Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo GIUGNO 2013
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Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo GIUGNO 2013
PER VIVERE UNITE Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo GIUGNO 2013 dalla Redazione La copertina di questo numero, che esce a chiusura di un anno pastorale e scolastico come al solito impegnativo e carico di incontri, esperienze, realizzazioni, vuol richiamare la levità e gli orizzonti ampi di una Chiesa che si lascia guidare dallo Spirito nella grande avventura dell'annuncio della Buona Notizia ad ogni uomo. Ci siamo fatte pellegrine al Santuario di Crea e in molti altri modi e occasioni abbiamo già espresso al Signore il nostro grazie per quanto opera nella nostra famiglia Orsolina, lo facciamo anche attraverso queste pagine, che ci permettono di condividere le nostre storie e di renderne lode a Dio. 2 Vita del Consiglio Il Consiglio, fedele al suo compito, si è riunito appena possibile nei fine settimana per considerare le molteplici problematiche relative alla Congregazione e al momento storico di Chiesa che stiamo vivendo, cercando di vedere il tutto alla luce dello Spirito, così come avrebbe fatto S. Angela. La presenza di Madre Paola nelle riunioni dell’USMI ci consente di avere sempre uno sguardo aperto sul mondo della vita consacrata e sulla Chiesa tutta. Alterniamo perciò l’attenzione alla nostra realtà e a quella più ampia, che ci aiuta sentirci parte importante della Chiesa per il mondo. In questa luce, alcune di noi hanno partecipato con Madre Paola all’Assemblea nazionale USMI a Roma,ascoltando con gioia le bellissime relazioni di p. Rupnik e di fratel Biemmi, mentre suor Sara ha seguito l’incontro delle Maestre di Formazione. Suor Giovanna ci informa dettagliatamente sulla situazione brasiliana delle nostre comunità, delle singole suore, ma anche della Chiesa e del popolo di quel paese emergente, che presenta ancora grandi diseguaglianze e necessità. La riunione delle superiore tenutasi a Firenze ha rinsaldato la nostra unione e ci ha fatto godere della gradevole accoglienza della comunità e delle bellezze della natura e della città. La celebrazione nel Battistero di S. Giovanni, durante la quale abbiamo rinnovato le promesse battesimali, ci ha fatto gustare già un po’ di Paradiso! Madre Fabiola Velasquez Maja ci ha sostenute e confortate con la sua semplicità, la sua grandissima esperienza mondiale e la sua capacità di ascolto. Ci siamo sentite capite e confortate. bene fatto da ciascuna nel servizio svolto con amore e con impegno nelle varie attività apostoliche o nell’offerta della preghiera e della sofferenza. Come sempre ricordiamo con affetto ciascuna, ma soprattutto chi è ammalata, chi si trova in difficoltà, chi sente il peso dell’età, della responsabilità, dell’incomprensione. A tutte auguriamo serenità nello Spirito in attesa della Pentecoste e una buona conclusione dell’anno pastorale che sappiamo ricco di impegni, ma anche della Grazia del Signore. Suor Maria Luisa Ora ci prepariamo a vivere con gioia il nostro Pellegrinaggio mariano per chiedere alla Madonna il suo sguardo materno su di noi, su tutte le sorelle, che attendono la soluzione di grandi problemi e che, come noi, faticano a rispettare i tempi lunghi di decisioni sofferte e difficili (salute delle sorelle, contratti, lavori di ristrutturazione e adeguamento, crisi economica, ecc.). Riconosciamo, però, anche tanto 3 Nei primi giorni di maggio sono stata a Roma per due incontri di notevole interesse: una “merenda” con alcune superiore generali Orsoline e l'Assemblea triennale della UISG. Orsoline nel mondo Il pomeriggio del 2 maggio Madre Cecilia Wang, Generale cinese delle Orsoline dell’Unione Romana, ha invitato per un incontro cordiale le superiore generali Orsoline che venivano a Roma per l'Assemblea UISG che sarebbe iniziata il giorno seguente. Così, alle ore 16.00, ci siamo ritrovate, 12 sorelle di dodici congregazioni Orsoline, in fondo a via Nomentana, parlanti lingue diverse ma accomunate dall'amore per l'Amatore comune e appassionate del medesimo carisma. Erano presenti dall’India le Orsoline Francescane, fondate all'inizio del ‘900 da un gesuita tedesco e da un cappuccino che avevano apprezzato, in Europa, le Orsoline educatrici, dal Canada la Madre dell’Unione delle Orsoline canadesi di Maria dell'Incarnazione, dal Sud-Africa la madre di una congregazione nata nel periodo dell'apartheid e denominata Compagnia di sant'Angela, dalla Francia le Orsoline di San Carlo di Puy, le Orsoline dell’Unione di Santa Angela Merici, dalla Gran Bretagna le Orsoline di Brentwood, dall' Irlanda le Orsoline irlandesi, dalla Polonia le Orsoline polacche del Sacro Cuore della Ledocowska, dall'Italia le Orsoline dell’Unione Romana, le Orsoline di Maria Immacolata di Verona, quelle di Breganze (Vicenza), le Orsoline di San Carlo.... Ognuna si è presentata, ha tratteggiato la configurazione della propria congregazione. Abbiamo sentito l’urgenza di prevedere, almeno per chi è vicino, una collaborazione maggiore. Si pensa alla creazione di un organismo a livello europeo, come già si sta pensando in Africa e si sta facendo in America Latina. Le congregazioni presenti in Oriente, particolarmente in India e in Vietnam, sono quelle che stanno vivendo una ritrovata giovinezza. Ci siamo soffermate sulle diverse espressioni del nostro carisma educativo: nell’evangelizzazione e nella pastorale, nell’ambito culturale con scuole ed università, in quello socio educativo, nella missione ad gentes, nella condivisione del carisma partecipato ai laici, nell’accompagnamento spirituale, nella forma4 zione della leadership e là dove si elabora cultura, alle frontiere della povertà, soprattutto in difesa della donna... Abbiamo condiviso le esperienze in atto sulle associazioni di laici amici del carisma di sant'Angela, abbiamo sottolineato, da sorelle, dei cammini comuni da potenziare e continuare. Nonostante una lucida lettura delle emergenze interne, abbiamo riconfermato la nostra speranza per il futuro perché l'azione dello Spirito va oltre di noi... Alla conclusione la celebrazione solenne dei Vespri, in cinque lingue, ci ha fatto sentire in viva comunione con tutte le nostre consorelle di tutti i tempi, raffigurate sulla scala della visione di Angela. La grande cappella, infatti, è totalmente affrescata e rappresenta episodi della vita della Madre comune, Sant'Angela, momenti di evangelizzazione delle popolazioni indigene e pellirosse del Canada, di educazione delle giovani prima della rivoluzione francese, di insegnamento alla fine dell’Ottocento a Roma. È bello ritrovarsi accomunate non solamente dallo stesso Signore, dallo stesso Vangelo, ma anche dallo stesso carisma, seppure vissuto in una molteplicità di forme culturali! A Dio piacendo ci siamo date appuntamento alla prossima UISG. Assemblea UISG Dopo tre anni ci siamo ritrovate da tutti i continenti, alcune “stagionate”, altre “novizie”... L'impatto visivo nella grande sala, con 85 tavoli rotondi da dieci persone, è sempre impressionante. I colori dei volti, ma anche degli abbigliamenti sono sempre più variegati, così come sono diverse le culture di appartenenza. Suor Alessandra Foà una mattina ha desiderato accompagnarmi solamente per poter vedere tutte queste madri arrivare all’Hotel Ergife! Di grande effetto sia l’arrivo che la partenza, la sera... I turisti, ospiti del grande albergo, si fermavano quasi straniti al vedere così tante “donne di Dio”, diverse nel tratto e nell'abbigliamento: sembrava, davvero, una pacifica “invasione”. Non possiamo dire che non sia presente la Vita Religiosa femminile nella Chiesa. Questa confusione di etnie e culture mi ha fatto pensare, spesso, alla mattina di Pentecoste. Abbiamo vissuto, in quei giorni, una forte esperienza di presenza dello Spirito Santo! Devo subito ammettere che, rispetto alle volte passate, ho trovato - in tutte e in tutti gli interventi una maggiore sintonia, derivata da una comune e seria ricerca di uno stile di vita evangelica. Il Vangelo è sempre stato il paradigma di riferimento che ha fatto evitare cadute di tono e stravaganze pseudo-rivoluzionarie.... di rivoluzionario c’è stato, ogni giorno, il riferimento allo stile di Gesù: «Ma tra voi non sia così». Infatti il tema trattato era proprio quello, già in parte affrontato nella nostra Congregazione con i questionari e sviluppato, a Firenze, con le nostre superiore: la leadership dell’autorità religiosa. Confortante, per me, è stato proprio il trovare i contenuti di questa Assemblea molto in sintonia con quanto espresso da tutte voi sia per iscritto, nelle Comunità, sia a voce a Villa I Cancelli. È stata una conferma della serietà e dell’impegno che noi suore Orsoline abbiamo messo nell’ultimo lavoro! Qui le relatrici erano a livello mondiale, provenienti da culture davvero diverse; tutte hanno dato posto alla centralità alla Parola di Dio, alle esigenze del Regno, al Vaticano II. Molto interessanti sono stati gli interventi della biblista Bruna Costacurta su “L’autorità nella Bibbia”, di suor Mary John Mananzan, benedettina, su “Le prospettive sull’autorità nella Vita Religiosa dopo il Vaticano II”, di suor Mary Pat Garwin su “La Compagnia come Grazia: una metafora per l’autorità religiosa oggi”, di suor Charlotte Sumbamanu su “L’esercizio dell'autorità in una comunità adulta”. Ultima relatrice è stata suor Martha Zechmeister, Rettore dell'Università del Salvador, che dopo aver insegnato una vita a Vienna alla Cattolica, si è trasferita in questo martoriato paese per formare ad una politica cristiana; il suo intervento aveva come titolo “L’autorità di coloro che soffrono”. Le liturgie molto curate erano guidate da due religiose, una spagnola ed una australiana. L’intervento del Cardinal Prefetto, il brasiliano Joao Braz Aviz, ha offerto, rispetto agli interventi dei trienni precedenti da parte del Responsabile del nostro Dicastero, ampi segnali positivi di fiducia e di stima verso la Vita Religiosa femminile, di rispetto e di piena collaborazione anche in riferimento all’annosa questione della seconda Unione delle religiose statunitensi. Il Cardinale ci ha ricordato, con gioia e grande affabilità, che dobbiamo avere fiducia per il futuro delle nostre congregazioni e del nostro carisma perché fino a che una sorella continua a vivere con gioia e con coerenza la vita religiosa e testimonia il carisma, il carisma c'è e la sua congregazione sarà viva e non morirà. Ha ribadito che non dobbiamo avere paura di tornare all'intuizione centrale della Fondatrice, e poi adattarlo al nostro tempo, all’oggi. Infatti lo Spirito, Dio ha suscitato i carismi non per farli morire, ma perché servano il Popolo di Dio. Se usciamo dal Carisma noi decretiamo la morte del carisma. Ha riassunto così l'impegno della Vita Religiosa: 1. «Si ritorni al primo Amore non come nostalgia del passato ma come impulso per un impegno oggi 2. Bisogna imparare ad entrare nella sapienza della “piccolezza”, della debolezza, della croce 3. Essere profeti e profetesse di speranza per non 5 inciampare nei problemi 4. I soldi e le strutture non ci danno vita: in questo momento fra Carisma e opere dare priorità a tenere vivo il Carisma. Se uno mantiene le opere ma fugge il Carisma, non esiste più, non c'è futuro.» La celebrazione eucaristica conclusiva è stata presieduta dal nuovo Segretario della Congregazione per la Vita Consacrata padre Carvalho, attuale generale dei Frati Minori. Il mio tavolo di lavoro era il n. 71: 9 generali e una officiale del Dicastero. È stata una gioia poter condividere riflessioni e speranze, preoccupazioni e problemi con loro, soprattutto con la generale delle Salesiane Md. Ivonne che già conoscevo e con p.s. M. Chiara delle Piccole Sorelle di Gesù di C. de Foucauld, e poi con la generale delle Giuseppine di Cuneo, delle Figlie di Gesù, delle suore di s. Giovanni Battista, della Comunità Loyola, delle Discepole di Gesù Eucaristico, delle suore di Carità di Santa Maria. Tante di loro hanno presenze in 44, 70, 75 paesi... stanno vivendo sofferte preoccupazioni, oltre che per i problemi che anche noi viviamo, anche e soprattutto per l'instabilità politica e religiosa in Africa 6 e nel Medio Oriente. Vorrei, tra i tanti interventi da parte delle sorelle in Assemblea, ricordare due molto toccanti. Le generali del Giappone hanno raccontato, con evidente preoccupazione, che la centrale nucleare colpita dall’ultimo, catastrofico evento del terremoto e dello tsunami sta attualmente ancora avendo perdite nucleari che inquinano sia l’atmosfera sia l’oceano, continuando a creare gravissimi danni. La Chiesa cattolica, e in particolare le religiose, continuano a fare interpellanze al governo perché questo fatto sia reso noto dai media, che tacciono, e perché si prendano immediatamente urgenti provvedimenti a tutela della salute delle persone e del creato. È un problema mondiale che tocca tutti! In assemblea erano presenti due suore provenienti dalla Repubblica Popolare cinese. Una di loro è la coordinatrice di 40 congregazioni della Chiesa sotterranea. Queste suore vivono in clandestinità la loro vita religiosa! Molto interessanti i momenti conviviali del pranzo perché ci si comunicavano impressioni con le sorelle già conosciute del Nord Italia e del Brasile, di Malta e con le Orsoline presenti. Il secondo giorno dell'Assemblea la Segreteria di Stato comunicò che il S. Padre Papa Francesco desiderava riceverci non in piazza s. Pietro, assieme a tutti i pellegrini, ma in Aula PaoloVI. Tanta è stata la sua delicatezza nei nostri confronti, questo è stata un forte riconoscimento della specificità della vita religiosa all'interno del Popolo di Dio! Invito chi volesse leggere i testi originali degli interventi e vedere i filmati, le interviste, le foto ad aprire il sito www.vidimusdominum.org Suor Paola Riportiamo, per gentile concessione dell'Autore Giovanni Preziosi, un articolo apparso nelle pagine culturali de“L’Osservatore Romano” (14 maggio 2013, pag. 5), che racconta, con dovizia di particolari inediti, come le orsoline milanesi aiutarono ebrei e perseguitati a sfuggire ai nazisti. Mentre sul territorio della Repubblica Sociale Italiana la caccia agli ebrei, sferrata dai nazisti e dalla famigerata banda di Pietro Koch, diventava sempre più incessante legittimata, peraltro, anche dalla legislazione antisemita sancita con la Carta di Verona, che assimilava gli ebrei ad una “nazionalità nemica”, tra il 30 gennaio e il 14 maggio 1944, a bordo di alcuni vagoni piombati, dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano, un numero incalcolabile di cittadini italiani di religione ebraica di ogni età e condizione sociale, dopo una breve sosta a Fossoli, furono spediti verso gli esecrabili campi di sterminio nazisti di AuschwitzBirkenau. Dall’autunno del 1943, infatti, la persecuzione degli ebrei divenne talmente efferata da indurre ogni ebreo milanese, nel timore di qualche deprecabile delazione, a correre rapidamente ai ripari cercando un nascondiglio sicuro ai propri familiari, per sfuggire ai propri aguzzini ormai sulle loro tracce per ordine del perfido capo della Polizia e Servizio di Sicurezza di Milano, Theodor Emil Saevecke. Tuttavia, come gli eventi successivi s’incaricheranno di dimostrare, in questo clima avvelenato da inganni e sospetti, ci fu anche chi si prodigò attivamente a rischio della propria vita, con audacia e carità cristiana, per aiutare chi era in pericolo, spalancando le porte dei propri istituti, tant’è che l’opera di assistenza e ospitalità negli ambienti ecclesiastici divenne una consuetudine piuttosto diffusa, Fuga nella notte non circoscritta soltanto a particolari zone geografiche, che finì ben presto per essere adottata da molti altri religiosi e religiose, tra le quali conviene annoverare anche le Orsoline milanesi di S. Carlo, le quali si adoperarono con tanta abnegazione per trarre in salvo gli ebrei ospitati nei loro collegi di Como e Porlezza. Trovandosi, infatti, i loro istituti proprio in prossimità del confine svizzero, si rivelavano particolarmente congeniali per agevolare la fuga dei rifugiati in caso di pericolo. Tuttavia, considerati i frequenti controlli da parte dei nazi-fascisti le suore, per salvaguardare l’incolumità dei loro “ospiti”, ritennero opportuno mantenere il più stretto riserbo, non lasciando alcuna traccia di questi episodi tra le pagine delle cronache, tant’è che di quest’opera di assistenza clandestina ne erano al corrente soltanto la Madre Superiora e poche altre consorelle. Dai racconti davvero molto suggestivi delle suore apprendiamo, infatti, che furono ospitate, sotto mentite spoglie, nei loro collegi di Como e di Porlezza alcune persone ingiustamente perseguitate per ragioni razziali, che poi furono aiutate perfino ad espatriare, come nel caso di Maria, una giovane ebrea probabilmente di origine rumena, accolta nel 1944 presso il collegio di Como. Tuttavia, poiché all’interno di questo istituto, erano ospitate anche le figlie di alcuni gerarchi, il controllo delle forze dell’ordine, con il precipitare degli eventi, era divenuto talmente asfissiante da indurre le Orsoline a predisporre un sofisticato piano di fuga per consentire alla giovane ebrea di raggiungere la Svizzera attraverso gli impervi sentieri montuosi circostanti. Inoltre, dai ricordi di suor Cesarina Volpato, a quel tempo probanda, si apprende che, prima a Porlezza e poi a San Mamete, sul lago di Lugano, la Preside, Madre Chiarina Braito, sprezzante del pericolo a cui andava incontro, accolse un’altra giovane ebrea milanese, tale Nella, che dal 1940 al 1944 frequentò con buon profitto il 1° e il 2° Liceo Artistico privato delle Orsoline di via Lanzone 53, dopo essere stata espulsa dalle scuole statali in seguito all’emanazione delle vituperanti leggi razziali. Tuttavia, in seguito ai danni cagionati dai bombardamenti, il 24 ottobre 1942, la scuola da Milano fu costretta a trasferirsi dapprima a Porlezza, dove fu ospitata – dal 1942 al 1943 – nei locali 7 dell’albergo Rezzo e successivamente, tra il 1943 e il 1945, a S. Mamete presso l’Hotel Stella d’Italia, sempre sulle rive del Lago di Lugano. Nella, però, non seguì subito le sue compagne perché allora gli spostamenti si rivelavano molto pericolosi a causa della feroce repressione antipartigiana e antiebraica sferrata dai nazisti della sezione B4 diretta dal maresciallo capo Otto Koch, attivamente impegnati nel seminare il panico tra la popolazione. «Una sera, dopo qualche mese, – rammenta suor Cesarina – raggiunse, di nascosto, le Suore e, molto spaventata, chiese ospitalità ed aiuto. Rimase per un certo periodo, insieme alle altre ragazze ospitate al Collegio organizzato nell’Hotel Stella d’Italia a S. Mamete». Poiché, nel frattempo la situazione per gli ebrei a Milano si era ulteriormente aggravata e i genitori di Nella, ben conosciuti in città, nel timore di essere acciuffati dai tedeschi, con mezzi di fortuna, in una rigida notte d’inverno, decisero di raggiugere la figlia a S. Mamete Valsolda, dove rimasero in incognito per alcuni giorni in una camera dell’albergo che Madre Chiarina Braito aveva fatto preparare per loro. «Si fermarono per pochi giorni – aggiunge suor Cesarina – necessari all’organizzazione della fuga. Era tutto molto pericoloso perché i tedeschi, che erano ad Oria, al confine, venivano spesso a fare controlli all’albergo, soprattutto di sera – perché ospitava anche qualche loro amica – e si fermavano sulla grande terrazza dell’albergo, prospiciente il lago a cantare e a bere. I tedeschi illuminavano il lago tutta la notte con potentissimi fari per controllare eventuali spostamenti sul lago». Difatti, il paese era sotto stretta 8 sorveglianza, proprio perché zona di confine con la Svizzera, per cui la faccenda cominciava a diventare davvero rischiosa al punto che, verso il Natale del ’44, Madre Chiarina Braito, insieme alle altre consorelle, decise di organizzare un ardimentoso piano di fuga. La fase operativa di questa delicata missione fu affidata a suor Ermenegilda Croce, che aveva avuto modo di allacciare rapporti idilliaci con la popolazione locale perché faceva lezione ai piccoli di S. Mamete. Così, grazie al contributo determinante di alcune persone fidate, organizzò il passaggio della frontiera elvetica, che avvenne in un’algida notte prima di Natale, con l’ausilio degli “spalloni”, inerpicandosi attraverso i sentieri montuosi circostanti. Questo audace piano, per fortuna, alla fine andò in porto tant’è che, dopo alcuni giorni, giunsero buone notizie e le suore poterono, finalmente, tirare un lungo sospiro di sollievo apprendendo che la giovane ebrea insieme ai suoi genitori erano ormai al sicuro in una località svizzera. Per suffragare ulteriormente l’opera davvero encomiabile svolta all’epoca dalle Orsoline, riportiamo la pregevole testi- monianza di Madre Serena (al secolo Agnese), Superiora Generale emerita ed ex alunna del Liceo Classico delle Orsoline di S. Carlo, figlia dell’ultimo podestà di Annone Brianza, l'ingegner Rinaldo Cabella Lattuada, all’epoca dei fatti qui narrati brillante studentessa dell’Università Cattolica ed abile staffetta fra Milano e la Brianza che, insieme al padre si adoperò per agevolare l’espatrio clandestino in Svizzera di ebrei e partigiani ferocemente braccati dai nazi-fascisti. «Mio Papà – ricorda sul filo della memoria la religiosa orsolina – (…) dopo l’8 settembre 1943 voleva dare le dimissioni perché non desiderava collaborare con fascisti ed SS. Ma il Card. Schuster gli chiese insistentemente di rimanere per cooperare alla salvezza di ebrei e perseguitati. Egli si adoperò, allora, con profondo spirito cristiano e fece della nostra casa di Annone (e anche degli uffici del Comune) un punto di accoglienza e di riferimento. Dal Card. Schuster gli fu affidato il compito, soprattutto, di favorire il passaggio in Svizzera di ebrei e ricercati. Così attraverso un passaggio a Suello Brianza accompagnammo in salvo numerosi perseguitati ebrei e non. (…) Papà procurò per molti mesi cibo e altri generi necessari ai partigiani stanziati sui monti sopra Erba. Per tutto questo Papà fu preso, messo in carcere nell'ottobre 1944 prima ad Oggiono, poi a Como per ventidue giorni. Anche io fui presa e dovetti stare tre giorni nel carcere di Oggiono». Ma grazie al tempestivo intervento dell’Arcivescovo di Milano riuscirono a salvarsi entrambi, riacquistando di nuovo la libertà. Giovanni Preziosi La missone vocazionale È nata così, quasi come esperimento: la commissione di pastorale vocazionale si è impegnata ad andare, nello scorso mese di novembre, per una settimana presso la comunità parrocchiale di Sant’Elena a Milano per incontrare i bambini e i ragazzi di tutte le fasce d’età, dai piccoli del primo anno di catechesi fino ai più grandi del gruppo giovani, durante i loro appuntamenti di catechismo. Lo scopo era quello di creare un’occasione per favorire l’incontro con Gesù e lasciarsi interpellare dalla Sua presenza in modo sempre più profondo. È stata una settimana intensa in cui ci siamo alternate e sostenute nella disponibilità di essere presenza in mezzo ai ragazzi, agli educatori e alle catechiste per rivelare che nella vita di ogni uomo c’è un “tesoro prezioso” da cercare e che si può davvero scegliere di fidarsi e affidarsi a Lui. La settimana si è conclusa con la celebrazione Eucaristica domenicale con tutta la comunità parrocchiale durante la quale suor Anna, con parole semplici e incisive, ha raccontato della sua deci- sione di consacrarsi al Signore nella nostra Congregazione. Questa esperienza ha poi avuto una continuazione nella terza domenica di quaresima, in cui gli adolescenti e i giovani hanno vissuto una giornata di ritiro in Casa Madre. Ci siamo preparate ad accoglierli, allargando l’invito alle ragazze del Pensionato universitario Paolo VI e ai giovani del gruppo-Brasile, che in questo anno si era ritrovato con scadenza mensile; all’inizio non riuscivamo a capire quanti giovani sarebbero arrivati, poi abbiamo scoperto che il coadiutore di un’altra parrocchia del decanato di San Siro aveva deciso di coinvolgere i suoi giovani in questa giornata di ritiro. È stata una domenica in cui gli adolescenti da una parte - hanno riflettuto, pregato e condiviso a partire dal testo della Samaritana e i giovani – dall’altra - hanno vissuto l'esperienza della preghiera e della condivisione accompagnati dal vangelo sulla chiamata di Pietro. La celebrazione eucaristica, presieduta da don Paolo Baruffini, coadiutore della parrocchia di Sant'Elena, ha concluso una giornata in cui abbiamo pregato in particolare per questi giovani e che ha aumentato in tutte noi la gioia di poter lavorare per il Regno di Dio là dove possiamo andare. Sicuramente è stata un'esperienza nuova e per questo ha richiesto un impegno organizzativo non indifferente; siamo riconoscenti a don Paolo che ha detto il suo sì a questa nostra proposta, preparando la comunità parrocchiale al nostro arrivo, valorizzando la nostra presenza e credendo che la nostra scelta di vita potesse provocare questi giovani nella ricerca di un senso pieno e profondo da dare alla loro esistenza. Si apre ora una riflessione rispetto agli impegni futuri e ad altre eventuali missioni da svolgere nel prossimo anno. Chiediamo a tutta la Congregazione di accompagnarci nella preghiera perché non si spenga il desiderio di “uscire di casa” ed annunciare il Vangelo in obbedienza allo Spirito. Suor Sandra, Suor Silvia, Suor Sara, Suor Claudia e Suor Anna Grazie ad un incontro ed un ritiro che le Suore Orsoline hanno preparato per noi giovani di Sant’Elena, abbiamo potuto “esplorare” il Tema “L’incontro con la Fiducia” attraverso il passaggio spirituale: «Mi Fido - Affido?»; «Mi Fido (di) - Affido (a) gli altri ?»; «Mi Fido (di) – Affido (a) Te?». Entrambi gli incontri sono stati, per me, momenti molto intensi e profondi che mi hanno permesso di riflettere sul mio modo di vivere il rapporto di Fiducia con me stessa, verso gli altri e so- prattutto con Dio. In questo modo abbiamo potuto lasciarci portare sulla “barca” con Pietro, per vedere e incontrare il Signore (“sedutosi vicino a me”) e «Conoscere - Ascoltare - Accogliere» la Sua Parola; prendere il largo con il Soffio dello Spirito Santo; 9 farci condurre sulle rive e oltre i porti sicuri, scoprendo così che, dietro «l’Umiltà - lo Stupore l’Incredulità e la Paura nel seguirlo», ci si può affidare all'obbedienza e alla promessa della Sua Parola. Esse ci possono salvare e far sperare… anche, dove noi non possiamo arrivare! Se decido di obbedire, di lasciare le mie pesantezze a terra, permetto alla Sua Grazia di esprimersi ed educare, trasformare e plasmare la mia vita, attraverso una vera e autentica relazione con il Signore. Questo mi ha portato a capire che è molto importante dare un senso alla propria vita: tenendo fissi gli occhi su di Lui, senza più guardare giù, imparando così ad avere una coscienza più profonda di noi stessi e poter vivere con gli altri un legame di condivisione e fraternità. Penso, quindi, che tutto questo “viaggia- re” ci porta nel nostro cammino di fede ad amare di più e meglio, come Lui ci ha amati! Perciò un grazie alle nostre care amiche per averci accompagnato in questo breve ma importante tratto del nostro viaggio spirituale - sulla barca - che ci conduce verso la Via, la Verità, Libertà e Vita! Maria Francesca - S. Elena Si è conclusa la terza edizione della proposta del Centro Diocesano Vocazioni denominata “A casa di Marta e Maria”. Questa iniziativa è rivolta a tutte le ragazze pre-adolescenti e adolescenti che desiderano approfondire il loro percorso di fede e aprirsi alle grandi domande di senso per la propria vita. La comunità di Betania ha spalancato le porte, una volta al mese, dal sabato pomeriggio alla domenica pomeriggio, per accogliere il gruppo delle 11 pre-adolescenti e delle 10 adolescenti insieme a tutta l'equipe composta di 9 consacrate, tre ragazze universitarie e don Alberto Colombo. I luoghi della comunità (le sale, le camere, la cappella) e gli altri spazi di Casa Madre (il refettorio, la palestra e alcune camere messe a nostra disposizione) si sono riempite dell’entusiasmo e della gioia di queste giovani, che alternavano grande serietà e impegno nei momenti di preghiera e di ascolto a intensa allegria nei momenti del gioco e dei pasti. “Sentirsi come a casa”: questo è stato lo spirito che ha animato questa iniziativa, in cui le ragazze pre-adolescenti erano impegnate in attività di laboratorio, preghiera, lettura e approfondimento del Vangelo con il “metodo della biro a quattro colori”, mentre alle ragazze più grandi erano proposti la lectio del Vangelo, la condivisione, il silenzio, la preghiera e l'incontro con dei testimoni. I momenti insieme dei pasti, del gioco serale, dell'adorazione e dell'Eucarestia diventavano per tutte loro occasione per scoprire la bellezza di cercare insieme il Signore, imparando a prendersi a cuore il proprio cammino spirituale. Tutte le consacrate hanno testimoniato, nella loro diversa ricchezza, la gioia di appartenere al Signore e si sono fatte compagne di cammino per queste giovani nella ricerca di Gesù. È stata una gioia per tutta la comunità di Betania accogliere questo gruppo di ragazze, insieme anche all'impegno di lasciarci attraversare dalla confusione tipica della loro età perché, aprendo le porte della nostra casa, abbiamo spalancato i nostri cuori, testimoniando che è bello vivere insieme una vita per il Signore. A casa di Marta e Maria La comunità di Betania 10 Liberi per credere Il Collegio Paolo VI ha scelto di celebrare i 700 anni dell’Editto di Milano allestendo nella sua sede la mostra “Liberi per credere”, organizzata dalla rivista Popoli, e invitando Mons. Claudio Giuliodori, nominato recentemente Assistente Ecclesiastico Generale della nostra Università, ad inaugurarla. La scelta della città di Milano, operata nel 313 da Costantino e Licinio, auspicandola modello nel rispetto della libertà religiosa, si rivela quanto mai attuale. Un’opportunità ma anche un impegno che nel ‘900 è divenuto quanto mai inevitabile, considerate le vicende che hanno caratterizzato il cosiddetto “secolo breve”. Il XX secolo ha visto il coesistere di numerose barbarie a danno delle diverse comunità religiose e culturali, a cominciare dai regimi totalitari, da nazioni che professano paradossalmente il loro ateismo come religione di stato, fino ai paesi nei quali le minoranze religiose non sono proprio riconosciute o, se riconosciute, non solo tutelate anzi discriminate. È in tutta questa lista di possibilità che il ‘900 si è confrontato con il mondo. Proprio di questo parla la mostra “Liberi per credere” con quel “per” che fa la differenza. L’editto di Milano premetteva e riconosceva a tutti la libertà di credere, non solo ai cristiani. Era fortemente lungimirante come decreto. La mostra si apre con due atti che hanno caratterizzato proprio il ‘900, che si pongono a fondamento del rispetto della persona umana: la dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948, a Seconda Nel mese di febbraio ho raggiunto suor Sara - che era già a Roma per un corso - ed abbiamo trascorso una serata con un gruppo di giovani universitarie, ospiti nel pensionato della nostra casa a Roma. Dopo la cena insieme, abbiamo provato a riflettere su ciò che fonda una vita cristiana ed abbiamo concluso la serata in cappella, per un tempo prolungato di adorazione, in cui ciascuna era invitata ad abbandonare al Signore tutti i pesi e lasciarsi illuminare dal suo splendore che purifica, scalda e dona vita nuova. Dopo esserci lasciate riempire dalle radiazioni d'amore del Signore, ciascuna poteva lasciare la cappella quando avrebbe voluto e diverse di loro hanno sostato in silenzio davanti a Gesù. Prima di uscire è stato dato a ciascuna un vasetto di fiori, segno della custodia del dono del Signore e insieme segno della bellezza che sono chiamate a mostrare nella loro vita. Ringraziamo tutte loro che ci hanno permesso di pregare insieme e condividere una breve ma intensa serata, e grazie a tutte le suore di Roma che ci hanno sostenuto con la loro preghiera e ci hanno accolto con gioia. Suor Anna Guerra Mondiale appena conclusa, e la Dignitatis Humanae del 1963, decreto del Concilio Vaticano II che proprio quest’anno compie i suoi 50 anni. A seguito di questi due pilastri del diritto dell’uomo, la mostra continua inquadrando diversi stati del mondo attraverso brevi riflessioni sulle problematiche a livello religioso e sul riconoscimento delle libertà individuali. Come ha detto Mons. Giuliodori, se non è garantita la libertà religiosa come lo possono essere anche le altre? A questo abbiamo ricollegato la frase di Benedetto XVI, il quale afferma che “La libertà religiosa è come una cartina tornasole per verificare il rispetto dei diritti umani”. È dunque imprescindibile garantire la libertà di professare la propria fede a ciascuno. Abbiamo chiesto a Mons. Giuliodori, nel corso del dibattito che ha concluso la presentazione, come sia possibile tutelare questa libertà religiosa per minoranze in paesi in cui il potere politico è molto forte e pretende di inter11 venire sulla religione. A questa domanda il nostro Assistente ha ribadito che la libertà religiosa è prioritaria e fondamentale in quanto relazione con il Principio Ultimo e ha inoltre aggiunto che, ora più che mai, siamo protagonisti di un’opportunità multiculturale che va sperimentata nella forma del dialogo interreligioso. Dobbiamo divenire artigiani di questo dialogo perché la religione è un concetto pluralistico. Il potere politico, oltre a rispettare le minoranze religiose e a tutelarle, non deve abbracciare una particolare religione ma neanche negarne una. Lo stato laico non si può opporre alla fede. La persona è frutto della relazione tra Dio e i fratelli ed è un dono per la comunità. Ogni cristiano è chiamato alla vita pubblica per la realizzazione del bene comune. La fede, quindi, mi caratterizza nel mio essere e non è slegata dalla partecipazione alla politica attiva, anzi la riempie riqualificandola. Elisa Bandini e Angela Barone In Università c'è di più La “bidella” del Padiglione Antonini è una signora arcigna – sgrida sempre gli studenti caciarosi con un certo compiacimento – e spesso mi intrattiene con filippiche sul malcostume dilagante… ma oggi quando mi affaccio nel locale per salutarla mi chiede con tono complice se voglio ritirare la posta. Collaboro con la Cappellania dell’Università degli Studi dell’Insubria da quasi un anno e per la prima volta c’è una lettera indirizzata a me, gemella di quella per il cappellano don Marco Casale. È il decreto di nomina da parte della Curia Arcivescovile, che ufficializza una presenza ormai consolidata. Scelgo di salire dalla scala di destra: quella di sinistra è a fianco del locale con i distributori auto12 matici, luogo strategico per gli incontri, ma dall’altra parte per raggiungere il nostro piccolo locale, pomposamente chiamato Centro Pastorale Giovanni Paolo II “il Grande”, devo passare davanti ad una fila di uffici, sulla porta di uno dei quali è appeso un simpatico augurio per il tempo pasquale. Non so chi l’abbia messo, ho un certo pudore a disturbare le persone sul posto di lavoro, ma mi piace osservarlo: mi ricorda che anche la mia presenza deve essere un segno piccolo, discreto, eppure portatore di una promessa e di una benedizione che nasce dal cuore del cristianesimo, l’evento della Pasqua. A Natale non c’era nulla su quella porta. E a Natale nessuno ha risposto alla nostra email di auguri con l’invito alla S. Messa. A Pa- squa sì; ho osato un po’, aggiungendo un semplice invito alla speranza a quelle comunicazioni, che la benevolenza dell’Istituzione ci concede di inviare a tutto il personale (docente e non) un paio di volte l’anno. Don Marco mi aveva subito chiamato, stupito: «Hai visto quante mail di risposta?... Non era mai successo!». C’è un bisogno di speranza che muove i cuori. Nel corridoio trovo già alcuni dei nostri studenti: il martedì nell’orario della pausa pranzo c’è l’incontro biblico. Io e don Marco ci alterniamo nella lettura continua di un libro della Sacra Scrittura, anche se spesso gli spunti più interessanti vengono proprio dai giovani più assidui. L’esperienza di “camminare con la Parola di Dio” è sempre feconda e quest’anno ci stiamo facendo accompagnare dal libro dell’Esodo; in esso ritroviamo i temi, gli interrogativi e le fatiche di sempre, e nel clima di fiducia reciproca che si è creato nel gruppo è possibile andare in profondità. L’attività di pastorale universitaria comprende anzitutto la cura di questo gruppo di studenti “vicini”, quelli che ricercano esplicitamente una proposta cristiana in università e senza i quali non potremmo presentarci come “comunità dei discepoli del Signore”. Questa stessa comunità celebra con semplicità e cura l’Eucarestia settimanale, aggregando un buon numero di altri studenti, docenti e personale dell’università e della ASL che condivide con l‘Ateneo gli spazi dell’ex ospedale psichiatrico di Varese. Al cuore della vecchia struttura a padiglioni c’è infatti la Chiesa dell’Addolorata, dove le persone entrano rapidamente per una visita, si fermano per affidare un tormento, si ritrovano per avviare le incombenze della giornata con le Lodi o inframezzarle con l’Angelus. Anche lì si può stare, sempre in punta di piedi, per offrire un sorriso o una parola, per raccogliere una richiesta o uno sfogo. Con un accurato calcolo dei tempi disponibili, incrociando calendari di lezioni ed esami, riusciamo anche a proporre qualche pellegrinaggio in zona e un paio di settimane di “vita comune” all’anno. Sono tempi più distesi nei quali proporre ulteriori contenuti o fare sintesi nel cammino di crescita professionale e umana alla luce della fede. Ciò che i nostri studenti (e in altre forme anche gli adulti) cercano è proprio un modo per «vivere diversamente un luogo dove “devo” stare per tante ore al giorno… con meno fatica e più gioia» e, più in profondità, un modo per «farmi restare attaccato a Gesù, fonte della vita, in ogni momento della vita stessa, della quotidianità». Il “fare gruppo” - o meglio il “fare Chiesa” - si realizza non solo nella condivisione della preghiera, ma anzitutto nello stile dei rapporti, nell’aiuto vicendevole, fino ad essere riconosciuti anche dagli altri come gruppo particolare (gli “amici di Gesù”, come li chiama qualche compagno di studi) o quantomeno come singoli che hanno la fama di brave persone. Questa stima per la vita buona del Vangelo, in un clima di apparente utilitarismo ed egoismo, è già un frutto prezioso. La grande fatica del mondo universitario soprattutto alle nostre latitudini, infatti, è la tendenza ad un atteggiamento marcatamente utilitaristico nell’esperienza accademica, per cui si frequentano lezioni e persone solo nella misura un cui serve a guadagnare una competenza spendibile sul mercato. È significativo il dato che alle ultime elezioni studentesche a Varese non solo si è presentata una sola lista, ma anche in questa non vi era un numero sufficiente di candidati! L’associazionismo langue (con la lodevole eccezione delle iniziative di volontariato legate all’ambito medico) e la crisi acuisce il divario tra i rampolli dell’élite varesina con la strada spianata e coloro che sono lì perché comunque è “l’università sotto casa”. In questo contesto la ricerca di un senso, di motivazioni per l’impegno, l’apertura ad un orizzonte più alto in cui scoprire la propria vocazione sono gli obiettivi della missionarietà di coloro che hanno sperimentato che “in università c’è di più”, come dice il nostro slogan. Io mi sento chiamata a questo: a far appassionare le persone al proprio percorso di vita e di studi, al proprio servizio o lavoro, nella consapevolezza che lì si gioca la grandezza dell’uomo chiamato da Dio, lì si realizza il Bene, si contempla il Bello, si scopre il Vero. In questo ci è guida la Parola di Dio che parla al cuore dell’uomo nel soffio dello Spirito e ci è sostegno il calore della condivisione fraterna tra… “amici di Gesù”. Suor Francesca Carla 13 La diaconia della Superiora Anche quest’anno abbiamo avuto l’opportunità, sempre molto apprezzata, di incontrarci per qualche giorno per confrontarci e per riflettere personalmente e assieme sul nostro servizio alle comunità che ci sono state affidate. Il luogo - Villa “I cancelli” - ci ha aiutate con la sua suggestiva bellezza. La presenza per un giorno e mezzo di Madre Fabiola Velasquez Maja, Domenicana della Presentazione, è stata importante: si è rivelata una donna di grande esperienza religiosa e di grande sapienza umana e spirituale. Soprattutto è stata preziosa la presenza della nostra Madre generale, sempre attenta e preoccupata di usare ogni mezzo e di non lasciar cadere nulla di ciò Il GIRASOLE che può essere utile e andare a vantaggio di ogni comunità e di ogni suora. Abbiamo preso in considerazione tutto il materiale che era stato raccolto, frutto delle risposte ai questionari inviati alle suore, e ne abbiamo fatto oggetto di attenta riflessione, a gruppi e in assemblea. Abbiamo poi ascoltato i suggerimenti di Madre Fabiola e abbiamo dialogato a lungo con lei sull’esercizio dell’autorità: grande lucidità e audacia – sono parole sue – vengono chieste alla vita religiosa in questo momento per affrontare il delicato tema dell’autorità e dell’obbedienza. Anche se non esistono ricette preconfezionate e sebbene le situazioni in cui ognuna di noi ope- ra siano diversissime, tuttavia mi sembra di poter dire che queste giornate siano state sicuramente ricche e feconde. La conclusione poi, al Battistero di S. Giovanni, è stata particolarmente suggestiva: dopo la Messa abbiamo fatto la “Redditio Symboli” con lo sguardo rivolto allo splendido mosaico del Cristo! Abbiamo pregato in modo particolare per le consorelle con cui condividiamo la vita quotidiana e per tutte le sorelle, perché il Signore ci aiuti a vivere in modo sempre più degno della nostra vocazione di “spose dell’Altissimo”. Un grazie particolare a chi ha organizzato e contribuito a rendere belle e piacevoli queste giornate! Suor Donata Il girasole ha una storia da raccontare: non pretende di crescere da solo, ma vive felice in comunione, senza competere per lo spazio o per la luce, perché il sole e gli alimenti sono sufficienti per tutti. Il girasole non è egoista né avaro: accoglie nella trama del suo viso farfalle e insetti che si nutrono della sua linfa e dei suoi doni. Il girasole non contempla la realtà dall'alto per dominarla, ma la illumina con la sua luce e la bacia con il suo sorriso. Si affida al sole per ricevere energia e vita, ma sa anche inclinarsi nella notte per accettare l'altra realtà dell'esistenza. Il girasole non si fa illusioni che i doni che possiede, i sorrisi che elargisce, la luce che offre, l'olio che produce... siano merito suo, per questo si mantiene in costante adorazione del sole che lo nutre e gli dà vita. Nel cuore di ogni girasole si eleva un canto di allegria diretto a Dio, donatore di ogni bene. 14 Permanece conosco (rimani con noi) Queste parole del Vangelo di Luca hanno accompagnato la “tre giorni” organizzata apposta per le religiose già avanti con gli anni, brasiliane e non, della Diocesi di Goiânia. Eravamo presenti in parecchie, di varie Congregazioni, e quasi la metà di noi era formata da missionarie di altri Paesi: tedesche, statunitensi, irlandesi, italiane… Il primo giorno una giovane religiosa scalabriniana, Divina, che studia psicologia, ci ha coinvolte in una simpatica conversazione sui nostri limiti, non solo fisici ma soprattutto psicologici, riassumendo un po’ tutte le nostre paure e le nostre resistenze con un incoraggiamento a riscoprire il “tesoro di sapienza che è dentro ciascuna di noi, un tesoro di cui oggi il mondo ha estremo bisogno”. In seguito abbiamo ascoltato (e commentato molto!) alcuni suggerimenti sulla corretta alimentazione di una persona che non è più tanto giovane, che si muove poco e che spesso non ha nemmeno molta voglia di mettersi a tavola. Ci siamo divertite a scegliere i tipi di alimenti di colori diversi che devono arricchire il nostro piatto, sempre tenendo conto delle abitudini alimentari della comunità in cui viviamo. Verso sera, grande sorpresa! Ha celebrato per noi Dom Antônio Ribeiro de Oliveira, ex Arcivescovo di Goiânia, caro al nostro cuore perché è stato lui ad accoglierci e a farci muovere i primi passi come missionarie nella chiesa brasiliana. Dom Antônio non dimentica un nome o un volto, chiede notizie delle altre sorelle, ha sempre una parola di speranza e di fede! Ci ha lasciate con questo consiglio: “Non dimenticate che portate con voi la gioia di aver potuto lavorare per Dio, guardando indietro con molta umiltà. Mostriamo ai giovani, con la nostra esperienza, la via da seguire e soprattutto coltiviamo la speranza!”. La seconda giornata è stata dedicata al silenzio e alla meditazione, prima con padre Flavio Marchesini, “fidei donum” italiano, poi con Padre Fabio Bento, Redento- rista brasiliano. Si sono soffermati il primo sull’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus e il secondo sull’Anno della Fede. E noi abbiamo potuto assaporare, con un gusto nuovo, un Gesù “forestiero”, che apre gli occhi a chi vuol vedere, e un papa Francesco che si presenta al mondo in semplicità per dire che abbiamo un Padre misericordioso a cui dobbiamo affidarci nella fede. Abbiamo poi ascoltato - il terzo giorno - Dom Rui, abate benedettino, di cui riporto solo una frase tanto significativa: “da giovani ascoltiamo, da anziani capiamo!” Quanto ancora ci sarebbe da dire su questi momenti bellissimi passati insieme, fra canti, battute, “ricreazioni” divertenti e rumorose, scambio di esperienze! Ci resta solo da ringraziare chi ci ha preparato tutto questo e ci ha permesso di vivere, anche se per poco tempo, la nostra vita di consacrate con la stessa gioia e lo stesso entusiasmo di sempre. Suor Emanuela 15 Padre Josimo Tavares Il giorno 10 maggio, antivigilia della Festa della mamma, le comunità cristiane hanno celebrato 27 anni del martirio di Padre Josimo Tavares. Per questo nell’Anno della Fede ricordiamo il dono della sua vita. Era il 10 maggio 1986, festa della mamma, quando Padre Josimo fu assassinato vigliaccamente mentre saliva le scale della palazzina della Diocesi in Imperatriz, nel Maranhão, dove funzionava la sede della CPT (Commissione Pastorale della Terra) regionale. Ha avuto ancora la forza di raggiungere l’ospedale a piedi. Questo è il regalo che i fazendeiros (grandi proprietari terrieri) hanno consegnato alla signora Olinda, mamma di p. Josimo. Dopo il tentativo di assassinio del 15 di aprile, quando cinque colpi furono sparati contro la sua jeep, p. Josimo, minacciato di morte, incompreso anche da colleghi sacerdoti e operatori di pastorale, fu intimato ad elaborare una relazione delle sue attività per chiarire le circostanze che portarono a tante minacce di morte. Nel suo Testamento spirituale, pronunciato durante l’Assemblea Diocesana il 27 aprile del 1986, pochi giorni prima della sua morte, diceva che la sua morte era annunciata e prescritta. Nuovi Anna e Caifa lo avevano già condannato, ma p. Josimo era sicuro perché aveva assunto il suo impegno pastorale a favore dei poveri e degli oppressi. 16 Con la forza del Vangelo, p. Josimo ha dichiarato: «Desidero che sappiate che ciò che sta accadendo non è frutto di nessuna ideologia o particolare visione teologica, e non è per me stesso. Credo che il perché di tutto si riassuma in tre punti principali: il fatto che il Signore mi ha chiamato con il dono della vocazione sacerdotale a cui ho risposto, che il Vescovo Dom Cornélio mi ha ordinato sacerdote, che la gente ed il parroco di Xambioà - allora Padre Giovanni Caprioli - mi hanno appoggiato negli studi. «Il discepolo non è maggiore del suo Maestro. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi». Devo assumere. Mi sono compromesso nella lotta per la causa dei poveri lavoratori indifesi. Se tacessi, chi li difenderà? Chi lotterà per loro? [...] La mia vita nulla vale in vista della morte di tanti padri contadini assassinati, violentati ed espulsi dalla loro terra. Hanno lasciato mogli e figli senza affetto, senza pane e casa. È ora di alzarci e di fare la differenza! Muoio per una causa giusta». Ma p. Josimo non immaginava che la morte sarebbe arrivata tanto presto. Davanti a tanta fede e alla perseveranza per il Regno, riconosciamo che p. Josimo si sentiva rafforzato dall’esperienza di Dio, lo incontrava “dentro” come ogni grande mistico. La coscienza di sapere con lucidità che il proprio sangue sarebbe stato sparso in difesa dei poveri solo poteva essere frutto di un’esperienza concreta e profonda del Dio che si fa uomo tra l’umanità. Dagli scritti, nelle poesie e annotazioni di p. Josimo si percepisce una profonda intimità con la sua opzione fondamentale: il Signore e la sua diaconia verso i più indigenti che per lui, in quella regione dove era stato inviato, erano i contadini espulsi e spogliati della propria terra dai grandi proprietari terrieri locali e da politici corrotti. Profeta di giustizia, Pastore che cammina con la gente, Sacerdote umile che cerca di offrire a Dio le offerte giuste, p. Josimo divenne un offertorio vivo per la Chiesa. rielaborazione di suor Giovanna PARTILHANDO@CONDIVIDENDO@PARTILHANDO@CONDIVIDENDO Marzo, aprile, maggio: giorno dopo giorno il quotidiano “missionario”, il ripetersi fedele dei gesti di annuncio e di testimonianza del Vangelo nella semplicità, nell’ordinarietà delle attività pastorali ed educative programmate; la perseveranza instancabile e colma di speranza di animare i laici, le comunità, i coordinatori, le catechiste, le varie équipe, le insegnanti, le famiglie, i giovani, i bambini; la fede nella condivisione e nella collaborazione, molte volte smentite e sempre credute, riproposte, rinnovate, non ricucite, ma ri-affidate alla forza e alla potenza creativa dello Spirito che abita la nostra piccola storia. La vita al CEISU è stata scandita da un significativo percorso pasquale con tutti i bambini e le insegnanti. Le Parole di Gesù Risorto: ogni classe, una per settimana fino a Pentecoste, ha proposto una parabola meditata e costruita insieme con l’insegnante. Sabato 20 aprile abbiamo potuto apprezzare la collaborazione della ONG “Amazonas Visão”. Una equipe de medici e psicologhe volontari hanno fatto visite pe- diatriche a tutti i bambini accompagnati dai genitori. Dentista con attività ludiche per la salute boccale, oculista, ottorino, logopedista, fisioterapista... non è mancato nemmeno un laboratorio clinico mobile per esami di sangue e un medico con computer per ecografia. Tutto grazie alla nostra pediatra Dott.sa Mariangela, che fa parte di questo gruppo che opera prevalentemente presso comunità che abitano in zone più isolate lungo i grandi fiumi. Poi la “Pamonhada – Polentata” realizzata dalle famiglie dei più grandi per raccogliere fondi per la loro Festa del diploma finale. E ancora il Bazar di indumenti usati “Tutto a 1R$”, dove molte famiglie hanno fatto una piccola scorta. Il resoconto di tutto comparirà in modo più dettagliato sul prossimo Aquilão. Continuano con ritmi italiani le riunioni di Consiglio via internet e posso confermare la mia serenità nel parteciparvi. Sento che il Brasile è più presente, sia con la mia persona, sia per lo spazio dato in ogni incontro che favorisce a ciascuna una conoscenza più approfondita della realtà e dei problemi della missione. Da parte mia partecipo vivamente alla realtà congregazionale di cui sono informata e resa partecipe anche in altri modi, specialmente da parte di Madre Paola. Anche per le mie esperienze precedenti e il coinvolgimento che ho sempre avuto con la nostra vita orsolina, mi sento “dentro” le cose, a volte percepisco il mio punto di vista più “distaccato” per la naturale distanza geografica e - spero oggettivo e utile. Soffro per la complessità di alcune situazioni. Madre Paola e le altre consigliere sono molto attente nei miei confronti circa la differenza degli orari, molto disponibili e flessibili a trovare sempre il meglio per il nostro “incontro”, gentilissime nel verificare se ascolto bene, se vedo tutte... La Chiesa brasiliana, magari non propriamente la nostra realtà di Aparecida, è molto animata per la realizzazione della GMG a Rio; è impegnata nella priorità di studio e pastorale verso la realtà giovanile ed ha promosso una Campagna Nazionale contro lo sterminio dei giovani; sta accompagnando con chiarezza il dibattito 17 politico sull’età di perseguibilità penale, che un disegno di legge vuole abbassare a 16 anni. Il Governo Dilma continua instancabile con il Programma “Brasil carinhoso” con l’intento di sostenere le famiglie che ancora si trovano in condizioni di estrema povertà (e sono la metà dei poveri); sta lanciando la campagna per il 2016: tutti a scuola a 4 anni! Contemporaneamente sta uscendo più allo scoperto il problema del traffico umano e in questi giorni qui a Goiânia stiamo assistendo all’arrivo di decine e decine di rifugiati provenienti dal Bangladesh, dopo la grave crisi politica del loro paese, in cerca di lavoro, di abitazione, di vita. Condividere è amare di più, un abbraccio da tutte! Suor Giovanna Evangelizzazione dei giovani a Indianopolis Nelle nostre riunioni comunitarie di marzo e aprile abbiamo approfondito e condiviso insieme il documento della Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile sulla “Evangelizzazione dei giovani”. La gioventù abita nel cuore della Chiesa e la Chiesa guarda a lei con amore mostrando Cristo Maestro – via, verità e vita. Come è vero che è necessario presentare ai giovani la fede come un incontro amorevole con Dio, aprire cammini per favorire l’annuncio della Buona Notizia, l’educazione ai valori cristiani, la formazione biblica e teologica, l’educazione alla solidarietá e alla fraternità, la promozione della dignità della loro vita sotto tutti gli aspetti! È giusto conoscere i giovani per poterli evangelizzare. Infatti non si può amare e nemmeno evangelizzare chi non si conosce. Occorre trovare sempre nuove occasioni per aiutarli a trarre il meglio di sé dal loro cuore, favorire il loro discernimento e accompagnarli nel viaggio della vita. I giovani sono sempre alla ricerca di modelli e di punti di riferimento che li possano aprire all’evangelizzazione: 18 1º modello: Gesù Cristo, presentandolo come Colui che cammina con loro, come camminava coi discepoli di Emmaus, ascoltando, dialogando, orientando; 2º modello: Maria, nella quale si scoprono tutte le caratteristiche del discepolato: l’ascolto amorevole e attento, l’adesione alla volontà del Padre, la sua attitudine profetica, la sua fedeltà fino alla croce, la sua missione evangelizzatrice. Interessanti sono stati i tre momenti che suor Irene ha realizzato con il gruppo dei giovani: una risposta e una concretizzazione di quanto abbiamo riflettuto insieme sull’evangelizzazione della gioventù e sul considerare il giovane, la giovane, come “luogo teologico” accogliendo la voce di Dio che parla attraverso lui e lei. Come ben sappiamo nel campo dell’evangelizzazione dei giovani (e non solo!) ricette pronte non ce ne sono... e soprattutto una ri- cetta che “funziona”, e produce buoni risultati in un tempo e luogo, non è detto che funzioni e dia buoni frutti in un altro momento e spazio... sarebbe troppo facile e forse toglierebbe a noi, donne e uomini appassionati della Buona Notizia, la creatività di trasmetterla in maniera diversificata e il gusto della ricerca che ci permette di approfondire ogni volta il Vangelo di Gesù e di scoprirne nuovi risvolti! Ringraziamo quindi il Signore per la fatica che continuamente ci chiede di “imparare lingue nuove”, e continuiamo invocando la presenza dello Spirito che danza intorno a noi e ci suggerisce il ritmo della musica! In questo modo, anche qui a Indianópolis, stiamo camminando con i giovani, cercando di offrire loro esperienze significative per la loro vita di gruppo e personale. Vorremmo condividere con voi tre esperienze che abbiamo vissuto recentemente con i giovani e ci sembrano rappresentative del lavoro di evangelizzazione che stiamo portando avanti con le nuove generazioni. Ultimamente abbiamo deciso, con il coordinamento del gruppo di giovani, di dedicare un incontro al mese allo “studio” della Sacra Scrittura, preparandolo in modo creativo e interattivo, sapendo che per la maggioranza degli adolescenti e giovani si tratta del primo approccio ai testi sacri. Abbiamo preparato il primo incontro con il brano dei discepoli di Emmaus, come chance di “entrare” nella vicenda del Risorto, dopo essere “entrati”, attraverso la rappresentazione solenne della Via Crucis, nella sua Passione. Dopo aver letto con attenzione il testo e cercato di comprenderlo i giovani hanno messo in scena una attualizzazione della narrazione di Emmaus, nell’intenzione di ascoltare quale Parola di Dio questo testo aveva da dire loro. L’argomento di conversazione, della tristezza, delusione e rabbia dei “discepoli di Indianópolis” era un recente fatto di cronaca (una esecuzione molto crudele contro una donna di San Paolo) che realmente in quei giorni stava facendo notizia in tutti i telegiornali. «Non ci sono santi, quell’uomo meriterebbe la pena di morte!» Gesù si accosta, cammina con loro, ascolta, partecipa alla conversazione e infine fa un gesto che risveglia nei discepoli accecati il gesto di amore e perdono del venerdì santo. Gesù sparisce e i discepoli, imitando lo stesso gesto, cambiano la direzione del cammino! Siamo certi che il Signore Gesù, amico da conoscere e modello da imitare, continuerà a camminare al nostro fianco, a rispolverare la nostra memoria e a regalarci quella Parola che ci dà vita! «Non sei dea, non sei più di Dio, ma dopo Gesù, il Signore, in questo mondo nessuno è più grande!». Così canta il grande cantautore cattolico brasiliano padre Zezinho alla nostra dolce Madre Maria. E qui a Indianópolis, “Nossa Senhora” è a tutti gli effetti amata, pregata e onorata per tutto il mese di maggio, con Messe, rosari, coronazioni, bancarelle... tutte le sere da ormai 80 anni! Perché non aprire solennemente con i giovani questo mese mariano con una bella Veglia in onore alla nostra Madre Maria, per conoscerla un po’ di più? È così che è nata l’idea e l’iniziativa di trovarci nel salone parrocchiale a passare la notte tra il 30 di aprile e il 1 di maggio “sotto il manto di Maria”! Attraverso un film sulla vita di questa grande donna, lavori di gruppo, preghiera del Rosario, musica, danza e molta amicizia si è compiuta la nostra prima Veglia Giovane, conclusa con la tradizionale Alvorada (Aurora con fuochi di artificio alle 5 del mattino e camminata per le strade della città con musiche mariane per svegliare le persone sotto la protezione di Maria) e colazione comunitaria. Nossa Senhora dei giovani ci protegga, ci accompagni, ci benedica! Sembra tempo perso, tempo “vuoto”, ma il tempo per stare semplicemente con gli amici e godersi una giornata di relax è assolutamente importante per creare legami di fraternità in un clima disteso e sereno. Così anche quest’anno abbiamo voluto commemorare il successo della presentazione della Via Crucis e l’ottavo compleanno del gruppo di giovani con una confraternizzazione nella chácara (casa in campagna) di una giovane coppia. L’idea di raggiungere la chácara a piedi (circa un’ora di cammino su strada sterrata) è stata accolta con entusiasmo dai ragazzi che, muniti di scarpe da ginnastica e ombrellini (per ripararsi dal sole forte) si sono presentati all’appuntamento più o meno puntuali ciascuno coi suoi 200 grammi di carne per fare churrasco (barbecue) e qualche bibita da condividere. Consegnato tutto a suor Sabina e Michelina, che ci precedevano in macchina, suor Irene e i giovani si sono avviati, camminando e cantando, sulle strade polverose della roça mineira (campagna di Minas Gerais). La giornata è trascorsa nella semplicità e allegria, tra canti accompagnati dalla chitarra, carne e salsiccia, giochi improvvisati, corsa al vicino fiume. Sappiamo che anche queste non sono ricette definitive, ma sono “piatti” che affinano il palato e abituano il gusto e che certamente stanno lasciando un segno nella storia dei giovani di questa “piccola Nazareth” amata da Dio! Suor Irene, Suor Michelina e Suor Sabina 19 Un incontro a tre Da qualche mese faccio volontariato pastorale all’ospedale “Sandro Pertini” e nel reparto di Medicina 3, portando l’Eucarestia, incontro anche la signora Carla, degente in questa struttura da diversi giorni. Sin dal primo incontro lei ed io abbiamo simpatizzato, per cui la sosta al suo letto è sempre un po’ più prolungata; ama leggere romanzi, si tiene aggiornata su gli avvenimenti politici e conversa volentieri raccontando con discrezione della sua vita attuale. Quello che mi meraviglia di lei è lo sguardo vivo, luminoso, intelligente e la dolcezza della sua voce; sin dai primi incontri ho percepito che Carla ha un “qualcosa” che la rende veramente particolare. Mercoledì scorso quando sono entrata nella sua camera per la consueta visita, con la voce animata e con lo sguardo più luminoso del solito mi ha detto: «Oggi vado a casa!». «Questa notizia mi fa molto piacere» rispondo, congratulandomi con lei, ma Carla come fosse contenta solo per metà manifesta il desiderio di incontrarmi ancora, ovviamente non più in ospedale, e con 20 il sua consueta serenità aggiunge: «In Africa sono stata dalle Orsoline». Sorpresa e incuriosita le domando: «Dove?» e lei, come se stesse parlando di una storia vissuta ieri, mi risponde: «a Gondar!». A questa sua risposta mi sono animata anch’io ed emozionata ho detto: «Ma siamo noi, avevamo una missione che abbiamo dovuto lasciare per la guerra!». Carla allora, tornando indietro nel tempo, inizia il suo racconto: «Ero una bimbetta di 5 anni e andavo dalla Suore Orsoline e c’era una suora… », e io come se volessi aiutarla a ricordare, ma lei ricordava benissimo, le suggerisco: «Suor Maria Enrichetta». «Si!». Carla non aveva bisogno che io aggiungessi altro perché nonostante la sua età matura, aveva in sé vivissimo il ricordo di questa suora “del tutto speciale” come la chiamava lei e mi raccontò della sua amabilità, di quel tratto tenero con cui si intratteneva con i bimbi più piccoli, di quella sua maternità cha la faceva essere presente sempre ed ovunque. Continuava a ripetere che a quel tempo aveva solo cinque anni ma questa suora non l’aveva mai dimenticata perché non solo era nei suoi ricordi, ma faceva parte della sua vita. Mentre lei raccontava sentivo che qualcuno ci stava unendo e, mentre le tenevo stretta la mano, ho detto: «Suor M. Enrichetta adesso è qui con noi, è contenta del nostro incontro perché il Cielo non ha Tempo!». Carla continuava a guardarmi come cercasse in me qualcosa di lei, di quella suora i cui tratti erano rimasti indelebili nel suo cuore. Ha voluto sapere cosa fosse successo di Suor M. Enrichetta dopo e allora le ho parlato della missione in Calabria, del suo grande cuore per tutti e di come la gente del luogo, alla sua morte, per continuare a ricordarla ha voluto erigere a sua memoria una statua a mezzo busto, per non dimenticare quell’amore grande che aveva elargito sempre a tutti. Voglia il Signore concedere ad ognuna di noi la maternità autentica, dono gratuito di amore, di tenerezza, di vicinanza per ogni creatura che Lui ci mette accanto. Suor Elena Andemm al Domm Trasferta a Milano per 200 fra studenti, genitori, religiose ed insegnanti dell’Istituto Orsoline S. Carlo di Saronno lo scorso sabato 13 aprile. In occasione dell’annuale marcia “Andemm al Domm”, infatti, gli alunni dell’Istituto si sono recati in folto gruppo nel capoluogo lombardo per partecipare all’evento dedicato alle scuole cattoliche paritarie della diocesi milanese. In questa 31° edizione della marcia, ispirata al tema “Il futuro dell’Europa? Dipende dalla libertà di educazione”, la nostra compagine ha ben figurato fra i 30.000 partecipanti e ha sostenuto a gran voce le richieste di tutte le associazioni presenti in piazza Duomo che quest’anno, per la prima volta, hanno contato anche sulla presenza di rappresentanti della scuola statale: dare davvero libertà di scelta alle famiglie, perché ognuna possa scegliere il modello culturale da far seguire ai propri figli, senza le discriminazioni a cui molti studenti sono spesso sottoposti. Insieme al Cardinale Angelo Scola, che ha guidato la preghiera in piazza, la folla ha chiesto maggiore attenzione da parte degli organi istituzionali per avere una scuola di qualità e più decisa sensibilizzazione ai problemi dei tantissimi ragazzi, soprattutto disabili e stranieri, che incontrano sempre più difficoltà ad inserirsi nel panorama dell’istruzione attuale. Al termine della marcia, partita da Corso Sempione, il gruppo saronnese ha partecipato alla festa in piazza Duomo che, condotta dalla presentatrice Lorena Bianchetti, ha avuto fra i suoi momenti più importanti la preghiera con l’Arcivescovo Scola e l’animazione proposta dalla Scuola Professionale dell’Accademia Ucraina di balletto. Laura Bernardelli Attività a Tambre L’Associazione Il Tralcio ONLUS è nata per ospitare donne detenute agli arresti domiciliari o in misura alternativa alla carcerazione, ma negli ultimi tre anni, data la crisi economica in corso e a fronte dell’aumento delle richieste di servizi di base, si è reso necessario allargare l’offerta degli interventi a diverse fisionomie di destinatari. Sono state accolte e supportate famiglie monoparentali, donne e minori vittime di violenza, donne che vivono conflitti relazionali all’interno della famiglia, donne e minori con problemi economici e abitativi. Nell’anno 2012 sono state accolte nelle strutture dell’Associazione 14 persone, ma contemporaneamente l’impegno di aiuto si aiuto e sostegno si è esteso anche al difuori dell’ambito locale ed ha raggiunto nella provincia di Belluno un gruppo di circa trenta persone, appartenenti alle componenti più deboli del nostro tessuto sociale: donne e transessuali reclusi nella Casa Circondariale di Belluno, donne sole con minori in situazioni di handicap, donne italiane e stra- niere con problematiche di depressione e famiglie con gravi criticità economiche. Il numero degli assistiti accolti nel 2012 è stato inferiore di cinque unità rispetto all’anno 2011 a causa di insufficienti risorse finanziarie, mentre nel corso dell’anno si è registrato un rilevante aumento delle persone che si rivolgono alla nostra Associazione per chiedere aiuto. Rispetto ad una presenza maggioritaria di stranieri si registra la crescente richiesta di aiuto da parte di italiani, ma è molto 21 probabile che gran parte delle povertà italiane rimangano sommerse all’interno dell’ambiente familiare. L’azione educativa svolta dalle suore e dall’équipe dei volontari, in continuità con gli interventi degli anni precedenti, si è espressa nelle seguenti attività: - accompagnamento nella gestione ordinaria della vita nelle case famiglia; - insegnamento della lingua italiana agli stranieri; - sostegno scolastico ad alcuni minori ospiti nelle strutture; - consulenze burocratiche e legali; - incontri di formazione sui temi della giustizia e della legalità richiesti da gruppi, movimenti, parrocchie; - colloqui di sostegno e animazione pastorale nella Casa Circondariale di Belluno; - partecipazione all’organizzazione del corso biennale “La storia delle donne”; - partecipazione al progetto “Esodo”; - ricerca, con il coinvolgimento degli ospiti delle nostre case famiglia, di soluzioni lavorative e abitative. L’auspicio è di poter continuare un servizio tanto prezioso per rispondere ai bisogni di tante persone e, contemporaneamente, di promuovere la cultura della solidarietà e dell’inclusione sociale. Suor Carola Como e i suoi nodi In questo tempo Pasquale in cui ci stringiamo attorno a Maria “discepola del Signore”, ci piace venerarla In tanti modi. L’invocarla come “colei che scioglie i nodi” va bene per varie situazioni, anche per quella che sta vivendo da qualche anno la “città di Como”! Mi riferisco al lungolago, una volta nostro vanto, ora delimitato da una palizzata che impedisce di vedere. Il “nodo” più grosso è un cedimento strutturale avvenuto a causa dei lavori per la messa in opera delle paratie. Un nodo, poi un altro: un vero groviglio! Sì, perché il cedimento ha provocato l’abbassamento della zona antistante il lago; ne hanno risentito la bellissima Piazza Cavour, salotto buono di Como, e gli Hotel e palazzi che vi accedono, ma anche la rete fognaria: quando piove tutto rigurgita, lago compreso! Per quanto riguarda la palizzata “oscura lago” da rimuovere, da anni è in atto un contenzioso tra la ditta dei lavori e il Comune di 22 Como e solo la stessa ditta è autorizzata alla rimozione, ma poiché non pagata - a seguito dello scontento per i lavori non eseguiti - blocca la rimozione. Due anni fa il giocatore del Milan Zambrotta, illustre Comasco, aveva provveduto a proprie spese, o meglio a spese della sua società calcistica sportiva per bambini, a far sistemare provvisoriamente una parte della passeggiata, per donare ai turisti che numerosi vengono e si imbarcano sul lago un po’di sollievo. Gioia effimera! Le istituzioni non solo non hanno mostrato gratitudine, ma si sono permesse di chiedere… per cui, l’anno successivo, lungolago chiuso! E per i prossimi mesi estivi? I cittadini, gli albergatori esausti, si sono organizzati spontaneamente impegnandosi a proprie spese per aprire la passeggiata almeno in agosto-settembre. Se fosse possibile già prima, meglio ancora! Ci vuole comunque una mano alta! C’è poi da dire che anche le stazioni di Como non danno punti in più: la stazione San Giovanni non è fornita di scale mobili, né di ascensori… e gli indicatori orari fuori uso! La stazione Nord ora sta dandosi da fare per sollevare i marciapiedi, perche salire e scendere dai treni è un problema. Servono gambe da gigante! Sarei curiosa di sapere che cosa pensano della situazione Alessandro Manzoni, il cui nome primeggia su un bellissimo battello ed Alessandro Volta, che troneggia nella sua Piazza. Lo scorso inverno il busto della statua di Volta sfoggiava delle cravatte, forse in omaggio alla tradizione comasca della seta! Che dire? L’esperienza accerta che basta cominciare e, sciolto il primo nodo, si può tentare …fino all’ultimo! Il tempo Pasquale ci invita alla speranza, alla gioia di rivedere tutto il bello che questa città ci sa offrire! La Madonna che scioglie i nodi e certamente all’opera! Suor Elisabetta e suore di Como Da leggere e da vedere (a cura di Suor Silvia) M.C. Beaton, Agatha Raisin e la quiche letale Edizioni Astoria 2011 p. 257 16.00 € Trama Agatha Raisin, cinquantenne dal carattere difficile, decide di cambiare vita: chiude la società di PR che le ha permesso di guadagnare un bel po’ di soldi, lascia Londra e si trasferisce nei Cotswolds, un'area di pittoresca bellezza nel cuore dell'Inghilterra. Carsely, il piccolo e perfetto villaggio dei suoi sogni, è sublime: gli abitanti sono stravaganti e gentili, il cottage comprato da Agatha è scomodo al punto giusto, abbondano i vestiti a fiori - tipo Laura Ashley - e la cordialità è un po’ di facciata. A Londra non si era accorta di non avere amici, ma giunta a Carsely si ritrova sola e isolata. Donna attiva e prepotente, Agatha non si accontenta di inserirsi nella nuova comunità ma vuole diventare anche popolare. Come fare? Partecipare a una gara culinaria. E se non si è in grado di cucinare? Andare a Londra e comprare un'ottima quiche. E se il giudice della gara muore mangiando la quiche? Ingiustamente accusata di aver provocato una morte e giustamente additata per aver imbrogliato, Agatha investiga... Commento "Agatha Raisin e la quiche letale" è il primo libro dedicato all'eccentrica investigatrice: una serie ironica e leggera, intelligente e sarcastica, una lettura piacevole e rilassante adatta da mettere in valigia durante le vacanze o una buona compagnia per un tranquillo pomeriggio estivo. Agatha Raisin è una donna di mezza età, single senza figli, alquanto rotondetta, capelli scuri, occhietti scuri “da orso”, abbigliamento costoso ma tipicamente inglese, un carattere molto forte e deciso. La storia è incentrata sul racconto delle giornate di Agatha alle prese con la nuova vita ed i nuovi vicini di casa, con il passaggio drastico da una vita incentrata sul lavoro in una grande città come Londra, ad una vita nella più totale libertà, ma anche nella solitudine. M.C. Beaton non è Agatha Christie, ma Agatha Raisin potrebbe essere la Miss Marple dei nostri giorni: un po’ più giovane e con una vita travagliata alle spalle, Agatha è dura, non tanto bella e anche un po’imbrogliona. Per di più mangia malissimo, beve gin, è una forza della natura, ed è molto sola! Insomma, difficile non amare una donna così imperfetta, così umana. Aggiungo anche che la scrittura è fluida e piacevole, ci sono addirittura passaggi spassosi e divertenti, quasi comici. Un giallo alla portata di tutti, senza grandi colpi di scena, che consiglio in quanto è una lettura non impegnativa, facile e veloce. A me è stata subito simpatica questa burbera e anche poco fine donna, ma ho letto che anche l’Arcivescovo di Canterbury tiene sempre sul comodino un giallo di Agatha e non spegne mai la luce prima di aver letto qualche pagina…Vi ho incuriosito? Vedrete, diventerete anche voi sue fan e, come me, aspetterete con impazienza la sua prossima avventura! 23 B. Constantine, E poi, Paulette… Einaudi Stile libero big 2012 p.227 17.00 € Trama Ferdinand è un signore sui settanta che vive tutto solo nella sua enorme cascina in campagna. Figli e nipoti hanno troppi impegni... A lui resta il cane, un bicchierino ogni tanto, e un sacco di tempo libero. Un giorno Ferdinand, facendo visita alla vicina, scopre che il suo tetto è stato devastato da un nubifragio. Non ci dorme tutta la notte. Ma il mattino successivo si fa coraggio e invita Madame Marceline a trasferirsi da lui. Lei e tutti i suoi animali, ben inteso. A poco a poco la fattoria si riempie di fermento, agitazione, nuova vita. Perché dopo Marceline arrivano anche un amico di infanzia di Ferdinand rimasto vedovo di recente, due vecchine un po' smemorate, uno studente di Agraria che rimette in sesto l'orto, e alla fine anche Paulette... Commento Un libro con la copertina viola non passa certo inosservato… la simpatica immagine di quattro anziani seduti insieme su una panchina fa il resto, ed ecco un altro gradevole romanzo, breve e di facile lettura, a tratti anche divertente ed esilarante, che potrà allietare i nostri pomeriggi estivi! Questo libro, che ha avuto un grandissimo successo in Francia, affronta con leggerezza un tema poco amato nella nostra società: quello della vecchiaia. Ferdinand (il protagonista del romanzo) è abbastanza burbero, sopporta poco la nuora, adora i nipoti che vede raramente e preferisce la compagnia dei suoi animali a quella del figlio Roland. Nonostante tutto, suscita subito una gran tenerezza e simpatia, soprattutto da quando decide, in modo così naturale da apparire strano in un tempo di sfiducia ed egoismo come il nostro, di accogliere Marceline, anziana vicina di casa, che non può più occupare la sua abitazione a causa di un problema irreparabile al tetto che le fa piovere dentro. E dopo di lei, tutti gli altri. Mette allegria leggere (e vedere) tutta quella gente in quella grande casa, indaffarata e serena; fa pensare alla vecchiaia come ad un periodo luminoso, felice e soprattutto pieno di amici e di affetto. Senza fare ricorso a trattati filosofici e senza tanti giri di parole ma attraverso una storia di vita quotidiana, la Constantine ci dice che la generosità è l’unico antidoto alla solitudine e alla depressione, che il cinismo è improduttivo e deleterio per sé e per gli altri. Tanto vale vivere la vita per quella che è e riscoprire il valore del vivere in armonia e in serenità con il prossimo. Non potrà che giovare a noi e agli altri! Buona lettura!