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Capitolo
8
Ottica geometrica
1. Come si riflette la luce?
Cosa è la luce?
Spiacente: per il momento non risponderemo a questa domanda. Invece di dire
cosa la luce sia, ne analizzeremo dapprima il comportamento, utilizzando un
modello a raggi luminosi. Risponderemo piuttosto alla domanda: “come si
comporta la luce?”. L’esperienza mostra che sotto certe condizioni è possibile
descrivere quello che fa la luce attraverso le assunzioni seguenti:
1) supporremo di poter isolare un componente elementare della luce, un
fascio infinitesimo che chiameremo raggio luminoso, e penseremo alla
luce come decomponibile nei suoi raggi.
2) immagineremo che esistano delle sorgenti di luce puntiformi dalle quali
si dipartono raggi di luce in tutte le direzioni.
3) assumeremo che ogni punto di una sorgente di luce estesa sia una
sorgente puntiforme.
SORGENTE ESTESA
CHE EMETTE
Come possiamo classificare le sorgenti luminose?
Le sorgenti luminose estese, possono essere primarie o secondarie, ed il modello a
raggi si applica ad entrambi i casi. Possiamo immaginare che ogni punto di una
lampadina sia una sorgente puntiforme, così come possiamo farlo per ogni punto
di una foglia che diffonde la luce ricevuta.
Le sorgenti primarie sono quelle che producono luce esse stesse, e possono farlo:
CORPO ESTESO
CHE DIFFONDE
1
- per incandescenza: si tratta dell’irraggiamento termico che ha luogo quando la
temperatura del corpo supera i 700 °C , (la superficie del sole Sole, 6000 °C , il
filamento di una lampadina, 2200 °C , un ferro rovente)
raggio
incidente
i r
A ria
i r
raggio
riflesso
- per luminescenza: è prodotta dall’eccitazione delle molecole di un corpo
sottoposto ad un campo elettrico, dall’urto di elettroni, per effetto
dell’assorbimento di radiazioni (le lampade a fluorescenza, tubi al neon, i LED,
la luce laser)
Le sorgenti secondarie non producono luce ma diffondono tutt’intorno la luce
che cade sulla loro superficie emessa dalle sorgenti primarie. Un quadro, una
foglia, il cielo stesso con il suo colore azzurro sono tutte sorgenti secondarie.
Quando la luce riesce ad attraversare una sorgente secondaria diremo che essa è
trasparente, altrimanti si dice opaca.
Cosa succede ad un singolo raggio che incide su di una sorgente secondaria?
Ogni raggio incidente su di una sorgente secondaria opaca ne produce un altro
deviato rispetto alla direzione originale. In prossimità del punto dove il raggio incide
la superficie dell’oggetto può essere considerata una porzione di piano, dato che
qualunque irregolarità si presenta su di una scala maggiore di quella individuata dal
raggio, che è per definizione un pennello di luce infinitesimo.
Le due direzioni del raggio entrante e di quello uscente sono legate dalla:
Legge della riflessione
Il raggio incidente e quello riflesso si trovano nello stesso piano, che contiene
anche la retta normale, cioè la perpendicolare al punto di incidenza. L’angolo
di riflessione r è uguale all’angolo di incidenza i
A
Cos’è un retroriflettore?
Abbiamo visto che incidendo con un raggio luminoso su di una superficie liscia,
questo non torna indietro verso di noi, ma la sua direzione viene deviata
secondo la legge della riflessione. Torna utile tuttavia costruire un dispositivo in
i i
grado di invertire di 180° la direzione del raggio di luce. Questo si realizza
attraverso due specchi posti a 90° che impongono al raggio di luce di effettuare
due riflessioni consecutive in modo da far emergere il raggio finale parallelo a
quello iniziale, qualunque sia l’angolo di incidenza. Come si ricava dalla figura
infatti, il raggio incidente forma l’angolo i con la normale allo specchio AB ,
B
ed analogamente il secondo raggio riflesso forma un angolo i con lo specchio
90  i
BC , che è parallelo alla normale ad AB . Poiché i due raggi formano lo stesso
i i
90  i
angolo con due direzioni parallele, devono essere paralleli. Il fenomeno è simile
90  i
al lanciare una palla di biliardo contro un angolo e vederla tornare indietro
i
parallela. Il retroriflettore trova applicazione nei catarifrangenti sul retro delle
C auto, (costituiti da tante cellette retroriflettenti) oppure nei cartelloni stradali. In
tutti questi casi al guidatore torna indietro il segnale luminoso di un ostacolo, di
un cartello, di un altro veicolo, qualunque sia l’angolo con cui la luce dei fari
della sua auto vi incide sopra. La stessa idea è sfruttata nelle cellule
fotoelettriche, per rinviare indietro il segnale luminoso che giunge da una
sorgente, (ad esempio quelle che servono per tenere aperta la porta di un
ascensore).
2
Come funziona la tecnologia Stealth?
Sul principio della retroriflessione si basa anche il dispositivo di localizzazione noto
come radar. Ad intervalli regolari, un trasmettitore emette un impulso di un tipo di
luce invisibile all’occhio umano, detto microonde1. Un ricevitore rimane in ascolto di
eventuali riflessi di questa luce invisibile. Se vi è un bersaglio, ad esempio un aereo,
le parti dell’aereo che formano angoli retti funzionano come retroriflettori. Le
maggiori riflessioni si hanno nei bordi d’attacco delle ali, nell’abitacolo ed i suoi
montanti, i piani di coda, nelle prese d'aria ed in corrispondenza dei motori. In
questo caso l'impulso trasmesso viene riflesso e quindi ritorna all'antenna ed
elaborato dal ricevitore. Una tecnologia sviluppata negli anni ’80, nota come Stealth
(in inglese “furtivo”) permette di costruire velivoli, navi o missili che risultino
invisibili al radar eliminando il più possibile proprio gli angoli retti.
Il più famoso degli aerei che sfruttano la tecnologia Stealth è l’F-117, apparso negli
anni ’80, che presenta superfici sfaccettate ad angolo ottuso e la coda a farfalla allo
scopo di evitare qualsiasi inclinazione di 90° che farebbe da retroriflettore. Un
esperimento condotto negli anni ’70 richiedeva una conoscenza assai precisa della
distanza Terra-Luna, e la misura venne effettuata proprio misurando il tempo di
andata e ritorno impiegato da una luce laser che incideva su di un retroriflettore
lasciato sulla Luna dagli astronauti durante le missioni spaziali.
Si tratta di onde elettromagnetiche cui lunghezza d’onda va dal millimetro fino ad una trentina di
centimetri.
1
3
2. Lo specchio piano e le immagini virtuali
Cosa succede ad un fascio di raggi paralleli che incide su di una sorgente secondaria?
Quando la superficie di incidenza è molto regolare, come ad esempio quella di
un metallo lavorato, accade che le normali in tutti i punti dove incidono i raggi
sono parallele. In questo particolare caso se sulla superficie incide un fascio di
raggi tutti paralleli essi vengono deviati tutti nella stessa diresione ed anche i
raggi riflessi sono fra loro paralleli e si dice che ha avuto luogo una riflessione
speculare. Se viceversa le normali non sono parallele perché la superficie
presenta irregolarità, un fascio di raggi paralleli viene riflesso in un fascio di
raggi che non sono più fra loro paralleli. Si parla allora di riflessione diffusa o
diffusione.
Metallo
RIFLESSIONE: LE NORMALI
SONO TUTTE PARALLELE, UN
FASCIO PARALLELO VIENE
RIFLESSO ANCORA
PARALLELO
Cos’è un’immagine virtuale?
E’ una immaginaria riproduzione nello spazio delle posizioni di tutte le
sorgenti puntiformi che costituiscono un oggetto. In una sorgente secondaria
lavorata in modo da produrre riflessione speculare (in uno specchio si fanno
depositare dei vapori di metallo su di uno strato di vetro in modo da ottenere
uno spessore molto liscio ad esempio di alluminio) i raggi riflessi che
provengono da un unico punto hanno un’importante proprietà. Quando
prolunghiamo idealmente tutti i raggi provenienti da uno stesso punto S della
sorgente osserviamo che s’incontrano tutti in un secondo punto S  che si trova
al di là della superficie riflettente. Per l’occhio dell’osservatore, allora, è come se
i raggi riflessi provenissero da una sorgente fittizia situata in S  . Dato che
questo ragionamento può ripetersi per ogni punto dell’oggetto, il cervello vede
un’immagine al di là della superficie riflettente, una sorta di replica dell’oggetto
che però non esiste nella realtà. Ad essa si dà il nome di immagine virtuale,
intendendo con ciò che in ognuno dei punti S  non c’è effettivamente luce, e che
l’immagine esiste solo in presenza dell’osservatore.
Legno
DIFFUSIONE: LE NORMALI
HANNO DIREZIONI
CASUALi, UN FASCIO
PARALLELO VIENE
RIFLESSO CHE NON È PIÙ
PARALLELO
S
Metallo
S
4
Legno
Come si trovano le coordinate dell’immagine in uno specchio piano?
Ogni punto S’ dell’immagine virtuale si trova alla distanza dal piano dello specchio
del punto S da cui è originato. Con riferimento alla figura dobbiamo dimostrare che
dO  di .
S
dO
 
A
di
90  
90  

B
Metallo
S
Consideriamo i triangoli SAB ed S’AB: sono rettangoli ed hanno il lato AB comune.
ˆ  S BA
ˆ in quanto entrambi complementari dell’angolo di
Poiché si ha che SBA
incidenza  , ne segue che i triangoli considerati sono congruenti, da cui
l’uguaglianza:
dO  di
detta equazione dello specchio piano.
Lo specchio piano inverte destra e sinistra?
1) Se osserviamo la nostra immagine riflessa ruotando lo specchio attorno alla
direzione normale, l’immagine non cambia. Ne concludiamo che lo specchio è
simmetrico rispetto alla sua normale. Dato che non possiede particolari proprietà
nella direzione orizzontale rispetto alla verticale, non è allora possibile che tratti
diversamente destra e sinistra rispetto a quanto fa con l’alto e basso.
2) Apparentemente lo specchio posto in verticale “inverte” la destra con la sinistra
ma non l’alto con il basso. Tuttavia se adagiamo orizzontalmente lo specchio sul
pavimento, sotto ai nostri piedi, ecco che la nostra immagine appare capovolta anche
rispetto all’alto e basso.
3) C’è un’ambiguità su cosa intendiamo per destra e sinistra. Se scegliamo uno stesso
sistema di riferimento per la sorgente e per l’immagine appare chiaro che lo specchio
non inverte alcuna direzione. Quando puntiamo un dito in alto anche la nostra
immagine lo punta in alto, quando puntiamo un dito verso destra il nostro gemello
riflesso fa lo stesso. Ne concludiamo che quando affermiamo che l’immagine inverte
destra e sinistra in realtà ci figuriamo al posto dell’immagine e facendo ciò stiamo
implicitamente cambiando verso nella direzione orizzontale del sistema di
riferimento.
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A
A
B
B
A
A
h1
h2
B
B
E allora quale trasformazione opera lo specchio piano?
Se potessimo attraversare lo specchio e sovrapporci alla nostra immagine portando il
nostro orecchio destro a sovrapporsi a quello corrispondente nell’immagine,
avremmo il naso in corrispondenza del retro della testa del nostro gemello
speculare. Questo significa che lo specchio non inverte né la destra con la sinistra né
l’alto con il basso ma inverte lungo la direzione normale allo specchio. Dalla legge
della riflessione sappiamo infatti che un punto A e la sua immagine corrispondente
A , oppure B e B  in figura, hanno uguale distanza dal piano dello specchio, e
quindi il naso dell’immagine è più vicino a noi del retro della sua testa. Ne
concludiamo che non è il nostro riferimento sinistra-destra ad essere cambiato ma lo
specchio ha invece invertito lungo la direzione normale, portando avanti il naso ed
indietro i capelli. Poiché però ci è impossibile figurarci “spiaccicati al contrario”
commettiamo l’errore di impersonare il ruolo della nostra immagine e così facendo
inavvertitamente cambiamo il riferimento credendo che destra e sinistra siano state
invertite.
Quanto deve essere lungo il più piccolo specchio che permetterci di vedere tutta la faccia?
Per poter vedere il nostro punto più alto (A in figura), cioè la sommità della testa, il
bordo alto dello specchio deve trovarsi a metà strada fra gli occhi e sommità del
capo. Analogamente, per vedere il punto più basso (B in figura), il mento, il bordo
inferiore dello specchio deve stare a metà strada fra l’altezza degli occhi e quella del
mento. Pertanto se la faccia è alta h1  h2 la dimensione dell’immagine intercettata
dalla nostra faccia sul piano dello specchio (zona rossa in figura) è alta 12 h1  12 h2
cioè la metà dell’altezza della faccia, e questa è la dimensione minima che deve avere
lo specchio per riflettere tutta la faccia. Questa proprietà non dipende dalla distanza
che la faccia ha dallo specchio e può essere facilmente verificata tracciando il
contorno del nostro viso riflesso su di uno specchio appannato ed osservandone le
dimensioni.
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3. Lo specchio sferico
Lo specchio concavo piega di più i raggi, e quindi la luce della parte alta
dell’oggetto, per giungere all’osservatore deve colpire lo specchio molto
distante dal punto dove invece colpisce la luce che viene dalla parte bassa.
L’osservatore ricostruisce quindi un’immagine ingrandita
QUESTO RAGGIO
NON GIUNGE
ALL’OSSERVATORE
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