“Le tasse che fanno bene” Luigi Zingales, L`Espresso 17 December
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“Le tasse che fanno bene” Luigi Zingales, L`Espresso 17 December
“Le tasse che fanno bene” Luigi Zingales, L’Espresso 17 December 2009 UNA NUOVA IMPOSTA SULL’INQUINAMENTO SAREBBE UTILE. MA LE LOBBY SI OPPONGONO La crisi ha aperto una voragine nei conti pubblici dei principali paesi industrializzati. Quest'anno il deficit stimato degli Stati Uniti è pari all'11 per cento del prodotto interno lordo, quello dell'Inghilterra al 12,1 per cento, quello dell'Italia al 5,3 per cento. Storicamente l'assorbimento del deficit e la riduzione del debito è avvenuta principalmente tramite la crescita economica, ottenuta grazie ad un aumento della popolazione attiva e un aumento della produttività per addetto. Nei principali paesi industrializzati la crescita della popolazione attiva rischia di diventare negativa, e quindi di aggravare il problema. E la ripresa all'orizzonte non sembra foriera di forte crescita di produttività, tanto che le proiezioni attuali non intravedono miglioramenti dei deficit a tutto il 2011. Un rialzo dei tassi può solo peggiorare la situazione. Allora come ripianare questi deficit? L'unica risposta è tramite una riduzione delle spese accompagnata da un aumento delle entrate. Ma molte spese, come quelle pensionistiche e sanitarie, sono difficilmente comprimibili con una popolazione che invecchia progressivamente. Una riduzione della spesa in istruzione avrebbe un effetto controproducente sulla crescita. Quindi un aumento delle entrate dovrà, purtroppo, giocare un ruolo chiave. Ma di quali imposte parliamo? Quella sul reddito è già molto elevata e un ulteriore aumento rischia di ridurre le entrate invece che aumentarle, perché disincentiva a lavorare e incentiva i più ricchi ad emigrare nei paradisi fiscali. Le imposte sui consumi, almeno in Europa, sono altrettanto elevate ed un loro aumento oltre che essere regressivo (cioè colpire di più la fetta meno abbiente della popolazione) avrebbe effetti negativi sulla ripresa. Ma allora che cosa possiamo tassare? La risposta ci viene da un economista inglese contemporaneo di Keynes: Arthur Pigou. Il quale vedeva nelle tasse un modo per correggere le distorsioni del mercato. Una centrale elettrica decide il livello di produzione e il prezzo dell'energia sulla base dei costi che deve affrontare per produrla. Tra questi costi non rientra l'inquinamento atmosferico. Di conseguenza la società elettrica spende troppo poco in misure anti-inquinamento e fa pagare l'energia troppo poco rispetto al costo sociale di produzione. Per risolvere il problema basta una tassa che costringa il produttore a tener conto (in gergo si dice a internalizzare) del costo prodotto dall'inquinamento. Le idee di Pigou vennero perfezionate negli anni '60 da un altro economista inglese trapiantato in America: Ronald Coase, secondo cui il problema dell'inquinamento non nasceva da un fallimento del mercato, ma da una cattiva definizione dei diritti di proprietà. La proprietà dell'aria pulita non è assegnata a nessuno e, al pari di tutti gli altri beni che non appartengono a nessuno, viene usata male. Furono le sue idee che diedero vita ai 'permessi a inquinare' che oggi vengono usati in molti paesi per ridurre le emissioni di CO2. Una volta stabilito il tetto di inquinamento, lo Stato vende i diritti a inquinare al migliore offerente. Così facendo si catturano due piccioni con una fava: si raccolgono entrate per l'erario pubblico e si forza i produttori di energia a ridurre l'inquinamento. La stessa soluzione si può applicare in molti altri campi: alle sigarette, che impongono costi sanitari alla società, al consumo di grassi insaturi o di bevande zuccherate, che hanno simili conseguenze e via dicendo. La soluzione sembra così semplice che viene naturale domandarsi perché la scopriamo solo ora. La verità è altrettanto semplice: queste tasse incontrano una fortissima resistenza politica perché vanno a colpire gruppi politicamente forti. È molto più facile tassare un po' tutti i contribuenti che imporre una tassa elevata a un numero limitato di produttori, che farà di tutto per opporsi. I diritti a inquinare sono stati creati solo perché questi diritti sono stati regalati agli attuali produttori, invece che essere venduti all'asta. Perché allora sperare che le cose cambino? Innanzitutto, per mancanza di alternative. Quando le imposte sul reddito erano più basse era relativamente più semplice aumentare le aliquote. Oggi il rischio di una reazione negativa è talmente elevato da scoraggiare chiunque. In secondo luogo, per il potere raggiunto da Internet che ha aumentato la consapevolezza degli elettori e ridotto il potere delle lobby. Dopo tante imposte malvagie, è giunto il momento delle tasse che fanno del bene.