IL TRAUMA NEL MONDO PRESIMBOLICO Julia M. Schwartz, MD
Transcript
IL TRAUMA NEL MONDO PRESIMBOLICO Julia M. Schwartz, MD
IL TRAUMA NEL MONDO PRESIMBOLICO Julia M. Schwartz, MD LosAngeles Psychoanalytic Society and Insitute Robert D. Stolorow Ph.D Institue of Contemporary Psychoanalysis Julia M. Schwartz, MD 11911 San Vicente Blvd, Suite 280 LosAngeles, CA 90049 Questo articolo esplora l'infuenza di un trauma precoce sulla frammentazione del sentimento di integrità sensomotoria. Parole chiave: trauma precoce, presimbolizzazione, disturbi (dell’) attaccamento, ritraumatizzazione, somatizzazioni, enactments, simbolizzazione, memoria emotiva. In un precedente lavoro (Stolorow,1999) uno di noi, esplorando l’esperienza personale del trauma psicologico, concettualizzava l'essenza del trauma come una frammentazione del proprio mondo esperienziale, ed in 1 particolare di quegli “assolutismi” che permettono a una persona di esperire il proprio mondo come stabile, predicibile e sicuro. Alla fine del lavoro veniva posta una domanda: “se un trauma può avere un impatto così devastante su un uomo di mezza età … in quale modo possiamo iniziare a renderci conto della sua influenza su un bambino piccolo per il quale gli "assolutismi" che lo sostengono nella vita di ogni giorno sono proprio nel vivo del processo di formazione?" (p. 467). È a questa domanda che vorremmo tornare attraverso la descrizione di un caso clinico in cui un grave trauma accade proprio nella fase presimbolica dell'infanzia. Nel tentare di capire questo caso, ipotizziamo un assolutismo primitivo che prende forma nella prima infanzia attraverso un holding e un accudimento sintonizzati del corpo del bambino (Winnicott, 1965), e attraverso il contenimento e la modulazione di stati affettivi dolorosi (Bion,1977; Stolorow e Atwood,1992), un assolutismo che noi definiamo come senso di integrità sensomotoria, la sensazione presimbolica del proprio essere fisico come inviolabile. Il caso dimostra l'impatto durante tutta la vita di una precoce frammentazione di questa integrità sensomotoria11. Amy, una donna single di 25 anni, chiese un trattamento analitico per una depressione cronica grave e disabilitante a causa di ossessioni e fobie; era inoltre incapace di raggiungere qualsiasi intimità fisica sessuale. Sebbene desiderasse sposarsi e avere un bambino, non era mai stata coinvolta in una relazione con un uomo. Aveva paura di essere lesbica, sebbene dicesse che non aveva mai provato sentimenti sessuali per una donna. 1 Alternativamente, quando parliamo di trauma della prima infanzia, si potrebbe sostenere che l'integrità sensomotoria non si fosse ancora stabilita del tutto. 2 Nella prima infanzia, a cominciare dall'età di due o tre mesi, Amy iniziò a urlare di dolore quando le veniva voglia di andare di corpo. A causa di una diagnosi sbagliata, sua madre era stata istruita a dilatare con le dita il suo ano molte volte al giorno. Poiché il dolore continuava senza nessun miglioramento, sua madre la portò da uno specialista, e il problema venne diagnosticato correttamente come una ragade anale e trattato adeguatamente. Amy non aveva nessun ricordo di questi eventi, e sua madre affermava che la penetrazione digitale dell'ano della bambina era capitata solo poche volte. Secondo il referto di una consultazione psichiatrica precoce comunque, le penetrazioni anali erano continuate per molti mesi fino a che Amy aveva otto mesi. Sebbene la ragade anale le venisse curata entro il primo anno di età, la bambina si era opposta dolorosamente alla madre per quel che riguarda l'addestramento ad usare il vasino; aveva mostrato anche altre difficoltà di comportamento. Venne sottoposta alla sua prima consultazione psichiatrica all'età di due anni e mezzo perchè aveva attacchi di ira e si rifiutava di parlare. Il referto del medico segnalava che quando Amy rifiutava di accondiscendere a sua madre riguardo al vasino, la madre tentava di inserirle supposte ripetendo - riteniamo - le prime violazioni traumatiche dell’integrità corporea della bambina, e Amy cercava di scappare terrorizzata. Quando sua madre tentava di farla parlare, lei rifiutava cocciutamente, tentando apparentemente quindi di restaurare il senso di inviolabilità che veniva distrutto incessantemente. Amy aveva pochi ricordi di suo padre, che chiaramente preferiva a lei il suo fratello maggiore e sembrava trovare intollerabile la sua personalità. Quando il padre e il fratello passavano il tempo insieme e lasciavano Amy 3 fuori, lei reagiva cercando di intrudere nella loro relazione, e si sfogava nei modi più distruttivi. Questa intrusività diventò un marchio della sua personalità infantile. Per non essere esclusa da nulla, fin dalla sua più tenera età invadeva e penetrava gli altri, tanto quanto lei era stata traumaticamente violata. Chiaramente, molto precocemente, per Amy l'attaccamento diventò l’equivalente di un'invasione, sia nel senso di invadere che di essere invasa. Il padre di Amy morì di leucemia quando lei aveva sette anni. Dopo la sua morte lei piombò in una palude di sintomi'. Era terrorizzata di morire nel suo letto e soffriva di ricorrenti mal di stomaco. Interrogava incessantemente la madre riguardo alla morte del padre e voleva che le venisse ripetuta all'infinito. Aveva paura di avere anche lei un cancro, e implorava sua madre di portarla dal dottore perchè controllasse piccoli gonfiori. Chiaramente ci sembra che la malattia e la morte del padre le confermavano drammaticamente ciò che già “sapeva “, e cioè che il suo corpo era in costante pericolo di essere invaso da forze dolorose, distruttive e perfino mortali. Anche la reazione della madre alla morte del padre le era parsa estremamente terrorizzante, un'altra intrusione in quel minimo sentimento di sicurezza a cui poteva fare appello. La madre entrò in una grave depressione e fece molti gesti e molte gravi minacce di suicidio: a volte sembrava che la ritenesse responsabile dei suoi problemi. Il senso di Amy della sua integrità corporea fu ulteriormente disgregato da un precoce sviluppo puberale. Fu durante l'adolescenza che le capitò un episodio che Amy descriveva come il suo “esaurimento mentale“, scatenato da una forma influenzale che aveva colpito la madre allo stomaco. Amy reagì col terrore 4 di prendersi la malattia della madre e di vomitare. Aveva la fobia del vomito sin dall'infanzia, ma le paure ora divennero forti e invalidanti: esprimevano drammaticamente la sua paura di essere invasa di nuovo dalla madre, sia fisicamente che emotivamente. All'università eccelleva nello studio ma aveva problemi nelle relazioni sociali. Dopo la laurea cominciò a lavorare in un'agenzia letteraria. Aveva molti amici, e un uomo una volta espresse un interesse romantico per lei; ma lei non andò al di là di un unico bacio. Il tratto gastrointestinale di Amy, il luogo originale del trauma, continuò ad essere fonte di conflitto dolore e cattiva regolazione nella sua vita adulta, mostrando fino a che punto il suo mondo esperienziale si fosse organizzato intorno alla paura di un'invasione da parte di forze tossiche. Fino al momento in cui aveva iniziato l'analisi si era sottoposta a molti esami gastrointestinali, tra le quali procedure radiologiche invasive. A volte soffriva di una grave forma di diarrea, altre volte di stitichezza e - cosa che la tormentava ancor più - di crampi e di un acuto dolore addominale. Era tormentata dalla paura di vomitare che la sommergeva e insieme la affascinava. Era terrorizzata di prendersi un’influenza intestinale ed era solita andare fino a limiti estremi per proteggersi dalle contaminazioni, indossando una maschera facciale quando volava, usando batuffoli di alcol sulle mani, ed evitando bambini e qualsiasi persona sospetta di avere una malattia. Negli anni aveva escluso un numero sempre più cospicuo di cibi dalla sua dieta, credendo che fossero causa dei suoi dolori. Era sospettosa di quel che la madre cucinava e della sua igiene, temeva avvelenamenti accidentali o anche intenzionali da parte sua. Amy e 5 la sua analista interpretarono questi sintomi e queste fobie come espressioni di una paura di una nuova ritraumatizzazione, di un'invasione dolorosa e minacciosa del suo corpo da parte di tossine mortali, che ricapitolavano la sua perdita primitiva del senso di esser inviolabile, della sua integrità sensomotoria. L'infuenza del trauma precoce nel distruggere il senso di integrità corporea sembrava anche riflettersi in un certo numero di sintomi di cattiva regolazione sensomotoria. Sentiva sempre freddo, anche d'estate, come se non potesse regolare la temperatura del suo corpo. Le canzoni ascoltate alla radio le rimanevano fisse in testa. Il movimento dei tergicristalli la faceva agitare. Veniva distratta dalle attività che si svolgevano fuori dello studio della sua analista durante le sedute, e si poteva concentrare solo con le tende chiuse. Queste ed altre difficoltà erano segni dell’incapacità a filtrare e modulare stimoli visivi e acustici. Sentiva anche di avere scarse capacità motorie. Quando si soffiava il naso, sembrava scoordinata e simile a una bambina: afferrava molti fazzolettini tutti insieme e si soffiava e si strofinava goffamente. La sua andatura e la sua postura erano sconnesse, goffe, sgraziate. Analogamente le difficoltà che esperiva nelle relazioni riflettevano il tema centrale della vulnerabilità ad un'invasione tossica, sia fisica che psicologica. Reagiva con avversione intensa alle persone che sentiva controllanti o oppressive; a suo fratello per esempio, che era solito “infilarmi le sue opinioni giù per la gola". E quando lei, nel corso del trattamento, cominciò ad avere più appuntamenti con uomini, le sembrarono non interessati e tutti presi da se stessi, non interessati alle sue idee e che volevano parlare soltanto di loro stessi. Nel corso della terapia, diventò 6 capace di verbalizzare le sue profonde e paralizzanti paure di stare vicino a un uomo, la sua repulsione a baciare e la sua rabbia nel doversi “sottomettere” alle avances di un uomo. Trovava impossibile essere in intimità fisica con un uomo senza provare tutt’a un tratto questi sentimenti di avversione. La inquietavano le imperfezioni fisiche degli uomini, come se li vedesse al microscopio: foruncoli, nei e peli sul viso, calvizie incipiente e di cose simili. Si sentiva soffocata da un abbraccio o dall'odore del fiato di un uomo. Se si lasciava andare ad una maggiore intimità fisica, era a malapena in grado di tollerare la repulsione quando sentiva la lingua di un uomo che veniva “cacciata giù nella mia gola“. Con questi tentativi la sua repulsione e la sua ansia, invece di diminuire, le provocavano una risposta quasi allergica e diventava sempre più sensibile a queste esperienze, e ciò rendeva ancora più difficile andare ad appuntamenti successivi dove si aspettava una maggiore intimità. In analisi Amy sviluppò rapidamente un attaccamento intenso ed arcaico per l’analista. Per esempio, nella terza seduta confessò di aver fatto numerose chiamate allo studio dell'analista e una chiamata a casa e di essere arrivata in auto fino allo studio parecchie volte. Diventò ossessivamente preoccupata di avere informazioni riguardo all'analista: dove viveva, quale auto guidava, e altri dati personali. Quando l'analista non gliele forniva cercava le informazioni per conto suo, ad esempio chiamando l’ Università dove l'analista aveva studiato medicina. Inoltre cercava di apparire simile alla sua analista imitandone la pettinatura e il modo di vestire. "Voglio diventare come lei o voglio scoparla?” si chiedeva molto espressivamente. 7 A quel punto Amy capì che essere come la sua analista l'aiutava a sentire una distanza da sua madre. Amy scoprì dove abitava la sua analista e faceva delle visite giornaliere per controllare come andassero le cose. Controllava anche la registrazione del chilometraggio della macchina dell'analista così da poter conoscere ogni viaggio fatto da lei. Si impegnò in “appostamenti “, sedendo fuori dei cinema - per esempio - per ore di seguito, nella speranza di vedere la sua analista durante i weekend. E l'analista era sopraffatta dalla forza e dall'intensità dell'interesse di Amy nei suoi confronti e sentiva sempre di più che tutto questo era una ripetizione del trauma precoce di Amy. Ora era l'analista ad essere soggetta all'invasione dolorosa e umiliante del proprio spazio personale, come Amy lo era stata nella sua infanzia, mentre Amy poteva avere il ruolo di chi viola. Gli enactment di Amy aumentarono fino al punto in cui ci fu anche una più drammatica violazione del mondo privato dell'analista. L'analista si rese conto di star vivendo in uno stato di ipervigilanza, controllando tutto ciò che le stava intorno, nel pericolo di avere il suo spazio personale invaso in qualsiasi momento senza essere mai in grado di rilassarsi pienamente. Era la sua identità ad essere usurpata e trovava questa cosa snervante e da impazzire. L'analista si scoprì ostinatamente contraria a rispondere a domande personali e mentre Amy si sentiva soddisfatta quando trovava e indossava dei vestiti simili a quelli dell'analista o scopriva qualcosa riguardo alla sua vita personale, al contrario l'analista si accorse di provare sentimenti di disagio e un piacere vendicativo quando 8 Amy non era in grado raggiungere i suoi obiettivi. Questo ostinato ritiro era un aspetto della personalità dell'analista infelicemente risvegliato dalla intrusività di Amy. Nel corso del tempo e con l'aiuto del supervisore l'analista fu in grado di riconoscere quanto gli enactment di Amy fossero entrati in conflitto con il suo personale bisogno di privatezza. L'analista le spiegò in che modo stesse vivendo il comportamento di Amy, come invasioni dolorose e umilianti del suo spazio privato. Ad un certo punto l'analista disse con una notevole esasperazione, che si sentiva come se Amy la stesse dando la caccia per la stanza tentando di infilarle un dito nel culo. Sottolineò che continuando in questo comportamento Amy stava mettendo in pericolo il legame di cui così disperatamente aveva bisogno. L'analista iniziò a stabilire degli stretti limiti nei confronti degli enactment che Amy faceva all'esterno dello studio e a prendere delle decisioni ferme riguardo agli svelamenti che la mettevano a disagio quando Amy le faceva delle domande e delle richieste. Mentre esploravano i significati delle sue domande e del fatto che non ottenevano risposte, ci fu un cambiamento nella relazione terapeutica. Amy chiese meno informazioni e parallelamente l'analista cominciò a sperimentare la curiosità e le domande di lei più come interesse che come invasione. Retrospettivamente ci sembra di poter dire che Amy beneficiò in modo significativo del fatto che l'analista avesse fornito un modello di mantenimento e di ferma protezione dei confini personali, e un modello di attaccamento senza violazione. Nel corso della terapia Amy e la sua analista compresero l'influenza del trauma precoce come una invasione spaventosa, dolorosa e distruttiva del corpo di Amy. Di conseguenza, la vicinanza e l'intimità fisica erano sentite 9 come una perdita di controllo pericolosamente invasiva e traumatica. Amy e la sua analista fecero l'ipotesi che il senso di colpa e l'angoscia di sua madre durante quegli episodi precoci di violazione corporea le avessero reso difficile, se non impossibile, rispondere in modo empatico e aiutare Amy a sopportare e ad elaborare la dolorosa manovra e gli stati affettivi dolorosi che la accompagnavano. E in realtà degli anni successivi la madre tentò di negare l'importanza del trauma. A causa del trauma che era avvenuto nella prima infanzia, prima delle sue capacità di simbolizzare, esso rimase codificato in modo presimbolico, come una " memoria emotiva " (Orange,1995), al di fuori degli orizzonti della articolazione verbale e capace di essere sperimentato soltanto in forma di stati psicosomatici diffusi o di enactment comportamentali. Spesso i traumi e le difficoltà successivi nella vita di Amy furono vissuti come ripetizioni e conferme di ciò che era stato codificato in modo presimbolico. Molti dei suoi sintomi e delle sue fobie vennero anche spiegati come manifestazioni del suo senso pervasivo di essere stata in costante pericolo di essere penetrata e invasa distruttivamente, e del suo tentativo di proteggersi da quest'attacco doloroso. Amy e la sua analista capirono anche, infine, come la stessa memoria emotiva e il senso di essere a rischio di vita venissero agite nella relazione terapeutica, con l'analista che si sentiva invasa dolorosamente e in modo traumatico. Come risultato del lavoro terapeutico Amy sperimentò dei considerevoli progressi. Divenne capace di tollerare gradi crescenti di separazione dalla sua analista. Mentre il suo aspetto e i suoi modi miglioravano, in parte come risultato della sua identificazione con l'analista, e mentre lei raggiungeva dei 10 notevoli successi della sua carriera, sembrava che stesse andando sempre di più verso una visione di se stessa come donna desiderabile, competente e attrattiva. Riceveva sempre più richieste di appuntamenti, ma non usciva ancora a tollerare molta vicinanza fisica senza avere una reazione'" allergica " agli uomini. Ma poi, tragicamente, mentre continuava a progredire nel suo sesto anno di terapia, Amy si ammalò di una malattia autoimmune. Sapere della sua malattia ebbe un influsso straordinariamente devastante su di lei. Era la conferma medica della sua visione di se stessa basicamente difettosa, non desiderabile e condannata a morire sola. E cosa ancora più importante, fu una orribile ripetizione della primitiva traumatica invasione del suo corpo, ora da parte di forze tossiche che potevano renderla incapace, non desiderabile e letteralmente distruggerla, scompaginando ancora una volta il senso di integrità del suo essere fisico che si è appena consolidato. Tutti i progressi che erano stati fatti nella trasformazione della sua esperienza di se sembravano distrutti dalla diagnosi e dai sintomi che lei aveva. Il progresso che aveva fatto nel sentirsi a suo agio nei contatti e nella vicinanza umana fu ugualmente demolito. Inoltre manteneva anche la fantasia che la sua malattia fosse stata causata da un influsso avvelenante da parte delle altre persone sulla sua vita. Nei primi mesi dopo che la sua condizione venne diagnosticata, la prognosi di Amy sembrò molto funesta e lei la sua analista rimasero in stato di shock e di dolore. Con il trattamento farmacologico comunque i sintomi di Amy diminuirono alquanto, e lei e la sua analista cominciarono il difficile compito di tentare di riguadagnare il loro equilibrio. E il desiderio di Amy di avere una relazione con un uomo 11 divenne una volta ancora preminente. Espresse la frustrazione che fosse passato così tanto tempo con un così piccolo miglioramento della sua capacità di avere una vita amorosa e sessuale. Ancora più scoraggiante fu il riconoscimento che sotto certi aspetti lei era peggiorata; il suo fobico evitamento del cibo, del sole, del freddo e dei microbi erano stati molto intensificati dall'influsso delle sue condizioni mediche. Come poteva sperare di attrarre un uomo ora che era impedita dalla sua malattia e dai suoi spaventosi effetti? Amy e la sua analista hanno continuato a porre attenzione alle conseguenze del precoce trauma corporeo di Amy e alle perdite e alle rotture del periodo successivo della sua infanzia e all'influsso traumatizzante della sua attuale malattia. Sebbene si lamentasse che non ci fosse nulla di nuovo nelle loro discussioni, era sembrata più capace di correre dei rischi riguardo al suo aspetto e ai suoi appuntamenti ad esempio. Ma l'analista non può fare a meno di chiedersi in qual modo un processo psicoanalitico possa alterare l'impatto di un trauma precoce, ora rianimato in modo devastante, un trauma che vive presimbolicamente nel corpo di Amy. Questa è una domanda che sta alla frontiera della comprensione psicoanalitica. E ci rimane ancora molto da imparare. 12 Bibliografia Bion, W. (1977). Seven servants. Northvale, NJ: Jason Aronson. Orange, D.M. (1995). Emotional understanding: Studies in psychoanalytic epistemology. New York: Guilford Press. Stolorow, R.D. (1999). The phenomenology of trauma and the absolutisms of everyday life: A personal journey. Psychoanalytic Psychology, 16, 464-468. Stolorow, R.D., & Atwood, G.E. (1992). Contexts of being: The intersubjective foundations of psychological life. Hillsdale, NJ: The Analytic Press. Winnicott, D.W. (1965). The maturational processes and the facilitating environment. Madison, CT: International Universities Press. 13