Omelia di Mons. Alceste Catella Vescovo di Casale Monferrato (AL

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Omelia di Mons. Alceste Catella Vescovo di Casale Monferrato (AL
Omelia di Mons. Alceste Catella
Vescovo di Casale Monferrato (AL)
in occasione del Pellegrinaggio diocesano al Santuario di Crea
per l’inizio dell’anno pastorale
e Giubileo dei Giovani
10 settembre 2016
Carissimi,
viviamo questo momento di incontro comunitario e di preghiera qui nel nostro caro Santuario di
Crea; momento di rendimento di grazie, momento di invocazione, momento che costituisce come
l’inizio del nuovo anno pastorale. Il vostro affetto desidera anche ricordare l’ottavo anniversario
dell’inizio del mio servizio pastorale all’amata Diocesi di Casale Monferrato. Sento urgente il
bisogno del cuore di esprimere a tutti: sacerdoti, diaconi, assistenti pastorali; a tutti voi sorelle e
fratelli che costituite il popolo santo di Dio il mio affetto e la mia gratitudine.
Questa sera, con tanta gioia, rivolgo un saluto particolare a voi giovani, venuti a Crea per vivere il
vostro Giubileo in questo Anno Santo della Misericordia. E lo faccio con le parole di Papa
Francesco: “Questa sera, qui, tutti insieme, stiamo celebrando la fede! Siamo qui con un solo
motivo: celebrare Gesù che è vivo in mezzo a noi. Avete capito? Celebrare Gesù che è vivo in
mezzo a noi! E dire che è Vivo, è voler rinnovare il nostro desiderio di seguirlo, il nostro desiderio
di vivere con passione la sequela di Gesù. Gesù che ci dice: «Beati i misericordiosi, perché
troveranno misericordia» (Mt 5,7). Beati sono coloro che sanno perdonare, che sanno avere un
cuore compassionevole, che sanno dare il meglio agli altri; il meglio, non quello che avanza: il
meglio! Cari giovani, siete chiamati ad essere il volto sempre giovane della Misericordia”
(Discorso di accoglienza ai giovani, Giornata Mondiale della Gioventù, Cracovia 28.7.2016).
Il secolo che sta alle nostre spalle è stato sotto molti aspetti un secolo terribile, colmo di guerre,
sopraffazioni, violenze, stermini, tragedie…, e anche questo nostro tempo non ci risparmia queste
terribili esperienze; di fronte a tutto questo a molti riesce difficile parlare di un Dio onnipotente e
nello stesso tempo giusto e misericordioso. Dov’era e dov’è Dio, quando tutte queste cose
succedevano e succedono? Perché permette tutto questo? Tutta l’ingiusta sofferenza – così ci si
domanda – non è l’argomento più forte contro un Dio che è onnipotente e misericordioso?; l’unica
scusante per Dio sarebbe il fatto – così è stato detto – che egli non esiste.
Eppure – proprio questa situazione – esige di riflettere non solo sull’interrogativo “esiste Dio?”, per
quanto importante esso sia, ma sul Dio benigno, sul Dio “ricco di misericordia” (Ef 2,4), sul Dio
che “ci consola affinché possiamo a nostra volta consolare” altri (2Cor 1,3s.).
Chiediamoci: che cos’è la fede? La fede, intesa in senso pieno ed ampio, è dono di Dio all’uomo
che lo accoglie, dono di Dio attraverso il quale l’uomo diventa in grado di acquisire una rinnovata
visione del mondo, apre l’orizzonte all’amore, alla carità, alla misericordia. Quando noi
comprendiamo bene che cos’è la fede, ci accorgiamo che la fede è appunto quel dono di Dio che,
accolto, rende l’uomo capace di aprire il suo mondo, la sua mente, la sua visione, i propri spazi
concreti di esistenza, a vivere una dimensione che si chiama la carità, l’amore, la misericordia; la
fede è visione nuova e diversa del mondo, come spazio entro cui amare.
Quale Dio ci propone a credere il cristianesimo? Di quale Dio la fede cristiana è testimone e
pubblica confessione? Perché la fede per sua natura non è qualcosa di intimo, di interiore; è
adesione al dono di Dio di tutta la persona, questa fede esige di essere testimonianza e di essere
pubblicamente confessata.
Il Dio che Gesù Cristo è venuto ad annunziare, a farci conoscere, il Dio di cui la Parola e la
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Scrittura ci svelano il volto, chi è? È il Dio-Amore, è il Dio dell’Amore; il Dio biblico è certamente
il Dio dell’essere, ma di un essere che, se comincia mostrandosi onnipotenza e sapienza, termina
con mostrarsi amore, una onnipotenza e una sapienza che sono onnipotenza e sapienza di amore.
Già fin dalla creazione, laddove appunto si rivela onnipotenza e sapienza, in realtà, quella sua
rivelazione come onnipotenza e sapienza, è rivelazione di una espansione di amore, è una
onnipotenza e sapienza messe al servizio (se così possiamo esprimerci) d’una rivelazione d’amore,
d’una comunicazione di amore. La rivelazione cristiana ha proprio questa particolarità: si concentra
sulla connotazione di Dio quale amore.
Egli, Dio, è dono di sé in modo radicale e assoluto. Pensiamo al mistero della Trinità: in fondo cosa
vuol dire? (per quanto possiamo balbettare a partire da quello che la Scrittura ci fa comprendere e le
esperienze dei grandi spiriti, dei grandi dottori, ci comunicano) Trinità non vuol dire
comunicazione piena fra persone? È comunicazione piena tra persone, che fanno unità in virtù di
un rapporto di amore reciproco, radicato nell’esistenza stessa di Dio. Anche nel suo rivelarsi, Dio
appare alleato dell’uomo, alleato fedele (i profeti dicono “sposo”, sposo fedele del suo
popolo).Quando questa alleanza e sponsalità giungono alla pienezza, al vertice, Egli si incarna, in
Cristo, in Gesù di Nazaret, il Signore.
Allora il Dio che è totalmente e radicalmente dono di sé, è sperimentabile in Cristo: è Lui l’amore, e
l’amore è Cristo. Credo che a questo punto sarebbe necessario fare un forte esame di coscienza; ne
abbiamo grande necessità: è proprio in questo Dio che noi crediamo? Davvero crediamo in un Dio
che è amore, che ama, in un Dio che ci chiama a essere totalmente in comunione di amore con Lui?
Allora la fede è chiamata a farsi impegno, a lasciarci coinvolgere nel grande processo dell’amore, in
questa storia dell’amore.
Se professiamo il nostro essere figli amati dal Padre, dobbiamo anche professare e dichiarare di
essere figli che amano il Padre, nell’autenticità e concretezza dell’amore, e del servizio ai fratelli.
Tutto questo sgorga dalla logica dell’amore, che è scambio, che è dialogo, ma poi viene da Cristo: il
Figlio per eccellenza, colui che da tutta l’eternità è oggetto dell’amore del Padre. La sua natura
proprio la sua relazione di filiazione, cioè essere amato e riamare. E quando si fa storia, quando si fa
pubblica testimonianza che Dio ama, come fa a dichiarare di essere il Figlio unico e amato che ama
il Padre suo di un amore unico e assoluto? Si inginocchia a lavare i piedi: è lì – secondo
l’evangelista Giovanni – il vero momento del suo rivelarsi, del suo manifestarsi; è nel suo donarsi,
la fede in un Dio-Amore, non può non orientare, non ricondurre tutto l’universo morale al suo
centro, ma questo centro non è altro che il centro stesso di tutta la storia della salvezza, l’amore
divino.
Sì, carissimi, al principio sta una vera questione di fede, fede in Dio che è l’amore, un amore che
ama in maniera forte e concreta.
Desidero concludere con le parole di Papa Francesco: “Questa sera, cari giovani, il Signore vi rivolge
l’invito a diventare protagonisti nel servizio; vuole fare di voi una risposta concreta ai bisogni e alle
sofferenze dell’umanità; vuole che siate un segno del suo amore misericordioso per il nostro tempo!
Per compiere questa missione, Egli vi indica la via dell’impegno personale e del sacrificio di voi
stessi: è la Via della croce. La Via della croce è la via della felicità di seguire Cristo fino in fondo,
nelle circostanze spesso drammatiche del vivere quotidiano; è la via che non teme insuccessi,
emarginazioni o solitudini, perché riempie il cuore dell’uomo della pienezza di Gesù. La Via della
croce è la via della vita e dello stile di Dio; la Via della croce è l’unica che sconfigge il peccato, il
male e la morte, perché sfocia nella luce radiosa della risurrezione di Cristo, aprendo gli orizzonti
della vita nuova e piena. È la Via della speranza e del futuro. Chi la percorre con generosità e con
fede, dona speranza al futuro e all’umanità. Chi la percorre con generosità e con fede semina
speranza. E io vorrei che voi foste seminatori di speranza”. (Discorso ai giovani durante la Via
Crucis, Giornata Mondiale della Gioventù, Cracovia 29.7.2016). E ancora Papa Francesco si è
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rivolto a voi giovani con parole splendide, coraggiose, affidabili: “Cari giovani, non siamo venuti al
mondo per ‘vegetare’, per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti;
al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. È molto triste passare nella
vita senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con
consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà. Amici, Gesù
è il Signore del rischio, è il Signore del sempre ‘oltre’. Gesù non è il Signore del confort, della
sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una dose di coraggio, bisogna decidersi
a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti aiutino a camminare su strade mai sognate e
nemmeno pensate, su strade che possono aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia, quella
gioia che nasce dall’amore di Dio, la gioia che lascia nel tuo cuore ogni gesto, ogni atteggiamento
di misericordia. Andare per le strade seguendo la ‘pazzia’ del nostro Dio che ci insegna a
incontrarlo nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel
detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo. Andare per le strade del nostro Dio che
ci invita ad essere attori politici, persone che pensano, animatori sociali. Che ci stimola a pensare
un’economia più solidale di questa. In tutti gli ambiti in cui vi trovate, l’amore di Dio ci invita a
portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a Lui e agli altri. E questo significa
essere coraggiosi, questo significa essere liberi! Questo è il segreto, cari amici, che tutti siamo
chiamati a sperimentare. Dio aspetta qualcosa da te. Avete capito? Dio aspetta qualcosa da te, Dio
vuole qualcosa da te, Dio aspetta te. Dio viene a rompere le nostre chiusure, viene ad aprire le porte
delle nostre vite, delle nostre visioni, dei nostri sguardi. Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude.
Ti sta invitando a sognare, vuole farti vedere che il mondo con te può essere diverso. È così: se tu
non ci metti il meglio di te, il mondo non sarà diverso. È una sfida”. (Discorso ai giovani durante la
Veglia di preghiera, Giornata Mondiale della Gioventù, Cracovia 30.7.2016).
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