A003005, 1 A003005 Da psicologia contemporanea del 1-8

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A003005, 1 A003005 Da psicologia contemporanea del 1-8
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FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da psicologia contemporanea del 1-8-2014 <<COME NASCE L’UMORISMO
DEI BAMBINI?>> di Heloise Juner (vedi nota in fondo pezzo).
Per la lettura completa del pezzo si rinvia al periodico citato.
L’umorismo cresce e si evolve durante i primi anni di vita,
di pari passo con lo sviluppo intellettuale: uno scherzo di un
bambino di 7 anni può lasciare impassibile un piccolo di 7 mesi e
provocare lo scherno di un adolescente di 17.
Come individuare il nascere dell’umorismo nei più piccoli?
Il termine “humour” è ben lontano dal designare la stessa
realtà per tutti.
Gli psicologi sono comunque giunti a un accordo almeno su un
punto: l’umorismo è la manipolazione volontaria dell’incongruo
(cioè la bizzarria, lo scarto che si crea giustapponendo due
elementi contraddittori) a scopo di divertimento.
L’incongruità provoca in chi ascolta un conflitto tra
l’atteso e l’inatteso, di cui la risata o il sorriso sarà la
conseguenza naturale.
Quale, allora, la “chiave” dello humour?
L’effetto sorpresa, evidentemente.
UNA MISSIONE IMPORTANTE.
L’umorismo dei bambini, però, è questione piuttosto
destabilizzante per gli psicologi, quando si tratta di trovarne
traccia nei più piccoli.
E non senza motivo.
Quando si rileva un atteggiamento
umoristico in un bambino molto piccolo, spesso, si tratta di una
proiezione degli adulti.
In questo senso, cogliere quali sono i “primi passi”
nell’umorismo diventa una ricerca estremamente complessa.
Nel bambino molto piccolo, perciò, i ricercatori parlano di
humour nei casi in cui una situazione incongrua (agli occhi del
bebè) suscita la sua risata o il sorriso.
Ma attenzione, non il sorriso “riflesso” che compare già fin
dalle prime ore di vita, bensì il sorriso o la risata “cognitiva”,
a dimostrazione che l’informazione ricevuta è stata trattata in un
modo “superiore”.
Così, secondo Françoise Bariaud, ricercatrice incaricata al
CNRS, specializzata nello sviluppo psicosociale dei bambini e
degli adolescenti, e professore associato del Laboratorio di
Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione, l’umorismo nel
bambino si evolve di pari passo con il suo sviluppo.
In effetti, via via che le conoscenze del bambino sul mondo
che lo circonda si approfondiscono e si affinano, cambia la
percezione dell’incongruo: ciò che appare incongruo a un’età non
lo sarà più dopo, a un’altra età, e viceversa.
Insomma: ogni età ha il suo senso dello humour!
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La risata dell’adulto, d’altra parte, gioca un ruolo
determinante nell’apprendimento dell’umorismo dei piccoli. Per un
bambino, infatti, ogni risposta positiva dell’ambiente circostante
alle azioni che compie ha l’effetto di rinforzare la comparsa in
lui degli atteggiamenti umoristici.
Così, poco per volta, l’umorista in erba scoprirà il potere
di far ridere, arrivando fino a ripetere all’infinito le “battute”
che hanno “fatto centro”.
DA 0 A 2 ANNI: OGGETTI E COMPORTAMENTI.
Quale genere di incongruità fa dunque sorridere o ridere un
bambino molto piccolo?
A cinque settimane, un bambino sorride davanti a un volto
umano che “si muove”, che, per esempio, fa la linguaccia
attraverso una maschera.
Intorno all’età di 6 mesi, l’attenzione dei bambini si sposta
verso l’esterno; in questa fase sviluppano un interesse tutto
particolare per l’ambiente più prossimo, cioè la loro famiglia.
Cos’è che li fa ridere?
I comportamenti insoliti, per esempio il fratello più grande
che fa una smorfia, il papà che imita una scimmia o ancora la
mamma che si spolmona cercando di riprodurre il grido di una
civetta.
Verso i 12 mesi, quando iniziano a camminare, sono
incoraggiati ad esplorare anche il loro ambiente più lontano, come
gli oggetti e il modo di usarli ...
Di conseguenza, intorno ai 20 mesi, i bambini si divertono al
gioco del “far finta che”, cioè a stravolgere il normale uso degli
oggetti: un foglio di carta diventa un cappello, uno spazzolino da
denti un telefono, un cubo di legno un’eccellente caramella che
fanno finta di divorare!
Secondo Paul McGhee, ricercatore specializzato nell’umorismo
e nel riso, docente nelle Università degli Stati di New York e del
Texas, sono proprio questi giochi del “far finta”, accompagnati da
risate e sorrisi, a segnare il vero inizio dell’umorismo nei
bambini.
Ogni età possiede il suo corpus di battute.
L’umorismo però resta una cosa strettamente personale.
DA 2 A 6 ANNI: LE PAROLE E LA LORO SONORITÀ.
Verso i 2 anni, quando si sviluppa il linguaggio, fa la sua
comparsa anche l’umorismo verbale.
Il bambino scopre le parole, e trova in esse una inesauribile
sorgente di divertimento.
Qual è adesso il suo massimo piacere?
Giocare con le parole
e con la loro sonorità: chiamare la sorellina con il nome del
pesciolino rosso, attribuire a un oggetto il nome di un altro,
fare rime, inventare parole nuove ...
Anche l’umorismo cosiddetto scatologico, il famoso pipìcacca, è molto attraente per questi piccoli umoristi in erba.
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Tuttavia, Paul McGhee precisa che fino a 6 anni lo humour è
per lo più fondato sull’incongruità o la stranezza della forma
degli oggetti.
Per esempio alla vista di una bicicletta con le ruote
quadrate un bambino non può fare a meno di scoppiare a ridere!
DA 6 A 11 ANNI, UN NUOVO TERRENO DI GIOCO: IL DOPPIO SENSO.
All’età di 6 anni possiamo osservare nel bambino un vero
momento di svolta.
L’umorismo diventa più raffinato, avvicinandosi in modo
considerevole a quello degli adulti.
Qual è il suo nuovo terreno di gioco?
Le battute che si basano sui doppi sensi delle parole;
«Vuoi un bicchiere? [verre in francese si pronuncia vèr]»
dice Lucie scoppiando a ridere mentre propone al padre un verme
[ver, che si pronuncia come bicchiere].
In poco tempo, questo tipo di umorismo tende ad affinarsi e a
crescere.
Secondo Nelly Feuerhahn, ricercatrice al CNRS, redattrice
capo della rivista Humoresque e specialista in studi sul comico,
il riso e lo humour, i bambini dai 6 agli 11 anni apprezzano in
particolar modo gli indovinelli, oppure anche le storie di
“pazzi”.
Per esempio questa: «Un pazzo legge un elenco telefonico ...
Arriva un altro pazzo e gli chiede: “È bello il tuo romanzo?”
“Sì, ma ci sono troppi personaggi .....».
La chiave del successo di questo tipo di barzellette può
essere individuata nel fatto che, a questa età, una delle più
grandi preoccupazioni dei bambini è la ricerca del confine, della
distinzione tra chi è stupido e chi è intelligente.
E in queste barzellette viene ben rappresentata.
E l’ironia?
Melanie Glenwright, ricercatrice in psicologia presso
l’Università di Manitoba nel Canada ed esperta in comunicazione e
socializzazione dei bambini, s’interessa soprattutto alle origini
dell’ironia e del sarcasmo, forme particolarmente elaborate di
humour.
Per comprendere l’ironia, cioè lo scarto fra il discorso e la
realtà, sono necessarie competenze piuttosto sviluppate.
Ed è per questa ragione che, in certi cartoni animati o in
certi spettacoli di burattini, alcune battute ironiche lasciano
impassibile una parte dei bambini e fanno ridere fino alle lacrime
altri.
L’ADOLESCENZA, O LA "PULSIONALITA" ALLO STATO PURO.
Gli adolescenti, nel periodo “cerniera” della vita,
continuano ad affascinare gli psicologi per le loro brutalità e
scorrettezze, ma anche per il loro aspro realismo.
Secondo Jean-Bernard Chapelier, specialista dell’adolescenza,
professore all’Università Paris Diderot e ricercatore presso il
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centro di Studi in Psicopatologia e Psicoanalisi, l’umorismo degli
adolescenti merita un’attenzione tutta particolare.
Chapelier sottolinea infatti che le loro battute sono marcate
da forte creatività, da una originalità impareggiabile.
Crudissime e osé, riguardano per lo più tematiche sadiche,
sessuali o anche incestuose:
«Come fa a uscire un bambino caduto in un frullatore?»
«Con
una cannuccia»; o anche:
«Papà, che cos’è un transessuale?»
«Agganciami il reggiseno
e non chiamarmi più papà».
Qual è lo scopo di queste battute?
Provocare gli ascoltatori e dare espressione ai propri
fantasmi personali.
Jean-Bernard Chapelier suggerisce perfino che queste domanderisposta permettano agli adolescenti che ne fanno uso non solo di
esorcizzare le loro angosce sessuali, ma anche di socializzarle
nel gruppo dei pari.
D’altra parte, Henri Danon-Boileau, psichiatra, membro
onorario della Società Psicoanalitica di Parigi e già capo-clinica
alla Facoltà di medicina della stessa città, precisa che
l’umorismo consente all’adolescente di definire meglio la propria
identità e di sentirsi più autonomo.
Così, ogni età possiede il suo corpus di battute.
Non dimentichiamo però che l’umorismo resta una cosa
strettamente personale.
Spesso, le battute di un tempo possono anche riprendere
campo!
Eh sì, chi è quell’adulto che non è scoppiato a ridere
davanti all’imitazione di un animale o a una maleducata battuta di
un adolescente?
Perché, se è vero che alcuni si sforzano di fare dello
spirito e di preparare con cura i loro giochi di parole, altri
continuano a ridere a crepapelle degli scherzi semplici dei
bambini.
A ogni età il suo umorismo, certo.
E, senza dubbio, a
ciascuno il suo umorismo!
© LE CERCLE PSY (SCIENCES HUMAINES). TITOLO ORIGINALE: «COMMENT L’HUMOUR VIENT AUX ENFANTS», 8,
MAR.-APR.-MAG. 2013, 52-55. TRADUZIONE DI SANDRA QUERCI.
PER SAPERNE DI PIÙ.
BARIAUD F. (1983), La genèse de l’humour chez l’enfant, PUF,
Paris.
BRIAND M. (2013), «Cosa fa ridere i bambini più piccoli?».
Psicologia contemporanea, 239,41.
CHAPELIER J.-B. (2007). Humour, amour et sexualité dans la
culture adolescente», Adolescence, 62,841-860.
SHUTTZ T. R., SCOTT M. B. (1914), «The criation of verbal
humor», Canadian Journal of Psychology, 4(28). 421-425.
WOLLNSTEIN M. (2008). «Developpement du sens de l’humour chez
l’enfant», Libres cahiers pour la psychanalyse 17 121-139.