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Chi siamo Il laboratorio sociale “Pensiero Scomodo” nasce da un’aggregazione libera di più individui che condividono i valori della giustizia sociale, dell’ambientalismo radicale, dell’animalismo, dell’eguaglianza tra classi e generi e senza discriminazione di alcuna categoria sociale. Tutti insieme miriamo ad un cambiamento in ottica socialista del sistema societario vigente. Il laboratorio sociale “Pensiero Scomodo” tutela ed offre le sue strutture a tutti gli artisti che intendano pubblicizzare le loro opere e promuove con cadenza settimanale: eventi, dibattiti politico-sociali, serate musicali a tema, cene sociali, musica dal vivo e mercatino del libro usato. Il tutto atto a sensibilizzare i giovani battipagliesi e non, sui valori dell’aggregazione senza fini di lucro e sulle forme di cultura in generale. Il laboratorio sociale "Pensiero Scomodo" ha nel mensile politico/culturale a distribuzione gratuita "Pensiero Scomodo", il suo organo di stampa. Il laboratorio sociale “Pensiero Scomodo” è anche e soprattutto laboratorio politico ed ha recentemente costituito la“Federazione della sinistra di Battipaglia” con Rifondazione Comunista ed alcuni gruppi ambientalisti della zona. Il laboratorio sociale “Pensiero Scomodo” ha sede presso il circolo “Gramsci” in via Gramsci,17 Battipaglia (SA). Contatti: [email protected] Facebook: Pensiero scomodo P e n s i e r o S c o m o d o - M e n s i l e a d i s t r i b u z i o n e g r a t u i t a - A n n o 4 - N . 0 - M a r z o / A p r i l e 2 0 1 1 - www.pensieroscomodo.altervista.org Condividi: La maschera antipolitica delle associazioni non partito Pag. 2 Tel. 0828 344289 Per richiedere il tuo box pubblicitario contattaci all'indirizzo [email protected] EDITORIALE Migranti: ma dov’è la sinistra europea??? di Marco Proto I n Francia, sull’onda delle proteste studentesche, ha avuto un grande successo editoriale un saggio dal titolo “Indignez-vous!” (“Indignatevi!”). Il nostro Pietro Ingrao ha sentito l’esigenza di dire, e di scrivere, ai giovani: “Indignarsi non basta” (Aliberti editore). “Valuto molto più forte il rischio che i sentimenti dell’indignazione e della speranza restino, come tali, inefficaci, in mancanza di una lettura del mondo e di una adeguata pratica politica che dia loro corpo. Che l’indignazione possa supplire alla politica e, in primo luogo, alla creazione delle sue forme efficaci è illusorio”. Per fare un esempio: la questione drammatica, oggi finalmente ineludibile? (avrebbe dovuto esserlo già anni ed anni fa), dei flussi migratori dal sud del mondo. Ma l’Europa, le sinistre europee, una sinistra europea, in tutto questo, dove sono??? Si assiste ad un dibattito politico insieme deprimente ed irritante, stretto com’è nel recinto della “clandestinità”, dell’ “accoglienza” (meglio: del “dove li mettiamo??”) e del “rimpatrio”, con l’unica differenza che c’è una parte politica (che si ritiene “progressista”) che – come al solito – recita stancamente i mantra della “solidarietà” e dei “diritti umani”, ridotti a parole vuote perché – come al solito – manca la capacità di darvi una connessione politica con la materialità. E tutto ciò, purtroppo, non può che retroagire regressivamente sull’opinione pubblica diffusa, sul tessuto sociale, anch’essi costretti a leggere la questione con i paraocchi della clandestinità, dell’accoglienza e del rimpatrio. Il risultato è che gli appelli vuoti alla solidarietà ed ai diritti diventano autoconsolatori e persino soddisfacenti per un certo sinistrismo radical-chic (ci si sente “migliori” della “brutta società”, e va bene così), ma chiaramente vengono rigettati dalla gran parte del corpo sociale che – ridotto alle domande “sono regolari? dove li mettiamo?” - non può che aderire all’offerta politica, becera ma spicciola, della Lega Nord, alla quale, anzi, conviene elettoralmente la formulazione perenne di tali domande. Insomma, manca la capacità, l’autonomia progettuale, per le care vecchie “riforme di struttura”, idonee a superare le contraddizioni di fondo di tali domande. E, come ci insegnavano i grandi dirigenti del socialismo europeo, le riforme di struttura degne di tale nome dovrebbero rispondere a due linee fondamentali: 1. Intervenire sulle contraddizioni delle riproduzione capitalistica che impediscono un razionale sviluppo sociale ed ecomomico; 2. Spesso, accompagnarsi ad altre necessarie riforme di struttura. Ebbene, della questione delle migrazioni manca, e da tempo, “una lettura del mondo e di una adeguata pratica politica” (per dirla alla Ingrao) che “dia corpo” alla solidarietà ed ai diritti. Insomma, manca appunto la sinistra delle riforme di struttura. Eppure, a maggior ragione oggi, la questione migratoria potrebbe e dovrebbe costituire una evidente leva politica per (ri)porre al centro, e con forza, la questione dell’orario di lavoro, ossia – per dirla secondo il suddetto punto 1 – per intervenire con forza sull’evidente contraddizione e irrazionalità, nell’epoca della globalizzazione e della terza rivoluzione industriale (la facciamo breve..), dell’attuale modulazione tra forza-lavoro sociale e mezzi di produzione. E’ una lettura che già, a prescindere dalla questione migratoria, una sinistra minoritaria cerca da anni di riportare nella società e nella politica, affinchè esse la pongano e la impongano nell’economia (che poi la democrazia questo significa, per dirla in soldoni). Purtroppo è una battaglia che è rimasta minoritaria, le ultime battaglie sull’orario di lavoro – se non vado errato – sono quelle condotte in Francia e in Italia verso la metà degli anni ’90. In Italia, la lotta per le 35 ore si infranse contro l’imposizione della logica del lavoro interinale, del lavoro a tempo determinato e del lavoro parasubordinato (oggi se ne vedono gli effetti). Ebbene, dopo più di un decennio, il mondo è cambiato ancor più velocemente e profondamente. Una sinistra europea – degna di tali parole (“sinistra” ed “europea”) – dovrebbe far rivivere, a questo stato delle cose, una lotta per le 15, 20, massimo 25? ore settimanali, per una partecipazione alla produzione sociale di beni e/o servizi più confacente non solo alla “quantità” della forza lavoro-sociale e delle risorse umane, ma anche alla “qualità” e “varietà” della loro formazione e – soprattutto – delle loro vite. Dunque, riduzioni dell’orario a parità di salario (di costo del lavoro). E visto che una sinistra europea degna di tal nome dovrebbe anche non credere e recitare più di tanto il mantra della “competitività delle merci europee non sul costo del lavoro, ma sulla qualità e l’innovazione ecc. ecc.” - che se abusato è una grande balla – una riforma di struttura dovrebbe porsi anche il problema di una connessa e necessaria riforma di struttura che consenta una certa competitività del sistema capitalistico europeo così socialmente riformato. Ebbene, occorre un profondo ripensamento anche del costo del lavoro in seno all’impresa privata (magari solo di talune dimensioni?). Pag. 32 continua a pag. Prima del silenzio Racconti di Enzo Faenza LA MALA EDUCACION Q uel giorno vennero in tre. Il segretario in gilet celeste e camicia a righe, quasi elegante, e i due bidelli: uno in camice blu, lungo fino ai piedi da primario ospedaliero, l’altro con i pantaloni che gli arrivavano quasi alla gola. “Che cazz’ vonn’ chist’ ogg’?!” imprecò subito Fonzo molto, molto infastidito dalla comparsa improvvisa dei tre. Lui, Fonzo, era il mio compagno di banco: l’ultimo…banco, quello in fondo ad una delle tante, grandi aule della scuola elementare “ Edmondo De Amicis”. Quel posto recondito, alcune miglia dalla cattedra, era storicamente riservato ai “ciucci”, ai “ripetenti”, ai “malamenti”: io ero un ospite particolare, per la mia particolare altezza. Era luogo, quello, insieme di perdizione e di formazione. Mentre il maestro spiegava, lì si commerciava in figurine Panini o si barattavano penne, matite, temperamatite, quaderni e gomme trafugate ai secchioni dei primi banchi. Una volta fu ricettata e venduta anche una copia del catechismo. Si apprendevano, così, concretamente, le prime nozioni di economia e commercio. Ogni tanto,poi, precoci e mal controllati flussi ormonali costringevano i più grandi a tenere le prime, anche pratiche, lezioni di educazione sessuale. Era un luogo, quello, per così dire, molto viscerale, molto materiale. Come assolutamente materiali erano le motivazioni per cui, Fonzo, mi voleva un gran bene! La mattina, appena arrivava, sempre in ritardo, subito mi chiedeva come era farcito il mio panino. La prima bacchettata della giornata era tradizionalmente sua. Puntualmente, ogni giorno, veniva beccato dal maestro, con le guance gonfie, mentre trangugiava metà della mia “colazione”. “Fonzo, quante volte devo ripeterti che per mangiare devi aspettare l’ora della ricreazione!?” E cosa era stà “ricreazione”? Un appuntamento mistico, un evento religioso, una seconda creazione di Dio? Boh! In quegli anni la nostra lingua madre era il dialetto e l’ “italiano” era una lingua spesso, molto spesso, straniera. E poi Fonzo non poteva di certo aspettare una seconda creazione divina: aveva fa-me! Apparteneva ad una famiglia povera e mi aveva raccontato che la mamma, ogni mattina, preparava sì qualche “colazione”, ma loro erano in troppi, proprio troppi: chi si alzava prima ne usufruiva…gli altri facevano passo. Fonzo mi voleva bene perché gli avevo regalato l’unica “Bic” nuova della sua vita, con il tappo integro non rosicchiato. Fonzo mi voleva bene perché, ogni tanto, gli passavo, “sottobanco”, un’ appiccicosa caramella mou Elah che colmava provvisoriamente le sue fasi ipoglicemiche ed ipoaffettive. Quel giorno che “vennero in tre”, il segretario tirò fuori un foglio e cominciò a declamare dei cognomi. Uno alla volta, alcuni nostri compagni raggiunsero mansueti la cattedra. Qualcuno bisbigliò che essi sarebbero andati in un’altra aula: erano troppo vivaci e disturbavano la “quiete”, il buon andamento di una classe modello di una scuola di classe!?. Quel giorno correva l’anno 1866, pardon 1966, cento anni avanti alla pubblicazione del mitico, deamicisiano “Cuore”…eppure vennero e vennero in tre. Ad un certo punto, nell’aula, improvviso ma assolutamente previsto , riecheggiò il cognome di Fonzo ma…Fonzo non si mosse. Il cognome fu ripetuto, questa volta con più enfasi ma… Fonzo non si mosse. Egli mi guardò negli occhi e mi tranquillizzò: “Io nun’ me ne vac’, io rest’ cu’ ttè!” I due bidelli, allora, ad un cenno perentorio del segretario, avanzarono gagliardi verso di lui. Fonzo repentinamente si attaccò al banco, vi si avvinghio’ come un cobra e cominciò a gridare come un forsennato. Poi, mentre i bidelli lo “sradicavano”, con un doloroso lamento esclamo’ un’ultima volta: “Iatevenn’, ricchiun’, iatevenn’!” Fonzo, quel giorno, non si mosse…Fonzo fu portato via! Io rimasi solo, in quel vecchio banco monoblocco, ma solo fisicamente: con la fantasia di bambino,quel giorno e per qualche tempo,seguii Fonzo… Nella realtà, invece, lo vidi, solo qualche altra volta nel grande corridoio della scuola; lo vidi ancora, poi, qualche anno dopo, con un fisico da Silvester Stallone, mentre scaricava brontolando un camion. Poi, non lo vidi più. Un giorno, su un quotidiano, lessi che lo avevano arrestato: non ricordo dove e perché. Ricordo, invece, molto bene, che nel catturarlo i gendarmi, pardon i carabinieri, avevano imprecato il suo cognome ma…Fonzo non si era mosso, Fonzo era stato portato via… Ah dimenticavo! Ogni riferimento a persone, fatti o luoghi è assolutamente casuale: a Battipaglia non è mai esistita una scuola elementare “De Amicis”, io e un certo Fonzo non l’abbiamo mai frequentata, lui non è stato mai “deportato” o arrestato e, nello spirito della nostra avanzata democrazia, nelle scuole di ogni ordine e grado, le classi vengono composte con un meticoloso sorteggio… SOMMARIO CICERO PRO DOMO SUA di Cucco Petrone pag. 2 L'amnesia atomica di Luca Cibelli pag. 4 Il lungo passo dal secessionismo La bellezza nell'Arte continua a Pag. 2 di Angelo Minelli pag. 4 di Valentino Iovine pag. 5 2 POLITICA LOCALE Editoriale da Pag. 1 L’intero “cuneo” fiscale e sociale dei singoli lavoratori privati – che incide eccome sul costo del lavoro (soprattutto quello fiscale), e sia sul lavoratore-consumatore che sull’impresa stessa – dovrebbe essere sostituito da un meccanismo di prelevamento generale, non più imperniato sui singoli lavoratori, che premi quelle imprese che nell’esercizio economico di riferimento abbiano speso di più in termini di occupazione. Lo si può fare con una tassazione unica, semplice, sul margine operativo netto tra profitti e costi occupazionali. Più alta sarà stata la differenza tra profitto e salari, più alto dovrà essere il corrispettivo fiscale e sociale dell’impresa. Meno alto sarà stata questa differenza, meno questa impresa dovrà fiscalmente e socialmente redistribuire, pare ovvio. Si tratta di vecchie proposte, di ampio respiro, di una sinistra purtroppo minoritaria. Fa male pensare che il riformismo europeo è, da anni, addirittura minoritario. A prescindere da una loro dettagliata analisi e applicazione concreta, costituiscono almeno delle linee politiche, delle tracce di ragionamento, su cui una sinistra europea dovrebbe cominciare ad interrogarsi, anche magari pervenendo ad altre soluzioni. Ma come “dare corpo”, altrimenti, ad una reale solidarietà transnazionale (direi: “di classe”) tra i migranti e i cittadini europei, se non partendo dalla comune pretesa che le vite non possono essere ridotte a mere ed individuali merci di “forzalavoro” che le imprese “innescano” e “valorizzano” secondo logiche esclusivamente capitalistiche? Che non può essere portato all’irrazionalità più estrema, che calpesta le vite concrete e dunque i diritti che in esse debbono vivere (e non solo sulle carte costituzionali), il fatto che “risulta che il capitale regola la produzione di forza-lavoro delle masse umane sfruttate secondo le proprie esigenze di sfruttamento” (K. Marx, "Il Capitale", Libro I)? La solidarietà ed i diritti di tutti – europei e migranti - non possono, dunque, che trovare corpo in politiche e in riforme di struttura che partano dalla condizione comune di lavoratori (direi: di “proletari”). Non a caso, la repubblica democratica italiana – come sancisce l’art. 1 della Costituzione – è fondata “sul lavoro”. Alcuni ci hanno visto, e ci dicono, che si sia trattato di una regressione di tipo “lavorista”. E invece no. Chi riusciva a scorgere l’intima connessione tra democrazia e sviluppo sociale ed economico, non poteva non tracciare alle generazioni successive che le lotte e il processo costituente della “democrazia progressiva” non possono non darsi il fondamento che la società democratica è quella società i cui membri si percepiscano e si riconoscano reciprocamente nella loro condizione comune, e interconnessa, di produttori di un generale sviluppo sociale, economico e culturale. La maschera antipolitica delle associazioni non partito MUSICA & CINEMA CICERO PRO DOMO SUA E h, si… Giannino detto la Ser… ehm, no non ve lo posso dire, Giannino – dicevo – ci ha provato. La “Mediterranea srl” intende partecipare ad un bando per la nuova sede dell’INPS ma i locali di sua proprietà non sono ampi a sufficienza. Che fare? Ma è chiaro: alziamo un piano ed è fatta! Ma non si può: c’è quel maledetto piano regolatore… E allora? E allora si chiede una deroga al Consiglio Comunale. E qui devo dirvi una cosa: guai a chi mi dice che gli uffici del Comune di Battipaglia non sono efficienti. Credetemi: quando vogliono sono più efficienti dei meccanici della Ferrari. Pensate: la società presenta la richiesta il 23 marzo (il bando scade il 31) con allegati planimetrie, atti , documenti ecc. Il faldone va all’ufficio tecnico che lo esamina il 24 e il 25, ma probabilmente si portano il lavoro a casa perché lunedì 28 completano l’esame. Accidenti: ci mancano dei documenti! Richiedono all’impresa un’integrazione che la Mediterranea fornisce il 29 marzo. La giornata del 29 deve essere stata la giornata dell’impiegato efficiente: l’ufficio tecnico completa l’esame, vista la pratica, emette il parere corredandolo delle prescrizioni (3 pagine), la manda all’ufficio tributi che emette il suo parere, la manda al Sindaco ed alla Giunta che la valutano coerente con gli indirizzi di programma e invitano la Segretaria a predisporre la delibera: oplà fatto. Ora? Presto, correte, sempre il 29, affissione all’albo pretorio… fatto? Si, fatto: allora il Sindaco fa richiesta al Presidente di inserimento all’OdG del Consiglio. “Sindaco, questa deroga al Piano Regolatore è urgente?” Figuratevi se non è urgente: “si, si … motivi di urgenza”. Il Presidente la inserisce come punto aggiuntivo all’OdG. I messi corrono a notificare il nuovo punto ai Consiglieri Comunali. E’ fatta!! L’indomani la delibera è in Consiglio. Io non sono un tecnico: non ho idea né se la delibera era regolare, se i pareri (non ho mai visto un permesso a costruire a condizione che serva per affittarlo all’INPS: e sennò che fa? Abbatte? Bah). Ma il punto non è qui. Anche perché il diavolo fa le pentole ma non i coperchi : la maggioranza si liquefà, il Consiglio va deserto la prima volta e in seconda convocazione la maggioranza sparisce del tutto e la minoranza boccia la delibera. The John Butler Trio “Quando basta una chitarra a far nascere una grande canzone” Come mai? Paura? Preoccupazione? Non lo so, ma ho una mia teoria: tra la prima e la seconda convocazione il Sindaco striglia i suoi e dichiara ai giornali: “Ci sono pochi uomini liberi in questa città. Ho regalato ai consiglieri di maggioranza il libro "De amicitia" di Cicerone con la dedica "l’amicizia e la fiducia degli uomini si costruiscono venendosi incontro con lealtá". Secondo me il problema è tutto qua. Devono averlo aperto, il “De amicitia”. E devono aver letto: ” Haec igitur lex in amicitia sanciatur, ut neque rogemus res turpes nec faciamus rogati. Turpis enim excusatio est et minime accipienda cum in ceteris peccatis, (eccetera eccetera, vi risparmio il resto). E i consiglieri di maggioranza, fini latinisti, se lo sono tradotto: “Si sancisca quindi la seguente legge nell’amicizia: non avanziamo richieste immorali né esaudiamole se ci vengono richieste. E’ una scusa davvero turpe e assolutamente inaccettabile confessare di aver commesso un reato, specie contro lo Stato, in nome dell’amicizia. (…) Non solo non bisogna coprire con il pretesto dell’amicizia un complotto di gente corrotta, ma punirlo con le pene più gravi, perché nessuno si senta autorizzato a seguire l’amico anche quando attenta alla cosa pubblica” Che autogol, Giannino, che autogol! Proprio Cicerone gli vai a regalare??? Cucco Petrone L a band di cui oggi vi parlerò e che cercherò di farvi conoscere sono (o meglio è) “The John Butler Trio”. Perché “è”? Semplice, perché John Butler è il nome del cantante, fondatore del gruppo, primo chitarrista, in pratica la persona attorno a cui gira l’intera band. Ce ne sono di band in cui come punto nevralgico esiste un membro in particolare, ma mai come in questa: John è un compositore ed uno scrittore fantastico, quasi un poeta dei giorni nostri, è nato nel caldo clima della California il 1 Aprile 1975, ma cresciuto in Australia, terra chiamata “Surfer’s Paradise” dai surfisti proprio per la sua bellezza e per la ricchezza di diversissimi stili di vita che John Butler racchiude in maniera omogenea in quasi tutte le canzoni, variando dal bluegrass al rock fino al blues, avvicinandosi a volte al reggae. La carriera musicale di John Butler parte ufficialmente nel 1996 inizialmente come solista; infatti pubblica un primo EP “Searching for Heritage” riscuotendo un discreto successo sia a livello di distribuzione (ovviamente molto limitata data l’etichetta indipendente su cui si appoggiava) che di critica, la quale tende ad G li individui da che il mondo esiste hanno da sempre il diffuse nel tessuto sociale – meglio: popolare – i grandi temi. bisogno di tessere relazioni sociali. Storicamente c’è I costituenti, nell'elaborare l'art. 49 della Carta sui partiti, avevano stato chi ha inteso questo bisogno come intrinseco alla voluto indelebilmente tracciare la linea di un'autentica democrazia natura stessa delle persone, quasi come un bisogno che si svolge dinamicamente mediante la costante, appassionata istintivo e dunque altamente individualista, introspettivo. C’è e approfondita partecipazione in questi “corpi intermedi”: invece chi ha inteso il bisogno di aggregarsi come un processo principale (se non unico) modo di far sì che le istituzioni imposto dalla società stessa: in qualsiasi istante, in qualsiasi rappresentative realizzassero il c.d. “interesse generale” inteso contesto sociale come naturale ci troviamo, non aspirazione ad si può far a un rapporto meno di essere autonomo, in compagnia o razionale, fisica o affettiva. umano e Nella politica progressista E’ tempo dunque che si aprano gli occhi. Le storicamente i della società con associazioni politiche contemporanee mirano partiti hanno i meccanismi all’annullamento dei partiti politici continuamente e t e s o della propria all’aggregazione riproduzione. La ciò si assiste soprattutto nelle pur giuste battaglie sociale e democrazia civili e sociali. militante. Il PCI rappresentativa, era un grande dunque, come movimento di strumento massa, radicato collettivo sul territorio e pacifico ma di c h e r e a l e accompagnava gran parte della giornata delle persone (dalle emancipazione per una società di soggetti eguali e liberi. sezioni di fabbrica, al sindacato, al dopolavoro, alla sezione, al Fondamentale, in tale “disegno”, il ruolo della c.d. “piazza” circolo, al compagno vicino di casa ecc. ecc.). La stessa DC era anzi delle “piazze” - dinanzi alle quali sono responsabili le un esempio lampante dei cosiddetti partiti di massa. Poi venne maggioranze parlamentari dinamicamente considerate, e non il tempo delle associazioni di massa. La devastazione dei partiti cristallizzate come categorie a sé stanti in periodici e distanti politici della prima repubblica portò il bisogno per gli individui riti elettorali, il che avrebbe rischiato – e in effetti così è stato dell’allontanamento dalla politica, ma un allontanamento che – di imporre all'autonomia sociale un limite eterodeterminato ha spesso finito per logorare i meccanismi di aggregazione tra di natura ideologica e “politicista” (vedi le “coalizioni di la politica stessa e la società. Si assiste oggi imperterriti allo governo”). svilimento costante e continuo della parola “politica” spesso La c.d. “antipolitica”, al contrario, desertificando i luoghi della confondendola anche con “partito”, quando penso si dovrebbe partecipazione ma anche della responsabile decisione politica, capire e sapere che la politica è ovunque, anche e soprattutto non si pone in alcun rapporto con la democrazia rappresentativa nelle associazioni. Qualsiasi tipo di associazione di massa (le e il descritto “codice” collettvo-democratico, assecondando la quali di per sé svolgono comunque ruolo attivo e fondamentale visione per cui il potere in genere (lo Stato, le istituzioni, ecc.) per l’inclusione e partecipazione dei cittadini) ha indubbiamente non va né partecipato né riformato, ma solamente criticato, se in sé il carattere politico: quando si richiede una serie di fondi non dileggiato, al massimo un po' compulsato. Gli effetti all’ente pubblico si fa politica, quando si occupa spazio pubblico collaterali di questa “messa in crisi” della democrazia li si fa politica ecc. ecc. certo non con lo stesso fine di un partito conosciamo bene: la sindrome delle “nicchie” se non proprio politico e fin qui va tutto benissimo, ma siamo davvero sicuri un dilagante individualismo, il plebiscitarismo, il populismo e che i fini non coincidano? Cosa accade quando l’associazione il qualunquismo. aspira alla conquista del potere politico e dichiarandosi inoltre Il recupero di un condiviso senso dell'azione politica e apertamente antipolitica? In questo apparente paradosso, accade democratica tra partiti e società civile, soprattutto nel XXI secolo che le associazioni si pongono in una posizione di superiorità della dimensione necessariamente globale di tale agire, è alla nei confronti del partito politico perché appunto si avvalgono base di un'inversione di tendenza rispetto ai segni evidenti e di quella caratteristica qualunquista e falsamente innovativa che universalmente riconosciuti di una vera crisi della democrazia. è l’antipolitica; perché si avvalgono di un senso comune La strada da seguire non può che essere quella di una “rete” tra all’interno dell’opinione pubblica collettiva e societaria che gruppi civici, associazionismo e partiti che si ponga la questione corrisponde perfettamente all’antipolitica: quotidianamente ineludibile di una responsabile partecipazione politica e nel sentiamo frasi del tipo “è tutto un magna magna”…” son tutti rispetto delle identità PARTITICHE e politiche di ognuno. uguali” e l’associazione per fini politici è lì pronta ad accaparrarsi il “consenso dei fautori di luoghi comuni”. Movimenti tipo A partire da Battipaglia, cercando di quelli di Beppe Grillo o la stessa Fabbrica di Nichi è evidente che nascono su questi presupposti anti-partitici ma con sotterfugi intraprendere insieme questa strada, il circolo e secondi fini grossi quanto una casa: lo stesso movimento 5 PRC-FdS “A. Gramsci” di Battipaglia e il stelle dopo una prima fase di “agitazione” non partitica cosa laboratorio sociale Pensiero Scomodo fa? Si presenta alle elezioni come partito e con tanto di simbolo. propongono un comitato cittadino plurale – La fabbrica di Nichi invece non è altro che un movimento portatore di consensi alla lista sinistra ecologia e libertà, e allora composto da partiti [assolutamente nella loro dov’è la differenza con il partito politico?? E’ chiaro che effettiva personalità politica e senza spogliarsi l’aspirazione al potere porta gli antipolitici alla creazione di di simbologie e appartenenze ( appello diretto liste civiche o associazioni politiche mascherate con scopi evidentemente elettoralistici ed assumendo nei fatti forma a Partito Democratico e Italia dei Valori in partitica. primis)], associazioni e gruppi civici – a E’ tempo dunque che si aprano gli occhi. Le associazioni politiche sostegno del SI per fermare il nucleare in contemporanee mirano all’annullamento dei partiti politici continuamente e ciò si assiste soprattutto nelle pur giuste battaglie questo Paese. civili e sociali. Eppure, la democrazia collettiva e progressiva, Chiamiamo a raccolta dunque, in assoluta quel “processo costituente” prospettato e condiviso dalle forze orizzontalità di elaborazione e di iniziativa, antifasciste e progressiste di questo Paese, non può prescindere tutte le energie territoriali impegnate in questa dalle grandi organizzazioni politico-partitiche di massa. Non possono che essere grandi strutture di obiettivi e dimensioni battaglia che vede la nostra Piana del Sele a nazionali (se non sovranazionali), e tra l'altro non rischio come eventuale sito per una futura “monofunzionali” (mutuando dal lessico e dagli studi sull' centrale nucleare. “associazionismo di nicchia” di H.J. Laski che, già negli anni '30-'40 segnavano probabilmente l'ascesa dei grandi partiti di massa, ed intravedeva anche il rischioso collasso partitico- Enzo Castaldi parlamentare della democrazia postmoderna), a tenere vive e Marco Proto 7 Q uello dei The Killers è un progetto nato dal nulla: il cantante Brandon Flowers dopo aver assistito nel 2002 ad un concerto degli Oasis decide di mettere su un gruppo con un sound molto simile a quello dei Blush Response (sua ex-band). Grazie, poi, ad un annuncio del chitarrista Dave Keuning sul periodico locale Las Vegas Weekley, Flowers si mise presto in contatto con lui e dopo poco divenne parte integrante della band. Successivamente, dopo una serie di concerti, vennero designati come bassista e batterista rispettivamente Mark Stoermer e Ronnie Vannucci Jr. Il nome della band deriva da un video dei New Order, intitolato Crystal, in cui è presente una band fittizia, appunto denominata The Killers. Una lunga serie di concerti li renderà assai celebri in Regno Unito;il vero successo, tuttavia, arriverà alla pubblicazione di "Hot Fuss" album di esordio pubblicato nel 2004 che contiene singoli di alto calibro, quali "Somebody told me", "Mr. Brightside", "All these things that I've done" e "Smell like you mean it". La principale ispirazione musicale deriva da sonorità tipiche degli anni ottanta, soprattutto la SPORT avvicinarlo molto a Bob Marley, suo più grande ed unico idolo da sempre. Successivamente, nel 1998, ci fu un secondo album, ancora da solista, intitolato “John Butler”. Con il tempo capì che c’erano basi abbastanza solide su cui iniziare a costruire una band e decise di far nascere appunto i “The John Butler Trio” cosi da poter variare il livello e lo stile di musica durante i live, dato che inizialmente, partendo come solista, i live erano molto limitati a livello musicale: si basavano essenzialmente sul suonare con chitarra acustica o classica (usando rigorosamente chitarre a 12 corde!), ma con uno stile davvero unico, una strada ardua mai tentata ma molto affascinante. Cosi con la neo formazione pubblicarono nell’ aprile del 2001 il primo album “Three”, successivamente ne seguirono altri due fino ad arrivare all’ ultimo nel 2010 “April Uprising” : un bellissimo album creato con vecchi successi e nuove canzoni, in cui si può ascoltare tutta la sua abilità di straordinario chitarrista. Personalmente, i pezzi che più mi hanno colpito sono tre: “Oceane”, una canzone costruita interamente su una chitarra che parte con un rullio di mano sulla base e per poi partire con i suoi innumerevoli arpeggi; sono 8 minuti intensi ma di una semplicità e leggerezza che non la rendono pesante, per cui quando si arriva alla fine si dice “già è finita?!”. Altro pezzo straordinario è “Seeing Angels” dove John canta e in cui svela tutta la sua vena poetica, parlando di un incontro con una ragazza, attribuendola ad un angelo, che l’ha avvolto con le sue grandi ali e l’ha aiutato a superare alcune paure di cui era schiavo. Alla fine, arriviamo a “One Way Road” che troviamo nel suo ultimo album del 2010, canzone dal ritmo reggae e molto travolgente, tipica melodia da festa sulla spiaggia e chissà se quest’anno al posto degli inutili tormentoni dei soliti artisti potremo ascoltare questa canzone! Queste sono solo una misera parte delle canzoni che vorrei invitarvi ad ascoltare, e spero lo farete in tanti, perché questo artista con la A maiuscola lo merita davvero! A questo proposito, ricordo che “The John Butler Trio” si esibirà in una prima ed unica data in Italia il 29 Giugno 2011 a Milano al “Circolo Arci Magnolia”… un’occasione, per chi può, da non perdere. Michele Gigantino new wave. Il 2006 è l'anno di "Sam's town" , secondo album anticipato dal singolo "When you were young: intenso e accattivante, ha scalato rapidamente le classifiche USA giungendo 2° nella prima settimana, dopo aver venduto circa 315.000 copie in una settimana. Nello stesso anno vincono gli Mtv European Music awards svoltisi a Copenaghen e l'8 Novembre si esibirono al Rolling Stone di Milano. Molto impegnati nel sociale e ciò lo testimoniano gli ingenti fondi devoluti all'associazione contro l'Aids RED (ricavati dalla pubblicazione del singolo natalizio "Great Big Sled") e alla campagna in favore della lotta all'AIDS in Africa. Il 2007 invece è un anno pieno di sperimentazioni: esce "Sawdust", album che contiene un brano inciso con l'ex frontman dei Velvet Underground, Lou Reed, Tranquilize.Sempre nel 2007, durante gli NME Awards, (tenutasi all'O2 Arena di Londra) riescono a portare a casa il premio come Best International Band battendo una concorrenza formata da Foo Fighters, My Chemical Romance, Kings of Leon e Arcade Fire. terzo album dei The Killers, Day & Age, esce il 25 Novembre 2008 anticipato dal singolo Human, che lancia un forte messaggio sui valori delle generazioni contemporanee, dimostratesi blande e prive di fondamenta forti su cui basare la propria esistenza, e con un ampio excursus vengono messi a paragone i tempi che furono indubbiamente migliori di quelli odierni. La band ha iniziato una tournè che permetterà loro di approdare in numerose città europee (tra cui anche Milano il 17 Marzo 2009 e Verona 8 Giugno 2009) dopo due anni e mezzo dal loro ultimo concerto live in Italia. A novembre i The Killers pubblicano il loro primo DVD live, Live From The Royal Albert Hall, all'interno il live tenuto a Londra il 5 e 6 luglio, nel tempio nella musica inglese il Royal Albert Hall. E' un progetto sicuramente ben riuscito che con il tempo ha designato una delle band più affermate del decennio: se si vuole apprezzare appieno il sound dei The Killers è ritenuto d'obbligo l'ascolto di Sam's Town e Hot Fuss considerati i capolavori di Flowers e co. A voi l'ardua sentenza! Domenico Chiariello Il bello dello sport di Italo Faiella L'Italia in 150 anni di storia è sempre stata una nazione protagonista in tutte le discipline sportive, ma, soprattutto nell'ultimo decennio, abbiamo registrato molteplici vittorie. Se tutto il paese è sempre stato un punto di riferimento per lo sport internazionale, il sud della nostra penisola non è mai stato, erroneamente, motivo di vanto. La recente positività di risultati nazionali (eccetto per gli ultimi catastrofici momenti del 2010 e i primi mesi del 2011) non è però casuale, infatti molte vittorie sono vere e proprie rivincite da parte del “tanto amato” mezzogiorno. Tra le glorie nazionali che ci hanno fatto piangere di gioia ricordiamo: il mondiale di calcio del 2006, le vittorie della Champions League e del Mondiale per Club di Inter e Milan, le tennistiche conquiste femminili nella Fed Cup e nel Roland Garros, le numerose medaglie di Pechino 2008, ecc. Tutto ciò per arrivare a concentrarci sui nostri atleti, la nostra recente ma gloriosa storia salernitana/napoletana che sta mantenendo alto l'onore all'interno della patria. Partendo dal calcio, lo sport nazionale, c'accorgiamo subito della presenza campana a tutti i livelli, dalla lotta per non retrocedere in serie D di Battipagliese e Cavese, alla vera e propria dominazione dell'Ebolitana in D e della Nocerina in C1, fino all'ascesa costante del Napoli nella massima serie italiana. Concentrandoci, poi, sulla nostra moderna ed incompiuta città, non ci meravigliamo più della sempre più massiccia presenza delle cinque squadre tennistiche di città, che contano ben tre presenze in D3, una in D2 ed una storica ed intramontabile in C. Per non parlare poi della pallacanestro, probabilmente, al momento, fiore all'occhiello dello sport battipagliese. La squadra maschile è in C1, una squadra femminile in A2, per giunta ben messa in classifica, ed una in B d'eccellenza, saldamente al primo posto. Tutti questi successi sono veri e propri vanti per la nostra piccola cittadina. Ma provate a capire perché siamo così vincenti, grazie a chi possiamo guardare dall'alto in basso le contigue province e regioni. Ovviamente è tutto merito della tanto decantata linea verde, dei giovani, dei più piccoli che sono cresciuti in mezzo ad una strada e che sono pronti a tutto pur di “arrivare” e, perché no, divertendosi anche. Le scuole calcio, i circoli di tennis, i vari palazzetti dello sport stanno registrando sempre più iscritti ed inoltre sempre più precoci, ma giustamente la voglia che questi ragazzi hanno di giocare e di migliorarsi non si esaurisce in due ore settimanali di allenamento, così si riversano nelle strade, nei parchi, sui viali, insomma, dovunque possano competere tra di loro, creando magari anche un po' di scompiglio. La voglia di ribalta, però, non si limita solo ai ragazzi, ma bensì anche ai vari insegnanti e maestri, che magari non tornano neppure a casa a pranzo per assistere e curare i propri allievi. Bene, questo l'ho provato sulla mia pelle e, vi assicuro, è magnifico crescere in un gruppo di amici e maestri legati dalla medesima passione per lo sport. Non per niente, istruttori di tennis del calibro di Galietta, Bianchini o Agostinello (gli stessi giocatori della serie C), sono venuti dall'anonimato, per giunta senza strutture adeguate, ed hanno creato questo Tennis Club Battipaglia amato dai soci e temuto dagli avversari. Ma chi non conosce, inoltre, la SPES, la scuola calcio con più iscritti della città, e con talmente tante vittorie provinciali, regionali e nazionali, che arrivano ragazzi da tutte le parti per unirsi a questa grande famiglia. Per non parlare, poi, se del secolare palazzetto dello sport che, oltre ad avere giocatori di talento e squadre vincenti, sta attraendo pubblico a non finire. Tante parole per valorizzare il vero sport, quello che unisce persone di ogni età, dal piccolo talento all'insegnante commercialista; e viene da pensare che forse è proprio nello sport che l'Italia ha suggellato meglio la sua Unione. Blade Runner “Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare..” F in dall’inizio, la sorte si mostrò avversa a questo che è il primo, e forse il migliore, dei film del regista Ridley Scott. Liberamente ispirato al celebre romanzo “Do androids dream of electric sheep?”, a causa delle pressioni della produzione, la sua realizzazione fu ampiamente sabotata e dirottata da quella che era la visione del regista. La versione uscita nel 1982 è, dunque, solo a parole quella “originale”. Delle successive quattro, probabilmente, quella più vicina al progetto autentico è il “Blade Runner Director’s cut”, uscito nel 1992. Al di là delle magie sceniche e della penetrante suggestione indotta dalle musiche di Vangelis, l’aspetto fondamentale di questo film è il messaggio che esso veicola. Un rapido prologo proietta direttamente lo spettatore “in medias res”, introducendolo in una Los Angeles del 2019, dai connotati decisamente asiatici: caotica, inquinata, sovraffollata, fusione geniale delle oppressive strade di Bangkok e del bombardamento mediatico di quelle di Tokyo, in cui la sofisticata tecnologia tenta di sopperire al vuoto generato nel cittadino dallo smarrimento, in una società allo sbando. È in questo contesto che Rick Deckard, ex agente dell’unità Blade Runner, viene forzosamente richiamato all’ordine, con l’incarico di “ritirare” i replicanti fuggiti dalle colonie extramondo, “eldorado di nuove occasioni e avventure”. Qui, i così detti “lavori in pelle”, vengono utilizzati come schiavi da un’umanità malata e narcisista, che si diverte a giocare a fare Dio, creando organismi artificiali del tutto identici all’uomo, ma con un’unica sadica menomazione: l’incapacità di provare sentimenti. La Tyrell Corporation, tuttavia, riesce a creare una generazione “più umana dell’umano”, dotata di una maggiore agilità e potenza, e con un’intelligenza pari a quella dei propri creatori. Tale generazione, la Nexus 6, col tempo si mostra in grado di sviluppare sentimenti quali l’amore, la paura, la sofferenza, fino, quindi, ad arrivare ad una presa di coscienza del proprio Io. Cosa che, i luminari della biomeccanica, avevano tentato di evitare riducendo le loro aspettative di vita ad un massimo di quattro anni. È per questo che la ribellione, portata avanti da quattro androidi guidati da Roy Batty, assume un grande valore esistenziale. L’umanità ha travalicato tutti i confini, perdendosi dietro idoli ingannevoli, miraggi nel deserto dell’esistenza. Gli androidi, al contrario, ingenui e curiosi come bambini, non accettano che la meraviglia dell’universo, appena manifestatasi nelle loro artificiali menti, possa dissolversi in un niente ed “andare perduta nel tempo come lacrime nella pioggia”. Essi vogliono vivere ed assaporare fino in fondo l’esistenza, per questo cadono dal cielo e chiedono udienza al Creatore, un Dio che, però, dall’alto della sua misteriosa piramide, non è che in grado di donargli morte e perdizione. “Gli angeli avvampando caddero e bruciarono con i roghi dell’Orco”, questo recita all’incirca Blake, ma Roy uccide l’Orco, il Dio infernale, e afferma la sua essenza. Il sogno della scienza e quindi dell’uomo, di creare una vita rispondente solo alle proprie leggi, viene così infranto. La danza dell’esistenza non può essere imprigionata in un involucro, “poiché vivere, richiede uno sforzo maggiore del semplice respirare”! Questi organismi “pensano, pertanto sono”, non importa che abbiano come madre la scienza. La loro intelligenza sarà anche stata creata, ma questa gli appartiene completamente, come ci appartiene la nostra vita. D’altra parte cos’è l’uomo di fronte al mistero della esistenza? Un essere fragile, che, come tutti gli esseri pensanti, conduce una vita misera, poiché è consapevole della propria grandezza ed insieme anche della propria insignificanza. Deckard si rende conto di questo e, attraverso la sua esperienza all’inseguimento dei replicanti, si trova a fare i conti con le sottili trame di un mondo dal quale aveva creduto di estraniarsi. Dio è morto e ora finito e infinito si mescolano per Roy. Questi, in una delle più commoventi e riuscite scene della storia del cinema contemporaneo, offre una preziosa testimonianza sulla condizione degli essere pensanti. Avvolto da un’indimenticabile luce bianca, il replicante scavalca l’uomo e accetta la morte. Proprio quando sarebbe stato logico e facile abbandonarsi al folle e sconsiderato piacere della vendetta. Ma a cosa avrebbe portato? Ciò che rimane della vita è quanto riusciamo ad affermare della nostra anima. E, in questo film, l’uomo è come un volto posto davanti ad uno specchio, la cui immagine riflessa è un replicante. di Sara Palamone AFFARI INTERNI CULTURA 6 Le bellezze del mare Molestie Lì dov'è possibile udire la fresca brezza d'estate dove il piede si scotta su l'ardente sabbia e si bagna tra le cruente onde che celeremente vengono a riva, Quello è lo vasto mare. Questo è luogo di serenità dove si puote scorgere le grandi navi e i piccoli battelli naviganti all'orizzonte tra li vari pesci variopinti e li vari suoni melodiosi, il pio nuotator sguazza tra le acque con lo fruscio della baia e la lontan tempesta. Qui l'esausta ed abbattuta gente trova riposo fra la mite primavera e lo triste autunno dopo aver compiuto un 'intenso e aspro viaggio, l'esser qui si diletta vivendo i vivaci color de l'estate: l'azzurro de l'amica acqua,il celeste de l'amico cielo, lo smeralo de le vaste sabbie e lo giallo di frate sole. Costor per la lor bellezza dan nuova vita a lo viandante che com l'araba fenice risorge da le ceneri così questo trova nuova vita per lo novo e cruento viaggio. La donna d’amore pregna Dentro di lei la vita s’insinua Lentamente la specie continua Di questo dono è sì degna Guarda il sole e il suo colore Desidera donarlo in futuro al suo prossimo nascituro perché lo irradi col suo calore eppure, nonostante questo dono in cuor suo ella duole derubata del suo sole. Lapidata, stuprata, venduta per oro La donna resiste all’azione Di ogni uomo coglione. E sentendo la sua anima bruciare, invano continua a gridare! Nicole Tierno & Fausto Mauro 3 Maccartismo battipagliese da Pag. 1 “Maccartismo è termine dell’uso politico statunitense, e sta ad indicare un atteggiamento di anticomunismo assoluto che si concretizza in una visione politica manichea e in una vera e propria persecuzione di uomini e istituzioni dichiarati antiamericani in quanto comunisti”. Storicamente il suo culmine è avvenuto negli anni ’50 in piena guerra fredda. Il termine prende il nome da Joseph McCarthy, senatore repubblicano del Wisconsin attivo in politica in quegli anni. E’ evidente che tale visione maccartista della realtà nonché tale atteggiamento discriminatorio nei confronti non solo dei movimenti e dei militanti comunisti, ma anche e soprattutto della simbologia comunista è rimasto inalberato all’interno delle società più reazionarie, le quali nei loro rappresentanti più biechi e subdoli non mancano spesso di ricordare e rivendicare (anche inconsciamente) tale atteggiamento. Alcuni recenti esempi: sabato 11 Aprile, il conduttore Fabio Fazio nella sua trasmissione “Che tempo che fa” in un contesto in cui veniva citata Rifondazione Comunista dichiarava che tale partito politico “non esisterebbe più”, mentre è chiaro e palese – malgrado l’oscurantismo televisivo e mediatico in genere di cui siamo vittime (maccartismo appunto) che il partito esiste ed è presente in tutte le battaglie, nelle piazze e non. La paura rossa impervia anche nella nostra modesta cittadina. Settimana l’altra su un noto quindicinale battipagliese veniva citato in un articolo il disagio e le condizioni abominevoli cui vive da tempo immemore il sottopasso di via Roma [Vicenda da noi già ampiamente trattata con raccolta firme (ottobre 2009) e sit-in di protesta (Luglio 2010) e su cui non abbiamo mai ricevuto risposta dall’amministrazione comunale] e veniva ritratta in foto la scritta ( con spray rosso sita sotto la struttura ) “NO ALLE BARRIERE ARCHITETTONICHE”. Ebbene tale scritta presenta ai due lati estremi la simbologia comunista: la classica falce e martello. Cosa fa il noto quindicinale?? Pensa bene di ritrarre in foto la scritta priva della simbologia comunista. Ma allora perché se tutti credono che il comunismo non esiste più continuano ad oscurare ogni richiamo ad esso? E’ inoltre evidente che tale atteggiamento diventa oltre che anti-comunista anche anti-democratico. L’oscurazione e quindi la negazione dell’altro colpevole solo di esser portatore di idee radicali di cambiamento della società lede infatti i principi di libertà di pensiero propri della democrazia. Siamo perfettamente consapevoli che la campagna mediatica (estesa come si vede a tutti gli strati della società) tende e tenderà a demonizzare continuamente chi è visto come distante dal pensiero comune conservatore e ancora una volta reazionario. Perché il gruppo predominante ha sempre bisogno di creare il capro espiatorio contro cui scagliarsi per mantenersi unito, ha sempre bisogno di crearsi la categoria contro cui combattere. E quale nemico migliore di chi è minoranza sociale o politica? Noi tutti ci impegnamo nel protestare vivamente contro questo atteggiamento discriminatorio ed antidemocratico e che lede in qualche modo il nostro Io così come la nostra libertà di pensiero. Enzo Castaldi di Italo Iovine Oblio Vergine infeconda, perpetua voglia rivelatrice, di vizi madre e di virtù dissipatrice. Sultana del carnal piacere, vittima sacrificale; irride la morte, gioca in un perpetuo foco. Da bacco plasmata figlia e regina alla tentazione non permane beffarda. Bella donna, colma di seno, riversa i suoi attriti nel vino; richiamando ai suoi occhi un sol arguto pensiero, capace di trovar perdono ad ogni oscur infamia subita. Restando vittima della sol visione cruda ed eterogenea delle nefandezze vitali infinite. Dante colloca la lussuria nel quinto canto, nel quale mostra il secondo cerchio dell’inferno. All’interno vi sono rinchiuse le anime di importanti personaggi come Semiramide,Didone, Cleopatra, Elena, Paride... Esse sono vittime di una bufera infernale che le trascina per aria, evidente contrappasso (per analogia) della passione che le travolse in vita. È per i cattolici uno dei sette peccati capitali, il "vizio impuro", al di fuori della norma morale. La radice della parola lussuria coincide con quella della parola lusso (che indica una esagerazione) e quella della parola lussazione (che significa deformazione o divisione). Appare quindi chiaro il suo significato, che designa qualcosa di esagerato e di parziale. Nella lussuria il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: le vesti, gli accessori, i gesti arrivano ad assumere un'importanza fondamentale poiché devono supplire alla mancanza di un altro tipo di seduzione che scaturisce da un'intesa psicologica ed affettiva, oltre che fisica. La lussuria è una difesa contro le paure dell’ essere umano, in particolare di un certo tipo di paura: la paura del confronto con un altro essere umano nel quale è possibile rispecchiarsi. È inoltre anche una delle manifestazioni più comuni del disagio proprio della nostra società, dove siamo alla continua ricerca di nuove esperienze e nuove emozioni che ci facciano sentire "vivi". Concludo citando un frase tratta dal romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco: C'è una lussuria del dolore, come c'è una lussuria dell'adorazione e persino una lussuria dell'umiltà. Digital art by Nick West di Angelo Alessio per poter visionare le altre creazioni visita la home facebook digitando: nickwest ASSOCIAZIONISMO LOCALE ARCHEOGEO 2011 L'associazione culturale Archeogeo nata il 5 ottobre 2010, in collaborazione con altre associazioni e con il supporto del comune di Montecorvino Rovella sta portando avanti iniziative lodevoli. Il 27 gennaio 2011 per la giornata della memoria contro i crimini nazisti ha tenuto un importante comizio inerente la tematica. Il professore Mario Onesti del centro culturale studi storici di Eboli ha illuminato i presenti in sala con un interessante monologo di circa un’ora monopolizzando su di sè l'attenzione. Il presidente di archeogeo e il sindaco si sono particolarmente commossi quando la poetessa Concetta Onesti - segretaria e redattrice della rivista MISCELLANEA- ha declamato una sua lirica dedicata ad Anna FranK e a tutte le vittime dell'olocausto. Era presente in sala il direttore editoriale della rivista IL SAGGIO. Per circa un mese si è tenuta presso i locali dell'ex pretura della cittadina una mostra con foto storiche degli anni del fascismo italiano e del nazismo tedesco e foto di persone relegate nei campi di sterminio. La mostra ha riscosso notevole interesse anche da parte delle scuole locali e delle zone limitrofe. Un importante convegno si è svolto inoltre, nei locali dell'ex pretura di Montecorvino rovella nella serata del 12 marzo 2011. Dopo i saluti del presidente dell'associazione e del sindaco della cittadina, abbiamo LEGA NAZIONALE PER LA DIFESA DEL CANE Trudy cerca un'adozione davvero fidata, qualcuno che possa adottarla in appartamento e che le voglia davvero bene! E' già vaccinata e sta benissimo! Ha 4 mesi e non crescerà ancora molto..è una futura taglia media. Situazione urgente: nella pineta tra Eboli e Paestum 20 cuccioli di 2 mesi vivono su un materasso! Sono di taglia medio-piccola, sia maschi che femmine. Cerchiamo urgentemente stalli o adozioni! P e r i n f o : legadelcane.battipag@libe ro.it avuto anche quelli della Dottoressa addetta alle pari opportunità e dell'onorevole Eva Longo. Gli interventi in riferimento alla donna nella società odierna si sono avuti da parte della dottoressa Angela Furcas, Mariangela Vaccaro, Rosa Messuti, Lella Capodanno e Valeria Palo. Era presente Giuseppe Barra del SAGGIO e la sua" spalla" Cosimo Clemente. La cantante Filomena De Gennaro e il chitarrista hanno interpretato alcune belle canzoni, la poetessa Concetta Onesti ha declamato alcune liriche. Si è tenuta per un intera settimana una mostra fotografica LA DONNA AL LAVORO gentilmente offerta dall'associazione Leonardo ed una mostra di artisti campani a cura del corniciaio Fabrizio Viola e di Concetta Onesti. La premiazione poetica nelle scuole elementari, medie e del liceo scientifico del paese ha riscosso pregevole interesse da parte dei numerosi presenti in sala. Hanno fatto parte della giuria: Gennaro Procida e Concetta Onesti. Archeogeo si propone per la festa della mamma di indire un nuovo concorso nelle scuole con le sezioni: poesia,narrativa,disegno. Auguriamo a questa indomabile associazione di continuare il cammino intrapreso. Concetta Onesti LETTERA APERTA AL SINDACO Signor Sindaco, risponde al vero l'insistente vulgata popolare secondo la quale l'imprenditore beneficiario della proposta di deroga al PRG per l'edificazione di un piano in più, risulterebbe essere uno dei finanziatori della sua campagna elettorale? Convinti come siamo che la diceria è insultante e del tutto falsa perchè tesa a screditarLa, insinuando che la velocissima proposta di deroga al PRG deriverebbe da una "cambiale politica" da Lei firmata, speriamo che prontamente voglia smentirla. Sin dai primi istanti di campagna elettorale Lei proclamò che la sua azione si sarebbe ispirata al principio di legalità. Pertanto sappiamo bene che mai avrebbe favorito o acccelerato la delibera solo perchè l'imprenditore è un suo amico. Avrà avuto ben altre ragioni. Già, a proposito, signor Sindaco: se il fabbricato non ha le caratteristiche per partecipare al bando perchè propone una deroga al PRG per adeguarlo? Qual è il vantaggio della collettività? Magari, senza impegno, se ce lo dice ci fa cosa gradita. Autore anonimo 4 ATTUALITA' & CULTURA POLITICA NAZIONALE & ATTUALITA' L'amnesia atomica Produrre una forma di energia a costi relativamente ridotti, pulita e virtualmente inesauribile. È questo lo scenario avveniristico, dal sapore di fantascienza, che ci offre un’eventuale messa a punto della fusione nucleare. Lo scenario prospettato dalla fissione somiglia piuttosto ad un incubo. La fusione rappresenta il sogno avveniristico di ogni fisico nucleare, la fissione invece costituisce la nostra realtà attuale e quella delle generazioni a venire. Nonostante il monito indelebile di Cernobyl e il più che abusato concetto di sviluppo sostenibile, sembra che la fobia per il nucleare sia rimasta sopita per venticinque anni e riportata alla ribalta dai recentissimi eventi in Giappone. Non esiste soltanto la Cernobyl documentata dalla telecamera di Elena Filatova che cattura, nell’immediatezza impietosa del suo obiettivo, città fantasma sul confine bielorusso-ucraino e bambini deformi. Il nucleare nasconde innumerevoli tragedie dimenticate: dall’incidente di Three Mile Island, negli Stati uniti, avvenuto il 29 marzo del 1979, alle fallimentari politiche dell’ex Germania Federale di smaltimento dei rifiuti radioattivi; dal traffico di rifiuti nucleari in Somalia, sulle cui tracce indagarono Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (indagine che è costata loro la vita), alle città-discarica degli Urali come Ozërsk, che detiene finora il primato di città col il più alto tasso di inquinamento radioattivo del mondo. La fobia scatenata dalla catastrofe di Fukushima ha dato la stura ad un vivo dibattito sull’energia nucleare, confermando, da un lato, l’appoggio degli entusiasti, e dall’altro innalzando le perplessità di chi lo osteggia da sempre. Il Giappone sta infatti riconsiderando l’impiego dell’energia nucleare, il Venezuela e la Germania bloccano di fatto la produzione di energia atomica puntando su altre forme di energia (il Venezuela sugli idrocarburi, la Germania su eolico e solare ); la Slovenia esita a riattivare la centrale di Krsko, la Gran Bretagna conferma la sua predilezione per le fonti rinnovabili, scelta che l’ha resa negli ultimi tempi una nazione “virtuosa”, tant’è che istituisce un Conto energia per il solare termico. Il nucleare sta destando perplessità anche in Finlandia, Svezia, Lituania, India e altri paesi del mondo. Ma da che parte si colloca l’Italia? Sembra che i terrori sollevati dal disastro giapponese non tocchino minimamente la coscienza della classe dirigente e di quella imprenditoriale italiane, quasi che il Giappone si trovasse su un altro pianeta. Il governo Berlusconi ha dichiarato infatti che non cederà di un passo sul programma nucleare. Di risoluto ci sono soltanto le decisioni nel governo perché in Italia regna in realtà una confusa sensazione di amnesia generale. È cosa nota che la memoria storica italiana fatica a lavorare a lungo termine, tuttavia ci sono dei casi assolutamente lampanti per lo stupore e l’indignazione che suscitano. Uno di questi è Chicco Testa, ex militante di Legambiente nonché principale promotore del referendum abrogativo dell’8 novembre 1987, il quale sembra aver dimenticato il suo passato remoto e preferisce rifugiarsi in quello più recente di ex presidente del consiglio di amministrazione dell’Enel, o addirittura ripiegare nell’attuale presente, in particolare nel suo incarico di managing director presso il gruppo bancario Rothschild, uno dei più attivi finanziatori del nucleare. La stessa amnesia ha colpito Umberto Veronesi, l’oncologo milanese di fama mondiale divenuto simbolo della lotta contro i tumori, che si proclama da anni favorevole al nucleare e ha più volte minimizzato sulle ripercussioni delle radiazioni per la salute umana. L’amnesia nucleare in Italia è anche incoraggiata dall’assenza di un’adeguata campagna di informazione sul nucleare. Abbondano dibattiti televisivi in cui Il lungo passo dal secessionismo al federalismo manager di gruppi finanziari, politici e galoppini di partito dell’ultima ora mostrano una formidabile presunzione nell’opporre le loro ragioni alle argomentazioni fondate di esperti del calibro di Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica del 1984. Il professor Rubbia in più occasioni (tra cui in una recente puntata di Annozero) ha esposto gli enormi svantaggi economici comportati dal programma nucleare. Un’economia fragile come la nostra non sarebbe in grado di ammortizzare le spese (che graverebbero ovviamente sulle finanze pubbliche) per la costruzione di centrali, realizzabili in periodi che vanno dai 6 a i 10 anni. Il prezzo dell’uranio inoltre ha raggiunto i suoi massimi storici per via dei costi di estrazione crescenti e la considerevole riduzione delle scorte mondiali. Una centrale nucleare infine non è in grado di alimentare se stessa, e dato che non può essere disattivata, richiederebbe una continua alimentazione da parte di una centrale a combustibile. Il costo dell’elettricità, dunque, anziché calare, aumenterebbe del doppio se non addirittura del triplo. Rubbia si è inoltre soffermato più volte sul problema dell’eliminazione delle scorie, facendo notare che non esiste al momento, in nessun paese, un sito stabile per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari. Il tentativo di bruciare le scorie, sperimentato in passato in Spagna, è stato bocciato per l’abnormità dei costi e soprattutto per i numerosi rischi ambientali. Le scorie radioattive al momento vengono sversate in pozzi attrezzati o depositate in impianti di stoccaggio muniti di pesanti armature di piombo e cemento armato. Visti i ripetuti fallimenti nella gestione dell’emergenza rifiuti sorge spontaneo chiedersi se lo stoccaggio delle scorie in Italia verrebbe eseguito con le dovute precauzioni. Se si pensa alle quantità ingenti di rifiuti radioattivi già seppelliti abusivamente dalle presunte “ecomafie” in Campania o gettati in mare al largo delle coste calabresi, le perplessità si rafforzano in misura notevole. Non si è ancora dato l’avvio ufficiale al programma nucleare che già ci si preoccupa nel localizzare gli eventuali siti di stoccaggio, che casualmente coincidono con aree già considerevolmente minate dall’inquinamento ambientale come Casaccia, Trisaie e il casertano. L’Italia gestisce già un programma nucleare su scala ridotta. Si tratta della rete energetica slovacca che l’Enel ha preso in gestione dopo aver riportato in attività 3 centrali nucleari chiuse per ordine del presidente cecoslovacco Husák negli anni ’70 in quanto giudicate desuete e tecnicamente inadeguate. Mentre la televisione trasmette uno spot capzioso del Forum Nucleare Italiano (organizzazione presieduta da Chicco Testa), definito “spot paraculo” da una frangia consistente del popolo della rete, in cui si è invitati a riflettere sul nucleare, il governo Berlusconi prende già le sue decisioni in materia. Il 24 febbraio del 2009 Italia e Francia firmano un accordo per la produzione di energia nucleare. La Francia soddisfa oltre il 70% della domanda energetica nazionale mediante l’energia nucleare prodotta da ben 52 centrali nucleari (la sconfinata Russia ne conta in tutto “solo” 33); inoltre detiene il primato mondiale per l’estrazione, il commercio e lo sfruttamento dell’uranio. Un co-firmatario più appropriato di così, anche a inventarlo, non lo si sarebbe riuscito a trovare. Ovviamente, nel buon spirito dell’amnesia atomica del nostro paese, ci si dimentica dell’interesse comune a vantaggio di gruppi finanziari e industriali. Ci si dimentica inoltre che i cittadini hanno già fatto la propria scelta 24 anni fa. Naturalmente, si fa soltanto finta di dimenticare. Ruby’s arms. Qualcuno vuole far passare le serate del cavalier banana nella sua modesta dimora lombarda come innocenti momenti di relax di un uomo super impegnato che, alla sera, ha bisogno di smorzare la tensione accumulata nell’esercizio del proprio dovere nel servire la Patria. Allora, quando la gente di Maglie si è permessa di fischiare Ruby rubacuori, gridandole “vergogna!”, mentre raggiungeva il locale per un suo “numero”, subito ha tuonato in televisione il Giuliano nazionale, sceso in RAI a riequilibrare le sorti della partita massmediatica d’approfondimento, già pesantemente pendente in favore delle orde bolsceviche padrone, come si sa, di gran parte dei giornali e delle televisioni nel nostro Paese, nonché di tutto il capitale che serve a sostenerli. E’ un oltraggio alla persona umana della nipote dell’ex premier egiziano; la ragazza ha avuto una infanzia difficile (etc., etc.); anche Gesù salvò la prostituta dalla lapidazione (ne jetez pas la pierre à la femme adultère, je suis derrière, come cantava Brassens), etc., etc.; è un linciaggio morale, una pratica da puritani del Mayflower, un contegno da talebani che i nostri bravi ragazzi stanno combattendo, etc., etc. Si attende alla prossima puntata altrettanto fervore nel difendere l’umanità offesa di tanti connazionali della rubacuori che, non essendosi offerti nel corpo (uomini o donne non importa ché al baccanale fanno comodo entrambi), sono stati gettati nei campi di concentramento temporanei. Ma, se si considera lo squallore umano in cui una persona è cacciata quando si prostituisce, specie se giovane e per colpa di altri, si può in linea di principio essere d’accordo con la filippica; non però con il falso moralismo che la sostiene. La verità è che bisognerebbe scagliarsi con ben altra veemenza contro coloro che hanno consentito, consentono e sempre consentiranno queste cose, cioè l’irrompere di Priapo nei territori di Eros. Perché il primo ha l’innocenza e la creduloneria dei giovani mentre il secondo possiede il potere scaltro e navigato di chi è arrivato, di chi in questo mondo ha conquistato, predato e saccheggiato a scapito degli altri, soprattutto dei più giovani. Questi cavalieri d’industria, geni della new economy, profittatori del marketing, imbonitori di aspirapolveri hanno maturato un debito nei confronti del futuro comune che, probabilmente, non pagheranno mai. Però, a differenza del priapo tonico e ipertrofico grecoromano, questi di oggi hanno carni flaccide (cfr. di Luca Cibelli Il federalismo è una realtà politica contemporanea che, nella maggior parte dei casi, nasce dalle confederazioni di polities alleatesi per difendersi dalle potenze straniere e favorire il commercio tra le parti confederate. Tuttavia può anche verificarsi che i movimenti centrifughi dovuti ad un processo incompleto di nation-bulding, generino un federalismo con forte motivazione endogena. Questo potrebbe essere il caso dell'Italia. È nota la volontà secessionista padana, espressa dalla Lega Nord, il più conosciuto ma non certo l'unico movimento secessionista presente nel nostro bel Paese in cui, a distanza di 150 anni dalla sua unità politica, molti studiosi lamentano non solo la mancanza di una reale unificazione del così detto popolo (demos), ma una sempre maggiore volontà secessionista man mano che il fervore risorgimentale si affievolisce. Stupisce infatti la miriade di movimenti secessionistici che pullulano per la penisola con delle rivendicazioni che non è possibile liquidare come assurde, sovversive o anacronistiche, se su rivendicazioni analoghe la Lega sta costruendo la sua fortuna elettorale. Tra questi ci sono i Serenissimi, secondo cui nel 1866 i voti contro l'annessione del Veneto all'Italia sarebbero stati solo 69 su 650.000 per cui ci sarebbe stato un broglio elettorale; da allora ambiscono alla rifondazione della Repubblica Veneta, compiendo svariate azioni per la realizzazione di tale obiettivo, come l'assalto al campanile di Venezia, salito agli onori della cronaca nel 1997, l'autoproclamazione della Repubblica con capitale Longarone e la redazione di una carta costituzionale di 62 articoli. Meno noto è il Movimento indipendentista ligure (Mil), contestante il Congresso di Vienna (1814-1815) che, rimettendo sul trono i re spodestati da Napoleone, cancellò la Repubblica di Genova inglobandola nel Regno di Sardegna senza che l'annessione venisse mai ratificata né dal governo né da un plebiscito. Il Mil quindi spinge per la rifondazione della Repubblica di Genova, arrivando a porre in piazza Corvetto, davanti alla statua di Vittorio Emanuele II, una targa che ricorda il sacco del 1849, quando il re affogò nel sangue un'insurrezione cittadina. Esiste anche il Comitato del Regno d'Italia che non si riconosce nella Repubblica italiana perché Bolzano, Trento e Trieste (che allora erano sotto il governo militare alleato o iugoslavo) non parteciparono al referendum istituzionale del '46, quindi per gli adepti vige ancora la monarchia. Nel 2007 hanno scritto all'ONU per rivendicare il ritorno dello status quo ante. Segue il movimento della Toscana Granducale che rimpiange le riforme illuminate dei Lorena e degli Asburgo, rispetto alle iniquità dei governi italiani. Vorrebbe ritornare al gran ducato degli Asburgo-Lorena e a tal proposito partecipa a tutte le elezioni, anche politiche, raccogliendo i risultati migliori in Romagna, in particolare nel comune di Forlì. Non poteva mancare il movimento dell'orgoglio papalino, secondo cui lo Stato pontificio ha fatto grande Roma nei secoli, mentre il governo repubblicano ha portato solo decadenza e corruzione, pertanto auspicano il ripristino del Governo di Roma del papa. E per finire ci sono i sempre cari neoborbonici, secondo cui l'unità d'Italia ha distrutto l'economia e l'identità culturale del Meridione che è possibile risollevare ricostituendo il Regno delle due Sicilie. Per la realizzazione di tale obiettivo i neoborbonici dispongono di una casa editrice, l'Editoriale il Giglio; in più organizzano convegni revisionisti e sfilate in costume del Reggimento Lucania e dei Siciliani della Real Marina; hanno la Nazionale di calcio delle Due Sicilie iscritta come la Padania (che quest'anno ha vinto il campionato proprio contro i neoborbonici) al Non-Fifa Board, la federazione mondiale di calcio per popoli senza nazione; nel gennaio del 2010 hanno inaugurato un loro parlamento al Maschio Angioino; odiano i Savoia e nel 2003 hanno contestato in massa a Napoli il loro ritorno dall'esilio; l’affermazione della Minetti a proposito dei glutei del suo principale), volti cadenti da maquillage televisivo e un celodurismo di circostanza, tutto da dimostrare, che abbisognano di quantità industriali di citrato di sildenafil per reggersi, per così dire, in piedi. Tuttavia ci provano! E dunque torna alla mente la lucida analisi di Gadda quando definì l’epopea del ventennio nel quale, partendo dall’assunto freudiano che l’erotismo avvolge e coinvolge tutto, il priapo babbeo, l’ex agitatore massimalista, il condottiere di quadrate legioni, concupì la credula Italia ( che si fece concupire) cosicché furono “ … la coscienza collettiva, e la singula, oltraggiate dal coltello, dal bastone, dall’olio, dall’incendio, e di poi messe in bavaglio da disperati tramutatisi per scaltrita suasione in soci nel grido e nell’armi, dalle carceri, dalle estorsioni, dal veto imposto per legge, se legge fu quella, a ogni forma del libero conferire e prima che tutto alle stampe, dalla sempiterna frode ond’era spesa la parola e l’intendimento e poi l’atto, dalla concussione sistematica esaltata al valore e direi al decoro formale di un’etica nicomachèa, … alla tonitruante logorrea d’uno o d’altro poffarbacco, dalla folle corsa verso l’abisso e, ad ultimo, dalla strage, dalla rovina del paese, si direbbe codesta coscienza l’abbî trovato ricetto, quasi oltre lor lagune i Veneti, così ella in una zona munita dall’acque, contro la storia spaurata” (tratto da Eros e Priapo: da furore a cenere). Il ragionamento ci porta inevitabilmente alla conclusione che il pusher del governo dei fatti, il pianista di nave, il caimano, come quell’altro poffarbacco, ha sedotto l’Italia dell’iPhone, delle Audi e delle Bmv, delle frodi carosello, dell’evasione fiscale come punto d’onore, di chi crede all’uomo della provvidenza come i più piccoli credono alla befana, di chi vagheggia per i propri bambini un futuro al grande fratello, ad amici o all’isola dei famosi, nel terribile presagio di aver cresciuto dei figli la cui testa è, tutto sommato, piena di vuoto. L’unica differenza è che nella vicenda attuale la parte marziale, sempre pronta alla pugna, è delegata (come una cessione di ramo infine molto allegramente boicottano i prodotti padani. Se dobbiamo dare una lettura obiettiva, probabilmente si tratta di movimenti senza futuro, di cui però non può sfuggire la forte carica provocatoria: l’Italia resta la terra dai mille campanili, dove, nonostante la funzione unificatrice svolta dalla televisione, dalla religione, dai mass media e dall’arrivo degli extracomunitari (che ha attenuato di molto la contrapposizione <terroni&polentoni>) tante identità territoriali e culturali gridano alle ingiustizie passate e presenti. E’ la situazione più propizia per riproporre i l federalismo, che si presta meglio di qualsiasi altra forma di governo a ricomporre tutte queste differenze, a far convivere insieme realtà molto diverse tra di loro rispettandone le peculiarità, proprio secondo la tesi inascoltata di Carlo Cattaneo all’indomani dell’unità. Dal secessionismo è, oltre che possibile, anche opportuno fare un passo verso il federalismo, come vorrebbe la Lega, ma si tratta di un passo che richiede estrema consapevolezza storica e critica, oltre che volontà politica costruttiva, non solo da parte del Governo, ma anche e soprattutto da parte di chi dovrebbe vivere sulla propria pelle questa nuova esperienza passando dalla teoria alla prassi: noi italiani tutti, appunto. Cosa è stato fatto finora? Un breve exursus è, a questo punto, d’obbligo. All'indomani dell'unità d'Italia, nonostante una realtà territoriale profondamente diversificata, sia per motivi economici (il regno di Sardegna era indebitato e sull'orlo del collasso, molto propenso quindi ad assorbire l'intera ricchezza del regno delle due Sicilie) che ideologici, per via delle correnti mazziniane, di Cavour e Minghetti, in Italia prevalsero le ragioni del centralismo e della centralizzazione, anziché quelle del federalismo, con la conseguente standardizzazione amministrativa e omogeneizzazione culturale, per portare il neonato Stato italiano ad un assetto strettamente unitario. Solo dopo la caduta del fascismo, la Costituzione del 1948 introduce la variante dello Stato regionale creando così un debole compromesso tra le ragioni federali e quelle unitarie. Comincia così un processo di decentramento portato avanti a singhiozzi e senza molta convinzione, soprattutto in concomitanza di onde lunghe destate da coeve esperienze europee. La prima tappa del decentramento, in applicazione del dettato costituzionale, si è raggiunta negli anni '70, dietro la spinta neo-regionalista europea, che lascia anche in Italia una debole impronta, portando all'istituzione di una regionalizzazione caratterizzata da una visione minimalista dell'istituto regionale ordinario, che, secondo una concezione superficiale della realtà storico-culturale italiana, a differenza del regionalismo a statuto speciale, non risponderebbe ad esigenze territoriali, legate cioè alla necessità di governare squilibri economici e diversità linguistiche presenti sul territorio. Un’altra importante spinta è data della riforma Bassanini del 1997, grazie alla quale le regioni diventano soggetti primari nell'attuazione della legislazione nazionale, cui segue nel 2000 l’abolizione dei trasferimenti statali vincolati alle regioni. Il processo di revisione costituzionale in chiave federale prosegue con il referendum del 7 ottobre d’azienda ma con pari tromboneria) alle camicie verdi con il famoso slogan di marmoree pudenda, i millantamila fucili già pronti da qualche parte etc. etc.; o anche a qualche colonnello che al momento del giro di boa gli è rimasta la poltrona attaccata al culo, tradendo gli antichi propositi fiuggiani e le buone intenzioni antepredellinesche; mentre il resto dell’apparato propagandistico, il minculpop, aggiornato alle moderne regole del marketing, è rimasto nelle mani ben salde dei forzitalioti della prima ora. Io, dal mio piccolo, oltre questa paludosa miseria umana, vorrei proporvi invece la vera innocenza di un’altra Ruby che, essendo parte di una storia di Tom Waits, è senz’altro una persona in carne e ossa che un giorno, da qualche parte, ha vissuto. Parlo della prostituta della celebre Ruby’s arms ( già il richiamo al calore umano di un abbraccio alle prime luci dell’alba mi riconcilia col mondo), a cui un cliente occasionale dedica delle parole bellissime. Malgrado l’intenzione di andarsene per sempre, quell’uomo si alza e resta a guardare ancora un po’ la sua Ruby; è un soldato con stivali da ferroviere, perciò la del 2001 confermativo della legge costituzionale 3/2001, che oltre a rafforzare il principio di autonomia di entrata e di spesa, aumenta sensibilmente le garanzie centro-vincolanti a tutela del potere legislativo regionale, non più soggetto al controllo preventivo delle leggi da parte del Commissario di governo. A questo quadro, perché si possa iniziare a parlare di federalismo, manca un importante tassello: in una federazione le polities sovrane rinunciano ad una parte del loro potere dando vita ad una polity che le comprende al suo interno senza avere un centro politico dominante, bensì una condizione di pari legittimità costituzionalmente garantita, che investe tanto il centro federale quanto i centri federati. Sul piano istituzionale e amministrativo il federalismo si contraddistingue per la presenza di meccanismi centro-vincolanti capaci di impedire ad una singola polities di decidere liberamente e unilateralmente della distribuzione dell'esercizio del potere. A partire dal prototipo americano, la partecipazione delle entità federate alla decisione nazionale viene garantita dalla seconda camera del parlamento federale, dove non siedono i rappresentanti del demos, come negli stati unitari, ma quelli delle polities componenti la federazione. In questo modo il bicameralismo che attualmente serve da strumento di maggiore tutela della rappresentanza democratica dei cittadini all'esercizio del potere, funge anche da garante dell'autonomia e dell'integrità delle entità federate. È a questo punto che si evidenzia l’anomalia italiana: oltre ai forti limiti del potere legislativo regionale, il nostro ordinamento non prevede alcuna forma di rappresentanza regionale nel parlamento nazionale, mentre, paradossalmente, a livello di Unione Europea le regioni non solo italiane hanno una rappresentanza. Si deve a questo punto rimarcare la più macroscopica insita nelle scelte attuate dall’attuale classe dirigente: avviando il “federalismo fiscale” si è cominciato a costruire dal cappello e non dalle fondamenta, evidenziando la componente egoistica alle origini di tale scelta. «Con l'avanzamento del federalismo fiscale, subentra un sempre crescente finanziamento delle maggiori spese decentrate, in prevalenza con tributi propri o con compartecipazioni, anziché con trasferimenti tarati sulle spese, come nel passato. Siccome tributi propri e compartecipazioni, sul territorio, sono in genere molto più sbilanciati delle spese, mentre le dosi di perequazione delle capacità fiscali territoriali possono essere anche notevoli ma non possono essere che parziali, altrimenti sarebbe lo stesso concetto di federalismo fiscale a venir meno, viene inevitabilmente innescato il conflitto sociale» (G.Vitaletti) che si concretizza nel conflitto tra le regioni “ricche” e quelle “povere” che vedrebbero ridursi i servizi pubblici o dovrebbero pagare molto di più per ottenere gli stessi servizi di prima. In effetti questo è quello che sta già avvenendo. Non si può innescare un processo di tale portata senza prevedere un minimo di correttivi. Ad un'attenta analisi, le disuguaglianze economiche che dividono l'Italia in due, potrebbero essere ridimensionate con il federalismo fiscale, ma a condizione che questa misura non venga lasciata isolata in un contesto che vede non ancora chiaramente individuate responsabilità e mansioni, con il frantumarsi tra mille Enti, anche locali, della distribuzione di compiti e competenze - cosa che impedisce la concreta operatività degli Enti pubblici e delle istituzioni- e soprattutto a condizione che non venga meno, come vorrebbe la Lega Nord, l'aspetto cooperativo e di solidarietà tra le polities ( richiesto dall'espansione del welfare state avutasi a partire dagli anni Settanta) che caratterizza l'organizzazione interna di tutti gli stati federali e che ha consentito, tanto per fare un esempio, in pochi anni, dopo la caduta del muro di Berlino, alla ex Germania dell’Est di superare il forte gap accumulato durante il regime sovietico. canzone inizia con una tromba e un ritmo che hanno sapore di guerra. Poi comincia in solitudine il piano e già si avverte una profonda malinconia, come quando dobbiamo alzarci che è ancora notte, piove fuori, e dobbiamo andarcene lontano, lasciandoci dietro chi amiamo. Alla quinta battuta, attacca il vecchio Tom: la voce graffiata sembra proprio quella di una persona appena sveglia. La stanza è povera: povere tende, poveri vestiti nel guardaroba, un cassettone, un carillon, una finestra sconnessa e una povera sciarpa da portare via, come ricordo. E lui ha tutto il tempo di dire addio a quella donna, doppiamente innocente perché ancora addormentata. Fuori c’è un povero cortile pieno di pioggia, con dei poveri cristi intorno ad un fuoco: hobos in cerca di lavoro. Qualcuno lo mette su un treno, lui dice addio ancora una volta alle sue braccia e alle sue labbra che non bacerà mai più. Sulla fuga dell’orizzonte, ieri si annichilisce innocente e irrecuperabile ma regala una goccia di splendore a tutto il tempo vissuto. di Lucio Spampinato 5 La sessualità nella produzione bio-politica Nella società occidentale abbiamo sempre concepito la sessualità, al di là del fattore biologico, come un paradigma di schemi fissi, di regole di comportamento e di abitudini sociali “normali”. Normalità, disciplina, abitudine sono termini comuni a quell’universo meccanizzato, controllato, regolamentato e razionale che è l’Occidente al suo culmine: cioè il capitalismo globale e la sua invasione totale di ogni aspetto della vita, la capacità bio-politica del sistema che normalizza qualsiasi cosa, che trae profitto nell’economizzare ogni ambito della vita di un individuo. Ma cos’è la sessualità? Di sicuro essa presenta un fattore culturale variabile di epoca in epoca e di civiltà in civiltà (pensiamo al Medioevo, all’Antica Grecia o ai Babilonesi, la cui cultura sessuale era sicuramente diversa dalla nostra). La sessualità, intesa come sistema di valori universali che determinano i comportamenti sessuali degli uomini, non esiste. Quando poi la morale occidentale e cristiana ha prodotto i primi canoni di disciplina, creando i presupposti culturali ad una scienza dei corpi sessuali ed una regolamentazione morale delle attività riproduttive dell’uomo, il potere comincia a manipolare, ad ideologizzare quest’idea: nasce la sessualità. Tuttora, ovviamente, la sessualità viene manipolata e finalizzata alla disciplina sociale attraverso microstrutture di potere (rapporti tra individui, influenza della famiglia, dei mass-media, del mercato, delle istituzioni, ecc.), attraverso una morale secolarizzata, radicata profondamente nella cultura popolare, ed attraverso tutte le scienze, umane ed esatte. Essa è entrata a far parte, in tutte le sue sfaccettature, del mercato globale: è diventata merce, plusvalore, profitto (ad esempio la produzione di anticoncezionali, di profilattici, il grande mercato della pornografia, ecc.). Ed il concetto di “diversità” diviene un fattore da sfruttare, rappresenta un ampliamento del mercato: anche gli individui considerati “diversi” vengono “accettati”, “tollerati”, inglobati nelle strutture di potere bio-politico come corpi da sottoporre ai canoni di vita della produttività, della disciplina, della disuguaglianza “normalizzata”: sono bio-uomini, bio-donne, bio-eterosessuali, bio-omosessuali, bio-trans, ecc. La liberazione sessuale non è mai avvenuta: quella che è avvenuta negli anni ’60 e ’70 è stata una grande normalizzazione sociale di alcuni comportamenti sessuali che potevano essere economizzati e sfruttati dal potere per mantenere le gerarchie e le strutture sociali vigenti, organizzate in base alla produttività ed al profitto, nascoste sotto la falsità della democrazia liberale ed universalizzate da una feroce globalizzazione economica, politica e culturale. di Vincenzo Melchionda (Autarchico) La bellezza nell'Arte non è né un nome né una firma ma solo l'opera che ti crea emozione! Un po’ Dalì un po’ De Chirico, un po’ surrealista un po’ metafisico. Uno stile nuovo, innovativo, che prende spunto da due dei più grandi maestri dell’avanguardia artistica novecentesca. Vincenzo Conciatori nasce nel 1944, a Roma. Sin da piccolo dimostra una particolare predilezione per l’espressione grafica. Dapprima segue uno stile più sobrio, classico, usando come sua fonte Michelangelo, per poi gettarsi, non ancora maggiorenne, nell’immenso mondo del surrealismo, alla Dalì insomma. Poi nella metafisica, un terreno impervio da percorrere, giacché fa leva sulla sola inventiva dell’artista, non prendendo spunto da nulla di reale o visibile. Volti senza vita, chiaro riferimento al Maestro De Chirico; profili inespressivi dettati da una malinconia che ammalia i protagonisti delle opere. Un pessimismo leopardiano che impera, che rende preda l’artista, conscio dell’epoca in cui vive, dove le vite sono comandate dalla politica del malaffare. Il rosso, in tutte le sue tonalità, dalle più accese alle più smorte, domina la scena, esasperando i sensi già persuasi da una tavolozza completa ed efficace. Colori forti, che non cadono vittima dell’incertezza della pennellata. Uno dei più chiari esempi dell’uso efficace del rosso e affini, è rappresentato dall’opera “Tramonto dell’amore”. Due corpi, di sessi opposti, giacciono nudi su una spiaggia, in pose plastiche che ricordano sculture antiche. Le posizioni assunte dai soggetti suggeriscono inoltre una resa nei confronti della vita, di un amore appena finito, mentre il rosso cocente e pungente macchia per l’ultima volta il cielo. Le opere sono proiettate in una galassia parallela, in cui gli elementi gravitano in spazi infiniti, senza barriere temporali e senza la necessità di sembrare per forza realtà. Reali sono invece le sensazioni, le emozioni, che sgorgano dai non-visi dei soggetti, dai corpi cadenzati e decadenti. Ed è in opere come “Incoraggiamento” che il pittore manifesta il suo animo turbato, una richiesta d’aiuto rivolta ad un mondo sordo. Due grosse mani squarciano la realtà arcigna, in questo caso rappresentata dal cielo in tempesta durante la notte, entrando in una realtà ipotetica, bellissima, eterea, dove la luce domina la scena. E su queste grosse mani un uomo, seduto, che appoggia sconsolato i gomiti sulle ginocchia, guardando per terra e tenendosi strette le mani. Le mani rappresentano dunque la speranza, la speranza che qualcosa possa cambiare, che la realtà non sia solo quel cielo turbolento di una notte nera da dimenticare. Artista impegnato nel sociale, organizza frequentemente manifestazioni artistico culturali per promuovere il fervore artistico fra i giovani, cooperando con associazioni preesistenti, sia su scala regionale che nazionale. Conciatori è per cui fautore dell’arte come vera e propria espressione di sé stessi, come forma di liberazione, di esternazione del proprio io, abbattendo i vecchi modelli classici, chiusi all’innovazione. Palesa questa linea di pensiero nell’opera “Nascita del nuovo artista”. Qui infatti è raffigurato un uomo che esce fuori da una tela, si libera del vecchio per entrare nel proprio mondo pittorico, in cui non tutto è necessariamente quel che sembra essere. Il nuovo artista dunque non è più vincolato da stereotipi, restrizioni e scelte di mercato, ma è libero interprete delle sue ispirazioni, succube volontario delle sue emozioni. E’ anche grazie a uomini come lui che l’arte non muore; che molti giovani, magari disillusi e demotivati, trovano conforto nella pura e “semplice” espressione delle proprie emozioni. “Ora sono in pensione per lo stato ma non per l'arte” di Valentino Iovine Noi siamo ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo “27 luglio 2010. Torre Annunziata, vengono scoperte oltre seimila tonnellate di rifiuti tossici nascoste su un terreno agricolo coltivato. Sequestrato l'intero fondo, di circa due ettari, sul quale venivano coltivate frutta e verdura destinate alla vendita. L'interramento dei rifiuti speciali ha provocato l'avvelenamento della falda acquifera sottostante.” “20 agosto 2009. Le chiamavano navi a perdere, imbarcazioni da far inabissare nella profondità delle acque con il loro carico di rifiuti tossici. Scorie radioattive da smaltire illegalmente con un metodo che fruttava un giro di affari di milioni di euro alle cosche della ‘ndrangheta.” “Una scarsa attenzione quella che il Governo sta dimostrando nei confronti della Calabria, in seguito al ritrovamento della motonave. E non è ancora stato fatto nulla dallo Stato centrale per la caratterizzazione dei materiali contenuti e per individuare le altre imbarcazioni contenenti rifiuti tossici radioattivi, fatte affondare dalla criminalità a largo delle coste calabresi. Il presidente della regione Loiero: il governo non mostra interesse.” “Le consorterie mafiose, con la protezione di qualche politico, avrebbero barattato la salute dei calabresi per un po' di denaro, facendo del nostro mare una pattumiera di rifiuti radioattivi altamente dannosi. Forse non si sono resi conto che le conseguenze di questi danni non fanno eccezioni per nessuno.” Parole di un' indignata giornalista calabrese. Questi fatti di cronaca mi hanno sconvolto sicuramente più di altri, quali gli ossessivi casi di Sarah Scazzi o Yara; fors'anche più di fatti imponenti, importanti e di peso internazionale come la rivolta Libica, i cui risvolti si ripercuotono anche sulla nostra economia. Infatti, per quanto questi fatti perennemente sotto i nostri occhi possano riguardarci da vicino, nulla dovrebb'essere più importante per un qualsiasi cittadino dei problemi ambientali, soprattutto se direttamente colpevoli di abomini come quelli sopra citati. Siamo imprescindibilmente legati all'ambiente che ci circonda e dovremmo occuparcene così come ci occupiamo del nostro stesso corpo. Innanzitutto perché occuparci dell'ambiente significa occuparci della nostra salute e del nostro benessere, priorità assoluta per la nostra auto conservazione. E chi ci priva di ciò, non solo sta commettendo un reato contro l'ambiente e l'umanità, ma innanzitutto un mortale torto alla nostra persona. Chi credete abbia mangiato la frutta e gli ortaggi coltivati sul terreno di Torre? E non siamo forse ciò che mangiamo? Non viene ribrezzo a pensare a quali immonde sostanze possano annidarsi nel nostro organismo, introducendosi come quotidiano pasto, come “fresca e salutare frutta o verdura”? Per non parlare degli ignari bagnanti del Cosentino, per anni sicuri di gustarsi l'aria e le acque salubri delle magnifiche coste calabresi. Per anni, perché i rifiuti tossici sono rimasti lì per almeno una dozzina d'anni prima che le autorità se ne accorgessero.. Queste cose ci uccidono. Ci uccidono fisicamente, e a stento porgiamo ad esse la nostra attenzione, che è invece tutta focalizzata sulla cronaca, nera e rosa, trattata indistintamente con la cura morbosa e particolareggiata del gossip. Sono i segni di una società priva di idee, annoiata, che non vuole farsi gli “Scazzi” propri, impegnata a mettere il muso in affari che non li riguardano, invece di curarsi del proprio spazio vitale violato e violentato. Sono i mezzi di distrazione di massa, di cui siamo oltremodo succubi. Ma torniamo a Torre o nel cosentino. Chi è reo di cotanta folle strafottenza verso la vita? Fra tutte le piaghe della delinquenza organizzata, l'ecomafia è forse la più subdola e meschina, la più autodistruttiva ed incosciente. Coloro che commettono tali crimini davvero credono di non subirne le conseguenze? O forse il fruscio delle carte della zecca ha a tal punto ottenebrato la loro ragione da fregarsene? E' già oltre modo difficile sopportare l'inquinamento quotidiano e “normale”, l'aria di città, la spazzatura, l'artificiale che soffoca il naturale.. A questo proposito, credo sia interessante fare un lungo passo indietro, tornare ai primordi dell'industrializzazione, dove subito hanno avvertito questi sintomi di cui stiamo parlando, che oggi sono degenerati in malattia. Leggendo di artisti del passato o guardandone le opere, in particolare artisti dell'800', balza agli occhi una sensibilità per il mondo naturale che è assolutamente estranea all'uomo contemporaneo. Lungi dal farsi prendere da fascinose nostalgie, il dato importante riguarda la nostra incoscienza e mancanza di consapevolezza per quanto concerne il rapporto con la terra, la campagna, il mondo rurale e la sua assolutamente primaria importanza. Forse spesso ci sfugge dalla mente che i generi alimentari non nascono e crescono nei supermercati; non pensiamo alla lunga, forse troppo lunga storia che li ha fatti arrivare su quegli scaffali.. Totalmente sommersi e subissati dall'artificioso, la natura si è completamente smaterializzata dalla nostra vita. Per molte persone, in particolare nelle grandi città con vasti quartieri periferici sorti velocemente e senza un valido piano regolatore, la natura è cornice spettacolare di film o documentari di mondi irraggiungibili. Per tali persone anche solo l'insetto o la vacca sono apparizioni straordinarie, addirittura vagamente spaventose. Giuro che parlo per esperienza personale, nonostante non viva e non abbia mai vissuto in grandi città (ma la nostra ne ha, tristemente, alcuni connotati, naturalmente i peggiori). Inquinamento e dominio dell'artificiale costituiscono una malattia con cui ci siamo abituati a vivere. E l'abitudine ci ha fatto diventare insensibili. Così ora per noi sono più rassicuranti e piacevoli il cemento e l'asfalto che non la terra. L'ambiente cittadino è diventato la nostra culla e la nostra prigione. Culla, perché in città abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno e l'unico sforzo deve farlo il portafogli. Prigione, sia fisica che mentale, giacché se pure fossimo liberi di uscirne, difficilmente ne avremmo la forza. di Nello Iovine [Sir William] 8.9 è il numero che i giapponesi ricorderanno per sempre, quello della scossa più forte che si sia mai verificata nell’arcipelago del Sol nascente. E via, subito a pensare al rincaro dei prezzi del gas, all’abbassamento del costo del petrolio, alla questione nucleare, tutto chiaramente legittimo. Ma proviamo ad andare oltre. Quanto ci viene inculcato di una delle culture più stravaganti ed eccentriche del globo? Dando un’occhiata in giro fra i miei coetanei direi poco, molto poco. La globalizzazione ci mette in mano i loro Nintendo, distribuisce sulle nostre tv i loro anime (cartoni animati), ci impartisce lezioni di Budo, meglio note come arti marziali, ma quanto ci ha trasmesso del loro sapere questa globalizzazione che non sbaglieremmo a definire “americanizzazione”? Sono finiti i tempi in cui i paesi lontani venivano relegati con aria di sufficienza a patria di lussuria e dissoluzione, e la loro gente talora tacciata come retrograda e non civilizzata. Ed ora che sul Giappone pare si stia abbattendo l’apocalisse, ora che un paese già sconfitto dal nucleare più di sessant’anni fa parrebbe quasi soccombere sotto il segno della stessa maledizione, sembra giusto approfittarne per cogliere qua e là qualche informazione sul popolo del Sol Levante; e chissà che questo non ci stuzzichi tutti a saperne di più. Hokkaido, Shikoku, Honshu e Kyushu: queste le quattro culle di una cultura eclettica, un singolare mix fra Ponente e Levante. Basti pensare alla scrittura, di derivazione cinese, alla musica, tanto influenzata nel dopoguerra da Europa e America da dare vita al J Pop. Elementi di importazione che nulla hanno tolto a quei caratteri innovativi che hanno concepito nel tempo una tradizione tutta giapponese di ikebana, teatro, sport, architettura, cucina, istruzione, letteratura (non dimentichiamo che Genji Monogatari è stato più volte stimato come primo romanzo psicologico della letteratura mondiale). Che dire già solo del peculiare stile di vita ben incentrato sui rari concetti di ordine e rispetto, e quanto mai visibile dalle scene degli ultimi giorni: supermercati dagli scaffali pieni, ove l’anarchia regna, eppure ancora inviolati (se fosse successo in Italia probabilmente ci saremmo precipitati come avvoltoi), da non credere. Certo è che se subito dopo ci si ricorda che la pena di morte incombe minacciosa, con numeri da record, ordine e rispetto divengono valori ben più tristi oltre che palesemente condizionati. Ma per una volta proviamo a concentrarci su una sola faccia della medaglia, quella fatta ad esempio della stravagante cerimonia del tè. Altresì noto come Sado, tale rituale di preparazione e consumazione di té verde e amaro, viene appreso in vere e proprie scuole specializzate, per poi concretizzarsi nelle case giapponesi più tradizionaliste, in una stanza che aprendosi sul giardino (vera e propria oasi privata), permetta un vivo contatto con la natura. Già perché il culto dell’eden si fa vanto di essere una delle tessere che completano la varietà del mosaico artistico nipponico, con la sua progettazione ben studiata, oltre che la tradizione storica legata ai monaci, e che trova la propria ragion d’essere nell’intenso e sensibilissimo sentimento che vibra fra uomo e natura. Non è un caso d’altra parte che l’arte di curare bonsai, benché di derivazione cinese, abbia rintracciato il proprio habitat ideale in questa terra dal color verde brillante (la tinta dominante in Giappone, date le frequenti piogge); oppure che vi sia stata concepita una tecnica artistica della composizione floreale, autoctona e fantasiosa, la cosiddetta ikebana, di larga esportazione. Il risvolto pragmatico è la vera bellezza di un’arte che all’essenza filosofica e all’aspetto estetico, coniuga alle volte l’esigenza di isolarsi dal suo mondo fortemente industrializzato e aggrapparsi all’ancora della cultura. di Gabriella Rago Eco-compatibilità, fase 1: la presa di coscienza La parola “ambientalismo” non è mai stata ripetuta così tanto. Gli eventi degli ultimi mesi stanno facendo passare una mano sulla coscienza a tanti capi di stato, e gli uomini si stanno forse, finalmente, rendendo conto della precarietà in cui stiamo riducendo questo pianeta e le nostre vite. Ci sono tanti argomenti di cui parlare, non c’è bisogno di essere scienziati, perché sono problemi che riguardano tutti da vicino, senza alcun tipo di eccezioni, e soprattutto bisogna entrare in un’ottica più ampia, che non si limiti al solito “not in my garden”. È necessario che i cittadini di tutto il mondo prendano coscienza una volta per tutte di cosa significhi “eco-compatibilità”. Le tematiche, come già detto, sono infinite: l’ultima in ordine di tempo è il nucleare, con tutte le conseguenze che comporta (radioattività altissima nell’aria, nell’acqua, nel terreno, malattie). Bisogna però parlare anche di desertificazione, cementificazione del territorio, inquinamento dell’aria, delle falde acquifere, desertificazione dei fondali marini, OGM, surriscaldamento globale, stravolgimento della catena alimentare e tanto, troppo altro. Vivere in armonia con l’ambiente che ci circonda significa innanzitutto essere informati: cerchiamo quindi di accennare almeno qualcosa sugli argomenti appena citati: - Problema nucleare: tutti sappiamo quello che è accaduto in Giappone, ma soprattutto, gli occhi del mondo sono puntati sulla città di Fukushima, per i reattori scoppiati nella sua centrale nucleare. Ciò che è accaduto è stato di una gravità inaspettata e l’acqua versata per abbassare il livello della temperatura nei reattori è stata ovviamente contaminata dalle radiazioni ed in seguito scaricata nell’oceano. Si tratta di oltre diecimila tonnellate di acqua radioattiva, che contamineranno la flora e la fauna marina, provocando probabilmente mutazioni genetiche. Se una leggera nube radioattiva era giunta fino in Cile, proviamo ad immaginare cosa accadrà con diecimila tonnellate di acqua contaminata. Il Giappone è in ginocchio, e forse per questo molti paesi stanno facendo un passo indietro sul nucleare. Molti, tranne l’arrogante e stupida Italia, che continua a dispensare rassicurazione ai suoi cittadini. D’altronde, se ce lo dice la Prestigiacomo che il nucleare è sicuro, perché non crederci? Citando le parole del premio Nobel dott. Hermann Joseph Muller, possiamo comprendere quanto siamo piccoli di fronte alla potenza della natura, nonostante la scienza e le nuove tecnologie:“Il patrimonio genetico è il bene più prezioso dell’ essere umano. Esso determina la vita dei nostri discendenti, lo sviluppo sano ed armonioso delle generazioni future. In qualità di esperti, noi affermiamo che la salute delle future generazioni è minacciata dallo sviluppo crescente dell’ industria nucleare e dalle fonti di irraggiamento nucleari.” Ciò che si può aggiungere, sono i numerosi dati che ormai rimbombano dappertutto, a partire dai siti internet come www.fermiamoilnucleare.it , il sito del Comitato nazionale “vota si per fermare il nucleare” che ha lanciato il referendum con l'obiettivo di raggiungere 25 milioni di firme. Gli argomenti contro il nucleare e a favore delle energie alternative sono anche troppi per continuare a dubitare, è necessaria una rivoluzione energetica che modifichi i nostri stessi stili di vita in modo da renderli più compatibili con l’ambiente che ci ospita. - “Inquinamento” è un termine troppo vago: si può parlare di inquinamento delle acque, della terra, dell’aria, perfino di inquinamento acustico e visivo. Parlando brevemente del problema nucleare, abbiamo potuto notare come sopraggiunga immediatamente il problema dell’inquinamento, della contaminazione del territorio in cui viviamo noi e la fauna e la flora di cui ci cibiamo: falde acquifere inquinate che vanno ad irrigare terreni inquinati, che ci donano frutta e verdure contaminati. Oceani e mari distrutti da petroliere affondate, da contaminazioni radioattive, da rifiuti prodotti dall’uomo, in cui vive una fauna di cui però noi ci cibiamo! Non possiamo restare immobili a chiederci da dove arrivino questo aumento di tumori e di malattie genetiche. Noi siamo quello che mangiamo, e quello che mangiamo, oggi, è frutto del nostro stesso comportamento verso il mondo in cui viviamo. L’uomo non può continuare a produrre senza smaltire, ecco perché un’era di infinita produzione deve per forza concludersi in un’era del riciclo, del buon senso: è quella in cui dovremmo trovarci noi. Dovremmo riciclare e differenziare di più e produrre e consumare di meno. Ma queste, in molti paesi, restano ancora parole vane senza un’eco effettiva e concreta. - La desertificazione del territorio avviene in vari modi: per processo naturale (ciò che è avvenuto per aree del pianeta come il deserto del Sahara,del Gobi e altri) oppure per fattori esterni, artificiali: l’uomo. L’essere umano, in principio l’uomo occidentale, per potersi creare sempre più spazio, iniziò con lo sterminare tutti i popoli indigeni ed occupare i loro territori, poi passò alla distruzione di piccoli boschi, per costruire i propri accampamenti, poi aree sempre più vaste, per i propri palazzi, fino alla distruzione di centinaia di ettari di foreste, per le abitazioni, le fabbriche,i negozi, i centri commerciali...Così, oggi, più che di desertificazione in senso ampio, si parla di “cementificazione”, che poi è anche la desertificazione definitiva, una vera condanna a morte: quel terreno coperto di cemento non sarà mai più fertile, nemmeno tra centinaia di anni. Le conseguenze della desertificazione sono meno immediate. Nel caso della foresta Amazzonica, si parla di distruzione del polmone della terra, quindi meno ossigeno per tutti, e considerando che la popolazione continua a morire sempre più tardi, siamo sempre di più a respirare. Poniamo il caso che l’Italia debba un giorno trovarsi di fronte ad una grave crisi economica e ad un ritorno al settore primario: moriremmo di fame, perché non avremmo terreni da coltivare, grazie agli imprenditori, ai costruttori e ai consumatori affamati. Tutto cementificato, tutto morto per sempre, tutto sotterrato da autostrade ed enormi edifici in acciaio e cemento armato. E’ chiaro che queste poche grandi problematiche citate hanno un peso enorme nella nostra vita e in quella delle generazioni future; dunque, anziché pensare ad un guadagno immediato per pochi, sarebbe più intelligente immaginare un futuro più sano per tutti! La folle corsa distruttiva che questa società consumistica sta affrontando è, alla fine, solo contro se stessa. di Michela Landi