Untitled - Basilica Santuario S. Antonio

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on pare che ci siano stati incontri diretti tra Sant’Antonio di
N
Padova e l’Islam, tuttavia il destino – o meglio la vocazione francescana – di Fernando de Bouillon, questo il nome di battesimo del
nostro Santo, prende una svolta importante e significativa a seguito
di un episodio di eroismo e di martirio nel quale l’Islam c’entra ed
ha avuto un ruolo determinante.
Dobbiamo risalire agli anni nei quali il giovane Fernando decide di
entrare nell’Ordine agostiniano. Aveva 17 anni quando fece il suo
ingresso nel convento di santa Cruz, dei chierici Regolari di S. Agostino. Lì conobbe un ambiente dove sarebbe convissuto con una
grossa comunità di circa 70 membri per il corso di 8 anni, dal 1212
al 1220. Anno probabilmente della sua ordinazione sacerdotale.
Furono anni importantissimi per la formazione umana e intellettuale del Santo, il quale, poteva fare affidamento su valenti maestri e
su una ricca e aggiornata biblioteca.
Fernando si dedicò completamente allo studio delle scienze umane
e teologiche, concentrandosi sempre più sulle verità rivelate. Gli
anni trascorsi a Santa Cruz di Coimbra lasciarono una traccia
profonda nella fisionomia psicologica e nell’iter esistenziale del futuro apostolo. Da Coimbra uscirà uomo maturo. La sua cultura teologica, nutrita di Bibbia e di tradizione patristica, aveva raggiunto
uno stadio definitivo.
Fu a questo punto della formazione umana e sacerdotale di Fernando quando giunsero in Portogallo e precisamente in Coimbra, ospiti nel convento degli agostiniani cinque frati di Francesco d’Assisi.
Avevano in progetto una grande missione, affidata loro proprio dal
Poverello di Assisi: predicare il vangelo in terra di Islam e convertire alla vera fede i musulmani del Marocco «Figlioli miei, il Signore
mi ha comandato di mandarvi alle terre dei Saraceni a predicare,
a confessare la sua fede e a combattere la legge di Maometto.
Orsù, dunque, figlioli, preparatevi a compiere la volontà del Signore». Dopo qualche giorno i frati proseguirono il viaggio per adempiere la loro missione. Ma le cose non andarono secondo programma. In Marocco la loro predicazione fu interrotta, portati davanti alle
autorità e davanti al re, subirono un processo e resistettero alle
lusinghe e agli inviti a convertirsi all’Islam. La loro resistenza e il loro
attaccamento a Cristo indispettirono il re, il quale, acceso d’ira,
ordinò che gli portassero la spada e presala con le sue proprie mani,
spaccò loro la testa, proprio nel mezzo della fronte. I santi martiri
subirono così il loro martirio il 16 maggio del 1220.
Il nostro Fernando apprese la tragica fine dei frati di S. Francesco e
ne rimase turbato e nello stesso tempo affascinato dalla loro resistenza e dall’attaccamento al Signore e
alla vera fede. Cominciò a maturare il
desiderio di seguire l’esempio di quei
coraggiosi frati e soprattutto prenderne
il posto per continuare la loro missione. Quando poi i resti mortali dei martiri francescani, raccolti dai cristiani,
giunsero in Coimbra, dove furono collocati nella chiesa agostiniana di santa
Cruz, proprio quella dove stava il giovane Fernando, la decisione giunse a
maturazione e divenne irrevocabile.
Chiese ed ottenne di lasciare i Canoni-
ci regolari di sant’Agostino per abbracciare l’ideale francescano, nella convinzione che l’anelito missionario e il desiderio del martirio
potessero realizzarsi.
Per l’occasione, abbandona anche il vecchio nome di battesimo per
assumere quello di Antonio, l’eremita egiziano titolare del romitorio
di Santo Antao dos Olivãis presso cui vivevano i francescani. Dopo
un breve periodo di studio della regola francescana, Antonio sembra pronto per la missione. Dopo un breve periodo di studio della regola francescana, Antonio parte alla volta del Marocco. Antonio tuttavia non poté dare corso al suo progetto di predicare perché cadde preda di una non meglio specificata malattia tropicale.
Dal porto di Ksar-el-Kebir: Antonio, accompagnato e sorretto dal
confratello Pietro da Lisbona, chiese di essere imbarcato su una
caravella che fa vela per la Spagna. Contrariamente ad ogni aspettativa il giovane monaco è trattato con ogni riguardo dal capitano,
ma il viaggio era sfortunato ed all’infermità successe il naufragio:
arrivarono così sulle coste della Sicilia completamente in fiore: era
fine aprile, quasi maggio! I viaggi del tempo avevano di queste
incognite.
Un francescano laico di nome Giovanni, ex soldato di Federico II,
convinse i confratelli che Dio stesso li avesse guidati in Italia, perché partecipassero al Capitolo di Pentecoste, alla Porziuncola, così
i missionari mancati si misero in cammino per quello passato alla
storia per il “capitolo delle stuoie” perché gli intervenuti erano
tanti, che non fu possibile ospitarli tutti, ma si disposero delle
stuoie all’aperto per farli riposare!
In questa circostanza probabilmente si incontra con S. Francesco,
ma non si hanno notizie certe. Di certo c’è invece l’incontro con
padre Graziano, provinciale di Montepaolo in Romagna, che gli
propose di seguirlo. A Forlì Antonio per un certo periodo fece l’eremita, tacendo d’essere un sacerdote e chiedendo d’essere adibito ai servizi più umili. Nella primavera 1222 però, sentendo
discutere i confratelli dell’eresia catara, interviene quasi senza
accorgersene. È la sua prima predica, che ha un enorme successo: non solo in pochi anni egli ha imparato benissimo tutti i dialetti
locali, ma sa citare l’intera Bibbia a memoria… che per un’ordine
povero è una gran comodità! Da allora inizia la sua vicenda di predicatore itinerante. che lo porta a Rimini, dove converte Bonillo col
famoso miracolo della mula.
P. Vito Magistro Rcj