYLD]LRQHGHOQRPH GL*HV. Nella scritta sopra il capo di Gesù il restauro deve
aver coperto una lettera. La scritta doveva essere NAZAREN con sopra la N il simbolo
dell’ abbreviazione. Quando il nome di Gesù viene abbreviato si usano le tre lettere JHS,
che solo più tardi verranno lette anche come acrostico (-HVXV+RPLQXP6DOYDWRU), ma non
all’ epoca del crocifisso di san Damiano.
*OLDQJHOL li ricollego a Gregorio di Nissa perché non piangono ma discutono e indicano
quello che sta succedendo, e quello che sta succedendo sono le nozze tra Cristo e la
Chiesa, per cui il collegamento risulta immediato, anche altri autori probabilmente ne
parlano, ma in Gregorio di Nissa il discorso è esplicito.
,SHUVRQDJJLGHOO¶DQDVWDVLV sotto il crocifisso. Se sotto vi è l’ DQDVWDVLV, Cristo, che porta
la croce con la destra come un pastorale, va a liberare Adamo, Eva, i patriarchi e i re. Gli
apostoli non ci sono mai nell’ DQDVWDVLV perché prendono un’ altra via, quella della
Pentecoste.
,O IXRUL VFDOD si spiega per la mancanza della prospettiva e della terza dimensione, ma
soprattutto per la gerarchizzazione degli elementi del discorso teologico dell’ icone. Gli
elementi più importanti sono più grandi e quelli meno importanti (in senso teologico) sono
più piccoli.
1HOOD WHFQLFD LFRQRJUDILFD si inizia sempre a dipingere LO &ULVWR e di questo si inizia
sempre con JOLRFFKL. Le tecniche poi in alcuni casi vengono piegate in modo che già esse
siano aderenti al messaggio evangelico, ad esempio, in certi mosaici l’ occhio viene fatto
con una sola tessera, perché il vangelo dice: “ Il tuo occhio sia semplice” . Si vuole che la
tecnica dica la verità.
7XWWR LO QHUR q OD FURFH, è colore scuro che poi si è probabilmente anche ossidato e
scurito. Il nero non è il simbolo del sepolcro. Le bande rosse sono per delimitare il campo
degli altri e dare profondità, ma non hanno in sé nessun significato simbolico o
emblematico.
/D OLQHD FLUFRODUH URVVD sopra il OLQWHXP è un tentativo di realismo nella raffigurazione
del corpo, ma non è tutta originale infatti la restauratrice, come ho detto in precedenza ha
alzato l’ ombelico.
6XL TXDWWUR TXDGUDWLQL LQ DOWR nella zona degli angeli ho un dubbio sull’ autenticità e
perciò non mi pronuncio. Vorrei vedere la documentazione fotografica previa.
,OVHPLFHUFKLRLQDOWRqO¶HPSLUHR, appare sempre a metà, raffigura il “ Padre nostro che
sei nei cieli” , indica l’ infinito. La gloria è invece il cerchio, quando l’ infinito si cala nel
finito allora si raffigura l’ infinito angolato è il paradosso dell’ infinito che viene nel finito.
Il cerchio intorno al Cristo è invece la gloria, che Egli supera (esce fuori), e che più tardi
verrà anche raffigurata con l’ ovale, la mandorla. Però significa l’ irradiamento della gloria
che Lui supera. È la stessa gloria che viene raffigurata su certe iconi in cui Maria tiene in
grembo Gesù. Anche in quel caso c’ è sempre una mano o una qualche parte del corpo di
Gesù che fuoriesce, perché c’ è il superare, il trascendere.
, YLWLFFL sono gli agganci della vite e sono un emblema, non un simbolo, delle nozze. I
vari personaggi si agganciano all’ economia salvifica attraverso questi viticci
emblematici..