da Casa Madre - Missionari della Consolata

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da Casa Madre - Missionari della Consolata
da Casa Madre
Anno 93 - N.1 - 2013
Istituto Missioni Consolata
Perstiterunt in Amore Fraternitatis
Mezzanotte, l’anno che muore
ci saluta, mesto sen va,
sorge l’alba, spera ogni cuore
che il nuovo anno lieto sarà.
Buon anno a chi è felice nella vita,
buon anno alla spigliata gioventù,
che ogni primavera è rifiorita,
buon anno a chi vent’anni non ha più.
A chi, sognando, insegue una chimera,
a chi nel cuor non ha speranza alcuna,
la vita è bella per chi vive e spera,
buon anno, buona fortuna!
Che l’aurora splenda divina
col sorriso del sole d’or,
che ogni rosa sia senza spina
e nei sogni regni l’amor.
Buon anno a tutti!
Buon anno al bimbo che non ha nessuno,
dal ciel sorride già “Madonna Luna”
la vita è bella per chi vive e spera,
buon anno, buona fortuna!
Buon anno al mondo inter,
buona fortuna!
(B. Cherubini - C. A. Bixio - 1957)
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Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolore
Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto,
ridi del dolor che t’avvelena il cor!
(Ruggero Leoncavallo, I Pagliacci)
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EDITORIALE
LA SERA E’ GIA VENUTA, L’ORA E’ TARDI:
PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA (MC 4,35)
P. Giuseppe Ronco, IMC
Nel fluire del tempo c’ è sempre un’occasione
propizia per dare inizio a un’esistenza protesa
verso il nuovo, lasciando alle spalle ciò che
ha ingombrato la nostra esistenza nel recente
passato. Un anno nuovo sta iniziando.
Abbiamo conosciuto la notte, le sue ombre,
i suoi dubbi e le oscurità. Ci siamo trovati
infedeli e anemici nel rapporto col Signore e
tiepidi nell’amore per i fratelli.
Dimentichi di guardare il sole e di assaporare
la bellezza del creato, ci siamo attardati a
raccogliere fiori senza profumo e senza colori
lungo i bordi di strade insicure. E lì ci ha
sorpreso la notte.
Nell’ora ormai tarda è apparsa la tenebra buia
gelida e senza stelle, rubando dal nostro cuore
ogni speranza e offuscando il chiaro senso
della vita. La notte, nel suo valore simbolico, è
sempre tempo di prova.
L’invito di Gesù è perentorio: “Transeamus
contra”, “Dielthomen eis to péran” (passiamo
all’0pposto)!
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“Viva sarà la mia vita tutta piena di Te”
Così cantava Agostino nelle Confessioni (10,28).
“Se Cristo dorme in te è solo perché ti sei
dimenticato di lui. Sveglia dunque il Cristo!
Ricordati di Cristo! E che Cristo vigili su di te”
(Discorsi).
Si guarda sempre con gioia l’inizio di un viaggio
verso il nuovo, verso il diverso da ciò che viviamo.
non essere affatto migliori dei fratelli, bisognosi
anche noi di tanto perdono e di misericordia.
Per tutti la santità si fa proposta di vita liberante.
A volte, lo zero a cui siamo stati ridotti può
diventare il punto di partenza di un meraviglioso
cammino. “Dai diamanti non nasce niente, dal
letame nascono i fior!”.
Per Francesco Alberoni (Innamoramento e amore,
1979) è come la luce dell’innamoramento che
dà origine in noi a uno stato nascente mai visto
prima, dove la visione dai vasti orizzonti rende
capaci di interpretare avvenimenti e persone in
luce nuova.
Non bisogna mai dimenticare che “Dio ci ama
sempre, così come siamo” (H. Nouwen) e che
suo Figlio Gesù sa ritrovare nella spazzatura la
dracma perduta, coniata con la sua immagine.
Le nostre debolezze possono costituire una via
sicura per entrare in contatto con la Divina
Misericordia.
Subito però ci accorgiamo che la strada da
percorrere è accidentata, sul mare c’è tempesta,
e la fatica del remare per restare a galla deve
raddoppiare.
Quando abbiamo la sensazione di essere
perduti, perché caduti veramente in basso,
possiamo sperimentare che la discesa operata nel
male diventa analogia per il cammino spirituale.
Proprio nel momento del bisogno Gesù dorme.
Infatti, “Il cammino dell’anima è una discesa”
(Divo Barsotti). Scendere per salire: sta qui tutto
il paradosso evangelico del percorso spirituale
cristiano, a imitazione di Gesù, che “Per tutta
la vita non ha fatto che scendere: scendere
incarnandosi, scendere facendosi bambino,
scendere per obbedienza, scendere facendosi
povero, abbandonato, perseguitato, torturato,
scendere mettendosi all’ultimo posto” (Charles
de Foucauld).
Si fa l’esperienza della sua assenza, del suo
mettersi da parte, sviluppando la grande paura
di essere scaraventati in mare, dove mostri
marini e Leviathan potrebbero inghiottirci. La
logica della paura prevale sulla fede ed emerge
con evidenza l’incredulità: “Non ti importa se
moriamo?”. Egoisticamente pensiamo prima di
tutto a noi stessi, dimenticando che Cristo è li
accanto a noi.
La traversata non si rivela facile, diventare santi
nemmeno.
Ci pesa il compito di progettare in solitudine
l’architettura della nostra conformazione a
Cristo, l’agere contra noi stessi, impastati di
egoismo.
Ci costa ammettere la nostra fragilità, l’accettare
sofferenze che sembrano assurde, malattie
improvvise, delusioni negli affetti e via dicendo.
Il cammino dell’Esodo non è affatto riposante e
si scopre che, paradossalmente, le vie tradizionali
dell’ascesi fanno percepire ancor più profondo
l’abisso della nostra povertà. L’ascesi cristiana
diviene così il luogo della propria disfatta - come
ha ben sottolineato l’abate trappista André Louf
- in cui ti si frantuma il cuore. Ci si rende conto di
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I gentili ci attendono sull’altra sponda
Tutto lo sforzo della traversata e della santità è
teso all’incontro di coloro che stanno sull’altra
riva: gli abitanti di Gerasa e della Decapoli,
l’indemoniato posseduto da Legione. “Noi
siamo per i pagani” (G. Allamano).
Il paganesimo oggi ha tante forme e si manifesta
in modi diversi. La riflessione sull’allargamento
del concetto di ad gentes, non ridotto al solo
contesto geografico, diventa molto importante,
irrinunciabile, ed esige dal missionario una
presa di coscienza nuova. E’ l’uomo che non
conosce e non vive di Cristo, oppure colui che
lo ha dimenticato, lo scopo unico della nostra
missione.
Sappiamo da sempre che colui che conduce la
missione è lo Spirito Santo: solo se saremo in
sintonia con lui sapremo discernere veramente
la missione nuova, l’ad gentes per l’oggi.
Stephen Bevans nel convegno Ad gentes, tenutosi
a Pesaro nel settembre scorso, ricordava:
“Liturgia, preghiera e contemplazione
non veng ono considerate immediatamente
elementi della missione. Se ne riconosce
certamente l’importanza, ma sono viste più
come azioni per il bene della Chiesa che come
azioni della Chiesa verso l’esterno. Tuttavia,
da parecchi anni il pensiero missionologico
le vede come contributi preziosi all’azione
missionaria in quanto tale, e la riflessione
su questi temi costituisce l’avanguardia del
pensiero missionologico. Liturgia, preghiera
e contemplazione sono atti missionari, modi
per unirsi all’opera dello Spirito”.
Occorre quindi santità di vita per essere in
sintonia con le scelte dello Spirito riguardo alla
missione (cf RM 90) e poter così attraversare
il lago senza affondare e giungere alla riva
opposta.
Sulla base di questa convinzione, ci è
permesso stabilire un’equivalenza fra “santità
e missione”, e “missione e santità”. La santità
vera si apre necessariamente e sfocia nella
missione e quando la missione è vissuta in
pienezza, porta necessariamente alla santità. 6
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Vi è, infatti, una piena coincidenza fra le
esigenze della missione ad gentes, i requisiti e i
segni della santità, a tal punto che chi risponde
alle esigenze della missione raggiunge senz’altro
la santità, senza nulla aggiungervi. La santità del missionario si costruisce nel
costante dono di sé, nel lasciare il conosciuto
per l’ignoto, nell’amore e nel servizio concreto
ai fratelli, nel mettere a totale disposizione delle
genti quello che è e quello che ha. Consiste
nell’imparare le lingue e nel conoscere le culture
dei popoli, nel lavorare con loro in spirito di
interculturalità, per crescere insieme.
Si tratta di vivere il mistero dell’incarnazione.
Per il missionario, Gesù è il modello che si trova
ritratto in maniera sublime in Filippesi 2. Da qui
emerge il senso profondo dello svuotamento,
dell’umiliazione, del servizio di Gesù Cristo,
come ciò che egli ha fatto per amore.
Solo chi prende posizione in favore dell’altro,
ama.
La santità di Gesù è la sua ospitalità per tutti,
senza condizioni.
L’ombra della luce
Difendimi dalle forze contrarie,
la notte, nel sonno, quando non sono
cosciente,
quando il mio percorso, si fa incerto,
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Riportami nelle zone più alte
in uno dei tuoi regni di quiete:
E’ tempo di lasciare questo ciclo di vite.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Perché, le gioie del più profondo affetto
o dei più lievi aneliti del cuore
sono solo l’ombra della luce,
Ricordami, come sono infelice
lontano dalle tue leggi;
come non sprecare il tempo che mi rimane.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai!
Perché, la pace che ho sentito in certi
monasteri,
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa,
sono solo l’ombra della luce (Franco Battiato).
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ANNO DELLA FEDE
GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA FEDE
Sr. Krystyna Jaciow, MC
Quando mi fecero la proposta di offrire una
riflessione in occasione della festa del beato
Giuseppe Allamano, avevo in mano la lettera
di Benedetto XVI: «La “porta delle fede”» con
la quale il Papa indice un Anno della fede. Esso
avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario
dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano
II e del 20° anniversario della promulgazione
del Catechismo della Chiesa Cattolica. Il titolo
di questo documento ha illuminata la scelta
dell’argomento per questa commemorazione:
«Giuseppe Allamano – uomo della fede». In
occasione della sua beatificazione la nostra
sorella, suor Gian Paola Mina, mc, aveva
composto il 1 testo del canto: «Nati dal tuo
ceppo» che inizia con le parole: «Allamano,
gigante di fede».
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C’è la convinzione che l’Allamano fu veramente
«uomo della fede». La lettera del Papa contiene
il titolo e quindici punti. Nel titolo il Papa ha
inserito la citazione biblica degli Atti degli
Apostoli, capitolo 14, versetto 27: «Appena
arrivati, riunirono la comunità e riferirono
tutto quello che Dio aveva compiuto per
mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la
porta della fede». Sappiamo che questo libro
della Sacra Scrittura collega la storia dell’inizio
della Chiesa con la missione di Gesù. Dopo la
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risurrezione di Gesù il gruppetto dei discepoli
riuniti con Maria, sua Madre, nella stanza
superiore del cenacolo ricevono lo Spirito
Santo nel giorno di Pentecoste e, sospinti da
Lui, escono per continuare la missione di Gesù
sulle vie veramente sfidanti e sorprendenti.
San Luca racconta negli Atti degli Apostoli la
storia della missione compiuta principalmente
dagli apostoli Pietro, Paolo e Barnaba. Nel
capitolo quattordicesimo dice che Paolo e
Barnaba appena arrivati ad Antiochia - città
dove «per la prima volta i discepoli furono
chiamati cristiani» (At 11,26) - dopo una faticosa
e fruttuosa missione di evangelizzazione tra
i gentili, raccontarono alla comunità cristiana
le meraviglie che il Signore aveva compiuto in
mezzo alle genti che non conoscevano ancora il
Risorto e come aveva loro aperta «la porta della
fede» (At 14,27).
Questa citazione che il Papa ha voluto mettere
nel titolo della sua lettera, ci introduce alla
nostra riflessione sulla vita di fede del beato
Giuseppe Allamano. Giuseppe Allamano, uomo
della fede, fu attento ai richiami dello Spirito.
Lo stesso Spirito che nel giorno di Pentecoste
aveva donato agli Apostoli il dono del coraggio
per la Missione e li ha sospinti fuori, verso la
missione, dona anche all’Allamano un dono
particolare: il carisma di fondatore di due Istituti
missionari della Consolata perché per mezzo di
loro Dio aprisse «la porta della fede» alle genti.
L’Allamano appartiene quindi a quei discepoli
del Risorto che «per fede» (cf. Eb 11) lasciarono
i progetti personali per realizzare il suo. La
Lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede
degli antenati nel cap. 11 ripete continuamente
questa motivazione: «per fede». All’inizio di
questo capitolo nel v. 1 c’è la definizione della
fede: «La fede è fondamento di ciò che si spera
e prova di ciò che non si vede». Questa fede
diventa «obbedienza», come quella di Abramo:
«Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì
partendo per un luogo che doveva ricevere in
eredità, e partì senza sapere dove andava» (Eb
11,8). Così la fede di Abramo è essenzialmente
«obbedienza per fede» a Dio e al suo piano di
salvezza.
poi... Mi basterebbe star lì tranquillo, Rettore
della Consolata, eppure...»1. «Avrei avuto tanto
desiderio di occuparmi della S. Scrittura, ma
ora non ho più tempo. Certo, senza il pensiero
dell’Istituto avrei potuto fare il canonico signore
e starmene tranquillo... ciò era gustoso!»2.
Eppure l’Allamano si è scomodato, «per fede»,
quella fede che dominò tutta la sua persona.
«Per fede» Giuseppe Allamano accolse il
carisma di fondatore e lo ha messo al servizio
della Chiesa. E ancora «per fede» ha trasmesso
il suo carisma ai giovani sacerdoti, ai ragazzi e
alle ragazze particolarmente sensibili al «tocco»
dello Spirito e generosi per rispondere alla
chiamata di consacrarsi a Dio per la Missione.
Li ha formati secondo il suo spirito, li ha inviati
in missione per «annunziare la gloria di Dio alle
nazioni»3. Attraverso il ministero dei missionari
e delle missionarie 2 «la porta della fede» viene
aperta alle genti che mai hanno udito la parola
di salvezza e di consolazione.
La fede del nostro beato Allamano si manifestò
anche nel costante atteggiamento di «obbedienza
per fede». Egli sentì fortemente l’urgenza di
portare la salvezza a tutte le genti, di aprire «la
porta della fede» a quelli che non conoscono
ancora il Cristo, il Salvatore. Per realizzare
tale progetto, l’Allamano avrebbe voluto
impegnarsi in prima persona: farsi missionario.
Conosciamo bene i motivi per cui egli non ha
potuto realizzare questo suo desiderio. Avrebbe
potuto dedicarsi ad altre attività, come disse un
giorno alla suore missionarie: «Potrei starmene
tranquillo: andrei fino in coro, poi me ne andrei
a pranzo..., poi leggerei un po’ la Gazzetta...,
e poi mi metterei a dormire un poco..., e poi,
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OPERE DEDICATE ALL’ALLAMANO
“OPERE” DEDICATE ALL’ALLAMANO
P. Francesco Pavese, IMC
Che cosa significa questo titolo. Il titolo
della rubrica di quest’anno sul Fondatore
va spiegato. Anzitutto che cosa si intende
per “opere”. Con questo termine al plurale
sono indicate una serie di realizzazioni di
carattere religioso o sociale messe “in opera”
dall’Istituto o da altre persone, specialmente
dopo la beatificazione dell’Allamano, cioè
dal 1990 ad oggi. Non solo, ma anche altre
iniziative o attività varie che, senza di lui,
non si sarebbero compiute, prima o dopo la
beatificazione.
Poi c’è la specificazione “dedicate
all’Allamano”. Con essa si intende affermare
che le opere delle quali si parlerà non solo
assumono il nome dell’Allamano come
qualificante, ma sono sorte quale frutto del
suo spirito o anche in suo ricordo. Se poi si
tratta di opere dedicate al culto, come chiese
o cappelle, allora il termine “dedicate” ha un
significato ancora più profondo, cioè afferma
che sono opere consacrate a Dio a gloria del
nostro Padre e in sua perenne memoria.
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Non è facile indicare il numero esatto di
queste opere, perché non di tutte si ha
notizia. Molte sono già state presentate
sulle nostre riviste o attraverso altri mezzi di
comunicazione. Diverse, però, sono rimaste
nell’ombra. Altre, ancora, sono sorte e poi
sono scomparse. Tutte, comunque, sono
segno della stima e dell’affezione nostra e
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della gente per il Fondatore. Meritano, quindi,
di essere prese in considerazione.
All’ingrosso, ecco di quali opere si tratta:
chiese o cappelle; centri di promozione
umana, o sociale, o pastorale; scuole, collegi
o luoghi dedicati all’educazione; centri per
curare la salute; attività letterarie o artistiche;
e altre di carattere vario. Nei territori dove ci
sono i missionari e le missionarie sono state
realizzate molte opere di questo tipo. Qui sono
recensite solo quelle dedicate al Fondatore.
A questo punto diventa logico rivolgerci una
domanda: perché queste opere sono state
dedicate all’Allamano? Sicuramente la prima
ragione sta nel rapporto di stima e affetto tra
il Padre e i figli e le figlie. È innato il desiderio
di avere un segno visibile e tangibile che ce lo
ricordi. Credo, però, che ci sia di più. Quando
era su questa terra e aiutava i missionari a
formulare e iniziare un metodo di azione
missionaria corrispondente al suo spirito, il
Fondatore ha dato impulso a molte di queste
opere, sia pure in modo incipiente; le ha
approvate e si è compiaciuto dell’impegno con
il quale i suoi figli e figlie le hanno compiute. Il
volere essere coerenti a questo inizio è anche
una ragione per affidare all’intercessione del
Fondatore, ora “Beato”, tante realizzazioni dei
missionari. Ecco perché è bello che portino il
suo nome!
C’è ancora un altra ragione, anche se meno
importante, ed è questa: moltiplicare le
opere dedicate all’Allamano, o che parlino di
lui, significa allargare presso la gente la sua
conoscenza. Forse molti, vedendo una di
queste opere e apprezzandone la validità, si
domandano: chi è questo Beato Allamano?
Un valido principio delle origini. Che il
Fondatore avesse le idee chiare sulle opere
da svolgere in missione non c’è dubbio,
anche se ancora in modo iniziale, in forma
piuttosto vaga e lontana dal prevedere quanto
esse si sarebbero modificate e sviluppate in
futuro. C’è, però, un principio che l’Allamano,
assieme ai suoi missionari, ha sempre
sostenuto con tenacia e che si dimostra valido
pure oggi. Lo riprendo dal suo manoscritto
per la conferenza del 7 dicembre 1913.
In quelle domeniche stava spiegando le
Costituzioni approvate dalla Santa Sede nel
1909 e, quel giorno, era giunto a trattare del
“Fine secondario e speciale” (allora era così
espresso: “l’evangelizzazione degli infedeli”),
che noi preferiamo definire “specifico” o
“proprio”. Ecco le sue parole: «Applicando
a noi le predette regole, l’evangelizzazione
può e deve abbracciare tutte le opere e
usare tutti i mezzi che sono necessari ed
utili a questo fine secondo le circostanze dei
luoghi e dei tempi, ed approvati dalla Santa
Sede. Abbiamo avuto speciali approvazioni
per la fattoria e segheria, per le scuole e
visite a domicilio, per le cure mediche, per
l’orfanotrofio e Collegio, ecc».1
Come si vede, l’orizzonte di azione tracciato
dal Fondatore era aperto e molto ampio.
Si può dire che spaziava a 360 gradi, cioè
non escludeva nessuna opera che aiutasse la
gente, senza però compromettere l’annuncio
e l’attività propriamente pastorale. Era
convinto che gli uomini, come si esprimeva:
«Ameranno una religione che oltre [offrire] le
promesse dell’altra vita, li rende più felici su
questa terra».2 Proprio per questo ha avuto
non poche difficoltà e critiche, specialmente
tra il clero torinese. Lo ha ammesso lui stesso
scrivendo ai missionari del Kenya il 2 ottobre
1910: «In passato alcuni si permisero di
criticare il nostro metodo di evangelizzazione,
quasi ci occupassimo troppo del materiale
con pregiudizio del bene spirituale; si diceva
che bisognava predicare e battezzare e non
occuparsi d’altro. Ma dopo la pubblicazione
del decreto di approvazione [della Santa
Sede] e le conferenze di monsignore [Filippo
Perlo] mutarono parere, e molti di buona
fede lo confessarono».3
Alla fine di questo discorso si nota una
vena di compiacimento, come pure il
riconoscimento di una garanzia superiore.
Ecco perché il Fondatore e i suoi missionari
non hanno ceduto alle critiche. Erano
convinti della bontà del loro metodo, tanto
più dopo la conferma di Roma.
Ora, se con il Fondatore vivo queste “opere”
1
2
3
Conf. IMC, I, 622-623.
Lettere, V, 410.
Lettere, V, 410.
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che erano già chiaramente inserite nel
programma di azione dei Missionari della
Consolata e dai lui raccomandate e approvate,
sembra più che logico che, oggi, le stesse
opere, molto più sviluppate, siano affidate
alla sua protezione. Se c’è un auspicio da
fare è che ancora molte altre, in futuro, siano
dedicate all’Allamano, perché il suo spirito e
la sua protezione sono garanzia di autenticità
e di riuscita.
Nei mesi prossimi presenterò diverse di
queste opere, non certo tutte, perché è
impossibile. Anzi, prendo l’occasione per
ricordare che nel Sito del Fondatore (www.
giuseppeallamano.consolata.org) ci sono due
sessioni, inserite nella sbarra orizzontale,
intitolate rispettivamente: “chiese”, “opere”.
Basta consultarle per farsi un’idea più
completa. Tuttavia, se qualcuno conoscesse
chiese, o cappelle, o opere dedicate
all’Allamano che non sono ancora recensite
potrebbe utilmente segnalarle all’ufficio
della Postulazione Generale, a Roma, che si
impegna di tenere aggiornato il Sito.
Un’opera per conto suo. Come conclusione
faccio un cenno ad un’opera che esula dalle
categorie di quelle che presenterò, perché è
unica, ma che esprime tutto il nostro amore
per il Fondatore. Mi riferisco all’iniziativa
di mettere un quadro dell’Allamano nel
santuario della Consolata. Se c’è un posto
dove la sua figura si trova bene è proprio
quel santuario. L’accordo iniziale è stato
tra il nostro superiore generale emerito p.
Achilleo Fiorentini e il rettore del santuario
mons. Marino Basso. Non è stato semplice
giungere alla conclusione, perché si trattava
di rispettare i vincoli imposti dalle Belle Arti.
Comunque, con soddisfazione di tutti la
conclusione è stata positiva. E ciò che più
ha colpito è stata la decisione spontanea e
condivisa di collocare il quadro nella cappella
dedicata al Cafasso. Non c’era posto migliore:
zio e nipote vicini!
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Il quadro del Fondatore è stato posto in loco
e benedetto dal rettore del santuario durante
la celebrazione del 9 ottobre 2010 per il
20° anniversario della beatificazione, con la
partecipazione di molta gente.
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Riporto alcune parole dell’omelia pronunciata
da mons. Marino Basso: «In questa Liturgia
facciamo memoria della beatificazione del
canonico Giuseppe Allamano, rettore di
questo santuario per ben 46 anni, dal 1880 al
1926. Un grande rettore, che diede il timbro,
l’accordatura a questo tempio mariano,
facendo sì che diventasse il santuario della
diocesi. […]. La santità ha portato l’Allamano
ad aprire gli occhi sulla diocesi e sul mondo
con la stessa ampiezza della Madre di Dio,
la Consolata, di cui si fregiava di essere
segretario. Questo sguardo di Maria l’ha
portato lontano… fino a svilupparsi e
maturare concretamente in lui la passione
perché l’annuncio di Gesù Cristo morto e
risorto giungesse anche nelle terre lontane,
dove non era ancora arrivato. Ed è per questo
che, dopo tante traversie, fondò i Missionari
e poi, dopo 10 anni, le Missionarie della
Consolata. Vogliamo ringraziare il Signore
perché attraverso questo rettore ha fatto del
santuario della Consolata un grande fulcro di
evangelizzazione del mondo».
Da quel giorno i Missionari e le Missionarie
della Consolata, entrando nel santuario,
dopo l’omaggio al SS. Sacramento, hanno la
possibilità di contemplare i volti a loro più
cari: quello delicato della Consolata, quello
familiare del Cafasso e quello del loro caro
Padre.
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IL COLOSSEO DI OSSERNENON
SHRINE OF THE NORTH AMERICA MARTYRS
CENNI DI STORIA E DI CULTURA HURONE
P. Giuseppe Ronco, IMC
Con il Trattato di Saint Germain en Laye del
29 marzo 1632 l’Inghilterra restituiva alla
Francia il territorio del Canada. La Nouvelle
France si consolidava.
ambita dai mercanti per le grandi quantità
di pellicce, specialmente di castoro, molto
ricercata nel Vecchio Mondo.
La Nouvelle France
I primi tentativi di insediamento europeo
fallirono.
Già nel 1534, Jacques Cartier aveva piantato
una croce nella penisola di Gaspé e occupato
il territorio in nome del Re Francesco I.
Nasceva la provincia della Nouvelle France,
Nel 1608 Samuel
de
Champlain,
risalendo il fiume San Lorenzo con sei
famiglie, fondò Québec. La colonizzazione fu
lenta e difficile. Molti coloni morirono presto.
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Champlain si alleò allora con le popolazioni
indiane degli Algonchini e dei Montagnais che
erano in guerra contro gli Irochesi e stabilì
forti legami con gli Huroni, allo scopo di
mantenere vivo il commercio delle pellicce.
Inoltre predispose che dei giovani francesi
vivessero con gli indiani per impararne la
lingua, i loro usi ed i loro costumi.
Nel 1642, un gruppo di coloni, capeggiati
da Paul Chomedey de Maisonneuve,
fondarono lungo il fiume San Lorenzo, VilleMarie, nucleo originale dell’attuale Montreal.
Fu in questo periodo che i missionari gesuiti
penetrarono nella zona dei Grandi Laghi e
convertirono gran parte degli Huroni.
L’Huronia
Per comprendere meglio la vita e la storia
dei martiri nordamericani, è utile presentare
l’Huronia, cioè il territorio in cui hanno svolto
il loro ministero e la cultura dei suoi abitanti.
Si tratta di un ampio territorio isolato e
primitivo, compreso tra il lago Ontario, le
cascate del Niagara e i laghi Eire e Simcoe.
I laghi erano pescosi, le foreste erano abitate
da numerosi animali da pelliccia, specialmente
i castori.
Gli Huroni o Wendat, come loro si definivano,
non costituivano un’unica tribù, ma una
confederazione di quattro tribù che parlavano
idiomi mutuamente intelligibili. La capitale
della confederazione e centro maggiore era
Ossossane, nei pressi dell’odierna Elmvale,
in Ontario.
Contavano all’epoca circa 12 mila persone
che avevano influenza e supremazia sugli
altri popoli vicini. Anni prima la popolazione
contava tra i 20 e i 40 mila abitanti, ma
furono decimati da malattie importate, come
il vaiolo, il morbillo e la tubercolosi, contro le
quali non erano immuni. I sopravvissuti alle
epidemie furono poi decimati dalle guerre
contro gli Irochesi.
Gli Huroni erano agricoltori che integravano
la loro dieta con la caccia e la pesca. L’alimento
base era il mais, al quale si aggiungeva il pesce
e la carne di cervo. I lavori agricoli spettavano
alle donne, mentre agli uomini erano affidate
la pesca, la caccia, la costruzione di case, di
canoe e utensili.
Abitavano in una ventina di borgate,
disseminate tra Georgian Bay all’ovest e il
lago Simcoe all’est. A sud, il lago Ontario
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li separava dai confini di cinque nazioni
irochesi, nemici da sempre. Viaggiavano su
slitte e canoe, capaci di districarsi sulle rapide
di un fiume e nei pantani paludosi.
Vivevano in capanne allungate, lunghe fino
a 60 metri e conducevano vita comunitaria.
All’interno ardeva il fuoco e un fumo
perenne aleggiava per essiccare le pellicce.
Sui lati erano disposte, a piani, le stuoie per
dormire. Bambini nudi e animali domestici
giravano liberi dappertutto.
In un villaggio vivevano dalle 900 alle 1600
persone, organizzate in 30 o 40 case.
I loro abiti erano confezionati con pelli
e pellicce, mangiavano seduti per terra
raccontandosi storie e avventure recenti.
Parlavano una lingua propria, ben descritta
da P. De Brébeuf nel suo Dizionario e
Grammatica Hurone. Si tramandavano
superstizioni e credenze ancestrali legate
alle storie dei loro avi, che i padri gesuiti
descriveranno a lungo nelle loro relazioni ai
superiori.
La missione di Sainte Marie tra gli Huroni
Nel 1698, P. Jerome Lalande, nuovo
superiore dei missionari, decise di creare
una missione stabile a Santa Maria tra gli
Huroni, vicino all’odierna Midland, dove i
missionari potessero risiedere in tranquillità.
Il complesso era composto da 22 costruzioni
in legno, circondate da canali e chiuse sul
fiume Wye, per proteggersi da eventuali
attacchi.
Al centro c’era una casa destinata ai gesuiti
e una cappella. Poi, attorno, un ospedale,
una casa di accoglienza per catecumeni e
neofiti indigeni, una sala ampia per le lezioni
di catechismo, un magazzino di viveri,
un’officina per lavori e una residenza per i
poveri, bisognosi di qualsiasi soccorso.
Sainte Marie durò fino al giugno del 1649,
quando gli Irochesi la conquistarono,
uccidendo P.Lalemant e P.De Brébeuf.
16
da Casa Madre 1/2013
Il superiore rimasto P. Paul Ragueneau,
il terzo ed ultimo, dopo aver prelevato
documenti e oggetti preziosi, diede alle
fiamme la missione per prevenire la cattura
di tutti i gesuiti. Poi fuggirono a Québec. Da
allora, la regione dell’Huronia restò inabitata
fino al 1700.
I santi martiri Nordamericani
Oltre trecento missionari gesuiti, dal 1611 al
1760, si recarono in Huronia per portarvi la
parola di Cristo. Trentasei furono trucidati.
Tra di loro, otto sono stati canonizzati.
Con
il
titolo
di santi
martiri
nordamericani, la Chiesa cattolica designa
un gruppo di otto missionari ,sei sacerdoti e
due religiosi professi della Compagnia
di Gesù di origine francese, uccisi dagli
indiani Irochesi tra il 1642e il 1649, nel
corso della guerra contro gli Huroni.
corrispondono più a quelli del XVII secolo .
Goupil, Jogues e de la Lande subirono il
martirio a Ossernenon nello Stato di New
York in territorio statunitense, mentre gli
altri cinque furono massacrati a S. Marie tra
gli Huroni, in Ontario, territorio canadese. Di
conseguenza, la denominazione più diffusa
è quella di “martiri nordamericani”, come
anche la liturgia suggerisce :”borealibus
Americae regionibus”. O Dio che hai consacrato le primizie della fede
delle regioni settentrionali dell’America,
con la predicazione e il martirio dei santi
Isacco, Renato, Giovanni,
Giovanni, Gabriele, Antonio, Carlo e Natale,
fa che nel mistico campo della Chiesa
il germe fecondato dal loro sacrificio
fruttifichi in larga messe di vita cristiana.
Per Cristo Nostro Signore. Amen
Questi i loro nomi:
Jean de Brébeuf (1593-1649)
Gabriel Lalemant (1610-1649)
Antoine Daniel (1601-1648)
Charles Garnier (1605-1649)
Noel Chabanel (1613-1649)
René Goupil (1608-1642)
Isaac Jogues (1607-1646)
Jean La Lande (...-1646)
Proclamati beati da papa Benedetto XV il 21
giugno 1925, vennero canonizzati il 29
giugno 1930 da papa Pio XI. La
loro memoria liturgica ricorre il 19 ottobre.
La devozione popolare riunì in un unico
gruppo gli otto missionari gesuiti martirizzati
nella Nouvelle France e coniò per loro
il nome di “martiri canadesi”. La chiesa
rispettò tale indicazione beatificandoli e
canonizzandoli tutti insieme. Tuttavia oggi
questa denominazione solleva obiezioni,
dal momento che i confini statali non
17
da Casa Madre 1/2013
ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE
“SE NE ANDÒ E RACCONTÒ A TUTTI
QUELLO CHE GESÙ AVEVA FATTO PER LUI.
PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA…” LC. 8,39
ORIENTAMENTI, PROPOSTE DECISIONI DELLA DIREZIONE GENERALE
Carissimi missionari,
nel testo delle linee programmatiche della
Direzione Generale “Passiamo all’altra riva”,
a cui questo documento si riferisce e di cui
è di fatto la continuazione, avevamo stabilito
di dedicare il primo anno del nostro mandato
all’ascolto dell’Istituto e alla conoscenza più
approfondita della persona dei missionari e
della loro missione. Abbiamo girato tanto per
vedere e “farci vedere”, cercando di essere
presenti e vicini, sperimentando di prima
mano le gioie e i dolori del nostro essere
missione in giro per il mondo. Particolarmente
significativi sono stati i giorni trascorsi con
voi durante le Conferenze di circoscrizione e
i primi Consigli continentali.
18
Oggi, dopo aver proposto all’Istituto di
passare a un’altra riva, per rivitalizzarsi e
camminare verso una missione rinnovata
nell’entusiasmo e nello stile, ci rendiamo
conto della necessità, da molti condivisa, di
fare un ulteriore salto in avanti e di orientarci
con più decisione verso il cammino
proposto dal Capitolo e identificato dai 5
temi fondamentali e trasversali (identità e
carisma, missione, formazione, economia e
organizzazione), che fanno parte del nostro
vivere e operare di ogni giorno.
da Casa Madre 1/2013
Alcune immagini simboliche ci fanno
idealmente salire sulla barca che si accinge ad
attraversare nuovamente il lago.
IL VENTO
Quando lo Spirito Santo viene in un’anima,
porta via tutto per restare lui solo. È difficile
che chi vive sotto l’influsso dello Spirito Santo
non si faccia santo. Quando un’anima riceve
lo Spirito Santo con i suoi doni e i suoi frutti,
essa immancabilmente viene trasformata (G.
Allamano, Vita Spirituale, p. 741).
Il Capitolo Generale (XII CG, 10) ha sfidato
tutti noi a metterci nuovamente alla sequela
di Cristo, dietro al Maestro, in un continuo
processo di conversione capace di rinnovare
dal di dentro il nostro annunzio che, se vuole
essere efficace, deve fondarsi esclusivamente
sull’incontro con Gesù, sull’ascolto della sua
Parola, sull’esperienza diretta e personale di
Lui e sull’ascolto del grido della missione ad
gentes. La nostra imbarcazione deve rimettersi
in marcia, spinta dal vento dello Spirito, dopo
aver fatto approvvigionamento di entusiasmo
e nuova energia in grado di spingere le nostre
vele al servizio del Regno.
In questi primi mesi di viaggio non sono certo
mancate difficoltà e incomprensioni, ma la
valutazione di insieme che abbiamo cercato
di condividere tra di noi ci ha fatto leggere
questo periodo come un tempo di grazia, un
kairós che, facendoci specchiare davanti alla
nostra realtà, ci consente di vivere al meglio
la nostra vocazione missionaria di fronte
alle sfide di questo nuovo sessennio e oltre.
Anche nei momenti di particolare tensione
o frizione, abbiamo cercato di essere quanto
ci siamo proposti nella parte introduttiva
di “Passiamo all’altra riva”, una DG “che
collabora, comunica, visita e dialoga”. Di
fronte a queste difficoltà esprimiamo la nostra
gratitudine per la disponibilità dimostrata
da molti missionari ad entrare in questo
cammino nuovo, percorrendo insieme a noi
sentieri che possono apparire poco chiari,
dai contorni ancora sfumati, in attesa di
essere maggiormente frequentati e quindi
percorsi con maggior sicurezza e fiducia. Ci
troviamo per esempio di fronte al significativo
cambiamento in ordine alla provenienza e
all’età media dei missionari incaricati oggi
della leadership dell’Istituto.
Sempre in fedeltà alle richieste del Capitolo si
è dato il via al processo della continentalità,
che punta al rinnovamento della missione
e del missionario tenendo conto che i
cambiamenti in atto esigono una maggior
contestualizzazione del nostro operato. I
Consigli continentali, svoltisi recentemente,
hanno offerto i primi riscontri su cui
siamo tutti chiamati a lavorare in vista delle
prossime Assemblee di continente. Una delle
difficoltà che ancora avvertiamo è quella
di uscire da ciò che appartiene in modo
specifico alla circoscrizione, per aprirsi a
cammini continentali condivisi, impasse
dovuto allo scontrarsi di due modalità che
devono imparare a dialogare e co-esistere.
Dopo oltre un anno di servizio, ecco allora il
cammino che ci si apre davanti.
L’ORIZZONTE
La fiducia nella Divina Provvidenza non
esclude però il pensare e provvedere
all’avvenire (G. Allamano, Vita Spirituale, p.
243).
In «Passiamo all’altra riva» avevamo indicato
come nostro desiderio il fatto che la nostra
azione di governo fosse improntata su
uno stile fatto di ascolto, discernimento,
dialogo e presenza. Le seguenti linee guida
rappresentano invece la cornice, l’orizzonte
entro cui vorremmo muoverci; queste
illuminazioni ci vengono offerte tanto dal
Capitolo come dall’esperienza maturata
in quest’anno attraverso i dialoghi con i
confratelli, le visite alle circoscrizioni e la
partecipazione alle Conferenze.
19
da Casa Madre 1/2013
Ripartire da Cristo: annuncio della
Parola, rivitalizzazione del carisma per il
servizio del regno
Questa vita nella carne, io la vivo nella fede
del figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato
se stesso per me (Gal 2,20).
I popoli che serviamo attendono di vedere
in noi missionari le icone del Figlio, imitatori
fedeli dell’agire di Gesù, del suo amore per ogni
persona, senza distinzioni. Come missionari
della Consolata abbiamo nel beato Allamano
e in tante figure di santi confratelli che si sono
spesi senza risparmio per la missione, esempi
concreti da imitare. Compito della Direzione
Generale sarà accompagnare il processo di
contestualizzazione e inculturazione del
nostro carisma, affinché nulla vada perduto,
ma tutto venga trasformato e diventi germe
fecondo di Vangelo a servizio della stessa
missione.
Verso una missione debole e povera
In verità io vi dico: questa vedova, così
povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli
altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro
superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha
gettato tutto quello che aveva, tutto quanto
aveva per vivere (Mc 12,43-44) .
20
«Penso che il messaggio della Nuova
Evangelizzazione con la crisi relativa che
oggi la Chiesa attraversa ci chiama ad essere
un “piccolo gregge”. Ci offre la possibilità di
proiettare un’immagine nuova della Chiesa,
un’immagine più umile e
meno potente, che cerca di
influire sulla società solo
attraverso la buona notizia
del Vangelo e i valori del
Regno, e non attraverso
la dominazione politica o
il potere economico (...) I
segni della sua presenza non
si troveranno nelle grandi
strutture e istituzioni, ma
nel suo servizio e solidarietà
con i poveri e i bisognosi di
questo mondo». (Messaggio
online del Padre Generale,
“Nella Fede evangelizziamo”,
da Casa Madre 1/2013
dedicato al tema della vita religiosa in un
contesto di nuova evangelizzazione). Nel
nostro mandato vorremmo, anche alla luce
delle sfide che ci vengono dal tempo presente,
impegnarci in una missione che esalti ciò che
è piccolo, debole e ponga la sua fiducia nel
progetto provvidente di Dio.
Interculturalità ad intra e ad extra
Ma essi (i samaritani) non vollero riceverlo,
perché era chiaramente in cammino verso
Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli
Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi
che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li
consumi?». Si voltò e li rimproverò (Lc 9,5355).
Tanto il documento degli Atti Capitolari
quanto “Passiamo all’altra riva” avevano
toccato soltanto marginalmente il tema
dell’interculturalità, argomento che aveva
precedentemente ispirato un intero biennio
di riflessione. Tutte le conferenze regionali
lo hanno invece ripresentato alla nostra
attenzione affinché possa ispirare un’azione
che si fondi sul profondo rispetto delle
culture altrui e delle opinioni di coloro che
pensano e vedono il mondo differentemente.
Una riflessione che mantiene il valore ad
intra (vita comunitaria) e ad extra (attività
pastorale e missionaria). “Per evangelizzare,
oggi, è necessario un cambiamento
di paradigma, uno stile nuovo, basato
sull’interculturalità” (Magna Charta per il
biennio di interculturalità).
Una formazione che qualifichi la persona
del missionario nella sua vita comunitaria
e nella sua missione
Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli
-, perché stessero con lui e per mandarli a
predicare (Mc 3,14).
Nel rispetto dei contesti dei diversi continenti,
vorremmo che sia la formazione di base come
quella continua aiutassero il missionario
a ricentrarsi su Cristo, vero formatore, e
preparasse alla missione che attende l’Istituto
nei prossimi anni. Non ci può essere vera
formazione senza una continua relazione
con il Maestro. Colui che chiama e che forma
nella verità è il Signore Gesù, presente nello
Spirito in ogni contesto missionario. Infatti,
nell’affermare la centralità della sequela
Christi, siamo automaticamente condotti
a ricordare l’altra dimensione portante del
nostro essere ed operare che è la missione
Il cammino continentale che va verso un
progetto continentale di missione
Lasciò Nazareth e andò ad abitare a Cafarnao,
sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e
di Nèftali (Mt 4,13).
Il processo continentale obbliga l’Istituto ad
uno sforzo di riflessione ed azione comune,
capace di abbandonare gli interessi particolari
delle singole comunità e Circoscrizioni,
per unire forze ed offrire al continente una
missione fatta di interrelazioni forti, codificate
in un Progetto che possa diventare punto di
riferimento per chi lavora in un determinato
continente e spunto di riflessione per chi,
invece, vive la propria missione in altre parti
del pianeta.
Un’economia di comunione per la
missione: oblativa e di donazione (ad
intra e ad extra)
C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo
e due pesci; ma che cos’è questo per tanta
gente? (Lc 12,20-21).
Il Capitolo ha chiesto all’Istituto di avere
un’attenzione particolare agli aspetti economici
della nostra missione: a) trasparenza nella
gestione, b) lavoro per l’autogestione, c) ricerca
di nuovi mezzi di finanziamento. Abbiamo
condiviso questa preoccupazione in ognuno
degli incontri ai quali abbiamo partecipato
alla luce della crisi endemica che tocca anche
la nostra missione e ci invita a riabbracciare
nuovamente con serietà l’idea di una missione
fatta di oblatività, condivisione, reciprocità.
Il Capitolo ci spinge a pensare una missione
fatta con pochi e semplici mezzi, improntata
su un distacco “affettivo” dal possedere,
che ci avvicini e renda “amici” i poveri, i
diseredati, gli afflitti ed essere così ricchi agli
occhi del Padre.
Una
nuova
organizzazione
sussidiarietà e nella comunione
nella
Non vi chiamo più servi, perché il servo
non sa quello che fa il suo padrone; ma vi
ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho
udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a
voi (Gv 15,15).
Il cammino continentale è alla base di una
riorganizzazione del nostro Istituto che
dovrebbe rendere l’Istituzione più agile e
vicina alle esigenze del contesto missionario
e aiutare le nostre comunità a vivere meglio
lo spirito di famiglia. Siamo convinti che
l’esercizio dell’autorità trovi la sua efficacia
in un rapporto di comunione, rapporto
che diventa però reale e credibile quando
ognuno è capace di assumere le proprie
responsabilità.
Ristrutturazione geografica delle nostre
presenze
Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei
villaggi vicini, perché io predichi anche là;
da Casa Madre 1/2013
21
per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38).
IL TIMONE
La decisione capitolare di aprirsi con
decisione all’Asia, il cambio generazionale
e nella geografia vocazionale dell’Istituto, le
mutate condizioni economiche, nonché la
lunga permanenza in alcune nostre missioni
sono elementi che ci obbligano a ripensare
la disposizione delle nostre presenze, nella
consapevolezza che ad ogni popolo è
destinato il messaggio del Regno. Questo
punto ci invita a vivere la nostra missione con
passione ma anche disponibilità al distacco:
una volta seminato e fatto crescere la pianta,
non dobbiamo aver paura che tutto muoia
con il nostro allontanarci; lavoriamo per il
regno e il carisma che un giorno ci ha spinto
ad essere missionari in un certo contesto
rimane anche senza di noi e può sempre
rinascere in altre forme. Ogni cambiamento
in se stesso porta a una sofferenza, quella
insita nel lasciare, ma può diventare anche
sprone a lavorare per il Regno in un modo
nuovo.
Scopo unico dei superiori è di guidarvi,
formarvi santi missionari. Giorno e notte essi
sono al vostro fianco, pensano pregano, si
affaticano per voi: consci della responsabilità
che hanno davanti all’Istituto, alla Chiesa e a
Dio (G. Allamano, Vita Spirituale, p. 70).
22
da Casa Madre 1/2013
La responsabilità di tenere il timone della
nave che il Capitolo Generale ci ha affidato
non è cosa di poco conto. Consideriamo
questa epoca di mutamento e crisi come
una potenziale possibilità di rinnovamento
radicale dell’Istituto e per questa ragione ci
sembra importante ribadire quelle che sono
le attività fondamentali della Direzione
Generale:
•
Accompagnare i missionari e le
Circoscrizioni nella missione che essi
svolgono (sopra)
•
Animare e rivitalizzare il carisma
•
Essere segno di unità dell’Istituto
•
Offrire il servizio dell’autorità ed essere
leadership dell’Istituto
•
Rappresentare l’Istituto davanti alla
chiesa e alla società
•
Accompagnare i lavori del Consiglio
continentale
•
Sostenere il progetto continentale con
la presenza nelle Circoscrizioni e aiutando il
discernimento del Consiglio continentale.
•
Aiutare i missionari a crescere
nell’esercizio della sussidiarietà, rispettando
e accompagnando i cammini continentali e
di circoscrizione, appoggiando le decisioni
legittimamente prese dagli organi competenti
in un continuo interscambio di opinioni ed
esperienze.
LA ROTTA
Diffidiamo di noi medesimi e confidiamo
totalmente in Dio. Mai perderci d’animo,
sempre ricominciare. Nunc Coepi! Direi che
questo è lo stemma del nostro Istituto (G.
Allamano, Vita Spirituale, p. 239).
Qui di seguito indichiamo quelli che riteniamo
essere i principali passi che la Direzione
Generale prevede di seguire nel corso del
sessennio, a partire dal prossimo anno e
avendo la Consulta, prevista nel mese di
ottobre del 2014, come momento di verifica
del cammino intrapreso.
2013 – 2014
•
Biennio sulla missione (indetto il
20 giugno scorso e da concludersi entro la
Consulta, ottobre 2014) con l’obiettivo di
produrre, in dialogo con tutte le comunità
dell’Istituto sparse nei vari continenti, gli
Orientamenti per la missione del missionario
della Consolata oggi.
•
Assemblee continentali – date Europa
21-26 gennaio 2013; Africa 11-18 febbraio
2013. America: 3-8 febbraio 2014 (preceduta
da un Consiglio Continentale nel mese di
dicembre 2013); La Direzione Generale sarà
presente alle assemblee con almeno due
rappresentanti.
•
Stesura e primi passi del Progetto
Asia da presentare per approvazione alla
Consulta.
•
Rinnovo delle Direzioni Regionali,
programmato nel periodo luglio-settembre
2014.
•
Impegno nel settore dell’economia di
comunione nei diversi livelli: formativo, di
riflessione/gestione ed operativo.
•
In vista della Creazione della
commissione Generale per la Formazione:
pensiamo che sia opportuno che il
movimento continentale per la formazione
possa dare vita a incontri previ per sentire ciò
che il continente vive e dare risposte a livello
continentale di quanto chiede il Capitolo.
Il Vice superiore generale, incaricato della
formazione, sarà il garante dell’ unità e del
seguimento a questo processo. Questi incontri
continentali avranno luogo entro il primo
semestre 2013, in modo che la Commissione,
che sarà formata dai rappresentanti della
formazione dei singoli continenti e altri
possibili membri, possa radunarsi con la
Direzione Generale durante il Consiglio di
novembre e dedicare il tempo sufficiente alla
riflessione su questo tema così importante e
complesso e dare orientamenti e decisioni a
riguardo.
•
Formazione e corso per missionari
della mezza età: maggio-giugno 2014 a
Roma-Torino.
•
Formazione e corso per missionari
anziani: giugno 2015, a Roma-Torino.
2014 – 2017
Il lavoro del secondo triennio sarà
prevalentemente orientato a produrre una
nuova proposta complessiva per l’Istituto
da ideare, verificare, approvare e portare
al Capitolo del 2017. Tale proposta dovrà
prevedere:
da Casa Madre 1/2013
23
•
Studio e approfondimento del documento
“Orientamento della missione del missionario della
Consolata oggi”, frutto della riflessione del biennio
e presentato alla Consulta.
•
Ridisegnare la geografia delle nostre presenze,
tenendo in particolare conto la determinazione
capitolare di aprire l’Istituto decisamente all’Asia.
•
Proposta di una riorganizzazione interna del
governo dell’Istituto alla luce della Continentalità,
da presentare al prossimo Capitolo Generale.
•
Avvio dello studio e dell’aggiornamento
delle Costituzioni.
•
I Consiglieri continentali faranno in modo
che i cammini continentali vengano condivisi
periodicamente con tutto l’Istituto attraverso i
nostri mezzi di comunicazione.
Inoltre le seguenti attività coinvolgeranno la DG
per tutto il periodo del suo mandato (2013-2017)
•
Visite periodiche alle circoscrizioni
•
Visita canonica nella sua nuova modalità già
descritta in “Passiamo all’altra riva”.
•
Aggiornamento e gestione degli strumenti di
comunicazione, informazione e formazione a cura
della DG (Sito, DCM, Documentazioni, Annuario,
Missionari defunti).
•
Processo di aggiornamento e digitalizzazione
del materiale contenuto nell’archivio generale.
•
Uffici storico e di postulazione: catalogazione
del materiale, trascrizione dei diari dei missionari,
aggiornamento del materiale propagandistico e
devozionale.
•
A livello di Istituto e continentale si
continuerà a pensare come studiare il carisma e lo
studio contestualizzato del carisma.
•
Continuare
l’approfondimento
sul
Fondatore e su figure significative di nostri
missionari che hanno incarnato il carisma.
•
Organizzazione di corsi per missionari
giovani in collaborazione con i Consigli continentali
24
•
Continuazione del cammino di comunione
con le MC: incontri periodici delle due DG, scelta
condivisa dei santi protettori, studio congiunto
da Casa Madre 1/2013
del carisma, collaborazione nelle attività
continentali
•
Formazione e applicazione alle
procedure anagrafiche, di segreteria e di
custodia della memoria.
IL PORTO
Fine primario del nostro Istituto, come di ogni
altro, è la santificazione (…) Esso ha inoltre
il proprio fine specifico e secondario, che
ne forma la caratteristica ed è la sua ragion
d’essere: l’evangelizzazione degli infedeli (G.
Allamano, Vita Spirituale, p. 18).
La barca che supera il mare in tempesta e
approda all’altra riva trova la missione in terra
pagana dove Cristo cura l’uomo indemoniato
restituendolo alla sua dignità di persona. La
barca che riparte per attraversare nuovamente
il lago riportando Gesù e i suoi discepoli
alle più familiari coste della Galilea ritorna
carica dell’esperienza missionaria vissuta fra i
Geraseni dove, nel frattempo, l’uomo curato
dall’incontro con Cristo va a sua volta a
raccontare “quanto Gesù aveva fatto per lui”
(Lc 8, 39). La missione genera missione e ci
forma, anche se lo fa in modi, tempi e metodi
a volte impensabili, senza fermarsi mai.
Quale, dunque, sarà il porto di approdo
alla fine del nostro mandato? Guai a noi se
pensassimo che il XIII Capitolo Generale
rappresenti il momento finale di questo
viaggio. Lasciare che le mani abbandonino
il timone non significa sancire la fine del
percorso, ma un’ulteriore tappa del nostro
navigare. Dove questo ci condurrà dipende
da tanti elementi: alcuni sono nascosti nelle
pieghe della storia, altri avranno a che fare
con le capacità o i limiti di noi tutti. A
questo riguardo non vogliamo però perdere
il metodo del discernimento come stile
del nostro mandato, stile che cerchiamo di
vivere tra di noi e che proponiamo a tutto
l’Istituto. Il discernimento, direbbe Paolo
(Fil 1, 9-11) è il frutto maturo di un amore
che cresce sempre di più nella conoscenza
e nella percezione delle differenze, per
valutare ciò che rende più luminoso e agile il
cammino verso il giorno del Signore, in una
trasparenza sempre maggiore di Lui (Silvano
Fausti).
Lo spirito di discernimento consiste
esattamente in: fare chiarezza dove c’è
confusione, scegliere l’essenziale, ciò che
veramente serve al conseguimento dei nostri
progetti esistenziali, di fede, nel nostro fare
missione. Ci pare che in questo tempo segnato
da crisi, incertezza e vertiginose mutazioni,
sia l’unico modo per navigare sicuri sapendo
che prima o poi si approderà dove si deve.
Che l’Allamano, maestro di discernimento e
la Vergine Consolata, maestra di fiducia nella
provvidenza di Dio accompagnino l’Istituto
ad affrontare con coraggio ed entusiasmo il
resto del viaggio che lo attende.
3 dicembre 2012 , festa di
Saverio
S. Francesco
25
da Casa Madre 1/2013
RIFLESSIONE E CONDIVISIONE SULL’ECONOMIA
Roma, 07 novembre 2012
Convocati dal P. Superiore Generale, alcuni confratelli hanno elaborato con lui le
seguenti riflessioni.
Obiettivo: piccola riflessione su come aiutare
l’Istituto ad assumere una nuova mentalità alla
missione e alla comunità.
INTRODUZIONE
1. Per intraprendere un processo di
rivitalizzazione dell’istituto a tutti i livelli,
dobbiamo necessariamente prestare
un’attenzione particolare all’economia.
2. Il futuro e la credibilità della VC e
della missione passa decisamente
dall’amministrazione economica.
3. Per una buona amministrazione
economica è necessario prestare
attenzione alla relazione tra questi tre
elementi: efficacia apostolica, qualità
apostolica e risorse finanziarie.
4. Costatiamo che nonostante gli sforzi e
la buona volontà, alcune Circoscrizioni
soffrono una carenza di autonomia
finanziaria, hanno una dipendenza quasi
totale dall’estero, da fuori.
5. Notiamo pure una mancanza di
preparazione nel gestire le attività che
servono per sostenere la nostra vita, la
nostra missione e la nostra formazione.
6. Come Istituto missionario siamo chiamati
ad affrontare il discorso economico a tre
livelli.
a. Spirituale: voto di povertà, condivisione,
solidarietà…
b. Disciplina: conoscenza ed applicazione
del direttorio di amministrazione dei
beni, assunzione di responsabilità…
26
c. Macro-economico:
gestione
e
responsabilità sulle strutture, investimenti,
da Casa Madre 1/2013
risorse,…
7. Abbiamo già iniziato una riflessione e una
revisione sulla distribuzione dei sussidi alle
Circoscrizioni, che però non ha aiutato ad
essere più responsabili.
8. Richiamo a semplificare il nostro stile
di vita riducendo le spese, camminando
di più al ritmo della nostra gente, vivere
più poveramente e con uno stile di
condivisione.
9. Riaffermare l’importanza ed il valore del
lavoro materiale come risorsa per vivere
con dignità e solidarietà la nostra vita,
aspetto tanto caro al nostro Fondatore.
10.In questo sforzo di riflessione e di
conversione nel campo dell’economia
dobbiamo coinvolgere tutti i missionari,
nessuno deve esserne escluso perché
l’economia coinvolge ed è questione di
tutti.
•
Roma (Direzione e Amministrazione
Generali), devono tutelare i soldi delle
missioni e progetti perché si rispettino le
intenzioni dei benefattori.
•
Vedere i punti delle costituzioni e
del direttorio per l’Amministrazione
su l’autonomia delle Regioni o dei
continenti, per fare degli investimenti
(forse bisognerà fare delle modifiche ad
alcuni di questi documenti).
•
Nelle Regioni dove c’è un’attività
commerciale, fare una contabilità propria
a ogni attività e non fare una confusione
di contabilità con la Regione. Questo per
essere chiari davanti allo Stato in cui si
lavora e perché l’attività abbia autonomia,
dando alla Regione solo una percentuale
del guadagno. Bisognerà fare contabilità
separate per ogni attività, con copia e
resoconti all’Amministratore regionale,
il quale dovrà consolidare il tutto nel
bilancio di fine anno.
•
Per le strutture che si vogliono mantenere
in ogni Regione, si faccia prima una
valutazione di quello che costa la sua
manutenzione, e si dica con quanto ogni
missione può collaborare per queste
spese generali della Regione.
•
Senza emettere giudizi, bisogna
riconoscere che viviamo una mancanza
di trasparenza e onestà. I segni sono il
trascurare la contabilità e l’appropriazione
indebita di fondi . Sembra che per alcuni
il voto di povertà in se stesso non sia un
valore.
•
Ancora in alcuni posti, vogliamo fare la
missione con grandi strutture che si fanno
senza tenere conto della gente e senza la
CONDIVISIONE E SCAMBIO
•
Per cambiare la mentalità bisogna prendere
coscienza della situazione. Questo si fa in
due modi: parlando (e ci sono già tanti
documenti, oltre a condivisioni e riunioni
sul tema nelle diverse Regioni) e con i fatti.
Da Roma si è cominciato a non inviare
soldi alle Regioni che non ne hanno più
nel conto. Si ricorda la responsabilità delle
Regioni a conservare le offerte date dai
benefattori per certe missioni o progetti, e
la difficoltà che si ha dall’Amministrazione
Generale per controllare questo.
•
Organizzare delle sessioni di formazione
per gli amministratori locali.
•
È necessario inserire una preparazione
in contabilità e amministrazione nel
curriculum della formazione di base.
•
Informarsi sulla possibilità di investimenti
in alcuni paesi dove siamo noi, seguendo
altre esperienze.
•
Tenendo conto che la corretta
amministrazione dipende della buona
redazione dei bilanci preventivi e
consuntivi, non aiutare le Regioni che
non prendono sul serio questi strumenti.
Ai bilanci, allegare anche i controlli dei
revisori interni ed esterni dei conti, assieme
a quello del Consiglio di amministrazione
regionale.
•
Che ogni amministratore al suo livello
risponda dei propri fatti.
27
da Casa Madre 1/2013
aspettative che l’Istituto “abbia l’obbligo
di mantenermi”, oppure, sussidi ricevuti
dalla diocesi che non entrano nella cassa
della comunità perché “in parrocchia ne
abbiamo bisogno e della comunità deve
occuparsi la Regione”.
• In
alcune Regioni la voce “adozioni” è
un affare privato di ogni missionario, dove
neanche il superiore ha diritto a “mettere
il naso”. Questo è un aspetto a rivedere
perché cominciano a venire fuori alcuni
problemi. In alcuni casi le adozioni sono
la possibilità che hanno alcuni missionari
per avere quello che la Regione non vuole
o non può dare.
•
In noi c’è una grande suscettibilità al
momento di essere controllati, tanto
nel piccolo come nel grande livello.
Sarebbe importante che in quello che la
Direzione Generale scriverà ci siano delle
indicazioni precise per fare cambiare
questo atteggiamento.
•
Alcune Regioni si lamentano di non essere
aiutate, incoraggiate nello sforzo di cercare
la forma di fare investimenti. Sentono
invece, degli ostacoli. Questo deve fare
riflettere circa la forma di accompagnare
questi sforzi, creando più dialogo e aiuto.
•
Si suggerisce di non usare più l’espressione
“pocket money”, ma di riscoprire il vero
senso della cassa comune.
•
In questo processo bisogna fare un sforzo
previsione di ciò che è necessario per la
manutenzione. Lo stesso discorso vale
per le macchine (di grossa cilindrata e di
lusso).
•
In alcune Regioni si vede una mancanza di
perseveranza per seguire gli investimenti.
•
Instaurare revisori di conti esterni in
ogni Regione. Chi non sta alle regole sia
penalizzato.
•
Ancora un gruppo grande di missionari
non credono che l’Istituto abbia delle
difficoltà per mantenere le missioni che
gestiamo. Alcuni segni: conti di opere in
attivo e conti della comunità in passivo,
28
da Casa Madre 1/2013
per mettere i superiori e gli amministratori
nella stessa sintonia. Ognuno nel suo ruolo
ha qualcosa da dire e non è soltanto una
delle due parti che ha ragione.
•
Oggi abbiamo parlato dei controlli e
di quello che non funziona. Sarebbe
interessante in un altro momento
vedere quali potrebbero essere i premi o
incoraggiamenti (come si parla oggi nella
psicologia delle organizzazioni) per quelle
Regioni che cominciano a fare dei pasi in
questa nuova mentalità che si vuole per
l’Istituto.
In ultimo, padre Rinaldo ci ha presentato
brevemente il nuovo programma di contabilità,
che a tenendo conto del vecchio, ci permette
lavorare con nuovi sistemi informatici. Per la fine
del 2012 sarà possibile cominciare a impiegarlo
in tutte le nostre Regioni e comunità.
La seconda fase è prevista per cominciare
l’anno 2014, con un piano di conti uniforme
per tutto l’Istituto, comprensibile per tutti già
che si compone di cifre e non più di lettere
come adesso. Questa fase, deve essere ancora
approvata dalla Direzione Generale per poi
lavorare con gli informatici che hanno fatto la
prima fase.
Si è considerato questo scambio fruttuoso e si
pensa che potrebbe essere ancora continuato
per aiutare la DG a trovare le forme giuste per
creare questa “nuova mentalità ed attenzione
alla economia nell’Istituto”.
A tutti e a ognuno un ringraziamento sincero,
Coraggio e avanti in Domino!
29
da Casa Madre 1/2013
CASA GENERALIZIA
DICEMBRE 2012
P. Vedastus Kwajaba, IMC
01 dicembre: La comunità celebra i primi
vespri per l’inizio del tempo di Avvento. Padre
Trabucco Pietro introduce e spiega la corona di
avvento con le quattro candele: dei profeti, dei
pastori, di Betlemme, degli angeli.
03 dicembre: San Francesco Saverio ,
protettore dell’Istituto. P. Pavese Francesco
nel suo giorno onomastico, preside i vespri,
mentre P. Vedastus tiene l’omelia, ricordando
il pensiero del Fondatore sul Saverio: avere un
grande amore a Gesù Cristo, un grande zelo
della gloria di Dio e delle salute delle anime,
diventare tutti santi missionari, come San
Francesco Saverio.
08 dicembre: La DG torna da Torino, Casa
Madre, dove si era recata per dieci giorni,
svolgendovi i lavori di Consiglio e incontrando
i Confratelli. La festa dell’Immacolata ci ha
ricordato anche i sessantun anni di professione
di P. Pavese.
30
09 dicembre: Padre Pietro Trabucco si reca
ad Assisi, in località Rivotorto Sacro Tugurio,
da Casa Madre 1/2013
per predicare gli Esercizi spirituali alla comunità
francescana.
11 dicembre: Incontro comunitario: vengono
presentati i programmi di Natale e soprattutto
il bilancio preventivo dell’anno 2013. Fr.
Mario Bernardi, economo della casa, lo
spiega nei dettagli e risponde alle domande di
chiarificazione. In refettorio viene allestito un
bellissimo presepio, ideato da P. Trevisiol.
13 dicembre: In una solenne concelebrazione,
P. Stefano Camerlengo consegna a ciascuno il
Progetto comunitario di vita, elaborato insieme
in sedute precedenti. L’impegno è di viverlo
fedelmente, chiedendone al Signore l’aiuto
necessario.
15 dicembre: Ritiro di Avvento per la comunità,
animato da P. Jesus Barreda op,
a prestare i servizi presso le cappellanie.
professore di Bibbia all’Università Urbaniana.
Ci presenta il cammino spirituale d’avvento nella
luce della scrittura. Come sempre segue una
condivisione sul tema e l’Eucarestia comunitaria.
Partecipiamo in Piazza San Pietro all’Angelus
e alla Solenne Benedizione di Natale del Santo
Padre che vede la presenza di numerosi fedeli
e pellegrini.
17 dicembre: Compleanno di Padre Dietrich
Pendawazima, e anniversario di ordinazione di
Padre Trabucco Piero. Prendiamo l’occasione
per scambiarci gli auguri di Buon Natale, prima
della dispersione per le attività pastorali.
31 dicembre: terminiamo l’anno con la
celebrazione dei Vespri e il canto del Te Deum.
Lodiamo il Signore per la sua presenza nella
nostra vita comunitaria e lo imploriamo di
accompagnarci nel prossimo anno con il suo
amore e provvidenza.
18 dicembre: In occasione del Natale, in
mattinata il personale della casa si raduna in
chiesa con tutta comunità, per una celebrazione
della parola di Dio guidata da Padre Francesco
Pavese. Segue lo scambio di doni e di auguri.
22 dicembre: iniziano le vacanze natalizie
per chi sta frequentando i corsi universitari
di specializzazione. Vari confratelli si recano
in alcune comunità parrocchiali per servizi
pastorali.
25 dicembre: a Roma rimane sempre il “resto
d’Israele”, la comunità un po’ ridotta che continua
31
da Casa Madre 1/2013
LE STRADE DEL MONDO SONO LE VIE DI DIO
P. Antonio Rovelli, IMC
Vorrei parlarvi di persone che ho incontrato,
di luoghi che ho visitato, di incontri a cui
ho partecipato. Pensavo di essere preparato,
di prevedere tutto prima della partenza,
di fatto non sono mancate le sorprese e
occasioni stimolanti per riflettere. Come
quando sono stato chiamato all’Istituto
Tecnico di Fermo, che si trova vicino alla
casa natale del nostro Superiore Generale,
per parlare agli studenti in occasione della
giornata mondiale dell’alimentazione e di
lotta alla povertà il 16 – 17 ottobre. Come
quando ho avuto l’occasione di partecipare
agli incontri di due organismi nazionali
degli Istituti Missionari presenti in Italia, il
Suam (segretariato unitario di animazione
missionaria) e la CIMI (Conferenza degli
Istituti Missionari presenti in Italia). Ho
provato sensazioni diverse, da una parte la
fatica del cambiamento e dall’altra la voglia
di capire se e come noi specialisti dell’Ad
gentes abbiamo ancora qualcosa da dire
alla gente, alla Chiesa locale e alla galassia
di nuovi soggetti della missione apparsi sulla
scena in questi ultimi anni.
Ho toccato con mano la fatica del pensare e
vivere la missione in modo nuovo, all’altezza
dei tempi, quando ho partecipato ad un
“Convegno Teologico” organizzato da Missio
l’organismo della pastorale missionaria
della CEI (Conferenza Episcopale Italia)
sul tema ambiguo e allo stesso tempo
intrigante: “Missione ad gentes e Nuova
Evangelizzazione”.
Qualche giorno prima, sempre a Verona,
avevo partecipato ad un corso per missionari
e missionarie di vari Istituti appena rientrati
“dalla missione” e chiamati in Italia per fare
animazione missionaria, senza capire bene
cosa questo volesse dire. Immaginatevi la
frustrazione e l’incertezza.
32
Nel mese di ottobre sono stato in due
parrocchie per la Giornata Missionaria
Mondiale, una a Grosseto e l’altra nel Veneto.
Non è stato facile trovare un linguaggio
da Casa Madre 1/2013
per dire la “Missione” oggi, quando hai
l’impressione che viene stropicciata ed
applicato a svariate situazioni e la gente ad
altro non pensa se non ad inviare aiuti, fare
l’offerta e così mettersi a posto la coscienza.
E poi i vari incontri di preparazione del
prossimo Convegno Missionario Nazionale
del 2014, insieme ai direttori degli uffici
missionari nazionali, per trovare un tema e
le giuste modalità di coinvolgimento della
gente per arrivare pronti a questo importante
appuntamento ecclesiale.
E per concludere l’incrociare fortuito di
vescovi partecipanti al Sinodo sulla Nuova
Evangelizzazione, proprio in piazza San
Pietro, mentre poco a fianco, come ogni
sera e alla stessa ora, i barboni immigrati
sistemano i cartoni per la notte in attesa di
riscaldarsi con la minestra che i “samaritani”
della Caritas o della Croce Rossa, a turno
distribuiscono loro.
Ripensando con calma a questo mio
“girovagare” ho scoperto un filo conduttore,
una specie di mappa di territori, di situazioni,
di incontri e di volti, che si dispiegava davanti
a me e mi richiamava le diverse manifestazioni
della missione. Un itinerario di ricerca,
faticoso, del significato della missione che
trova noi missionari, per certi versi, ancora
impreparati, e di luoghi che ci vedono ancora
assenti.
I giovani di Fermo, poi, hanno capito bene
che insieme alle statistiche sulla fame e
povertà, insieme alle analisi di geopolitica che
smascherano le strutture di oppressione, in
noi missionari vogliono trovare entusiasmo e
passione per l’umanità. Solo allora, ad alcuni
studenti, è venuto il coraggio di chiedermi
perché lo fai, lasci tutto, e spendi la vita per
gli altri.
L’entusiasmo che manca, l’ho percepito
chiaramente negli incontri di chi si credeva
specialista dell’Ad gentes in Africa o in
America Latina, e che invece si riscopre afono,
demoralizzato e spaesato in un contesto
di Nuova Evangelizzazione. Le scuse sono
tante, troppe per la verità, per giustificare il
nostro disagio. Le parrocchie ti sopportano,
si gestiscono le giornate missionarie, i gruppi
giovanili si assottigliano, i centri missionari
diocesani non collaborano più come una volta.
La missione in Europa dovrebbe essere vissuta
come una nuova partenza, entusiasmante,
come se fosse la prima verso il Sud del
mondo.
Probabilmente facciamo fatica a capire che la
velocità del cambiamento in atto nel mondo,
mentre noi siamo arroccati e nostalgici. Non
ci diamo strumenti adatti per capire quanto
profondo questo cambiamento sia e così
non siamo più sintonizzati sui vari linguaggi
della gente.
Lo spaesamento è tanto che non riusciamo
a convincere che vale la pena credere al
Vangelo, e che Gesù è sorgente di felicità. E
non basta predicarlo, se prima di tutto non lo
vivi tu stesso, perché la gente vuole vedere e
sentire la presenza di Colui che fa palpitare i
nostri cuori e di manda in missione.
Il disagio dell’invecchiamento e di essere
rimasti in pochi deve da una parte essere
vissuto come un’opportunità e dall’altra
come un forte invito a ricompattarci, a
“fare cartello” per evitare la dispersione
delle forze specificatamente ad gentes per
dare un contributo qualificato al cammino
missionario delle varie Chiese locali.
Forse bisognerebbe riprendere in mano e
rileggere il piccolo libro di Baruc, il fedele
segretario di Geremia, un profeta che
dall’esilio in Babilonia invita gli esiliati a
“gettare via la veste da lutto … a stare in
piedi sull’altura … a guardare verso oriente”
(cfr Baruc 5,1-9). Un tipico richiamo del
periodo di Avvento il cui significato, però,
va ben oltre. Un invito alla speranza, ad
abbandonare i rifugi, a liberarsi di una
mentalità di “installati”, a scrollarsi di dosso
da Casa Madre 1/2013
33
l’inerzia, insomma a rifiutare l’immobilismo,
e arrendersi.
Chi si accontenta di posizioni acquisite, non
proverà mail la voglia di salire “sull’altura”,
non avvertirà mai il richiamo della novità, che
viene da “oriente”. Chi si limita a difendere
l’orizzonte domestico, non proverà mai il
rischio di una prospettiva più ampia.
Sull’altura non si raccontano le cose fatte
in passato, non si fa l’inventario di quanti
siamo e nemmeno si calcola l’età media dei
missionari. E, soprattutto, non si vive di
rimpianti.
Si, a pensarci bene, il punto ad oriente verso
cui il profeta sollecita a guardare, non è un
punto geografico. Si tratta di puntare gli
occhi, il cuore, la mente in direzione di Dio.
Di quel Dio capace di compiere “grandi
cose” (Salmo 125) e per il quale “niente è
impossibile” (Luca 1,37).
Lo “sguardo diverso” rappresenta la più
grande sfida a una situazione di delusione e
rassegnazione. Noi missionari non possiamo
accettare il verdetto inesorabile dei fatti,
delle statistiche.
Il realista si limita a fare l’inventario di ciò
che ha sotto gli occhi, il missionario, uomo
della speranza dà un nome alle cose assenti,
intravede, sotto la superficie, il nuovo che
avanza.
Un discernimento quindi della volontà di
Dio, in ricerca proprio mentre sei itinerante,
perché lo snodarsi del viaggio ha sempre
una dimensione di esodo, di uscita dal
proprio mondo, di costante cambiamento
di prospettive, di orizzonti, di panorami,
un’inesauribile ricchezza di volti e paesaggi
nuovi, un’alternanza del pensiero tra il luogo
noto e certo che si è lasciato e l’ignoto cui si
va incontro e tra strade già battute e nuovi
sentieri dove Dio è pronto ad offrirci le sue
sorprese.
34
Sempre però al seguito di Gesù che, come i
Vangeli mostrano, non sceglie di portare il
suo insegnamento innanzitutto e soprattutto
nei luoghi di culto o nei luoghi della cultura,
da Casa Madre 1/2013
né in quelli della politica o in quelli del
mercato. Sceglie prioritariamente la strada:
il traffico della strada, dove la sorpresa è
sempre di casa. Dove non si può scegliere
chi incontrare né da chi lasciarsi incontrare.
Dove non puoi nasconderti e sei esposto ed
esponi gli altri al tuo sguardo.
Dove vi è una presenza umile e (quasi) nuda
di noi stessi. Una presenza precaria, ma –
è questo il punto – già aperta, disponibile
all’altro, allo sconosciuto, allo straniero,
incontrando il quale e lasciandosi incontrare
dal quale possiamo forse cogliere quello
sconosciuto che abita in noi e divenire perciò
più coscienti di noi stessi e della nostra
missione.
Qualcosa di questo l’ho vissuto e percepito
anch’io. Le persone incontrate nel mio
girovagare, i giovani della scuola, i fedeli
nelle parrocchie, le riunioni con i tentativi
di trovare un linguaggio nuovo per l’unica
missione di Gesù, gli occhi stanchi e
smarriti dei barboni immigrati di via della
Conciliazione, sono alcuni dei luoghi e delle
persone che rappresentano l’altura da cui
partono itinerari nuovi, insperati, innovativi
che come missionari dobbiamo arrischiare,
come evangelizzatori, annunciatori della
Buona Novella.
E’ un’ “altura” che si trova ovunque, non
solo in Italia, da identificare, per salirci e per
guardare sempre lontano, e così offrire Gesù
come speranza e consolazione ai tanti che
lungo le strade e nelle piazze ci attendono,
perché come diceva Paolo VI nel discorso di
chiusura del Concilio Vaticano II: “Le strade
del mondo, sono le vie di Dio”.
In strada, come il popolo di Israele in uno dei
viaggi più famosi dell’antichità, quell’esodo
che è divenuto ben presto paradigma di
ogni “uscita” dalla schiavitù verso la libertà,
metafora di un ininterrotto viaggio interiore
che attraversa l’aridità del deserto in direzione
di una terra “promessa”? un esodo per uscire
dalle soffocanti sicurezze di un tempo che
diventano miraggi che distolgono lo sguardo
da possibilità nuove, da spazi aperti ma
esigenti. Un esodo tra l’ansia dell’ignoto e la
nostalgia del già noto.
E’ necessario salire sull’ “altura” per
continuare a pensare in grande con lo spirito
e allora saranno grandi anche i piccoli
progetti e sarà piena e felice anche la vita.
E’ questo che, in fondo, ho imparato:
bisogna tenere sempre viva la “nostalgia di
una missione ampia e mai finita”.
Perché “Se vuoi costruire una nave, non
radunare uomini per raccogliere il legno
e distribuire i compiti, ma insegna loro la
nostalgia del mare ampio e infinito” (Antoine
de S. Exupery).
35
da Casa Madre 1/2013
Colombia
VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI
36
NOS UNIMOS EN LA ALEGRIA QUE VIVE EL COLEGIO JOSE ALLAMANO,
POR EL RECONOCIMIENTO QUE HACE EL MINISTERIO DE EDUCACION
NACIONAL A LA INSTITUCION POR SU DESEMPEÑO. RECONOCIMIENTO QUE
CORRESPONDE A LOS FRUTOS QUE VA DANDO GRACIAS AL EMPEÑO DE
QUIENES ESTAN LIDERANDO ESTE PROYECTO.
UN MODO AGRADABLE PARA CONTINUAR CELEBRANDO
EL CAMINO DE ESOS 50 AÑOS DE LABOR.
P. JOAQUIN PINZON
Superior Regional IMC Colombia-Ecuador
da Casa Madre 1/2013
Comunidad del Propedéutico 2012
Nos Reunimos como comunidad del
Propedéutico para celebrar la erección de la
nueva casa de formación del IMC Colombia
en La Unión – Valle, Corregimiento de San
Luis, en compañía del superior regional
Padre Joaquín Pinzón, el Señor Obispo
de la Diócesis de Cartago – Valle Mons.
José Alejandro, formador Padre Ricardo
Bocanegra, Sacerdotes, Seminaristas y
comunidad parroquial, todos invitados a este
acontecimiento en la fiesta de la Basílica de
Letrán.
Cordialmente;
Daniel Antonio Bohórquez Córdoba
Luis Fernando Cerquera Salas
Colombia
UNA GRAN APERTURA PARA EL IMC
Yecid Francisco Blanco Duarte
Jordy Anderson Guzmán Cala
Padre José Ricardo Bocanegra
Como comunidad del Propedéutico nos
establecimos en este lugar el pasado 22
de Julio del 2012, empezamos aportando
nuestro granito de arena en la reorganización
y embellecimiento del lugar para que este
día 09 de Noviembre del 2012, junto con
la celebración eucarística presidida por
Monseñor en el oratorio de la casa se diera
apertura oficial ante la diócesis, siendo
una alegría comunitaria la erección de este
nuevo espacio de formación para la futura
generación.
Este es el inicio de una casa adecuada para
todos aquellos jóvenes que desean iniciar
su proceso de formación misionera en el
Instituto de la Consolata para Misiones, como
ya lo hemos iniciado nosotros los propedéutas
2012.
Gracias a todos por el apoyo a esta etapa
de formación y queda decirles que esta es la
casa donde todos estamos comprometidos en
la formación de los futuros misioneros que
la misión y el Instituto nos exige y ustedes
nos pueden enriquecer con la experiencia
visitando nuestra casa que nosotros con los
brazos abiertos los recibiremos.
37
da Casa Madre 1/2013
NOVO SACERDOTE DA CONSOLATA
P. Domingos Forte, IMC
No final da tarde do dia 24 de novembro de
2012, em Jaguarari, estado da Bahia, o diácono
Robério Crisóstomo da Silva foi ordenado
sacerdote, missionário da Consolata, pela
imposição das mãos do bispo auxiliar de São
Salvador da Bahia, dom Giovanni Crippa,
também missionário da Consolata.
Brasile
A solene celebração aconteceu em plena
praça do forródromo, em frente à Igreja
Matriz da Paróquia de São João Batista.
O recinto da praça revestiu-se de canto,
oração e muita alegria, com uma numerosa
multidão. A liturgia da Solenidade de Nosso
Senhor Jesus Cristo, Rei do Universo,
deu maior brilho à festa. Dom Giovanni
enfatizou que “somos um povo sacerdotal
gerador deste fruto saboroso para a missão
da Igreja no mundo”. E para descer mais
ao concreto, o bispo ordenante ilustrou
com a famosa passagem do profeta Isaías
que diz: “o Espírito do Senhor está sobre
mim, porque ele me consagrou pela unção
para evangelizar os pobres; enviou-me para
proclamar a libertação aos presos e aos
cegos a recuperação da vista, para restituir
a liberdade aos oprimidos (Is 61, 1-2). Por
isso, dom Crippa, ao concluir a sua homilia,
exortou ao neo-sacerdote que não se
esqueça jamais do sobrenome que carrega
“Consolata” (= consolar, consolação) e a
tomar consciência do que faz e a viver o que
celebra.
38
da Casa Madre 1/2013
Fruto da terra Natural da comunidade de Nossa
Senhora do Perpétuo Socorro, Gameleira, a
15 km de Jaguarari, Robério Crisóstomo da
Silva, 33 anos, filho de Laércio Crisóstomo da
Silva e de Maria Adelina Gonçalves da Silva,
é o caçula de cinco irmãos. Foi com o padre
Joseph Waithaka, missionário da Consolata
queniano, que iniciou o seu discernimento
vocacional. Recebeu também uma preciosa
ajuda de padre Ramón Casallas, imc, e padre
Airton, sacerdote diocesano, que constituíam
a equipe de animação vocacional da diocese
de Senhor de Bonfim, através dos encontros
vocacionais que organizavam. Em 2003, deu
entrada no Instituto Missões Consolata, em
Cascavel, onde fez o ano Propedêutico. A
partir daí o processo de formação seguiu o
seu curso normal: fez a filosofia em Curitiba,
o noviciado na Argentina e os estudos
teológicos em São Paulo. E a vida não para!
Antes mesmo da ordenação, padre Robério
recebeu de seus superiores qual será o seu
próximo destino: Venezuela.
P. Joaquim Gonçalves, IMC
A liberdade profética é o assunto da tese do
padre Mário de Carli, missionário da Consolata,
apresentada no Instituto ITESP, em São Paulo,
nesta manhã, dia 28 de novembro.
Liberdade e profecia, segundo a tese do
padre Mario, é parte muito importante da
visão teológica e missiológica do teólogo
José Comblin. A Igreja no Brasil deu passos
importantes na sua identificação com os
pobres, mas não perseverou como se esperava
nesse caminho por timidez. Comblin se
identificou, sobretudo, com os pobres do
semiárido do Norte e Nordeste. Foi nesse
âmbito que idealizou um novo modelo de
pastoral, um novo modelo de formação e
construiu o “seminário da enxada”, onde os
estudantes se preparavam para a pastoral, se
mantendo com o trabalho agrícola. Sua visão
de Igreja combinava bem com a visão de dom
Hélder Câmera.
Para que a Igreja mostre que é livre e possa ter
coragem de ser profeta, necessita colocar-se
a serviço do Espírito. O espírito incomoda,
Brasile
A LIBERDADE PROFÉTICA
move e impulsiona.
No diálogo entre professores e o defensor
da tese, foram sublinhados alguns aspetos
importantes da vida de Comblin. “Comblin
foi amado por uns e rejeitado por outros, mas
nunca conseguiram pegá-lo em contradição.
Era discreto, tímido, profundo e simples
com o povo”. Padre Mário foi elogiado pela
coragem de “arriscar e entrar num âmbito de
estudo difícil e ser capaz de se apropriar do
pensamento teológico do Comblin”.
A dimensão profética foi muito bem
salientada tanto pelo defensor da tese como
pelos professores. De fato uma igreja para
ser profética tem que ser livre dentro de si
mesma, mas para isso, todos os seus membros
têm que ter consciência dessa liberdade que
não se submete aos desejos da carne. Enfim,
todos concluíram que o padre José Comblin
nos deixou uma herança teológica importante
que ainda não foi valorizada como merece
ser.
39
da Casa Madre 1/2013
LA PASTORAL INDÍGENA EN ECUADOR...
UN CAMINO HECHO JUNTOS/AS…
P. Julio Caldeira, IMC
En esta semana de 12 a 21 de noviembre
de 2012 se realizaron las Asambleas de todas
las dimensiones de la Pastoral Indígena de
Ecuador, en Puyo (provincia de Pastaza, en
la parte amazónica del país): a nivel zonal
y nacional de los Servidores de la Iglesia
Católica de las Nacionalidades Indígenas de
Ecuador - SICNIE (catequistas, animadores,
etc.); de los agentes de pastoral indígena (API),
conformada por sacerdotes, religiosos/as y
laicos/as; y, por fin, la Asamblea Anual con los
delegados de las diócesis, vicariatos, directiva
del SICNIE, departamento de pastoral indígena
de la Conferencia Episcopal Ecuatoriana: CEE
(obispo, responsable y secretaria).
Ecuador
El Ecuador es un país que cuenta con tres
realidades geográficas distintas: Costa, Sierra
y Amazonía, contando con una vasta realidad
indígena, que representa alrededor de 25% de
la población.
40
da Casa Madre 1/2013
Mapa: http://www.visitecuador.travel/
mapas.php?categ=11&idiom=1&menu=2
Estos están conformados por 14
Nacionalidades (Andoa, Zápara, Kichwa,
Siona, Secoya, Cofán, Huaorani, Shiwiar, Shuar,
Achuar, Chachi, Epera, Tsáchila y Awá), siendo
que la Nacionalidad Kichwa está conformada
por 19 pueblos que están unidos por la lengua,
el kichwa, pero con procesos sociales, políticos,
económicos, culturales y espirituales distintos.
En el cuadro abajo se puede observar esta
diversidad:
Ecuador
REGIÓN SIERRA
Mapas: http://www.saludancestralcruzroja.org.ec/web/index.php/presentacion/diversidadetnica.html
REGIÓN COSTA
REGIÓN AMAZÓNICA
41
da Casa Madre 1/2013
A nivel de representatividad, el movimiento
indígena está organizado en asociaciones,
organizaciones, federaciones y otros medios,
siendo la principal la Confederación de
Nacionalidades Indígenas del Ecuador
(CONAIE).
A nivel eclesial, está organizado a nivel de
servidores y agentes de pastoral:
1.
Servidores de la Iglesia
Católica de las Nacionalidades
Indígenas del Ecuador (SICNIE):
Ecuador
Fue creada en Saquisilí (Cotopaxi – región
central de Ecuador) el 5 de Febrero 1.988 por
la iniciativa de algunos Servidores Indígenas,
con el apoyo de Mons. Leónidas Proaño, en
búsqueda del fortalecimiento de la identidad
de los Pueblos Indígenas. En Ecuador y en
otros países, Mons. Leónidas Proaño, obispo
de Riobamba, es conocido como el “obispo de
los indígena” por su trabajo de décadas en la
evangelización y organización de los indígenas
en Ecuador. Tiene como objetivo: “Construir la
Iglesia Católica Indígena desde las experiencias
y expresiones de fe de cada cultura a la luz del
Evangelio, reafirmando nuestra identidad de
servidoras y servidores para ser fermento del
Reino de Dios”. Para ello, se reúnen dos veces
al año (mayo y noviembre) para las Asambleas
del SICNIE.
42
Son miembros del SICNIE: “todos los
Servidores y Servidoras, Animadores, Ministros,
Catequistas, Cantoras, grupos musicales
Organización de Mujeres, Grupos Juveniles,
Organizaciones de Residentes, Estudiantes de
los Centros de Formación Indígena, Religiosas,
Diáconos Permanentes, Sacerdotes de las
diferentes Nacionalidades Indígenas del país”.
Para una mejor coordinación el SICNIE
estará organizado en cinco Zonas: SICNIE
Norte (Imbabura, Pichincha, Cotopaxi),
SICNIE Centro (Tungurahua, Chimborazo,
da Casa Madre 1/2013
Bolívar, Guayaquil), SICNIE Sur (Cañar, Azuay,
Loja, Zamora Chinchipe, El Oro), SICNIE
Amazonía (Sucumbíos, Francisco de Orellana,
Napo, Pastaza, Morona Santiago) y SICNIE
Costa (Awa, Chachi, Tsachila, Epera). Aún más
del SICNIE Nacional y los Zonales, en cada
provincia está organizado el SICNIE provincial.
Entre otros, en el SICNIE hay la preocupación
por los Residentes/Migrantes que están en las
ciudades, sobre todo en Guayaquil y Quito,
por las mujeres y jóvenes. Con relación a los
jóvenes, estos se conformaron en 2002 como
SICNIE Juvenil. En el SICNIE, los Agentes de
Pastoral Indígena (sacerdotes, religiosos/as y
laicos/as), son miembros pasivos del SICNIE
que tiene la función de asesorar a los servidores
de dicha organización.
La Directiva del SICNIE para este periodo
2012-2014 está conformada por los Tsachila y
Chachi de la Zona Costa, asesorados por un
sacerdote Chachi y una religiosa Laurita.
2.
(API)
Agentes de Pastoral Indígena
Como fue dicho anteriormente, los Agentes
de Pastoral Indígena son sacerdotes, religiosos/
as y laicos/as que se dedican a reflexionar,
acompañar y animar a los servidores para que
lleven adelante los trabajos en las comunidades.
En general, como el SICNIE, hay dos encuentros
anuales a nivel nacional, generalmente después
del SICNIE nacional, con el objetivo de seguir
mirando los compromisos asumidos por los
servidores y planificando nuestro caminar
juntos a ellos y entre nosotros.
Para este periodo 2012-2014, los agentes de
la Zona Amazonía llevan adelante la animación
del API-Nacional.
3.
Asamblea
Nacional
Pastoral Indígena (ANPI)
de
En el proyecto de la Pastoral Indígena 20102013 se quiere “vivir el Evangelio con los Pueblos
Indígenas, desde su cosmovivencia y valores
propios, para hacer presente el Reino de Dios
– sumak kawsay – en la realidad intercultural”, a
partir de 3 ejes:
de la Pastoral Indígena en Ecuador y en toda
América, en la unidad y búsqueda de “fortalecer
la inculturación del Evangelio en los pueblos
indígenas, a partir de las semillas del Verbo y de
sus experiencias de Dios, para anunciar y hacer
presente su Reino, desde la Iglesia Católica
Indígena con rostro, corazón y pensamiento
propios; y con sus agentes, ministerios, teología
y liturgia”.
Ecuador
Esta asamblea se reúne anualmente en
noviembre, para: “Evaluar y planificar el
caminar de la pastoral indígena, partiendo de la
realidad de las nacionalidades y pueblos, a la luz
del Evangelio y de los Documentos de la Iglesia,
con la finalidad de construir la Iglesia con rostro
y pensamiento propios con la perspectiva del
Reino de Dios”.
1) Identidad y Espiritualidad (SICNIE;
SICNIE Juvenil; Vida religiosa y sacerdote
indígena).
2) Evangelización y Formación (Misión
y familia; Formación y sistematización
teológica; API – Agentes de Pastoral
Indígena);
3) Organización (Mujeres; Tierra y territorio;
Residentes y Migrantes).
Estos son divididos en comisiones, que
cuentan con un objetivo, coordinación e
integrantes que llevan adelante la programación
del año.
Para el año de 2013 la iluminación de la
Pastoral Indígena Nacional es: “vivir y celebrar
el Año de la Fe desde nuestra espiritualidad”.
Conclusión
Así estamos caminando en Ecuador cuanto a
la Pastoral Indígena, un camino hecho juntos/
as, entre Obispos, Sacerdotes, Religiosos/as,
Laicos/as dedicados a la realidad indígena y entre
los propios Servidores/as de las Nacionalidades
Indígenas.
Que Yaya Dioslla siga bendiciendo el camino
43
da Casa Madre 1/2013
«PREGATE IL PADRONE DELLA MESSE»
P. Ermanno Savarino, IMC
Preghiera per le vocazioni pensata dalla
Conferenza regionale IMC Italia
«L’incaricato delle vocazioni promuova
e coordini un giovedì al mese di adorazione
continua (24 ore) per le vocazioni a Fratello
e Sacerdote Missionario della Consolata,
distribuendo i turni tra le comunità della
regione, coinvolgendo anche altre persone».
(Atti della III Conferenza della Regione Italia,
Certosa di Pesio, 14-19 maggio 2012, p. 31)
Cari Confratelli missionari,
L’idea nata dalla III Conferenza della
Regione Italia di pregare per le vocazioni, non è
soltanto un grido di supplica di fronte all’aridità
di vocazioni per la nostra famiglia missionaria in
Italia e in Europa in questo momento, risponde
prima di tutto all’invito del Signore a pregare «il
padrone della messe perché mandi operai nella
sua messe» (Lc 10, 2). È il Signore che continua
a chiamare, è Lui che continua ad affascinare il
cuore dei giovani per farli diventare pescatori
di uomini per la sua Chiesa, missionari del suo
vangelo nel nostro istituto.
Italia
A noi, suoi discepoli, Gesù affida il compito
di accogliere e accompagnare la ricerca di Dio
dei giovani che mette sulla nostra strada, di
mostrare con la testimonianza della nostra vita
la bellezza della nostra vocazione di Missionari
della Consolata. Si tratta di accompagnare,
non portare, di creare le condizioni perché
l’incontro con il Maestro possa avvenire anche
nelle nostre case e i giovani possano “venire e
vedere”.
44
Pregando per le vocazioni nella Chiesa e
nella nostra famiglia, facciamo memoria anche
della nostra chiamata: ricordare gli inizi della
nostra avventura con il Signore ci aiuti a essere
uomini di Dio capaci di aiutare i giovani a
da Casa Madre 1/2013
scoprire la sua presenza e la sua volontà nella
loro vita.
Indicazioni
1) Temendo e non volendo che la difficoltà
organizzativa di coordinare le comunità della
regione in turni di adorazione rendesse difficile
l’esordio di questa iniziativa e la prorogasse
ulteriormente, si è scelto di attuare il mandato
della Conferenza proponendo – per il momento
– un’ora di adorazione per le vocazioni in
ognuna delle nostre comunità ogni primo
giovedì del mese. Le comunità assumeranno
la responsabilità di trovare in quel giorno
il tempo più opportuno, tenendo presente
anche la possibilità di coinvolgere i laici. Strada
facendo valuteremo, anche grazie all’adesione e
ai suggerimenti dei confratelli, se sarà possibile
passare all’adorazione continua di 24 ore così
come pensata dalla Conferenza.
2) Sarebbe bello che, oltre all’ora di
adorazione, nel giorno stabilito, quando il
calendario liturgico lo permette, si celebri la
Messa per le vocazioni.
3) Proponiamo una scheda con alcuni testi
per “rompere il ghiaccio”, per iniziare questo
momento di preghiera e di riflessione della
regione. Ogni mese verrà poi inviata una
scheda, per mantenere un collegamento tra le
varie comunità e per facilitare la preparazione. I
contenuti sono stati pensati sia per l’adorazione
comunitaria, sia per quella individuale: un
brano della Scrittura, una citazione dagli scritti
del Fondatore, un testo di riflessione di autore
contemporaneo, preghiere d’intercessione nelle
quali ricordare anche gli avvenimenti importanti
di famiglia (professioni, ordinazioni, tappe
del cammino formativo). Nella celebrazione
comunitaria, questi contenuti possono essere
7 febbraio
Esempio di possibile
l’adorazione comunitaria:
4 aprile
traccia
per
* Canto per l’esposizione (tratto dal repertorio
in uso nella comunità)
* Silenzio adorante dopo la conclusione del
canto
* Contenuti proposti nella scheda, con
adeguati tempi di silenzio distribuiti tra l’uno e
l’altro
* Reposizione dopo l’orazione conclusiva
Il calendario
Italia
opportunamente collocati dopo l’esposizione
del Santissimo Sacramento, eseguita secondo lo
stile delle varie comunità.
7 marzo
2 maggio
6 giugno
Con l’augurio e la preghiera che questa
iniziativa ci aiuti ad alimentare la comunione
nella nostra famiglia missionaria e a leggere i
segni dei tempi, alla luce del Vangelo e sotto lo
sguardo paterno del Beato Giuseppe Allamano.
Vittorio Veneto, 21 novembre 2012,
Memoria della Presentazione al tempio della
B.V. Maria
Da dicembre 2012 a giugno 2013:
5 dicembre
3 gennaio
45
da Casa Madre 1/2013
RICORDANDO P. LELLO
P. Marco Turra, IMC
Tanzania
Negli anni in cui entrai nei missionari
della Consolata ad Alpignano,
passavo spesso a Bevera durante i
brevi periodi di vacanza e Lello era
sempre lì pronto ad accogliermi e a
farmi sentire a casa. Era incaricato di
Namaste, il centro d’accoglienza per
gli immigrati, ma soprattutto ricordo
il suo modo spontaneo di rapportarsi
coi giovani e la sua simpatia che
trasmetteva
attraverso
qualche
espressione del dialetto brianzolo
che aveva imparato. Ricordo anche
una volta a Torino, quando presi la
parola in un’assemblea regionale per
difendere un’attività pastorale che
svolgevo in quegli anni. Ero molto
emozionato, era una delle prime volte
che parlavo davanti ai confratelli
riuniti e ricordo che dopo il mio
intervento si alzò a difendermi con
entusiasmo.
46
Avevo conosciuto p. Lello a Bevera, quando
ancora non ero missionario della Consolata.
In quel tempo era appena arrivato in Italia,
dunque ancora parlava poco l’Italiano. Mi
accolse subito con un abbraccio e una curiosa
esclamazione, certamente ignara del nostro
contesto politico: “Forza Italia!”. Percepii
subito il suo entusiasmo missionario e la sua
voglia di comunicare. Da allora le nostre strade
si incrociarono sempre piu’ spesso, cosa che
adesso riconosco come un grande dono che il
Signore mi ha fatto. Tra i tanti momenti che
abbiamo trascorso insieme, ne voglio ricordare
alcuni che per me resteranno indelebili.
da Casa Madre 1/2013
P. Lello lo rividi in Tanzania, quando
nel 2005 andammo a trovare a
Moshi con p. Dido le famiglie dei
nostri seminaristi di Morogoro. Lo
incontrammo per caso in un bar e
subito ci invitò a casa sua. Andammo
a trovarlo dopo qualche giorno e ci fermammo
a dormire una notte a casa sua. Là conobbi i
suoi genitori e alcuni dei suoi fratelli e sorelle.
Anche la sua casa era un viavai di gente che
venivano per incontrarlo, salutarlo e chiedergli
qualche consiglio. Parlammo molto in Swahili,
nonostante io fossi arrivato in Tanzania da pochi
mesi, lui stesso si stupì di questo fatto. Il mio
Swahili in realtà era ancora molto povero, ma
lui mi disse per incoraggiarmi che già parlavo
come un tanzaniano. Mi portò anche a vedere
la chiesa in cui da piccolo faceva il chierichetto:
quando me lo disse, ci facemmo una bella risata
di complicità.
Tanzania
Nel 2007 p. Lello fu poi destinato in Tanzania,
dove avrebbe poi studiato nella città di Mwanza
scienze della comunicazione, essendo stato
destinato alla nostra rivista Enendeni. Anche
a Mwanza lasciò un segno indelebile, e me ne
accorsi la sera in cui sparì inghiottito dall’Oceano
Indiano. Noi fummo molto cauti nel diffondere
la notizia perché’ speravamo in qualcosa di molto
diverso rispetto a quella che purtroppo era già
una tragica realtà. Mi telefonò un religioso che
aveva studiato a Mwanza e mi disse che da là
aveva ricevuto la notizia della scomparsa di Lello.
Noi ci eravamo incontrati nel 2007 ad
un’ordinazione nella parrocchia di Nyabula,
prima che io tornassi in Italia per la licenza
in teologia. Parlammo a lungo quella volta e
di quel colloquio mi colpì una cosa: anche se
avrebbe dovuto trascorrere i successivi tre
anni all’università, mi confessò che voleva fare
qualcosa di importante per il proprio paese,
come missionario della Consolata. Già allora
sognava una regione diversa e credeva in alcuni
cambiamenti che poi avrebbe cominciato
effettivamente ad attuare 4 anni dopo come
superiore.
Quando tornai in Tanzania e lui fu eletto
superiore dopo il capitolo, ci incontrammo nella
missione di Heka: ero diventato prete da pochi
mesi e lui mi disse che per qualche tempo avrei
dovuto fare il parroco a Sanza.
Poi, nel giro di pochi mesi, mi chiese di andare
prima a Ikonda per collaborare con p. Sandro
Nava e la comunità dell’ospedale, poi a Iringa
come amministratore della regione. Abbiamo
collaborato spalla a spalla fino all’ultimo e lui mi
chiamò anche la mattina che precedette la sua
tragica scomparsa. In quei giorni non volevo
disturbarlo, perché’ era impegnato col consiglio
continentale, ma lui mi chiamava e mi scriveva
per sapere come stavano i suoi missionari. Fino
all’ultimo.
Ancora adesso mi domando le ragioni di tutta
questa fiducia che lui riponeva in me, una volta
mi disse che continuava a ricordare la prima
47
da Casa Madre 1/2013
Tanzania
volta che ci incontrammo a Bevera come
felice presagio di una vita di lavoro assieme.
La sua nei miei confronti era una fiducia
spontanea, segno di un discreto e sempre
presente incoraggiamento. Con l’entusiasmo
che manifestava con tutti. Questo stile e’ per me
48
da Casa Madre 1/2013
un segno chiaro del fluire libero e sciolto della
grazia divina. Mi mancherai Lello, anche se il
tuo ricordo resterà sempre vivo in noi.
Ulaanbaatar
VITA NELLE COMUNITÀ
CHINGGIS KHAAN FESTIVAL
Fr. Ernesto Viscardi, IMC
The year 2012 mark the 850th anniversary
of the birth of the Great Chinggis Khaan,
the founder of the Mongol empire. By a
decree of the President of Mongolia the
14 of November, the day chosen for this
celebration, will be a national holiday and
at the same time it will be celebrated as a
“National Pride Day”.
Surely
this
has
nothing
to
do
with
da Casa Madre 6/2012
49
homonymous celebrations going on around
the world. Chinggis Khaan, the legendary
initiator of the Mongol empire remains a
major figure of reference for the recovered
identity of this young post communist
democracy.
No doubt Mongolia has many reasons to be
proud of. The last June political elections
which saw the passage of power from the
ancient communist party to a Democratic
coalition, is indicated as an example of great
democracy, peace and stability among many
regions in central Asia.
Moreover this former communist country
of almost 3 million people has the world’s
fastest growing economy, due to rampant
gold, tin, copper and coal mining. Investors and political delegations from all corners of
the world are flogging in this country which
appears to be like a new “Eldorado” in a
difficult world economic situation.
Needless to say, the wild beauty of the
country, its famous landscapes filled with
emptiness and silence, make this nation
a special attraction for tourist and nature
lovers.
Ulaanbaatar
There is also a sense of proudness in the
heart of each Mongolian citizen. How many
times we hear the expression: bi bol mongol
khun (I am a Mongolian). It is a way to affirm
a national identity, to recall the memory of
a glorious past and maybe to express the
will to take an active part in the world’s new
upcoming scenarios.
50
If these are some of the reasons to be proud
of, the Mongolian people and its governing
bodies are the more aware of the challenges
and difficulties, which lay ahead.
Growth Poverty
The 17% of last year and the 11/12% of
national growth expected this year has to take
into account the 30% of the Mongolians
who still live in poverty. A situation which
has described the nation as a “beggar sitting
on gold”. The distribution of wealth from
mining revenues to the population must be
da Casa Madre 1/2013
looked into with a long distance planning.
The indiscriminate distribution of money
cash to people, in an old socialist and populist
style, may risk reducing opportunities for
more durable investments in infrastructures,
services, formation, industries, quality of life
and it may boost inflation.
The will of part of the government to
restart a discussion on already signed mining
agreements with powerful multinational
companies, like Rio Tinto and its associate
Ivanhoe (Turquoise Hill) has put many
investors on the alert about the security of
their investments with the risk to slow down
a flow of capitals so much needed in this
moment.
New reach and new richness are creating an
evident economic social divide with a middle
class which can hardly reach the end of the
month with their monthly salary.
Mining resources and mining revenues, make
the principal motor for the actual Mongolian fast growing economy. But among the
population, and especially among the herders,
who have seen their grazing lands invaded
by huge infrastructures and their soil turned
upside down by powerful machinery, are
questioning the impact of mining on the
fragile environment already stressed by 40
millions head of animals and an advancing
desert. Strong laws to protect environment
are needed to balance the need in one side
to take advantage of the enormous mineral
recourses and on the other to protect nature
and the still existing traditional nomadic style
of life.
Corruption
It is the virus corroding the system from
within. The sentence by a court in Ulaanbaatar
condemning the former President Enkhbayar
Nambar to four years in prison on corruption
charges, even though, as somebody suggested,
tainted with some political intentions, may
indicate the strong will of the government to
get rid of this situation which seems to be
spread, in different ways and forms, in all the
strata of the politico-administrative apparatus
of the nation.
Old and new
Since the 1990 collapse of communism,
Mongolia has changed considerably. Today,
modern towers stand proud
around Ulaanbaatar’s central
Sukhbaatar Square, which
soar
over
Soviet-inspired
monuments from the mid20th century. The mines also
provide relatively well-paid
jobs to local people who take
advantage of the available
opportunities. But inevitably
such a fast and uncontrollable
development is injecting in the
traditional nomadic Mongolian
culture new elements and new
models of life easily absorbed
by younger generations but
maybe more feared by the older or traditional
segment of the population. Newspapers,
televisions, public talks , parliament
discussions are much focused on mining,
investments, projects…etc and less aware of
how the Mongolian way of life is changing. To balance progress and modernity with
traditions, global market economy and local
way of life it won’t be an easy task but surely
a must for this people proud to affirm their
identity as sons and daughters of the great
Chinggis Khaan.
Ulaanbaatar
Environment
Conclusion
850 years ago the founder of the Great
Mongolian nation had the ability to unite into
one people tribal clans, stealing and fighting
each other. With great skill he organized
an army, which his successors and generals
will use to create one of the greatest empire
that history can remember. He established
a common system of laws, the Great Yasa, ensuring, often by force, what it was also
termed a period of “Pax Mongolica”.
In this much different historical phase the
descendants of Chinggis Khaan, in their
young democratic experience are facing
new situations and a new set of problems.
Will they succeed in solving them in view to
build a modern Mongolia enriched by all the
positive values of their ancient tradition? It
is our hope that this may well happened.
So Happy Chinggis Khaan Birthday and
happy national pride day, Mongolia!
51
da Casa Madre 1/2013
UN ATAÚD CUESTA MÁS DE QUINCE MIL PESOS
Puerto Ospina
P. Juan Antonio Sozzi, IMC
52
Hoy se terminó, después de una intensa
semana de movilizaciones, el paro campesino
que bloqueó durante días carreteras, vías y
ríos del Putumayo. Que este paro no fuera
precisamente un paro espontaneo, eso se sabía.
En cada vereda las juntas de acción comunal se
encargaron de animar la participación y el aporte
a la “justa causa” de indígenas y campesinos,
y hasta de lugares muy lejanos salieron para
hacerle oír al gobierno -que está regalando
los recursos mineros, propiedad de todos los
colombianos, a las multinacionales de toda la
vida, propiedad de “oligarquías genocidas”– la
voz clara, compacta e inconforme de los que
dicen no a semejante atropello.
da Casa Madre 1/2013
Hubo quien puso gente, otros pusieron remesa
y leña, algunos pusieron botes y motores… y la
marea humana se movilizó. Las vías se cerraron
al tránsito, se detuvo la navegación en los ríos, se
congelaron muchas actividades económicas… y
sin embargo en Puerto Ospina algo no funcionó
adecuadamente.
La cosa fue que tal vez la presidente de
la junta de acción comunal no se dio por
aludida o no fue adecuadamente informada,
posiblemente no llegaron a tiempo las noticias,
de pronto prevaleció el cansancio de tantas
otras manifestaciones análogas… lo que sí
fue cierto es que nadie salió de su casa y nadie
Puerto Ospina
estuvo dispuesto a asumir la fatiga, los peligros y
las incertidumbres de este paro.
Desde el primer días corrieron voces y
rumores aterradores, semejante desobediencia
a la “voluntad general” no se podía ni se debía
tolerar. Todo el mundo se preguntaba, ¿cuál será
el castigo?… hasta hoy en que se supo.
Desde la mañana corrió de casa en casa
y de boca en boca la noticia de que se estaba
convocando una reunión general y urgente de
todos los habitantes de corregimiento. En el aire
se escuchan expresiones como las siguientes:
– Hoy no se puede faltar a la reunión, la cosa
está que arde.
– Las amenazas son serias y han llegado
puntuales a las casas a las que tenían que llegar.
– Hay que tomar decisiones que son vitales
para el futuro de esta comunidad.
– Dicen que van a bombardear al pueblo.
Que nos van a acabar.
Por la tarde, a la hora establecida, al kiosco
del parque al lado del río no le cabía un alma más
y todas las doscientas familias que conforman
la comunidad civil del pueblito estaban de una
u otra manera representadas.
El aire se hace tenso y silencioso cuando,
después de dedicar buena parte del orden del
día a temas de escasa transcendencia, se llega al
motivo de la reunión urgente.
– La cosa es sencilla, señores -dice la
presidente de la junta de acción comunal sin
querer endulzar el trago amargo– hay que
colaborar con los gastos del paro, ya que no
colaboramos con ninguna otra cosa. Hay que
pagar remesa, medicamentos, otros gastos que
se hicieron durante la movilización en la que
nosotros hemos estado ausentes. Nos piden
este pequeño sacrificio y son dos millones que
tenemos que poner entre todos, y tienen que
estar listos para mañana, mejor si para esta
misma noche.
No escucho ni una palabra de reprobación
da Casa Madre 1/2013
53
o de inconformidad. La noticia se recibe
como una sentencia inapelable. Las únicas
observaciones que se escuchan revelan un
“savoir faire” tal vez forjado en años viviendo
día a día situaciones análogas.
– Pensándolo bien -dicen algunos- no es ni
mucho si todos ponemos lo que corresponde
a cada cual. Es un castigo casi más simbólico
que real.
– Son de a quince mil por familia -dice otro
que tiene la calculadora en el celular- eso si
todos pagan juiciosos. El que no tenga que pida
prestado. La junta también puede aportar con
alguno de sus recursos si al final es necesario
redondear alguito.
Los que venían preparados se echan mano
al bolsillo y en un cuaderno escolar el tesorero
de la junta va anotando juiciosamente los
nombres de las familias que quedan libradas
de sus obligaciones. Algunos cancelan solo una
parte y prometen el resto en pocos días. Otros
salen corriendo hacia las respectivas casas para
regresar rápido con lo debido.
Puerto Ospina
– La parroquia también tiene que pagar la
multa? -le pregunto al tesorero.
54
Me mira con aire confundido, después mira
a la lista que está anotando en el cuaderno, y
finalmente a la presidente de la junta con aire
interrogativo.
– No padre, la parroquia no está como tal en
el censo del corregimiento pero -añade- mire
como estamos, hasta ahora han pagado unos
cien y faltan otros tantos, y es para esta noche.
Aquí las cosas son así, siempre han sido de esta
manera. Nos encantaría un gesto de solidaridad
suya.
Me quedo mirándolo un momento, y
después le paso un billete de 20 mil. En silencio
anota la parroquia en su cuaderno escolar, me
entrega el vuelto y me dice “gracias”.
Ya la tarde está avanzada, más de uno decide
da Casa Madre 1/2013
descargar los nervios en la cancha de fútbol o
en la de volley de la escuela primaria, antes de
que se haga demasiado de noche, luego mañana
se verá.
En efecto aquí se trata de llegar al día siguiente
y sobrevivir a los estragos de esta guerra sin
fin. Mañana el sol amanecerá generoso sobre
los habitantes de Ospina acostumbrados a los
impuestos revolucionarios. También lo hará
para los soldados del cercano puesto militar que
desde las proximidades del kiosco escucharon
todo sin proferir palabra. Será un día bonito
también para los “barbados del monte” que
podrán contar con dos millones más con los
que alimentar sus sueños de guerra y revolución.
En Oslo mañana se hablará de paz -justo hoy
han empezado oficialmente los diálogos entre
el gobierno y las Farc-, pero Ospina queda lejos
de Oslo y, para curarse en salud, es mejor pagar,
pagar para no morir o vivir con la insoportable
tensión de la amenaza y del que nos pueda venir
encima.
– En esta guerra -dice doña Inés– hemos
siempre estado entre la espada y la pared, y si
no fuera por las cuatro familias que buscan a
Dios este pueblo desde hacía tiempo que estaría
acabado.
Mientras me alejo del kiosco el señor
corregidor me regala la perla del día.
– Verá padre, un ataúd cuesta más de quince
mil pesos.
Hall Notre Dame
Cocktail dînatoire IMC: du beau monde
au Château Dufresne
2e événement 2e réussite en autant d’années.
Le 12 novembre dernier, un cocktail dînatoire
était offert pour venir en aide au père Larose,
administrateur de l’hôpital de Neisu en RDC.
Nous pourrons lui faire parvenir un plein
conteneur de médicaments et d’équipements
médicaux d’une valeur de 100 000 $.
Présence IMC au Salon du livre de
Montréal 2012
Les Missionnaires de la Consolata de
Montréal ont accueilli à leur stand un grand
nombre de visiteurs avec lesquels ils ont pu
échanger. Une belle occasion de faire connaître
les Missionnaires de la Consolata et leurs œuvres
humanitaires.
Le 16 novembre, on a procédé au lancement
du dernier livre du père Jean Paré : Religion
et mission, La place des religions dans les sociétés
contemporaines.
Montréal
NOUVELLES
Merci à nos bienfaiteurs et bienfaitrices, aux
participants, aux commanditaires et à tous ceux
et celles qui, de près ou de loin, ont permis
cette belle réalisation.
Père Richard Larose : « Mille mercis pour
tout ce que vous avez fait ... Soyez assurés
de notre profonde gratitude. Que le Seigneur
de la Vie vous protège et vous comble de ses
bienfaits. »
De Neisu, le père Larose nous écrit:
J’anticipe de quelques jours l’annonce
officielle que le ministère de la santé devrait faire
55
da Casa Madre 1/2013
Montréal
le 23 novembre pour déclarer que l’épidémie
d’Ébola dans notre zone de santé est terminée.
Les médecins de Médecins Sans Frontières
ont quitté Isiro la semaine dernière ainsi que
les Canadiens qui étaient venus remplacés les
Américains au laboratoire spécial. Les expatriés
de Rio Tinto qui avaient quitté la Région à
cause de l’épidémie devraient revenir sous peu.
Selon le coordinateur que j’ai vu il y a 10 jours,
il y aurait eu 28 cas positifs de détectés au
laboratoire dont 18 sont décédés. Cependant
on pense qu’il y eu 36 morts en tout. De
fait, il y a encore des analyses qui se font
aux États-Unis sur des échantillons que
l’on a prélevés dans la région. Il y a eu aussi
parfois des contradictions dans les chiffres!!!
J’étais un peu gêné de vous écrire encore sur
l’Ébola comme s’il n’y avait que cette maladie
dans la région. Il est vrai que la fréquentation
à l’hôpital avait fortement diminué depuis
le début de cette épidémie. Était-ce parce
que les gens n’étaient pas malades ou parce
qu’ils craignaient de s’approcher d’une
source possible de la maladie? Je ne saurais
vous dire. Cependant je dois vous dire que
depuis deux semaines le nombre de malades
a sensiblement augmenté. Durant l’épidémie
d’Ébola, la moyenne à l’hôpital était d’environ
de 70 hospitalisés alors qu’aujourd’hui nous
en comptons 122 dont 71 enfants. Les cas de
malaria et d’anémie sont nombreux. Espérons
que nous n’aurons pas 180 enfants hospitalisés
comme cela s’est produit au début de l’année.
On peut maintenant recommencer la
planification
des
opérations.
Durant
l’épidémie on s’en tenait aux urgences : hernie
étranglée, césarienne, fracture, pour éviter
le plus possible les contacts avec le sang.
Il n’y a pas que de mauvaises nouvelles à
l’hôpital. Il y a trois semaines, sont nés des
triplets : 2 filles et 1 garçon. On peut ainsi dire :
La vie continue et le Seigneur nous donne la
Vie en plénitude.
56
da Casa Madre 1/2013
Grand Tirage des Amis de la Consolata
du 6 novembre dernier
Depuis de nombreuses années, la corporation
des Amis de la Consolata inc. organise un tirage
annuel au profit des œuvres des Missionnaires
de la Consolata. Le 6 novembre dernier au Hall
Notre Dame, plusieurs amis de la Consolata,
le personnel du Hall ainsi que quelques pères
ont assisté au tirage des billets gagnants sous la
direction du père Nelson Lachance. Les trois
heureux gagnants sont : le 1er prix , madame
Jacques de Québec, le 2e, madame Morissette
de Trois-Rivières et le 3e, madame Girard de
Hébertville. Félicitations aux heureux gagnants!
Un grand merci à tous ceux qui ont participé
à faire de cet événement un succès. Sans votre
contribution nous ne pourrions supporter tous
les projets qui en dépendent. Nous vous disons :
« À l’automne 2013 »! USA 29 octobre: la « furieuse » Sandy a
causé des dommages matériels mineurs à la
maison régionale des IMC à Somerset, au New
Jersey. Leur ancienne secrétaire, Elaine, a été
moins chanceuse et a dû se réfugier chez des
amis pendant plus de 2 semaines: chez elle, les
dégâts sont considérables.
P. Munyiri Venanzio Mwangi, IMC
Cali
“ES MEJOR VOLVERSE ATRÁS
QUE PERDERSE EN EL CAMINO”
La Pastoral Afrocolombiana de la Arquidiocesis
de Cali quiere compartirles la alegria inmensa
de celebrar la IV asamblea de pastoral afro,
inaugurando el nuevo centro, e integrando a
la familia de cada comunidad a participar y ha
descubrir su caminar en el proceso evangelizador
de la iglesia.
Fueron 2 dias llenos de emociones, formación,
cantos y evaluaciones que hicieron que nuestro
pueblo afro se sintiera nuevamente renovado
y lleno de esperanza para la prolongación de
sus tareas y deberes. Se comenzó con una
bella oración a cargo de las compañeras de la
comunidad de nuestra señora de aguablanca,
se hizo la apertura con el video institucional
de pastoral afro, donde de una manera clara y
dinámica se dio a entender que somos y que
hacemos. Continúo con la temática: ‘’lo que significa ser
negro en Cali’’ Luces, sombras y perspectivas, por
el Dr. Harold Viáfara, donde se dio a entender
las diferentes problemáticas de la gente que
necesita ser escuchada y las posibles soluciones
y atenciones a esta población en especial.
NEGRA- fue el video temático que resalto el
ser identificado como tal y lo orgulloso que es el
llevar esto en las venas, posteriormente se realizo
la segunda temática: perdón, recconciliación y el
duelo por el Padre Jorge Tulio OFM, donde se
mostro las diferentes facetas del perdon, de los
tipos de duelo y del proceso de reconciliación
que empieza por el amor propio y luego va hasta
los demas.
Nos acompañaron en esta jornada, un grupo
arquidiocesano que apoya a las comunidades
afro e indigenas en procesos rurales y otrosSAREP, quienes nos invitan a formar parte
de sus trabajos y experiencias que permiten
enriquecer nuestra herencia y el amor a la mdre
tierra que tanto nos da.
La Eucaristia Afro, siempre presente en las
actividades de pastoral, engalanaron a los
invitados quienes danzaron al son de cununo y
el guaza, y la melodiosa voz de sus interpretes,
Adoración al Altisimo y una bella reflexión por
parte de los seminaristas y personas del lugar;
termina este dia con una lunada cargada de
aerobicos y bailes autóctonos de nuestra tierra.
Finalmente, culmina la asamblea en un segundo
dia lleno de oración por parte de nuestras
compañeras de la comunidad de Villarica,
expectivas de trabajo comunitario y de amor,
que nos deja como enseñanza que la fuerza
interior, la comunión fraterna y esa hermandad
que nos caracteriza, hacen mas grande al ser e
ilumina nuestras vidas para una entrega total y
desinteresada a nuestro padre celestial, llendo
hasta el último lugar a llevar su mensaje.
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UN DÍA INOLVIDABLE
P. Ramon Esnaola, IMC
abrir un nuevo sendero para poder llegar al
campo.
Yo llegué hacia las ocho de la mañana y todo
el mundo ya estaba en plena faena. Una gran
marmita estaba al fuego para poner el arroz y
dos mamás se encargaban de la cocina.
Ya en el campo la gente se sorprendió mucho
de verme. Pensaban que venía para saludarles
y que luego me iba a ir. Pero se quedaron
boquiabiertos cuando empecé a cosechar con
ellos. Hubo algunos que me preguntaron si
había algodón en España.
Quiero compartir con todos vosotros la jornada
que viví el viernes pasado en Dianra Village. Llegué al pueblo el miércoles por la noche y
mientras iba paseando con Etienne, el hijo de
Maxime. Él me dijo en senanri que el viernes
iban a comer carne en el campo porque iba a
venir un gran grupo a cosechar el algodón en el
campo de su padre.
Yo interpreté ese comentario como un llamada
del Buen Dios que me hacía a abandonar el
trabajo “de despacho” y de pasarme el día al
aire libre para “compartir aunque sólo fuera
por un día el día a día de mi gente”.
Dianra
Así que el jueves le dije a Maxime que iría al
campo el viernes para echar una mano. Él se
mostró sorprendido porque no sabía cómo yo
me había enterado de su programa.
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Así fue, el jueves, después de la oración matinal
y del desayuno. Él vino en moto y nos fuimos a
su campo que está a unos cuatro kilómetros de
Dianra Village. Como las lluvias habían cesado,
ya casi no había agua en los dos riachuelos que
había que atravesar.
Un gran árbol se había caído y han tenido que
da Casa Madre 1/2013
Y así me di cuenta de la metodología de
trabajo. S edividen en grupos por edades: los
niños (porque los maestros estaban de huelga
desde hacía una semana y no había escuela), las
chicas jóvenes, los chicos jóvenes, las jóvenes
mamás y las mamás ya mayores. Un hombre se
encargaba de arreglar el algodón que todo el
mundo iba trayendo y el proprietario del terreno
iba circulando por todos lados animándoles a
trabajar y ayudándoles.
Yo hice más o menos lo mismo. Me ponía con
uno de esos grupos y les daba una mano.
En realidad, cada uno se encargaba de una
hilera y cuando terminaban ayudaban al que se
quedaba más rezagado.
Una chica se encargaba de llevar el agua de un
lado a otro para que todo el mundo estuviera
bien servido.
A las doce y media paramos para comer. Y,
efectivamente, comimos carne, como había
predicho Etienne. No es lo normal cuando van
al campo. Sólo hacen la comida así cuando es
«el gran día» de cosechar.
A la una ya todos estaban de pie al tajo. Yo me
tomé un respiro hasta las dos y luego me uní a
ellos.
Hacia las cuatro habíamos terminado. Todos
Dianra
estaban contentos aunque cansados.
Yo cuando me cansaba me dedicaba a hacer
fotos, y aquí os dejo una muestra de mi reportaje
gráfico.
Dice un proverbio chino que «antes de juzgarme
camina cuatro días con mis zapatos».
Bueno, yo lo hice un día y os aseguro que al día
siguiente tenía unas agujetas de impresión.
Pero fue bonito compartir el día con mi gente.
Además, por la noche, a las nueve y media
tuvimos la eucaristía de jóvenes y luego una
reunión. Total que me acosté hacia las once y
media.
Cansado.
Contento.
Le di gracias a Dios y al día siguiente, a las seis
de la mañana, ya estaba en pie para celebrar la
eucaristía.
Es preciosa la misión por estos lares. Me quedé
sorprendido que la mitad del pueblo ya sabía la
misma tarde que me había ido al campo para
cosechar el algodón. Y todos se partían de risa
cuando les mostraba el sitio donde tenía agujetas.
Ahora estoy inmerso en la formación de
nuevos animadores de CEBs de la parroquia de
Marandallah.
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da Casa Madre 1/2013
AMARCORD DELLA MIA MISSIONE
P. Luigi Manco, IMC
CHACO 1980
Arrivai la prima volta in Argentina il 31
ottobre del1978, cioé in tempo di dittatura. In
tempo di “ desaparecidos“. Ricordo l’amara
esperienza a una settimana del mio arrivo.
Andai nell’ambasciata di Buenos Aires per
domandare informazioni circa il destino di due
italiani. “Qui sono del tutto sconosciuti”, mi
risposero. “Non avranno fatto la fine di questi
“desaparecidos”, come si dice qui? Aggiunsi.
“Ma, reverendo – fu la pronta e insolente
risposta - anche lei crede a queste stupidaggini”?
Tartagal
Il primo anno e mezzo lo passai nel Chaco:
“missione di punta, in zone di punta ” . Ci misi
tutta l’anima. Pensavo che la dittatura fosse
cosa delle grandi cittá e mi inguaiai. Paura? Un
poco? Tuttavia, mi scopri’ piú coraggioso di
quanto immaginassi. Un giorno mi chiamó in
questura il Commissario. Diamogli un nome:
per esempio: Pilato. Ma se Pilato non era, di
certo apparteneva allo stesso grupo sanguigno.
“ E’ vero che lei proietta nelle scuole certi
cotometraggi tendenziosi e afferma cose che
offendono la dignitá della nostra Nazione?”.
“No, Sr. Commissario . Io, durante alcune sere
ho proiettato filmini missionari che parlano
di povertá estrema in certi popoli della terra a
conseguenza di ingiustizie sociali e politiche….
Se lei quie filmini li vuole vedere, li proietto
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da Casa Madre 1/2013
anche qui!.. In realtá taqui altre cose. Avevo
detto a quei giovani del liceo che di povertá
estrema – nonostante le sue immense ricchezze
– ne avevo vista tanta anche in Argentina. Con
“questi miei occhi” –avevo affermato - proprio
di fronte alla Commissaria ho osservato poveri
aborigeni frugare nel cassettone dell’immondizia
in cerca di qualcosa per esorcizzare la fame….
E avevo detto cose anche piú pesanti: andando
nelle vostre zone rurali ho esortato maestri e
maestre a leggere da altre prospettive la storia di
alcuni próceres (i grandi della patria). E avevo
insinuato: é ora di toglierli dal nicchio alcuni di
loro. E’ ora di svestirli…!
I leccapiedi di turno, certamente avevano
narrato tutto per filo e per segno al Tutore delle
Istituzioni antidemocrtiche. E lui, magnánimo,
Rimasi in silenzio. Ci congedammo cosí: Pilato
si lavó le mani mormorando come in forma di
scusa: guardi, io sono un exseminarista, non
volgio farle del male…ma le ripeto che il suo
nome sta giá depositato in Provincia ! Lo salutai
con una scossa di paura. E con un fremito di
orgoglio.
PIRANÉ, TERRA TANTO AMATA
Dal primo di Novembre del 2007 sono ritornato
in Argentina. A pochi giorni del mio arrivo ho
incassato un’immensa e insopsettata gioia: i
superiori mi inviarono inmediatamente alla
“Regina delle nostre missioni”: Pirané! A questa
missione, situata nell’estremo nord-est argentino,
ogni missionario della Consolata che vi é stato
potrebbe applicare il verso nostagico dell’Israelita
ésula dalla sua terra: Se mi dimenticassi di te,
Gerusalemme, che mi si paralizzi la destra; che mi
si peghi la lingua contra il palato! Quella missione,
infatti ha esercitato sempre un un misterioso
potere seduttore. Certo era una missione di
sfida. Ma proprio per questo ammaliava come
una innamorata. E la conserviamo, gelosi, nei
fondali della memoria del cuore. Nello scrigno
dell’anima. Ora, dopo di piú di 60 anni di
presenza l’abbiamo consegnata alla Diocesi.
L’hanno consegnata due missionari di eccezione:
Padre Merigo Antonio e P. Luigi Inverardi. Sono
due poli opposti in quanto a temperamento, ma
entrambi forti, ossuti, inossidabili di fronte alle
fatiche e ai rischi della vita missionaria. Ma la
será della consegna non hanno retto. E si sono
sciolti in lacrime. Stando a Pirané, non rare volte
mi succedeva di sorprendermi emozionato al
pensare che io, proprio io stavo ricalcando i
passi di quei pionieri. Rimanevo. a volte, come
trasportato sulle ali dei ricordi e delle na rrazion
del libro di famiglia. Mi sommergevo nelle loro
avventure, rivivendole. Ora mi trovo accanto
alla cisterna della missione. Benedetta cisterna:
quanta sete del popolo hai spento in decenni di
generosa acqua fresca e pura! E doppiamente
benedetta in quella notte di Pasqua quando
il padre Angelo Buratti, commosso perché la
gente insistentemente gli chiedeva aqua santa,
alla maniera di un redivivo Mosé lanció il grido:
seguitemi ! E con sacralit´di gesti benedisse
tutta la cisterna. E, dando un forte respiro
animó il popolo di Dio: su’, presto, buttate i
vostri secchi, i bidoni, le damigiane e tirate su
l’acqua: é tutta benedetta: é sgorgata dal petto
del Salvatore!. Pórtatela a casa! Portatela a
casa!! Ora sto contemplando il precipitare di
un’acquazzone improvviso, típico delle zone
subtropicali. E’ notte fonda. Ma il Padre Guido
Guerra, sguscia dal letto come un gatto, si
lancia fuori nudo come Dio lo faveva creato,
si dimena e canta come un giullare tra lampi,
tuoni e rovesci di acqua a cielo aperto: questa
sí che é una doccia, questa sí che é una doccia
!.. Le autoritá civili di Pirané a uno di questi
eroi ha intitolato una strada: Padre Domenico
Viola. Ma la memoria amante della gente li ha
decorati eroi tutti. Tutti li ha amati, venerati,
difesi. Immortalati !
Tartagal
si sentí in dovere di mettere in guardia il párroco
straniero e…imprudente. “Stia attento: il suo
nome e giá arrivato alla Provincia!”, mi ammoní.
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da Casa Madre 1/2013
TARTAGAL, CHI SEI?
Piercing al naso, alle sopracciglie, alle labbra.
Piercing all’ombelico. Immondizie scaricate
da ignoti a lato della tua casa; baccanali
con musiche assordanti la notte del sabato;
odore di marijuana mescolato a profumo di
gelsomini; compagnie di ragazze e ragazzi
che mantengono fedelmente il patto a San La
Muerte (una devozione che sa di orrore ed esige
consacrazione a suon di stille di sangue, di patti
di acciaio per disobbedire in casa, a scuola...E
per decidere a chi tocca – in tal data precisa
sparire o…sacrificarsi !).
Ed altro ancora é Tartagal: scugnizzi che in
pieno centro si sfidano a chi, con la sua fionda,
saprá abbattere maggior quantitá di mangos.
Scolari che ripassano la lezione o visitano
internet sdraiati sulle panchine della piazza
centrale grazie alla Presidente Crtitina che, due
anni fa, prima della sua seconda elezione, ha
regalato tre milioni de NetWork.
Tartagal
E che cosa ancora? Code di gente agli sportelli
delle Poste, del Banco, delle agenzie di pago.
Sotto l’acqua che pichia o esposti all’inclemenza
del sole ( in queste periferie della provincia di
Salta, la temperatura sfiora i 45-48º). Motorette
che frecciano a destra e a sinistra della tua
auto. E ti fanno sudare di pánico e ringraziare
il buon Dios, che, anche questa volta, li hai
lasciati incolumi tutti: lui, il bimbetto svezzato
ingabbiato tra le gambe del genitore che guida,
la genitrice con il neonatto sciacciato contro
il suo petto e le spallacce nude dell’abilissimo
sposo…!
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Ma soprattutto Tartagal é “molto altro” !
La popolazione – una mescolanza di creoli,
boliviani, aborigeni e minoranze di turchi – é
di una simpatía inmediata. Gli basta un sorriso,
un fermarti due munuti a conversare con loro
e hai l’accesso spianato all’accoglienza sincera,
allegra, contagiosa. E per manifstare l’allegria,
la festa, questa gente sembra nata a propósito.
Ritrovarsi insieme – a costo di grandissimi
sacrifici - nei compleanni di mamma e papá,
o dei nonni (che, spesso hanno salvato
egregiamente la familia) é un imperativo ético.
da Casa Madre 1/2013
Direte: feticismo! Nient’altro che feticismo.
Bene, in parte lo crediamo anche noi. E la
sfida ci appassiona, ci turba, sembra superare
le nostre forze e la stessa immaginazione.
Come infiltrare la purezza dell fede che va piú
in lá del rito celebrato? Come oppotunamente
immettere la dottrina sociale della Chiesa che
scardini la passivitá, la rassegnazione a lo “stato
quo” e scuota le cosienze affinché la fratellanza
non sia parola vuota, ma effetto di giustizia e
solidarietá? Pero, cari teologi e casti cultori
del culto impolluto, venite voi qui al nostro
posto e fateci da maestri circa come é possibile
essere pastori di anime in un ambiente che “é
cosí, punto!”. É chiaro che siamo d’accordo
con Paolo VI, che, cioé, la religiositá popolare
bisogna pulirla, correggerla, evangelizzarla. Ma
lo stesso papa aveva detto, come primo punto:
bisogna accoglierla amorosamente la religiositá
popolare! Non é cosí? Lo stesso proverbio
francese lo afferma: non gettare il neonato
insieme all’acqua fetida dove l’hai lavato.
HO VISTO UN UOMO CHE NON
MUORE !
Giá, non ve ne ho parlato! Prima di venire alla
missione di Tartagal ho trascorso quasi un anno
a Orán, sempre in provincia di Salta. Il párroco,
Padre Giuseppe Auletta – che con le mani alza
il calice e la cazzuola del costruttore di case –
mi incamminó a visitare apostólicamente los
Cerros de los Aborígenes: celebrare Messa,
assistere alle processioni, occuparsi della salute.
Luoghi, per la maggior parte che vivono senza
luce eletrtrica e senza molti altri conforts
delle nostre societá. Ma vivono intra bellezze
mozzafiato in quanto a pesaggi di flora, fauna.
Ambiente incontaminato e amato.
Un giorno, al terminare una processione,
una persona mi disse: Venga, padre le faccio
conoscere un signore. E, dirigendomi a lu,il
mio accompagnate mi disse in strama sintesi
di chi si trattava. Adesso sto davanti a lui. I
fotogravi ci riprendono. Mi guarda, lo guardo.
Non oserei parlargli perché lo shuardo mi
riempie l’animo e mi commuove fuori misura.
Vinco la timidezza: signore, veramente lei é
uno di quei coraggiosissimi indios che piú di
40 anni fa marciarono a cavallo fino alla Casa
Rosada (la residenza della attuale Presidente).
Sí la prima volta fummo ricevuti dallo stesso
Perón, poi dai Presidenti che gli seguirono.
Mi scusi davvero la prima volta percorsero
il camino a cavallo? E’ vero. E quanti giorni
impiegarono? Tre mesi! Tre mesi?! Tre mesi!
E’ vero che lei é l’ultimo testimone vivente di
quella epica impresa? E’ vero! E gli occhi gli
brillavano di emozione. E che cosa chiedevano
a perón e ai successivi Presidenti: Le nostre
Terre. La nostra Terra! E gli occhi si umidirono
di un pianto dignitoso, grave, E aggiunse con
un fil di voce: adesso la Terra é nostra. La
nostra Terra é ritonata a noi. Silenzio da ambe
le parti…Posso posare con lei per una foto.
Certo!
Tartagal
” Tartagal – religiosamente parlando – é una
comuniá impregnata di pittoreschi riti, devozioni
ammassate a elementi ancestrali radicati
nell’insondabile crogiolo della cultura boliviana.
Qui, in questo primo anno della nostra presenta
a Tartagal ne abbiamo visti e celebrati di tutte le
specie santi e sante: San Rocco, San Rocchetto,
Vergine del Miracolo, Vergine del Milagretto,
San Camillo, San Gaetano, San Gaetanino,
Vergine della Roccia, Vergine di Urcupiña
(boliviana doc!).
Ho finito. Non domandatemi come si
chiamava, quanti anni avesse. Non brontolate
perché non vi mostro la foto con lui. E’ per
una sola ragione: non l’ho mai richiesta al
fotógrafo.
A volte il pudore degli incontri grandi
é troppo grande per far caso a tutti i dettagli
superficiali.
Peró’ ve lo assicuro: ebbi – e continuo ad avere
– la netta impressione che mi trovai accanto a
UN UOMO IMMORTALE.
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da Casa Madre 1/2013
MERRIVALE SEMINARY: MISSIONARY MANDATE
Merrivale
Onyango STD Samuel-Francis
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Victor Hugo – a French writer stated that an
invasion of Greeks can be resisted but not an
idea whose time has come. Merrivale seminary
was an idea whose time had come, and no
amount of resistance would have prevented
the opening of a theological seminary in South
Africa. The first group of students to be sent to
Merrivale were; Anthony Gathambiri, Kidane
Ashuro, Kisitu Gyaviira, Josephat Mwanake,
Samuel-Francis Onyango and Patrick Mrosso,
they became the ‘pioneer six.’ Some would have
easily thought that this first group of students
were specimen for experimentation and that if
things would not work out then the seminary
would have to be closed. On the contrary, the
seminary did not close, instead it has made a
complete circle; it is now four years since the
opening of the seminary at Merrivale and the
future looks brighter.
Being pioneers was both joyful and challenging
and the fact that we were in a foreign country
did not make things easier. It brought deep
within us feelings of excitement and anxiety,
hope and fear. Interestingly, when we arrived
at Merrivale on 6th November 2008, neither
da Casa Madre 1/2013
the rector Fr Cassiano nor his assistant Fr
Piero were present. They would report some
weeks later. However, we never felt alone or
lonely since we were warmly welcomed by Fr
Tarcisio Foccoli and Fr Rocco Mara. Fr Tarcisio
remained our interim superior until when Fr
Cassiano arrived.
Being the first group of students, we had to
create a home for us and for those who would
come after us. There was a lot of work to
be done and so Fr Tarcisio coined a slogan
borrowed from St Benedict, ‘ora et labora’ as our
motto. Together, with the help of the general
government and the delegation of South Africa
we began building Merrivale bit by bit like a
birds nest. We knew that nothing worthwhile
comes easily – that half efforts do not produce
half results, but that half efforts produce no
results at all. Therefore, work, continuous work
and hard work was the only way through which
we could accomplish results that would last.
With the appointment of more students to
Merrivale, the house at 4Baron road could not
accommodate us anymore and so we acquired
On Sunday the 3rd November, the six of us
received our missionary mandate at our parish
in Woodlands during the Eucharistic celebration
presided over by Fr James Mwigani the delegate
superior. In his sermon Fr James reminded us
of the numerous challenges that we are bound
to face in the mission. We were moving from
the comfortable walls of the seminary to the
harsh reality of the world and so he called on
us to put on the armour of God. Quoting St
Paul’s letter to the Ephesians he said, ‘Put on the
armour of God so that you may be able to stand
firm against the tactics of the devil […] put on
the armour of God, that you may be able to
resist on the evil day and,
having done everything, to
hold your ground [...], in all
circumstance, hold faith as
a shield, to quench all the
flaming arrows of the evil
one. And take the helmet
of salvation and the sword
of the Spirit, which is the
word of God (Eph 6:1116)
we were also given the Sunday Missal to help
us be in love with God’s word. Now we move
to the mission once again as pioneers. Our
delegation has not had this experience before,
the principles of the year of service may be
the same everywhere in the institute but their
application may vary from place to place
depending on circumstances and situations.
We say thank you to all those who contributed
to our growth and well-being during our four
year stay at Merrivale. We can’t fail to mention
those who shared their life with us at Merrivale
but who have so far been appointed to other
places of mission - Fr Tarcisio Foccoli, Fr Piero
Trabucco, and Fr Jack Viscardi. Special thanks
to our delegation council and all the confreres
within the delegation for their brotherly
affection and to the General government for
their unlimited support. We are grateful for
the support that we have received from all the
confreres wherever they may be; your words of
encouragement have brought us this far and as
St Luke writes ‘when we have done everything
that was expected of us we only say, we did
what we were supposed to do, we are just mere
servants’ (LK 17:10). We shall forever remain
proud of being the pioneer group at the
seminary at Merrivale. Long live the seminary
at Merrivale!
As we were commissioned,
the superior gave us a
cross as a symbol of our
resolve to embrace Christ
and to take him to others,
Merrivale
yet another house next door on 2Baron road.
For two years we lived in these two premises
before relocating to a more spacious house
on 24Edgar Isaacs Rd previously owned by
the Redemptoristine nuns. Currently our
community is composed of 15members.
However, the pioneer six leave for their year
of service having successfully completed
their four-year theological study at St Joseph’s
Theological Institute – Cedara. Just the way
Jesus sent his disciples two by two, so has the
delegation council chosen to send us two by
two to Pretoria, Johannesburg and Newcastle.
In addition, three more members have been
appointed to the seminary thus bringing the
number of the community to twelve.
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da Casa Madre 1/2013
SEMINARIO TEOLOGICO
Noticiario
Como gesto de amizade e fraternidade nós,
comunidade do seminário Pe. João Batista
Básio, gostaríamos nestas linhas partilhar o
nosso dia- pós- dia no seminário, durante estes
últimos meses.
Durante o mês de Outubro, mês das
missões, em nossa comunidade realizamos a
novena missionária. Foi uma novena rica em
criatividades, partilhas e reflexões conforme
o tema da novena, a saber: Brasil missionário
partilha a sua fé.
Saõ Paolo
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Um clima alegre e de gratidão a Deus
caracterizaram a nossa comunidade no dia
8. O motivo foi à presença e a celebração da
primeira Missa em nossa comunidade do Padre
Júlio César, novo sacerdote missionário da
Consolata, brasileiro, ordenado no passado
dia 18 de setembro a Paraíba do Sul. A nossa
alegria foi maior por que Padre Júlio é um
daqueles que viveu, e partilhou a vida conosco
nesta mesma casa como seminarista. A festa
iniciada com a Missa se encerrou na mesa com
a partilha do pão fraterno.
da Casa Madre 1/2013
No dia 17 recevemos a noticia surpreendente:
Pe. Elio Rama, nosso superior regional dos
missionários da Consolata no Brasil, foi
nomeado Bispo da diocese de Pinheiros, no
estado de Maranhão. A sua sagração episcopal
será no dia 30 às 09:00 na Igreja de São Marcos,
na Pedra Branca.
No mês de Novembro não foi menos cheio de
eventos na nossa comunidade.
Os primeiros dias do mês, aproveitando o
feriadão do dia de Finados, a nossa comunidade
teve as próprias férias comunitárias. Foram
dias de repouso, de passeios na praia e de bons
momentos de jogar e partilhar juntos.
No dia 9, segunda-feira, tivemos o nosso dia
de retiro espiritual em preparação a renovação
de nossa profissão religiosa e recebimento
dos ministérios de leitorado e acolitado, que
teve lugar o domingo, dia 11, no salão de
nosso seminário. Fomos 18 a renovar a nossa
consagração a Deus como missionários, 7 de
nós recebemos o ministério do Leitorado e
outros 6 o ministério de Acolitado. Fo um dia
de profunda ação de graça ao Senhor por o dom
No dia 17 alguns de nós junto com o nosso
reitor, Pe. Paco, em representação da nossa
comunidade, tivemos a alegria de participar
ao 25º aniversario de ordenação sacerdotal de
nosso anterior reitor Pe. Luiz Emer. Com ele,
a sua família, concidadãos e tantos amigos,
celebramos a Missa de ação de graça por esses
25 anos ricos de vida missionária e de dons.
O dia 18 foi outro dia grande para o nosso
seminário e para toda a nossa Família
missionária, porque foi ordenado sacerdote
outro nosso irmão, Robério Crisóstomo que
viveu seus últimos de preparação junto a nós
neste seminário.
Ele foi ordenado na sua cidade natal, em
Jaguararí. Os que tiveram a fortuna de estar
presentes não param de contar o linda e
participada que foi. Damos graças a Deus por
este seu dom a nossa comunidade missionária
e á missão.
Já estamos no mês de Dezembro, que para
todos nós será rico de experiência missionária
e, para alguns, de rever as próprias famílias
depois de três o mais anos sem vê-lhas. Mas...,
tudo isto o comunicaremos a vocês no próximo
numero deste nosso Noticiário.
Saõ Paolo
do chamado e de festa que tivemos a fortuna de
partilhar com tantos amigos que se deslocaram
até nosso seminário.
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da Casa Madre 1/2013
DIES NATALIS
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P. BRUNO OJON MFIE AMERIKANI, IMC
Nato a Bokoro (Bandundu, RDC) il 12 agosto 1964, ha frequentato le scuole medie e superiori nel
Nisontin Institut Nsingaudju, ottenendo il diploma di Pedagogia generale. A Kinshasa ha seguito il
corso di Filosofia al Philosophat St. Augustin, prima di entrare in noviziato. Fu accolto nell’Istituto
a Maputo, con la professione religiosa emessa il 7 gennaio 1995 e ritornato a Kinshasa, completò
gli studi di teologia. Fu ordinato sacerdote a Bokoro, il 13 febbraio 2000, da Mons. Léon Lesambo
Ndamwize, Vescovo di Inongo. In Congo svolse attività di pastorale, prima a Pawa, poi a Neisu e
a Kinshasa nella parrocchia di Bisengo Mwambe, fino al 2005. Destinato nel 2010 in Italia, lavorò
per un anno a Torino con gli immigrati di lingua francese. Ritornato in Congo nel 2012, rimase a
Kinshasa nella casa regionale. Ricoverato in ospedale in seguito a malattia, è deceduto il 5 dicembre
2012.
Aveva 48 anni di età, di cui 17 di Professione Religiosa e 12 di Sacerdozio.
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da Casa Madre 1/2013
P. MANUEL CARREIRA JÚNIOR, IMC
Nato a Caranguejeira (Leiria, Portogallo) il 5 gennaio 1925, dopo gli studi elementari, frequentò
le scuole medie e superiori nel nostro seminario di Fatima. Fece il noviziato alla Certosa di Pesio
e venne accolto nell’Istituto l’11 dicembre 1950 con la professione religiosa. Continuò gli studi
filosofici e teologici a Torino in Casa madre e il 20 giugno 1954 fu ordinato sacerdote da Mons.
Lorenzo Bessone, Vescovo di Meru. Destinato alla regione del Portogallo fu assistente e professore
a Fatima e poi parroco a Campolide. Nel 1968 venne destinato in Mozambico come Direttore della
Scuola per Maestri a Villa Cabral, dove rimase tre anni. Successivamente venne nominato parroco
a Nova Freixo. Nel 1974 ritornò in Portogallo dove fu superiore a Aguas Santas, alla casa regionale
di Lisbona, a Campolide e a Figuera da Fox. Dal 1989 si dedicò all’animazione missionaria a Cacem
e a Fatima. E’ deceduto il 7 dicembre 2012 a Fatima, per arresto cardiaco. Riposa ora nel cimitero
di Fatima.
Aveva 87 anni di età, di cui 61 di Professione Religiosa e 58 di Sacerdozio.
70
da Casa Madre 1/2013
NEW LIFE
EXHIBITION IN SINGAPORE
SOMMARIO
LA SERA E’ GIA VENUTA, L’ORA E’
TARDI:
PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA (MC 4,35).4
GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA
FEDE.............................................. 8
“OPERE” DEDICATE ALL’ALLAMANO..... 10
CENNI DI STORIA E DI CULTURA
HURONE.......................................... 14
“SE NE ANDÒ E RACCONTÒ A TUTTI
QUELLO CHE GESÙ AVEVA FATTO PER
LUI. PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA…”
LC. 8,39.......................................... 18
RIFLESSIONE E CONDIVISIONE
SULL’ECONOMIA.............................. 26
DICEMBRE 2012............................... 30
LE STRADE DEL MONDO SONO
LE VIE DI DIO.................................. 32
UNA GRAN APERTURA PARA EL IMC.... 37
NOVO SACERDOTE DA CONSOLATA.... 38
A LIBERDADE PROFÉTICA.................. 39
LA PASTORAL INDÍGENA EN ECUADOR...
UN CAMINO HECHO JUNTOS/AS…........ 40
«PREGATE IL PADRONE
DELLA MESSE»................................ 44
RICORDANDO P. LELLO..................... 46
CHINGGIS KHAAN FESTIVAL.............. 49
UN ATAÚD CUESTA MÁS DE QUINCE MIL
PESOS............................................ 52
NOUVELLES..................................... 55
CALI............................................... 57
UN DÍA INOLVIDABLE....................... 58
Sommario
AMARCORD DELLA MIA MISSIONE...... 60
71
MERRIVALE SEMINARY: MISSIONARY
MANDATE........................................ 64
SEMINARIO TEOLOGICO.................... 66
NECROLOGIO................................... 68
da Casa Madre
Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
Redazione: Segretariato Generale per al Missione
Supporto tecnico: Adriano Podestà
Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821
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da Casa Madre 6/2012