tra parità di trattamento ed equo trattamento Marcello Di Filippo Affron
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tra parità di trattamento ed equo trattamento Marcello Di Filippo Affron
IL TRATTAMENTO DEGLI STRANIERI NEL DIRITTO DELL’UE: tra parità di trattamento ed equo trattamento Marcello Di Filippo Affrontando il tema del riconoscimento nell’ambito UE di diritti di natura sociale ai cittadini stranieri, occorre riconoscere che una parte rilevante dei diritti e delle garanzie che toccano la sfera individuale del migrante e le sue prospettive di inserimento nelle società del paese ospite non sono coperti dalle norme sui diritti umani c.d. essenziali (diritto alla vita, all’integrità fisica, alla dignità, a non subire tortura o trattamenti disumani o degradanti; libertà di coscienza, di opinione, di religione). Un breve sguardo alla prassi internazionale mostra come l’accesso alle attività lavorative e alle prestazioni sociali (sanità, alloggi, assistenza agli indigenti, borse di studio) può essere riservato dagli Stati – almeno in parte – ai propri cittadini o concesso agli stranieri solo a certe condizioni, senza con questo violare le norme internazionali sui diritti umani. Parimenti, gli Stati risultano estremamente riluttanti nell’ammettere l’esercizio di diritti politici, in particolare di quelli elettorali. Inoltre, per favorire l’integrazione possono essere necessarie misure positive, che intervengano sui principali ostacoli che si frappongono a un positivo inserimento. Si pensi, per esempio, ai seguenti aspetti: - apprendimento della lingua; accesso all’istruzione e alla formazione (spesso sbarrato dal fatto che si hanno titoli di studio stranieri non riconosciuti automaticamente); portabilità dei periodi di contribuzione ai fini del trattamento pensionistico; lotta alle discriminazioni di cui possono più frequentemente essere oggetto gli stranieri. 1 LE REGOLE VALIDE PER I CITTADINI DELL’UE E I LORO FAMILIARI Articolo 18 TFUE Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione [N.B. tra cittadini di Stati membri] effettuata in base alla nazionalità. Direttiva 2004/38, Articolo 24 (Parità di trattamento) 1. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell'Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. 2. In deroga al par. 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni d'assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo previsto all'art. 14, par. 4, lettera b) [persona che è entrata per ricerca di lavoro e – pur non avendolo ancora trovato – può dimostrare di essere alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo], né è tenuto a concedere prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari. Articolo 22 TFUE 1. Ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino. N.B.: tali diritti sono riconosciuti a favore dei cittadini UE, ma non dei familiari aventi cittadinanza di uno Stato terzo. Per la disciplina di attuazione, v. la direttiva n. 94/80 del Consiglio, del 19.12.2004. 2. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 223, paragrafo 1, e le disposizioni adottate in applicazione di quest'ultimo, ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino. 2 N.B.: tali diritti sono riconosciuti a favore dei cittadini UE, ma non dei familiari aventi cittadinanza di uno Stato terzo. Per la disciplina di attuazione, v. la direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (come modificata dalla direttiva 2013/1) Articolo 45 TFUE 1. La libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione è assicurata. 2. Essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. 3. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto: a) di rispondere a offerte di lavoro effettive; (…) c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un'attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l'occupazione dei lavoratori nazionali; (…) 4. Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione. Regolamento n. 492/2011 Articolo 7 2. [Il lavoratore cittadino di uno Stato membro] gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali. 3. Egli fruisce altresì, allo stesso titolo ed alle stesse condizioni dei lavoratori nazionali, dell’insegnamento delle scuole professionali e dei centri di riadattamento o di rieducazione. Articolo 8 Il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro gode della parità di trattamento per quanto riguarda l’iscrizione alle organizzazioni sindacali e l’esercizio dei diritti sindacali, ivi compreso il diritto di voto e l’accesso ai posti amministrativi o direttivi di un’organizzazione sindacale. Egli può essere escluso dalla partecipazione alla gestione di organismi di diritto pubblico e dall’esercizio di una funzione di diritto pubblico. Gode inoltre del diritto di eleggibilità negli organi di rappresentanza dei lavoratori nell’impresa. 3 Articolo 9 1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro gode di tutti i diritti e i vantaggi accordati ai lavoratori nazionali per quanto riguarda l’alloggio, ivi compreso l’accesso alla proprietà dell’alloggio di cui necessita. 2. Il lavoratore di cui al paragrafo 1 può iscriversi, nella regione in cui è occupato, allo stesso titolo dei cittadini nazionali, negli elenchi dei richiedenti alloggio nelle località ove tali elenchi esistono, e gode dei vantaggi e precedenze che ne derivano. Articolo 10 I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono. Articolo 48 TFUE Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consenta di assicurare ai lavoratori migranti dipendenti e autonomi e ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste; b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri. Cfr. gli “storici” regolamenti 1408/1971 e 574/1972, ripetutamente modificati, che sono stati recentemente sostituiti dai regolamenti 883/2004 e 987/2009. Articolo 49 TFUE Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini (…). 4 Articolo 51 TFUE Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri. Articolo 53 TFUE 1. Al fine di agevolare l'accesso alle attività autonome e l'esercizio di queste, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono direttive intese al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli e al coordinamento delle disposizioni legislative‚ regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'accesso alle attività autonome e all'esercizio di queste. V. da ultimo la direttiva n. 2005/36 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7.9.2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (e successive modifiche). 5 LE REGOLE VALIDE PER I CITTADINI DI STATI TERZI In considerazione del carattere alquanto avanzato concernente i cittadini UE, appare interessante verificare i contenuti delle linee guida elaborate dall’UE per garantire agli stranieri non comunitari uno status minimo nei rapporti con gli Stati membri. Innanzitutto, è significativo che il TFUE non affermi un generale principio di parità di trattamento (diversamente da quanto previsto per i cittadini UE nei rapporti con uno Stato membro diverso dal proprio) e utilizzi l'espressione più cauta di “equo” trattamento (v. art. 79, par. 1 TFUE). Con riguardo ai diritti di natura economica e sociale (o di quelli politici), rispetto ai quali il diritto internazionale riconosce un ampio margine di discrezionalità agli Stati, si deve pertanto notare che l’UE si dimostra alquanto conservatrice. Le linee guida seguite per dare concretezza al c.d. “equo trattamento” sono così sintetizzabili: 1) adozione di norme che riconoscono il godimento di diritti e l’accesso a determinate prestazioni, sia nei confronti dello Stato di residenza che di altri Stati membri ove il soggetto possa spostarsi; 2) adozione di norme che, pur non essendo rivolte esclusivamente agli stranieri, si rivelano particolarmente utili per tutelarli da discriminazioni; 3) finanziamento di progetti volti a favorire percorsi di integrazione degli stranieri residenti e a lottare contro le discriminazioni e adozione di raccomandazioni nei confronti degli Stati membri. La legislazione adottata dall’UE non è omogenea. In tema di protezione internazionale, prevale una logica di equiparazione al cittadino dello Stato membro che dà ospitalità al rifugiato o al titolare di protezione sussidiaria. Per quanto riguarda gli altri migranti, occorre notare che nella recente direttiva sul permesso unico e nella direttiva relativa ai soggiornanti di lungo periodo, sono presenti disposizioni che avvicinano tali individui al cittadino UE per quanto riguarda diritti di natura economica e sociale: ciò vale anche per la condizione dello straniero che si stabilisca in un secondo Stato membro. Va tuttavia ricordato che spesso l'equiparazione nel godimento di certi diritti è accompagnata da precisazioni e facoltà di deroga che possono essere sfruttate dai singoli Stati membri: ciò rende per ora il c.d. equo trattamento una formula debole, che nasconde una notevole prudenza nell'avvicinare realmente i cittadini di Stati terzi ai cittadini UE. Prima di esaminare tale “dispositivi” finalizzati a rendere concreto l’equo trattamento, qualche accenno merita la lotta alle discriminazioni, presentata come un obiettivo primario dell’UE, giusto l’art. 19 TFUE laddove prevede che “Fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell'ambito delle competenze da essi conferite all'Unione, il Consiglio, deliberando all'unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale”. Ebbene, in materia risulta vigente la direttiva 2000/43 che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, con riguardo ad un ampio spettro di ambiti: 6 a) alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro sia indipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo d'attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione; b) all'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali; c) all'occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione; d) all'affiliazione e all'attività in un'organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni; e) alla protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria; f) alle prestazioni sociali; g) all'istruzione; h) all'accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l'alloggio. L’art. 3 della direttiva si cura di precisare che essa non incide sulle differenze di trattamento basate sulla nazionalità e che non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all'ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati. Questa precisazione riduce senza dubbio la portata della disciplina anti-discriminazioni con riguardo allo statuto degli stranieri regolarmente residenti. L’UE agisce non solo sul piano normativo: finanzia anche progetti volti a promuovere i propri obiettivi e il rispetto dei diritti fondamentali, nel cui ambito rientrano sia la lotta alle discriminazioni che il sostegno all’integrazione dei cittadini di Stati terzi. È stato istituito sin dal 2003 un fondo per l’integrazione dei migranti (c.d. INTI), successivamente trasformato nel Fondo europeo per l’integrazione, attivo per il periodo 2007-2013. Inoltre, nel 2007 è stata approvata l’istituzione del Programma “Diritti fondamentali e cittadinanza” (2007-2013), nel cui ambito sono stati pubblicati ogni anno bandi per il finanziamento di azioni volte a combattere le discriminazioni, incluse quelle per motivi razziali o etnici, e la xenofobia. Sono in corso di approvazione le regole sui fondi europei per il periodo 2014-2020. Per quanto concerne le prospettive di una migliore integrazione, l'UE elabora anche documenti di orientamento, finalizzati a suggerire agli Stati membri approcci e buone pratiche da sviluppare nei rapporti con i cittadini di Stati terzi regolarmente residenti: tra i documenti più recenti possono essere citati il Programma quinquennale di Stoccolma (adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 2009), il Manuale per i decisori politici e gli operatori pratici del 2010, l'Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi (adottata dalla Commissione nel luglio 2011) e le Conclusioni del Consiglio del dicembre 2011 in merito allo sviluppo di tale Agenda. 7 Direttiva 2011/95/UE (c.d. direttiva qualifiche) recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta Accesso all’occupazione - Gli Stati membri autorizzano i beneficiari di protezione internazionale a esercitare un’attività dipendente o autonoma nel rispetto della normativa generalmente applicabile alle professioni e agli impieghi nella pubblica amministrazione, non appena sia stata loro riconosciuta la protezione. - Gli Stati membri provvedono a che siano offerte ai beneficiari di protezione internazionale opportunità di formazione occupazionale per adulti, formazione professionale, compresi corsi di aggiornamento delle competenze, tirocinio sul luogo di lavoro e servizi di consulenza forniti dagli uffici di collocamento, secondo modalità equivalenti a quelle previste per i loro cittadini. Accesso all’istruzione - Gli Stati membri offrono il pieno accesso al sistema scolastico, secondo le stesse modalità previste per i loro cittadini, a tutti i minori beneficiari di protezione internazionale. - Gli Stati membri consentono agli adulti beneficiari di protezione internazionale di accedere al sistema di istruzione generale e di aggiornamento e perfezionamento professionale secondo le stesse modalità previste per i cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare. Accesso alle procedure di riconoscimento delle qualifiche - Gli Stati membri garantiscono la parità di trattamento tra i beneficiari di protezione internazionale e i loro cittadini nel quadro delle vigenti procedure di riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli stranieri. - Gli Stati membri si adoperano per agevolare il pieno accesso dei beneficiari di protezione internazionale incapaci di fornire prove documentali delle loro qualifiche a sistemi appropriati di valutazione, convalida e accreditamento dell’apprendimento precedente. Assistenza sociale - Gli Stati membri provvedono affinché i beneficiari di protezione internazionale ricevano, nello Stato membro che ha concesso tale protezione, adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini dello Stato membro in questione. - In deroga a tale regola generale, gli Stati membri possono limitare l’assistenza sociale concessa ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione. 8 Assistenza sanitaria - Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari di protezione internazionale abbiano accesso all’assistenza sanitaria secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha riconosciuto loro tale protezione. - Gli Stati membri forniscono adeguata assistenza sanitaria, ivi incluso se necessario, il trattamento dei disturbi psichici, secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha concesso la protezione, ai beneficiari di protezione internazionale che presentano particolari esigenze, quali le donne in stato di gravidanza, i disabili, le vittime di torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale, o i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso, negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato. Accesso all’alloggio - Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari di protezione internazionale abbiano accesso a un alloggio secondo modalità equivalenti a quelle previste per altri cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nei loro territori. - Pur autorizzando la prassi della distribuzione nel territorio nazionale dei beneficiari di protezione internazionale, gli Stati membri si adoperano per attuare politiche dirette a prevenire le discriminazioni nei confronti dei beneficiari di protezione internazionale e a garantire pari opportunità in materia di accesso all’alloggio. Accesso agli strumenti di integrazione Al fine di facilitare l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nella società, gli Stati membri garantiscono l’accesso ai programmi d’integrazione che considerano adeguati, in modo da tenere conto delle esigenze particolari dei beneficiari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, o creano i presupposti che garantiscono l’accesso a tali programmi. 9 Articolo 11 Direttiva 2003/109 – residenti di lungo periodo (da almeno cinque anni) Parità di trattamento Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda: a) l'esercizio di un'attività lavorativa subordinata o autonoma, purché questa non implichi nemmeno in via occasionale la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri, nonché le condizioni di assunzione e lavoro, ivi comprese quelle di licenziamento e di retribuzione; ma gli Stati membri possono fissare limitazioni all'accesso al lavoro subordinato o autonomo nei casi in cui la legislazione nazionale o la normativa comunitaria in vigore riservino dette attività ai cittadini dello Stato in questione o dell'UE b) l'istruzione e la formazione professionale, compresi gli assegni scolastici e le borse di studio secondo il diritto nazionale; ma gli Stati membri possono esigere una prova del possesso delle adeguate conoscenze linguistiche per l'accesso all'istruzione e alla formazione. Inoltre, l'accesso all'università può essere subordinata all'adempimento di specifiche condizioni riguardanti la formazione scolastica. c) il riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli professionali secondo le procedure nazionali applicabili; d) le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale; ma gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali e) le agevolazioni fiscali; f) l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all'erogazione degli stessi, nonché alla procedura per l'ottenimento di un alloggio; g) la libertà d'associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza; h) il libero accesso a tutto il territorio dello Stato membro interessato, nei limiti che la legislazione nazionale prevede per ragioni di sicurezza. 10 Direttiva n. 2011/98 (c.d. direttiva sul permesso unico) (appena attuata in Italia con il Decreto Legislativo n. 40 del 4.3.2014) Per ciò che concerne il trattamento, la direttiva si pone l'obiettivo di stabilire un criterio di parità di trattamento con cittadini dello Stato membro ospitante per una serie di diritti e prestazioni, di natura economico e sociale, ma introduce anche numerose possibilità di limitazioni a favore degli Stati membri Art. 12 - “Diritto alla parità di trattamento” I lavoratori dei paesi terzi beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: (…) c) l’istruzione e la formazione professionale ma gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in varie forme: restringendone l’applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa e sono registrati come disoccupati, oppure escludendo le borse di studio e i prestiti concessi a fini di studio e di mantenimento o altri tipi di borse e prestiti, oppure stabilendo requisiti specifici, tra cui il possesso di conoscenze linguistiche e il pagamento di tasse scolastiche, conformemente al diritto nazionale, per quanto riguarda l’accesso all’università e all’istruzione post-secondaria, nonché alla formazione professionale che non sia direttamente collegata all’attività lavorativa specifica d) il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili; e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004, ma gli Stati membri possono decidere che la parità per i sussidi familiari non si applichi ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi, ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi a scopo di studio o ai cittadini di paesi terzi cui è consentito lavorare in forza di un visto f) le agevolazioni fiscali, purché il lavoratore sia considerato come avente il domicilio fiscale nello Stato membro interessato, ma gli Stati membri possono limitare l’applicazione della parità per le agevolazioni rivolte ai familiari ai casi in cui detti familiari abbiano il domicilio o la residenza abituale nel territorio dello Stato membro interessato g) l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all’erogazione degli stessi, incluse le procedure per l’ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto nazionale, fatta salva la libertà contrattuale conformemente al diritto dell’Unione e al diritto nazionale, ma gli Stati membri possono limitare l’accesso per quanto concerne l’assistenza abitativa; h) i servizi di consulenza forniti dai centri per l’impiego. Nei faticosi negoziati sulla direttiva sembrano aver prevalso le preoccupazioni degli Stati membri circa l'esigenza di non vedere troppo condizionata la propria discrezionalità in materia, anche alla luce delle critiche condizioni del mercato del lavoro europeo e dei sistemi di welfare. 11 Nuova direttiva sui lavoratori stagionali (direttiva n. 2014/36 del 26.2.2014, pubblicata sulla GUUE n. L 94 del 28.3.2014) Articolo 23 Diritto alla parità di trattamento 1 . I lavoratori stagionali hanno diritto alla parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante almeno per quanto concerne: (…) d) i settori della sicurezza sociale elencati all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004, ma possono essere escluse le prestazioni familiari e di disoccupazione, e) l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e l’erogazione degli stessi, tranne per quanto riguarda l'alloggio, ferma restando la libertà di contratto conformemente al diritto dell'Unione o nazionale; f) i servizi di consulenza sul lavoro stagionale forniti dagli uffici di collocamento; g) l’istruzione e la formazione professionale; ma gli Stati membri possono limitare la parità all'istruzione e alla formazione professionale che sia direttamente collegata all'attività lavorativa specifica e possono escludere le borse e i prestiti concessi a fini di studio e di mantenimento o altri tipi di borse e prestiti; h) il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili; i) le agevolazioni fiscali, nella misura in cui il lavoratore stagionale sia considerato come avente il domicilio fiscale nello Stato membro interessato, ma gli Stati possono limitare l'applicazione della parità ai casi in cui i familiari del lavoratore stagionale per i quali si chiedono le agevolazioni abbiano la residenza o il domicilio abituale nel territorio dello Stato membro interessato 12 Nuova direttiva su studenti, ricercatori e altre categorie (presentata nel 2013, di prossima approvazione) Si estende l’applicazione delle norme sulla parità contenute nella direttiva 2011/98 e si aggiunge che 1. In deroga alla direttiva 2011/98, i ricercatori e gli studenti cittadini di paesi terzi hanno diritto a un trattamento pari a quello riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante per quanto riguarda l'istruzione, la formazione professionale e settori della sicurezza sociale, comprese le prestazioni familiari, di cui al regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale1 (cadrebbero pertanto le possibilità di deroga per gli Stati membri previste nella direttiva 2011/98) 2. Studenti, alunni, volontari, tirocinanti non retribuiti e persone collocate alla pari, che siano o meno autorizzati a lavorare conformemente al diritto dell’Unione o al diritto nazionale, hanno diritto alla parità di trattamento per quanto concerne l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e la loro fornitura, a eccezione delle procedure per ottenere un alloggio previste dalla normativa nazionale. 1 La proposta originaria della Commissione era più limitata, prevedendo che, in deroga alla direttiva 2011/98, i ricercatori cittadini di paesi terzi avessero hanno diritto a un trattamento pari a quello riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante nei settori della sicurezza sociale, comprese le prestazioni familiari. 13