Meo, il gigante dei miracoli

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Meo, il gigante dei miracoli
Tutto sul Sacchetti sassarese con il saluto dei capitani Devecchi e Vanuzzo
Meo, il gigante dei miracoli
«Capita, ma lasciamo tranquilla la squadra»
L'ultima apparizione di Sacchetti nella panchina sassarese ICALVÌ]
SASSARI. «Cose c h e capitano nello sport. Ci sentiamo dopo la partita di lunedì, preferisco c h e la
squadra prepari tranquillamente
la gara contro Pesaro». L'ultimo
gesto di attenzione verso la Dinamo, Meo Sacchetti lo h a riservato nel giorno del suo esonero.
Con la sensibilità di chi nei momenti dei trionfi si è messo spesso defilato rispetto ai giocatori,
lasciando loro il centro del palcoscenico. Cosa n e p p u r e tanto
semplice p e r un omone di due
metri che era già grosso quando
giocava ed è diventato immenso
una volta diventato allenatore.
IL GIOCATORE. Piedi grossi m a
veloci: lo soprannominarono Nureyev quando giocava ala, perché a dispetto della stazza sembrava un ballerino. Per lui coniarono a n c h e il termine di "play
occulto" per la capacità di leggere la partita e aiutare i compagni. Come fece nel 1980 all'Olimpiade di Mosca q u a n d o
vinse l'argento con la Nazionale
e come rifece a Nantes nel 1983
per l'oro agli Europei. Invece nella Varese della ricostruzione (dopo il ciclo degli scudetti e Coppe
dei Campioni) n o n h a vinto
niente e h a sacrificato alla causa
un ginoccliio.
L'ALLENATORE. Proprio quell'at-
titudine a interpretare la pallacanestro come u n a risposta creativa a quello che propone l'avversario è diventata la filosofia del
suo credo da allenatore. «Gioco
troppo Ubero, divertente ma non
vincente», così è stato spesso liquidato dai detrattori di tutte le
latitudini. Isole comprese. I fatti
h a n n o dimostrato c h e n o n era
così: sei anni di continui step in
ascesa: promozione in Serie A,
playoff scudetto, partecipazione
alla Coppa Italia, ingresso in EuroCup, conquista della Coppa
Italia, ammissione all'Eurolega e
quindi il leggendario triplete Supercoppa-Coppa Italia-scudetto.
Il tutto in 3 0 5 partite con 172
vittorie. Se trovate un coach con
un'escalation migliore, segnalatelo al Guinness dei primati.
IN SARDEGNA PER CASO. Nato in
una baracca per profughi ad Altamura (la famiglia rientrava dalla Romania) Meo Sacchetti h a
vissuto tra Novara, Torino e Varese. A Sassari è sbarcato per caso nell'estate del 2009: doveva ritornare nell'altra isola, a Capo
d'Orlando, che stava per acquistare il titolo dalla Dinamo. La
SERIE A
famiglia Mele ci ripensò e ingaggiò l'allenatore. Difendendolo nel
primo anno, quando la squadra
aveva perso la vetta e la promozione diretta e incassato sette
sconfitte di fila. Fece bene perché nei playoff fu il trionfo.
Celebri i suoi scontri con Travis Diener: due personalità forti.
Vincenti. Poco duttile, anzi testardo nel perseguire le proprie
idee e nel dare fiducia ai giocatori. Ma coerente. Prima regola: chi
è libero deve tirare. Seconda regola: più si va veloci e più si è liberi p e r tirare. Terza regola:
guarda come è messa la difesa e
puniscila.
Burbero m a con la b a t t u t a
pronta, vero showman nelle presentazioni settembrine. Equilibrato nei giudizi cestistici. In sei
stagioni si sarà lamentato degli
arbitraggi tre volte. E senza invocare tutele speciali o scandali,
come qualche suo collega. Poco
amante delle conferenze stampa
eppure disponibilissimo verso
tutti. Giornalisti e tifosi. Con il
sorriso soprattutto per i secondi.
Ha preso casa con terreno ad Alghero, innamorato del mare. Curioso dell'enogastronomia. A
proprio agio tra fiere e mercati.
IL SALUTO DEI CAPITANI. Forse per
descrivere meglio il coach dei
miracoli possono bastare le parole dei due capitani della Dinamo.
Quello attuale, Jack Devecchi:
«Grazie di tutto Meo! Un gran allenatore, un signore dentro e
fuori dal campo! Un vero maestro». E quello che lo ha preceduto, Manuel Vanuzzo: «Mi dispiace davvero tanto. Grazie Meo
per quello che sei riuscito a darm i e a trasmettermi nei sei anni
passati assieme, hai portato m e e
la Dinamo dove n o n si pensava
potesse arrivare in così poco
tempo... Hai tutto il mio affetto e
la mia stima. In bocca al lupo...».
Giampiero Marras
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