Il Caso Benetton

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Il Caso Benetton
Il Caso Benetton
Di Francesco Venier
PARTE I
VICENDE STORICHE
La Benetton nacque verso la metà degli anni Cinquanta, a Ponzano Veneto, dove Luciano Benetton
propose ai fratelli Carlo e Gilberto di aiutare !a sorella Giuliana nel suo lavoro di magliaia.
Grazie alla macchina per tessitura che avevano già in casa, i fratelli Benetton cominciarono a
produrre le prime maglie per un mercato costituito essenzialmente da privati e da pochi negozi.
Luciano, già dipendente nel settore del commercio dell’abbigliamento, si interessava
personalmente della vendita dei prodotti.
Gli utili conseguiti venivano via via accantonati e investiti nell'acquisto di altre macchine per la
tessitura, tanto che ben presto fu necessario assumere alcune dipendenti per aiutare Giuliana.
Fu necessario altresì ampliare gli spazi e migliorare le tecniche produttive: furono così acquistati
un piccolo capannone, una nuova macchina da tessitura e una follatrice meccanica.
Correlativamente a questi tre nuovi acquisti, aumentavano però anche i costi di produzione e
quindi bisognava mettersi alla ricerca, di nuovi sbocchi di mercato più consistenti.
In quel periodo, si era agli inizi degli anni Sessanta, la maglieria veniva commercializzata
soprattutto nelle mercerie e, più raramente, nei negozi di abbigliamento, ma sempre nella forma
di capo spalla, di pullover da tenere sotto la camicia d’inverno per stare più caldi. Già allora
Luciano Benetton aveva la convinzione che la maglieria avrebbe potuto avere una vita propria e
un'identità ben definita e che quando si fossero create le condizioni opportune essa sarebbe potuta
diventare un capo di abbigliamento indipendente rispetto agii altri. Queste condizioni si
prospettarono quando ai fratelli Benetton venne offerta la possibilità di collocare i loro prodotti
anche a Roma tramite due negozi della capitale, Anticoli e Tagliacozzo che, casi unici a quel
tempo,vendevano solo maglieria.
L’operazione ebbe un notevole successo, tanto da rende necessario un ulteriore aumento della
produzione.
DALLA FASE ARTIGIANALE ALLA FASE INDUSTRIALE
Su consiglio di un tecnico che lavorava con i Benetton si procedette allora all'acquisto di una
partita di 260 telai Cotton che, divenuti obsoleti per la produzione delle calze, con modica spesa
potevano essere facilmente trasformati in moderne macchine per la lavorazione della lana.
I telai in questione vennero depositati in un magazzino per essere successivamente convertiti
e immessi nel ciclo produttivo man mano che la domanda di prodotti di maglieria cresceva ed erano
necessari nuovi aumenti di produzione.
Risolto dunque in questo modo il problema della carenza di capacita produttiva, emergeva
nuovamente quello dimensionale per cui i proventi derivanti dalle vendite di maglieria nei due
negozi della capitale vennero immediatamente investiti nell’acquisto di un terreno a Ponzano
Veneto al fine di costruirvi uno stabilimento che, nelle intenzioni dei fratelli Benetton, avrebbe
dovuto essere definitivo.
Questo stabilimento, progettato nel 1964, venne inaugurato nel 1966 sotto la denominazione
"Maglieria del Veneto dei Fratelli Benetton".
Già alla Fine del 1966, tuttavia, i sostenuti ritmi della domanda del prodotto Benetton
imposero un ulteriore sviluppo ed ampliamento della capacitA produttiva. Le scelte si articolarono
lungo due fondamentali direttrici: da un lato l’ampliamento dell'impianto di 2000 mq. dall'altro,
l’esternalizzazione della fase di finissaggio. Ben presto il processo di decentramento interessò
l’intero processo produttivo..
Ai laboratori esterni, costituiti sotto forma di imprese artigianali, fondate spesso dalla
mamma c, comunque dai parenti dei dipendenti Benetton, veniva richiesto che:
- rispondessero in proprio della qualità dei loro prodotti; - assoluta puntualità delle consegne; redditività prestabilita.
Il profitto, obiettivo, definito per ciascun laboratorio esterno, in realtà si configurava come
un obiettivo di costo dato che il prezzo di acquisto del,prodotto era stabilito dalla stessa Benetton.
In cambio l’azienda forniva loro tutta una serie di servizi che andava dalla tenuta di un
sistema di contabilità analitica all'impostazione dei piani di lay-out -del processo produttivo del
laboratorio per giungere Fino a dei suggerimenti in merito al personale tecnico da assumere nel
laboratorio.
La struttura della Benetton, che occupava alla fine del 1966 54 dipendenti, assumeva una
configurazione di tipo funzionale. I responsabili delle varie aree erano:
- Luciano Benetton, che si interessava prevalentemente della commercializzazione dei prodotti;
- Gilberto Benetton, che curava la parte amministrativa e finanziaria;
- Elio Aluffi, unico dirigente non appartenente alla famiglia Benetton, era preposta alla produzione
e ai sistemi informativi, ed era presente alla Benetton Fin dagli albori;
- Giuliana Benetton, la quale era addetta allo styling;
- Carlo Benetton, il più giovane dei fratelli, solo successivamente avrebbe cominciato ad occuparsi
dei problemi relativi alla produzione e agli approvvigionamenti.
LA DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA
Tra il 1968-1969-si inizia una strategia di diversificazione con lo scopo di superare il gap
della stagionalità tipica del prodotto lana.
Il primo passo fu quello dell'inserimento del prodotto jeans. Questa scelta non fu facile né
indolore in quanto presupponeva l'esistenza di una nuova tecnica produttiva che la Benetton non
possedeva.
Il problema fu risolto attraverso un massiccio, anche se non totale, ricorso a fornitori
esterni.
In quel periodo la contestazione giovanile era scoppiata come una bomba in tutto il mondo e
il bluejeans era divenuto una scelta di vita, un segno di anticonformismo, la domanda aveva ritmi
di crescita sostenuti.
Chiunque produceva il denim trovava ampio sbocco in un mercato che era in continua
espansione e la Benetton che disponeva già di una capillare rete di vendita composta da più di
1000 negozi frequentati proprio dai potenziali acquirenti di jeans era ulteriormente
avvantaggiata.
Incoraggiati dai successi economici indotti dalla nuova linea produttiva, i Benetton hanno
indotto a dar il via al progetto di costruzione di un nuovo stabilimento di produzione dedicato
esclusivamente ai jeans. Procedendo sulla strada della diversificazione produttiva si pensò di
completare la linea dei prodotti estivi producendo maglieria in cotone. Anche la
commercializzazione dei prodotti in cotone seguì i soliti canali distributivi e anche questo tipo di
prodotto conquistò subito un’ampia fetta di mercato.
In questo stesso periodo venne inoltre deciso l’ampliamento della gamma dei prodotti
attraverso la destinazione di un’intera linea al segmento bambini. La nuova gamma di prodotti
adottò il marchio 0-12 Benetton e trovò sbocco in uno specifico gruppo di negozi.
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Fino al 1982 -la Benetton è stata caratterizzata da una struttura organizzativa molto
semplice, non formalizzata, fortemente accentrata e con una continua sovrapposizione fra
proprietà e direzione d’impresa.
La cultura aziendale prevalente era tipicamente pre-industriale: vi era una scarsa
propensione ad affrontare problemi di pianificazione e controllo di gestione e ciò diventava tanto
più grave quanto più l’azienda si espandeva.
Nel 1982, infatti, la Benetton fatturava 405 miliardi, aveva 1500 dipendenti diretti e, tramite
il decentramento produttivo, dava lavoro ad altri 200 laboratori esterni.
Da Elio Aluffi dipendevano il responsabile dei sistemi informativi e tre "direttori di
stabilimento”: uno per la lana, uno per il cotone e uno per i jeans, che, pur dirigendo a tutti gli
effetti gli stabilimenti, avevano in pratica solo una funzione consultiva, non disponendo di alcun
potere decisionale (se c’erano dei problemi, infatti, i capi-stabilimento si rivolgevano direttamente
ad Elio Aluffi).
Da Giuliana Benetton dipendevano invece due gruppi di modelliste: uno per il cotone e i jeans
ed uno per la lana, ed in quest’ultimo gruppo ella stessa operava come modellista. Nell'ambito
della Benetton, Giuliana assumeva quindi una triplice funzione: era infatti contemporaneamente
comproprietaria dell’azienda, dirigente con ampio potere decisionale, ed esecutrice manuale dei
modelli.
Gilberto svolgeva la sua funzione con l’ausilio di alcuni impiegati, mentre Luciano agiva da solo. In
presenza di tale distribuzione di funzioni aziendali, si cominciarono ad evidenziare le prime
difficoltà nella gestione delle maggiori complessità derivanti da un, lato dalla crescita dimensionale
interna e dall'altro dalla dinamica ambientale.
Inoltre, l'assenza di precisi meccanismi di pianificazione e controllo non permise di valutare
appieno gli effetti dell’espansione commerciale, dando così luogo ad un'azienda sottodimensionata,
per quanto riguarda le risorse Finanziarie ed umane necessarie per far fronte ai sostenuti ritmi di
espansione. Nonostante ciò la Benetton riuscì comunque a conseguire degli ottimi risultati
economici, e questo per tre ragioni fondamentali:
- la strategia commerciale, studiata e messa in pratica da Luciano Benetton, si è sempre
dimostrata efficace dal punto di vista economico-finanziario;
- la messa a punto di una struttura produttiva tecnologicamente molto avanzata ha permesso di
minimizzare i costi;
- la creazione di un sistema informativo estremamente efficiente ha ovviato, entro certi limiti,
alle carenze esistenti a livello organizzativo.
Fino al 1982 la struttura organizzativa della Benetton può essere espressa mediante l'organigramma
riportato, nella fig. 1:
PARTE II
BENETTON S.p.A.
La spinta ad una Profonda ristrutturazione organizzativa venne dall’esterno.
Nel 1982, infatti, la Benetton aveva richiesto un ingente finanziamento per il cui ottenimento
era necessario il beneplacito della Banca d'Italia.
L'istituto di credito centrale, dopo un’attenta analisi delle potenzialità e delle garanzie offerte
dall’azienda, pose come condizione per la concessione del prestito l’inserimento nel Consiglio di
Amministrazione della Benetton di un suo uomo di fiducia. Ciò che preoccupava !a Banca d’Italia
era proprio la totale mancanza di una struttura organizzativa in seno all’azienda e la bassa
propensione dei suoi dirigenti ad operare secondo principi manageriali.
Nel giugno del 1982 entrò così alla Benetton, nella posizione di amministratore delegato, il
dott. Aldo Palmeri, 34 anni, con precedenti esperienze alla Banca d'Italia nel settore della
vigilanza sulle aziende di credito, alla Confindustria, e come consulente tecnico del Ministro
Marcora.
A questo punto si presentò il problema di quale funzione affidare ad Elio Aluffi che per
diciotto anni era stato l'unico top manager dell’azienda esterno alla famiglia.
L'unica soluzione possibile sembrò quella di avvalersi di due amministratori delegati, che
seguivano sei distinte aree aziendali. Da Elio Aluffi dipendevano le quattro aree operative, e cioè
la Direzione Commerciale, la Direzione Tecnica, la Direzione Sistemi Informativi e la Direzione del
Prodotto, e da Aldo Palmeri le due Direzioni Organizzative e cioè la Direzione Organizzativa e del
Personale e la Direzione Finanziaria e di Controllo.
Si pensò inoltre di raggruppare in due organi di staff delle funzioni che fino ad allora erano
state svolte in diversi uffici dell'azienda in modo disarticolato. Vennero così progettati l’ufficio
relazioni esterne e la segreteria societaria e degli affari generali. Il promotore di questo progetto
fu senz’altro Palmeri, la cui missione, più o, meno esplicita, era quella di fornire alla Benetton una
struttura manageriale che desse delle garanzie soddisfacenti agli istituti di credito finanziatori.
Nel periodo giugno 1982 - dicembre .1983 l’azienda operò con una struttura organizzativa
anomala e piuttosto confusa. Il Consiglio di Amministrazione era composta dai fratelli Benetton
affiancati da Elio Aluffi e Aldo Palmeri, i quali assunsero altresì la qualifica di amministratori
delegati. I responsabili delle aree funzionali erano i seguenti:
- Luciano Benetton alla Direzione Commerciale
- Elio Aluffi alla Direzione Tecnica
- Dott. Bonfiglio alla Direzione Sistemi Informativi
- Gilberto Benetton alla Direzione Amministrativa e Finanziaria
- Giuliana Benetton alla Direzione del Prodotto.
La Direzione Organizzativa non era ancora operante.
È evidente la grande confusione di tale struttura organizzativa, che presentava un a continua
duplicazione di funzioni e mansioni e con i proprietari dell’azienda che dipendevano da sè stessi o,
peggio ancora, dagli amministratori delegati (vedi l’organigramma. nella fig. n.2).
Fra febbraio e marzo furono assunti il nuovo direttore della funzione finanziaria e
amministrativa e il nuovo direttore commerciale.
Nell'autunno dello stesso anno entrò alla Benetton anche il direttore organizzativo, mentre a
dicembre il sig. Del Nero, presente da parecchi anni in azienda quale supervisore del reparto
cotone, venne nominato direttore tecnico.
Contemporaneamente altre persone vennero assunte come assistenti dei direttori funzionali.
L'arrivo di questi nuovi assunti, provenienti da aziende dotate di un’organizzazione moderna
ed efficiente, creò due problemi particolarmente rilevanti.
Innanzitutto i fratelli Benetton non erano ancora preparati a delegare la gestione a terzi.
Essi infatti continuarono ad occuparsi di tutti gli aspetti dell’azienda e ciò dava luogo a continue
interferenze nell’attività dei direttori funzionali: il direttore commerciale, ad esempio, era
tenuto a riferire ad Elio Aluffi, ma, nel contempo, subiva il controllo e l’influenza di Luciano
Benetton e per questo motivo egli diede le dimissioni pochi mesi dopo essere stato assunto e
l'area commerciale rimase totalmente in mano a Luciano Benetton. Anche Del Nero doveva
rispondere ad Aluffi del proprio operato, ma anch’egli era costretto a subire le interferenze di
Carlo Benetton, che nel frattempo aveva cominciato a dedicarsi all’azienda; gli stessi problemi
sorgevano nel settore amministrativo e finanziario tra Palmeri e Gilberto Benetton. Una
situazione altrettanto anomala si creò alla direzione del prodotto. Questa funzione prevedeva tre
responsabili di linea (012, Benetton e Sysley) che, unitamente a degli stilisti esterni, dovevano
disegnare i modelli e coordinare l’attività dei tre gruppi di modelliste (lana, cotone e jeans) per i
responsabili di linea, e delle competenze specifiche (o lana, o cotone, o jeans) per le modelliste.
Qui il problema stava nel fatto che Giuliana Benetton voleva dirigere contemporaneamente il
gruppo delle modelliste lana e i tre responsabili di linea per quel che riguardava i prodotti in lana.
In tal modo veniva meno l’utilità dei responsabili di linea, che non potevano svolgere in piena
libertà la propria funzione, riconducibile, per alcuni aspetti, a quella del Product Manager. D'altra
parte, affidare a Giuliana la supervisione di tutte e tre le linee di prodotto non era possibile in
quanto le sue competenze erano limitate alla lana.
in secondo luogo si doveva far accettare una struttura organizzativa formalizzata a delle
persone che per tanti anni avevano lavorato su basi completamente informali.
Il 1984 si chiuse con un grosso colpo di scena: proco prima di Natale Elio Aluffi presentava le
sue dimissioni al Consiglio di Amministrazione, non accettando la posizione di secondo piano che
man mano andava assumendo.
Dal 1985 in poi si è assistito ad un continuo assestamento e revisione della struttura
organizzativa... Sono state inserite ai vari livelli nuove risorse umane, sono state create nuove
posizioni e nuovi ruoli di collegamento. All'introduzione di una struttura formale si è in continuo
contrapposta tuttavia ancora una estesa struttura informale costituita da gruppi di potere (i
fratelli Benetton) che tendono a condizionare pesantemente la gestione di tutte le aree aziendali
formalmente delegate a dei tecnici.
In particolare le aree d'influenza dei gruppi informali, queste fanno sostanzialmente riferimento
alle seguenti aree aziendali:
AREA COMMERCIALE
coordinata da Luciano Benetton
AREA DEL PRODOTTO E STYLING
coordinata da Giuliana Benetton
AREA DELLA PRODUZIONE
coordinata da Carlo Benetton
AREA AMMINISTRATIVA E FINANZIARIA
coordinata da Gilberto Benetton
La fig. 3 evidenzia la struttura organizzativa delle Benetton Spa agli inizi del 1988.
La fig. 3 BIS evidenzia la struttura organizzativa delle Benetton Spa alla fine,del 1990.
Nelle figg. 4,5, 6 si evidenziano le specifiche articolazioni della Direzione Finanziaria, della
Direzione Organizzativa, della Direzione Prodotto ed infine della Direzione Tecnica.
PROBLEMI PROPOSTI PER LA DISCUSSIONE DEL CASO
1. Evidenziare le ragioni storiche del successo di
2. Evidenziare i punti di forza e dì debolezza della Struttura organizzativa della Benetton fino
al 1982 anno, in cui entra Palmeri
3. Evidenziare le innovazioni organizzative introdotte dal dott.Palmeri, i vantaggi e gli
svantaggi relativi alla nuova struttura.
4. Delineate le linee di sviluppo strutturale della Benetton rilevabili dalla lettura degli
organigrammi proposti in fig. 3 e in fig. 3bis evidenziandone vantaggi e svantaggi
PARTE 3
Identificativo:
Data:
Testata:
Riferimenti:
FM20020921054CAA
21-09-2002
IL SOLE 24 ORE
PLUS
STORIA DI COPERTINA
La storia / signori del Nord - Est
Un impero che fattura otto miliardi di euro
La famiglia ha la più alta quota di possesso in Telecom e Olivetti
Aldo Bernacchi
Il fatturato di Benetton Group è 2,1 miliardi di euro. Altri numeri rendono meglio le dimensioni di una leadership
tessile: 60 milioni di chilometri di tessuto, 5mila negozi in 120 paesi, 6 milioni e mezzo di chili di lana, 110 milioni
di pezzi in un anno per una superficie pari a due volte e mezzo il Belgio. La storia di come i quattro fratelli
Benetton - Luciano (classe 1935), Giuliana (1937), Gilberto (1941) e Carlo (1943)- siano diventati i re del
pullover è ormai un business case che appartiene alla cultura industriale e non solo italiana. La chiave del
successo? Innovazione ovunque: nei processi, nel marketing, nell'organizzazione per cavalcare il mutare di
tempi e mercato.
Ma oggi - con il gruppo che sta accelerando verso i megastore dopo il boom del franchising - il tessile
abbigliamento, pur rimanendo l'asset più importante di Edizione Holding - la cassaforte di famiglia controllata al
97,7% da una Sapa, la Ragione di Gilberto Benetton e C. - rappresenta solo un terzo del business di gruppo. Re
del pullover, con la voglia crescente di conquistare altri regni in settori a più alto cash flow: così Benetton negli
ultimi anni ha diversificato nella ristorazione, nelle autostrade e nei telefoni, tre comparti dove gli italiani hanno
da sempre una buona propensione a spendere. Era il 1995 quando in partnership con Leonardo Del Vecchio,
Ponzano vinceva la gara di privatizzazione della Sme, che voleva dire Autogrill e Gs (quest'ultima veniva poi
venduta a Carrefour). Poi è stata la volta di Autostrade, quindi di Grandi Stazioni fino al blitz su Olivetti e
Telecom con Pirelli. Altri numeri da protagonista si sono aggiunti a quelli già conquistati nel tessile. Autogrill con
un'Opa da mille miliardi di lire faceva sua l'americana Host Marriott; e oggi fattura oltre 3,2 miliardi con quote di
assoluto primato nella ristorazione on the road. Nel frattempo è cresciuto attorno a Villa Minnelli, sede storica
del gruppo, anche un impero immobiliare: i Benetton hanno comprato palazzi e proprietà un po' ovunque, nelle
più belle città del mondo, da Venezia a Tokio, ma è soprattutto in Argentina che detengono un'immensa tenuta
di 900mila ettari: un'estancia da cui ricavano il 10% del fabbisogno di lana e che fa dire ai mapuches, gli indigeni
con i quali non sono mancate frizioni, che i Benetton possono attraversare tutta la Patagonia senza mai uscire
dai propri terreni.
Da noi, dei Benetton si è sempre sottolineato l'istintivo desiderio di restare fuori del coro. Pare che Luciano, il
leader, fino a 45 anni non abbia posseduto una giacca. Fecero scalpore le campagne pubblicitarie per lanciare
gli <United colors> con le gigantografie realizzate da Oliviero Toscani che arrivarono a tappezzare l'Italia anche
di profilattici variopinti (che la Benetton tuttora commercializza in co-brand con Durex). Si è affermata l'immagine
di un'azienda e di un imprenditore diventato leader mondiale senza mai frequentare il salotto buono di
Mediobanca; capace di battere due volte Agnelli, sulle piste della Formula Uno e nella gara per la Sme; risoluto
a dire no a una candidatura Romiti nell'ultima corsa al vertice di Confindustria.
Ma con quasi 8 miliardi di euro di fatturato, non si può essere né naif né isolati. E i Benetton - grazie alla tela
finanziaria tessuta da Gilberto - hanno stretto rapporti proficui con l'ambiente dell'Iri, in particolare - almeno fino
al divorzio di questi mesi - con Giancarlo Elia Valori, uno dei manager più potenti delle vecchie Partecipazioni
statali, oggi presidente degli industriali romani, cui sono legati gli acquisti di Sme e Autostrade. Con il gruppo
Fininvest i Benetton hanno avviato intese a più livelli: cedendo alla holding di Berlusconi una quota della 21
Investimenti, autentica palestra di rodaggio per la nuova generazione di famiglia, in particolare per Alessandro
Benetton figlio di Luciano; lanciando insieme un fondo chiuso in Usa; concorrendo nella telefonia mobile, alleati
in Blu, la società del <futuro che non c'era> e che non ci sarà. Ma se Blu è stato venduto a coriandoli,
l'avventura dei Benetton nelle tlc è appena cominciata.
Ed è un'avventura che conferma uno degli assi portanti del capitalismo di casa, quello che vede alleati Marco
Tronchetti Provera e i Benetton (che da anni sono entrati nel patto di Pirellina con una quota superiore al 6%).
L'operazione Telecom è la punta dell'iceberg, ma insieme nella Schemaventiquattro avevano già rilevato nel
2000 - con Caltagirone e la francese Sncf - il 40% di Grandi Stazioni per 407 miliardi. <Quando nel 1996
abbiamo acquistato la prima quota in Pirellina sapevamo che quell'investimento avrebbe dato delle
soddisfazioni>, ha più volte ripetuto Gilberto Benetton che di Telecom è oggi il vicepresidente.
E i Benetton in Telecom vogliono giocare un ruolo niente affatto subalterno. Altrimenti non vi avrebbero messo
più di un miliardo di euro, anche a costo di far lievitare l'indebitamento di casa. Pur avendo poi solo il 20% di
Olimpia rispetto al 60% di Pirelli Spa, la famiglia Benetton, per l'effetto filiera sul controllo, molto più lunga quella
di Tronchetti rispetto a quella di Edizione, detiene di fatto la maggiore quota di possesso integrato sia in Olivetti
che in Telecom: circa il 5% di Ivrea e il 2,3% dell'ex Stet, più del doppio di Tronchetti. Quale sarà la prossima
puntata? Il mercato sta monitorando le mosse di Ponzano, mette sotto la lente Autostrade, vagheggia un'Opa
casalinga di Edizione su Benetton sulla falsariga di Zignago-Marzotto. I debiti post Olimpia e il recente taglio di
stime di Ubs, vista la crisi dei consumi, inviterebbero alla prudenza. Ma non sono tali da far riscrivere una storia
di successo, iniziata nemmeno quarant'anni fa, di quattro fratelli un po' strani che, a ridosso di Villa Minnelli,
allora ridotta a una stalla, si erano messi a lavorare con la lana quando ancora gli italiani impazzivano per
l'acrilico.
Aldo Bernacchi
Domanda:
Quali sono i punti di forza ed i punti di debolezza di questa BENETTON?
PARTE 4
Un Anno dopo…
JUNE 23, 2003
BUSINESS WEEK
INTERNATIONAL -- EUROPEAN BUSINESS
Has Benetton Stopped Unraveling?
Its new boss plans sweeping changes, and investors are happy
Remember those controversial ads from Italy's Benetton? There was the one with a nun and a priest
kissing, and another showing a long-haired, gaunt, Christ-like AIDS sufferer on his deathbed. Those
provocative images, with their pointed social messages, helped turn Benetton's colorful sweaters into a
casualwear empire in the 1980s, creating one of the world's best-known brands.
But edgy publicity campaigns were no protection against a handful of savvy European rivals who began
revolutionizing the apparel business in the 1990s. "We didn't take advantage of the quick transformation"
of the industry, says Silvano Cassano, a former Fiat manager who on April 1 became the Benetton Group's
chief executive.
That transformation saw the best retailers turn into cutting-edge users of digital technology. Benetton's
competitors -- notably Spain's Zara and Sweden's Hennes & Mauritz -- have raised the bar for the entire
industry. These retailers can beam new styles from the catwalk to the shop floor in less than a month -and at bargain prices. Both deploy sophisticated technology to track which items are selling and which
aren't, so winners can be speedily restocked and slow movers yanked from the racks. They've got the look
down, too -- cool and minimal for the working women that are Zara's core customer, and over-the-top
trendy for H&M's teen fans. And Benetton's look? Bland. "The Benetton brand is out of fashion. It lacks a
clear position," says Sagra Maceira de Rosen, retail analyst at J.P. Morgan Chase & Co. in London.
Cassano is out to change that. The message he delivered in his first meeting with investors was short and
powerful: Benetton is going to refocus on the apparel business, which encompasses the Sisley and
Benetton brands. It's no secret that Benetton's core casualwear business has suffered neglect. In 1994,
founder Luciano Benetton launched an ill-fated diversification into sports equipment, snapping up market
leaders such as Prince (tennis rackets), Nordica and Kästle (ski equipment), Rollerblade (in-line skates),
and Killer Loop (snowboards). But the centralized management of the diverse brands backfired. Quality
deteriorated and market share fell. Last year, Benetton sold the equipment division, Sportsystem, booking
$190 million in write-offs. The company posted its first annual loss -- $10.5 million, on revenues of $2.3
billion.
Investors clearly believe Cassano is up to the task of revitalizing Benetton's core business. The stock
jumped 9.2% in the wake of his May 29 meeting with shareholders. The 46-year-old executive, whose
résumé includes stints in New York and London as head of international sales and marketing for Hertz
Corp., and three years at Fiat's financial and consumer-services divisions, accepted the job at Benetton
only after assurances from the Benetton clan, which controls 70% of the company, that he'd have total
freedom.
Cassano is wasting no time. He already has installed new management at the posh headquarters in
Ponzano, near Venice. This fresh crew is toiling to recapture the pizzazz that catapulted a small sweater
maker to a global fashion icon. "They call themselves 'United Colors of Benetton,' but you'd go in the shop
and it was all neutrals and gray. They lost their whole handle on color," says Jamie Ross, creative director
at Doneger Group in New York. Indeed, Ross and others note that a vibrant palette has been crucial to the
revival of Gap Inc., which made its name with neutral basics such as khaki pants and white T-shirts. "We
have to go back to being a friendly, warm, Latin, colorful brand," says Benetton's new boss.
Getting the fashion right is only the half of it. It's on the sales floor that Benetton's real weakness
becomes clear. "They are manufacturers, not retailers. They need to make the move to more professional
retail management," says Armando Branchini, president of Milan consultancy InterCorporate. The
problem, says Branchini, is that 93% of Benetton's sales come from franchise operations. Zara and H&M,
in contrast, own their shops, which makes it easier to install unified systems that track global sales
electronically.
That's why Cassano is moving to wire some 5,000 Benetton stores from Naples to China to a cutting-edge
yield-management-information system. He's also studying the business models of logistics champions
such as Dell Computer Corp. and Wal-Mart Stores Inc. "We don't have to control the shops. We have to
control the information," Cassano says. Benetton also has spent more than $640 million giving its 166
wholly owned megastores a facelift. "They're too lifeless and cold. They need more excitement," says
Cassano.
Basic black may be boring in the stores. But when it comes to finances, Benetton's not hurting. Net profit
jumped 29%, to $29 million, in the first quarter of this year, thanks largely to the disposal of the moneylosing sports-equipment division. Sales of casual apparel rose 3.8% in the first quarter before adjusting
for the impact of exchange-rate fluctuations -- exceeding analysts' expectations. Yet margins in the allimportant clothing business have yet to show serious improvement.
And those shock ads? Don't expect to see a return to them under Cassano. A 1999 campaign that
featured death-row inmates staring out from their prison cells sparked a public outcry in the U.S. and
prompted retailer Sears, Roebuck & Co. to cancel a multimillion-dollar contract to sell Benetton's clothes in
800 of its department stores. The controversy led Luciano Benetton to fire his longtime friend,
photographer Oliviero Toscani. Yet analysts complain that the company's current campaign, promoting
racial harmony, isn't working either. Globalization has made the message almost trite. "The ad strategy
doesn't say who Benetton is or what they are trying to sell," says Richard Perks, senior retail analyst at
Mintel International Group Ltd., a London-based market researcher. Maybe the next ads will actually show
Benetton clothes. Now that would be a shock.
By Gail Edmondson in Frankfurt
By Jack Ewing in Frankfurt and Christina Passariello in Paris
PARTE 5
Benetton China?
Benetton Group S.p.A.
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25 maggio 2005
Hoover's Company In-depth Records
Inglese
Hoover's Company Profiles, Copyright(c), 2005, Hoover's, Inc., Austin, Tx
OVERVIEW
If Benetton had a theme song, it could be "We Are the World." Italy's largest clothing maker, The Benetton Group pushes a
global attitude in its ads while dressing customers in 120 countries through more than 5,000 franchised Benetton stores,
department stores, and megastores. Benetton's clothing -- primarily casual knitwear and sportswear for men, women, and
children -- bears labels such as United Colors of Benetton and Sisley (about 20% of sales). Not content with selling
sunglasses, watches, clothes, and shoes, Benetton once branched out into sporting goods, but withdrew to hone in on its
clothing division. The Benetton family, through Edizione Holding, owns about 70% of Benetton.The company's controversial
ads, a mix of provocative images and political stances (bloody soldiers, death-row inmates, a priest and a nun kissing), have
won a following as well as a fair share of critics. Benetton has since parted ways with the agency responsible for the
shocking campaign.Despite its global outlook, about 85% of Benetton Group's sales come from Europe, which is plagued by
a sluggish economy. Consequently, Benetton is looking to foreign markets for growth, especially China and India. Benetton
plans to open about 40 stores in China this year (including flagship stores in Beijing and Shenzhen), and would like to have
as many as 200 stores there by 2008. The Italian retailer also recently formed a joint venture with Turkey's Boyner Group to
boost sales in that country. Benetton is also focusing on attracting younger customers to its stores. To that end, the retailer
has expanded its low-priced collections of denim, polo shirts, and sweatshirts.The Italian apparel maker is teaming up with
America's largest toymaker Mattel to launch a new line of clothing called "Barbie Loves Benetton." The Barbie-inspired brand
will be in stores by September 2005.The group's multimedia enterprises fall under the Fabrica umbrella, which Benetton
describes as a "communication research and development center," that the company founded in 2000. Fabrica produces
films, funds avant-garde music projects, and publishes the magazine "Colors."In early 2003, the company pared down its
branches and returned to its fashion roots by selling off its Nordica and Rollerblade subsidiaries. Tennis racket and
sportswear maker Prince was sold off soon thereafter. Europe accounts for about 80% of Benetton's sales.
HISTORY
Luciano Benetton began selling men's clothing while still in his teens in post-WWII Treviso, Italy. His younger, artistic sister,
Giuliana, knitted colorful and striking sweaters for a small, local clientele. In 1955 the two pooled their skills. Giuliana sold
Luciano's accordion and a younger brother's bicycle, raising enough money to purchase a knitting machine. Luciano then
marketed her moderately priced sweaters.Demand for their clothes grew, and the pair did so well that 10 years later they
built a factory in Ponzano, near Treviso. Siblings Gilberto and bicycleless Carlo joined the business, and the first Benetton
store opened in Belluno, in the Alps, in 1968. By 1975 Benetton had 200 stores in Italy and had set up headquarters in a
17th-century villa. In 1979 the company opened five stores in the US.Through the early to mid-1980s, the company
averaged one store opening a day; Benetton was the first Western retailer to enter Eastern Europe. The company's
controversial advertising program began in 1984 with ads depicting such provocative images as then-president Ronald
Reagan with AIDS lesions.When it went public in 1986, Benetton had almost 600 stores in the US. That year it established a
factory in the US. In the late 1980s Edizione Holding, the family's investment firm, also bought a hotel chain and ski
equipment maker Nordica.Benetton began losing US market share in the late 1980s. Competition from The Gap and The
Limited hurt and overexpansion brought complaints from franchisees that the stores were cannibalizing each other's sales.
(In New York City there were seven stores on Fifth Avenue alone.) In the early 1990s The Gap established stores in the
already-mature European market, and Benetton began looking for new markets.Edizione increased its investments in those
years, acquiring 80% of Prince Manufacturing, a US maker of tennis equipment, and purchased a 50% interest in the TWR
group, a racecar manufacturer. The company formed Benetton Legs in 1991 to produce and sell pantyhose in Europe.In
1995 Benetton won its second lawsuit against German retailers who refused to pay for merchandise because they said sales
had been hurt by the company's shock advertising. The next year it opened a United Colors of Benetton megastore on Fifth
Avenue in New York City, the first to combine Edizione's clothing, sporting goods, and accessories under one roof.Benetton
bought Edizione's sports equipment and apparel collection, Benetton Sportsystem, and renamed the division Playlife in 1998.
Benetton began selling the sporting goods through specialty sports stores and a new chain of Playlife megastores.Trying to
win back US consumers, Benetton in 1998 cut a deal to sell Benetton USA-brand clothing in Sears, Roebuck & Co. stores. In
early 2000, however, Sears yanked the Italian goods from its store after customers complained about Benetton's anti-death
penalty ad campaign. Soon after, Benetton and controversial ad man Oliviero Toscani parted ways. Benetton's ads are now
produced by an ad agency Toscani founded.In 2001 Benetton announced plans to recapture the US market share it once
held by opening megastore formats (starting with three new stores in Manhattan). Later, Carlo Gilardi stepped down as Joint
Managing Director and Luigi de Puppi (former CEO of Electrolux Zanussi) was named his successor.Just weeks before its
2003 shareholders meeting, the company announced that Luigi de Puppi would step down since his mandate to clear out of
Benetton's ailing sports divisions was completed with sales of Rollerblade, Nordica, and Prince. In late 2003 Benetton
reorganized its internal operations -- production and logistics are handled by Benind, trademarks and commercial activities
by Bencom, and IT services and systems by United Web (under the name Bentec).In May 2005 Alessandro Benetton, son of
Chairman Luciano Benetton, was named Deputy Chairman of the company's board, a title he now shares with his uncle
Carlo.
OFFICERS
Chairman, Luciano Benetton, Age 70
Deputy Chairman, Carlo Benetton, Age 61
Benneton Group Managing Director, and Director, Silvano Cassano, Age 48
Tax, Legal, and Corporate Affairs Officer; Secretary, Pierluigi Bortolussi, Age 57
Head of Investor Relations, Mara Di Giorgio
CFO, Pier Francesco Facchini
Commercial Director, Fabrizio de Nardis
Benneton Group Marketing and Strategy Director, Maximo Ibarra
Art Director, United Colors of Benetton, Joel Berg
Chairman and Editorial Director, Colors Magazine, Kurt Andersen
CEO, Benetton India, Madhu Kumar
Director of Media and Corporate Communication, Federico Sartor
Sales and Marketing Manager, North and Central America, Paola Ugolini
Senior Investor Relations, Barbara Ferrante
Junior Investor Relations, Giada De Mattia
Investor Relations, Silvia Cadamuro
IT Manager, Mike Wainwright
Deputy Chairman, Alessandro Benetton, Age 41
LOCATION
Villa Minelli
31050 Ponzano Veneto, Treviso, Italy
Ponzano Veneto
Italy
31050
+39-0422-519111
+39-0422-969501
http://www.benetton.com
PRODUCTS/SERVICES
Benetton Group sells its products in more than 120 countries.
2003 Sales
% of total
Europe
73
Asia
9
The Americas
6
Other
12
Total
100
2003 Sales
In-line skates, skateboards & accessories
Sport apparel
Tennis racquets & accessories
Ski boots
Shoes
Skis & snowboards
Total
% of total
45
31
16
4
3
1
100
Selected Brands
Casual wear
Sisley (higher-fashion men's and women's clothing)
United Colors of Benetton
Sportswear
Killer Loop (snowboarding clothing)
Playlife (sporty leisure wear)
Selected Products
Baby products
Dresses
Handbags
Hats
Knitwear
Perfume
Shirts
Shoes
Socks
Sportswear
Sunglasses
Underwear
Watches
KEY COMPETITORS
Abercrombie & Fitch
adidas-Salomon
Aéropostale
Amer Group
American Eagle Outfitters
AnnTaylor
Burberry
Calvin Klein
C&A
Columbia Sportswear
Cortefiel
Inditex
Esprit Holdings
French Connection
Gap
H&M
Head-Tyrolia-Mares
J. Crew
K2
Lands' End
Levi Strauss
Limited Brands
Liz Claiborne
Marks & Spencer
Mossimo
Nautica Enterprises
NIKE
Polo Ralph Lauren
Quiksilver
Vendex
Rossignol
Swatch
Tommy Hilfiger
Variflex
Warnaco Group
Wet Seal
STOCK
Company Type: Public
US Ticker: BNG
US Exchange: NYSE
Foreign Ticker: BEN
Foreign Exchange: Italian
KEY NUMBERS
Fiscal Year Ended December
Sales For Year 2003
Sales $2,337.1
One Year Sales Growth: 11.7%
Net Income For Year 2003
Net Income $135.6
Employees 6,949
One Year Employee Growth: (3.0%)
AUDITOR
PricewaterhouseCoopers SpA, 2005
SUBSIDIARIES/DIVISIONS/AFFILIATES
Autogrill S.p.A.
Aldeasa, S.A.
HMSHost Corporation
INDUSTRY
Retail
Apparel & Accessories Retail
Footwear & Related Products Retail