Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo GIUGNO 2013

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Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo GIUGNO 2013
PER
VIVERE
UNITE
Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo
GIUGNO 2013
dalla Redazione
La copertina di questo numero, che esce a chiusura di un anno pastorale e scolastico come al solito impegnativo e carico
di incontri, esperienze, realizzazioni, vuol richiamare la levità e gli orizzonti ampi di una Chiesa che si lascia guidare
dallo Spirito nella grande avventura dell'annuncio della Buona Notizia ad ogni uomo.
Ci siamo fatte pellegrine al Santuario di Crea e in molti altri modi e occasioni abbiamo già espresso al Signore il
nostro grazie per quanto opera nella nostra famiglia Orsolina, lo facciamo anche attraverso queste pagine, che ci
permettono di condividere le nostre storie e di renderne lode a Dio.
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Vita
del
Consiglio
Il Consiglio, fedele al suo compito, si è riunito appena possibile
nei fine settimana per considerare
le molteplici problematiche relative alla Congregazione e al momento storico di Chiesa che stiamo vivendo, cercando di vedere il
tutto alla luce dello Spirito, così
come avrebbe fatto S. Angela.
La presenza di Madre Paola nelle
riunioni dell’USMI ci consente di
avere sempre uno sguardo aperto
sul mondo della vita consacrata e
sulla Chiesa tutta. Alterniamo
perciò l’attenzione alla nostra
realtà e a quella più ampia, che ci
aiuta sentirci parte importante
della Chiesa per il mondo.
In questa luce, alcune di noi
hanno partecipato con Madre
Paola all’Assemblea nazionale
USMI a Roma,ascoltando con
gioia le bellissime relazioni di p.
Rupnik e di fratel Biemmi,
mentre suor Sara ha seguito
l’incontro delle Maestre di
Formazione.
Suor Giovanna ci informa dettagliatamente sulla situazione brasiliana delle nostre comunità, delle
singole suore, ma anche della
Chiesa e del popolo di quel paese
emergente, che presenta ancora
grandi diseguaglianze e necessità.
La riunione delle superiore tenutasi a Firenze ha rinsaldato la nostra unione e ci ha fatto godere
della gradevole accoglienza della
comunità e delle bellezze della
natura e della città. La celebrazione nel Battistero di S. Giovanni,
durante la quale abbiamo rinnovato le promesse battesimali, ci
ha fatto gustare già un po’ di
Paradiso!
Madre Fabiola Velasquez Maja ci
ha sostenute e confortate con la
sua semplicità, la sua grandissima
esperienza mondiale e la sua
capacità di ascolto. Ci siamo
sentite capite e confortate.
bene fatto da ciascuna nel servizio svolto con amore e con impegno nelle varie attività apostoliche
o nell’offerta della preghiera e
della sofferenza.
Come sempre ricordiamo con
affetto ciascuna, ma soprattutto
chi è ammalata, chi si trova in
difficoltà, chi sente il peso
dell’età, della responsabilità,
dell’incomprensione.
A tutte auguriamo serenità nello
Spirito in attesa della Pentecoste
e una buona conclusione
dell’anno pastorale che sappiamo
ricco di impegni, ma anche della
Grazia del Signore.
Suor Maria Luisa
Ora ci prepariamo a vivere con
gioia il nostro Pellegrinaggio mariano per chiedere alla Madonna
il suo sguardo materno su di noi,
su tutte le sorelle, che attendono
la soluzione di grandi problemi e
che, come noi, faticano a rispettare i tempi lunghi di decisioni
sofferte e difficili (salute delle sorelle, contratti, lavori di ristrutturazione e adeguamento, crisi economica, ecc.).
Riconosciamo, però, anche tanto
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Nei primi giorni di maggio sono stata a Roma per due incontri di notevole interesse: una “merenda” con alcune superiore
generali Orsoline e l'Assemblea triennale della UISG.
Orsoline nel mondo
Il pomeriggio del 2 maggio Madre Cecilia Wang,
Generale cinese delle Orsoline dell’Unione Romana,
ha invitato per un incontro cordiale le superiore generali Orsoline che venivano a Roma per l'Assemblea UISG che sarebbe iniziata il giorno seguente. Così, alle ore 16.00, ci siamo ritrovate, 12
sorelle di dodici congregazioni Orsoline, in fondo a
via Nomentana, parlanti lingue diverse ma accomunate dall'amore per l'Amatore comune e appassionate del medesimo carisma.
Erano presenti dall’India le Orsoline Francescane,
fondate all'inizio del ‘900 da un gesuita tedesco e da
un cappuccino che avevano apprezzato, in Europa,
le Orsoline educatrici, dal Canada la Madre
dell’Unione delle Orsoline canadesi di Maria
dell'Incarnazione, dal Sud-Africa la madre di una
congregazione nata nel periodo dell'apartheid e denominata Compagnia di sant'Angela, dalla Francia le
Orsoline di San Carlo di Puy, le Orsoline dell’Unione di Santa Angela Merici, dalla Gran Bretagna le
Orsoline di Brentwood, dall' Irlanda le Orsoline
irlandesi, dalla Polonia le Orsoline polacche del Sacro Cuore della Ledocowska, dall'Italia le Orsoline
dell’Unione Romana, le Orsoline di Maria Immacolata di Verona, quelle di Breganze (Vicenza), le
Orsoline di San Carlo....
Ognuna si è presentata, ha tratteggiato la configurazione della propria congregazione. Abbiamo sentito
l’urgenza di prevedere, almeno per chi è vicino, una
collaborazione maggiore. Si pensa alla creazione di
un organismo a livello europeo, come già si sta
pensando in Africa e si sta facendo in America Latina.
Le congregazioni presenti in Oriente, particolarmente in India e in Vietnam, sono quelle che
stanno vivendo una ritrovata giovinezza.
Ci siamo soffermate sulle diverse espressioni del nostro carisma educativo: nell’evangelizzazione e nella
pastorale, nell’ambito culturale con scuole ed università, in quello socio educativo, nella missione ad
gentes, nella condivisione del carisma partecipato ai
laici, nell’accompagnamento spirituale, nella forma4
zione della leadership e là dove si elabora cultura,
alle frontiere della povertà, soprattutto in difesa
della donna...
Abbiamo condiviso le esperienze in atto sulle associazioni di laici amici del carisma di sant'Angela,
abbiamo sottolineato, da sorelle, dei cammini comuni da potenziare e continuare.
Nonostante una lucida lettura delle emergenze
interne, abbiamo riconfermato la nostra speranza
per il futuro perché l'azione dello Spirito va oltre di
noi... Alla conclusione la celebrazione solenne dei
Vespri, in cinque lingue, ci ha fatto sentire in viva
comunione con tutte le nostre consorelle di tutti i
tempi, raffigurate sulla scala della visione di Angela.
La grande cappella, infatti, è totalmente affrescata e
rappresenta episodi della vita della Madre comune,
Sant'Angela, momenti di evangelizzazione delle popolazioni indigene e pellirosse del Canada, di educazione delle giovani prima della rivoluzione francese,
di insegnamento alla fine dell’Ottocento a Roma.
È bello ritrovarsi accomunate non solamente dallo
stesso Signore, dallo stesso Vangelo, ma anche dallo
stesso carisma, seppure vissuto in una molteplicità
di forme culturali! A Dio piacendo ci siamo date
appuntamento alla prossima UISG.
Assemblea UISG
Dopo tre anni ci siamo ritrovate da tutti i continenti,
alcune “stagionate”, altre “novizie”... L'impatto visivo nella grande sala, con 85 tavoli rotondi da dieci
persone, è sempre impressionante. I colori dei volti,
ma anche degli abbigliamenti sono sempre più variegati, così come sono diverse le culture di appartenenza. Suor Alessandra Foà una mattina ha desiderato accompagnarmi solamente per poter vedere
tutte queste madri arrivare all’Hotel Ergife! Di
grande effetto sia l’arrivo che la partenza, la sera...
I turisti, ospiti del grande albergo, si fermavano quasi straniti al vedere così tante “donne di Dio”, diverse nel tratto e nell'abbigliamento: sembrava,
davvero, una pacifica “invasione”. Non possiamo
dire che non sia presente la Vita Religiosa femminile
nella Chiesa.
Questa confusione di etnie e culture mi ha fatto
pensare, spesso, alla mattina di Pentecoste. Abbiamo
vissuto, in quei giorni, una forte esperienza di presenza dello Spirito Santo!
Devo subito ammettere che, rispetto alle volte passate, ho trovato - in tutte e in tutti gli interventi una maggiore sintonia, derivata da una comune e seria ricerca di uno stile di vita evangelica. Il Vangelo è
sempre stato il paradigma di riferimento che ha fatto
evitare cadute di tono e stravaganze pseudo-rivoluzionarie.... di rivoluzionario c’è stato, ogni giorno, il
riferimento allo stile di Gesù: «Ma tra voi non sia
così». Infatti il tema trattato era proprio quello, già
in parte affrontato nella nostra Congregazione con i
questionari e sviluppato, a Firenze, con le nostre superiore: la leadership dell’autorità religiosa.
Confortante, per me, è stato proprio il trovare i
contenuti di questa Assemblea molto in sintonia con
quanto espresso da tutte voi sia per iscritto, nelle
Comunità, sia a voce a Villa I Cancelli. È stata una
conferma della serietà e dell’impegno che noi suore
Orsoline abbiamo messo nell’ultimo lavoro!
Qui le relatrici erano a livello mondiale, provenienti
da culture davvero diverse; tutte hanno dato posto
alla centralità alla Parola di Dio, alle esigenze del Regno, al Vaticano II. Molto interessanti sono stati gli
interventi della biblista Bruna Costacurta su “L’autorità nella Bibbia”, di suor Mary John Mananzan,
benedettina, su “Le prospettive sull’autorità nella
Vita Religiosa dopo il Vaticano II”, di suor Mary Pat
Garwin su “La Compagnia come Grazia: una metafora per l’autorità religiosa oggi”, di suor Charlotte
Sumbamanu su “L’esercizio dell'autorità in una comunità adulta”. Ultima relatrice è stata suor Martha
Zechmeister, Rettore dell'Università del Salvador,
che dopo aver insegnato una vita a Vienna alla
Cattolica, si è trasferita in questo martoriato paese
per formare ad una politica cristiana; il suo
intervento aveva come titolo “L’autorità di coloro
che soffrono”.
Le liturgie molto curate erano guidate da due religiose, una spagnola ed una australiana.
L’intervento del Cardinal Prefetto, il brasiliano Joao
Braz Aviz, ha offerto, rispetto agli interventi dei
trienni precedenti da parte del Responsabile del nostro Dicastero, ampi segnali positivi di fiducia e di
stima verso la Vita Religiosa femminile, di rispetto e
di piena collaborazione anche in riferimento
all’annosa questione della seconda Unione delle religiose statunitensi. Il Cardinale ci ha ricordato, con
gioia e grande affabilità, che dobbiamo avere fiducia
per il futuro delle nostre congregazioni e del nostro
carisma perché fino a che una sorella continua a vivere con gioia e con coerenza la vita religiosa e testimonia il carisma, il carisma c'è e la sua congregazione sarà viva e non morirà. Ha ribadito che non
dobbiamo avere paura di tornare all'intuizione
centrale della Fondatrice, e poi adattarlo al nostro
tempo, all’oggi. Infatti lo Spirito, Dio ha suscitato i
carismi non per farli morire, ma perché servano il
Popolo di Dio. Se usciamo dal Carisma noi decretiamo la morte del carisma.
Ha riassunto così l'impegno della Vita Religiosa:
1. «Si ritorni al primo Amore non come nostalgia
del passato ma come impulso per un impegno oggi
2. Bisogna imparare ad entrare nella sapienza della
“piccolezza”, della debolezza, della croce
3. Essere profeti e profetesse di speranza per non
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inciampare nei problemi
4. I soldi e le strutture non ci danno vita: in questo
momento fra Carisma e opere dare priorità a tenere
vivo il Carisma. Se uno mantiene le opere ma fugge
il Carisma, non esiste più, non c'è futuro.»
La celebrazione eucaristica conclusiva è stata presieduta dal nuovo Segretario della Congregazione per
la Vita Consacrata padre Carvalho, attuale generale
dei Frati Minori.
Il mio tavolo di lavoro era il n. 71: 9 generali e una
officiale del Dicastero. È stata una gioia poter condividere riflessioni e speranze, preoccupazioni e problemi con loro, soprattutto con la generale delle Salesiane Md. Ivonne che già conoscevo e con p.s. M.
Chiara delle Piccole Sorelle di Gesù di C. de Foucauld, e poi con la generale delle Giuseppine di Cuneo, delle Figlie di Gesù, delle suore di s. Giovanni
Battista, della Comunità Loyola, delle Discepole di
Gesù Eucaristico, delle suore di Carità di Santa Maria.
Tante di loro hanno presenze in 44, 70, 75 paesi...
stanno vivendo sofferte preoccupazioni, oltre che
per i problemi che anche noi viviamo, anche e soprattutto per l'instabilità politica e religiosa in Africa
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e nel Medio Oriente.
Vorrei, tra i tanti interventi da parte delle sorelle in
Assemblea, ricordare due molto toccanti.
Le generali del Giappone hanno raccontato, con
evidente preoccupazione, che la centrale nucleare
colpita dall’ultimo, catastrofico evento del terremoto
e dello tsunami sta attualmente ancora avendo
perdite nucleari che inquinano sia l’atmosfera sia
l’oceano, continuando a creare gravissimi danni. La
Chiesa cattolica, e in particolare le religiose, continuano a fare interpellanze al governo perché questo
fatto sia reso noto dai media, che tacciono, e perché
si prendano immediatamente urgenti provvedimenti
a tutela della salute delle persone e del creato. È un
problema mondiale che tocca tutti!
In assemblea erano presenti due suore provenienti
dalla Repubblica Popolare cinese. Una di loro è la
coordinatrice di 40 congregazioni della Chiesa
sotterranea. Queste suore vivono in clandestinità la
loro vita religiosa!
Molto interessanti i momenti conviviali del pranzo
perché ci si comunicavano impressioni con le sorelle
già conosciute del Nord Italia e del Brasile, di Malta
e con le Orsoline presenti.
Il secondo giorno dell'Assemblea la Segreteria di
Stato comunicò che il S. Padre Papa Francesco desiderava riceverci non in piazza s. Pietro, assieme a
tutti i pellegrini, ma in Aula PaoloVI. Tanta è stata la
sua delicatezza nei nostri confronti, questo è stata
un forte riconoscimento della specificità della vita
religiosa all'interno del Popolo di Dio!
Invito chi volesse leggere i testi originali degli
interventi e vedere i filmati, le interviste, le foto ad
aprire il sito www.vidimusdominum.org
Suor Paola
Riportiamo, per gentile concessione dell'Autore Giovanni Preziosi, un articolo apparso nelle pagine culturali de“L’Osservatore
Romano” (14 maggio 2013, pag. 5), che racconta, con dovizia di particolari inediti, come le orsoline milanesi aiutarono ebrei e
perseguitati a sfuggire ai nazisti.
Mentre sul territorio della Repubblica Sociale Italiana la caccia
agli ebrei, sferrata dai nazisti e dalla
famigerata banda di Pietro Koch,
diventava sempre più incessante legittimata, peraltro, anche dalla legislazione antisemita sancita con la
Carta di Verona, che assimilava gli
ebrei ad una “nazionalità nemica”,
tra il 30 gennaio e il 14 maggio
1944, a bordo di alcuni vagoni
piombati, dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano, un numero incalcolabile di cittadini italiani di religione ebraica di ogni età
e condizione sociale, dopo una
breve sosta a Fossoli, furono spediti verso gli esecrabili campi di
sterminio nazisti di AuschwitzBirkenau. Dall’autunno del 1943,
infatti, la persecuzione degli ebrei
divenne talmente efferata da
indurre ogni ebreo milanese, nel timore di qualche deprecabile delazione, a correre rapidamente ai ripari cercando un nascondiglio sicuro ai propri familiari, per sfuggire ai propri aguzzini ormai sulle loro tracce per ordine del perfido
capo della Polizia e Servizio di Sicurezza di Milano, Theodor Emil
Saevecke. Tuttavia, come gli eventi
successivi s’incaricheranno di dimostrare, in questo clima avvelenato da inganni e sospetti, ci fu
anche chi si prodigò attivamente a
rischio della propria vita, con audacia e carità cristiana, per aiutare chi
era in pericolo, spalancando le
porte dei propri istituti, tant’è che
l’opera di assistenza e ospitalità negli ambienti ecclesiastici divenne
una consuetudine piuttosto diffusa,
Fuga nella notte
non circoscritta soltanto a particolari zone geografiche, che finì ben
presto per essere adottata da molti
altri religiosi e religiose, tra le quali
conviene annoverare anche le
Orsoline milanesi di S. Carlo, le
quali si adoperarono con tanta
abnegazione per trarre in salvo gli
ebrei ospitati nei loro collegi di
Como e Porlezza. Trovandosi,
infatti, i loro istituti proprio in
prossimità del confine svizzero, si
rivelavano particolarmente congeniali per agevolare la fuga dei rifugiati in caso di pericolo. Tuttavia,
considerati i frequenti controlli da
parte dei nazi-fascisti le suore, per
salvaguardare l’incolumità dei loro
“ospiti”, ritennero opportuno
mantenere il più stretto riserbo,
non lasciando alcuna traccia di
questi episodi tra le pagine delle
cronache, tant’è che di quest’opera
di assistenza clandestina ne erano
al corrente soltanto la Madre Superiora e poche altre consorelle. Dai
racconti davvero molto suggestivi
delle suore apprendiamo, infatti,
che furono ospitate, sotto mentite
spoglie, nei loro collegi di Como e
di Porlezza alcune persone ingiustamente perseguitate per ragioni
razziali, che poi furono aiutate
perfino ad espatriare, come nel caso di Maria, una giovane ebrea
probabilmente di origine rumena,
accolta nel 1944 presso il collegio
di
Como.
Tuttavia,
poiché
all’interno di questo istituto, erano
ospitate anche le figlie di alcuni gerarchi, il controllo delle forze
dell’ordine, con il precipitare degli
eventi, era divenuto talmente asfissiante da indurre le Orsoline a predisporre un sofisticato piano di fuga per consentire alla giovane
ebrea di raggiungere la Svizzera
attraverso gli impervi sentieri
montuosi circostanti. Inoltre, dai
ricordi di suor Cesarina Volpato, a
quel tempo probanda, si apprende
che, prima a Porlezza e poi a San
Mamete, sul lago di Lugano, la
Preside, Madre Chiarina Braito,
sprezzante del pericolo a cui andava incontro, accolse un’altra giovane ebrea milanese, tale Nella, che
dal 1940 al 1944 frequentò con
buon profitto il 1° e il 2° Liceo
Artistico privato delle Orsoline di
via Lanzone 53, dopo essere stata
espulsa dalle scuole statali in seguito all’emanazione delle vituperanti
leggi razziali. Tuttavia, in seguito ai
danni cagionati dai bombardamenti, il 24 ottobre 1942, la scuola
da Milano fu costretta a trasferirsi
dapprima a Porlezza, dove fu ospitata – dal 1942 al 1943 – nei locali
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dell’albergo Rezzo e successivamente, tra il 1943 e il 1945, a S.
Mamete presso l’Hotel Stella d’Italia, sempre sulle rive del Lago di
Lugano. Nella, però, non seguì
subito le sue compagne perché
allora gli spostamenti si rivelavano
molto pericolosi a causa della feroce repressione antipartigiana e
antiebraica sferrata dai nazisti della
sezione B4 diretta dal maresciallo
capo Otto Koch, attivamente
impegnati nel seminare il panico
tra la popolazione.
«Una sera, dopo qualche mese, –
rammenta suor Cesarina –
raggiunse, di nascosto, le Suore e,
molto spaventata, chiese ospitalità
ed aiuto. Rimase per un certo periodo, insieme alle altre ragazze
ospitate al Collegio organizzato
nell’Hotel Stella d’Italia a S. Mamete».
Poiché, nel frattempo la situazione
per gli ebrei a Milano si era ulteriormente aggravata e i genitori di
Nella, ben conosciuti in città, nel
timore di essere acciuffati dai tedeschi, con mezzi di fortuna, in una
rigida notte d’inverno, decisero di
raggiugere la figlia a S. Mamete
Valsolda, dove rimasero in incognito per alcuni giorni in una camera
dell’albergo che Madre Chiarina
Braito aveva fatto preparare per loro. «Si fermarono per pochi giorni
– aggiunge suor Cesarina – necessari all’organizzazione della fuga.
Era tutto molto pericoloso perché
i tedeschi, che erano ad Oria, al
confine, venivano spesso a fare
controlli all’albergo, soprattutto di
sera – perché ospitava anche
qualche loro amica – e si fermavano sulla
grande terrazza
dell’albergo, prospiciente il lago a
cantare e a bere. I tedeschi illuminavano il lago tutta la notte con
potentissimi fari per controllare
eventuali spostamenti sul lago».
Difatti, il paese era sotto stretta
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sorveglianza, proprio perché zona
di confine con la Svizzera, per cui
la faccenda cominciava a diventare
davvero rischiosa al punto che,
verso il Natale del ’44, Madre
Chiarina Braito, insieme alle altre
consorelle, decise di organizzare
un ardimentoso piano di fuga.
La fase operativa di questa delicata
missione fu affidata a suor Ermenegilda Croce, che aveva avuto
modo di allacciare rapporti idilliaci
con la popolazione locale perché
faceva lezione ai piccoli di S. Mamete. Così, grazie al contributo determinante di alcune persone fidate, organizzò il passaggio della
frontiera elvetica, che avvenne in
un’algida notte prima di Natale,
con l’ausilio degli “spalloni”,
inerpicandosi attraverso i sentieri
montuosi circostanti. Questo audace piano, per fortuna, alla fine
andò in porto tant’è che, dopo
alcuni giorni, giunsero buone notizie e le suore poterono, finalmente,
tirare un lungo sospiro di sollievo
apprendendo che la giovane ebrea
insieme ai suoi genitori erano
ormai al sicuro in una località
svizzera. Per suffragare ulteriormente l’opera davvero encomiabile svolta all’epoca dalle Orsoline, riportiamo la pregevole testi-
monianza di Madre Serena (al secolo Agnese), Superiora Generale
emerita ed ex alunna del Liceo
Classico delle Orsoline di S. Carlo,
figlia dell’ultimo podestà di Annone Brianza, l'ingegner Rinaldo Cabella Lattuada, all’epoca dei fatti
qui narrati brillante studentessa
dell’Università Cattolica ed abile
staffetta fra Milano e la Brianza
che, insieme al padre si adoperò
per agevolare l’espatrio clandestino
in Svizzera di ebrei e partigiani ferocemente braccati dai nazi-fascisti.
«Mio Papà – ricorda sul filo della
memoria la religiosa orsolina – (…)
dopo l’8 settembre 1943 voleva
dare le dimissioni perché non desiderava collaborare con fascisti ed
SS. Ma il Card. Schuster gli chiese
insistentemente di rimanere per
cooperare alla salvezza di ebrei e
perseguitati. Egli si adoperò, allora,
con profondo spirito cristiano e
fece della nostra casa di Annone (e
anche degli uffici del Comune) un
punto di accoglienza e di riferimento. Dal Card. Schuster gli fu
affidato il compito, soprattutto, di
favorire il passaggio in Svizzera di
ebrei e ricercati. Così attraverso un
passaggio a Suello Brianza
accompagnammo in salvo numerosi perseguitati ebrei e non. (…)
Papà procurò per molti mesi cibo e
altri generi necessari ai partigiani
stanziati sui monti sopra Erba. Per
tutto questo Papà fu preso, messo
in carcere nell'ottobre 1944 prima
ad Oggiono, poi a Como per
ventidue giorni. Anche io fui presa
e dovetti stare tre giorni nel carcere
di Oggiono».
Ma grazie al tempestivo intervento
dell’Arcivescovo di Milano riuscirono a salvarsi entrambi, riacquistando di nuovo la libertà.
Giovanni Preziosi
La missone vocazionale
È nata così, quasi come esperimento: la commissione di pastorale vocazionale si è impegnata ad
andare, nello scorso mese di novembre, per una settimana presso
la comunità parrocchiale di
Sant’Elena a Milano per incontrare i bambini e i ragazzi di tutte le
fasce d’età, dai piccoli del primo
anno di catechesi fino ai più
grandi del gruppo giovani, durante i loro appuntamenti di catechismo. Lo scopo era quello di
creare un’occasione per favorire
l’incontro con Gesù e lasciarsi
interpellare dalla Sua presenza in
modo sempre più profondo. È
stata una settimana intensa in cui
ci siamo alternate e sostenute
nella disponibilità di essere presenza in mezzo ai ragazzi, agli
educatori e alle catechiste per rivelare che nella vita di ogni uomo
c’è un “tesoro prezioso” da
cercare e che si può davvero scegliere di fidarsi e affidarsi a Lui.
La settimana si è conclusa con la
celebrazione Eucaristica domenicale con tutta la comunità
parrocchiale durante la quale suor
Anna, con parole semplici e incisive, ha raccontato della sua deci-
sione di consacrarsi al Signore
nella nostra Congregazione.
Questa esperienza ha poi avuto
una continuazione nella terza domenica di quaresima, in cui gli
adolescenti e i giovani hanno vissuto una giornata di ritiro in Casa
Madre. Ci siamo preparate ad
accoglierli, allargando l’invito alle
ragazze del Pensionato universitario Paolo VI e ai giovani del
gruppo-Brasile, che in questo
anno si era ritrovato con scadenza mensile; all’inizio non riuscivamo a capire quanti giovani
sarebbero arrivati, poi abbiamo
scoperto che il coadiutore di
un’altra parrocchia del decanato
di San Siro aveva deciso di
coinvolgere i suoi giovani in questa giornata di ritiro. È stata una
domenica in cui gli adolescenti da una parte - hanno riflettuto,
pregato e condiviso a partire dal
testo della Samaritana e i giovani
– dall’altra - hanno vissuto l'esperienza della preghiera e della
condivisione accompagnati dal
vangelo sulla chiamata di Pietro.
La celebrazione eucaristica, presieduta da don Paolo Baruffini,
coadiutore della parrocchia di
Sant'Elena, ha concluso una
giornata in cui abbiamo pregato
in particolare per questi giovani e
che ha aumentato in tutte noi la
gioia di poter lavorare per il Regno di Dio là dove possiamo
andare. Sicuramente è stata
un'esperienza nuova e per questo
ha richiesto un impegno organizzativo non indifferente; siamo
riconoscenti a don Paolo che ha
detto il suo sì a questa nostra
proposta, preparando la comunità
parrocchiale al nostro arrivo, valorizzando la nostra presenza e
credendo che la nostra scelta di
vita potesse provocare questi giovani nella ricerca di un senso pieno e profondo da dare alla loro
esistenza.
Si apre ora una riflessione rispetto agli impegni futuri e ad
altre eventuali missioni da svolgere nel prossimo anno. Chiediamo
a tutta la Congregazione di
accompagnarci nella preghiera
perché non si spenga il desiderio
di “uscire di casa” ed annunciare
il Vangelo in obbedienza allo Spirito.
Suor Sandra, Suor Silvia, Suor Sara,
Suor Claudia e Suor Anna
Grazie ad un incontro ed un ritiro che le Suore Orsoline hanno
preparato per noi giovani di
Sant’Elena, abbiamo potuto
“esplorare” il Tema “L’incontro
con la Fiducia” attraverso il passaggio spirituale: «Mi Fido - Affido?»; «Mi Fido (di) - Affido (a)
gli altri ?»; «Mi Fido (di) – Affido
(a) Te?».
Entrambi gli incontri sono stati,
per me, momenti molto intensi e
profondi che mi hanno permesso di riflettere sul mio modo di
vivere il rapporto di Fiducia con
me stessa, verso gli altri e so-
prattutto con Dio. In questo
modo abbiamo potuto lasciarci
portare sulla “barca” con Pietro,
per vedere e incontrare il Signore
(“sedutosi vicino a me”) e «Conoscere - Ascoltare - Accogliere»
la Sua Parola; prendere il largo
con il Soffio dello Spirito Santo;
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farci condurre sulle rive e oltre i
porti sicuri, scoprendo così che,
dietro «l’Umiltà - lo Stupore l’Incredulità e la Paura nel seguirlo», ci si può affidare
all'obbedienza e alla promessa
della Sua Parola. Esse ci possono
salvare e far sperare… anche, dove noi non possiamo arrivare! Se
decido di obbedire, di lasciare le
mie pesantezze a terra, permetto
alla Sua Grazia di esprimersi ed
educare, trasformare e plasmare
la mia vita, attraverso una vera e
autentica relazione con il Signore.
Questo mi ha portato a capire
che è molto importante dare un
senso alla propria vita: tenendo
fissi gli occhi su di Lui, senza più
guardare giù, imparando così ad
avere una coscienza più profonda di noi stessi e poter vivere
con gli altri un legame di condivisione e fraternità. Penso,
quindi, che tutto questo “viaggia-
re” ci porta nel nostro cammino
di fede ad amare di più e meglio,
come Lui ci ha amati!
Perciò un grazie alle nostre care
amiche per averci accompagnato
in questo breve ma importante
tratto del nostro viaggio spirituale - sulla barca - che ci conduce
verso la Via, la Verità, Libertà e
Vita!
Maria Francesca - S. Elena
Si è conclusa la terza edizione
della proposta del Centro Diocesano Vocazioni denominata “A
casa di Marta e Maria”. Questa
iniziativa è rivolta a tutte le ragazze pre-adolescenti e adolescenti che desiderano approfondire il loro percorso di fede e
aprirsi alle grandi domande di
senso per la propria vita.
La comunità di Betania ha spalancato le porte, una volta al mese, dal sabato pomeriggio alla domenica pomeriggio, per accogliere il gruppo delle 11 pre-adolescenti e delle 10 adolescenti insieme a tutta l'equipe composta di 9
consacrate, tre ragazze universitarie e don Alberto Colombo. I
luoghi della comunità (le sale, le
camere, la cappella) e gli altri spazi di Casa Madre (il refettorio, la
palestra e alcune camere messe a
nostra disposizione) si sono
riempite dell’entusiasmo e della
gioia di queste giovani, che
alternavano grande serietà e
impegno nei momenti di preghiera e di ascolto a intensa allegria
nei momenti del gioco e dei pasti.
“Sentirsi come a casa”: questo è
stato lo spirito che ha animato
questa iniziativa, in cui le ragazze
pre-adolescenti erano impegnate
in attività di laboratorio, preghiera, lettura e approfondimento del
Vangelo con il “metodo della biro
a quattro colori”, mentre alle ragazze più grandi erano proposti
la lectio del Vangelo, la condivisione, il silenzio, la preghiera e
l'incontro con dei testimoni. I
momenti insieme dei pasti, del
gioco serale, dell'adorazione e
dell'Eucarestia diventavano per
tutte loro occasione per scoprire
la bellezza di cercare insieme il
Signore, imparando a prendersi a
cuore il proprio cammino spirituale. Tutte le consacrate hanno
testimoniato, nella loro diversa
ricchezza, la gioia di appartenere
al Signore e si sono fatte compagne di cammino per queste giovani nella ricerca di Gesù.
È stata una gioia per tutta la comunità di Betania accogliere questo gruppo di ragazze, insieme
anche all'impegno di lasciarci
attraversare dalla confusione tipica della loro età perché, aprendo
le porte della nostra casa, abbiamo spalancato i nostri cuori, testimoniando che è bello vivere
insieme una vita per il Signore.
A casa di Marta e Maria
La comunità di Betania
10
Liberi per credere
Il Collegio Paolo VI ha scelto di
celebrare i 700 anni dell’Editto di
Milano allestendo nella sua sede
la mostra “Liberi per credere”,
organizzata dalla rivista Popoli, e
invitando Mons. Claudio Giuliodori, nominato recentemente
Assistente Ecclesiastico Generale
della nostra Università, ad inaugurarla.
La scelta della città di Milano,
operata nel 313 da Costantino e
Licinio, auspicandola modello nel
rispetto della libertà religiosa, si
rivela quanto mai attuale.
Un’opportunità ma anche un impegno che nel ‘900 è divenuto
quanto mai inevitabile, considerate le vicende che hanno caratterizzato il cosiddetto “secolo
breve”. Il XX secolo ha visto il
coesistere di numerose barbarie a
danno delle diverse comunità religiose e culturali, a cominciare dai
regimi totalitari, da nazioni che
professano paradossalmente il
loro ateismo come religione di
stato, fino ai paesi nei quali le
minoranze religiose non sono
proprio riconosciute o, se riconosciute, non solo tutelate anzi
discriminate. È in tutta questa
lista di possibilità che il ‘900 si è
confrontato con il mondo.
Proprio di questo parla la mostra
“Liberi per credere” con quel
“per” che fa la differenza.
L’editto di Milano premetteva e
riconosceva a tutti la libertà di
credere, non solo ai cristiani. Era
fortemente lungimirante come
decreto.
La mostra si apre con due atti che
hanno caratterizzato proprio il
‘900, che si pongono a fondamento del rispetto della persona
umana: la dichiarazione dei diritti
dell’uomo del 1948, a Seconda
Nel mese di febbraio ho raggiunto suor Sara - che era già a Roma
per un corso - ed abbiamo trascorso una serata con un gruppo di
giovani universitarie, ospiti nel pensionato della nostra casa a
Roma. Dopo la cena insieme, abbiamo provato a riflettere su ciò
che fonda una vita cristiana ed abbiamo concluso la serata in cappella, per un tempo prolungato di adorazione, in cui ciascuna era
invitata ad abbandonare al Signore tutti i pesi e lasciarsi illuminare
dal suo splendore che purifica, scalda e dona vita nuova. Dopo esserci lasciate riempire dalle radiazioni d'amore del Signore, ciascuna
poteva lasciare la cappella quando avrebbe voluto e diverse di loro
hanno sostato in silenzio davanti a Gesù. Prima di uscire è stato
dato a ciascuna un vasetto di fiori, segno della custodia del dono
del Signore e insieme segno della bellezza che sono chiamate a
mostrare nella loro vita. Ringraziamo tutte loro che ci hanno permesso di pregare insieme e condividere una breve ma intensa
serata, e grazie a tutte le suore di Roma che ci hanno sostenuto con
la loro preghiera e ci hanno accolto con gioia.
Suor Anna
Guerra Mondiale appena conclusa, e la Dignitatis Humanae del
1963, decreto del Concilio Vaticano II che proprio quest’anno
compie i suoi 50 anni.
A seguito di questi due pilastri del
diritto dell’uomo, la mostra continua inquadrando diversi stati del
mondo attraverso brevi riflessioni
sulle problematiche a livello religioso e sul riconoscimento delle
libertà individuali.
Come ha detto Mons. Giuliodori,
se non è garantita la libertà religiosa come lo possono essere
anche le altre? A questo abbiamo
ricollegato la frase di Benedetto
XVI, il quale afferma che “La
libertà religiosa è come una cartina tornasole per verificare il
rispetto dei diritti umani”. È
dunque imprescindibile garantire
la libertà di professare la propria
fede a ciascuno.
Abbiamo chiesto a Mons.
Giuliodori, nel corso del dibattito
che ha concluso la presentazione,
come sia possibile tutelare questa
libertà religiosa per minoranze in
paesi in cui il potere politico è
molto forte e pretende di inter11
venire sulla religione. A questa
domanda il nostro Assistente ha
ribadito che la libertà religiosa è
prioritaria e fondamentale in
quanto relazione con il Principio
Ultimo e ha inoltre aggiunto che,
ora più che mai, siamo protagonisti di un’opportunità multiculturale che va sperimentata nella
forma del dialogo interreligioso.
Dobbiamo divenire artigiani di
questo dialogo perché la religione
è un concetto pluralistico. Il
potere politico, oltre a rispettare
le minoranze religiose e a tutelarle, non deve abbracciare una
particolare religione ma neanche
negarne una. Lo stato laico non si
può opporre alla fede. La persona
è frutto della relazione tra Dio e i
fratelli ed è un dono per la
comunità. Ogni cristiano è
chiamato alla vita pubblica per la
realizzazione del bene comune.
La fede, quindi, mi caratterizza
nel mio essere e non è slegata
dalla partecipazione alla politica
attiva, anzi la riempie riqualificandola.
Elisa Bandini e Angela Barone
In Università c'è di più
La “bidella” del Padiglione Antonini è una signora arcigna – sgrida
sempre gli studenti caciarosi con
un certo compiacimento – e spesso mi intrattiene con filippiche sul
malcostume dilagante… ma oggi
quando mi affaccio nel locale per
salutarla mi chiede con tono
complice se voglio ritirare la posta. Collaboro con la Cappellania
dell’Università
degli
Studi
dell’Insubria da quasi un anno e
per la prima volta c’è una lettera
indirizzata a me, gemella di quella
per il cappellano don Marco Casale.
È il decreto di nomina da parte
della Curia Arcivescovile, che
ufficializza una presenza ormai
consolidata.
Scelgo di salire dalla scala di destra: quella di sinistra è a fianco
del locale con i distributori auto12
matici, luogo strategico per gli
incontri, ma dall’altra parte per
raggiungere il nostro piccolo locale, pomposamente chiamato
Centro Pastorale Giovanni Paolo
II “il Grande”, devo passare davanti ad una fila di uffici, sulla
porta di uno dei quali è appeso
un simpatico augurio per il tempo
pasquale. Non so chi l’abbia messo, ho un certo pudore a
disturbare le persone sul posto di
lavoro, ma mi piace osservarlo:
mi ricorda che anche la mia presenza deve essere un segno piccolo, discreto, eppure portatore di
una promessa e di una benedizione che nasce dal cuore del cristianesimo, l’evento della Pasqua. A
Natale non c’era nulla su quella
porta. E a Natale nessuno ha risposto alla nostra email di auguri
con l’invito alla S. Messa. A Pa-
squa sì; ho osato un po’,
aggiungendo un semplice invito
alla speranza a quelle comunicazioni, che la benevolenza
dell’Istituzione ci concede di
inviare a tutto il personale (docente e non) un paio di volte
l’anno. Don Marco mi aveva
subito chiamato, stupito: «Hai visto quante mail di risposta?...
Non era mai successo!». C’è un
bisogno di speranza che muove i
cuori.
Nel corridoio trovo già alcuni dei
nostri studenti: il martedì
nell’orario della pausa pranzo c’è
l’incontro biblico. Io e don Marco
ci alterniamo nella lettura continua di un libro della Sacra
Scrittura, anche se spesso gli
spunti più interessanti vengono
proprio dai giovani più assidui.
L’esperienza di “camminare con
la Parola di Dio” è sempre feconda e quest’anno ci stiamo facendo accompagnare dal libro
dell’Esodo; in esso ritroviamo i
temi, gli interrogativi e le fatiche
di sempre, e nel clima di fiducia
reciproca che si è creato nel
gruppo è possibile andare in profondità.
L’attività di pastorale universitaria
comprende anzitutto la cura di
questo gruppo di studenti “vicini”, quelli che ricercano esplicitamente una proposta cristiana in
università e senza i quali non potremmo presentarci come “comunità dei discepoli del Signore”.
Questa stessa comunità celebra
con semplicità e cura l’Eucarestia
settimanale, aggregando un buon
numero di altri studenti, docenti
e personale dell’università e della
ASL che condivide con l‘Ateneo
gli
spazi
dell’ex
ospedale
psichiatrico di Varese. Al cuore
della vecchia struttura a padiglioni c’è infatti la Chiesa dell’Addolorata, dove le persone entrano
rapidamente per una visita, si
fermano
per
affidare
un
tormento, si ritrovano per avviare
le incombenze della giornata con
le Lodi o inframezzarle con
l’Angelus. Anche lì si può stare,
sempre in punta di piedi, per
offrire un sorriso o una parola,
per raccogliere una richiesta o
uno sfogo.
Con un accurato calcolo dei
tempi disponibili, incrociando calendari di lezioni ed esami, riusciamo anche a proporre qualche
pellegrinaggio in zona e un paio
di settimane di “vita comune”
all’anno. Sono tempi più distesi
nei quali proporre ulteriori contenuti o fare
sintesi nel cammino di
crescita professionale e
umana alla luce della
fede.
Ciò che i nostri studenti (e in altre forme
anche gli adulti) cercano è proprio un modo
per «vivere diversamente un luogo dove
“devo” stare per tante ore al
giorno… con meno fatica e più
gioia» e, più in profondità, un
modo per «farmi restare attaccato
a Gesù, fonte della vita, in ogni
momento della vita stessa, della
quotidianità». Il “fare gruppo” - o
meglio il “fare Chiesa” - si realizza non solo nella condivisione
della preghiera, ma anzitutto
nello stile dei rapporti, nell’aiuto
vicendevole, fino ad essere riconosciuti anche dagli altri come
gruppo particolare (gli “amici di
Gesù”, come li chiama qualche
compagno di studi) o quantomeno come singoli che hanno la fama di brave persone. Questa stima per la vita buona del Vangelo,
in un clima di apparente utilitarismo ed egoismo, è già un frutto
prezioso. La grande fatica del
mondo universitario soprattutto
alle nostre latitudini, infatti, è la
tendenza ad un atteggiamento
marcatamente
utilitaristico
nell’esperienza accademica, per
cui si frequentano lezioni e
persone solo nella misura un cui
serve a guadagnare una competenza spendibile sul mercato. È
significativo il dato che alle ultime
elezioni studentesche a Varese
non solo si è presentata una sola
lista, ma anche in questa non vi
era un numero sufficiente di
candidati!
L’associazionismo
langue (con la lodevole eccezione
delle iniziative di volontariato legate all’ambito medico) e la crisi
acuisce il divario tra i rampolli
dell’élite varesina con la strada
spianata e coloro che sono lì
perché comunque è “l’università
sotto casa”. In questo contesto la
ricerca di un senso, di motivazioni per l’impegno, l’apertura ad un
orizzonte più alto in cui scoprire
la propria vocazione sono gli
obiettivi della missionarietà di coloro che hanno sperimentato che
“in università c’è di più”, come
dice il nostro slogan. Io mi sento
chiamata a questo: a far appassionare le persone al proprio
percorso di vita e di studi, al proprio servizio o lavoro, nella
consapevolezza che lì si gioca la
grandezza dell’uomo chiamato da
Dio, lì si realizza il Bene, si
contempla il Bello, si scopre il
Vero. In questo ci è guida la
Parola di Dio che parla al cuore
dell’uomo nel soffio dello Spirito
e ci è sostegno il calore della
condivisione fraterna tra… “amici di Gesù”.
Suor Francesca Carla
13
La diaconia della Superiora
Anche quest’anno abbiamo avuto
l’opportunità, sempre molto
apprezzata, di incontrarci per
qualche giorno per confrontarci e
per riflettere personalmente e assieme sul nostro servizio alle comunità che ci sono state affidate.
Il luogo - Villa “I cancelli” - ci ha
aiutate con la sua suggestiva
bellezza. La presenza per un
giorno e mezzo di Madre Fabiola
Velasquez Maja, Domenicana
della Presentazione, è stata
importante: si è rivelata una
donna di grande esperienza religiosa e di grande sapienza umana
e spirituale. Soprattutto è stata
preziosa la presenza della nostra
Madre generale, sempre attenta e
preoccupata di usare ogni mezzo
e di non lasciar cadere nulla di ciò
Il GIRASOLE
che può essere utile e andare a
vantaggio di ogni comunità e di
ogni suora.
Abbiamo preso in considerazione
tutto il materiale che era stato
raccolto, frutto delle risposte ai
questionari inviati alle suore, e ne
abbiamo fatto oggetto di attenta
riflessione, a gruppi e in assemblea. Abbiamo poi ascoltato i
suggerimenti di Madre Fabiola e
abbiamo dialogato a lungo con lei
sull’esercizio dell’autorità: grande
lucidità e audacia – sono parole
sue – vengono chieste alla vita religiosa in questo momento per
affrontare il delicato tema dell’autorità e dell’obbedienza.
Anche se non esistono ricette
preconfezionate e sebbene le situazioni in cui ognuna di noi ope-
ra siano diversissime, tuttavia mi
sembra di poter dire che queste
giornate siano state sicuramente
ricche e feconde. La conclusione
poi, al Battistero di S. Giovanni, è
stata particolarmente suggestiva:
dopo la Messa abbiamo fatto la
“Redditio Symboli” con lo
sguardo rivolto allo splendido
mosaico del Cristo! Abbiamo
pregato in modo particolare per
le consorelle con cui condividiamo la vita quotidiana e per tutte
le sorelle, perché il Signore ci aiuti a vivere in modo sempre più
degno della nostra vocazione di
“spose dell’Altissimo”.
Un grazie particolare a chi ha
organizzato e contribuito a
rendere belle e piacevoli queste
giornate!
Suor Donata
Il girasole ha una storia da raccontare: non pretende di crescere da solo, ma vive felice in comunione, senza competere per
lo spazio o per la luce, perché il sole e gli alimenti sono sufficienti per tutti.
Il girasole non è egoista né avaro: accoglie nella trama del suo viso farfalle e insetti che si nutrono della sua linfa e dei suoi
doni.
Il girasole non contempla la realtà dall'alto per dominarla, ma la illumina con la sua luce e la bacia con il suo sorriso.
Si affida al sole per ricevere energia e vita, ma sa anche inclinarsi nella notte per accettare l'altra realtà dell'esistenza.
Il girasole non si fa illusioni che i doni che possiede, i sorrisi che elargisce, la luce che offre, l'olio che produce... siano
merito suo, per questo si mantiene in costante adorazione del sole che lo nutre e gli dà vita.
Nel cuore di ogni girasole si eleva un canto di allegria diretto a Dio, donatore di ogni bene.
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Permanece conosco (rimani con noi)
Queste parole del Vangelo di Luca hanno accompagnato la “tre
giorni” organizzata apposta per le
religiose già avanti con gli anni,
brasiliane e non, della Diocesi di
Goiânia. Eravamo presenti in
parecchie, di varie Congregazioni,
e quasi la metà di noi era formata
da missionarie di altri Paesi: tedesche, statunitensi, irlandesi, italiane…
Il primo giorno una giovane religiosa scalabriniana, Divina, che
studia psicologia, ci ha coinvolte
in una simpatica conversazione
sui nostri limiti, non solo fisici
ma soprattutto psicologici, riassumendo un po’ tutte le nostre paure e le nostre resistenze con un
incoraggiamento a riscoprire il
“tesoro di sapienza che è dentro
ciascuna di noi, un tesoro di cui
oggi il mondo ha estremo bisogno”. In seguito abbiamo
ascoltato (e commentato molto!)
alcuni suggerimenti sulla corretta
alimentazione di una persona che
non è più tanto giovane, che si
muove poco e che spesso non ha
nemmeno molta voglia di
mettersi a tavola. Ci siamo divertite a scegliere i tipi di alimenti
di colori diversi che devono
arricchire il nostro piatto, sempre
tenendo conto delle abitudini alimentari della comunità in cui viviamo.
Verso sera, grande sorpresa! Ha
celebrato per noi Dom Antônio
Ribeiro de Oliveira, ex Arcivescovo di Goiânia, caro al nostro cuore perché è stato lui ad accoglierci
e a farci muovere i primi passi come missionarie nella chiesa brasiliana. Dom Antônio non dimentica un nome o un volto,
chiede notizie delle altre sorelle,
ha sempre una parola di speranza
e di fede! Ci ha lasciate con questo consiglio: “Non dimenticate
che portate con voi la gioia di
aver potuto lavorare per Dio,
guardando indietro con molta
umiltà. Mostriamo ai giovani, con
la nostra esperienza, la via da seguire e soprattutto coltiviamo la
speranza!”.
La seconda giornata è stata dedicata al silenzio e alla meditazione,
prima con padre Flavio Marchesini, “fidei donum” italiano, poi
con Padre Fabio Bento, Redento-
rista
brasiliano.
Si
sono
soffermati il primo sull’incontro
di Gesù con i discepoli di
Emmaus e il secondo sull’Anno
della Fede. E noi abbiamo potuto
assaporare, con un gusto nuovo,
un Gesù “forestiero”, che apre gli
occhi a chi vuol vedere, e un papa
Francesco che si presenta al
mondo in semplicità per dire che
abbiamo un Padre misericordioso
a cui dobbiamo affidarci nella fede.
Abbiamo poi ascoltato - il terzo
giorno - Dom Rui, abate benedettino, di cui riporto solo una
frase tanto significativa: “da giovani ascoltiamo, da anziani capiamo!”
Quanto ancora ci sarebbe da dire
su questi momenti bellissimi passati insieme, fra canti, battute,
“ricreazioni” divertenti e rumorose, scambio di esperienze! Ci
resta solo da ringraziare chi ci ha
preparato tutto questo e ci ha
permesso di vivere, anche se per
poco tempo, la nostra vita di
consacrate con la stessa gioia e lo
stesso entusiasmo di sempre.
Suor Emanuela
15
Padre Josimo Tavares
Il giorno 10 maggio, antivigilia
della Festa della mamma, le comunità cristiane hanno celebrato
27 anni del martirio di Padre Josimo Tavares. Per questo nell’Anno
della Fede ricordiamo il dono
della sua vita.
Era il 10 maggio 1986, festa
della mamma, quando Padre
Josimo fu assassinato vigliaccamente mentre saliva
le scale della palazzina della
Diocesi in Imperatriz, nel
Maranhão, dove funzionava
la sede della CPT (Commissione Pastorale della Terra)
regionale. Ha avuto ancora
la forza di raggiungere
l’ospedale a piedi. Questo è
il regalo che i fazendeiros
(grandi proprietari terrieri)
hanno consegnato alla signora
Olinda, mamma di p. Josimo.
Dopo il tentativo di assassinio del
15 di aprile, quando cinque colpi
furono sparati contro la sua jeep,
p. Josimo, minacciato di morte,
incompreso anche da colleghi sacerdoti e operatori di pastorale,
fu intimato ad elaborare una relazione delle sue attività per chiarire le circostanze che portarono a
tante minacce di morte.
Nel suo Testamento spirituale,
pronunciato durante l’Assemblea
Diocesana il 27 aprile del 1986,
pochi giorni prima della sua
morte, diceva che la sua morte
era annunciata e prescritta. Nuovi
Anna e Caifa lo avevano già
condannato, ma p. Josimo era sicuro perché aveva assunto il suo
impegno pastorale a favore dei
poveri e degli oppressi.
16
Con la forza del Vangelo, p. Josimo ha dichiarato: «Desidero che
sappiate che ciò che sta accadendo non è frutto di nessuna
ideologia o particolare visione
teologica, e non è per me stesso.
Credo che il perché di tutto si
riassuma in tre punti principali: il
fatto che il Signore mi ha chiamato con il dono della vocazione
sacerdotale a cui ho risposto, che
il Vescovo Dom Cornélio mi ha
ordinato sacerdote, che la gente
ed il parroco di Xambioà - allora
Padre Giovanni Caprioli - mi
hanno appoggiato negli studi.
«Il discepolo non è maggiore del
suo Maestro. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche
voi». Devo assumere. Mi sono
compromesso nella lotta per la
causa dei poveri lavoratori indifesi. Se tacessi, chi li difenderà? Chi
lotterà per loro? [...] La mia vita
nulla vale in vista della morte di
tanti padri contadini assassinati,
violentati ed espulsi dalla loro
terra. Hanno lasciato mogli e figli
senza affetto, senza pane e casa.
È ora di alzarci e di fare la differenza! Muoio per una causa giusta».
Ma p. Josimo non immaginava
che la morte sarebbe arrivata
tanto presto. Davanti a tanta fede
e alla perseveranza per il
Regno, riconosciamo che
p. Josimo si sentiva
rafforzato dall’esperienza
di Dio, lo incontrava
“dentro” come ogni
grande mistico. La coscienza di sapere con lucidità che il proprio
sangue sarebbe stato
sparso in difesa dei poveri solo poteva essere
frutto di un’esperienza
concreta e profonda del
Dio che si fa uomo tra
l’umanità.
Dagli scritti, nelle poesie e annotazioni di p. Josimo si percepisce
una profonda intimità con la sua
opzione fondamentale: il Signore
e la sua diaconia verso i più indigenti che per lui, in quella regione
dove era stato inviato, erano i
contadini espulsi e spogliati della
propria terra dai grandi proprietari terrieri locali e da politici
corrotti.
Profeta di giustizia, Pastore che
cammina con la gente, Sacerdote
umile che cerca di offrire a Dio le
offerte giuste, p. Josimo divenne
un offertorio vivo per la Chiesa.
rielaborazione di suor Giovanna
PARTILHANDO@CONDIVIDENDO@PARTILHANDO@CONDIVIDENDO
Marzo, aprile, maggio: giorno dopo giorno il quotidiano “missionario”, il ripetersi fedele dei gesti
di annuncio e di testimonianza
del Vangelo nella semplicità,
nell’ordinarietà delle attività pastorali ed educative programmate;
la perseveranza instancabile e
colma di speranza di animare i
laici, le comunità, i coordinatori,
le catechiste, le varie équipe, le
insegnanti, le famiglie, i giovani, i
bambini; la fede nella condivisione e nella collaborazione, molte
volte smentite e sempre credute,
riproposte, rinnovate, non ricucite, ma ri-affidate alla forza e alla
potenza creativa dello Spirito che
abita la nostra piccola storia.
La vita al CEISU è stata scandita
da un significativo percorso pasquale con tutti i bambini e le
insegnanti. Le Parole di Gesù Risorto: ogni classe, una per settimana fino a Pentecoste, ha proposto una parabola meditata e
costruita insieme con l’insegnante.
Sabato 20 aprile abbiamo potuto
apprezzare la collaborazione della
ONG “Amazonas Visão”. Una
equipe de medici e psicologhe
volontari hanno fatto visite pe-
diatriche a tutti i bambini
accompagnati dai genitori. Dentista con attività ludiche per la salute boccale, oculista, ottorino,
logopedista, fisioterapista... non è
mancato nemmeno un laboratorio clinico mobile per esami di
sangue e un medico con computer per ecografia.
Tutto grazie alla nostra pediatra
Dott.sa Mariangela, che fa parte
di questo gruppo che opera prevalentemente presso comunità
che abitano in zone più isolate
lungo i grandi fiumi. Poi la “Pamonhada – Polentata” realizzata
dalle famiglie dei più grandi per
raccogliere fondi per la loro Festa
del diploma finale. E ancora il
Bazar di indumenti usati “Tutto a
1R$”, dove molte famiglie hanno
fatto una piccola scorta. Il resoconto di tutto comparirà in modo
più dettagliato sul prossimo
Aquilão.
Continuano con ritmi italiani le
riunioni di Consiglio via internet
e posso confermare la mia serenità nel parteciparvi. Sento che il
Brasile è più presente, sia con la
mia persona, sia per lo spazio
dato in ogni incontro che favorisce a ciascuna una conoscenza
più approfondita della realtà e dei
problemi della missione. Da parte
mia partecipo vivamente alla
realtà congregazionale di cui sono
informata e resa partecipe anche
in altri modi, specialmente da
parte di Madre Paola. Anche per
le mie esperienze precedenti e il
coinvolgimento che ho sempre
avuto con la nostra vita orsolina,
mi sento “dentro” le cose, a volte
percepisco il mio punto di vista
più “distaccato” per la naturale
distanza geografica e - spero oggettivo e utile. Soffro per la
complessità di alcune situazioni.
Madre Paola e le altre consigliere
sono molto attente nei miei
confronti circa la differenza degli
orari, molto disponibili e flessibili
a trovare sempre il meglio per il
nostro “incontro”, gentilissime
nel verificare se ascolto bene, se
vedo tutte...
La Chiesa brasiliana, magari non
propriamente la nostra realtà di
Aparecida, è molto animata per la
realizzazione della GMG a Rio; è
impegnata nella priorità di studio
e pastorale verso la realtà giovanile ed ha promosso una Campagna Nazionale contro lo sterminio dei giovani; sta accompagnando con chiarezza il dibattito
17
politico sull’età di perseguibilità
penale, che un disegno di legge
vuole abbassare a 16 anni.
Il Governo Dilma continua
instancabile con il Programma
“Brasil carinhoso” con l’intento
di sostenere le famiglie che ancora si trovano in condizioni di
estrema povertà (e sono la metà
dei poveri); sta lanciando la
campagna per il 2016: tutti a
scuola a 4 anni! Contemporaneamente sta uscendo più allo scoperto il problema del traffico
umano e in questi giorni qui a
Goiânia
stiamo
assistendo
all’arrivo di decine e decine di rifugiati provenienti dal Bangladesh, dopo la grave crisi politica del
loro paese, in cerca di lavoro, di
abitazione, di vita.
Condividere è amare di più, un
abbraccio da tutte!
Suor Giovanna
Evangelizzazione dei giovani a Indianopolis
Nelle nostre riunioni comunitarie
di marzo e aprile abbiamo approfondito e condiviso insieme il documento della Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile
sulla “Evangelizzazione dei
giovani”.
La gioventù abita nel cuore della
Chiesa e la Chiesa guarda a lei
con amore mostrando Cristo
Maestro – via, verità e vita.
Come è vero che è necessario
presentare ai giovani la fede come
un incontro amorevole con Dio,
aprire cammini per favorire
l’annuncio della Buona Notizia,
l’educazione ai valori cristiani, la
formazione biblica e teologica,
l’educazione alla solidarietá e alla
fraternità, la promozione della dignità della loro vita sotto tutti gli
aspetti!
È giusto conoscere i giovani per
poterli evangelizzare. Infatti non
si può amare e nemmeno evangelizzare chi non si conosce.
Occorre trovare sempre nuove
occasioni per aiutarli a trarre il
meglio di sé dal loro cuore, favorire il loro discernimento e
accompagnarli nel viaggio della
vita.
I giovani sono sempre alla ricerca
di modelli e di punti di riferimento che li possano aprire
all’evangelizzazione:
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1º modello: Gesù Cristo, presentandolo come Colui che
cammina con loro, come camminava coi discepoli di Emmaus,
ascoltando,
dialogando,
orientando;
2º modello: Maria, nella quale si
scoprono tutte le caratteristiche
del discepolato: l’ascolto amorevole e attento, l’adesione alla volontà del Padre, la sua attitudine
profetica, la sua fedeltà fino alla
croce, la sua missione evangelizzatrice.
Interessanti sono stati i tre momenti che suor Irene ha realizzato con il gruppo dei giovani:
una risposta e una concretizzazione di quanto abbiamo riflettuto insieme sull’evangelizzazione
della gioventù e sul considerare il
giovane, la giovane, come “luogo
teologico” accogliendo la voce di
Dio che parla attraverso lui e lei.
Come ben sappiamo nel campo
dell’evangelizzazione dei giovani
(e non solo!) ricette pronte non
ce ne sono... e soprattutto una ri-
cetta che “funziona”, e produce
buoni risultati in un tempo e luogo, non è detto che funzioni e dia
buoni frutti in un altro momento
e spazio... sarebbe troppo facile e
forse toglierebbe a noi, donne e
uomini appassionati della Buona
Notizia, la creatività di trasmetterla in maniera diversificata
e il gusto della ricerca che ci
permette di approfondire ogni
volta il Vangelo di Gesù e di scoprirne nuovi risvolti! Ringraziamo
quindi il Signore per la fatica che
continuamente ci chiede di
“imparare lingue nuove”, e continuiamo invocando la presenza
dello Spirito che danza intorno a
noi e ci suggerisce il ritmo della
musica!
In questo modo, anche qui a
Indianópolis, stiamo camminando con i giovani, cercando di
offrire loro esperienze significative per la loro vita di gruppo e
personale.
Vorremmo condividere con voi
tre esperienze che abbiamo vissuto recentemente con i giovani e ci
sembrano rappresentative del lavoro di evangelizzazione che stiamo portando avanti con le nuove
generazioni.
Ultimamente
abbiamo
deciso,
con il coordinamento del gruppo
di giovani, di dedicare un incontro al mese allo “studio” della
Sacra Scrittura, preparandolo in
modo creativo e interattivo,
sapendo che per la maggioranza
degli adolescenti e giovani si
tratta del primo approccio ai testi
sacri.
Abbiamo preparato il primo incontro con il brano dei discepoli
di Emmaus, come chance di “entrare” nella vicenda del Risorto,
dopo essere “entrati”, attraverso
la rappresentazione solenne della
Via Crucis, nella sua Passione.
Dopo aver letto con attenzione il
testo e cercato di comprenderlo i
giovani hanno messo in scena
una attualizzazione della narrazione di Emmaus, nell’intenzione di ascoltare quale Parola di
Dio questo testo aveva da dire
loro. L’argomento di conversazione, della tristezza, delusione
e rabbia dei “discepoli di Indianópolis” era un recente fatto
di cronaca (una esecuzione molto
crudele contro una donna di San
Paolo) che realmente in quei
giorni stava facendo notizia in
tutti i telegiornali. «Non ci sono
santi, quell’uomo meriterebbe la
pena di morte!» Gesù si accosta,
cammina con loro, ascolta, partecipa alla conversazione e infine fa
un gesto che risveglia nei discepoli accecati il gesto di amore e
perdono del venerdì santo. Gesù
sparisce e i discepoli, imitando lo
stesso gesto, cambiano la
direzione del cammino!
Siamo certi che il Signore Gesù,
amico da conoscere e modello da
imitare, continuerà a camminare
al nostro fianco, a rispolverare la
nostra memoria e a regalarci
quella Parola che ci dà vita!
«Non sei dea, non sei più di Dio,
ma dopo Gesù, il Signore, in
questo mondo nessuno è più
grande!». Così canta il grande
cantautore cattolico brasiliano
padre Zezinho alla nostra dolce
Madre Maria. E qui a Indianópolis, “Nossa Senhora” è a tutti gli
effetti amata, pregata e onorata
per tutto il mese di maggio, con
Messe, rosari, coronazioni, bancarelle... tutte le sere da ormai 80
anni! Perché non aprire solennemente con i giovani questo
mese mariano con una bella Veglia in onore alla nostra Madre
Maria, per conoscerla un po’ di
più? È così che è nata l’idea e
l’iniziativa di trovarci nel salone
parrocchiale a passare la notte tra
il 30 di aprile e il 1 di maggio
“sotto il manto di Maria”! Attraverso un film sulla vita di questa
grande donna, lavori di gruppo,
preghiera del Rosario, musica,
danza e molta amicizia si è
compiuta la nostra prima Veglia
Giovane, conclusa con la tradizionale Alvorada (Aurora con fuochi di artificio alle 5 del mattino e
camminata per le strade della città
con musiche mariane per svegliare le persone sotto la protezione di Maria) e colazione
comunitaria.
Nossa Senhora dei giovani ci protegga, ci accompagni, ci benedica!
Sembra tempo perso, tempo
“vuoto”, ma il tempo per stare
semplicemente con gli amici e
godersi una giornata di relax è assolutamente importante per
creare legami di fraternità in un
clima disteso e sereno. Così anche
quest’anno abbiamo voluto commemorare il successo della
presentazione della Via Crucis e
l’ottavo compleanno del gruppo
di giovani con una confraternizzazione nella chácara (casa in
campagna) di una giovane coppia.
L’idea di raggiungere la chácara a
piedi (circa un’ora di cammino su
strada sterrata) è stata accolta con
entusiasmo dai ragazzi che, muniti di scarpe da ginnastica e ombrellini (per ripararsi dal sole
forte) si sono presentati all’appuntamento più o meno puntuali
ciascuno coi suoi 200 grammi di
carne per fare churrasco (barbecue)
e qualche bibita da condividere.
Consegnato tutto a suor Sabina e
Michelina, che ci precedevano in
macchina, suor Irene e i giovani
si sono avviati, camminando e
cantando, sulle strade polverose
della roça mineira (campagna di
Minas Gerais). La giornata è trascorsa nella semplicità e allegria,
tra canti accompagnati dalla chitarra, carne e salsiccia, giochi improvvisati, corsa al vicino fiume.
Sappiamo che anche queste non
sono ricette definitive, ma sono
“piatti” che affinano il palato e
abituano il gusto e che certamente stanno lasciando un segno
nella storia dei giovani di questa
“piccola Nazareth” amata da Dio!
Suor Irene, Suor Michelina
e Suor Sabina
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Un incontro a tre
Da qualche mese faccio volontariato
pastorale
all’ospedale
“Sandro Pertini” e nel reparto di
Medicina 3, portando l’Eucarestia, incontro anche la signora
Carla, degente in questa struttura
da diversi giorni. Sin dal primo
incontro lei ed io abbiamo
simpatizzato, per cui la sosta al
suo letto è sempre un po’ più
prolungata; ama leggere romanzi,
si tiene aggiornata su gli avvenimenti politici e conversa volentieri raccontando con discrezione
della sua vita attuale. Quello che
mi meraviglia di lei è lo sguardo
vivo, luminoso, intelligente e la
dolcezza della sua voce; sin dai
primi incontri ho percepito che
Carla ha un “qualcosa” che la
rende veramente particolare.
Mercoledì scorso quando sono
entrata nella sua camera per la
consueta visita, con la voce animata e con lo sguardo più luminoso del solito mi ha detto:
«Oggi vado a casa!». «Questa notizia mi fa molto piacere» rispondo, congratulandomi con lei,
ma Carla come fosse contenta
solo per metà manifesta il desiderio di incontrarmi ancora, ovviamente non più in ospedale, e con
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il sua consueta serenità aggiunge:
«In Africa sono stata dalle Orsoline».
Sorpresa e incuriosita le domando: «Dove?» e lei, come se
stesse parlando di una storia vissuta ieri, mi risponde: «a
Gondar!». A questa sua risposta
mi sono animata anch’io ed emozionata ho detto: «Ma siamo noi,
avevamo una missione che abbiamo dovuto lasciare per la
guerra!». Carla allora, tornando
indietro nel tempo, inizia il suo
racconto: «Ero una bimbetta di 5
anni e andavo dalla Suore Orsoline e c’era una suora… », e io come se volessi aiutarla a ricordare,
ma lei ricordava benissimo, le
suggerisco: «Suor Maria Enrichetta». «Si!». Carla non aveva bisogno che io aggiungessi altro
perché nonostante la sua età
matura, aveva in sé vivissimo il ricordo di questa suora “del tutto
speciale” come la chiamava lei e
mi raccontò della sua amabilità,
di quel tratto tenero con cui si
intratteneva con i bimbi più
piccoli, di quella sua maternità
cha la faceva essere presente
sempre ed ovunque. Continuava
a ripetere che a quel tempo aveva
solo cinque anni ma questa suora
non l’aveva mai dimenticata
perché non solo era nei suoi ricordi, ma faceva parte della sua
vita. Mentre lei raccontava sentivo che qualcuno ci stava unendo
e, mentre le tenevo stretta la mano, ho detto: «Suor M. Enrichetta
adesso è qui con noi, è contenta
del nostro incontro perché il Cielo non ha Tempo!». Carla continuava a guardarmi come cercasse
in me qualcosa di lei, di quella
suora i cui tratti erano rimasti
indelebili nel suo cuore. Ha voluto sapere cosa fosse successo di
Suor M. Enrichetta dopo e allora
le ho parlato della missione in
Calabria, del suo grande cuore
per tutti e di come la gente del
luogo, alla sua morte, per continuare a ricordarla ha voluto erigere a sua memoria una statua a
mezzo busto, per non dimenticare quell’amore grande che aveva
elargito sempre a tutti.
Voglia il Signore concedere ad
ognuna di noi la maternità autentica, dono gratuito di amore,
di tenerezza, di vicinanza per
ogni creatura che Lui ci mette
accanto.
Suor Elena
Andemm al Domm
Trasferta a Milano per 200 fra
studenti, genitori, religiose ed
insegnanti dell’Istituto Orsoline
S. Carlo di Saronno lo scorso sabato 13 aprile. In occasione
dell’annuale marcia “Andemm al
Domm”, infatti, gli alunni
dell’Istituto si sono recati in folto
gruppo nel capoluogo lombardo
per partecipare all’evento dedicato alle scuole cattoliche paritarie della diocesi milanese. In questa 31° edizione della marcia,
ispirata al tema “Il futuro dell’Europa? Dipende dalla libertà di
educazione”, la nostra compagine
ha ben figurato fra i 30.000 partecipanti e ha sostenuto a gran voce le richieste di tutte le associazioni presenti in piazza Duomo
che quest’anno, per la prima
volta, hanno contato anche sulla
presenza di rappresentanti della
scuola statale: dare davvero libertà di scelta alle famiglie,
perché
ognuna possa scegliere il
modello
culturale da
far seguire ai
propri figli,
senza
le
discriminazioni a cui
molti
studenti sono
spesso
sottoposti. Insieme al Cardinale
Angelo Scola, che ha guidato la
preghiera in piazza, la folla ha
chiesto maggiore attenzione da
parte degli organi istituzionali per
avere una scuola di qualità e più
decisa sensibilizzazione ai problemi dei tantissimi ragazzi, soprattutto disabili e stranieri, che
incontrano sempre più difficoltà
ad inserirsi nel panorama
dell’istruzione attuale. Al termine
della marcia, partita da Corso
Sempione, il gruppo saronnese
ha partecipato alla festa in piazza
Duomo che, condotta dalla presentatrice Lorena Bianchetti, ha
avuto fra i suoi momenti più
importanti la preghiera con
l’Arcivescovo Scola e l’animazione proposta dalla Scuola Professionale dell’Accademia Ucraina di
balletto.
Laura Bernardelli
Attività a Tambre
L’Associazione
Il
Tralcio
ONLUS è nata per ospitare
donne detenute agli arresti domiciliari o in misura alternativa alla
carcerazione, ma negli ultimi tre
anni, data la crisi economica in
corso e a fronte dell’aumento
delle richieste di servizi di base,
si è reso necessario allargare
l’offerta degli interventi a diverse
fisionomie di destinatari. Sono
state accolte e supportate famiglie monoparentali, donne e minori vittime di violenza, donne
che vivono conflitti relazionali
all’interno della famiglia, donne e
minori con problemi economici
e abitativi. Nell’anno 2012 sono
state accolte nelle strutture
dell’Associazione 14 persone, ma
contemporaneamente l’impegno
di aiuto si aiuto e sostegno si è
esteso anche al difuori dell’ambito locale ed ha raggiunto nella
provincia di Belluno un gruppo
di circa trenta persone, appartenenti alle componenti più deboli
del nostro tessuto sociale: donne
e transessuali reclusi nella Casa
Circondariale di Belluno, donne
sole con minori in situazioni di
handicap, donne italiane e stra-
niere con problematiche di depressione e famiglie con gravi
criticità economiche.
Il numero degli assistiti accolti
nel 2012 è stato inferiore di
cinque unità rispetto all’anno
2011 a causa di insufficienti risorse finanziarie, mentre nel
corso dell’anno si è registrato un
rilevante aumento delle persone
che si rivolgono alla nostra Associazione per chiedere aiuto.
Rispetto ad una presenza
maggioritaria di stranieri si registra la crescente richiesta di aiuto
da parte di italiani, ma è molto
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probabile che gran parte delle
povertà
italiane
rimangano
sommerse
all’interno
dell’ambiente familiare.
L’azione educativa svolta dalle
suore e dall’équipe dei volontari,
in continuità con gli interventi
degli anni precedenti, si è espressa nelle seguenti attività:
- accompagnamento nella gestione ordinaria della vita nelle case
famiglia;
- insegnamento della lingua italiana agli stranieri;
- sostegno scolastico ad alcuni
minori ospiti nelle strutture;
- consulenze burocratiche e legali;
- incontri di formazione sui temi
della giustizia e della legalità richiesti da gruppi, movimenti,
parrocchie;
- colloqui di sostegno e animazione pastorale nella Casa
Circondariale di Belluno;
- partecipazione all’organizzazione del corso biennale “La storia
delle donne”;
- partecipazione al progetto
“Esodo”;
- ricerca, con il coinvolgimento
degli ospiti delle nostre case famiglia, di soluzioni lavorative e
abitative.
L’auspicio è di poter continuare
un servizio tanto prezioso per rispondere ai bisogni di tante
persone e, contemporaneamente,
di promuovere la cultura della
solidarietà e dell’inclusione sociale.
Suor Carola
Como e i suoi nodi
In questo tempo Pasquale in cui
ci stringiamo attorno a Maria
“discepola del Signore”, ci piace
venerarla In tanti modi. L’invocarla come “colei che scioglie i
nodi” va bene per varie situazioni, anche per quella che sta vivendo da qualche anno la “città
di Como”! Mi riferisco al lungolago, una volta nostro vanto, ora
delimitato da una palizzata che
impedisce di vedere.
Il “nodo” più grosso è un cedimento strutturale avvenuto a causa dei lavori per la messa in opera
delle paratie. Un nodo, poi un
altro: un vero groviglio! Sì,
perché il cedimento ha provocato
l’abbassamento della zona antistante il lago; ne hanno risentito
la bellissima Piazza Cavour, salotto buono di Como, e gli Hotel
e palazzi che vi accedono, ma
anche la rete fognaria: quando
piove tutto rigurgita, lago
compreso!
Per quanto riguarda la palizzata
“oscura lago” da rimuovere, da
anni è in atto un contenzioso tra
la ditta dei lavori e il Comune di
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Como e solo la stessa ditta è autorizzata alla rimozione, ma poiché non pagata - a seguito dello
scontento per i lavori non eseguiti - blocca la rimozione.
Due anni fa il giocatore del Milan
Zambrotta, illustre Comasco,
aveva provveduto a proprie spese, o meglio a spese della sua società calcistica sportiva per
bambini, a far sistemare provvisoriamente una parte della passeggiata, per donare ai turisti che
numerosi vengono e si imbarcano
sul lago un po’di sollievo. Gioia
effimera! Le istituzioni non solo
non hanno mostrato gratitudine,
ma si sono permesse di chiedere… per cui, l’anno successivo,
lungolago chiuso! E per i prossimi mesi estivi? I cittadini, gli
albergatori esausti, si sono organizzati spontaneamente impegnandosi a proprie spese per
aprire la passeggiata almeno in
agosto-settembre. Se fosse possibile già prima, meglio ancora! Ci
vuole comunque una mano alta!
C’è poi da dire che anche le stazioni di Como non danno punti
in più: la stazione San Giovanni
non è fornita di scale mobili, né
di ascensori… e gli indicatori
orari fuori uso! La stazione Nord
ora sta dandosi da fare per sollevare i marciapiedi, perche salire e
scendere dai treni è un problema.
Servono gambe da gigante! Sarei
curiosa di sapere che cosa pensano della situazione Alessandro
Manzoni, il cui nome primeggia
su un bellissimo battello ed Alessandro Volta, che troneggia nella
sua Piazza. Lo scorso inverno il
busto della statua di Volta
sfoggiava delle cravatte, forse in
omaggio alla tradizione comasca
della seta! Che dire? L’esperienza
accerta che basta cominciare e,
sciolto il primo nodo, si può
tentare …fino all’ultimo! Il
tempo Pasquale ci invita alla speranza, alla gioia di rivedere tutto il
bello che questa città ci sa offrire!
La Madonna che scioglie i nodi e
certamente all’opera!
Suor Elisabetta e suore di Como
Da leggere e da vedere
(a cura di Suor Silvia)
M.C. Beaton, Agatha Raisin e la quiche letale
Edizioni Astoria 2011 p. 257 16.00 €
Trama
Agatha Raisin, cinquantenne dal carattere difficile, decide di cambiare vita:
chiude la società di PR che le ha permesso di guadagnare un bel po’ di soldi,
lascia Londra e si trasferisce nei Cotswolds, un'area di pittoresca bellezza nel
cuore dell'Inghilterra. Carsely, il piccolo e perfetto villaggio dei suoi sogni, è
sublime: gli abitanti sono stravaganti e gentili, il cottage comprato da Agatha è
scomodo al punto giusto, abbondano i vestiti a fiori - tipo Laura Ashley - e la
cordialità è un po’ di facciata. A Londra non si era accorta di non avere amici,
ma giunta a Carsely si ritrova sola e isolata. Donna attiva e prepotente, Agatha
non si accontenta di inserirsi nella nuova comunità ma vuole diventare anche
popolare. Come fare? Partecipare a una gara culinaria. E se non si è in grado di
cucinare? Andare a Londra e comprare un'ottima quiche. E se il giudice della
gara muore mangiando la quiche? Ingiustamente accusata di aver provocato
una morte e giustamente additata per aver imbrogliato, Agatha investiga...
Commento
"Agatha Raisin e la quiche letale" è il primo libro dedicato all'eccentrica
investigatrice: una serie ironica e leggera, intelligente e sarcastica, una lettura
piacevole e rilassante adatta da mettere in valigia durante le vacanze o una
buona compagnia per un tranquillo pomeriggio estivo.
Agatha Raisin è una donna di mezza età, single senza figli, alquanto rotondetta,
capelli scuri, occhietti scuri “da orso”, abbigliamento costoso ma tipicamente
inglese, un carattere molto forte e deciso. La storia è incentrata sul racconto
delle giornate di Agatha alle prese con la nuova vita ed i nuovi vicini di casa,
con il passaggio drastico da una vita incentrata sul lavoro in una grande città
come Londra, ad una vita nella più totale libertà, ma anche nella solitudine.
M.C. Beaton non è Agatha Christie, ma Agatha Raisin potrebbe essere la Miss
Marple dei nostri giorni: un po’ più giovane e con una vita travagliata alle
spalle, Agatha è dura, non tanto bella e anche un po’imbrogliona. Per di più
mangia malissimo, beve gin, è una forza della natura, ed è molto sola!
Insomma, difficile non amare una donna così imperfetta, così umana.
Aggiungo anche che la scrittura è fluida e piacevole, ci sono addirittura
passaggi spassosi e divertenti, quasi comici. Un giallo alla portata di tutti, senza
grandi colpi di scena, che consiglio in quanto è una lettura non impegnativa,
facile e veloce. A me è stata subito simpatica questa burbera e anche poco fine
donna, ma ho letto che anche l’Arcivescovo di Canterbury tiene sempre sul
comodino un giallo di Agatha e non spegne mai la luce prima di aver letto
qualche pagina…Vi ho incuriosito? Vedrete, diventerete anche voi sue fan e,
come me, aspetterete con impazienza la sua prossima avventura!
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B. Constantine, E poi, Paulette…
Einaudi Stile libero big 2012 p.227 17.00 €
Trama
Ferdinand è un signore sui settanta che vive tutto solo nella sua enorme
cascina in campagna. Figli e nipoti hanno troppi impegni... A lui resta il cane,
un bicchierino ogni tanto, e un sacco di tempo libero. Un giorno Ferdinand,
facendo visita alla vicina, scopre che il suo tetto è stato devastato da un
nubifragio. Non ci dorme tutta la notte. Ma il mattino successivo si fa coraggio
e invita Madame Marceline a trasferirsi da lui. Lei e tutti i suoi animali, ben
inteso. A poco a poco la fattoria si riempie di fermento, agitazione, nuova vita.
Perché dopo Marceline arrivano anche un amico di infanzia di Ferdinand
rimasto vedovo di recente, due vecchine un po' smemorate, uno studente di
Agraria che rimette in sesto l'orto, e alla fine anche Paulette...
Commento
Un libro con la copertina viola non passa certo inosservato… la simpatica
immagine di quattro anziani seduti insieme su una panchina fa il resto, ed ecco
un altro gradevole romanzo, breve e di facile lettura, a tratti anche divertente
ed esilarante, che potrà allietare i nostri pomeriggi estivi! Questo libro, che ha
avuto un grandissimo successo in Francia, affronta con leggerezza un tema
poco amato nella nostra società: quello della vecchiaia.
Ferdinand (il protagonista del romanzo) è abbastanza burbero, sopporta poco
la nuora, adora i nipoti che vede raramente e preferisce la compagnia dei suoi
animali a quella del figlio Roland. Nonostante tutto, suscita subito una gran
tenerezza e simpatia, soprattutto da quando decide, in modo così naturale da
apparire strano in un tempo di sfiducia ed egoismo come il nostro, di
accogliere Marceline, anziana vicina di casa, che non può più occupare la sua
abitazione a causa di un problema irreparabile al tetto che le fa piovere dentro.
E dopo di lei, tutti gli altri. Mette allegria leggere (e vedere) tutta quella gente
in quella grande casa, indaffarata e serena; fa pensare alla vecchiaia come ad un
periodo luminoso, felice e soprattutto pieno di amici e di affetto.
Senza fare ricorso a trattati filosofici e senza tanti giri di parole ma attraverso
una storia di vita quotidiana, la Constantine ci dice che la generosità è l’unico
antidoto alla solitudine e alla depressione, che il cinismo è improduttivo e
deleterio per sé e per gli altri. Tanto vale vivere la vita per quella che è e
riscoprire il valore del vivere in armonia e in serenità con il prossimo. Non
potrà che giovare a noi e agli altri! Buona lettura!