riassunto

Transcript

riassunto
RIASSUNTO
La necessità del “consenso informato” si colloca in ogni attività sanitaria, dalla
diagnostica a quella curativa-assistenziale. Nella concezione paternalistica della
medicina il medico rappresentava l’unico esperto a cui era demandata ogni decisione
terapeutica.
Attualmente
il
malato
ha
incominciato
ad
abbandonare
quell’atteggiamento passivo che in precedenza lo caratterizzava. Considerare il
paziente come parte attiva nelle scelte terapeutiche è ormai elemento indispensabile
nel rapporto con il medico curante. La tutela della libertà di scelta e il principio di
autodeterminazione dell’individuo sono dei fattori irrinunciabili, ma non assoluti. La
libertà è sempre condizionata in quanto siamo preceduti da altri in un dinamismo tra
convivenza e collaborazione. In questa evoluzione caratterizzante il rapporto a feedback medico-paziente, anche la giurisprudenza ha ritenuto necessario formalizzarlo,
ovvero rendere obbligatorio il consenso previa completa informazione. Vi sono
diversi riferimenti normativi che ne regolamentano l’acquisizione. Si parte dalla
costituzione con gli artt.13 e 32, per continuare con la legge 833/1978, la
convenzione di Oviedo del 1997 ed i codici deontologici (medico del 2006 ed
infermieristico del 1999). In mancanza di una norma che delimiti le caratteristiche del
consenso, la giurisprudenza costituisce un fondamentale punto di riferimento con
sentenze della corte d’appello e della corte costituzionale. Tra le norme giuridiche ve
ne sono alcune che regolamentano eventi specifici, prevedendo espressamente
l’acquisizione del consenso informato dove in alcuni è esplicitamente richiesta invece
la forma scritta.
In una realtà come la terapia intensiva, dove esistono dinamiche estremamente
differenti dallo scenario sia di corsia che ambulatoriale, il consenso informato trova
correntemente applicazione, e lo stato di necessità (art.54 c.p.) non può essere
automaticamente invocato, nonostante rappresenti un requisito caratterizzante il
ricovero in terapia intensiva. L’invocazione dello stato di necessità pone l’operatore
sanitario in uno stato di non punibilità in assenza del consenso. Alcune azioni
tuttavia, messe in opera in una situazione di routine su un paziente che si trova in uno
stato critico, in cui non è possibile acquisire il consenso, raccolgono il principio
dell’art.54 del c.p., poiché ogni prestazione è un presupposto per evitare condizioni
cliniche ulteriormente compromettenti e quindi incorrere in reali eventi d’urgenza.
La valutazione dello stato di coscienza è l’elemento cardine che ci permette di
approfondire il problema. La coscienza viene valutata da indagini cliniche e
diagnostiche e con un attento monitoraggio. Quest’ultimo deve essere il più affidabile
possibile, reso tale anche grazie alla presenza di scale di valutazione del coma (ve ne
sono più di venti). Se la “comunicabilità” e “contattabilità” del paziente vengono
meno, è dovere etico-deontologico che il sanitario si sostituisca ad esso, ogni
decisione deve essere proporzionata alla prospettiva e alla qualità della vita, tenendo
in considerazione le volontà del paziente se sono state raccolte. In mancanza di una
legge ogni decisione continuerà a pesare nella discrezionalità dei sanitari, che
comunque possono avere convinzioni e comportamenti diversi, con differenti
valutazioni di fatti basate sulle norme, ma soprattutto sulla morale, sull’orientamento
religioso e sulla deontologia.
Il malato ha la possibilità di decidere gli interventi, cure e terapie, ma appare
comunque evidente che la scelta potrebbe trovare ostacoli in quanto dipende dalla
discrezionalità dei sanitari, non essendoci una norma che regolamenti il “testamento
biologico”. Regolamentazione già esistente e in attivo in Olanda, Belgio, Danimarca,
Germania e Stati Uniti. Le direttive anticipate potrebbero essere considerate come
una possibile estensione del consenso informato in caso di complicanze e di
compromissione dello stato di coscienza, in quanto i familiari o i prossimi congiunti
non hanno alcun potere decisionale, soprattutto perché l’interesse può essere
contrapposto a quello del paziente stesso. Il minore pertanto non ha possibilità di
decidere, in quanto il consenso deve essere prestato dai genitori (legge 19 maggio
1975, n. 151, riforma del diritto di famiglia).
A riguardo sono presenti in Parlamento otto disegni di legge proposti dal Senatore
Antonio Tomassini ed Ignazio Marino: “disposizioni in materia di consenso
informato e di direttive anticipate di trattamenti sanitari”.
Lo scopo di questo elaborato è quello di sensibilizzare i sanitari nell’importanza che
si dà alla necessità di un “testo unico” finalizzato a normare questo delicato
argomento. In tal modo potrebbero essere definiti con chiarezza gli attori in causa, le
circostanze, le eventuali deroghe particolari alla necessità dell’espressione della
volontà da parte del paziente, tenendo conto anche della possibilità di espressione di
“direttive anticipate” in relazione a situazioni potenziali e futuribili.