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viaggi La via dei Balcani rinascita Nella foto grande, il Ponte Vecchio di Mostar, ricostruito nel 2004. A fianco, da sinistra, il villaggio di Jajce sullo sfondo, la spettacolare cascata di 21 metri che si getta nel centro di Jajce, un’immagine del quartiere Bascarsija di Sarajevo LA VITA DOPO L’INFERNO Una guerra assurda non è riuscita a distruggere la magia di una zona europea dove convivono etnie diverse, paesaggi naturali affascinanti, reperti storici di tante differenti culture e la dignità intatta delle genti che ci vivono di Michele Orlando - Foto Marco Denicolò I 130 131 inmoto inmoto l desiderio di un viaggio attraverso i Balcani occidentali era nato in me circa 10 anni fa, quando i telegiornali di tutto il mondo avevano portato nelle nostre case le terribili immagini della guerra in quei territori. La scorsa estate, in concomitanza con il decennio dalla fine delle ostilità in particolare in Kossovo, dopo aver “chiamato all’ordine” Marco, uno dei componenti del nostro Marco Polo Team, decidiamo di partire per un raid attraverso Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Kossovo, Macedonia, Albania e Montenegro a bordo di due BMW F 650 GS. Intendiamo anche percorrere itinerari viaggi La via dei Balcani 132 nostra prima tappa. Appena mettiamo le ruote delle nostre BMW fuori dall’autostrada il paesaggio cambia radicalmente: strade solitarie attraversano paesini semideserti, attorniati da boschi e colline. Stiamo costeggiando le acque cristalline del fiume Una, che a un certo punto attraversiamo sopra un vecchio ponte, all’altezza del paese di Bosanski Novi, caratterizzato da una vecchia fortezza vicino alla quale è situata la dogana bosniaca. Le formalità sono abbastanza rapide ed entriamo così in Bosnia Erzegovina, che ci accoglie con i primi minareti che svettano come missili puntati verso il cielo. Fa un certo effetto ed è affascinante essere proiettati, a poche centinaia di chilometri dall’Italia, in una dimensione orientale, caratterizzata da usi, costumi e religione lontani dall’abituale contesto europeo. Ma verifichiamo anche i primi segni della guerra: paesi ancora abbandonati, edifici bruciati, moschee e minareti crivellati dai proiettili. deviazioni fiumi, sterrati e carne macinata Cerchiamo di concentrarci sulle cose belle che offrono queste zone e proseguiamo all’interno di profonde e spettacolari gole di calcare scavate nei secoli dal fiume che da molti chilometri ci sta accompagnando come un muto amico, sino a giungere in serata nella cittadina di Bihac, fresca “capitale” del rafting bosniaco. La sera ci deliziamo con i cevapcici, deliziosa carne di agnello o vitello macinata, erede della tradizione culinaria turca, molto diffusa in tutta l’area balcanica. La mattina seguente siamo pronti ad una deviazione su strade secondarie e sterrate, ma alcuni locali ci sconsigliano di affrontare quel percorso, visto che la zona di Bihac è stata pesantemente minata durante la guerra. Rimandiamo l’escursione off-road e prendiamo la strada per Sarajevo, ma dopo un centinaio di chilo- metri non resistiamo e ci infiliamo in una strada bianca che sale per alcune colline. Il percorso ci sembra in qualche modo battuto e percorso dai locali, e questo ci tranquillizza un po’. Il mio navigatore “impazzisce” e non capisce più dove lo sto portando e francamente nemmeno io, ma è tutto troppo bello: il sole, la natura, il verde sconfinato che ci circonda... Dopo un’oretta di viaggio la strada termina cieca in un villaggio desolato. Abitazioni distrutte si affiancano a case ricostruite, sulle quali vigila una vecchia chiesa che porta ancora i segni dei colpi di mortaio. A fianco notiamo un piccolo cimitero, le cui lapidi recano inequivocabili le date del conflitto: nemmeno paesi minuscoli sono stati risparmiati in quegli anni dalla furia umana. Giriamo le ruote e rifacciamo il percorso al contrario, un po’ meno sereni, mentre “sereno” ritorna il mio GPS, che tutto contento ricomincia a segnalarmi strada, direzione, orari, medie e tutti quei dati, utili sì, ma che hanno tolto quelle piccole incertezze e sorprese che caratterizzavano i viaggi di non molti anni fa. Dopo aver ammirato le azzurre acque di un torrente, increspate dai tuffi dei locali per sfuggire ai quasi 40 gradi di un’estate torrida, giungiamo nella minuscola Jajce, un piccolo gioiello bosniaco caratterizzato da una cascata di oltre 20 metri che si getta proprio al centro dell’abitato. Lasciamo questa cittadella fortificata, dove meritano una visita le catacombe e i resti di una chiesa medievale, e raggiungiamo verso sera Sarajevo, attraverso belle strade di montagna. In un primo momento l’ingresso in città delude e sconforta: alti palazzoni e condomini, molti dei quali ancora semidistrutti, danno la sensazione di un posto freddo e anonimo. Ma l’antico quartiere di Bascarsija, che visitiamo la navigazione controllata A sinistra, una vista del lago di Ohrid in Macedonia. In alto e qui sotto, altre immagini di Sarajevo e in particolare del quartiere Bascarsija. Qui sopra le nostre BMW lungo gli sterrati del Tara National Park in Serbia. In basso, si consultano gli strumenti di navigazione presso il ponte vecchio di Uzice 133 inmoto inmoto secondari e sterrati, e le piccole bicilindriche teutoniche ci sembrano adatte per praticità, affidabilità e leggerezza. Come consuetudine del Team vogliamo dare al nostro viaggio anche un significato più profondo, e decidiamo pertanto di portare un piccolo aiuto al centro di accoglienza Pan di Zucchero, che si occupa di assistere persone che ancora pagano le conseguenze del conflitto con sede a Pristina in Kossovo, gestito da Ai.Bi., Associazione Italiana Amici dei Bambini. Consegneremo una somma raccolta durante alcune serate benefiche, per dare una mano ai volontari di questo centro. Partiamo da Padova in una caldissima mattina d’agosto e con un veloce trasferimento autostradale raggiungiamo prima Ljubljana e poi Zagabria. Da qui prendiamo la direzione per Belgrado e all’altezza di Novska usciamo dal bollente asfalto della superstrada per dirigerci verso Bihac, in Bosnia Erzegovina, viaggi Sono posti, al di là dell’orrore visto in televisione durante la guerra, suggestivi e affascinanti, in bilico tra oriente e occidente, con una natura ancora incontaminata La via dei Balcani nord e sud si incontrano Nella foto grande, il fiordo di Kotor, il più meridionale d’Europa. Qui sotto, a Tetovo c’è la bellissima Sarena Djamija (Moschea dipinta), caratterizzata da suggestivi dipinti murali con motivi geometrici che abbelliscono l’esterno. In basso nella pagina a fianco, l’incontro con la responsabile del centro Pan di Zucchero, a Pristina (Kossovo), il Monastero di Studenica, un piccolo villaggio albanese 134 odissea parchi nazionali e specialità italiane Stiamo attraversando il Tara National Park e da qui raggiungiamo i paesi di Uzice e Kraljevo, per poi dirigerci a sud. Facciamo tappa a Mataruska Banja, un villaggio dove i locali vengono a curarsi gli acciacchi con le acque termali che sgorgano in questa zona. La sera stringiamo amicizia con Paolo, titolare di un piccolo ristorante del quale siamo gli unici avventori, che ci delizia con prosciutti e formaggi locali e che ci racconta l’odissea della sua famiglia, costretta a fuggire in Italia durante la guerra. Finite le ostilità era rientrato con i suoi cari e, appassionatosi di cucina, grazie alle specialità italiane, aveva deciso di aprire un locale per servire i prodotti della sua terra… anche se il parmigiano faceva bella mostra di sé sulla tavola. Proseguiamo l’indomani il nostro piccolo raid e raggiungiamo, attraverso una deviazione sterrata che ci fa percorrere un malandato ponte in legno, il monastero di Studenica, situato in una vallata solitaria e spettacolare. All’interno respiriamo, unici visitatori, l’atmosfera mistica di questo complesso di forma ovale che risale al 1190, costituito da tre antiche chiese e che rappresenta uno dei luoghi più sacri per l’anima e la storia serba. In corrispondenza di un valico in quota raggiungiamo il confine con il Kossovo, piccolo stato di etnia albanese, da poco proclamatosi autonomo ma non riconosciuto dalla Serbia, dalla quale appunto si è staccato. Le tensioni evidenti che ancora accompagnano, dopo la guerra, la vicinanza di questi due Stati, hanno imposto alla comunità internazionale una presenza massiccia in loco, ed è per questo che troviamo la piccola dogana “affollata” di forze militari italiane, statunitensi e tedesche. I nostri militari (le forze speciali dei Carabinieri) ci guardano incuriositi e ci danno una mano a sbrigare le formalità. Ci ospitano nel loro container offrendoci da bere e dandoci alcune raccomandazioni, tra cui quelle di fare attenzione al fondo stradale e di non consumare possibil- mente frutta, ortaggi e acqua di rubinetto, visto che l’uranio impoverito dei passati bombardamenti rende ancora contaminate queste zone. In effetti l’asfalto spesso presenta crepe che sono profonde voragini, e la guida è abbastanza impegnativa. Giungiamo nella capitale Pristina, città abbastanza anonima e “presidiata” da forze militari e organizzazioni internazionali, che devono anche vigilare sulla tranquillità delle “enclave” serbe ancora 135 inmoto inmoto sera, mi fa innamorare. Si tratta del cuore antico e pulsante di Sarajevo, caratterizzato da un intreccio di vie dove si affacciano nuove e vecchie botteghe, dentro le quali si possono ancora ammirare gli artigiani al lavoro. All’interno di questo vero e proprio “suk” vi sono poi moschee, minareti, antichi palazzi e biblioteche che mi proiettano indietro nel tempo di secoli. Ancora avvolti da quest’atmosfera esotica e misteriosa, la mattina seguente, dopo aver sorseggiato un buon caffè alla turca, ripartiamo diretti in Serbia, dove entriamo dopo aver oltrepassato il paese di Visegrad. La strada è spettacolare, perché corre in quota fiancheggiata da fiumi di un blu cobalto che entrano nelle montagne creando veri e propri fiordi. Ogni tanto, attirati da queste “dolci e fresche acque”, deviamo dalla strada e lanciamo le nostre BMW giù per suggestivi sterrati sino a lambire le sponde di questi laghi. viaggi La via dei Balcani presenti sul territorio. Raggiungiamo la struttura Pan di Zucchero, situata in una scuola di periferia, e consegniamo la somma da noi raccolta alla responsabile, che ci spiega servirà in particolare per aiutare i 45 bambini, orfani sociali, assistiti dal centro. Abbiamo anche appuntamento con due responsabili della nostra Polizia, che operano in Kossovo nell’ambito del progetto Eulex, con compiti di indagine e polizia internazionale, che ci raccontano la vita locale e ci spiegano la difficoltà di oprare in un territorio dove corruzione e illegalità sono molto diffuse. Il nostro viaggio prosegue ancora a sud: ancora deviazioni sterrate, ancora isolate moschee e svettanti minareti ed entriamo in territorio macedone, raggiungendo la caotica città di Tetovo, capitale non ufficiale della regione a maggioranza albanese. Questo luogo dove regnano traffico e confusione è abbastanza anonimo, fatta eccezione per la straordinaria Sarena Djamija (moschea dipinta), uno poco asfalto il ritmo giusto per le nostre moto Costeggiamo a nord lo specchio d’acqua e arriviamo alla dogana albanese, dove ci aspetta l’amico Alberto, un italiano che da anni vive qui per lavoro, grande appassionato di fuoristrada e uno degli organizzatori del recente Rally d’Albania. A lui avevo chiesto di condurci attraverso suggestivi percorsi in fuoristrada e la risposta era stata: “Non c’è problema, anche volendo qui le strade asfaltate sono poche!”. Raggiungiamo ancora a sud la cittadina di Maliq, dove cambiamo abusivamente un po’ di soldi per strada e imbocchiamo una spettacolare pista di montagna. Gole, torrenti, canyon e cascate fanno da cornice ad ogni tipo di fondo: dallo sterrato, alla roccia, dal fango a un po’ di sabbia, insomma ce n’è per tutti i gusti. Le nostre BMW non sono mezzi specifici per il fuoristrada, ma si compor- tano egregiamente se condotte con il ritmo giusto, tenendo un’andatura tranquilla. La pista ora sale vertiginosamente, ora “picchia” a valle, in un’alternanza emozionante di paesaggi, ma bisogna fare attenzione nella guida, soprattutto negli stretti passaggi e tornanti in quota non protetti da alcunché. Ogni tanto raggiungiamo villaggi isolati e poveri, dove incontriamo bar malandati che a volte non hanno nulla da darci da mangiare. Ma la gente è cordiale e dignitosa e, come spesso accade, dimostra una particolare simpatia per gli italiani. Dopo quasi un’intera giornata off-road raggiungiamo l’asfalto in prossimità di Gramsh, dove troviamo un piccolo ristorante che ci serve insalata greca e carne d’agnello. Pensiamo di aver terminato con il fuoristrada per questa giornata, ma non è così: gli sterrati si alternano a strade in costruzione, dove la gettata di grossi ciottoli smossi rende la guida ancora più impegnava, sino all’arrivo in prossimità volete fare dello Sterrato? non c’è problema! A sinistra, il villaggio di Budva, in Montenegro, Sopra, un negozio all’aria aperta nei pressi di Tirana e il castello di Berat, Albania. Sotto, un bel tramonto sulla costa vicino a Spalato. Nella pagina a fianco, la pista off-road in Albania si insinua in profondi canyon e alti passi 136 della suggestiva cittadina di Berat. La dura giornata viene ripagata dalla vista di questo gioiello albanese, detta la “città dalle mille finestre” perché abbellita da bellissime ville d’epoca ottomana che si affacciano sull’abitato. Passeggiando per Berat non si può non rimanere affascinati dall’intrico di vie dei vecchi quartieri, dal suggestivo insieme di piccole abitazioni imbiancate, dai freschi cortili, dalla bella moschea e dall’imponente castello. Il caldo e il traffico sono implacabili quando ripartiamo diretti a nord in Montenegro, dove varchiamo il confine all’altezza di Muriqan. Una bella strada in mezzo ai boschi ci fa sbucare dopo poche decine di chilometri sulla costa montenegrina, caratterizzata da straordinarie insenature, baie e antichi villaggi. Facciamo sosta a Budva, una delle località costiere più affollate in estate, dove constatiamo come questa nazione, più delle altre, voglia con determinazione entrare in un contesto turistico di ampio respiro: belle strutture e attenzione allo straniero rendono sicuramente piacevoli i soggiorni in questa terra. Risaliamo a nord e rimaniamo affascinati dalla baia di Kotor, il più meridionale fiordo d’Europa: un’acqua di un blu intenso si insinua dentro questa immensa insenatura che richiama alla mente la Norvegia. Solo che qui ci si può tuffare tranquillamente senza gelare! bosnia la difficile ricostruzione Imbocchiamo una strada di montagna che ci consente di ammirare dall’alto anche il bel centro storico fortificato di Kotor che, ai piedi di un alto dirupo, si affaccia sulla baia, in uno scenario straordinario, con le montagne a picco sul mare. Aggiriamo la baia e lungo la costa rientriamo in Bosnia dove, poco prima di Dubrovnik, prendiamo una deviazione all’interno verso Trebinje e quindi Gacko. Il traffico della costa improvvisamente cessa: siamo soli a danzare sulle curve di queste desolate e brulle montagne, punteggiate ogni tanto da villaggi con l’immancabile moschea, molti dei quali ancora crivellati di proiettili. Eccoci ora in vista di Mostar, salita agli onori delle cronache, durante la guerra, per l’assedio di cui era stata vittima e per aver subito nel 1993 la distruzione per motivi strategici, praticamente in diretta televisiva, del suo bel Ponte Vecchio. Riusciamo con le moto a scendere per una ripida stradina sterrata e a portarci proprio sotto questo bellissimo ponte di pietra, protetto dall’UNESCO e perfettamente ricostruito nel 2004. Dalle sponde delle acque smeraldo della Neretva, dentro le quali alcuni ragazzi si tuffano da alti dirupi circostanti, ammiriamo questa meraviglia architettonica, che divide il centro storico di Mostar, in parte ristrutturato. Si tratta di un quartiere di epoca ottomana con piccole vie acciottolate, culla degli artisti e artigiani della città che ancora vanta splendide moschee del XVI secolo. Siamo verso la fine del nostro viaggio e, dopo una bella strada in quota che tocca il paese di Imotski, sbuchiamo di nuovo sulla costa all’altezza di Spalato, dove un bellissimo tramonto sembra salutare i nostri ultimi giorni sui Balcani. 137 inmoto inmoto degli edifici islamici più belli dei Balcani, costruita nel 1459 grazie al denaro di due donne, là sepolte. Proseguiamo verso meridione, attraversando il parco nazionale del Mavrovo, dove il mio GPS ci fa fare una deviazione off-road, indicandomela come strada principale; da queste parti l’asfalto non è giunto da molto... Dopo alcune decine di chilometri ecco aprirsi davanti a noi l’immenso lago di Ohrid, sul quale si affaccia il paese omonimo, che vanta splendide chiese bizantine, strette vie acciottolate e un castello che domina l’abitato. Poco prima del confine macedone Marco viene superato pericolosamente da un camion dal quale udiamo esplodere colpi di pistola! Cerchiamo di essere fiduciosi: sino ad ora abbiamo incontrato sempre gente aperta e disponibile