da Casa Madre - Missionari della Consolata
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da Casa Madre - Missionari della Consolata
da Casa Madre Anno 93 - N.1 - 2013 Istituto Missioni Consolata Perstiterunt in Amore Fraternitatis Mezzanotte, l’anno che muore ci saluta, mesto sen va, sorge l’alba, spera ogni cuore che il nuovo anno lieto sarà. Buon anno a chi è felice nella vita, buon anno alla spigliata gioventù, che ogni primavera è rifiorita, buon anno a chi vent’anni non ha più. A chi, sognando, insegue una chimera, a chi nel cuor non ha speranza alcuna, la vita è bella per chi vive e spera, buon anno, buona fortuna! Che l’aurora splenda divina col sorriso del sole d’or, che ogni rosa sia senza spina e nei sogni regni l’amor. Buon anno a tutti! Buon anno al bimbo che non ha nessuno, dal ciel sorride già “Madonna Luna” la vita è bella per chi vive e spera, buon anno, buona fortuna! Buon anno al mondo inter, buona fortuna! (B. Cherubini - C. A. Bixio - 1957) 2 da Casa Madre 1/2013 Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto; in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolore Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto, ridi del dolor che t’avvelena il cor! (Ruggero Leoncavallo, I Pagliacci) 3 da Casa Madre 1/2013 EDITORIALE LA SERA E’ GIA VENUTA, L’ORA E’ TARDI: PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA (MC 4,35) P. Giuseppe Ronco, IMC Nel fluire del tempo c’ è sempre un’occasione propizia per dare inizio a un’esistenza protesa verso il nuovo, lasciando alle spalle ciò che ha ingombrato la nostra esistenza nel recente passato. Un anno nuovo sta iniziando. Abbiamo conosciuto la notte, le sue ombre, i suoi dubbi e le oscurità. Ci siamo trovati infedeli e anemici nel rapporto col Signore e tiepidi nell’amore per i fratelli. Dimentichi di guardare il sole e di assaporare la bellezza del creato, ci siamo attardati a raccogliere fiori senza profumo e senza colori lungo i bordi di strade insicure. E lì ci ha sorpreso la notte. Nell’ora ormai tarda è apparsa la tenebra buia gelida e senza stelle, rubando dal nostro cuore ogni speranza e offuscando il chiaro senso della vita. La notte, nel suo valore simbolico, è sempre tempo di prova. L’invito di Gesù è perentorio: “Transeamus contra”, “Dielthomen eis to péran” (passiamo all’0pposto)! 4 da Casa Madre 1/2013 “Viva sarà la mia vita tutta piena di Te” Così cantava Agostino nelle Confessioni (10,28). “Se Cristo dorme in te è solo perché ti sei dimenticato di lui. Sveglia dunque il Cristo! Ricordati di Cristo! E che Cristo vigili su di te” (Discorsi). Si guarda sempre con gioia l’inizio di un viaggio verso il nuovo, verso il diverso da ciò che viviamo. non essere affatto migliori dei fratelli, bisognosi anche noi di tanto perdono e di misericordia. Per tutti la santità si fa proposta di vita liberante. A volte, lo zero a cui siamo stati ridotti può diventare il punto di partenza di un meraviglioso cammino. “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior!”. Per Francesco Alberoni (Innamoramento e amore, 1979) è come la luce dell’innamoramento che dà origine in noi a uno stato nascente mai visto prima, dove la visione dai vasti orizzonti rende capaci di interpretare avvenimenti e persone in luce nuova. Non bisogna mai dimenticare che “Dio ci ama sempre, così come siamo” (H. Nouwen) e che suo Figlio Gesù sa ritrovare nella spazzatura la dracma perduta, coniata con la sua immagine. Le nostre debolezze possono costituire una via sicura per entrare in contatto con la Divina Misericordia. Subito però ci accorgiamo che la strada da percorrere è accidentata, sul mare c’è tempesta, e la fatica del remare per restare a galla deve raddoppiare. Quando abbiamo la sensazione di essere perduti, perché caduti veramente in basso, possiamo sperimentare che la discesa operata nel male diventa analogia per il cammino spirituale. Proprio nel momento del bisogno Gesù dorme. Infatti, “Il cammino dell’anima è una discesa” (Divo Barsotti). Scendere per salire: sta qui tutto il paradosso evangelico del percorso spirituale cristiano, a imitazione di Gesù, che “Per tutta la vita non ha fatto che scendere: scendere incarnandosi, scendere facendosi bambino, scendere per obbedienza, scendere facendosi povero, abbandonato, perseguitato, torturato, scendere mettendosi all’ultimo posto” (Charles de Foucauld). Si fa l’esperienza della sua assenza, del suo mettersi da parte, sviluppando la grande paura di essere scaraventati in mare, dove mostri marini e Leviathan potrebbero inghiottirci. La logica della paura prevale sulla fede ed emerge con evidenza l’incredulità: “Non ti importa se moriamo?”. Egoisticamente pensiamo prima di tutto a noi stessi, dimenticando che Cristo è li accanto a noi. La traversata non si rivela facile, diventare santi nemmeno. Ci pesa il compito di progettare in solitudine l’architettura della nostra conformazione a Cristo, l’agere contra noi stessi, impastati di egoismo. Ci costa ammettere la nostra fragilità, l’accettare sofferenze che sembrano assurde, malattie improvvise, delusioni negli affetti e via dicendo. Il cammino dell’Esodo non è affatto riposante e si scopre che, paradossalmente, le vie tradizionali dell’ascesi fanno percepire ancor più profondo l’abisso della nostra povertà. L’ascesi cristiana diviene così il luogo della propria disfatta - come ha ben sottolineato l’abate trappista André Louf - in cui ti si frantuma il cuore. Ci si rende conto di 5 da Casa Madre 1/2013 I gentili ci attendono sull’altra sponda Tutto lo sforzo della traversata e della santità è teso all’incontro di coloro che stanno sull’altra riva: gli abitanti di Gerasa e della Decapoli, l’indemoniato posseduto da Legione. “Noi siamo per i pagani” (G. Allamano). Il paganesimo oggi ha tante forme e si manifesta in modi diversi. La riflessione sull’allargamento del concetto di ad gentes, non ridotto al solo contesto geografico, diventa molto importante, irrinunciabile, ed esige dal missionario una presa di coscienza nuova. E’ l’uomo che non conosce e non vive di Cristo, oppure colui che lo ha dimenticato, lo scopo unico della nostra missione. Sappiamo da sempre che colui che conduce la missione è lo Spirito Santo: solo se saremo in sintonia con lui sapremo discernere veramente la missione nuova, l’ad gentes per l’oggi. Stephen Bevans nel convegno Ad gentes, tenutosi a Pesaro nel settembre scorso, ricordava: “Liturgia, preghiera e contemplazione non veng ono considerate immediatamente elementi della missione. Se ne riconosce certamente l’importanza, ma sono viste più come azioni per il bene della Chiesa che come azioni della Chiesa verso l’esterno. Tuttavia, da parecchi anni il pensiero missionologico le vede come contributi preziosi all’azione missionaria in quanto tale, e la riflessione su questi temi costituisce l’avanguardia del pensiero missionologico. Liturgia, preghiera e contemplazione sono atti missionari, modi per unirsi all’opera dello Spirito”. Occorre quindi santità di vita per essere in sintonia con le scelte dello Spirito riguardo alla missione (cf RM 90) e poter così attraversare il lago senza affondare e giungere alla riva opposta. Sulla base di questa convinzione, ci è permesso stabilire un’equivalenza fra “santità e missione”, e “missione e santità”. La santità vera si apre necessariamente e sfocia nella missione e quando la missione è vissuta in pienezza, porta necessariamente alla santità. 6 da Casa Madre 1/2013 Vi è, infatti, una piena coincidenza fra le esigenze della missione ad gentes, i requisiti e i segni della santità, a tal punto che chi risponde alle esigenze della missione raggiunge senz’altro la santità, senza nulla aggiungervi. La santità del missionario si costruisce nel costante dono di sé, nel lasciare il conosciuto per l’ignoto, nell’amore e nel servizio concreto ai fratelli, nel mettere a totale disposizione delle genti quello che è e quello che ha. Consiste nell’imparare le lingue e nel conoscere le culture dei popoli, nel lavorare con loro in spirito di interculturalità, per crescere insieme. Si tratta di vivere il mistero dell’incarnazione. Per il missionario, Gesù è il modello che si trova ritratto in maniera sublime in Filippesi 2. Da qui emerge il senso profondo dello svuotamento, dell’umiliazione, del servizio di Gesù Cristo, come ciò che egli ha fatto per amore. Solo chi prende posizione in favore dell’altro, ama. La santità di Gesù è la sua ospitalità per tutti, senza condizioni. L’ombra della luce Difendimi dalle forze contrarie, la notte, nel sonno, quando non sono cosciente, quando il mio percorso, si fa incerto, E non abbandonarmi mai... Non mi abbandonare mai! Riportami nelle zone più alte in uno dei tuoi regni di quiete: E’ tempo di lasciare questo ciclo di vite. E non abbandonarmi mai... Non mi abbandonare mai! Perché, le gioie del più profondo affetto o dei più lievi aneliti del cuore sono solo l’ombra della luce, Ricordami, come sono infelice lontano dalle tue leggi; come non sprecare il tempo che mi rimane. E non abbandonarmi mai... Non mi abbandonare mai! Perché, la pace che ho sentito in certi monasteri, o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa, sono solo l’ombra della luce (Franco Battiato). 7 da Casa Madre 1/2013 ANNO DELLA FEDE GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA FEDE Sr. Krystyna Jaciow, MC Quando mi fecero la proposta di offrire una riflessione in occasione della festa del beato Giuseppe Allamano, avevo in mano la lettera di Benedetto XVI: «La “porta delle fede”» con la quale il Papa indice un Anno della fede. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e del 20° anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Il titolo di questo documento ha illuminata la scelta dell’argomento per questa commemorazione: «Giuseppe Allamano – uomo della fede». In occasione della sua beatificazione la nostra sorella, suor Gian Paola Mina, mc, aveva composto il 1 testo del canto: «Nati dal tuo ceppo» che inizia con le parole: «Allamano, gigante di fede». 8 C’è la convinzione che l’Allamano fu veramente «uomo della fede». La lettera del Papa contiene il titolo e quindici punti. Nel titolo il Papa ha inserito la citazione biblica degli Atti degli Apostoli, capitolo 14, versetto 27: «Appena arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede». Sappiamo che questo libro della Sacra Scrittura collega la storia dell’inizio della Chiesa con la missione di Gesù. Dopo la da Casa Madre 1/2013 risurrezione di Gesù il gruppetto dei discepoli riuniti con Maria, sua Madre, nella stanza superiore del cenacolo ricevono lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste e, sospinti da Lui, escono per continuare la missione di Gesù sulle vie veramente sfidanti e sorprendenti. San Luca racconta negli Atti degli Apostoli la storia della missione compiuta principalmente dagli apostoli Pietro, Paolo e Barnaba. Nel capitolo quattordicesimo dice che Paolo e Barnaba appena arrivati ad Antiochia - città dove «per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani» (At 11,26) - dopo una faticosa e fruttuosa missione di evangelizzazione tra i gentili, raccontarono alla comunità cristiana le meraviglie che il Signore aveva compiuto in mezzo alle genti che non conoscevano ancora il Risorto e come aveva loro aperta «la porta della fede» (At 14,27). Questa citazione che il Papa ha voluto mettere nel titolo della sua lettera, ci introduce alla nostra riflessione sulla vita di fede del beato Giuseppe Allamano. Giuseppe Allamano, uomo della fede, fu attento ai richiami dello Spirito. Lo stesso Spirito che nel giorno di Pentecoste aveva donato agli Apostoli il dono del coraggio per la Missione e li ha sospinti fuori, verso la missione, dona anche all’Allamano un dono particolare: il carisma di fondatore di due Istituti missionari della Consolata perché per mezzo di loro Dio aprisse «la porta della fede» alle genti. L’Allamano appartiene quindi a quei discepoli del Risorto che «per fede» (cf. Eb 11) lasciarono i progetti personali per realizzare il suo. La Lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati nel cap. 11 ripete continuamente questa motivazione: «per fede». All’inizio di questo capitolo nel v. 1 c’è la definizione della fede: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede». Questa fede diventa «obbedienza», come quella di Abramo: «Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava» (Eb 11,8). Così la fede di Abramo è essenzialmente «obbedienza per fede» a Dio e al suo piano di salvezza. poi... Mi basterebbe star lì tranquillo, Rettore della Consolata, eppure...»1. «Avrei avuto tanto desiderio di occuparmi della S. Scrittura, ma ora non ho più tempo. Certo, senza il pensiero dell’Istituto avrei potuto fare il canonico signore e starmene tranquillo... ciò era gustoso!»2. Eppure l’Allamano si è scomodato, «per fede», quella fede che dominò tutta la sua persona. «Per fede» Giuseppe Allamano accolse il carisma di fondatore e lo ha messo al servizio della Chiesa. E ancora «per fede» ha trasmesso il suo carisma ai giovani sacerdoti, ai ragazzi e alle ragazze particolarmente sensibili al «tocco» dello Spirito e generosi per rispondere alla chiamata di consacrarsi a Dio per la Missione. Li ha formati secondo il suo spirito, li ha inviati in missione per «annunziare la gloria di Dio alle nazioni»3. Attraverso il ministero dei missionari e delle missionarie 2 «la porta della fede» viene aperta alle genti che mai hanno udito la parola di salvezza e di consolazione. La fede del nostro beato Allamano si manifestò anche nel costante atteggiamento di «obbedienza per fede». Egli sentì fortemente l’urgenza di portare la salvezza a tutte le genti, di aprire «la porta della fede» a quelli che non conoscono ancora il Cristo, il Salvatore. Per realizzare tale progetto, l’Allamano avrebbe voluto impegnarsi in prima persona: farsi missionario. Conosciamo bene i motivi per cui egli non ha potuto realizzare questo suo desiderio. Avrebbe potuto dedicarsi ad altre attività, come disse un giorno alla suore missionarie: «Potrei starmene tranquillo: andrei fino in coro, poi me ne andrei a pranzo..., poi leggerei un po’ la Gazzetta..., e poi mi metterei a dormire un poco..., e poi, 9 da Casa Madre 1/2013 OPERE DEDICATE ALL’ALLAMANO “OPERE” DEDICATE ALL’ALLAMANO P. Francesco Pavese, IMC Che cosa significa questo titolo. Il titolo della rubrica di quest’anno sul Fondatore va spiegato. Anzitutto che cosa si intende per “opere”. Con questo termine al plurale sono indicate una serie di realizzazioni di carattere religioso o sociale messe “in opera” dall’Istituto o da altre persone, specialmente dopo la beatificazione dell’Allamano, cioè dal 1990 ad oggi. Non solo, ma anche altre iniziative o attività varie che, senza di lui, non si sarebbero compiute, prima o dopo la beatificazione. Poi c’è la specificazione “dedicate all’Allamano”. Con essa si intende affermare che le opere delle quali si parlerà non solo assumono il nome dell’Allamano come qualificante, ma sono sorte quale frutto del suo spirito o anche in suo ricordo. Se poi si tratta di opere dedicate al culto, come chiese o cappelle, allora il termine “dedicate” ha un significato ancora più profondo, cioè afferma che sono opere consacrate a Dio a gloria del nostro Padre e in sua perenne memoria. 10 Non è facile indicare il numero esatto di queste opere, perché non di tutte si ha notizia. Molte sono già state presentate sulle nostre riviste o attraverso altri mezzi di comunicazione. Diverse, però, sono rimaste nell’ombra. Altre, ancora, sono sorte e poi sono scomparse. Tutte, comunque, sono segno della stima e dell’affezione nostra e da Casa Madre 1/2013 della gente per il Fondatore. Meritano, quindi, di essere prese in considerazione. All’ingrosso, ecco di quali opere si tratta: chiese o cappelle; centri di promozione umana, o sociale, o pastorale; scuole, collegi o luoghi dedicati all’educazione; centri per curare la salute; attività letterarie o artistiche; e altre di carattere vario. Nei territori dove ci sono i missionari e le missionarie sono state realizzate molte opere di questo tipo. Qui sono recensite solo quelle dedicate al Fondatore. A questo punto diventa logico rivolgerci una domanda: perché queste opere sono state dedicate all’Allamano? Sicuramente la prima ragione sta nel rapporto di stima e affetto tra il Padre e i figli e le figlie. È innato il desiderio di avere un segno visibile e tangibile che ce lo ricordi. Credo, però, che ci sia di più. Quando era su questa terra e aiutava i missionari a formulare e iniziare un metodo di azione missionaria corrispondente al suo spirito, il Fondatore ha dato impulso a molte di queste opere, sia pure in modo incipiente; le ha approvate e si è compiaciuto dell’impegno con il quale i suoi figli e figlie le hanno compiute. Il volere essere coerenti a questo inizio è anche una ragione per affidare all’intercessione del Fondatore, ora “Beato”, tante realizzazioni dei missionari. Ecco perché è bello che portino il suo nome! C’è ancora un altra ragione, anche se meno importante, ed è questa: moltiplicare le opere dedicate all’Allamano, o che parlino di lui, significa allargare presso la gente la sua conoscenza. Forse molti, vedendo una di queste opere e apprezzandone la validità, si domandano: chi è questo Beato Allamano? Un valido principio delle origini. Che il Fondatore avesse le idee chiare sulle opere da svolgere in missione non c’è dubbio, anche se ancora in modo iniziale, in forma piuttosto vaga e lontana dal prevedere quanto esse si sarebbero modificate e sviluppate in futuro. C’è, però, un principio che l’Allamano, assieme ai suoi missionari, ha sempre sostenuto con tenacia e che si dimostra valido pure oggi. Lo riprendo dal suo manoscritto per la conferenza del 7 dicembre 1913. In quelle domeniche stava spiegando le Costituzioni approvate dalla Santa Sede nel 1909 e, quel giorno, era giunto a trattare del “Fine secondario e speciale” (allora era così espresso: “l’evangelizzazione degli infedeli”), che noi preferiamo definire “specifico” o “proprio”. Ecco le sue parole: «Applicando a noi le predette regole, l’evangelizzazione può e deve abbracciare tutte le opere e usare tutti i mezzi che sono necessari ed utili a questo fine secondo le circostanze dei luoghi e dei tempi, ed approvati dalla Santa Sede. Abbiamo avuto speciali approvazioni per la fattoria e segheria, per le scuole e visite a domicilio, per le cure mediche, per l’orfanotrofio e Collegio, ecc».1 Come si vede, l’orizzonte di azione tracciato dal Fondatore era aperto e molto ampio. Si può dire che spaziava a 360 gradi, cioè non escludeva nessuna opera che aiutasse la gente, senza però compromettere l’annuncio e l’attività propriamente pastorale. Era convinto che gli uomini, come si esprimeva: «Ameranno una religione che oltre [offrire] le promesse dell’altra vita, li rende più felici su questa terra».2 Proprio per questo ha avuto non poche difficoltà e critiche, specialmente tra il clero torinese. Lo ha ammesso lui stesso scrivendo ai missionari del Kenya il 2 ottobre 1910: «In passato alcuni si permisero di criticare il nostro metodo di evangelizzazione, quasi ci occupassimo troppo del materiale con pregiudizio del bene spirituale; si diceva che bisognava predicare e battezzare e non occuparsi d’altro. Ma dopo la pubblicazione del decreto di approvazione [della Santa Sede] e le conferenze di monsignore [Filippo Perlo] mutarono parere, e molti di buona fede lo confessarono».3 Alla fine di questo discorso si nota una vena di compiacimento, come pure il riconoscimento di una garanzia superiore. Ecco perché il Fondatore e i suoi missionari non hanno ceduto alle critiche. Erano convinti della bontà del loro metodo, tanto più dopo la conferma di Roma. Ora, se con il Fondatore vivo queste “opere” 1 2 3 Conf. IMC, I, 622-623. Lettere, V, 410. Lettere, V, 410. da Casa Madre 1/2013 11 che erano già chiaramente inserite nel programma di azione dei Missionari della Consolata e dai lui raccomandate e approvate, sembra più che logico che, oggi, le stesse opere, molto più sviluppate, siano affidate alla sua protezione. Se c’è un auspicio da fare è che ancora molte altre, in futuro, siano dedicate all’Allamano, perché il suo spirito e la sua protezione sono garanzia di autenticità e di riuscita. Nei mesi prossimi presenterò diverse di queste opere, non certo tutte, perché è impossibile. Anzi, prendo l’occasione per ricordare che nel Sito del Fondatore (www. giuseppeallamano.consolata.org) ci sono due sessioni, inserite nella sbarra orizzontale, intitolate rispettivamente: “chiese”, “opere”. Basta consultarle per farsi un’idea più completa. Tuttavia, se qualcuno conoscesse chiese, o cappelle, o opere dedicate all’Allamano che non sono ancora recensite potrebbe utilmente segnalarle all’ufficio della Postulazione Generale, a Roma, che si impegna di tenere aggiornato il Sito. Un’opera per conto suo. Come conclusione faccio un cenno ad un’opera che esula dalle categorie di quelle che presenterò, perché è unica, ma che esprime tutto il nostro amore per il Fondatore. Mi riferisco all’iniziativa di mettere un quadro dell’Allamano nel santuario della Consolata. Se c’è un posto dove la sua figura si trova bene è proprio quel santuario. L’accordo iniziale è stato tra il nostro superiore generale emerito p. Achilleo Fiorentini e il rettore del santuario mons. Marino Basso. Non è stato semplice giungere alla conclusione, perché si trattava di rispettare i vincoli imposti dalle Belle Arti. Comunque, con soddisfazione di tutti la conclusione è stata positiva. E ciò che più ha colpito è stata la decisione spontanea e condivisa di collocare il quadro nella cappella dedicata al Cafasso. Non c’era posto migliore: zio e nipote vicini! 12 Il quadro del Fondatore è stato posto in loco e benedetto dal rettore del santuario durante la celebrazione del 9 ottobre 2010 per il 20° anniversario della beatificazione, con la partecipazione di molta gente. da Casa Madre 1/2013 Riporto alcune parole dell’omelia pronunciata da mons. Marino Basso: «In questa Liturgia facciamo memoria della beatificazione del canonico Giuseppe Allamano, rettore di questo santuario per ben 46 anni, dal 1880 al 1926. Un grande rettore, che diede il timbro, l’accordatura a questo tempio mariano, facendo sì che diventasse il santuario della diocesi. […]. La santità ha portato l’Allamano ad aprire gli occhi sulla diocesi e sul mondo con la stessa ampiezza della Madre di Dio, la Consolata, di cui si fregiava di essere segretario. Questo sguardo di Maria l’ha portato lontano… fino a svilupparsi e maturare concretamente in lui la passione perché l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto giungesse anche nelle terre lontane, dove non era ancora arrivato. Ed è per questo che, dopo tante traversie, fondò i Missionari e poi, dopo 10 anni, le Missionarie della Consolata. Vogliamo ringraziare il Signore perché attraverso questo rettore ha fatto del santuario della Consolata un grande fulcro di evangelizzazione del mondo». Da quel giorno i Missionari e le Missionarie della Consolata, entrando nel santuario, dopo l’omaggio al SS. Sacramento, hanno la possibilità di contemplare i volti a loro più cari: quello delicato della Consolata, quello familiare del Cafasso e quello del loro caro Padre. 13 da Casa Madre 1/2013 IL COLOSSEO DI OSSERNENON SHRINE OF THE NORTH AMERICA MARTYRS CENNI DI STORIA E DI CULTURA HURONE P. Giuseppe Ronco, IMC Con il Trattato di Saint Germain en Laye del 29 marzo 1632 l’Inghilterra restituiva alla Francia il territorio del Canada. La Nouvelle France si consolidava. ambita dai mercanti per le grandi quantità di pellicce, specialmente di castoro, molto ricercata nel Vecchio Mondo. La Nouvelle France I primi tentativi di insediamento europeo fallirono. Già nel 1534, Jacques Cartier aveva piantato una croce nella penisola di Gaspé e occupato il territorio in nome del Re Francesco I. Nasceva la provincia della Nouvelle France, Nel 1608 Samuel de Champlain, risalendo il fiume San Lorenzo con sei famiglie, fondò Québec. La colonizzazione fu lenta e difficile. Molti coloni morirono presto. 14 da Casa Madre 1/2013 Champlain si alleò allora con le popolazioni indiane degli Algonchini e dei Montagnais che erano in guerra contro gli Irochesi e stabilì forti legami con gli Huroni, allo scopo di mantenere vivo il commercio delle pellicce. Inoltre predispose che dei giovani francesi vivessero con gli indiani per impararne la lingua, i loro usi ed i loro costumi. Nel 1642, un gruppo di coloni, capeggiati da Paul Chomedey de Maisonneuve, fondarono lungo il fiume San Lorenzo, VilleMarie, nucleo originale dell’attuale Montreal. Fu in questo periodo che i missionari gesuiti penetrarono nella zona dei Grandi Laghi e convertirono gran parte degli Huroni. L’Huronia Per comprendere meglio la vita e la storia dei martiri nordamericani, è utile presentare l’Huronia, cioè il territorio in cui hanno svolto il loro ministero e la cultura dei suoi abitanti. Si tratta di un ampio territorio isolato e primitivo, compreso tra il lago Ontario, le cascate del Niagara e i laghi Eire e Simcoe. I laghi erano pescosi, le foreste erano abitate da numerosi animali da pelliccia, specialmente i castori. Gli Huroni o Wendat, come loro si definivano, non costituivano un’unica tribù, ma una confederazione di quattro tribù che parlavano idiomi mutuamente intelligibili. La capitale della confederazione e centro maggiore era Ossossane, nei pressi dell’odierna Elmvale, in Ontario. Contavano all’epoca circa 12 mila persone che avevano influenza e supremazia sugli altri popoli vicini. Anni prima la popolazione contava tra i 20 e i 40 mila abitanti, ma furono decimati da malattie importate, come il vaiolo, il morbillo e la tubercolosi, contro le quali non erano immuni. I sopravvissuti alle epidemie furono poi decimati dalle guerre contro gli Irochesi. Gli Huroni erano agricoltori che integravano la loro dieta con la caccia e la pesca. L’alimento base era il mais, al quale si aggiungeva il pesce e la carne di cervo. I lavori agricoli spettavano alle donne, mentre agli uomini erano affidate la pesca, la caccia, la costruzione di case, di canoe e utensili. Abitavano in una ventina di borgate, disseminate tra Georgian Bay all’ovest e il lago Simcoe all’est. A sud, il lago Ontario 15 da Casa Madre 1/2013 li separava dai confini di cinque nazioni irochesi, nemici da sempre. Viaggiavano su slitte e canoe, capaci di districarsi sulle rapide di un fiume e nei pantani paludosi. Vivevano in capanne allungate, lunghe fino a 60 metri e conducevano vita comunitaria. All’interno ardeva il fuoco e un fumo perenne aleggiava per essiccare le pellicce. Sui lati erano disposte, a piani, le stuoie per dormire. Bambini nudi e animali domestici giravano liberi dappertutto. In un villaggio vivevano dalle 900 alle 1600 persone, organizzate in 30 o 40 case. I loro abiti erano confezionati con pelli e pellicce, mangiavano seduti per terra raccontandosi storie e avventure recenti. Parlavano una lingua propria, ben descritta da P. De Brébeuf nel suo Dizionario e Grammatica Hurone. Si tramandavano superstizioni e credenze ancestrali legate alle storie dei loro avi, che i padri gesuiti descriveranno a lungo nelle loro relazioni ai superiori. La missione di Sainte Marie tra gli Huroni Nel 1698, P. Jerome Lalande, nuovo superiore dei missionari, decise di creare una missione stabile a Santa Maria tra gli Huroni, vicino all’odierna Midland, dove i missionari potessero risiedere in tranquillità. Il complesso era composto da 22 costruzioni in legno, circondate da canali e chiuse sul fiume Wye, per proteggersi da eventuali attacchi. Al centro c’era una casa destinata ai gesuiti e una cappella. Poi, attorno, un ospedale, una casa di accoglienza per catecumeni e neofiti indigeni, una sala ampia per le lezioni di catechismo, un magazzino di viveri, un’officina per lavori e una residenza per i poveri, bisognosi di qualsiasi soccorso. Sainte Marie durò fino al giugno del 1649, quando gli Irochesi la conquistarono, uccidendo P.Lalemant e P.De Brébeuf. 16 da Casa Madre 1/2013 Il superiore rimasto P. Paul Ragueneau, il terzo ed ultimo, dopo aver prelevato documenti e oggetti preziosi, diede alle fiamme la missione per prevenire la cattura di tutti i gesuiti. Poi fuggirono a Québec. Da allora, la regione dell’Huronia restò inabitata fino al 1700. I santi martiri Nordamericani Oltre trecento missionari gesuiti, dal 1611 al 1760, si recarono in Huronia per portarvi la parola di Cristo. Trentasei furono trucidati. Tra di loro, otto sono stati canonizzati. Con il titolo di santi martiri nordamericani, la Chiesa cattolica designa un gruppo di otto missionari ,sei sacerdoti e due religiosi professi della Compagnia di Gesù di origine francese, uccisi dagli indiani Irochesi tra il 1642e il 1649, nel corso della guerra contro gli Huroni. corrispondono più a quelli del XVII secolo . Goupil, Jogues e de la Lande subirono il martirio a Ossernenon nello Stato di New York in territorio statunitense, mentre gli altri cinque furono massacrati a S. Marie tra gli Huroni, in Ontario, territorio canadese. Di conseguenza, la denominazione più diffusa è quella di “martiri nordamericani”, come anche la liturgia suggerisce :”borealibus Americae regionibus”. O Dio che hai consacrato le primizie della fede delle regioni settentrionali dell’America, con la predicazione e il martirio dei santi Isacco, Renato, Giovanni, Giovanni, Gabriele, Antonio, Carlo e Natale, fa che nel mistico campo della Chiesa il germe fecondato dal loro sacrificio fruttifichi in larga messe di vita cristiana. Per Cristo Nostro Signore. Amen Questi i loro nomi: Jean de Brébeuf (1593-1649) Gabriel Lalemant (1610-1649) Antoine Daniel (1601-1648) Charles Garnier (1605-1649) Noel Chabanel (1613-1649) René Goupil (1608-1642) Isaac Jogues (1607-1646) Jean La Lande (...-1646) Proclamati beati da papa Benedetto XV il 21 giugno 1925, vennero canonizzati il 29 giugno 1930 da papa Pio XI. La loro memoria liturgica ricorre il 19 ottobre. La devozione popolare riunì in un unico gruppo gli otto missionari gesuiti martirizzati nella Nouvelle France e coniò per loro il nome di “martiri canadesi”. La chiesa rispettò tale indicazione beatificandoli e canonizzandoli tutti insieme. Tuttavia oggi questa denominazione solleva obiezioni, dal momento che i confini statali non 17 da Casa Madre 1/2013 ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE “SE NE ANDÒ E RACCONTÒ A TUTTI QUELLO CHE GESÙ AVEVA FATTO PER LUI. PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA…” LC. 8,39 ORIENTAMENTI, PROPOSTE DECISIONI DELLA DIREZIONE GENERALE Carissimi missionari, nel testo delle linee programmatiche della Direzione Generale “Passiamo all’altra riva”, a cui questo documento si riferisce e di cui è di fatto la continuazione, avevamo stabilito di dedicare il primo anno del nostro mandato all’ascolto dell’Istituto e alla conoscenza più approfondita della persona dei missionari e della loro missione. Abbiamo girato tanto per vedere e “farci vedere”, cercando di essere presenti e vicini, sperimentando di prima mano le gioie e i dolori del nostro essere missione in giro per il mondo. Particolarmente significativi sono stati i giorni trascorsi con voi durante le Conferenze di circoscrizione e i primi Consigli continentali. 18 Oggi, dopo aver proposto all’Istituto di passare a un’altra riva, per rivitalizzarsi e camminare verso una missione rinnovata nell’entusiasmo e nello stile, ci rendiamo conto della necessità, da molti condivisa, di fare un ulteriore salto in avanti e di orientarci con più decisione verso il cammino proposto dal Capitolo e identificato dai 5 temi fondamentali e trasversali (identità e carisma, missione, formazione, economia e organizzazione), che fanno parte del nostro vivere e operare di ogni giorno. da Casa Madre 1/2013 Alcune immagini simboliche ci fanno idealmente salire sulla barca che si accinge ad attraversare nuovamente il lago. IL VENTO Quando lo Spirito Santo viene in un’anima, porta via tutto per restare lui solo. È difficile che chi vive sotto l’influsso dello Spirito Santo non si faccia santo. Quando un’anima riceve lo Spirito Santo con i suoi doni e i suoi frutti, essa immancabilmente viene trasformata (G. Allamano, Vita Spirituale, p. 741). Il Capitolo Generale (XII CG, 10) ha sfidato tutti noi a metterci nuovamente alla sequela di Cristo, dietro al Maestro, in un continuo processo di conversione capace di rinnovare dal di dentro il nostro annunzio che, se vuole essere efficace, deve fondarsi esclusivamente sull’incontro con Gesù, sull’ascolto della sua Parola, sull’esperienza diretta e personale di Lui e sull’ascolto del grido della missione ad gentes. La nostra imbarcazione deve rimettersi in marcia, spinta dal vento dello Spirito, dopo aver fatto approvvigionamento di entusiasmo e nuova energia in grado di spingere le nostre vele al servizio del Regno. In questi primi mesi di viaggio non sono certo mancate difficoltà e incomprensioni, ma la valutazione di insieme che abbiamo cercato di condividere tra di noi ci ha fatto leggere questo periodo come un tempo di grazia, un kairós che, facendoci specchiare davanti alla nostra realtà, ci consente di vivere al meglio la nostra vocazione missionaria di fronte alle sfide di questo nuovo sessennio e oltre. Anche nei momenti di particolare tensione o frizione, abbiamo cercato di essere quanto ci siamo proposti nella parte introduttiva di “Passiamo all’altra riva”, una DG “che collabora, comunica, visita e dialoga”. Di fronte a queste difficoltà esprimiamo la nostra gratitudine per la disponibilità dimostrata da molti missionari ad entrare in questo cammino nuovo, percorrendo insieme a noi sentieri che possono apparire poco chiari, dai contorni ancora sfumati, in attesa di essere maggiormente frequentati e quindi percorsi con maggior sicurezza e fiducia. Ci troviamo per esempio di fronte al significativo cambiamento in ordine alla provenienza e all’età media dei missionari incaricati oggi della leadership dell’Istituto. Sempre in fedeltà alle richieste del Capitolo si è dato il via al processo della continentalità, che punta al rinnovamento della missione e del missionario tenendo conto che i cambiamenti in atto esigono una maggior contestualizzazione del nostro operato. I Consigli continentali, svoltisi recentemente, hanno offerto i primi riscontri su cui siamo tutti chiamati a lavorare in vista delle prossime Assemblee di continente. Una delle difficoltà che ancora avvertiamo è quella di uscire da ciò che appartiene in modo specifico alla circoscrizione, per aprirsi a cammini continentali condivisi, impasse dovuto allo scontrarsi di due modalità che devono imparare a dialogare e co-esistere. Dopo oltre un anno di servizio, ecco allora il cammino che ci si apre davanti. L’ORIZZONTE La fiducia nella Divina Provvidenza non esclude però il pensare e provvedere all’avvenire (G. Allamano, Vita Spirituale, p. 243). In «Passiamo all’altra riva» avevamo indicato come nostro desiderio il fatto che la nostra azione di governo fosse improntata su uno stile fatto di ascolto, discernimento, dialogo e presenza. Le seguenti linee guida rappresentano invece la cornice, l’orizzonte entro cui vorremmo muoverci; queste illuminazioni ci vengono offerte tanto dal Capitolo come dall’esperienza maturata in quest’anno attraverso i dialoghi con i confratelli, le visite alle circoscrizioni e la partecipazione alle Conferenze. 19 da Casa Madre 1/2013 Ripartire da Cristo: annuncio della Parola, rivitalizzazione del carisma per il servizio del regno Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20). I popoli che serviamo attendono di vedere in noi missionari le icone del Figlio, imitatori fedeli dell’agire di Gesù, del suo amore per ogni persona, senza distinzioni. Come missionari della Consolata abbiamo nel beato Allamano e in tante figure di santi confratelli che si sono spesi senza risparmio per la missione, esempi concreti da imitare. Compito della Direzione Generale sarà accompagnare il processo di contestualizzazione e inculturazione del nostro carisma, affinché nulla vada perduto, ma tutto venga trasformato e diventi germe fecondo di Vangelo a servizio della stessa missione. Verso una missione debole e povera In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere (Mc 12,43-44) . 20 «Penso che il messaggio della Nuova Evangelizzazione con la crisi relativa che oggi la Chiesa attraversa ci chiama ad essere un “piccolo gregge”. Ci offre la possibilità di proiettare un’immagine nuova della Chiesa, un’immagine più umile e meno potente, che cerca di influire sulla società solo attraverso la buona notizia del Vangelo e i valori del Regno, e non attraverso la dominazione politica o il potere economico (...) I segni della sua presenza non si troveranno nelle grandi strutture e istituzioni, ma nel suo servizio e solidarietà con i poveri e i bisognosi di questo mondo». (Messaggio online del Padre Generale, “Nella Fede evangelizziamo”, da Casa Madre 1/2013 dedicato al tema della vita religiosa in un contesto di nuova evangelizzazione). Nel nostro mandato vorremmo, anche alla luce delle sfide che ci vengono dal tempo presente, impegnarci in una missione che esalti ciò che è piccolo, debole e ponga la sua fiducia nel progetto provvidente di Dio. Interculturalità ad intra e ad extra Ma essi (i samaritani) non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò (Lc 9,5355). Tanto il documento degli Atti Capitolari quanto “Passiamo all’altra riva” avevano toccato soltanto marginalmente il tema dell’interculturalità, argomento che aveva precedentemente ispirato un intero biennio di riflessione. Tutte le conferenze regionali lo hanno invece ripresentato alla nostra attenzione affinché possa ispirare un’azione che si fondi sul profondo rispetto delle culture altrui e delle opinioni di coloro che pensano e vedono il mondo differentemente. Una riflessione che mantiene il valore ad intra (vita comunitaria) e ad extra (attività pastorale e missionaria). “Per evangelizzare, oggi, è necessario un cambiamento di paradigma, uno stile nuovo, basato sull’interculturalità” (Magna Charta per il biennio di interculturalità). Una formazione che qualifichi la persona del missionario nella sua vita comunitaria e nella sua missione Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare (Mc 3,14). Nel rispetto dei contesti dei diversi continenti, vorremmo che sia la formazione di base come quella continua aiutassero il missionario a ricentrarsi su Cristo, vero formatore, e preparasse alla missione che attende l’Istituto nei prossimi anni. Non ci può essere vera formazione senza una continua relazione con il Maestro. Colui che chiama e che forma nella verità è il Signore Gesù, presente nello Spirito in ogni contesto missionario. Infatti, nell’affermare la centralità della sequela Christi, siamo automaticamente condotti a ricordare l’altra dimensione portante del nostro essere ed operare che è la missione Il cammino continentale che va verso un progetto continentale di missione Lasciò Nazareth e andò ad abitare a Cafarnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali (Mt 4,13). Il processo continentale obbliga l’Istituto ad uno sforzo di riflessione ed azione comune, capace di abbandonare gli interessi particolari delle singole comunità e Circoscrizioni, per unire forze ed offrire al continente una missione fatta di interrelazioni forti, codificate in un Progetto che possa diventare punto di riferimento per chi lavora in un determinato continente e spunto di riflessione per chi, invece, vive la propria missione in altre parti del pianeta. Un’economia di comunione per la missione: oblativa e di donazione (ad intra e ad extra) C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente? (Lc 12,20-21). Il Capitolo ha chiesto all’Istituto di avere un’attenzione particolare agli aspetti economici della nostra missione: a) trasparenza nella gestione, b) lavoro per l’autogestione, c) ricerca di nuovi mezzi di finanziamento. Abbiamo condiviso questa preoccupazione in ognuno degli incontri ai quali abbiamo partecipato alla luce della crisi endemica che tocca anche la nostra missione e ci invita a riabbracciare nuovamente con serietà l’idea di una missione fatta di oblatività, condivisione, reciprocità. Il Capitolo ci spinge a pensare una missione fatta con pochi e semplici mezzi, improntata su un distacco “affettivo” dal possedere, che ci avvicini e renda “amici” i poveri, i diseredati, gli afflitti ed essere così ricchi agli occhi del Padre. Una nuova organizzazione sussidiarietà e nella comunione nella Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). Il cammino continentale è alla base di una riorganizzazione del nostro Istituto che dovrebbe rendere l’Istituzione più agile e vicina alle esigenze del contesto missionario e aiutare le nostre comunità a vivere meglio lo spirito di famiglia. Siamo convinti che l’esercizio dell’autorità trovi la sua efficacia in un rapporto di comunione, rapporto che diventa però reale e credibile quando ognuno è capace di assumere le proprie responsabilità. Ristrutturazione geografica delle nostre presenze Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; da Casa Madre 1/2013 21 per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). IL TIMONE La decisione capitolare di aprirsi con decisione all’Asia, il cambio generazionale e nella geografia vocazionale dell’Istituto, le mutate condizioni economiche, nonché la lunga permanenza in alcune nostre missioni sono elementi che ci obbligano a ripensare la disposizione delle nostre presenze, nella consapevolezza che ad ogni popolo è destinato il messaggio del Regno. Questo punto ci invita a vivere la nostra missione con passione ma anche disponibilità al distacco: una volta seminato e fatto crescere la pianta, non dobbiamo aver paura che tutto muoia con il nostro allontanarci; lavoriamo per il regno e il carisma che un giorno ci ha spinto ad essere missionari in un certo contesto rimane anche senza di noi e può sempre rinascere in altre forme. Ogni cambiamento in se stesso porta a una sofferenza, quella insita nel lasciare, ma può diventare anche sprone a lavorare per il Regno in un modo nuovo. Scopo unico dei superiori è di guidarvi, formarvi santi missionari. Giorno e notte essi sono al vostro fianco, pensano pregano, si affaticano per voi: consci della responsabilità che hanno davanti all’Istituto, alla Chiesa e a Dio (G. Allamano, Vita Spirituale, p. 70). 22 da Casa Madre 1/2013 La responsabilità di tenere il timone della nave che il Capitolo Generale ci ha affidato non è cosa di poco conto. Consideriamo questa epoca di mutamento e crisi come una potenziale possibilità di rinnovamento radicale dell’Istituto e per questa ragione ci sembra importante ribadire quelle che sono le attività fondamentali della Direzione Generale: • Accompagnare i missionari e le Circoscrizioni nella missione che essi svolgono (sopra) • Animare e rivitalizzare il carisma • Essere segno di unità dell’Istituto • Offrire il servizio dell’autorità ed essere leadership dell’Istituto • Rappresentare l’Istituto davanti alla chiesa e alla società • Accompagnare i lavori del Consiglio continentale • Sostenere il progetto continentale con la presenza nelle Circoscrizioni e aiutando il discernimento del Consiglio continentale. • Aiutare i missionari a crescere nell’esercizio della sussidiarietà, rispettando e accompagnando i cammini continentali e di circoscrizione, appoggiando le decisioni legittimamente prese dagli organi competenti in un continuo interscambio di opinioni ed esperienze. LA ROTTA Diffidiamo di noi medesimi e confidiamo totalmente in Dio. Mai perderci d’animo, sempre ricominciare. Nunc Coepi! Direi che questo è lo stemma del nostro Istituto (G. Allamano, Vita Spirituale, p. 239). Qui di seguito indichiamo quelli che riteniamo essere i principali passi che la Direzione Generale prevede di seguire nel corso del sessennio, a partire dal prossimo anno e avendo la Consulta, prevista nel mese di ottobre del 2014, come momento di verifica del cammino intrapreso. 2013 – 2014 • Biennio sulla missione (indetto il 20 giugno scorso e da concludersi entro la Consulta, ottobre 2014) con l’obiettivo di produrre, in dialogo con tutte le comunità dell’Istituto sparse nei vari continenti, gli Orientamenti per la missione del missionario della Consolata oggi. • Assemblee continentali – date Europa 21-26 gennaio 2013; Africa 11-18 febbraio 2013. America: 3-8 febbraio 2014 (preceduta da un Consiglio Continentale nel mese di dicembre 2013); La Direzione Generale sarà presente alle assemblee con almeno due rappresentanti. • Stesura e primi passi del Progetto Asia da presentare per approvazione alla Consulta. • Rinnovo delle Direzioni Regionali, programmato nel periodo luglio-settembre 2014. • Impegno nel settore dell’economia di comunione nei diversi livelli: formativo, di riflessione/gestione ed operativo. • In vista della Creazione della commissione Generale per la Formazione: pensiamo che sia opportuno che il movimento continentale per la formazione possa dare vita a incontri previ per sentire ciò che il continente vive e dare risposte a livello continentale di quanto chiede il Capitolo. Il Vice superiore generale, incaricato della formazione, sarà il garante dell’ unità e del seguimento a questo processo. Questi incontri continentali avranno luogo entro il primo semestre 2013, in modo che la Commissione, che sarà formata dai rappresentanti della formazione dei singoli continenti e altri possibili membri, possa radunarsi con la Direzione Generale durante il Consiglio di novembre e dedicare il tempo sufficiente alla riflessione su questo tema così importante e complesso e dare orientamenti e decisioni a riguardo. • Formazione e corso per missionari della mezza età: maggio-giugno 2014 a Roma-Torino. • Formazione e corso per missionari anziani: giugno 2015, a Roma-Torino. 2014 – 2017 Il lavoro del secondo triennio sarà prevalentemente orientato a produrre una nuova proposta complessiva per l’Istituto da ideare, verificare, approvare e portare al Capitolo del 2017. Tale proposta dovrà prevedere: da Casa Madre 1/2013 23 • Studio e approfondimento del documento “Orientamento della missione del missionario della Consolata oggi”, frutto della riflessione del biennio e presentato alla Consulta. • Ridisegnare la geografia delle nostre presenze, tenendo in particolare conto la determinazione capitolare di aprire l’Istituto decisamente all’Asia. • Proposta di una riorganizzazione interna del governo dell’Istituto alla luce della Continentalità, da presentare al prossimo Capitolo Generale. • Avvio dello studio e dell’aggiornamento delle Costituzioni. • I Consiglieri continentali faranno in modo che i cammini continentali vengano condivisi periodicamente con tutto l’Istituto attraverso i nostri mezzi di comunicazione. Inoltre le seguenti attività coinvolgeranno la DG per tutto il periodo del suo mandato (2013-2017) • Visite periodiche alle circoscrizioni • Visita canonica nella sua nuova modalità già descritta in “Passiamo all’altra riva”. • Aggiornamento e gestione degli strumenti di comunicazione, informazione e formazione a cura della DG (Sito, DCM, Documentazioni, Annuario, Missionari defunti). • Processo di aggiornamento e digitalizzazione del materiale contenuto nell’archivio generale. • Uffici storico e di postulazione: catalogazione del materiale, trascrizione dei diari dei missionari, aggiornamento del materiale propagandistico e devozionale. • A livello di Istituto e continentale si continuerà a pensare come studiare il carisma e lo studio contestualizzato del carisma. • Continuare l’approfondimento sul Fondatore e su figure significative di nostri missionari che hanno incarnato il carisma. • Organizzazione di corsi per missionari giovani in collaborazione con i Consigli continentali 24 • Continuazione del cammino di comunione con le MC: incontri periodici delle due DG, scelta condivisa dei santi protettori, studio congiunto da Casa Madre 1/2013 del carisma, collaborazione nelle attività continentali • Formazione e applicazione alle procedure anagrafiche, di segreteria e di custodia della memoria. IL PORTO Fine primario del nostro Istituto, come di ogni altro, è la santificazione (…) Esso ha inoltre il proprio fine specifico e secondario, che ne forma la caratteristica ed è la sua ragion d’essere: l’evangelizzazione degli infedeli (G. Allamano, Vita Spirituale, p. 18). La barca che supera il mare in tempesta e approda all’altra riva trova la missione in terra pagana dove Cristo cura l’uomo indemoniato restituendolo alla sua dignità di persona. La barca che riparte per attraversare nuovamente il lago riportando Gesù e i suoi discepoli alle più familiari coste della Galilea ritorna carica dell’esperienza missionaria vissuta fra i Geraseni dove, nel frattempo, l’uomo curato dall’incontro con Cristo va a sua volta a raccontare “quanto Gesù aveva fatto per lui” (Lc 8, 39). La missione genera missione e ci forma, anche se lo fa in modi, tempi e metodi a volte impensabili, senza fermarsi mai. Quale, dunque, sarà il porto di approdo alla fine del nostro mandato? Guai a noi se pensassimo che il XIII Capitolo Generale rappresenti il momento finale di questo viaggio. Lasciare che le mani abbandonino il timone non significa sancire la fine del percorso, ma un’ulteriore tappa del nostro navigare. Dove questo ci condurrà dipende da tanti elementi: alcuni sono nascosti nelle pieghe della storia, altri avranno a che fare con le capacità o i limiti di noi tutti. A questo riguardo non vogliamo però perdere il metodo del discernimento come stile del nostro mandato, stile che cerchiamo di vivere tra di noi e che proponiamo a tutto l’Istituto. Il discernimento, direbbe Paolo (Fil 1, 9-11) è il frutto maturo di un amore che cresce sempre di più nella conoscenza e nella percezione delle differenze, per valutare ciò che rende più luminoso e agile il cammino verso il giorno del Signore, in una trasparenza sempre maggiore di Lui (Silvano Fausti). Lo spirito di discernimento consiste esattamente in: fare chiarezza dove c’è confusione, scegliere l’essenziale, ciò che veramente serve al conseguimento dei nostri progetti esistenziali, di fede, nel nostro fare missione. Ci pare che in questo tempo segnato da crisi, incertezza e vertiginose mutazioni, sia l’unico modo per navigare sicuri sapendo che prima o poi si approderà dove si deve. Che l’Allamano, maestro di discernimento e la Vergine Consolata, maestra di fiducia nella provvidenza di Dio accompagnino l’Istituto ad affrontare con coraggio ed entusiasmo il resto del viaggio che lo attende. 3 dicembre 2012 , festa di Saverio S. Francesco 25 da Casa Madre 1/2013 RIFLESSIONE E CONDIVISIONE SULL’ECONOMIA Roma, 07 novembre 2012 Convocati dal P. Superiore Generale, alcuni confratelli hanno elaborato con lui le seguenti riflessioni. Obiettivo: piccola riflessione su come aiutare l’Istituto ad assumere una nuova mentalità alla missione e alla comunità. INTRODUZIONE 1. Per intraprendere un processo di rivitalizzazione dell’istituto a tutti i livelli, dobbiamo necessariamente prestare un’attenzione particolare all’economia. 2. Il futuro e la credibilità della VC e della missione passa decisamente dall’amministrazione economica. 3. Per una buona amministrazione economica è necessario prestare attenzione alla relazione tra questi tre elementi: efficacia apostolica, qualità apostolica e risorse finanziarie. 4. Costatiamo che nonostante gli sforzi e la buona volontà, alcune Circoscrizioni soffrono una carenza di autonomia finanziaria, hanno una dipendenza quasi totale dall’estero, da fuori. 5. Notiamo pure una mancanza di preparazione nel gestire le attività che servono per sostenere la nostra vita, la nostra missione e la nostra formazione. 6. Come Istituto missionario siamo chiamati ad affrontare il discorso economico a tre livelli. a. Spirituale: voto di povertà, condivisione, solidarietà… b. Disciplina: conoscenza ed applicazione del direttorio di amministrazione dei beni, assunzione di responsabilità… 26 c. Macro-economico: gestione e responsabilità sulle strutture, investimenti, da Casa Madre 1/2013 risorse,… 7. Abbiamo già iniziato una riflessione e una revisione sulla distribuzione dei sussidi alle Circoscrizioni, che però non ha aiutato ad essere più responsabili. 8. Richiamo a semplificare il nostro stile di vita riducendo le spese, camminando di più al ritmo della nostra gente, vivere più poveramente e con uno stile di condivisione. 9. Riaffermare l’importanza ed il valore del lavoro materiale come risorsa per vivere con dignità e solidarietà la nostra vita, aspetto tanto caro al nostro Fondatore. 10.In questo sforzo di riflessione e di conversione nel campo dell’economia dobbiamo coinvolgere tutti i missionari, nessuno deve esserne escluso perché l’economia coinvolge ed è questione di tutti. • Roma (Direzione e Amministrazione Generali), devono tutelare i soldi delle missioni e progetti perché si rispettino le intenzioni dei benefattori. • Vedere i punti delle costituzioni e del direttorio per l’Amministrazione su l’autonomia delle Regioni o dei continenti, per fare degli investimenti (forse bisognerà fare delle modifiche ad alcuni di questi documenti). • Nelle Regioni dove c’è un’attività commerciale, fare una contabilità propria a ogni attività e non fare una confusione di contabilità con la Regione. Questo per essere chiari davanti allo Stato in cui si lavora e perché l’attività abbia autonomia, dando alla Regione solo una percentuale del guadagno. Bisognerà fare contabilità separate per ogni attività, con copia e resoconti all’Amministratore regionale, il quale dovrà consolidare il tutto nel bilancio di fine anno. • Per le strutture che si vogliono mantenere in ogni Regione, si faccia prima una valutazione di quello che costa la sua manutenzione, e si dica con quanto ogni missione può collaborare per queste spese generali della Regione. • Senza emettere giudizi, bisogna riconoscere che viviamo una mancanza di trasparenza e onestà. I segni sono il trascurare la contabilità e l’appropriazione indebita di fondi . Sembra che per alcuni il voto di povertà in se stesso non sia un valore. • Ancora in alcuni posti, vogliamo fare la missione con grandi strutture che si fanno senza tenere conto della gente e senza la CONDIVISIONE E SCAMBIO • Per cambiare la mentalità bisogna prendere coscienza della situazione. Questo si fa in due modi: parlando (e ci sono già tanti documenti, oltre a condivisioni e riunioni sul tema nelle diverse Regioni) e con i fatti. Da Roma si è cominciato a non inviare soldi alle Regioni che non ne hanno più nel conto. Si ricorda la responsabilità delle Regioni a conservare le offerte date dai benefattori per certe missioni o progetti, e la difficoltà che si ha dall’Amministrazione Generale per controllare questo. • Organizzare delle sessioni di formazione per gli amministratori locali. • È necessario inserire una preparazione in contabilità e amministrazione nel curriculum della formazione di base. • Informarsi sulla possibilità di investimenti in alcuni paesi dove siamo noi, seguendo altre esperienze. • Tenendo conto che la corretta amministrazione dipende della buona redazione dei bilanci preventivi e consuntivi, non aiutare le Regioni che non prendono sul serio questi strumenti. Ai bilanci, allegare anche i controlli dei revisori interni ed esterni dei conti, assieme a quello del Consiglio di amministrazione regionale. • Che ogni amministratore al suo livello risponda dei propri fatti. 27 da Casa Madre 1/2013 aspettative che l’Istituto “abbia l’obbligo di mantenermi”, oppure, sussidi ricevuti dalla diocesi che non entrano nella cassa della comunità perché “in parrocchia ne abbiamo bisogno e della comunità deve occuparsi la Regione”. • In alcune Regioni la voce “adozioni” è un affare privato di ogni missionario, dove neanche il superiore ha diritto a “mettere il naso”. Questo è un aspetto a rivedere perché cominciano a venire fuori alcuni problemi. In alcuni casi le adozioni sono la possibilità che hanno alcuni missionari per avere quello che la Regione non vuole o non può dare. • In noi c’è una grande suscettibilità al momento di essere controllati, tanto nel piccolo come nel grande livello. Sarebbe importante che in quello che la Direzione Generale scriverà ci siano delle indicazioni precise per fare cambiare questo atteggiamento. • Alcune Regioni si lamentano di non essere aiutate, incoraggiate nello sforzo di cercare la forma di fare investimenti. Sentono invece, degli ostacoli. Questo deve fare riflettere circa la forma di accompagnare questi sforzi, creando più dialogo e aiuto. • Si suggerisce di non usare più l’espressione “pocket money”, ma di riscoprire il vero senso della cassa comune. • In questo processo bisogna fare un sforzo previsione di ciò che è necessario per la manutenzione. Lo stesso discorso vale per le macchine (di grossa cilindrata e di lusso). • In alcune Regioni si vede una mancanza di perseveranza per seguire gli investimenti. • Instaurare revisori di conti esterni in ogni Regione. Chi non sta alle regole sia penalizzato. • Ancora un gruppo grande di missionari non credono che l’Istituto abbia delle difficoltà per mantenere le missioni che gestiamo. Alcuni segni: conti di opere in attivo e conti della comunità in passivo, 28 da Casa Madre 1/2013 per mettere i superiori e gli amministratori nella stessa sintonia. Ognuno nel suo ruolo ha qualcosa da dire e non è soltanto una delle due parti che ha ragione. • Oggi abbiamo parlato dei controlli e di quello che non funziona. Sarebbe interessante in un altro momento vedere quali potrebbero essere i premi o incoraggiamenti (come si parla oggi nella psicologia delle organizzazioni) per quelle Regioni che cominciano a fare dei pasi in questa nuova mentalità che si vuole per l’Istituto. In ultimo, padre Rinaldo ci ha presentato brevemente il nuovo programma di contabilità, che a tenendo conto del vecchio, ci permette lavorare con nuovi sistemi informatici. Per la fine del 2012 sarà possibile cominciare a impiegarlo in tutte le nostre Regioni e comunità. La seconda fase è prevista per cominciare l’anno 2014, con un piano di conti uniforme per tutto l’Istituto, comprensibile per tutti già che si compone di cifre e non più di lettere come adesso. Questa fase, deve essere ancora approvata dalla Direzione Generale per poi lavorare con gli informatici che hanno fatto la prima fase. Si è considerato questo scambio fruttuoso e si pensa che potrebbe essere ancora continuato per aiutare la DG a trovare le forme giuste per creare questa “nuova mentalità ed attenzione alla economia nell’Istituto”. A tutti e a ognuno un ringraziamento sincero, Coraggio e avanti in Domino! 29 da Casa Madre 1/2013 CASA GENERALIZIA DICEMBRE 2012 P. Vedastus Kwajaba, IMC 01 dicembre: La comunità celebra i primi vespri per l’inizio del tempo di Avvento. Padre Trabucco Pietro introduce e spiega la corona di avvento con le quattro candele: dei profeti, dei pastori, di Betlemme, degli angeli. 03 dicembre: San Francesco Saverio , protettore dell’Istituto. P. Pavese Francesco nel suo giorno onomastico, preside i vespri, mentre P. Vedastus tiene l’omelia, ricordando il pensiero del Fondatore sul Saverio: avere un grande amore a Gesù Cristo, un grande zelo della gloria di Dio e delle salute delle anime, diventare tutti santi missionari, come San Francesco Saverio. 08 dicembre: La DG torna da Torino, Casa Madre, dove si era recata per dieci giorni, svolgendovi i lavori di Consiglio e incontrando i Confratelli. La festa dell’Immacolata ci ha ricordato anche i sessantun anni di professione di P. Pavese. 30 09 dicembre: Padre Pietro Trabucco si reca ad Assisi, in località Rivotorto Sacro Tugurio, da Casa Madre 1/2013 per predicare gli Esercizi spirituali alla comunità francescana. 11 dicembre: Incontro comunitario: vengono presentati i programmi di Natale e soprattutto il bilancio preventivo dell’anno 2013. Fr. Mario Bernardi, economo della casa, lo spiega nei dettagli e risponde alle domande di chiarificazione. In refettorio viene allestito un bellissimo presepio, ideato da P. Trevisiol. 13 dicembre: In una solenne concelebrazione, P. Stefano Camerlengo consegna a ciascuno il Progetto comunitario di vita, elaborato insieme in sedute precedenti. L’impegno è di viverlo fedelmente, chiedendone al Signore l’aiuto necessario. 15 dicembre: Ritiro di Avvento per la comunità, animato da P. Jesus Barreda op, a prestare i servizi presso le cappellanie. professore di Bibbia all’Università Urbaniana. Ci presenta il cammino spirituale d’avvento nella luce della scrittura. Come sempre segue una condivisione sul tema e l’Eucarestia comunitaria. Partecipiamo in Piazza San Pietro all’Angelus e alla Solenne Benedizione di Natale del Santo Padre che vede la presenza di numerosi fedeli e pellegrini. 17 dicembre: Compleanno di Padre Dietrich Pendawazima, e anniversario di ordinazione di Padre Trabucco Piero. Prendiamo l’occasione per scambiarci gli auguri di Buon Natale, prima della dispersione per le attività pastorali. 31 dicembre: terminiamo l’anno con la celebrazione dei Vespri e il canto del Te Deum. Lodiamo il Signore per la sua presenza nella nostra vita comunitaria e lo imploriamo di accompagnarci nel prossimo anno con il suo amore e provvidenza. 18 dicembre: In occasione del Natale, in mattinata il personale della casa si raduna in chiesa con tutta comunità, per una celebrazione della parola di Dio guidata da Padre Francesco Pavese. Segue lo scambio di doni e di auguri. 22 dicembre: iniziano le vacanze natalizie per chi sta frequentando i corsi universitari di specializzazione. Vari confratelli si recano in alcune comunità parrocchiali per servizi pastorali. 25 dicembre: a Roma rimane sempre il “resto d’Israele”, la comunità un po’ ridotta che continua 31 da Casa Madre 1/2013 LE STRADE DEL MONDO SONO LE VIE DI DIO P. Antonio Rovelli, IMC Vorrei parlarvi di persone che ho incontrato, di luoghi che ho visitato, di incontri a cui ho partecipato. Pensavo di essere preparato, di prevedere tutto prima della partenza, di fatto non sono mancate le sorprese e occasioni stimolanti per riflettere. Come quando sono stato chiamato all’Istituto Tecnico di Fermo, che si trova vicino alla casa natale del nostro Superiore Generale, per parlare agli studenti in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione e di lotta alla povertà il 16 – 17 ottobre. Come quando ho avuto l’occasione di partecipare agli incontri di due organismi nazionali degli Istituti Missionari presenti in Italia, il Suam (segretariato unitario di animazione missionaria) e la CIMI (Conferenza degli Istituti Missionari presenti in Italia). Ho provato sensazioni diverse, da una parte la fatica del cambiamento e dall’altra la voglia di capire se e come noi specialisti dell’Ad gentes abbiamo ancora qualcosa da dire alla gente, alla Chiesa locale e alla galassia di nuovi soggetti della missione apparsi sulla scena in questi ultimi anni. Ho toccato con mano la fatica del pensare e vivere la missione in modo nuovo, all’altezza dei tempi, quando ho partecipato ad un “Convegno Teologico” organizzato da Missio l’organismo della pastorale missionaria della CEI (Conferenza Episcopale Italia) sul tema ambiguo e allo stesso tempo intrigante: “Missione ad gentes e Nuova Evangelizzazione”. Qualche giorno prima, sempre a Verona, avevo partecipato ad un corso per missionari e missionarie di vari Istituti appena rientrati “dalla missione” e chiamati in Italia per fare animazione missionaria, senza capire bene cosa questo volesse dire. Immaginatevi la frustrazione e l’incertezza. 32 Nel mese di ottobre sono stato in due parrocchie per la Giornata Missionaria Mondiale, una a Grosseto e l’altra nel Veneto. Non è stato facile trovare un linguaggio da Casa Madre 1/2013 per dire la “Missione” oggi, quando hai l’impressione che viene stropicciata ed applicato a svariate situazioni e la gente ad altro non pensa se non ad inviare aiuti, fare l’offerta e così mettersi a posto la coscienza. E poi i vari incontri di preparazione del prossimo Convegno Missionario Nazionale del 2014, insieme ai direttori degli uffici missionari nazionali, per trovare un tema e le giuste modalità di coinvolgimento della gente per arrivare pronti a questo importante appuntamento ecclesiale. E per concludere l’incrociare fortuito di vescovi partecipanti al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, proprio in piazza San Pietro, mentre poco a fianco, come ogni sera e alla stessa ora, i barboni immigrati sistemano i cartoni per la notte in attesa di riscaldarsi con la minestra che i “samaritani” della Caritas o della Croce Rossa, a turno distribuiscono loro. Ripensando con calma a questo mio “girovagare” ho scoperto un filo conduttore, una specie di mappa di territori, di situazioni, di incontri e di volti, che si dispiegava davanti a me e mi richiamava le diverse manifestazioni della missione. Un itinerario di ricerca, faticoso, del significato della missione che trova noi missionari, per certi versi, ancora impreparati, e di luoghi che ci vedono ancora assenti. I giovani di Fermo, poi, hanno capito bene che insieme alle statistiche sulla fame e povertà, insieme alle analisi di geopolitica che smascherano le strutture di oppressione, in noi missionari vogliono trovare entusiasmo e passione per l’umanità. Solo allora, ad alcuni studenti, è venuto il coraggio di chiedermi perché lo fai, lasci tutto, e spendi la vita per gli altri. L’entusiasmo che manca, l’ho percepito chiaramente negli incontri di chi si credeva specialista dell’Ad gentes in Africa o in America Latina, e che invece si riscopre afono, demoralizzato e spaesato in un contesto di Nuova Evangelizzazione. Le scuse sono tante, troppe per la verità, per giustificare il nostro disagio. Le parrocchie ti sopportano, si gestiscono le giornate missionarie, i gruppi giovanili si assottigliano, i centri missionari diocesani non collaborano più come una volta. La missione in Europa dovrebbe essere vissuta come una nuova partenza, entusiasmante, come se fosse la prima verso il Sud del mondo. Probabilmente facciamo fatica a capire che la velocità del cambiamento in atto nel mondo, mentre noi siamo arroccati e nostalgici. Non ci diamo strumenti adatti per capire quanto profondo questo cambiamento sia e così non siamo più sintonizzati sui vari linguaggi della gente. Lo spaesamento è tanto che non riusciamo a convincere che vale la pena credere al Vangelo, e che Gesù è sorgente di felicità. E non basta predicarlo, se prima di tutto non lo vivi tu stesso, perché la gente vuole vedere e sentire la presenza di Colui che fa palpitare i nostri cuori e di manda in missione. Il disagio dell’invecchiamento e di essere rimasti in pochi deve da una parte essere vissuto come un’opportunità e dall’altra come un forte invito a ricompattarci, a “fare cartello” per evitare la dispersione delle forze specificatamente ad gentes per dare un contributo qualificato al cammino missionario delle varie Chiese locali. Forse bisognerebbe riprendere in mano e rileggere il piccolo libro di Baruc, il fedele segretario di Geremia, un profeta che dall’esilio in Babilonia invita gli esiliati a “gettare via la veste da lutto … a stare in piedi sull’altura … a guardare verso oriente” (cfr Baruc 5,1-9). Un tipico richiamo del periodo di Avvento il cui significato, però, va ben oltre. Un invito alla speranza, ad abbandonare i rifugi, a liberarsi di una mentalità di “installati”, a scrollarsi di dosso da Casa Madre 1/2013 33 l’inerzia, insomma a rifiutare l’immobilismo, e arrendersi. Chi si accontenta di posizioni acquisite, non proverà mail la voglia di salire “sull’altura”, non avvertirà mai il richiamo della novità, che viene da “oriente”. Chi si limita a difendere l’orizzonte domestico, non proverà mai il rischio di una prospettiva più ampia. Sull’altura non si raccontano le cose fatte in passato, non si fa l’inventario di quanti siamo e nemmeno si calcola l’età media dei missionari. E, soprattutto, non si vive di rimpianti. Si, a pensarci bene, il punto ad oriente verso cui il profeta sollecita a guardare, non è un punto geografico. Si tratta di puntare gli occhi, il cuore, la mente in direzione di Dio. Di quel Dio capace di compiere “grandi cose” (Salmo 125) e per il quale “niente è impossibile” (Luca 1,37). Lo “sguardo diverso” rappresenta la più grande sfida a una situazione di delusione e rassegnazione. Noi missionari non possiamo accettare il verdetto inesorabile dei fatti, delle statistiche. Il realista si limita a fare l’inventario di ciò che ha sotto gli occhi, il missionario, uomo della speranza dà un nome alle cose assenti, intravede, sotto la superficie, il nuovo che avanza. Un discernimento quindi della volontà di Dio, in ricerca proprio mentre sei itinerante, perché lo snodarsi del viaggio ha sempre una dimensione di esodo, di uscita dal proprio mondo, di costante cambiamento di prospettive, di orizzonti, di panorami, un’inesauribile ricchezza di volti e paesaggi nuovi, un’alternanza del pensiero tra il luogo noto e certo che si è lasciato e l’ignoto cui si va incontro e tra strade già battute e nuovi sentieri dove Dio è pronto ad offrirci le sue sorprese. 34 Sempre però al seguito di Gesù che, come i Vangeli mostrano, non sceglie di portare il suo insegnamento innanzitutto e soprattutto nei luoghi di culto o nei luoghi della cultura, da Casa Madre 1/2013 né in quelli della politica o in quelli del mercato. Sceglie prioritariamente la strada: il traffico della strada, dove la sorpresa è sempre di casa. Dove non si può scegliere chi incontrare né da chi lasciarsi incontrare. Dove non puoi nasconderti e sei esposto ed esponi gli altri al tuo sguardo. Dove vi è una presenza umile e (quasi) nuda di noi stessi. Una presenza precaria, ma – è questo il punto – già aperta, disponibile all’altro, allo sconosciuto, allo straniero, incontrando il quale e lasciandosi incontrare dal quale possiamo forse cogliere quello sconosciuto che abita in noi e divenire perciò più coscienti di noi stessi e della nostra missione. Qualcosa di questo l’ho vissuto e percepito anch’io. Le persone incontrate nel mio girovagare, i giovani della scuola, i fedeli nelle parrocchie, le riunioni con i tentativi di trovare un linguaggio nuovo per l’unica missione di Gesù, gli occhi stanchi e smarriti dei barboni immigrati di via della Conciliazione, sono alcuni dei luoghi e delle persone che rappresentano l’altura da cui partono itinerari nuovi, insperati, innovativi che come missionari dobbiamo arrischiare, come evangelizzatori, annunciatori della Buona Novella. E’ un’ “altura” che si trova ovunque, non solo in Italia, da identificare, per salirci e per guardare sempre lontano, e così offrire Gesù come speranza e consolazione ai tanti che lungo le strade e nelle piazze ci attendono, perché come diceva Paolo VI nel discorso di chiusura del Concilio Vaticano II: “Le strade del mondo, sono le vie di Dio”. In strada, come il popolo di Israele in uno dei viaggi più famosi dell’antichità, quell’esodo che è divenuto ben presto paradigma di ogni “uscita” dalla schiavitù verso la libertà, metafora di un ininterrotto viaggio interiore che attraversa l’aridità del deserto in direzione di una terra “promessa”? un esodo per uscire dalle soffocanti sicurezze di un tempo che diventano miraggi che distolgono lo sguardo da possibilità nuove, da spazi aperti ma esigenti. Un esodo tra l’ansia dell’ignoto e la nostalgia del già noto. E’ necessario salire sull’ “altura” per continuare a pensare in grande con lo spirito e allora saranno grandi anche i piccoli progetti e sarà piena e felice anche la vita. E’ questo che, in fondo, ho imparato: bisogna tenere sempre viva la “nostalgia di una missione ampia e mai finita”. Perché “Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito” (Antoine de S. Exupery). 35 da Casa Madre 1/2013 Colombia VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI 36 NOS UNIMOS EN LA ALEGRIA QUE VIVE EL COLEGIO JOSE ALLAMANO, POR EL RECONOCIMIENTO QUE HACE EL MINISTERIO DE EDUCACION NACIONAL A LA INSTITUCION POR SU DESEMPEÑO. RECONOCIMIENTO QUE CORRESPONDE A LOS FRUTOS QUE VA DANDO GRACIAS AL EMPEÑO DE QUIENES ESTAN LIDERANDO ESTE PROYECTO. UN MODO AGRADABLE PARA CONTINUAR CELEBRANDO EL CAMINO DE ESOS 50 AÑOS DE LABOR. P. JOAQUIN PINZON Superior Regional IMC Colombia-Ecuador da Casa Madre 1/2013 Comunidad del Propedéutico 2012 Nos Reunimos como comunidad del Propedéutico para celebrar la erección de la nueva casa de formación del IMC Colombia en La Unión – Valle, Corregimiento de San Luis, en compañía del superior regional Padre Joaquín Pinzón, el Señor Obispo de la Diócesis de Cartago – Valle Mons. José Alejandro, formador Padre Ricardo Bocanegra, Sacerdotes, Seminaristas y comunidad parroquial, todos invitados a este acontecimiento en la fiesta de la Basílica de Letrán. Cordialmente; Daniel Antonio Bohórquez Córdoba Luis Fernando Cerquera Salas Colombia UNA GRAN APERTURA PARA EL IMC Yecid Francisco Blanco Duarte Jordy Anderson Guzmán Cala Padre José Ricardo Bocanegra Como comunidad del Propedéutico nos establecimos en este lugar el pasado 22 de Julio del 2012, empezamos aportando nuestro granito de arena en la reorganización y embellecimiento del lugar para que este día 09 de Noviembre del 2012, junto con la celebración eucarística presidida por Monseñor en el oratorio de la casa se diera apertura oficial ante la diócesis, siendo una alegría comunitaria la erección de este nuevo espacio de formación para la futura generación. Este es el inicio de una casa adecuada para todos aquellos jóvenes que desean iniciar su proceso de formación misionera en el Instituto de la Consolata para Misiones, como ya lo hemos iniciado nosotros los propedéutas 2012. Gracias a todos por el apoyo a esta etapa de formación y queda decirles que esta es la casa donde todos estamos comprometidos en la formación de los futuros misioneros que la misión y el Instituto nos exige y ustedes nos pueden enriquecer con la experiencia visitando nuestra casa que nosotros con los brazos abiertos los recibiremos. 37 da Casa Madre 1/2013 NOVO SACERDOTE DA CONSOLATA P. Domingos Forte, IMC No final da tarde do dia 24 de novembro de 2012, em Jaguarari, estado da Bahia, o diácono Robério Crisóstomo da Silva foi ordenado sacerdote, missionário da Consolata, pela imposição das mãos do bispo auxiliar de São Salvador da Bahia, dom Giovanni Crippa, também missionário da Consolata. Brasile A solene celebração aconteceu em plena praça do forródromo, em frente à Igreja Matriz da Paróquia de São João Batista. O recinto da praça revestiu-se de canto, oração e muita alegria, com uma numerosa multidão. A liturgia da Solenidade de Nosso Senhor Jesus Cristo, Rei do Universo, deu maior brilho à festa. Dom Giovanni enfatizou que “somos um povo sacerdotal gerador deste fruto saboroso para a missão da Igreja no mundo”. E para descer mais ao concreto, o bispo ordenante ilustrou com a famosa passagem do profeta Isaías que diz: “o Espírito do Senhor está sobre mim, porque ele me consagrou pela unção para evangelizar os pobres; enviou-me para proclamar a libertação aos presos e aos cegos a recuperação da vista, para restituir a liberdade aos oprimidos (Is 61, 1-2). Por isso, dom Crippa, ao concluir a sua homilia, exortou ao neo-sacerdote que não se esqueça jamais do sobrenome que carrega “Consolata” (= consolar, consolação) e a tomar consciência do que faz e a viver o que celebra. 38 da Casa Madre 1/2013 Fruto da terra Natural da comunidade de Nossa Senhora do Perpétuo Socorro, Gameleira, a 15 km de Jaguarari, Robério Crisóstomo da Silva, 33 anos, filho de Laércio Crisóstomo da Silva e de Maria Adelina Gonçalves da Silva, é o caçula de cinco irmãos. Foi com o padre Joseph Waithaka, missionário da Consolata queniano, que iniciou o seu discernimento vocacional. Recebeu também uma preciosa ajuda de padre Ramón Casallas, imc, e padre Airton, sacerdote diocesano, que constituíam a equipe de animação vocacional da diocese de Senhor de Bonfim, através dos encontros vocacionais que organizavam. Em 2003, deu entrada no Instituto Missões Consolata, em Cascavel, onde fez o ano Propedêutico. A partir daí o processo de formação seguiu o seu curso normal: fez a filosofia em Curitiba, o noviciado na Argentina e os estudos teológicos em São Paulo. E a vida não para! Antes mesmo da ordenação, padre Robério recebeu de seus superiores qual será o seu próximo destino: Venezuela. P. Joaquim Gonçalves, IMC A liberdade profética é o assunto da tese do padre Mário de Carli, missionário da Consolata, apresentada no Instituto ITESP, em São Paulo, nesta manhã, dia 28 de novembro. Liberdade e profecia, segundo a tese do padre Mario, é parte muito importante da visão teológica e missiológica do teólogo José Comblin. A Igreja no Brasil deu passos importantes na sua identificação com os pobres, mas não perseverou como se esperava nesse caminho por timidez. Comblin se identificou, sobretudo, com os pobres do semiárido do Norte e Nordeste. Foi nesse âmbito que idealizou um novo modelo de pastoral, um novo modelo de formação e construiu o “seminário da enxada”, onde os estudantes se preparavam para a pastoral, se mantendo com o trabalho agrícola. Sua visão de Igreja combinava bem com a visão de dom Hélder Câmera. Para que a Igreja mostre que é livre e possa ter coragem de ser profeta, necessita colocar-se a serviço do Espírito. O espírito incomoda, Brasile A LIBERDADE PROFÉTICA move e impulsiona. No diálogo entre professores e o defensor da tese, foram sublinhados alguns aspetos importantes da vida de Comblin. “Comblin foi amado por uns e rejeitado por outros, mas nunca conseguiram pegá-lo em contradição. Era discreto, tímido, profundo e simples com o povo”. Padre Mário foi elogiado pela coragem de “arriscar e entrar num âmbito de estudo difícil e ser capaz de se apropriar do pensamento teológico do Comblin”. A dimensão profética foi muito bem salientada tanto pelo defensor da tese como pelos professores. De fato uma igreja para ser profética tem que ser livre dentro de si mesma, mas para isso, todos os seus membros têm que ter consciência dessa liberdade que não se submete aos desejos da carne. Enfim, todos concluíram que o padre José Comblin nos deixou uma herança teológica importante que ainda não foi valorizada como merece ser. 39 da Casa Madre 1/2013 LA PASTORAL INDÍGENA EN ECUADOR... UN CAMINO HECHO JUNTOS/AS P. Julio Caldeira, IMC En esta semana de 12 a 21 de noviembre de 2012 se realizaron las Asambleas de todas las dimensiones de la Pastoral Indígena de Ecuador, en Puyo (provincia de Pastaza, en la parte amazónica del país): a nivel zonal y nacional de los Servidores de la Iglesia Católica de las Nacionalidades Indígenas de Ecuador - SICNIE (catequistas, animadores, etc.); de los agentes de pastoral indígena (API), conformada por sacerdotes, religiosos/as y laicos/as; y, por fin, la Asamblea Anual con los delegados de las diócesis, vicariatos, directiva del SICNIE, departamento de pastoral indígena de la Conferencia Episcopal Ecuatoriana: CEE (obispo, responsable y secretaria). Ecuador El Ecuador es un país que cuenta con tres realidades geográficas distintas: Costa, Sierra y Amazonía, contando con una vasta realidad indígena, que representa alrededor de 25% de la población. 40 da Casa Madre 1/2013 Mapa: http://www.visitecuador.travel/ mapas.php?categ=11&idiom=1&menu=2 Estos están conformados por 14 Nacionalidades (Andoa, Zápara, Kichwa, Siona, Secoya, Cofán, Huaorani, Shiwiar, Shuar, Achuar, Chachi, Epera, Tsáchila y Awá), siendo que la Nacionalidad Kichwa está conformada por 19 pueblos que están unidos por la lengua, el kichwa, pero con procesos sociales, políticos, económicos, culturales y espirituales distintos. En el cuadro abajo se puede observar esta diversidad: Ecuador REGIÓN SIERRA Mapas: http://www.saludancestralcruzroja.org.ec/web/index.php/presentacion/diversidadetnica.html REGIÓN COSTA REGIÓN AMAZÓNICA 41 da Casa Madre 1/2013 A nivel de representatividad, el movimiento indígena está organizado en asociaciones, organizaciones, federaciones y otros medios, siendo la principal la Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (CONAIE). A nivel eclesial, está organizado a nivel de servidores y agentes de pastoral: 1. Servidores de la Iglesia Católica de las Nacionalidades Indígenas del Ecuador (SICNIE): Ecuador Fue creada en Saquisilí (Cotopaxi – región central de Ecuador) el 5 de Febrero 1.988 por la iniciativa de algunos Servidores Indígenas, con el apoyo de Mons. Leónidas Proaño, en búsqueda del fortalecimiento de la identidad de los Pueblos Indígenas. En Ecuador y en otros países, Mons. Leónidas Proaño, obispo de Riobamba, es conocido como el “obispo de los indígena” por su trabajo de décadas en la evangelización y organización de los indígenas en Ecuador. Tiene como objetivo: “Construir la Iglesia Católica Indígena desde las experiencias y expresiones de fe de cada cultura a la luz del Evangelio, reafirmando nuestra identidad de servidoras y servidores para ser fermento del Reino de Dios”. Para ello, se reúnen dos veces al año (mayo y noviembre) para las Asambleas del SICNIE. 42 Son miembros del SICNIE: “todos los Servidores y Servidoras, Animadores, Ministros, Catequistas, Cantoras, grupos musicales Organización de Mujeres, Grupos Juveniles, Organizaciones de Residentes, Estudiantes de los Centros de Formación Indígena, Religiosas, Diáconos Permanentes, Sacerdotes de las diferentes Nacionalidades Indígenas del país”. Para una mejor coordinación el SICNIE estará organizado en cinco Zonas: SICNIE Norte (Imbabura, Pichincha, Cotopaxi), SICNIE Centro (Tungurahua, Chimborazo, da Casa Madre 1/2013 Bolívar, Guayaquil), SICNIE Sur (Cañar, Azuay, Loja, Zamora Chinchipe, El Oro), SICNIE Amazonía (Sucumbíos, Francisco de Orellana, Napo, Pastaza, Morona Santiago) y SICNIE Costa (Awa, Chachi, Tsachila, Epera). Aún más del SICNIE Nacional y los Zonales, en cada provincia está organizado el SICNIE provincial. Entre otros, en el SICNIE hay la preocupación por los Residentes/Migrantes que están en las ciudades, sobre todo en Guayaquil y Quito, por las mujeres y jóvenes. Con relación a los jóvenes, estos se conformaron en 2002 como SICNIE Juvenil. En el SICNIE, los Agentes de Pastoral Indígena (sacerdotes, religiosos/as y laicos/as), son miembros pasivos del SICNIE que tiene la función de asesorar a los servidores de dicha organización. La Directiva del SICNIE para este periodo 2012-2014 está conformada por los Tsachila y Chachi de la Zona Costa, asesorados por un sacerdote Chachi y una religiosa Laurita. 2. (API) Agentes de Pastoral Indígena Como fue dicho anteriormente, los Agentes de Pastoral Indígena son sacerdotes, religiosos/ as y laicos/as que se dedican a reflexionar, acompañar y animar a los servidores para que lleven adelante los trabajos en las comunidades. En general, como el SICNIE, hay dos encuentros anuales a nivel nacional, generalmente después del SICNIE nacional, con el objetivo de seguir mirando los compromisos asumidos por los servidores y planificando nuestro caminar juntos a ellos y entre nosotros. Para este periodo 2012-2014, los agentes de la Zona Amazonía llevan adelante la animación del API-Nacional. 3. Asamblea Nacional Pastoral Indígena (ANPI) de En el proyecto de la Pastoral Indígena 20102013 se quiere “vivir el Evangelio con los Pueblos Indígenas, desde su cosmovivencia y valores propios, para hacer presente el Reino de Dios – sumak kawsay – en la realidad intercultural”, a partir de 3 ejes: de la Pastoral Indígena en Ecuador y en toda América, en la unidad y búsqueda de “fortalecer la inculturación del Evangelio en los pueblos indígenas, a partir de las semillas del Verbo y de sus experiencias de Dios, para anunciar y hacer presente su Reino, desde la Iglesia Católica Indígena con rostro, corazón y pensamiento propios; y con sus agentes, ministerios, teología y liturgia”. Ecuador Esta asamblea se reúne anualmente en noviembre, para: “Evaluar y planificar el caminar de la pastoral indígena, partiendo de la realidad de las nacionalidades y pueblos, a la luz del Evangelio y de los Documentos de la Iglesia, con la finalidad de construir la Iglesia con rostro y pensamiento propios con la perspectiva del Reino de Dios”. 1) Identidad y Espiritualidad (SICNIE; SICNIE Juvenil; Vida religiosa y sacerdote indígena). 2) Evangelización y Formación (Misión y familia; Formación y sistematización teológica; API – Agentes de Pastoral Indígena); 3) Organización (Mujeres; Tierra y territorio; Residentes y Migrantes). Estos son divididos en comisiones, que cuentan con un objetivo, coordinación e integrantes que llevan adelante la programación del año. Para el año de 2013 la iluminación de la Pastoral Indígena Nacional es: “vivir y celebrar el Año de la Fe desde nuestra espiritualidad”. Conclusión Así estamos caminando en Ecuador cuanto a la Pastoral Indígena, un camino hecho juntos/ as, entre Obispos, Sacerdotes, Religiosos/as, Laicos/as dedicados a la realidad indígena y entre los propios Servidores/as de las Nacionalidades Indígenas. Que Yaya Dioslla siga bendiciendo el camino 43 da Casa Madre 1/2013 «PREGATE IL PADRONE DELLA MESSE» P. Ermanno Savarino, IMC Preghiera per le vocazioni pensata dalla Conferenza regionale IMC Italia «L’incaricato delle vocazioni promuova e coordini un giovedì al mese di adorazione continua (24 ore) per le vocazioni a Fratello e Sacerdote Missionario della Consolata, distribuendo i turni tra le comunità della regione, coinvolgendo anche altre persone». (Atti della III Conferenza della Regione Italia, Certosa di Pesio, 14-19 maggio 2012, p. 31) Cari Confratelli missionari, L’idea nata dalla III Conferenza della Regione Italia di pregare per le vocazioni, non è soltanto un grido di supplica di fronte all’aridità di vocazioni per la nostra famiglia missionaria in Italia e in Europa in questo momento, risponde prima di tutto all’invito del Signore a pregare «il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Lc 10, 2). È il Signore che continua a chiamare, è Lui che continua ad affascinare il cuore dei giovani per farli diventare pescatori di uomini per la sua Chiesa, missionari del suo vangelo nel nostro istituto. Italia A noi, suoi discepoli, Gesù affida il compito di accogliere e accompagnare la ricerca di Dio dei giovani che mette sulla nostra strada, di mostrare con la testimonianza della nostra vita la bellezza della nostra vocazione di Missionari della Consolata. Si tratta di accompagnare, non portare, di creare le condizioni perché l’incontro con il Maestro possa avvenire anche nelle nostre case e i giovani possano “venire e vedere”. 44 Pregando per le vocazioni nella Chiesa e nella nostra famiglia, facciamo memoria anche della nostra chiamata: ricordare gli inizi della nostra avventura con il Signore ci aiuti a essere uomini di Dio capaci di aiutare i giovani a da Casa Madre 1/2013 scoprire la sua presenza e la sua volontà nella loro vita. Indicazioni 1) Temendo e non volendo che la difficoltà organizzativa di coordinare le comunità della regione in turni di adorazione rendesse difficile l’esordio di questa iniziativa e la prorogasse ulteriormente, si è scelto di attuare il mandato della Conferenza proponendo – per il momento – un’ora di adorazione per le vocazioni in ognuna delle nostre comunità ogni primo giovedì del mese. Le comunità assumeranno la responsabilità di trovare in quel giorno il tempo più opportuno, tenendo presente anche la possibilità di coinvolgere i laici. Strada facendo valuteremo, anche grazie all’adesione e ai suggerimenti dei confratelli, se sarà possibile passare all’adorazione continua di 24 ore così come pensata dalla Conferenza. 2) Sarebbe bello che, oltre all’ora di adorazione, nel giorno stabilito, quando il calendario liturgico lo permette, si celebri la Messa per le vocazioni. 3) Proponiamo una scheda con alcuni testi per “rompere il ghiaccio”, per iniziare questo momento di preghiera e di riflessione della regione. Ogni mese verrà poi inviata una scheda, per mantenere un collegamento tra le varie comunità e per facilitare la preparazione. I contenuti sono stati pensati sia per l’adorazione comunitaria, sia per quella individuale: un brano della Scrittura, una citazione dagli scritti del Fondatore, un testo di riflessione di autore contemporaneo, preghiere d’intercessione nelle quali ricordare anche gli avvenimenti importanti di famiglia (professioni, ordinazioni, tappe del cammino formativo). Nella celebrazione comunitaria, questi contenuti possono essere 7 febbraio Esempio di possibile l’adorazione comunitaria: 4 aprile traccia per * Canto per l’esposizione (tratto dal repertorio in uso nella comunità) * Silenzio adorante dopo la conclusione del canto * Contenuti proposti nella scheda, con adeguati tempi di silenzio distribuiti tra l’uno e l’altro * Reposizione dopo l’orazione conclusiva Il calendario Italia opportunamente collocati dopo l’esposizione del Santissimo Sacramento, eseguita secondo lo stile delle varie comunità. 7 marzo 2 maggio 6 giugno Con l’augurio e la preghiera che questa iniziativa ci aiuti ad alimentare la comunione nella nostra famiglia missionaria e a leggere i segni dei tempi, alla luce del Vangelo e sotto lo sguardo paterno del Beato Giuseppe Allamano. Vittorio Veneto, 21 novembre 2012, Memoria della Presentazione al tempio della B.V. Maria Da dicembre 2012 a giugno 2013: 5 dicembre 3 gennaio 45 da Casa Madre 1/2013 RICORDANDO P. LELLO P. Marco Turra, IMC Tanzania Negli anni in cui entrai nei missionari della Consolata ad Alpignano, passavo spesso a Bevera durante i brevi periodi di vacanza e Lello era sempre lì pronto ad accogliermi e a farmi sentire a casa. Era incaricato di Namaste, il centro d’accoglienza per gli immigrati, ma soprattutto ricordo il suo modo spontaneo di rapportarsi coi giovani e la sua simpatia che trasmetteva attraverso qualche espressione del dialetto brianzolo che aveva imparato. Ricordo anche una volta a Torino, quando presi la parola in un’assemblea regionale per difendere un’attività pastorale che svolgevo in quegli anni. Ero molto emozionato, era una delle prime volte che parlavo davanti ai confratelli riuniti e ricordo che dopo il mio intervento si alzò a difendermi con entusiasmo. 46 Avevo conosciuto p. Lello a Bevera, quando ancora non ero missionario della Consolata. In quel tempo era appena arrivato in Italia, dunque ancora parlava poco l’Italiano. Mi accolse subito con un abbraccio e una curiosa esclamazione, certamente ignara del nostro contesto politico: “Forza Italia!”. Percepii subito il suo entusiasmo missionario e la sua voglia di comunicare. Da allora le nostre strade si incrociarono sempre piu’ spesso, cosa che adesso riconosco come un grande dono che il Signore mi ha fatto. Tra i tanti momenti che abbiamo trascorso insieme, ne voglio ricordare alcuni che per me resteranno indelebili. da Casa Madre 1/2013 P. Lello lo rividi in Tanzania, quando nel 2005 andammo a trovare a Moshi con p. Dido le famiglie dei nostri seminaristi di Morogoro. Lo incontrammo per caso in un bar e subito ci invitò a casa sua. Andammo a trovarlo dopo qualche giorno e ci fermammo a dormire una notte a casa sua. Là conobbi i suoi genitori e alcuni dei suoi fratelli e sorelle. Anche la sua casa era un viavai di gente che venivano per incontrarlo, salutarlo e chiedergli qualche consiglio. Parlammo molto in Swahili, nonostante io fossi arrivato in Tanzania da pochi mesi, lui stesso si stupì di questo fatto. Il mio Swahili in realtà era ancora molto povero, ma lui mi disse per incoraggiarmi che già parlavo come un tanzaniano. Mi portò anche a vedere la chiesa in cui da piccolo faceva il chierichetto: quando me lo disse, ci facemmo una bella risata di complicità. Tanzania Nel 2007 p. Lello fu poi destinato in Tanzania, dove avrebbe poi studiato nella città di Mwanza scienze della comunicazione, essendo stato destinato alla nostra rivista Enendeni. Anche a Mwanza lasciò un segno indelebile, e me ne accorsi la sera in cui sparì inghiottito dall’Oceano Indiano. Noi fummo molto cauti nel diffondere la notizia perché’ speravamo in qualcosa di molto diverso rispetto a quella che purtroppo era già una tragica realtà. Mi telefonò un religioso che aveva studiato a Mwanza e mi disse che da là aveva ricevuto la notizia della scomparsa di Lello. Noi ci eravamo incontrati nel 2007 ad un’ordinazione nella parrocchia di Nyabula, prima che io tornassi in Italia per la licenza in teologia. Parlammo a lungo quella volta e di quel colloquio mi colpì una cosa: anche se avrebbe dovuto trascorrere i successivi tre anni all’università, mi confessò che voleva fare qualcosa di importante per il proprio paese, come missionario della Consolata. Già allora sognava una regione diversa e credeva in alcuni cambiamenti che poi avrebbe cominciato effettivamente ad attuare 4 anni dopo come superiore. Quando tornai in Tanzania e lui fu eletto superiore dopo il capitolo, ci incontrammo nella missione di Heka: ero diventato prete da pochi mesi e lui mi disse che per qualche tempo avrei dovuto fare il parroco a Sanza. Poi, nel giro di pochi mesi, mi chiese di andare prima a Ikonda per collaborare con p. Sandro Nava e la comunità dell’ospedale, poi a Iringa come amministratore della regione. Abbiamo collaborato spalla a spalla fino all’ultimo e lui mi chiamò anche la mattina che precedette la sua tragica scomparsa. In quei giorni non volevo disturbarlo, perché’ era impegnato col consiglio continentale, ma lui mi chiamava e mi scriveva per sapere come stavano i suoi missionari. Fino all’ultimo. Ancora adesso mi domando le ragioni di tutta questa fiducia che lui riponeva in me, una volta mi disse che continuava a ricordare la prima 47 da Casa Madre 1/2013 Tanzania volta che ci incontrammo a Bevera come felice presagio di una vita di lavoro assieme. La sua nei miei confronti era una fiducia spontanea, segno di un discreto e sempre presente incoraggiamento. Con l’entusiasmo che manifestava con tutti. Questo stile e’ per me 48 da Casa Madre 1/2013 un segno chiaro del fluire libero e sciolto della grazia divina. Mi mancherai Lello, anche se il tuo ricordo resterà sempre vivo in noi. Ulaanbaatar VITA NELLE COMUNITÀ CHINGGIS KHAAN FESTIVAL Fr. Ernesto Viscardi, IMC The year 2012 mark the 850th anniversary of the birth of the Great Chinggis Khaan, the founder of the Mongol empire. By a decree of the President of Mongolia the 14 of November, the day chosen for this celebration, will be a national holiday and at the same time it will be celebrated as a “National Pride Day”. Surely this has nothing to do with da Casa Madre 6/2012 49 homonymous celebrations going on around the world. Chinggis Khaan, the legendary initiator of the Mongol empire remains a major figure of reference for the recovered identity of this young post communist democracy. No doubt Mongolia has many reasons to be proud of. The last June political elections which saw the passage of power from the ancient communist party to a Democratic coalition, is indicated as an example of great democracy, peace and stability among many regions in central Asia. Moreover this former communist country of almost 3 million people has the world’s fastest growing economy, due to rampant gold, tin, copper and coal mining. Investors and political delegations from all corners of the world are flogging in this country which appears to be like a new “Eldorado” in a difficult world economic situation. Needless to say, the wild beauty of the country, its famous landscapes filled with emptiness and silence, make this nation a special attraction for tourist and nature lovers. Ulaanbaatar There is also a sense of proudness in the heart of each Mongolian citizen. How many times we hear the expression: bi bol mongol khun (I am a Mongolian). It is a way to affirm a national identity, to recall the memory of a glorious past and maybe to express the will to take an active part in the world’s new upcoming scenarios. 50 If these are some of the reasons to be proud of, the Mongolian people and its governing bodies are the more aware of the challenges and difficulties, which lay ahead. Growth Poverty The 17% of last year and the 11/12% of national growth expected this year has to take into account the 30% of the Mongolians who still live in poverty. A situation which has described the nation as a “beggar sitting on gold”. The distribution of wealth from mining revenues to the population must be da Casa Madre 1/2013 looked into with a long distance planning. The indiscriminate distribution of money cash to people, in an old socialist and populist style, may risk reducing opportunities for more durable investments in infrastructures, services, formation, industries, quality of life and it may boost inflation. The will of part of the government to restart a discussion on already signed mining agreements with powerful multinational companies, like Rio Tinto and its associate Ivanhoe (Turquoise Hill) has put many investors on the alert about the security of their investments with the risk to slow down a flow of capitals so much needed in this moment. New reach and new richness are creating an evident economic social divide with a middle class which can hardly reach the end of the month with their monthly salary. Mining resources and mining revenues, make the principal motor for the actual Mongolian fast growing economy. But among the population, and especially among the herders, who have seen their grazing lands invaded by huge infrastructures and their soil turned upside down by powerful machinery, are questioning the impact of mining on the fragile environment already stressed by 40 millions head of animals and an advancing desert. Strong laws to protect environment are needed to balance the need in one side to take advantage of the enormous mineral recourses and on the other to protect nature and the still existing traditional nomadic style of life. Corruption It is the virus corroding the system from within. The sentence by a court in Ulaanbaatar condemning the former President Enkhbayar Nambar to four years in prison on corruption charges, even though, as somebody suggested, tainted with some political intentions, may indicate the strong will of the government to get rid of this situation which seems to be spread, in different ways and forms, in all the strata of the politico-administrative apparatus of the nation. Old and new Since the 1990 collapse of communism, Mongolia has changed considerably. Today, modern towers stand proud around Ulaanbaatar’s central Sukhbaatar Square, which soar over Soviet-inspired monuments from the mid20th century. The mines also provide relatively well-paid jobs to local people who take advantage of the available opportunities. But inevitably such a fast and uncontrollable development is injecting in the traditional nomadic Mongolian culture new elements and new models of life easily absorbed by younger generations but maybe more feared by the older or traditional segment of the population. Newspapers, televisions, public talks , parliament discussions are much focused on mining, investments, projects…etc and less aware of how the Mongolian way of life is changing. To balance progress and modernity with traditions, global market economy and local way of life it won’t be an easy task but surely a must for this people proud to affirm their identity as sons and daughters of the great Chinggis Khaan. Ulaanbaatar Environment Conclusion 850 years ago the founder of the Great Mongolian nation had the ability to unite into one people tribal clans, stealing and fighting each other. With great skill he organized an army, which his successors and generals will use to create one of the greatest empire that history can remember. He established a common system of laws, the Great Yasa, ensuring, often by force, what it was also termed a period of “Pax Mongolica”. In this much different historical phase the descendants of Chinggis Khaan, in their young democratic experience are facing new situations and a new set of problems. Will they succeed in solving them in view to build a modern Mongolia enriched by all the positive values of their ancient tradition? It is our hope that this may well happened. So Happy Chinggis Khaan Birthday and happy national pride day, Mongolia! 51 da Casa Madre 1/2013 UN ATAÚD CUESTA MÁS DE QUINCE MIL PESOS Puerto Ospina P. Juan Antonio Sozzi, IMC 52 Hoy se terminó, después de una intensa semana de movilizaciones, el paro campesino que bloqueó durante días carreteras, vías y ríos del Putumayo. Que este paro no fuera precisamente un paro espontaneo, eso se sabía. En cada vereda las juntas de acción comunal se encargaron de animar la participación y el aporte a la “justa causa” de indígenas y campesinos, y hasta de lugares muy lejanos salieron para hacerle oír al gobierno -que está regalando los recursos mineros, propiedad de todos los colombianos, a las multinacionales de toda la vida, propiedad de “oligarquías genocidas”– la voz clara, compacta e inconforme de los que dicen no a semejante atropello. da Casa Madre 1/2013 Hubo quien puso gente, otros pusieron remesa y leña, algunos pusieron botes y motores… y la marea humana se movilizó. Las vías se cerraron al tránsito, se detuvo la navegación en los ríos, se congelaron muchas actividades económicas… y sin embargo en Puerto Ospina algo no funcionó adecuadamente. La cosa fue que tal vez la presidente de la junta de acción comunal no se dio por aludida o no fue adecuadamente informada, posiblemente no llegaron a tiempo las noticias, de pronto prevaleció el cansancio de tantas otras manifestaciones análogas… lo que sí fue cierto es que nadie salió de su casa y nadie Puerto Ospina estuvo dispuesto a asumir la fatiga, los peligros y las incertidumbres de este paro. Desde el primer días corrieron voces y rumores aterradores, semejante desobediencia a la “voluntad general” no se podía ni se debía tolerar. Todo el mundo se preguntaba, ¿cuál será el castigo?… hasta hoy en que se supo. Desde la mañana corrió de casa en casa y de boca en boca la noticia de que se estaba convocando una reunión general y urgente de todos los habitantes de corregimiento. En el aire se escuchan expresiones como las siguientes: – Hoy no se puede faltar a la reunión, la cosa está que arde. – Las amenazas son serias y han llegado puntuales a las casas a las que tenían que llegar. – Hay que tomar decisiones que son vitales para el futuro de esta comunidad. – Dicen que van a bombardear al pueblo. Que nos van a acabar. Por la tarde, a la hora establecida, al kiosco del parque al lado del río no le cabía un alma más y todas las doscientas familias que conforman la comunidad civil del pueblito estaban de una u otra manera representadas. El aire se hace tenso y silencioso cuando, después de dedicar buena parte del orden del día a temas de escasa transcendencia, se llega al motivo de la reunión urgente. – La cosa es sencilla, señores -dice la presidente de la junta de acción comunal sin querer endulzar el trago amargo– hay que colaborar con los gastos del paro, ya que no colaboramos con ninguna otra cosa. Hay que pagar remesa, medicamentos, otros gastos que se hicieron durante la movilización en la que nosotros hemos estado ausentes. Nos piden este pequeño sacrificio y son dos millones que tenemos que poner entre todos, y tienen que estar listos para mañana, mejor si para esta misma noche. No escucho ni una palabra de reprobación da Casa Madre 1/2013 53 o de inconformidad. La noticia se recibe como una sentencia inapelable. Las únicas observaciones que se escuchan revelan un “savoir faire” tal vez forjado en años viviendo día a día situaciones análogas. – Pensándolo bien -dicen algunos- no es ni mucho si todos ponemos lo que corresponde a cada cual. Es un castigo casi más simbólico que real. – Son de a quince mil por familia -dice otro que tiene la calculadora en el celular- eso si todos pagan juiciosos. El que no tenga que pida prestado. La junta también puede aportar con alguno de sus recursos si al final es necesario redondear alguito. Los que venían preparados se echan mano al bolsillo y en un cuaderno escolar el tesorero de la junta va anotando juiciosamente los nombres de las familias que quedan libradas de sus obligaciones. Algunos cancelan solo una parte y prometen el resto en pocos días. Otros salen corriendo hacia las respectivas casas para regresar rápido con lo debido. Puerto Ospina – La parroquia también tiene que pagar la multa? -le pregunto al tesorero. 54 Me mira con aire confundido, después mira a la lista que está anotando en el cuaderno, y finalmente a la presidente de la junta con aire interrogativo. – No padre, la parroquia no está como tal en el censo del corregimiento pero -añade- mire como estamos, hasta ahora han pagado unos cien y faltan otros tantos, y es para esta noche. Aquí las cosas son así, siempre han sido de esta manera. Nos encantaría un gesto de solidaridad suya. Me quedo mirándolo un momento, y después le paso un billete de 20 mil. En silencio anota la parroquia en su cuaderno escolar, me entrega el vuelto y me dice “gracias”. Ya la tarde está avanzada, más de uno decide da Casa Madre 1/2013 descargar los nervios en la cancha de fútbol o en la de volley de la escuela primaria, antes de que se haga demasiado de noche, luego mañana se verá. En efecto aquí se trata de llegar al día siguiente y sobrevivir a los estragos de esta guerra sin fin. Mañana el sol amanecerá generoso sobre los habitantes de Ospina acostumbrados a los impuestos revolucionarios. También lo hará para los soldados del cercano puesto militar que desde las proximidades del kiosco escucharon todo sin proferir palabra. Será un día bonito también para los “barbados del monte” que podrán contar con dos millones más con los que alimentar sus sueños de guerra y revolución. En Oslo mañana se hablará de paz -justo hoy han empezado oficialmente los diálogos entre el gobierno y las Farc-, pero Ospina queda lejos de Oslo y, para curarse en salud, es mejor pagar, pagar para no morir o vivir con la insoportable tensión de la amenaza y del que nos pueda venir encima. – En esta guerra -dice doña Inés– hemos siempre estado entre la espada y la pared, y si no fuera por las cuatro familias que buscan a Dios este pueblo desde hacía tiempo que estaría acabado. Mientras me alejo del kiosco el señor corregidor me regala la perla del día. – Verá padre, un ataúd cuesta más de quince mil pesos. Hall Notre Dame Cocktail dînatoire IMC: du beau monde au Château Dufresne 2e événement 2e réussite en autant d’années. Le 12 novembre dernier, un cocktail dînatoire était offert pour venir en aide au père Larose, administrateur de l’hôpital de Neisu en RDC. Nous pourrons lui faire parvenir un plein conteneur de médicaments et d’équipements médicaux d’une valeur de 100 000 $. Présence IMC au Salon du livre de Montréal 2012 Les Missionnaires de la Consolata de Montréal ont accueilli à leur stand un grand nombre de visiteurs avec lesquels ils ont pu échanger. Une belle occasion de faire connaître les Missionnaires de la Consolata et leurs œuvres humanitaires. Le 16 novembre, on a procédé au lancement du dernier livre du père Jean Paré : Religion et mission, La place des religions dans les sociétés contemporaines. Montréal NOUVELLES Merci à nos bienfaiteurs et bienfaitrices, aux participants, aux commanditaires et à tous ceux et celles qui, de près ou de loin, ont permis cette belle réalisation. Père Richard Larose : « Mille mercis pour tout ce que vous avez fait ... Soyez assurés de notre profonde gratitude. Que le Seigneur de la Vie vous protège et vous comble de ses bienfaits. » De Neisu, le père Larose nous écrit: J’anticipe de quelques jours l’annonce officielle que le ministère de la santé devrait faire 55 da Casa Madre 1/2013 Montréal le 23 novembre pour déclarer que l’épidémie d’Ébola dans notre zone de santé est terminée. Les médecins de Médecins Sans Frontières ont quitté Isiro la semaine dernière ainsi que les Canadiens qui étaient venus remplacés les Américains au laboratoire spécial. Les expatriés de Rio Tinto qui avaient quitté la Région à cause de l’épidémie devraient revenir sous peu. Selon le coordinateur que j’ai vu il y a 10 jours, il y aurait eu 28 cas positifs de détectés au laboratoire dont 18 sont décédés. Cependant on pense qu’il y eu 36 morts en tout. De fait, il y a encore des analyses qui se font aux États-Unis sur des échantillons que l’on a prélevés dans la région. Il y a eu aussi parfois des contradictions dans les chiffres!!! J’étais un peu gêné de vous écrire encore sur l’Ébola comme s’il n’y avait que cette maladie dans la région. Il est vrai que la fréquentation à l’hôpital avait fortement diminué depuis le début de cette épidémie. Était-ce parce que les gens n’étaient pas malades ou parce qu’ils craignaient de s’approcher d’une source possible de la maladie? Je ne saurais vous dire. Cependant je dois vous dire que depuis deux semaines le nombre de malades a sensiblement augmenté. Durant l’épidémie d’Ébola, la moyenne à l’hôpital était d’environ de 70 hospitalisés alors qu’aujourd’hui nous en comptons 122 dont 71 enfants. Les cas de malaria et d’anémie sont nombreux. Espérons que nous n’aurons pas 180 enfants hospitalisés comme cela s’est produit au début de l’année. On peut maintenant recommencer la planification des opérations. Durant l’épidémie on s’en tenait aux urgences : hernie étranglée, césarienne, fracture, pour éviter le plus possible les contacts avec le sang. Il n’y a pas que de mauvaises nouvelles à l’hôpital. Il y a trois semaines, sont nés des triplets : 2 filles et 1 garçon. On peut ainsi dire : La vie continue et le Seigneur nous donne la Vie en plénitude. 56 da Casa Madre 1/2013 Grand Tirage des Amis de la Consolata du 6 novembre dernier Depuis de nombreuses années, la corporation des Amis de la Consolata inc. organise un tirage annuel au profit des œuvres des Missionnaires de la Consolata. Le 6 novembre dernier au Hall Notre Dame, plusieurs amis de la Consolata, le personnel du Hall ainsi que quelques pères ont assisté au tirage des billets gagnants sous la direction du père Nelson Lachance. Les trois heureux gagnants sont : le 1er prix , madame Jacques de Québec, le 2e, madame Morissette de Trois-Rivières et le 3e, madame Girard de Hébertville. Félicitations aux heureux gagnants! Un grand merci à tous ceux qui ont participé à faire de cet événement un succès. Sans votre contribution nous ne pourrions supporter tous les projets qui en dépendent. Nous vous disons : « À l’automne 2013 »! USA 29 octobre: la « furieuse » Sandy a causé des dommages matériels mineurs à la maison régionale des IMC à Somerset, au New Jersey. Leur ancienne secrétaire, Elaine, a été moins chanceuse et a dû se réfugier chez des amis pendant plus de 2 semaines: chez elle, les dégâts sont considérables. P. Munyiri Venanzio Mwangi, IMC Cali “ES MEJOR VOLVERSE ATRÁS QUE PERDERSE EN EL CAMINO” La Pastoral Afrocolombiana de la Arquidiocesis de Cali quiere compartirles la alegria inmensa de celebrar la IV asamblea de pastoral afro, inaugurando el nuevo centro, e integrando a la familia de cada comunidad a participar y ha descubrir su caminar en el proceso evangelizador de la iglesia. Fueron 2 dias llenos de emociones, formación, cantos y evaluaciones que hicieron que nuestro pueblo afro se sintiera nuevamente renovado y lleno de esperanza para la prolongación de sus tareas y deberes. Se comenzó con una bella oración a cargo de las compañeras de la comunidad de nuestra señora de aguablanca, se hizo la apertura con el video institucional de pastoral afro, donde de una manera clara y dinámica se dio a entender que somos y que hacemos. Continúo con la temática: ‘’lo que significa ser negro en Cali’’ Luces, sombras y perspectivas, por el Dr. Harold Viáfara, donde se dio a entender las diferentes problemáticas de la gente que necesita ser escuchada y las posibles soluciones y atenciones a esta población en especial. NEGRA- fue el video temático que resalto el ser identificado como tal y lo orgulloso que es el llevar esto en las venas, posteriormente se realizo la segunda temática: perdón, recconciliación y el duelo por el Padre Jorge Tulio OFM, donde se mostro las diferentes facetas del perdon, de los tipos de duelo y del proceso de reconciliación que empieza por el amor propio y luego va hasta los demas. Nos acompañaron en esta jornada, un grupo arquidiocesano que apoya a las comunidades afro e indigenas en procesos rurales y otrosSAREP, quienes nos invitan a formar parte de sus trabajos y experiencias que permiten enriquecer nuestra herencia y el amor a la mdre tierra que tanto nos da. La Eucaristia Afro, siempre presente en las actividades de pastoral, engalanaron a los invitados quienes danzaron al son de cununo y el guaza, y la melodiosa voz de sus interpretes, Adoración al Altisimo y una bella reflexión por parte de los seminaristas y personas del lugar; termina este dia con una lunada cargada de aerobicos y bailes autóctonos de nuestra tierra. Finalmente, culmina la asamblea en un segundo dia lleno de oración por parte de nuestras compañeras de la comunidad de Villarica, expectivas de trabajo comunitario y de amor, que nos deja como enseñanza que la fuerza interior, la comunión fraterna y esa hermandad que nos caracteriza, hacen mas grande al ser e ilumina nuestras vidas para una entrega total y desinteresada a nuestro padre celestial, llendo hasta el último lugar a llevar su mensaje. da Casa Madre 1/2013 57 UN DÍA INOLVIDABLE P. Ramon Esnaola, IMC abrir un nuevo sendero para poder llegar al campo. Yo llegué hacia las ocho de la mañana y todo el mundo ya estaba en plena faena. Una gran marmita estaba al fuego para poner el arroz y dos mamás se encargaban de la cocina. Ya en el campo la gente se sorprendió mucho de verme. Pensaban que venía para saludarles y que luego me iba a ir. Pero se quedaron boquiabiertos cuando empecé a cosechar con ellos. Hubo algunos que me preguntaron si había algodón en España. Quiero compartir con todos vosotros la jornada que viví el viernes pasado en Dianra Village. Llegué al pueblo el miércoles por la noche y mientras iba paseando con Etienne, el hijo de Maxime. Él me dijo en senanri que el viernes iban a comer carne en el campo porque iba a venir un gran grupo a cosechar el algodón en el campo de su padre. Yo interpreté ese comentario como un llamada del Buen Dios que me hacía a abandonar el trabajo “de despacho” y de pasarme el día al aire libre para “compartir aunque sólo fuera por un día el día a día de mi gente”. Dianra Así que el jueves le dije a Maxime que iría al campo el viernes para echar una mano. Él se mostró sorprendido porque no sabía cómo yo me había enterado de su programa. 58 Así fue, el jueves, después de la oración matinal y del desayuno. Él vino en moto y nos fuimos a su campo que está a unos cuatro kilómetros de Dianra Village. Como las lluvias habían cesado, ya casi no había agua en los dos riachuelos que había que atravesar. Un gran árbol se había caído y han tenido que da Casa Madre 1/2013 Y así me di cuenta de la metodología de trabajo. S edividen en grupos por edades: los niños (porque los maestros estaban de huelga desde hacía una semana y no había escuela), las chicas jóvenes, los chicos jóvenes, las jóvenes mamás y las mamás ya mayores. Un hombre se encargaba de arreglar el algodón que todo el mundo iba trayendo y el proprietario del terreno iba circulando por todos lados animándoles a trabajar y ayudándoles. Yo hice más o menos lo mismo. Me ponía con uno de esos grupos y les daba una mano. En realidad, cada uno se encargaba de una hilera y cuando terminaban ayudaban al que se quedaba más rezagado. Una chica se encargaba de llevar el agua de un lado a otro para que todo el mundo estuviera bien servido. A las doce y media paramos para comer. Y, efectivamente, comimos carne, como había predicho Etienne. No es lo normal cuando van al campo. Sólo hacen la comida así cuando es «el gran día» de cosechar. A la una ya todos estaban de pie al tajo. Yo me tomé un respiro hasta las dos y luego me uní a ellos. Hacia las cuatro habíamos terminado. Todos Dianra estaban contentos aunque cansados. Yo cuando me cansaba me dedicaba a hacer fotos, y aquí os dejo una muestra de mi reportaje gráfico. Dice un proverbio chino que «antes de juzgarme camina cuatro días con mis zapatos». Bueno, yo lo hice un día y os aseguro que al día siguiente tenía unas agujetas de impresión. Pero fue bonito compartir el día con mi gente. Además, por la noche, a las nueve y media tuvimos la eucaristía de jóvenes y luego una reunión. Total que me acosté hacia las once y media. Cansado. Contento. Le di gracias a Dios y al día siguiente, a las seis de la mañana, ya estaba en pie para celebrar la eucaristía. Es preciosa la misión por estos lares. Me quedé sorprendido que la mitad del pueblo ya sabía la misma tarde que me había ido al campo para cosechar el algodón. Y todos se partían de risa cuando les mostraba el sitio donde tenía agujetas. Ahora estoy inmerso en la formación de nuevos animadores de CEBs de la parroquia de Marandallah. 59 da Casa Madre 1/2013 AMARCORD DELLA MIA MISSIONE P. Luigi Manco, IMC CHACO 1980 Arrivai la prima volta in Argentina il 31 ottobre del1978, cioé in tempo di dittatura. In tempo di “ desaparecidos“. Ricordo l’amara esperienza a una settimana del mio arrivo. Andai nell’ambasciata di Buenos Aires per domandare informazioni circa il destino di due italiani. “Qui sono del tutto sconosciuti”, mi risposero. “Non avranno fatto la fine di questi “desaparecidos”, come si dice qui? Aggiunsi. “Ma, reverendo – fu la pronta e insolente risposta - anche lei crede a queste stupidaggini”? Tartagal Il primo anno e mezzo lo passai nel Chaco: “missione di punta, in zone di punta ” . Ci misi tutta l’anima. Pensavo che la dittatura fosse cosa delle grandi cittá e mi inguaiai. Paura? Un poco? Tuttavia, mi scopri’ piú coraggioso di quanto immaginassi. Un giorno mi chiamó in questura il Commissario. Diamogli un nome: per esempio: Pilato. Ma se Pilato non era, di certo apparteneva allo stesso grupo sanguigno. “ E’ vero che lei proietta nelle scuole certi cotometraggi tendenziosi e afferma cose che offendono la dignitá della nostra Nazione?”. “No, Sr. Commissario . Io, durante alcune sere ho proiettato filmini missionari che parlano di povertá estrema in certi popoli della terra a conseguenza di ingiustizie sociali e politiche…. Se lei quie filmini li vuole vedere, li proietto 60 da Casa Madre 1/2013 anche qui!.. In realtá taqui altre cose. Avevo detto a quei giovani del liceo che di povertá estrema – nonostante le sue immense ricchezze – ne avevo vista tanta anche in Argentina. Con “questi miei occhi” –avevo affermato - proprio di fronte alla Commissaria ho osservato poveri aborigeni frugare nel cassettone dell’immondizia in cerca di qualcosa per esorcizzare la fame…. E avevo detto cose anche piú pesanti: andando nelle vostre zone rurali ho esortato maestri e maestre a leggere da altre prospettive la storia di alcuni próceres (i grandi della patria). E avevo insinuato: é ora di toglierli dal nicchio alcuni di loro. E’ ora di svestirli…! I leccapiedi di turno, certamente avevano narrato tutto per filo e per segno al Tutore delle Istituzioni antidemocrtiche. E lui, magnánimo, Rimasi in silenzio. Ci congedammo cosí: Pilato si lavó le mani mormorando come in forma di scusa: guardi, io sono un exseminarista, non volgio farle del male…ma le ripeto che il suo nome sta giá depositato in Provincia ! Lo salutai con una scossa di paura. E con un fremito di orgoglio. PIRANÉ, TERRA TANTO AMATA Dal primo di Novembre del 2007 sono ritornato in Argentina. A pochi giorni del mio arrivo ho incassato un’immensa e insopsettata gioia: i superiori mi inviarono inmediatamente alla “Regina delle nostre missioni”: Pirané! A questa missione, situata nell’estremo nord-est argentino, ogni missionario della Consolata che vi é stato potrebbe applicare il verso nostagico dell’Israelita ésula dalla sua terra: Se mi dimenticassi di te, Gerusalemme, che mi si paralizzi la destra; che mi si peghi la lingua contra il palato! Quella missione, infatti ha esercitato sempre un un misterioso potere seduttore. Certo era una missione di sfida. Ma proprio per questo ammaliava come una innamorata. E la conserviamo, gelosi, nei fondali della memoria del cuore. Nello scrigno dell’anima. Ora, dopo di piú di 60 anni di presenza l’abbiamo consegnata alla Diocesi. L’hanno consegnata due missionari di eccezione: Padre Merigo Antonio e P. Luigi Inverardi. Sono due poli opposti in quanto a temperamento, ma entrambi forti, ossuti, inossidabili di fronte alle fatiche e ai rischi della vita missionaria. Ma la será della consegna non hanno retto. E si sono sciolti in lacrime. Stando a Pirané, non rare volte mi succedeva di sorprendermi emozionato al pensare che io, proprio io stavo ricalcando i passi di quei pionieri. Rimanevo. a volte, come trasportato sulle ali dei ricordi e delle na rrazion del libro di famiglia. Mi sommergevo nelle loro avventure, rivivendole. Ora mi trovo accanto alla cisterna della missione. Benedetta cisterna: quanta sete del popolo hai spento in decenni di generosa acqua fresca e pura! E doppiamente benedetta in quella notte di Pasqua quando il padre Angelo Buratti, commosso perché la gente insistentemente gli chiedeva aqua santa, alla maniera di un redivivo Mosé lanció il grido: seguitemi ! E con sacralit´di gesti benedisse tutta la cisterna. E, dando un forte respiro animó il popolo di Dio: su’, presto, buttate i vostri secchi, i bidoni, le damigiane e tirate su l’acqua: é tutta benedetta: é sgorgata dal petto del Salvatore!. Pórtatela a casa! Portatela a casa!! Ora sto contemplando il precipitare di un’acquazzone improvviso, típico delle zone subtropicali. E’ notte fonda. Ma il Padre Guido Guerra, sguscia dal letto come un gatto, si lancia fuori nudo come Dio lo faveva creato, si dimena e canta come un giullare tra lampi, tuoni e rovesci di acqua a cielo aperto: questa sí che é una doccia, questa sí che é una doccia !.. Le autoritá civili di Pirané a uno di questi eroi ha intitolato una strada: Padre Domenico Viola. Ma la memoria amante della gente li ha decorati eroi tutti. Tutti li ha amati, venerati, difesi. Immortalati ! Tartagal si sentí in dovere di mettere in guardia il párroco straniero e…imprudente. “Stia attento: il suo nome e giá arrivato alla Provincia!”, mi ammoní. 61 da Casa Madre 1/2013 TARTAGAL, CHI SEI? Piercing al naso, alle sopracciglie, alle labbra. Piercing all’ombelico. Immondizie scaricate da ignoti a lato della tua casa; baccanali con musiche assordanti la notte del sabato; odore di marijuana mescolato a profumo di gelsomini; compagnie di ragazze e ragazzi che mantengono fedelmente il patto a San La Muerte (una devozione che sa di orrore ed esige consacrazione a suon di stille di sangue, di patti di acciaio per disobbedire in casa, a scuola...E per decidere a chi tocca – in tal data precisa sparire o…sacrificarsi !). Ed altro ancora é Tartagal: scugnizzi che in pieno centro si sfidano a chi, con la sua fionda, saprá abbattere maggior quantitá di mangos. Scolari che ripassano la lezione o visitano internet sdraiati sulle panchine della piazza centrale grazie alla Presidente Crtitina che, due anni fa, prima della sua seconda elezione, ha regalato tre milioni de NetWork. Tartagal E che cosa ancora? Code di gente agli sportelli delle Poste, del Banco, delle agenzie di pago. Sotto l’acqua che pichia o esposti all’inclemenza del sole ( in queste periferie della provincia di Salta, la temperatura sfiora i 45-48º). Motorette che frecciano a destra e a sinistra della tua auto. E ti fanno sudare di pánico e ringraziare il buon Dios, che, anche questa volta, li hai lasciati incolumi tutti: lui, il bimbetto svezzato ingabbiato tra le gambe del genitore che guida, la genitrice con il neonatto sciacciato contro il suo petto e le spallacce nude dell’abilissimo sposo…! 62 Ma soprattutto Tartagal é “molto altro” ! La popolazione – una mescolanza di creoli, boliviani, aborigeni e minoranze di turchi – é di una simpatía inmediata. Gli basta un sorriso, un fermarti due munuti a conversare con loro e hai l’accesso spianato all’accoglienza sincera, allegra, contagiosa. E per manifstare l’allegria, la festa, questa gente sembra nata a propósito. Ritrovarsi insieme – a costo di grandissimi sacrifici - nei compleanni di mamma e papá, o dei nonni (che, spesso hanno salvato egregiamente la familia) é un imperativo ético. da Casa Madre 1/2013 Direte: feticismo! Nient’altro che feticismo. Bene, in parte lo crediamo anche noi. E la sfida ci appassiona, ci turba, sembra superare le nostre forze e la stessa immaginazione. Come infiltrare la purezza dell fede che va piú in lá del rito celebrato? Come oppotunamente immettere la dottrina sociale della Chiesa che scardini la passivitá, la rassegnazione a lo “stato quo” e scuota le cosienze affinché la fratellanza non sia parola vuota, ma effetto di giustizia e solidarietá? Pero, cari teologi e casti cultori del culto impolluto, venite voi qui al nostro posto e fateci da maestri circa come é possibile essere pastori di anime in un ambiente che “é cosí, punto!”. É chiaro che siamo d’accordo con Paolo VI, che, cioé, la religiositá popolare bisogna pulirla, correggerla, evangelizzarla. Ma lo stesso papa aveva detto, come primo punto: bisogna accoglierla amorosamente la religiositá popolare! Non é cosí? Lo stesso proverbio francese lo afferma: non gettare il neonato insieme all’acqua fetida dove l’hai lavato. HO VISTO UN UOMO CHE NON MUORE ! Giá, non ve ne ho parlato! Prima di venire alla missione di Tartagal ho trascorso quasi un anno a Orán, sempre in provincia di Salta. Il párroco, Padre Giuseppe Auletta – che con le mani alza il calice e la cazzuola del costruttore di case – mi incamminó a visitare apostólicamente los Cerros de los Aborígenes: celebrare Messa, assistere alle processioni, occuparsi della salute. Luoghi, per la maggior parte che vivono senza luce eletrtrica e senza molti altri conforts delle nostre societá. Ma vivono intra bellezze mozzafiato in quanto a pesaggi di flora, fauna. Ambiente incontaminato e amato. Un giorno, al terminare una processione, una persona mi disse: Venga, padre le faccio conoscere un signore. E, dirigendomi a lu,il mio accompagnate mi disse in strama sintesi di chi si trattava. Adesso sto davanti a lui. I fotogravi ci riprendono. Mi guarda, lo guardo. Non oserei parlargli perché lo shuardo mi riempie l’animo e mi commuove fuori misura. Vinco la timidezza: signore, veramente lei é uno di quei coraggiosissimi indios che piú di 40 anni fa marciarono a cavallo fino alla Casa Rosada (la residenza della attuale Presidente). Sí la prima volta fummo ricevuti dallo stesso Perón, poi dai Presidenti che gli seguirono. Mi scusi davvero la prima volta percorsero il camino a cavallo? E’ vero. E quanti giorni impiegarono? Tre mesi! Tre mesi?! Tre mesi! E’ vero che lei é l’ultimo testimone vivente di quella epica impresa? E’ vero! E gli occhi gli brillavano di emozione. E che cosa chiedevano a perón e ai successivi Presidenti: Le nostre Terre. La nostra Terra! E gli occhi si umidirono di un pianto dignitoso, grave, E aggiunse con un fil di voce: adesso la Terra é nostra. La nostra Terra é ritonata a noi. Silenzio da ambe le parti…Posso posare con lei per una foto. Certo! Tartagal ” Tartagal – religiosamente parlando – é una comuniá impregnata di pittoreschi riti, devozioni ammassate a elementi ancestrali radicati nell’insondabile crogiolo della cultura boliviana. Qui, in questo primo anno della nostra presenta a Tartagal ne abbiamo visti e celebrati di tutte le specie santi e sante: San Rocco, San Rocchetto, Vergine del Miracolo, Vergine del Milagretto, San Camillo, San Gaetano, San Gaetanino, Vergine della Roccia, Vergine di Urcupiña (boliviana doc!). Ho finito. Non domandatemi come si chiamava, quanti anni avesse. Non brontolate perché non vi mostro la foto con lui. E’ per una sola ragione: non l’ho mai richiesta al fotógrafo. A volte il pudore degli incontri grandi é troppo grande per far caso a tutti i dettagli superficiali. Peró’ ve lo assicuro: ebbi – e continuo ad avere – la netta impressione che mi trovai accanto a UN UOMO IMMORTALE. 63 da Casa Madre 1/2013 MERRIVALE SEMINARY: MISSIONARY MANDATE Merrivale Onyango STD Samuel-Francis 64 Victor Hugo – a French writer stated that an invasion of Greeks can be resisted but not an idea whose time has come. Merrivale seminary was an idea whose time had come, and no amount of resistance would have prevented the opening of a theological seminary in South Africa. The first group of students to be sent to Merrivale were; Anthony Gathambiri, Kidane Ashuro, Kisitu Gyaviira, Josephat Mwanake, Samuel-Francis Onyango and Patrick Mrosso, they became the ‘pioneer six.’ Some would have easily thought that this first group of students were specimen for experimentation and that if things would not work out then the seminary would have to be closed. On the contrary, the seminary did not close, instead it has made a complete circle; it is now four years since the opening of the seminary at Merrivale and the future looks brighter. Being pioneers was both joyful and challenging and the fact that we were in a foreign country did not make things easier. It brought deep within us feelings of excitement and anxiety, hope and fear. Interestingly, when we arrived at Merrivale on 6th November 2008, neither da Casa Madre 1/2013 the rector Fr Cassiano nor his assistant Fr Piero were present. They would report some weeks later. However, we never felt alone or lonely since we were warmly welcomed by Fr Tarcisio Foccoli and Fr Rocco Mara. Fr Tarcisio remained our interim superior until when Fr Cassiano arrived. Being the first group of students, we had to create a home for us and for those who would come after us. There was a lot of work to be done and so Fr Tarcisio coined a slogan borrowed from St Benedict, ‘ora et labora’ as our motto. Together, with the help of the general government and the delegation of South Africa we began building Merrivale bit by bit like a birds nest. We knew that nothing worthwhile comes easily – that half efforts do not produce half results, but that half efforts produce no results at all. Therefore, work, continuous work and hard work was the only way through which we could accomplish results that would last. With the appointment of more students to Merrivale, the house at 4Baron road could not accommodate us anymore and so we acquired On Sunday the 3rd November, the six of us received our missionary mandate at our parish in Woodlands during the Eucharistic celebration presided over by Fr James Mwigani the delegate superior. In his sermon Fr James reminded us of the numerous challenges that we are bound to face in the mission. We were moving from the comfortable walls of the seminary to the harsh reality of the world and so he called on us to put on the armour of God. Quoting St Paul’s letter to the Ephesians he said, ‘Put on the armour of God so that you may be able to stand firm against the tactics of the devil […] put on the armour of God, that you may be able to resist on the evil day and, having done everything, to hold your ground [...], in all circumstance, hold faith as a shield, to quench all the flaming arrows of the evil one. And take the helmet of salvation and the sword of the Spirit, which is the word of God (Eph 6:1116) we were also given the Sunday Missal to help us be in love with God’s word. Now we move to the mission once again as pioneers. Our delegation has not had this experience before, the principles of the year of service may be the same everywhere in the institute but their application may vary from place to place depending on circumstances and situations. We say thank you to all those who contributed to our growth and well-being during our four year stay at Merrivale. We can’t fail to mention those who shared their life with us at Merrivale but who have so far been appointed to other places of mission - Fr Tarcisio Foccoli, Fr Piero Trabucco, and Fr Jack Viscardi. Special thanks to our delegation council and all the confreres within the delegation for their brotherly affection and to the General government for their unlimited support. We are grateful for the support that we have received from all the confreres wherever they may be; your words of encouragement have brought us this far and as St Luke writes ‘when we have done everything that was expected of us we only say, we did what we were supposed to do, we are just mere servants’ (LK 17:10). We shall forever remain proud of being the pioneer group at the seminary at Merrivale. Long live the seminary at Merrivale! As we were commissioned, the superior gave us a cross as a symbol of our resolve to embrace Christ and to take him to others, Merrivale yet another house next door on 2Baron road. For two years we lived in these two premises before relocating to a more spacious house on 24Edgar Isaacs Rd previously owned by the Redemptoristine nuns. Currently our community is composed of 15members. However, the pioneer six leave for their year of service having successfully completed their four-year theological study at St Joseph’s Theological Institute – Cedara. Just the way Jesus sent his disciples two by two, so has the delegation council chosen to send us two by two to Pretoria, Johannesburg and Newcastle. In addition, three more members have been appointed to the seminary thus bringing the number of the community to twelve. 65 da Casa Madre 1/2013 SEMINARIO TEOLOGICO Noticiario Como gesto de amizade e fraternidade nós, comunidade do seminário Pe. João Batista Básio, gostaríamos nestas linhas partilhar o nosso dia- pós- dia no seminário, durante estes últimos meses. Durante o mês de Outubro, mês das missões, em nossa comunidade realizamos a novena missionária. Foi uma novena rica em criatividades, partilhas e reflexões conforme o tema da novena, a saber: Brasil missionário partilha a sua fé. Saõ Paolo 66 Um clima alegre e de gratidão a Deus caracterizaram a nossa comunidade no dia 8. O motivo foi à presença e a celebração da primeira Missa em nossa comunidade do Padre Júlio César, novo sacerdote missionário da Consolata, brasileiro, ordenado no passado dia 18 de setembro a Paraíba do Sul. A nossa alegria foi maior por que Padre Júlio é um daqueles que viveu, e partilhou a vida conosco nesta mesma casa como seminarista. A festa iniciada com a Missa se encerrou na mesa com a partilha do pão fraterno. da Casa Madre 1/2013 No dia 17 recevemos a noticia surpreendente: Pe. Elio Rama, nosso superior regional dos missionários da Consolata no Brasil, foi nomeado Bispo da diocese de Pinheiros, no estado de Maranhão. A sua sagração episcopal será no dia 30 às 09:00 na Igreja de São Marcos, na Pedra Branca. No mês de Novembro não foi menos cheio de eventos na nossa comunidade. Os primeiros dias do mês, aproveitando o feriadão do dia de Finados, a nossa comunidade teve as próprias férias comunitárias. Foram dias de repouso, de passeios na praia e de bons momentos de jogar e partilhar juntos. No dia 9, segunda-feira, tivemos o nosso dia de retiro espiritual em preparação a renovação de nossa profissão religiosa e recebimento dos ministérios de leitorado e acolitado, que teve lugar o domingo, dia 11, no salão de nosso seminário. Fomos 18 a renovar a nossa consagração a Deus como missionários, 7 de nós recebemos o ministério do Leitorado e outros 6 o ministério de Acolitado. Fo um dia de profunda ação de graça ao Senhor por o dom No dia 17 alguns de nós junto com o nosso reitor, Pe. Paco, em representação da nossa comunidade, tivemos a alegria de participar ao 25º aniversario de ordenação sacerdotal de nosso anterior reitor Pe. Luiz Emer. Com ele, a sua família, concidadãos e tantos amigos, celebramos a Missa de ação de graça por esses 25 anos ricos de vida missionária e de dons. O dia 18 foi outro dia grande para o nosso seminário e para toda a nossa Família missionária, porque foi ordenado sacerdote outro nosso irmão, Robério Crisóstomo que viveu seus últimos de preparação junto a nós neste seminário. Ele foi ordenado na sua cidade natal, em Jaguararí. Os que tiveram a fortuna de estar presentes não param de contar o linda e participada que foi. Damos graças a Deus por este seu dom a nossa comunidade missionária e á missão. Já estamos no mês de Dezembro, que para todos nós será rico de experiência missionária e, para alguns, de rever as próprias famílias depois de três o mais anos sem vê-lhas. Mas..., tudo isto o comunicaremos a vocês no próximo numero deste nosso Noticiário. Saõ Paolo do chamado e de festa que tivemos a fortuna de partilhar com tantos amigos que se deslocaram até nosso seminário. 67 da Casa Madre 1/2013 DIES NATALIS 68 da Casa Madre 1/2013 P. BRUNO OJON MFIE AMERIKANI, IMC Nato a Bokoro (Bandundu, RDC) il 12 agosto 1964, ha frequentato le scuole medie e superiori nel Nisontin Institut Nsingaudju, ottenendo il diploma di Pedagogia generale. A Kinshasa ha seguito il corso di Filosofia al Philosophat St. Augustin, prima di entrare in noviziato. Fu accolto nell’Istituto a Maputo, con la professione religiosa emessa il 7 gennaio 1995 e ritornato a Kinshasa, completò gli studi di teologia. Fu ordinato sacerdote a Bokoro, il 13 febbraio 2000, da Mons. Léon Lesambo Ndamwize, Vescovo di Inongo. In Congo svolse attività di pastorale, prima a Pawa, poi a Neisu e a Kinshasa nella parrocchia di Bisengo Mwambe, fino al 2005. Destinato nel 2010 in Italia, lavorò per un anno a Torino con gli immigrati di lingua francese. Ritornato in Congo nel 2012, rimase a Kinshasa nella casa regionale. Ricoverato in ospedale in seguito a malattia, è deceduto il 5 dicembre 2012. Aveva 48 anni di età, di cui 17 di Professione Religiosa e 12 di Sacerdozio. 69 da Casa Madre 1/2013 P. MANUEL CARREIRA JÚNIOR, IMC Nato a Caranguejeira (Leiria, Portogallo) il 5 gennaio 1925, dopo gli studi elementari, frequentò le scuole medie e superiori nel nostro seminario di Fatima. Fece il noviziato alla Certosa di Pesio e venne accolto nell’Istituto l’11 dicembre 1950 con la professione religiosa. Continuò gli studi filosofici e teologici a Torino in Casa madre e il 20 giugno 1954 fu ordinato sacerdote da Mons. Lorenzo Bessone, Vescovo di Meru. Destinato alla regione del Portogallo fu assistente e professore a Fatima e poi parroco a Campolide. Nel 1968 venne destinato in Mozambico come Direttore della Scuola per Maestri a Villa Cabral, dove rimase tre anni. Successivamente venne nominato parroco a Nova Freixo. Nel 1974 ritornò in Portogallo dove fu superiore a Aguas Santas, alla casa regionale di Lisbona, a Campolide e a Figuera da Fox. Dal 1989 si dedicò all’animazione missionaria a Cacem e a Fatima. E’ deceduto il 7 dicembre 2012 a Fatima, per arresto cardiaco. Riposa ora nel cimitero di Fatima. Aveva 87 anni di età, di cui 61 di Professione Religiosa e 58 di Sacerdozio. 70 da Casa Madre 1/2013 NEW LIFE EXHIBITION IN SINGAPORE SOMMARIO LA SERA E’ GIA VENUTA, L’ORA E’ TARDI: PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA (MC 4,35).4 GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA FEDE.............................................. 8 “OPERE” DEDICATE ALL’ALLAMANO..... 10 CENNI DI STORIA E DI CULTURA HURONE.......................................... 14 “SE NE ANDÒ E RACCONTÒ A TUTTI QUELLO CHE GESÙ AVEVA FATTO PER LUI. PASSIAMO ALL’ALTRA RIVA…” LC. 8,39.......................................... 18 RIFLESSIONE E CONDIVISIONE SULL’ECONOMIA.............................. 26 DICEMBRE 2012............................... 30 LE STRADE DEL MONDO SONO LE VIE DI DIO.................................. 32 UNA GRAN APERTURA PARA EL IMC.... 37 NOVO SACERDOTE DA CONSOLATA.... 38 A LIBERDADE PROFÉTICA.................. 39 LA PASTORAL INDÍGENA EN ECUADOR... UN CAMINO HECHO JUNTOS/AS ........ 40 «PREGATE IL PADRONE DELLA MESSE»................................ 44 RICORDANDO P. LELLO..................... 46 CHINGGIS KHAAN FESTIVAL.............. 49 UN ATAÚD CUESTA MÁS DE QUINCE MIL PESOS............................................ 52 NOUVELLES..................................... 55 CALI............................................... 57 UN DÍA INOLVIDABLE....................... 58 Sommario AMARCORD DELLA MIA MISSIONE...... 60 71 MERRIVALE SEMINARY: MISSIONARY MANDATE........................................ 64 SEMINARIO TEOLOGICO.................... 66 NECROLOGIO................................... 68 da Casa Madre Mensile dell’Istituto Missioni Consolata Redazione: Segretariato Generale per al Missione Supporto tecnico: Adriano Podestà Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821 C/C postale 39573001 - Email: [email protected] da Casa Madre 6/2012