pense marave ee - Pense e Maravee

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pense marave ee - Pense e Maravee
Direttore responsabile Federico Rossi_ _Redazione: Sergio Gollino, Paolo Isola, Irma Londero, Piera Londero, Gianni Tonetto, Roberto
Urbani_ _A questo numero hanno collaborato: Lorenzo Londero, Maria Copetti, Jessica Bellina, Sandro Venturini, Sandro Cargnelutti, Alberto Barel e tanti altri amici_ _A tutti un sentito grazie!_ _Aut.Tribunale di Udine 10/92 del 6/4/1992_ _Stampato su carta
riciclata presso: Rosso Grafica e Stampa via Osoppo 135 - Gemona del Friuli_ _Proprietà: Associazione culturale Pense e Maravee,
via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - UD_ _Consegnato in Tipografia il 20/10/2008_ _Tiratura: 5.250 copie_ _Distribuzione gratuita_
PTL/OMF/PMP/726/08
http://www.pensemaravee.it
[email protected]
ottobre 2008
68
Periodico
bimestrale
di cultura,
informazione
e dibattito
17 10 2008
PENSE EMARAVE E
Anno 17 - n. 4
sommario
Aree degradate da
Energia, Rubbia riceve abbandono di rifiuti a C’era una volta il
il premio Gamajun
Gemona
Niderlech
Il Sfuei:
Educarsi all’accoglienza
50 anni di pallacane- e all’azione non viostro a Gemona
lenta
Ce ur lassìno ?
ENERGIA
2
Al sole non si
paga la bolletta
Ce ur lassìno?
Cosa lasciamo loro?
un interrogativo che
dobbiamo porci: cosa
lascia questa generazione ai
propri figli ora che i problemi emergono in tutta la loro
complessità, ora che i vecchi
strumenti risultano inadeguati a trovare soluzioni.
Ognuno ormai è consapevole
che i grandi problemi attuali
- il degrado ambientale, i
rifiuti, le crisi energetiche, la
distribuzione ineguale delle
risorse,…- ci riguardano da
vicino, non sono “altro e
distante”.
Questa consapevolezza ci
induce a credere che solo
l’impegno nella conoscenza,
la rigenerazione del senso
civico, della solidarietà e
della responsabilità, potrà
essere il lascito per le generazioni future.
Questi aspetti sono stati sottolineati anche da Carlo
Rubbia, premio Nobel per la
fisica, che è stato ospite del
Laboratorio Internazionale
della Comunicazione.
Rubbia ha affrontato i temi
cruciali dell’ambiente, dell’energia, della ricerca, con
uno occhio di riguardo proprio per le generazioni future: “il problema dell’energia
è nella testa di tutti, ma
soprattutto nella testa dei
giovani, perché sono loro
che dovranno porsi la
domanda «che cosa succederà quando non si potranno
E’
più sfruttare le sorgenti fossili o perché non saranno più
sufficienti o perché il disastro che hanno procurato
all’ambiente è diventato
eccessivo?».
“La società di oggi ha bisogno di una visione nuova, e
tutti abbiamo una tremenda
responsabilità verso le generazioni future. Questo è un
problema che non possiamo
trascurare.”
Sergio Zavoli ha concluso
l’incontro affidando, anche
lui, la speranza ai giovani,
come rappresentanti di tutte
le
nuove
generazioni:
“Gemona è in questi giorni il
luogo della gioventù ... L’auspicio è che questi giovani
tornino nelle loro case portando con sé i semi di questa
esperienza perché, giunti nei
rispettivi paesi d’origine
possano dare nuovi frutti”.
Ed è a Gemona che anche
noi guardiamo: quale futuro
stiamo preparando per i
nostri figli?
La foto in copertina potrà
restare un ricordo, solo se
sapremo fare OGGI scelte
determinanti che riguardano
la gestione del territorio, la
gestione dei rifiuti, il nostro
modo di vivere; solo se riusciremo a diventare cittadini
attivi e consapevoli, se
sapremo ridare valore alla
politica, come gestione del
bene comune.
Studenti in visita alla mostra-laboratorio de LaREA “EnergEticaMente” organizzata da Pense e Maravee e Legambiente nel Parco di Via Dante
Il Nobel Carlo Rubbia al Lab 2008
intervento di Carlo Rubbia si inseriva nel tema
dell’energia, con tutte le problematiche ad esso connesse,
ed ha fatto da filo conduttore
a numerosi incontri e convegni proposti dal Laboratorio
Internazionale della Comunicazione.
Il fisico italiano da anni si
dedica alla ricerca di forme
energetiche alternative a
quelle tradizionali e allo studio dei problemi derivanti
dallo smaltimento delle scorie definite “vergogne” dell’energia nucleare, “delle
vere e proprie bombe ritardate, dimenticate, sprofondate
in sarcofagi di acciaio e nel
nostro rimosso.” Nella sua
febbrile ricerca di un’energia
sicura, rinnovabile e pulita,
Carlo Rubbia guarda al sole e
al suo calore inesauribile: il
petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento mentre “il sole non è
soggetto a monopoli. E non
paga la bolletta.”
I campi di studio in cui Rubbia è coinvolto sono molteplici, ma è sul fronte dei mutamenti climatici, che pone
maggiore attenzione perché
ricorda: “la quantità di energia che viene consumata continua a crescere. Non era mai
successa una cosa del genere
nella storia del pianeta e non
sappiamo esattamente cosa
accadrà. Ci troviamo dentro a
un esperimento. Purtroppo
siamo proprio dentro ad una
immensa provetta. Se ci andrà
male andrà male a tutti.”
Nel suo faccia a faccia con i
corsisti del Lab e i numerosi
gemonesi convenuti, ha
affrontato specificamente il
tema del nucleare, proponendo un’alternativa a quello
basato sull’uranio. Secondo
Rubbia andrebbe incentivata
una seria sperimentazione
nucleare basata sull’utilizzo
del torio, elemento diffusissimo in natura, privo di applicazioni militari e che produce
scorie che decadono nell’arco
di poche centinaia di anni.
L’
La vera risposta alla fame di
energia può venire solo attraverso il solare termodinamico, nuovo tipo di applicazione enormemente più efficace
e pulita. Rubbia ha parlato dei
“numeri” dell’energia ricavata dal sole, fonte energetica
che lui considera “carta vincente del futuro”: “200x200
km quadrati di superficie
soleggiata – coperti da appositi specchi parabolici – accumulerebbero la stessa quantità di energia che oggi esiste
complessivamente
sulla
Terra”, “Noi paesi sviluppati
dovremmo avere la responsabilità di dare ai paesi in via di
sviluppo la soluzione a questi
problemi, in realtà questa
ricerca tecnologica non avanza perché i paesi sviluppati
hanno altre forme più piacevoli come petrolio o gas naturali per produrre energia.”
Carlo Rubbia ha poi espresso
la sua posizione riguardo i
progressi della ricerca in contrapposizione con gli avvicendamenti del potere politico in Italia: “Se c’è un argomento su cui c’è bisogno di
un accordo tra le diverse
forze politiche è quello della
ricerca, per garantirne la continuità. Se le alternanze politiche finiscono con l’influire
su questa continuità si creano
dei danni gravi, anche perché
i ricercatori hanno una grande
mobilità e quindi si recheranno nel posto dove hanno la
possibilità di fare le migliori
ricerche, non spinti dai soldi,
ma dalla possibilità di eccellere nei loro campi di ricerca.” “In Spagna hanno deciso
di mantenere in tutti i campi
l’investimento di spesa
costante, tranne nella ricerca
dove hanno voluto investire il
15% in più. Lo stesso in Svizzera, Francia, Germania,
Cina. In Italia no, e dobbiamo
domandarci perché. Se ad
ogni cambio di governo si
rimette tutto in discussione e
si effettuano tagli non è un
processo che avviene nell’interesse del Paese.”
3
SCOVACIS
La gestione dei rifiuti: il punto
Resoconto del seminario
l seminario è stato organizzato da Pense e Maravee e
Legambiente, a un anno
dal precedente seminario,
con l’obiettivo di fare il
punto della situazione ed
essere informati sulle proposte future. Riportiamo in sintesi gli interventi dei relatori.
I
Michele Bernard (Legambiente FVG). Ha presentato
il quadro generale della
gestione integrata dei rifiuti
nelle diverse province della
Regione. Ha espresso il
compiacimento di Legambiente perché la raccolta differenziata spinta, vecchia
battaglia dell’associazione
ambientalista, ha ormai un
consenso istituzionale molto
ampio in Regione. Ha rimarcato invece che l’obiettivo
della prevenzione ovvero
della riduzione della produzione dei rifiuti è ancora
poco dibattuto e praticato.
Paola Schiratti (Membro
della
Commissione
ambiente della Provincia
di Udine). Ha informato sul
ruolo della Provincia nella
gestione dei rifiuti e inoltre
sulle buone pratiche da
attuare per ridurli, per organizzare la raccolta differenziata spinta, per smaltire in
sicurezza considerando le
nuove tecnologie. Si è soffermata sull’importanza di
una informazione trasparente e la necessità di verifica di
quanto la Provincia ha
espresso nei suoi programmi. Ha richiamato la necessità di rifarsi alle politiche e
ai metodi dell’Unione Europea nella gestione dell’ambiente.
Ivo Del Negro, Presidente
della Comunità Montana.
Ha informato il pubblico che
la Comunità Montana del
Gemonese Canal del Ferro e
Val Canale che gestisce il
servizio di raccolta dei rifiuti urbani per conto di 14
Comuni della Comunità
(esclusa Forgaria) in collaborazione con la società
A&T 2000 di Codroipo, si è
fatta promotrice, del sistema
di raccolta chiamato “porta a
porta integrale” e su questo
progetto ha chiesto l’adesione dei Comuni che dovranno
esprimersi in proposito.
Renato Turello, Presidente
di A&T2000 (società partecipata da 29 Comuni del
medio Friuli). Ha presentato
il modello di raccolta porta a
porta e i risultati raggiunti
nel suo territorio. L’esperienza ha coinvolto 6 Comuni del Codroipese a partire
da novembre del 2007; in
tutto 46.000 abitanti. E’ previsto il coinvolgimento di
altri 10 Comuni dal novembre 2008 ed entro il 2009 il
servizio sarà esteso a quasi
tutti i Comuni del bacino di
A&T 2000 (129.000 abitanti). Nel riquadro trovate le
caratteristiche del servizio e
i risultati raggiunti.
Lucio Copetti, Assessore
del Comune di Gemona.
L’intervento
richiestogli
riguardava la situazione del
nuovo centro di Via San
Daniele
(ecopiazzola).
L’Assessore ha informato
che il nuovo centro di raccolta è stato completato nel
settembre 2006. Da allora
l’Amministrazione si è attivata per ottenere l’autorizzazione all’avvio del servizio da parte della Provincia,
ma per vari motivi di carattere amministrativo e legislativo non è mai stata ottenuta. Nel frattempo la Giunta ha inserito apposite poste
in bilancio da utilizzare per
attività di sensibilizzazione
e per il miglioramento dell’area di ricezione anche
mediante uno studio di fattibilità. Il Decreto Ministeriale dell’8/4/2008 ha finalmente chiarito le modalità di
autorizzazione e gestione
dei centri di raccolta demandandole al Comune. Si tratterà ora di chiarire (un quesito è già stato inviato alla
Regione) se la gestione
potrà essere esercitata dal
Il modello "porta a porta"
introdotto da A&T 2000
Modalità di raccolta: porta a porta con eliminazione dei cassonetti e degli altri contenitori stradali e assegnazione a ciascuna utenza di contenitori individuali
Rifiuti raccolti:
a) riciclabili: organico umido, carta/cartone, vetro, imballaggi in plastica e lattine,
b) non riciclabili: secco residuo
Flessibilità del servizio: sono possibili “personalizzazioni”
per le esigenze delle grandi utenze (condomini, aziende,
scuole, ecc.)
Equità: chi necessita di servizi aggiuntivi, li può attivare a
pagamento
Costi: drastica riduzione dei costi di smaltimento e quindi
stabilizzazione dei costi complessivi del sistema (non viene
aumentato il costo del servizio)
Punti di forza del sistema di raccolta "porta a porta"
rispetto a quello tradizionale (a cassonetto):
Maggiore recupero di materiali e quindi minor spreco di
risorse
Maggiore qualità dei rifiuti riciclabili recuperati e quindi
maggior valore dei prodotti conferiti
Minor ricorso a discariche e/o impianti di incenerimento
Inoltre si assiste a una presa di coscienza da parte delle
famiglie di quali e quanti rifiuti si producono che si traduce
spesso anche in una maggiore attenzione negli acquisti
(prevenzione).
Risultati operativi nel 1° semestre 2008
77% di raccolta differenziata con materiali effettivamente avviati a recupero;
purezza dei materiali: umido, carta e vetro >95 %,
imballaggi in plastica + lattine: >85%;
rifiuto indifferenziato(secco residuo): ridotto a un quarto
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Comune stesso o da privati
autorizzati.
Novità e aggiornamenti
Presidente della Comunità
Montana: “Si sono già svolti
degli incontri tecnici nei
Comuni che hanno manifestato l’interesse per la nuova
modalità di raccolta. Agli
incontri ha partecipato anche
la società A&T 2000. La
Comunità Montana ha convocato inoltre tutti i sindaci
per martedì 21 ottobre per
procedere ad un utile confronto circa le scelte che ciascun Comune dovrà fare.
Nell’incontro si parlerà
anche della disciplina dei
centri di raccolta comunali
dei rifiuti (ecopiazzole). La
Comunità ha effettuato una
ricognizione volta a “fotografare” lo stato di fatto di
ciascun centro di raccolta
per ognuno dei quali è stata
predisposta una scheda, contenente gli opportuni suggerimenti per una nuova programmazione.”
Assessore Copetti: “La
Giunta sta valutando la proposta della Comunità Montana. La proposta è in linea
con le intenzioni dell’Amministrazione comunale che è
quella di aumentare significativamente la raccolta differenziata. Il dibattito è
incentrato sul metodo da utilizzare: spinto come quello
di A&T 2000 o temperato
come quello applicato nella
Comunità Collinare (che
lascia alcuni cassonetti sulle
strade). Particolare attenzione verrà posta anche sul
costo dei diversi modelli di
raccolta”.
AMBIENTE
4
Aree degradate da abbandono
Le salviette bianche e le bottiglie di plastica colorate in un prato
Un po’ di storia
maltire i
Lo smaltirifiuti è
mento dei
diventato un
rifiuti nel
problema a dopoguerra
partire dagli
anni sessanta. Prima i beni
erano pochi, duravano molto
di più e venivano riparati,
riutilizzati e riciclati dopo
l’uso. Un vestito si trasformava in un altro vestito, nel
barattolo usato si mettevano
i chiodi, gli “scarti” del cibo
servivano per l’alimentazione degli animali domestici,
le scarpe acquistate per il primogenito, con due numeri in
più (sul cressi), passavano al
fratello minore. Se si rompevano venivano riparate in
casa o portate dal cjaliâr
(calzolaio). Fino alla totale
consunzione.
I derivati del petrolio non
avevano ancora invaso il
mercato.
Dopo la guerra, molti Comuni avevano dei luoghi appositi per smaltire i rifiuti.
A Gemona si utilizzava
un’area in località Tiro a
Segno (tal riûl). Gli operai
del Comune scavavano le
buche e le riempivano di
rifiuti che venivano successivamente ricoperti con materiale inerte; c’era chi frugava
tra i rifiuti alla ricerca di
qualcosa di utile per se e
commestibile per gli animali
S
domestici e chi li bruciava
per allontanare o ridurre la
popolazione dei topi. Casani
Valentino, operaio del Comune in pensione, racconta che
negli anni 72 o 73 ci fu una
protesta della popolazione
che manifestò contro la
discarica e allestì un presidio
in una tenda. Il sindaco di
allora, Edoardo Disetti, si
convinse a chiuderla. La
popolazione per alcuni anni
celebrò la festa “das pantianis” nei pressi della fornace
di Copetti (sot la Mont di
Chiamparis) a scherzosa e
ironica memoria della discarica. Successivamente i rifiuti vennero smaltiti “ta buse
das marsuris” (da Taboga,
verso l’autostrada l’area
boscata che si trova prima del
ponte dell’autostrada, sulla
sinistra), attività bloccata
subito dopo dalla popolazione. I rifiuti vennero allora trasportati e smaltiti in Comune
di Buia in una cava.
Dopo il terremoto, in prossimità delle sponde del Tagliamento, venne costruito un
piccolo inceneritore, autorizzato dal Commissario Straordinario Zamberletti, destinato a bruciare “scovacis”. Successivamente il Comune, una
volta dismesso l’inceneritore,
ha aperto due discariche: una
in località Plan di Muini
(Rivoli Bianchi), che è servita allo smaltimento dei rifiuti
urbani fino agli anni 1983/
84; l’altra in Gleseute, in
prossimità della sponda del
Vegliato e sotto il Cuel dal
Dorondon (ora zona l’Aser)
dove è stato “sepolto il centro
storico di Gemona”.
Molti rifiuti ingombranti,
inerti,.. sono stati poi abbandonati direttamente dai cittadini e dalle imprese in prossimità dei corsi d’acqua
(Tagliamento,
Vegliato,
Orvenco, Grideule,…) o nei
vecchi siti già utilizzati per lo
smaltimento dei rifiuti. Inizialmente è stata una risposta
all’emergenza, poi è diventata una cattiva abitudine. Ora
è un reato sanzionato dalla
legge.
La prima legge organica sulla
gestione dei rifiuti è stato
emanata, in Italia, nel 1982 e
ha regolato soprattutto le attività di corretto smaltimento
dei rifiuti nelle discariche.
Prima c’erano soltanto
norme che proibivano alcune
condotte: un Regio Decreto
del 1933 che vietava lo scarico di “rifiuti e immondizie”
oppure l’art. 639 del codice
penale che sanzionava il
deturpamento e imbrattamento di cose altrui.
Negli anni a seguire la situazione è andata migliorando. I
rifiuti sono stati smaltiti fuori
dal territorio, inizialmente
presso l’impianto di Villa
Santina e poi presso discariche costruite ad hoc, che
hanno fatto, in Friuli, la fortuna dei cavatori. I Comuni
del Gemonese nel 1987
hanno delegato la Comunità
Montana alla gestione del
servizio, delega tutt’ora esistente.
e g l i Abbandono
ultimi
dei rifiuti:
20
anni
qualcuno
diversi
sporca,
altri
fatti, positipuliscono
vi e negativi, hanno riguardato il fenomeno dell’abbandono dei
rifiuti sul nostro territorio.
N
Ecco una breve e parziale
sintesi.
Alla fine degli anni ‘80 un
gruppo di gemonesi e alcune
associazioni (ACAT e CAI)
hanno ripulito la Grideule
che è servita per tanto tempo
come area di smaltimento
dei rifiuti. Riccardo Sabidussi e Antonio Guerra ci ricordano che sono stati recuperati circa 25 mc di ingombranti, 5 mc di rifiuti urbani e 50
q di materiale ferroso; forse è
stato il primo intervento di
pulizia del territorio
a
Gemona.
Nel 1991, il Comune ha
aperto la ricicleria di via San
Daniele (ora centro di raccolta), una tra le prime in Regione, permettendo ai cittadini
di conferire rifiuti ingombranti, i pericolosi “domestici” e di avviare a recupero
quelli riciclabili. Da quel
momento si è ridotta la pressione dell’abbandono dei
rifiuti sul territorio. I primi
anni però non in modo significativo: il Comune non ha
informato, a sufficienza, i
cittadini.
Il primo censimento delle
aree degradate è stato realizzato dal gruppo Verde di
Gemona nel 1992. I siti censiti sono risultati 60 e i risultati sono stati presentati in un
seminario pubblico nel giugno dello stesso anno; è stato
prodotto un opuscolo e sono
state avanzate delle proposte
all’Amministrazione comunale.
Sempre agli inizi degli
anni ‘90 la Magistratura ha
avviato un’ inchiesta contro
ignoti per un abbandono consistente di batterie di macchina in prossimità del Vegliato,
a 500 m di distanza dalle
prese dell’acquedotto (Loc.
Gois).
Un successivo censimento, eseguito dal Comune nel
1994, ricalcava i dati prodotti dal primo censimento; sono
stati rilevati:
- n. 17 punti lungo il Vegliato
5
AMBIENTE
di rifiuti a Gemona
non sono fiori e non fanno primavera
in area ex “Parco”;
- n. 25 punti lungo le direttrici
dell’Orvenco, del Tagliamento, dei Rivoli Bianchi ed in
prossimità dei centri abitati;
Tredici siti erano su proprietà comunali, 10 su aree
demaniali, altre su proprietà
del Consorzio idrico e delle
FFSS; le rimanenti su terreni
privati. E’ seguito un intervento di pulizia e di ripristino dei luoghi su aree pubbliche.
Nell’area del Bersaglio
sono continuate, per alcuni
anni, illegali pratiche di
scavo e ritombamento, di
rifiuti per lo più inerti. L’analisi dei suoli, fatta fare dal
Comune, nel 2000, non ha
riscontrato la presenza di
rifiuti pericolosi. Il Comune
ha addebitato i costi di analisi, di rimozione e ripristino
alla ditta CI.ELLE.CI che
occupava l’area.
Nel 2000 erano state individuati due siti, sempre in
prossimità del Vegliato, dove
realizzare una discarica per
inerti. Serviva anche per
intercettare i flussi di rifiuti
(rudinàs)
diversamente
abbandonati; ma la discarica
è rimasta sulla carta, anche a
seguito dell’emanazione di
una normativa più rigorosa
sulle discariche.
Nel 2002, a 10 anni di
distanza dal primo censimento, l’Associazione Pense &
Maravee ha fatto un’ analisi
del fenomeno rendendo pubblici i dati e proponendo
all’Amministrazione comunale di occuparsi del problema dell’eternit e dei rifiuti
inerti prodotti dalle famiglie
nei piccoli lavori di manutenzione o ristrutturazione delle
case.
Nel giugno 2008 Enrico
Boezio e Roberto Schettino,
due cittadini gemonesi hanno
denunciato sulla stampa la
situazione di degrado del
Vegliato ed in particolare la
presenza di eternit.
Nell’agosto del 2008,
Pense e Maravee ha rifatto un
monitoraggio sul territorio,
ha presentato i risultati in un
incontro pubblico il 12 settembre nel Centro Sociale di
Piovega
e ha promosso,
insieme a Legambiente,
all’interno della giornata
“Puliamo il Mondo”, tre
interventi di pulizia, realizzati il 28 settembre.
Nel corso degli anni diverse
associazioni di Gemona
hanno fatto interventi di pulizia:
l’ACAT, l’ANA di
Ospedaletto, l’Associazione
di Pescatori “La Macile”, il
CAI,….. La popolazione
dovrebbe esser loro grata.
Situazione
attuale
ual’ è oggi la situazione
del degrado da abbandono dei rifiuti a Gemona? E’
migliorata nell’arco degli
ultimi 20 anni?
Quali sono le aree con maggiori criticità? Che tipo di
rifiuti vengono abbandonati?
Q
uattro
s o n o I censimenti
risultate le di PeM del
zone
più 2002 e 2008
interessate
al fenomeno dell’abbandono:
1. le sponde del Tagliamento;
2. il torrente Vegliato, dal
Q
Rifiuti non
pericolosi
Rifiuti
pericolosi
Presunte
motivazioni
all’abbandono
a cura di
Sandro Cargnelutti
ponte sulla Dendresime fino ai cassonetti per la raccolta
al Crist;
differenziata; non sono un
3. l’Orvenco;
buon esempio di senso civico
4. i Rivoli Bianchi.
dei cittadini e indice di una
Nella sottostante griglia sono scarsa organizzazione del
stati suddivisi i rifiuti censiti servizio quando il fenomeno
utilizzando le categorie di perdura;
legge (origine dei rifiuti e
i punti di scarico più lontaloro pericolosità). Il criterio ni dalle strade non sono più
di attribuzione alle famiglie attivi;
o alle imprese è di tipo logico
l’abbandono di eternit e i
/ deduttivo: se troviamo 50 rifiuti da demolizione sono
barattoli di olio da 5 litri, pre- ancora molto diffusi sul terrisumiamo che provengano da torio;
i posti più usati per l’abun’ attività commerciale;
una televisione, una batteria bandono di rifiuti sono londi macchina probabilmente tano dai centri abitati, dove
sono state abbandonate da si arriva con un mezzo, per
privati cittadini. Natural- lo più in prossimità di corsi
mente non mancano le ecce- d’acqua, su demanio pubblico.
zioni.
l mateUna prima
r i a l e
valutazione
documentale raccol- del fenomeno
to (foto,
schede) e il confronto con la
situazione del 2002 e del
1992, cioè di 6 e 16 anni fa,
ha permesso di trarre alcune
conclusioni:
la situazione è migliorata,
in alcune aree: nei Rivoli
Bianchi, lungo il rio Grideule, in località Bersaglio e in
prossimità dei centri abitati;
nel centro storico e nelle borgate si notano situazioni di
abbandono dei rifiuti attorno
I
I rifiuti abbandonati dalle famiglie
(rifiuti solidi urbani)
ingombranti, inerti, biomasse e rifiuti
misti abbandonati in sacchi di
plastica (es. ramaglie con plastica);
batterie di macchina, eternit,
contenitori con residui di prodotti
chimici (quelli utilizzati in casa);
Lo scarso senso civico; l’abitudine;
la comodità dello smaltimento senza
nemmeno l’onere della differenziazione (abbiamo rinvenuto una damigiana rotta accanto a una batteria di
macchina e dei contenitori di plastica,
frutto di un unico scarico) e da ultimo
anche quello economico (evitare il
costo dello smaltimento dell’eternit)
Due problemi
particolari
l
piano
regionale
sull’amianto, L’eternit
che prevedeva
l’apertura di una discarica e
di centri di raccolta per il
conferimento dell’eternit e di
altri materiali contenenti
amianto, non è mai decollato. Gli esiti di questo fallimento sono sotto gli occhi di
tutti: l’eternit è diffuso su
tutto il territorio e per lo
smaltimento “legale” si
I
I rifiuti abbandonati dalle imprese
(rifiuti speciali)
contenitori “senza residui” di vernici,
pitture, solventi; teloni, sacchi vuoti; inerti
da lavori edili;
contenitori “con residui” di vernici, pitture,
solventi, eternit; è stato rinvenuto un fusto
ormai corroso dalla ruggine che sversava
nel bosco morchie di lavorazioni
meccaniche o sostanze bituminose;
Lo scarso senso civico;
motivazioni soprattutto economiche: un
artigiano che fa un piccolo lavoro di
ristrutturazione in nero e che abbandona
l’eternit in una scarpata non paga l’IVA,
evita il costo dello smaltimento legale
dell’eternit. Carica però la comunità (tutti
noi) del costo del recupero se l’eternit è
abbandonato su suolo pubblico.
6
AMBIENTE
usano discariche fuori
regione,
addirittura
fuori dall’Italia: la Germania è sempre
più la meta finale con un
costo di smaltimento di oltre
100 €/t.
In Italia alcune regioni hanno
affrontato il problema: in
Veneto, i Comuni, per lo
smaltimento di modiche
quantità di eternit forniscono
ai cittadini un kit di protezione (guanti, mascherina e nailon per avvolgerlo) e la possibilità di conferire gratuitamente nelle eco-piazzole.
Il Comune di Gemona aveva
messo a punto una proposta,
in accordo con l’azienda
sanitaria, per permettere ai
cittadini di provvedere alla
rimozione utilizzando le precauzioni previste, previa
comunicazione al Comune e
all’ASL. Il trasporto, doveva
essere effettuato da ditte convenzionate dal Comune a un
prezzo concordato. Finalmente, sul giornale del 12 di
ottobre ’08, l’Amministrazione informa che il servizio
è attivo (per maggiori informazioni telefonare a Bruno
Gardel - Ufficio Ambiente
Comune di Gemona -
tel.0432 973220).
ei pres- 2. Gli sfiosi della
ratori di
Macile, alla
piena
della
confluenza
fognatura
dei due torrenti, l’acqua è molto torbida
e abbondano i rifiuti, in particolare assorbenti igienici.
Questa situazione è stata più
volte denunciata dall’Associazione di Pescatori “La
Macile” che annualmente
puliscono una parte dell’alveo e delle sponde. Questi
rifiuti non arrivano certo dal
depuratore che scarica l’effluente depurato a valle delle
prese d’acqua potabile di
Molin del Bosso, ma dagli
sfioratori di piena. Infatti
l’infiltrazione continua delle
acque di falda nella fognatura
mista e nei manufatti accessori (pozzetti) fa sì che le
acque nere così diluite, per
l’eccessiva portata, fuoriescono prima di arrivare al
depuratore attraverso gli sfioratori di piena accompagnate
da rifiuti leggeri e di piccola
taglia (assorbenti,…). Basterebbe dotare gli sfioratori di
griglie per intercettare rifiuti
solidi. E’inoltre auspicabile
un comportamento più corretto: questi rifiuti non devo-
N
Scovacis: domande e risposte
Quali sono le sanzioni previste dalla legge nel caso di
abbandono di rifiuti?
In caso di abbandono la sanzione amministrativa pecuniaria va da 105 a 620 €; da
25 a 150 € se i rifiuti non
sono pericolosi o ingombranti.
Cosa si può fare riciclando
i rifiuti:
con 15 bottiglie di PET si fa
una felpa in pile;
con 20 bottiglie di PET si
confeziona una coperta in
pile;
con 330 lattine si costruisce
una bicicletta con tutti gli
accessori;
con 130 lattine si costruisce
un monopattino.
L’eternit è pericoloso?
L'eternit (cemento amianto)
contiene una percentuale di
amianto attorno al 10%. La
pericolosità dell'amianto
consiste nella caratteristica
del materiale di rilasciare
fibre potenzialmente inalabili che possono determinare
no essere gettati nei servizi
igienici.
Il gruppo di volontari in azione
sul Vegliato
malattie che si manifestano
a carico dell'apparato respiratorio e delle membrane
sierose, principalmente la
pleura.
Per questa ragione il cosiddetto amianto friabile (che si
può trovare nelle ricoperture
a spruzzo e nei rivestimenti
isolanti termoacustici, nelle
controsoffittature, nei rivestimenti isolanti di tubazioni
o caldaie e che si può ridurre
in polvere con la semplice
azione manuale) è considerato più pericoloso dell'amianto compatto (es. cemento amianto) che per sua natura ha una scarsa o scarsissima tendenza a liberare fibre.
L'eternit è pericoloso quando
può disperdere le sue fibre
nell'ambiente circostante per
effetto di qualsiasi tipo di
sollecitazione meccanica,
eolica, da stress termico,
dilavamento di acqua piovana, insomma quando la sua
matrice si degrada.
Qual è il "migliore" rifiuto?
Quello non prodotto!
attivare
Quali
per
le miglioramenfamiglie
ti si possono
un servisuggerire
zio gratuito nel centro di raccolta di via
San Daniele per il conferimento degli inerti e dell’eternit per modiche quantità;
informare costantemente
le famiglie e le imprese sull’uso corretto delle risorse,
favorendo e premiando comportamenti virtuosi, penalizzando comportamenti viziosi
e irresponsabili;
controllare maggiormente
i punti più esposti: certi rifiuti sono “targati” e riducono
fortemente il campo dei
potenziali inquinatori; istituire un coordinamento tra vigili urbani, guardie forestali e
guardie ecologiche provinciali.
associa- "Puliamo
zione
il
Pense e MaraMondo"
vee con
L’
AMBIENTE
7
Cui esal chel .... ?
Chi ha pensato, eseguito, permesso lo
scarico di porcherie sul Cjampon?
uardate la foto del
Cjampon. Chi si sognerebbe mai di portare dei
ruderi sul suo versante che
sovrasta Gemona? Eppure
questo hanno fatto. C’è una
strada di servizio che si
arrampica sotto alla “Crete
porie” e permette la salita a
grossi mezzi d’opera. Sulle
scarpate di questa strada è
stato sparso uno strato di
materiale adatto a favorire
l’inerbimento. Cos’è questo
materiale? Ruderi macinati
e mescolati ad un po’ di
terra!
Non ha alcuna importanza
come sia classificato questo
G
materiale, secondo quale
norma, che magari permette
anche di impiegarlo allo
scopo di favorire l’inerbimento. Può anche darsi che
sia improprio, a rigor di
norma, parlare di ruderi
dopo che sono stati selezionati e macinati. Comunque,
questo materiale, deve
prima essere certificato e
poi il suo utilizzo deve essere autorizzato. Ma non si
adducano scuse: qui non si
parla di norme, ma di buon
senso. Ora, quando saliremo
la montagna sopra Gemona
fino a quota 850 s.l.m., ci
troveremo pezzi frantumati
di varia dimensione
di intonaco, piastrelle da rivestimento, laterizi d’ogni genere, calcestruzzo,
asfalto,
alcuni pezzi di plastica da tubi per
impianti elettrici e
scarichi igienici ed
altre
porcherie.
Guardate
l’altra
foto. Quel territorio
lì, per il suo valore
Cjampon: la zona dello scarico
storico ed ambientale, andrebbe tenuto
sto scempio. E adesso? Che
sul palmo della nostra mano fare? Andate a vedere, andadestra mentre lo si protegge teci subito che poi la natura
con la sinistra ed invece non farà il suo corso nascondensi è trovato di meglio da fare do sotto la vegetazione queche portarci questa roba. sta robaccia e l’oblio coprirà
Questa
è
l’attenzione anche la vergogna col suo
all’ambiente dimostrata da velo opaco. Forse proprio in
chi ha pensato, chi ha realiz- questo si contava.
zato e chi ha permesso queRoberto Urbani
asfalto
INTERVENTI
Un’idea per Sant’Agnese
plastica
laterizi
ceramica
Legambiente ha realizzato, in
seguito al monitoraggio fatto
ad agosto, tre interventi di
pulizia:
- sulle sponde del Tagliamento;
- nei Rivoli Bianchi;
- sul 2° tornante della strada
che da Gleseute porta in
Cuarnan.
Hanno partecipato la Protezione civile, l’Associazione
“La Macile” e gli Scout. Il
lavoro previsto è stato portato a termine; l’ANA di Ospedaletto ha concluso la giornata offrendo la pastasciutta; il
Comune ha provveduto al
trasporto.
Rifiuti raccolti: inerti,
olii minerali esausti, elettrodomestici,
coperte,
copertoni, bottiglie di vetro
e di plastica, pannelli,
attrezzi agricoli, sanitari,
materiali ferrosi, reti, teli,
teloni, linoleum, giocattoli,
batterie di macchina e di
camion, pezzi di auto, taniche, bidoni, bidoncini e
bidet, tubi in ferro e in
PVC,…
C’era di tutto. Assente
completamente il senso
civico e il rispetto per
l’ambiente.
amminando per le colline verdi di Gemona
sono spesso rimasto colpito
dal numero sempre più grande di persone che frequentano, nella bella stagione, la
sella Sant'Agnese .
Un tempo importante convento di suore,un luogo
sacro sulla antica via del
norico. Ora quella sella
ospita nei giorni caldi qualche festa gemonese e molti
sportivi.
A me piacerebbe valorizzare
la sella attrezzando i sentieri
che la collegano a Gemona
con un importante percorso
ginnico. Questo darebbe ai
gemonesi la possibilità di
praticare dello sport a costo
zero e inoltre potrebbe
diventare un ottimo punto di
ritrovo per la socialità cittadina.
Penso a questo progetto
come un luogo per tutti e per
C
tutte le età.
Per questo motivo metterei
nel percorso ginnico, delle
panchine, ora assenti, per
permettere alle persone di
riposarsi. Ripulirei periodicamente il bosco momentaneamente abbandonato e
cercherei i mezzi per tagliare il verde prato della sella
con più frequenza. Aggiungiamo tavoli fissi di legno
per permettere a gemonesi e
turisti un pranzo al sacco
dignitoso.
Cari cittadini dovete sapere
che le potenzialità turistiche
di Gemona sono grandi!
Bisogna però crederci. La
posizione è ottimale, il territorio è straordinario. Noi cittadini siamo volenterosi e
responsabili.
Difendiamo il futuro della
nostra città!
Andrea Snaidero
8
CENTRO STORICO
Idee per il Centro storico
Nuovi contributi dei nostri lettori
a anni si parla di un rilancio del Centro storico di
Gemona, ma in concreto la
situazione resta sempre desolatamente irrisolta. Non è
facile trovare una soluzione
per riportarlo ai fasti di un
tempo, non è detto neanche
che sia possibile. C’è stato il
tentativo di trasformare via
Bini in via degli antiquari. Un
esperimento che non ebbe
molta fortuna, ma fu almeno
un tentativo.
Ora Pense e Maravee ripropone una raccolta di idee.
Un’iniziativa apprezzabile a
cui spero possa far seguito
qualcosa di concreto, così
senza pretendere di avere io
“la soluzione”, voglio provare a dare il mio piccolo contributo.
Mi pare quanto mai doveroso
iniziare definendo cosa si
intenda per Centro storico.
Nella accezione comune con
il termine Centro storico si
identifica quella parte di
Gemona che prima del terremoto era il cuore della cittadina ed aveva anche una
valenza storica. Oggi di storico (o almeno ricostruito ad
immagine e somiglianza di
un tempo) è rimasto solo il
Duomo, via Bini e qualche
vicolo adiacente. Del Centro
inteso come una rete viva e
vitale di uffici, banche, negozi è rimasto poco o nulla.
Bisogna convincersi che la
Gemona che avevamo non
esiste più. Sono ancora troppi
quelli che vivono di ricordi e
inseguono il miraggio di rivedere il paese di una volta.
Troppo tempo è passato, ma
soprattutto troppe cose sono
cambiate. Gemona ha vinto la
sfida della sua ricostruzione
fisica, ora deve guardare al
futuro, al suo futuro.
Il vecchio Centro ha definitivamente perso la sua funzione emporiale e il commercio
attuale, fatto di negozi con
grandi metrature e ampi parcheggi, mal si concilia con la
sua struttura. Inoltre, oramai,
il baricentro commerciale del
paese è irrimediabilmente
sceso a valle.
Gemona è sempre stata com-
D
posta da diverse borgate,
ognuna con le proprie peculiarità e la propria orgogliosa
individualità; a questo bisogna aggiungere che dopo il
terremoto gli insediamenti
abitativi e commerciali si
sono diffusi in maniera quasi
caotica, con la conseguenza
che a nessuna parte del territorio venga riconosciuto il
ruolo di Centro. Continuare
ad attribuire al Centro storico
questa parte, quando non è
più in grado di recitarla,
senza individuare e crearne
uno nuovo ha fatto si che le
singole realtà da ricchezza e
specificità siano divenute un
fattore disgregante, facendo
di Gemona un puzzle privo di
un fondo comune, di un’entità che le raccolga assieme.
A differenza di tutti o quasi
gli altri paesi, città o cittadine non abbiamo nemmeno
una piazza che possa essere
definita e vissuta in maniera
degna di tal nome!! Non lo
sono piazza del Ferro o il
piazzale della Stazione, non
lo è più piazza Garibaldi.
Non esiste una zona a cui
venga dato il riconoscimento
di un ruolo centrale, e
soprattutto che venga vissuto
e frequentato come tale da
tutti i gemonesi.
L’area della stazione ferroviaria avrebbe tutte le caratteristiche per assumere in
pieno e bene tale compito a
patto di un importante e
anche coraggioso intervento
urbanistico. In fondo da dopo
il terremoto tale zona è sede
di importanti servizi quali
edifici commerciali, istituti
bancari, uffici; è facilmente
raggiungibile con tutti i
mezzi; è posta anche geograficamente nel cuore del
paese, crocevia di quasi tutti
gli itinerari che lo attraversano; un’ area che, senza mai
essere stata riconosciuta
come tale, è in qualche modo
il fulcro del paese, ma dove
l’eterogeneità di edifici, strade, marciapiedi (?) danno la
sensazione di essere più in un
parcheggio diffuso e scomposto che nel cuore di una cittadina vivibile.
Individuato così un nuovo
centro cittadino, la questione
fondamentale resterebbe dunque il compito che il Centro
storico debba andare ad assumere.
Non si può certo obbligare
qualcuno ad aprire esercizi
commerciali, bar o ristoranti.
La logica dell’economia si
attiene al mercato. Leve quali
abbattimento dell’ICI, contributi per affitti o quant’altro
non bastano a convincere
qualcuno ad aprire se intorno
c’è il deserto.
La strada intrapresa può
essere quella giusta: fare di
questa parte della cittadina
un contenitore culturale e la
sede privilegiata e prestigiosa di tutte quelle iniziative in
grado di calamitare in città
un importante numero di
persone. Un Centro storico
che si ricicla e assume una
vocazione turistica e culturale.
L’attuale offerta turistica è
già discreta e accanto ai
musei, al Duomo e alle varie
mostre, il castello, una volta
completato, oltre che simbolo
di un paese rinato, sarebbe
sicuramente una meta ambita.
Accanto alle attuali iniziative, facendo leva sulle tante
associazioni esistenti, sulla
presenza dell’Università e
soprattutto sul sostegno delle
varie borgate bisognerebbe
cercare di organizzare qualcosa di interessante ogni
week-end.
Questo supportato da un‘adeguata campagna promozionale, da un ampliamento dell’offerta culturale e da un
miglioramento dei servizi di
accoglienza turistica, aumenterebbero le possibilità attrattive del nostro Centro storico,
dove di conseguenza potrebbero andare ad insediarsi
nuove attività rivolte al turismo e poi magari piccoli
laboratori artigianali, negozi
di prestigio e quant’altro.
Non servono progetti faraonici o voli pindarici. Si deve
ovviamente rinnovare l’arredo urbano, aggiustando strade e piazze, tenendole poi
pulite, ma queste dovrebbero
essere piccole cose, quasi
scontate rispetto a scelte ben
più importanti, improrogabili
e molto impegnative quali il
san Giovanni, la sede della ex
Banca Popolare, il castello, la
costruzione di un parcheggio
a servizio del Centro e dei
suoi visitatori, l’area dell’ex
ricovero….
Bisogna decidere che farne.
Non qualcosa di banale, ma
qualcosa che porti un valore
aggiunto al paese. Le idee
non mancano. L’importante è
che chi di competenza cominci a raccoglierle, le confronti
e faccia delle scelte il più
possibile condivise. Senza un
progetto chiaro, senza una
decisione definitiva ci potrà
essere solo improvvisazione,
scelte isolate ora sull’una, ora
sull’altra questione che
potranno essere anche antitetiche ed anziché risolvere le
problematiche, complicarle
oltremodo.
Giorgio Valent
Valorizzare il patrimonio
artistico
Il Duomo di Gemona è un gioiello d’arte che lascia incantati i turisti italiani e stranieri che visitano la nostra cittadina:
alcuni di loro, entrati per caso a Gemona, restano sorpresi
nello scoprire il Centro storico con via Bini e il bellissimo
Duomo. Ottime le recenti segnaletiche stradali per il Duomo,
presenti sia sulla statale in paese. Si suggerisce di potenziare
l’iniziativa, collocando sulla statale uno o due cartelli portanti la scritta “Visitate il Centro Storico e il Duomo (sec.
XIII-XIV)”.
Inoltre si propone di valorizzare con una targa/cartello e con
un’adeguata pulizia il bel loggiato in pietra, situato sotto la
sede dell’ASL (piazzetta Portuzza), utilizzato nel Medioevo
per depositare le merci del Niederlech.
Elisa Contessi
9
CENTRO STORICO
Una città per mamme e carrozzine
Qualche considerazione sul "Centro"
a storia insegna, ma, si
dice, da essa non si
impara. Tuttavia, dalla lunga
vicenda del Niderlech e da
quella parte della vita della
Comunità di Gemona che si
è legata ad esso, si può almeno rilevare che il problema
del “centro”, o meglio della
scarsa vitalità economica e
della
conseguentemente
debole forza di attrazione del
nucleo urbano, non è sorto in
questi ultimi decenni, ma è
plurisecolare: uno stato di
fatto dalle cause complesse,
in ogni tempo connesse a
fenomeni di portata ben più
ampia del territorio comunale, che i poteri locali non
sono stati in grado di contrastare efficacemente. Si rileva
anche che la politica delle
amministrazioni che si sono
succedute al governo della
Comunità ha puntato troppo
a lungo, per la rivitalizzazione economica della città, sul
commercio di transito.
L
nche nel nostro tempo il
“problema del centro”
viene affrontato soprattutto
cercando di richiamare in
città mercanti e clienti occasionali attraverso la proposta
di eventi che animano vie e
piazze per un giorno o alcuni
giorni, più volte nel corso
dell’anno. Questi visitatori
salgono numerosi, talora in
massa, attratti da quell’offerta concomitante ed irresistibile di cibo e spettacolo che
convoglia folle dovunque
(ogni epoca ha il suo Niderlech…). Non si intende sminuire l’importanza di queste
iniziative, nelle quali si
cerca, con buona volontà e
creatività, di immettere contenuti che le qualifichino
anche culturalmente, ma è
evidente che non possono
essere questi periodici
assembramenti di consumatori l’obiettivo principale
della politica amministrativa: essi danno certamente un
ristoro temporaneo ad alcuni
A
esercizi commerciali del
centro, ma non incidono
durevolmente sulla vitalità
della città.
uale dovrebbe essere,
allora, l’obiettivo da
perseguire in via prioritaria,
con determinazione e con
adeguati investimenti? Sicuramente irrinunciabile è l’instaurazione di quelle condizioni che consentono una
buona vivibilità, guardando
innanzitutto ai residenti ed
alla vita quotidiana. Gemona
alta dovrebbe acquisire l’identità e l’immagine di
luogo dove “si vive bene”,
dove dunque si può anche
scegliere di andare a vivere.
Un “vivere bene” non commisurato con certi modelli
contemporanei di convivenza connotati dal rumore, dai
gas di scarico, dai consumi
massificati, dallo spreco
energetico, ma piuttosto con
quelle realtà urbane in cui,
ponendo in atto progetti che
contengono
un’implicita
critica ai modelli attuali di
sviluppo ed un’attenzione
lungimirante al futuro della
popolazione, si è saputo
allontanare tutto ciò per
offrire condizioni di vita più
razionali, sane ed infine
umane. L’attuale debolezza
di ruolo del centro e la
dimensione di piccola città
potrebbero favorire un’opzione decisa e coraggiosa in
tale senso. La distanza dalle
vie di comunicazione interessate al traffico più intenso
Q
e pesante, anziché un handicap, si può ormai considerare come un regalo della storia: una condizione del
“vivere bene”.
ogni angolo verso i monti e
la piana, ma anche per la
buona manutenzione, il
decoro e la pulizia di strade e
facciate.
no dei molti fattori di
una buona vivibilità è la
facilità di muoversi all’interno dell’abitato e verso la
periferia. A Gemona alta il
problema della viabilità – su
questo tutti sono d’accordo –
è uno dei principali. E’ evidente che urge trovare una
soluzione più razionale per il
traffico veicolare nord-sud,
da Piazza del Municipio a
Porta Udine, ma lo scopo da
perseguire non può essere
certo quello di far arrivare in
centro il maggior numero di
auto possibile. La conformazione dell’abitato è adatta al
traffico pedonale più che a
quello
automobilistico.
Bisognerebbe dunque riservare una particolare attenzione ai pedoni: si prendano
come riferimento le esigenze
delle mamme con bambino
in carrozzina e si adeguino i
percorsi, per quanto possibile, in modo che consentano
spostamenti a piedi sicuri ed
agevoli, così che la disposizione dell’abitato sul pendio
si possa considerare più
come una suggestiva caratteristica ambientale che come
una scomodità ineliminabile.
Durante questi spostamenti
la città dovrebbe offrire a chi
la percorre uno scenario piacevole non solo per le prospettive che si aprono ad
aturalmente uno scenario gradevole e la facilità
di spostamento non determinano da soli le condizioni di
buona vivibilità. Si dovrebbe
parlare di altri aspetti, non
tutti fisicamente percettibili,
che insieme possono qualificare il centro e conferirgli
un’identità positiva…
U
Fioreria
Emidia Manzano
Via Roma, 252
tel. 0432 970692
33013 Gemona del Friuli
e-mail: [email protected]
N
ben guardare, tuttavia, il
problema da affrontare
non è quello del “centro”,
ma della gestione di un territorio che va tutelato nel suo
insieme, valorizzando ma
anche controllando la vocazione delle parti di cui si
compone, tra le quali Gemona
alta.
Quest’ultima
dovrebbe essere considerata
come spazio cruciale non
solo perché il suo ruolo
attuale è incerto ma comunque fondamentale, ma anche
perché si riconosce come
incrocio e punto di convergenza rispetto allo spazio
geografico di pertinenza.
Questo spazio ora, soprattutto nella piana, appare invaso
in modo disordinato da insediamenti abitativi e produttivi: un disordine che rivela
la debolezza e l’incertezza
delle politiche locali di
fronte a tendenze e fenomeni
di portata sovracomunale.
Alida Londero
A
10
CENTRO STORICO
Gemona senza cinema
Il Cinema Teatro Sociale ancora senza gestore
l cinema Sociale chiude: la
Ianche
notizia è di questi giorni
se da tempo era facile
intuire quest’amara conclusione. I multisala, la televisione, i DVD, internet,
hanno sempre di più ridotto
il numero dei fruitori delle
sale cinematografiche cittadine risicando i margini di
guadagno dei gestori sino a
non garantirne la sussistenza. Anche il Sociale non si è
salvato da quest’evenienza.
Il cinema teatro Sociale, riedificato dopo il terremoto in
una collocazione diversa
rispetto alla precedente, è un
edificio di proprietà dell’Amministrazione comunale. Inaugurato alla fine degli
anni ottanta, l’attività di
proiezione cinematografica è
stata da sempre gestita in
appalto da una società privata. La stessa società garantiva il personale di supporto
per la stagione teatrale curata dall’Ente Regionale Teatrale. Nello scorso mese di
Gennaio il gestore segnalava
all’Amministrazione comunale le difficoltà economiche
riscontrate nella gestione dei
due anni precedenti e anticipava la volontà di rescindere
il contratto poi attuata nel
successivo mese di Giugno.
L’Amministrazione comunale, preso atto della rinuncia
del gestore e delle problematicità della gestione finanziaria, lo scorso Luglio bandiva
una nuova gara per la gestione del servizio, accollandosi
le spese ordinarie (relative
all’energia elettrica, riscaldamento e le manutenzione
ed il controllo degli impianti
di sicurezza ) ed aprendo la
partecipazione anche ad
associazioni senza attività di
natura commerciale. Nonostante gli appelli dell’Amministrazione Comunale e
alcuni incontri con associazioni e cittadini interessati,
per cercare una soluzione al
problema, alla scadenza
non sono pervenute offerte
e così non è rimasto altro che
prendere atto della circostanza e decretare la chiusura
(almeno per ora) della sala
per quanto riguarda le proiezioni cinematografiche. Per
gli spettacoli teatrali, si è
messa una pezza e la stagione sarà garantita. Fin qui la
cronaca.
Dobbiamo prendere atto: se
non c’è interesse da parte dei
cittadini per questo servizio
è del tutto inutile tenerlo in
vita spendendo risorse della
collettività.
I tempi cambiano, cambiano
i gusti e le esigenze; non ha
molto senso difendere a
spada tratta i “bei tempi passati” da una inevitabile trasformazione. Non serve erigere muraglie per evitare che
il nuovo ci travolga ed arroccarsi nella difesa del fortino.
E’ fondamentale però mantenere saldo quel filo rosso che
ci lega con la storia ed arricchirlo delle esperienze più
significative ma è impossibile portarsi dietro tutto. E’
altrettanto importante saper
leggere il nostro tempo, che
oggi muta molto più rapidamente di una volta (dice
Nicholas Negroponte, in
Essere digitali, che un annointernet equivale e 3 mesi
solari), per cercare di saldare il presente col passato, per
tradurre i migliori saperi in
un nuovo linguaggio.
Fuor di metafora, il cinema
chiude, che cosa di buono
possiamo salvare? Quali
progetti possiamo mettere in
campo perché quella sala
possa essere veicolo di cultura e di espressioni artistiche? Chi si mette in gioco?
E’ inutile tentare la competizione con i cinema multisala,
con realtà più strutturate, con
bacini d’utenza di altre
dimensioni, bisogna cambiare registro, alzare il livello,
bisogna inserire il Sociale in
un progetto culturale complessivo per Gemona coinvolgendo quanti hanno a
cuore questi aspetti (il
volontariato culturale, le
scuole, la Parrocchia, La
Cineteca del Friuli, singoli
cittadini appassionati) ma
cercando anche canali di
sostegno in un ambito più
ampio del nostro comune.
Investire nella cultura non è
un facile business; non ci
saranno “project financing”
che potranno salvare il
Sociale con la bacchetta
magica, ne è cosciente anche
chi propone queste soluzioni.
Il Sociale si salverà se,
abbandonata la facile demagogia, Gemona saprà investire in cultura a prescindere
dall’immediato ritorno economico ma, prima di tutto,
perché è cosciente che attraverso la cultura e la conoscenza possiamo disporre di
molte chiavi per la lettura
del mondo, siamo stimolati
al dialogo e al confronto con
esperienze e patrimoni
diversi dai nostri e possiamo
costruire nuove convivenze,
nuove cittadinanze in una
società che si prospetta sempre più multietnica. Conoscere ci aiuta a saper osservare la molteplicità degli
aspetti del mondo che ci circonda e a non cadere nel
pensiero unico che ci dice
che solo ciò che ha un prezzo vale. Il Sociale è una delle
possibilità che abbiamo per
lavorare in questa direzione.
Le risposte non sono facili,
ma è questa la sfida che si
prospetta; l’Amministrazione comunale per prima, e poi
tutti i cittadini di Gemona,
sapranno coglierla?
La sala del Sociale è vuota,
come la riempiamo?
Sandro Venturini
ex libris
Non ho paura
della cattiveria
dei malvagi,
ma del silenzio
degli onesti
Martin Luther King
11
UN CJANTON PAI CONTADINS
Manutenzione del verde urbano
Tra polemiche e agronomia
hiedo scusa ai nostri
amici agricoltori a cui è
destinata questa pagina, ma
in questo numero mi è sembrato di particolare urgenza
trattare un argomento un po’
fuori dai canoni della classica agricoltura, ovvero la
manutenzione del verde
urbano; in particolare la
potatura dei viali alberati
che, spesso, genera critiche,
per certi versi condivisibili,
ma non sempre supportate da
adeguate conoscenze.
Vorrei innanzitutto dare una
definizione generale di potatura e aggiungere alcune
nozioni tecniche.
Si intende per potatura la
pratica agronomica di
gestione dello sviluppo di
una specie vegetale al fine
di raggiungere determinati
obiettivi (ad es. maggior
fruttificazione,
migliore
aspetto estetico, ottimizzazione di operazioni colturali, contenimento di fisiopatie, ecc.) mediante il taglio
di porzioni della stessa e/o
curvature, inclinazioni, anulature, ecc. di rami e branche.
Quelli che comunemente
chiamiamo “rami” sotto il
profilo agronomico si chiamano branche, che si definiscono “primarie”, se inserite
sul fusto principale (tronco),
“secondarie” e “terziarie” se
si tratta delle successive diramazioni verso l’esterno della
chioma. I rami sono quelle
porzioni terminali della chioma di uno o due anni generalmente atte alla fruttificazione. Un secondo concetto
che vorrei chiarire è che lo
sviluppo della porzione aerea
di una pianta, è direttamente
proporzionale alla parte epigea, ovvero le radici. Per una
C
specie arborea, sia destinata
a produzioni agricole, sia
ricadente in una zona urbana,
le operazioni di potatura, si
rendono spesso utili per il
raggiungimento di determinati scopi (nel nostro caso, il
contenimento della chioma)
e perciò, quasi sempre, risultano una pratica irrinunciabile. Una potatura corretta per
piante ornamentali dei viali,
dovrebbe prevedere dei
“tagli di ritorno” ovvero il
raccorciamento di branche
primarie sull’inserzione di
quelle secondarie, oltre che
l’effettuazione di diradamenti di quelle soprannumerarie,
in modo di ottenere un maggior arieggiamento della
chioma, per contenere eventuali fisiopatie, senza sottoporre la pianta alla sottrazione di grosse porzioni fotosintetizzanti (rami).
Molto spesso (se non quasi
sempre) la potatura dei viali
viene effettuata mediante il
capitozzamento a due o tre
metri di tutte le branche primarie. Tale operazione,
anche se può dare i risultati
auspicati nel breve termine, è
da considerarsi scorretta e
inopportuna per vari motivi,
in particolare perché si tratta
di interventi su grossi diametri e quindi con esposizione
della pianta a fisiopatie del
legno. Un’ asportazione
ingente di biomassa, inoltre,
provoca uno squilibrio vegetativo con una forte reazione
della pianta in prossimità dei
tagli, per compensare la
potenzialità dell’apparato
radicale che non è stato proporzionalmente ridotto.
Se dal punto di vista tecnicoteorico il discorso non fa una
piega, bisogna però mettersi
nei panni delle Amministrazioni comunali che devono
gestire queste operazioni,
molto spesso richieste con
solleciti da parte dei residenti in prossimità dei viali alberati, che richiedono l’intervento per motivi di sicurezza, per eccessivo ombreggiamento o imbrattamento da
parte del fogliame, motivazioni qualche volta esagerate. C’è da dire che l’esecuzione di una potatura corretta
prevede la disponibilità di
personale qualificato, oltre
che di attrezzature particolari
di
cui,
generalmente,
un’Amministrazione comunale non è provvista. Deve
quindi avvalersi di ditte specializzate mediante gare
d’appalto, ma gli esigui budget che i Comuni possono
disporre per questi capitoli di
spesa, non permettono di
avere a disposizione personale specifico. L’unica soluzione rimane, quindi, tracciare una quota dove dovrà
velocemente passare la
motosega e sperare di recuperare qualche introito, dalla
cessione del materiale di
risulta.
Se tali operazioni non si possano ritenere corrette dal
profilo agronomico, potrebbero trovare alcune giustificazioni dal lato economico.
La
soluzione
migliore
potrebbe stare nella scelta
della specie da adottare nell’alberatura del viale, rinunciando a quelle particolarmente vigorose quali platani,
bagolari o ippocastani e preferendo tipologie più conte-
nute e magari anche con particolari peculiarità estetiche
(avete mai visto Via Roma a
Udine nel mese di aprile?) e
con minori oneri di gestione.
Ovviamente c’è da dire che
in Via 4 Novembre la presenza di piante di una certa
mole, non necessita di quelle
particolari attenzioni che
sembrerebbero invece auspicabili per gli alberi in Via
Dante o in centro, dove l’eventuale potatura diventa
bersaglio di immediate critiche.
Mi sembra giusto, quindi,
non tralasciare l’importanza
di considerare le attitudini di
una certa specie rispetto ad
altre, in previsione delle problematiche che in futuro
potrebbero sorgere. A titolo
di esempio, vorrei far notare
come in alcuni esigui giardini, l’albero “che era di Natale” non trovi più gli adeguati
spazi e le condizioni di una
dignitosa crescita, trasformandosi in pochi anni da
pianta ornamentale, ad un
serio problema e spesso
oggetto di accese liti con il
vicino. Penso che basterebbe
solo fare un giro in Carnia,
per sapere che un abete rosso
raggiunge i trenta metri.
Zamolo Pierantonio
COSE PUBBLICHE
Lorenzo
la
talpa
di Lorenzo Londero “flec”
1
Nuovo depuratore CIPAF:
sperpero di
fondi pubblici?
Nuovo depuratore CIPAF:
sperpero di fondi pubblici?
L’ing. Leandro Taboga di
Colloredo di Monte Albano è
l’artefice della realizzazione
del sistema di depurazione al
servizio del CIPAF (Consorzio Industriale Pedemontana
Alto Friuli) e ha lavorato a
questo progetto ininterrottamente per quasi 25 anni.
In data 04.09.2008 egli
manda una lettera ai Consiglieri comunali di Buja,
Osoppo, Gemona e Majano,
nonché al Consiglio provinciale di Udine in cui segnala
che “da quattro anni sono
impegnato, in totale solitudine, nel tentativo di impedire
al CIPAF di mettere in atto
un consistente sperpero di
fondi pubblici nel settore
della depurazione consortile
al servizio della zona industriale di Buja-Osoppo”.
Egli sostiene che i difetti di
funzionamento del depuratore realizzato nel 2004 potevano essere facilmente corretti con un investimento di
circa 30.000 Euro a fronte di
un valore dell’opera di un
milione di Euro.
Invece “il CIPAF, incurante
delle mie insistenti e motivate richieste di astenersi dal
prendere iniziative portatrici
di un danno erariale consistente, decise di procedere
con la progettazione di un
impianto sostitutivo di quello
realizzato nel 2004: un’opera
nuova che verrà realizzata in
base ad una progettazione
caratterizzata da gravi criti-
12
cità, che costerà oltre 3
milioni di Euro e che risulterà ingestibile nel contesto
della depurazione consortile”.
L’ing. Taboga chiede, quindi,
che i Consiglieri comunali
coinvolti promuovano “l’attivazione di una commissione
consiliare di indagine al
fine di attuare una verifica
indipendente della veridicità
delle mie affermazioni per
poi passare al congelamento
della situazione in atto e alla
ridefinizione degli interventi
di adeguamento del sistema
di depurazione consortile…”
Invece, secondo il Presidente
del CIPAF arch. Vergilio
Burello, “questo ampliamento dell’impianto di depurazione risponde a una precisa
prescrizione della Provincia”.
Il Consiglio comunale di
Gemona si è occupato della
questione nella seduta del
22.09.2008 sulla base dell’ampia relazione dell’arch.
Burello, ma non si è pronunciato sulla commissione di
indagine proposta dall’ing.
Taboga.
Ciò pare deludente anche
perché l’iniziativa dell’ing.
Taboga “è motivata –come
egli afferma- unicamente
dalla mia ferma determinazione a contrastare il diffondersi di malcostume e di
mediocrità nella pubblica
amministrazione”.
2
La Giunta
Tondo elimina il
difensore civico
regionale:
grave danno
per i cittadini
La maggioranza di centrodestra del Consiglio regionale
ha cancellato, in uno dei suoi
primi atti, la legge regionale
n. 201 del 1981, che aveva
istituito il difensore civico
regionale.
“Il difensore risolve, in via
non giurisdizionale, contenziosi che altrimenti non
avrebbero che la via giudiziaria lenta e costosa, fa
risparmiare denaro non solo
ai cittadini perché per essi è
del tutto gratuito, ma anche
alle pubbliche amministrazioni.
Non solo perora, quando è
doveroso e possibile, la
causa dei cittadini, ma offre
alla pubblica amministrazione suggerimenti per un suo
migliore funzionamento…
Il difensore civico viene
chiesto come requisito per
l’entrata dei nuovi Paesi nell’Unione Europea.
Invece questa Regione, che
tra le prime l’aveva istituito,
oggi l’ha abolito con un
emendamento votato di
notte, in una legge di bilancio.
E’ un male assai grave per i
cittadini di questa Regione”
(Caterina Dolcher, Messaggero Veneto 12.08.2008).
I locali Consiglieri regionali
E. Picco e F. Baritussio non
provano imbarazzo per aver
votato la cancellazione di
questo istituto di alta civiltà
liberale e democratica?
3
lo stesso incarico?
3. è stata verificata la disponibilità a svolgere anche questo servizio da parte del personale dipendente del Comune (a fronte di un adeguato
riconoscimento economico,
ma presumibilmente di
minor costo)?
4. è stata presa in considerazione la possibilità di assegnare tale incarico a idoneo
personale disoccupato?
Attendiamo risposte puntuali.
P.S.: in data 22.08.2008 il
Consigliere comunale S.
Marmai ha presentato una
Interrogazione a risposta
scritta, in cui pone al Sindaco domande simili a quelle
da noi rivolte all’Assessore
Tiso; egli, inoltre, ritiene
“fondamentale introdurre
anche nel Comune di Gemona un nuovo metodo per l’assegnazione degli incarichi
volto a valorizzare trasparenza, concorrenza ed economicità”.
Alla data odierna, 07.10, il
Sindaco non ha ancora risposto alla citata Interrogazione.
4
GIOCHIMPAAlcune
domande all'As- RO: un progetto
utile per genitori
sessore Tiso
Dall’1.3.2008 il settore Tri- e bambini/e
buti/Finanze del Comune di
Gemona è privo dell’addetto
al servizio inserimento dati
presso l’ufficio Tributi perché lo stesso dipendente si
trova in aspettativa non retribuita.
Per sopperire a tale assenza il
responsabile del settore ha
incaricato, il 31.07.2008, una
ditta di Gemona di svolgere
tale servizio per un totale di
750 ore e con un compenso
di Euro 18.000.
All’Assessore comunale alle
Finanze G. Tiso chiediamo di
rispondere alle seguenti
domande:
1. era a conoscenza dell’assegnazione di questo incarico?
2. sono state richieste (e
comparate fra loro) offerte da
altre ditte, prima di affidare
Con la recente delibera n. 193
la Giunta comunale di Gemona ha approvato il progetto
GIOCHIMPARO e ha fatto
domanda di contributo regionale per poterlo realizzare;
avendovi aderito anche la
locale Comunità Montana, si
prevede di estendere la possibilità di usufruire di questo
servizio anche ai residenti nei
Comuni limitrofi. Il progetto
è stato elaborato dall’Assessorato ai Servizi sociali del
Comune (affidato alla Vice
Sindaco Mariolina Patat) per
cogliere le opportunità previste da un bando del Servizio
regionale Pari Opportunità. Il
principale obiettivo del progetto è quello di favorire l’accesso (o la migliore permanenza) al lavoro e ai percorsi
di formazione, aggior-
SCUOLA
13
Diritto all’istruzione
“È tutta un'ipotesi teorica,
intendiamoci”
di Piero Calamandrei, padre costituente
acciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole
violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e
trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma
vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora,
che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che
le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è
una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino
sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante
segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle,
ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a
favorire le scuole private [...] E magari si danno dei premi,
come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia
meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una
scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.
Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto
che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta.
Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina.
L’operazione si fa in tre modi: 1) ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora.
Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. 2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private.
Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino
insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare.
Lasciare che gli esami siano burlette. 3) Dare alle scuole
private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! Quest’ultimo è il metodo più
pericoloso. E’ la fase più pericolosa di tutta l’operazione
[...]”.
F
Da un discorso di Piero Calamandrei, pronunciato al III
Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, Roma 11 febbraio 1950
namento e riqualificazione dei genitori
(madri in particolare). Per questo progetto l’Amministrazione comunale ha
identificato un locale di proprietà di
terzi nel Centro storico di Gemona dove
i bambini/e, di età compresa tra i quattro
e i dodici anni, potranno svolgere attività di post-accoglienza con ludoteca; in
tale locale essi, durante cinque pomeriggi non festivi a settimana, potranno giocare, eseguire autonomamente i compiti, svolgere altre attività a carattere ludico-didattiche (attività di manipolazione,
animazione musicale, ecc.) sotto la sorveglianza e con l’assistenza di personale qualificato, che proporrà dei percorsi
Un bene irrinunciabile
l diritto all’istruzione è in
grave pericolo. Le riforme
avanzate dal governo Berlusconi, approvate in fretta e
furia e delegittimando il
ruolo democratico del parlamento, mirano allo smantellamento del sistema formativo pubblico. Il ministro Gelmini, con una accorta strategia mediatica, cerca in ogni
modo di occultare la tragica
realtà: le retoriche rievocazioni della buona scuola di
un tempo, fatta di maestri
unici e di grembiulini, mirano a distrarre l’attenzione da
leggi e decreti volti a fare
cassa risparmiando su un
bene primario come la cultura. Ecco dunque gli articoli
di una Finanziaria che prevede 8 miliardi di euro di tagli
all’istruzione nei prossimi
tre anni (il 20% del bilancio)
e la chiusura delle scuole
“troppo piccole” per essere
mantenute in vita; è messa a
rischio l'autonomia degli istituti con meno di 500 alunni.
Si risparmierà aumentando a
dismisura il numero di alunni per classe, che nelle scuole superiori potranno essere
più di trenta: sarà così spazzata via ogni possibile funzione educativa dell’insegnamento, resa impossibile
da una relazione inevitabilmente asettica tra gli studenti e i docenti, che non potranno fare altro che trasmettere
I
adeguati alle fasce d’età dei partecipanti. Il servizio potrà essere utilizzato
dagli aderenti sia in maniera continuativa, sia per brevi periodi. Dall’attuazione del progetto GIOCHIMPARO si auspica, inoltre,
che il centro -una volta arredato e
funzionante, oltre che luogo di
“custodia” e di aggregazione per i
bambini/e- possa diventare anche
punto di incontro e di confronto fra
i genitori e luogo di riferimento per
attività di sostegno alla genitorialità sul territorio.
Se la domanda verrà accolta, il
progetto sarà finanziato principal-
nozioni rinunciando al dialogo, all’approfondimento e al
sostegno nei confronti degli
allievi in difficoltà.
Il drastico ridimensionamento dei finanziamenti pubblici
all’istruzione potrà essere
compensato, secondo il
governo, dalla trasformazione delle scuole in fondazioni,
ovvero dall’apporto di risorse provenienti dal mondo
imprenditoriale. Secondo il
ministro Gelmini non ci
sarebbe nulla di scandaloso
se tutte le scuole d’Italia
diventassero almeno un po’
“private”. La destra considera l’istruzione come un semplice business, potenzialmente molto lucroso. In questo modo la formazione si
trasforma: da diritto inalienabile di ogni persona diventa una merce da acquistare
con rette scolastiche che non
tutti potranno permettersi.
Ogni cittadino dovrebbe
esprimere pubblicamente il
proprio dissenso nei confronti di una politica tanto
miope e pericolosa. Giova a
tal proposito rileggere il
testo di un importante
discorso pronunciato dal giurista antifascista Piero Calamandrei nel lontano 1950,
che spaventa per la preveggenza e per la capacità di
descrivere la situazione
attuale.
Alberto Barel
mente dalla Regione, dal Comune e da
un modesto contributo dell’utenza.
14
STORIA
C'era una volta il Niderlech
Breve storia del privilegio patriarcale che ha determinato il benessere economico della Comunità di Gemona nel Medioevo
ra il 3 giugno
d e l l ’ a n n o 1798
1798. In seguito
al trattato di
Campoformido la comunità
di Gemona, assieme al resto
del Friuli e alla maggior parte
del territorio della repubblica
di Venezia, era passata da
alcuni mesi sotto il dominio
austriaco. In quella domenica
il consiglio minore si riunì ed
approvò la seguente delibera:
“Essendo sempre stato ab
immemorabili, come dalle
Ducali esistenti in questa
Cancell.a che il carico, e
discarico delle merci, che
venivano dalla Germania in
Friuli pernotavano, e facevano scalla qui in Gemona, ed
essendo in ora caduto il
Dominio veneto, e passati
sotto il Dominio Imperiale, si
pone parte di testimoniare li
Nobb. Ss.ri Sebastiano Vintani e Giuseppe de’ Brignolli
acciò abbino ad essaminare
le Ducali stesse, ed estendere
memoriale, e procurare di
ristabilire in questa città, il
carico e discarico delle
merci, o sia Inderlech al caso
che da questa parte avesse di
nuovo a passare la d.ta mercanzia” (Archivio storico del
Comune di Gemona, 337,
Del. Cons.). Con questa iniziativa gli amministratori si
preparavano a sfruttare le
opportunità
commerciali
offerte dalla nuova dominazione, con la probabile valorizzazione delle vie di comunicazione tra il Friuli e l’Austria, chiedendo il ripristino
di un privilegio concesso dal
patriarca nel secolo XIII.
E
n forza di queBei
sto
diritto,
d e n o m i n a t o tempi!
Niderlech
(o
“cargare et discargare”), i
conduttori di merci provenienti dalle terre tedesche o
dai porti dell’Adriatico erano
obbligati a salire in città e
sostare un giorno, pagando
un modesto dazio per ogni
carro o animale da soma. A
I
Gemona, e non altrove, doveva aver luogo anche il cambio dei carri: le merci venivano trasbordate dai carri tedeschi, più agili e leggeri, dunque adatti ai percorsi montani, ai carri latini, più pesanti
(e viceversa per chi proveniva dalla pianura). Privilegi
cui era annessa la riscossione
di balzelli a vario titolo erano
riconosciuti a tutte le giurisdizioni attraversate dalle
grandi vie commerciali.
Gemona, come la vicina Venzone, traeva vantaggio dal
fatto di essere posta presso
una delle principali vie di
collegamento della rete stradale dell’Europa centrale con
i porti adriatici.
Nel periodo più antico
affrontare la salita verso la
città murata, la prima per chi
proveniva dal litorale, l’ultima per chi giungeva dal
canale della Chiusa o dalla
Carnia, era conveniente
anche per i trasportatori, che
nella Terra trovavano i servizi e i mezzi necessari per la
prosecuzione dei loro lunghi
viaggi: carri,
carrettieri,
cibo e alloggio
nelle
locande,
stalle
e
foraggio per
gli animali,
artigiani per
animali
e
veicoli, prestatori
di
denaro, spazi in cui depositare la mercanzia. Il percorso
attraverso la città era il più
agevole anche perché la
comunità curava la manutenzione delle vie percorse dai
mercanti assestando, mediante “pioveghi” imposti alla
popolazione, i fondi stradali e
riattando prontamente i ponti
danneggiati dalle esondazioni dei corsi d’acqua. Le merci
(vino, ferro, stoffe, sale, spezie, cera, olio, pelli… ) erano
destinate per la maggior parte
ad altre piazze, ma alimentavano anche il commercio
locale, sostenuto fin dal secolo XII dal mercato settimanale, uno dei più importanti dell’alto Friuli, e da fiere legate
a feste religiose che si tenevano anche nei borghi esterni. All’atto di compravendita
di numerose merci si esigevano, anche dai mercanti di
passaggio, altri dazi che
andavano a costituire nel loro
insieme la maggiore entrata
del comune.
Possiamo immaginare, dunque, un centro cittadino vivace ed affollato, perfino congestionato quando arrivavano
i carri tedeschi, talora in
carovane di una decina di
mezzi. Sotto i portici le botteghe tenevano esposte le loro
merci, le taverne si riempivano di avventori, in Bariglârs
gli artigiani si affaccendavano a riparare carri e botti.
Sicuramente
arrivavano
abbastanza numerosi anche
viaggiatori non obbligati alla
salita, ma certo attratti dall’animazione e dall’accoglienza
della città, una delle più
importanti del Patriarcato.
del loro ruolo essenziale nell’economia cittadina.
Questo accadeva tra i secoli
XIII e XIV.
ella seconIl
da metà del
Trecento
si declino
intravedevano
già i segnali di un declino
lento e non lineare, nel corso
del quale il Niderlech continuò a portare benefici a
Gemona, creando in certi
periodi l’illusione che potesse rinascere l’antico benessere. I terremoti, gli incendi, la
peste, le guerre - eventi ricorrenti che in precedenza non
erano riusciti a fiaccare il
dinamismo dell’economia
cittadina - determinarono
momentanee accelerazioni di
una decadenza le cui cause
erano di carattere più generale: tra queste, in primo luogo,
la crescente preminenza dei
percorsi attraverso il Campo
e lo spostamento su altri percorsi della corrente dei traffici tra i paesi d’Oltralpe e l’Adriatico.
N
Carro e animali da soma. Affresco sulla facciata
Per molti secoli i trasporti si effettuarono
Constatate le opportunità Venezia confermò alla città il
offerte dal luogo, alcuni stra- privilegio del Niderlech nel
nieri (prima toscani, poi tede- 1423 e poi ripetutamente nei
schi) si stabilirono nella secoli della sua dominazione.
Terra, diventando importanti Ma se in epoca patriarcale
fattori di dinamismo econo- buona parte dei traffici era
mico e culturale.
diretta, per Artegna e TricesiIl benessere consentì alla mo, in direzione di Udine ed
comunità di dotarsi di edifici Aquileia, con il dominio
prestigiosi, tra cui il duomo, della Serenissima il capolisulla cui facciata venne appo- nea di gran lunga più imporsta una colossale statua di tante diventò Portogruaro.
San Cristoforo: un augurio di Allo sbocco della valle del
buon viaggio in pietra per i Tagliamento, dunque nella
viaggiatori in transito su una zona di Ospedaletto, si stacdelle principali vie del com- cava la strada diretta, attramercio, un riconoscimento verso il Campo, a Osop-
STORIA
15
po, al ponte sul fiume Ledra e
infine a Portogruaro. Risultava quindi sempre più antieconomica la salita a Gemona
con relativo obbligo di sosta.
Si cercava in vari modi di
sfuggire a questa coercizione: contrabbandando le merci
sulle zattere del Tagliamento,
facendosi rilasciare permessi
speciali di transito in pianura, protestando presso le
autorità veneziane. Presto
Venezia concesse alla potente
lobby dei mercanti del Fondaco dei Tedeschi l’esenzione dall’obbligo di cambiare i
carri a Gemona, pur confermando, a favore dell’economia della cittadina, quello
della sosta entro le mura.
Il traffico commerciale tra i
paesi d’Oltralpe ed i porti
adriatici tendeva sempre di
più ad evitare il territorio sottoposto al dominio veneto.
Infatti, alle numerose ducali
di conferma del privilegio
gemonese non corrispondevano misure efficaci che rendessero conveniente usufruire ancora del transito per la
valle del Fella. Non furono
diminuiti i balzelli lungo il
percorso (Pontebba, Chiusa,
Venzone, Gemona…): anzi
se ne aggiunsero altri, a carico dei trasportatori, a titolo di
to del Niderlech.
a vita E gli altri
econosettori delmica della
l’economia?
città, tuttavia, non si reggeva soltanto
sul commercio di transito.
Almeno un settore dell’artigianato, cioè la tessitura,
aveva un ruolo autonomo e di
un certo rilievo. Nel medioevo - come si desume anche
dagli Statuti del 1381 - si produceva localmente una tela
non raffinata ma robusta, il
pannus strictus, che veniva
anche esportato. Un’attività
di cui negli ultimi decenni
del Settecento rimaneva soltanto il ricordo: “Anticamente – scrive infatti il Giampiccoli – vi erano, dietro le
memorie che si hanno, delle
fabbriche di panni che di
molto riuscivano, che non si
sa poi come dimesse, o perdute” (Notizie di Gemona
antica città del veneto Friuli,
Venezia 1787, p. 10). Si
tende, inoltre, a non dare adeguato rilievo alle attività economiche che si svolgevano al
di fuori delle mura urbane,
nell’ampio spazio di pertinenza della comunità. Quella parte dell’economia che
era fondata sullo sfruttamen-
L
gevano mulini ed altri
impianti mossi dall’energia
idraulica. Erano diffuse nel
territorio le cave da cui si
ricavavano materiali da
costruzione. I boschi erano
intensamente sfruttati per il
legname da utilizzare per la
costruzione e per il riscaldamento.
L’amministrazione
della
comunità, almeno stando ai
documenti finora visti, a
lungo attribuì poca importanza all’essenziale settore agropastorale, considerandolo
sussidiario
all’economia
commerciale ed artigianale
del centro. Per esempio, la
comunità di Gemona curava
costantemente, assieme ad
altre giurisdizioni, la manutenzione delle roste a Ospedaletto, a Osoppo e presso il
ponte sul Ledra contro le
esondazioni del Tagliamento,
ma, fino al Settecento, non
tanto per salvaguardare i terreni agricoli frequentemente
sommersi ed inghiaiati,
quanto per garantire la percorribilità della strada da
parte dei mercanti, quindi la
frequenza dei transiti in città,
ed in fin dei conti la vitalità
economica del centro. L’idea
di una politica economica
volta alla valorizzazione del-
di una locanda (1730). In JOHANN VILANAK, Tauern Autobahn, 1975.
con mezzi analoghi nell’Europa centrale e sulle strade del Friuli.
contributo ai lavori alle roste
del Tagliamento e del Ledra.
Nella seconda metà del Cinquecento ormai la maggior
parte dei mercanti tedeschi
preferiva viaggiare in terra
austriaca, seguendo la via del
Predil e poi proseguendo in
direzione di Duino e Trieste
lungo la valle dell’Isonzo: un
percorso che una politica più
avveduta stava liberando da
esazioni di transito troppo
onerose. Inevitabile, dunque,
il declino di quella parte dell’economia gemonese che si
sostentava attraverso l’indot-
to delle risorse naturali, sull’agricoltura e sull’allevamento non seguì il declino
del commercio interno ed
alla fine dell’età veneziana
manteneva una vitalità che
nel centro si era perduta da
tempo. Dalla fascia pedemontana e dalla tavella, l’agricoltura nel corso dei secoli si era progressivamente
estesa nel Campo, sottraendo
spazio all’incolto e poi anche
alle terre comunali. Sui
monti e nel piano si praticavano la pastorizia e l’allevamento. Sui corsi d’acqua sor-
l’intero territorio stentava,
qui come altrove, ad essere
assunta consapevolmente in
ambito amministrativo.
Nonostante ciò, per merito
dell’imprenditoria privata,
l’agricoltura si evolveva e si
sviluppava. Il Giampiccoli
nel 1787 definisce la piana di
Gemona come “la meglio
lavorata del Friuli” (p. 8-10).
Il prodotto più pregiato era il
vino, ricavato da uve “della
miglior perfezione e qualità”,
ma si coltivavano anche
cereali, come il frumento ed il
granoturco, e soprattutto
gelsi, dei cui filari la campagna era “ovunque ripiena”.
Questi alimentavano la bachicoltura e la produzione di un
filato di seta di ottima qualità.
Lo stesso autore descrive un
centro cittadino economicamente depresso, per la cui
rivitalizzazione sperava nell’incremento dei traffici sulla
strada pontebbana, che consentisse un “rissorto al commercio […], alle Arti”, un
ritorno al “suo antico ingrandimento”. Un sogno che si
rispecchia nella delibera consiliare citata in apertura.
c r i v e Il peso stoseverarico del
mente don
Valentino Niderlech
Baldissera che “buona parte
della storia del paese dal milletrecento fino alla metà del
seicento (dopo, il commercio
aveva preso altre strade) si
compendia nelle disposizioni, grazie, condanne, sequestri, rappresaglie, liti, proteste e suppliche riguardanti il
il Niderleg: ed è perciò che
qui nessuna industria speciale, nessuna arte fiorì, anzi gli
stessi commercianti vennero
di fuori, e lo furono in panni
i toscani fino al millecinquecento, indi in ferro i tedeschi”
(Da Gemona a
Venzone, Gemona 1891, p. 19).
Secondo questo
autorevole studioso, dunque,
gli amministratori gemonesi che
si succedettero al
governo
della
comunità
non
seppero prendere
atto del mutamento delle
condizioni che rendeva sempre più inattuale il Niderlech
ed orientare diversamente
l’economia della città. Benché di fatto l’antico privilegio, nella pratica, fosse
ridotto già all’inizio del
secolo XVIII ad un modesto
relitto dei tempi passati,
ancora nel 1798, come
abbiamo visto, si sperava in
un risollevamento economico grazie al suo ripristino,
senza individuare settori
alternativi di sviluppo.
Alida Londero
S
EVENTI
16
pagina a cura di Maria Copetti
Piacevoli iniziative dell'estate gemonese
... per non dimenticare!
resso l’ex Chiesa San
Michele il 7 agosto scorso
è stato presentato il libro Pa
sopravivence, no pa l’anarchie – Forme di autogestione
nel Friuli terremotato: l’esperienza della tendopoli di
Godo (Gemona del Friuli) di
Igor Londero (ed. Istituto
friulano per la storia del
movimento di liberazione e
Forum editrice universitaria
udinese). L’evento era inserito tra le proposte di approfondimento culturale dell’Agosto Medioevale della Pro
Glemona in collaborazione
con l’Ass. V. Ostermann. Il
libro ripercorre meticolosamente quel periodo che va dal
6 maggio al 15 settembre
1976: la parentesi della speranza di passare dalle tende
alle case, della grinta e della
fiducia nelle proprie forze per
evitare un Belice bis. Ma le
scosse di settembre, si sa,
hanno portato soprattutto
sconforto oltre ad ulteriore
distruzione, rendendo inevitabile l’esilio da Gemona in
vista dell’inverno. La popolazione trascorre l’estate ’76
nelle tende tra le quali circola
il Bollettino del coordinamento delle tendopoli, un
semplice foglio ciclostilato,
pazientemente conservato da
Gianfrancesco Gubiani in un
archivio, consultabile in
biblioteca (nel dic. 2000 il
Comune di Gemona ha dato
P
alle stampe Documents pa
storie dai furlans tal taramot
dal 1976 – Guide al archivi
Gubiani inte Biblioteche
comunâl “Don Valentino Baldissera” di Glemone a cura di
Matteo Ermacora). L’Archivio Gubiani è la fonte principale di questo libro, dove si
scoprono: la presenza di
estremisti di destra armati,
scandali di truffatori senza
scrupoli, lo svolgimento delle
elezioni nelle varie tendopoli,
le proteste e le polemiche, le
politiche adottate, il rapporto
con l’Esercito, la C.R.I. e tutti
gli altri volontari … L’autore
sottolinea più volte il ruolo
fondamentale delle borgate
nella gestione delle mense,
della distribuzione di viveri,
ma anche dei volontari esterni … le borgate, quanto rimane delle antiche vicinìe. Il
libro è un continuo intrecciarsi di interviste fatte ad alcuni
dei protagonisti di quei mesi
dall’allora Sindaco Ivano
Benvenuti agli amministratori di maggioranza e minoranza, dai curatori del Coordinamento alla int.
La serata è stata introdotta da
Roberto Iacovissi, assessore
alla
partecipazione
del
Comune di Gemona proprio
in quel delicato periodo.
Igor Londero è nato a Gemona nel 1975, è laureato in storia e vive nella borgata di
Godo.
… letture per bambini con
il Gruppo Coccolastorie!
eccato non essere bambini,
credetemi! Sì, anche gli
adulti possono parteciparvi,
ma queste letture sono per
loro, i bambini, quelli della
prima infanzia. Bravi veramente questi genitori! Li unisce una passione, quella di
leggere storie ai propri figli,
passione, che li ha spinti ad
unirsi per rendere questo intimo momento famigliare
un’occasione d’incontro tra
bambini e genitori in vari
spazi verdi delle borgate
P
gemonesi. L’idea è nata lo
scorso inverno, traendo spunto
dalle letture animate in biblioteca. Alcuni di loro hanno
seguito corsi appositi proposti
dalla A.S.L. n°3 e da alcune
biblioteche dei Comuni limitrofi, perché, infatti, queste
mamme e questi papà sono
perlopiù gemonesi, ma non
solo. Diversi sono stati gli
appuntamenti estivi, con sempre un’affollata presenza di
piccoli ascoltatori, rapiti dalla
magia dei racconti: presso il
Parco di Via Dante, presso il
Parco Stroili di Ospedaletto,
un fuori programma piovosissimo in Piazzetta del
Ponte, presso la sede dei
festeggiamenti de L’A.S.E.R.
e in Maniaglia, ma sicuramente quello più suggestivo
è stato l’appuntamento del
13 agosto sotto le stelle del
Parco G. Galli ne La Frate, al
quale vi ha partecipato anche
un nonno, appassionato di
astronomia, a raccontare le
stelle del cielo. In un incanto
di letture, racconti, filastrocche, i Coccolastorie vogliono promuovere la cultura e la
passione per la lettura, “perché i libri sono strumenti
d’educazione, confronto, cultura e socializzazione e poi
possono dar idee per giocare
insieme all’aria aperta,
costruire, disegnare, cucinare, scoprire la natura d’estate …”, magari anche con la
testimonianza di altri nonni
con le storie della loro infanzia, con la storia della loro
vita. Sono in programma
incontri invernali: non perdeteli! Per contattare il Gruppo
Coccolastorie: [email protected]
oppure
3405906204 – 3284651879
… giovani musicisti in Fossale!
er quattro domeniche
consecutive (dal 31 agosto al 21 settembre) la Chiesa di Santa Maria di Fossale, con i suoi tesori d’arte
recentemente restaurati, ha
ospitato una serie di concerti
strumentali di giovanissimi
musicisti. Tra questi adolescenti friulani, dediti con
disciplina allo studio della
musica, vi erano anche alcuni
gemonesi. Alessio Venier di
Cjamp, nato nel 1992, studia
violino e composizione presso il Conservatorio J. Tomadini di Udine. Suona abilmente anche la fisarmonica e
il pianoforte. Ha solo sedici
anni, ma ha già partecipato
con ottimi risultati a diversi
concorsi nazionali. Pietro
Iogna Prat, ventenne o poco
più, studia pianoforte al Conservatorio di Udine. Fiorella
e Marta Isola abitano in
Scugjelârs. Fiorella, nata nel
1986, suona il sassofono e
P
frequenta il conservatorio di
Padova; Marta, che è nata nel
1984, si è appena diplomata
in pianoforte a Udine.
Sono rimasta particolarmente
colpita dalla passione che si
legge sui volti di questi
ragazzi, quando con lo strumento danno vita a virtuosi
accordi: le dita scivolano
veloci e sicure sulle corde!
Ma anche dall’ondeggiare
armonioso e dalla mimica
facciale dei pianisti: vedere
come la musica entra loro nel
profondo dell’anima in
un’interpretazione anche fisica di famose melodie!
Trovo che il termine più
appropriato per definire questa iniziativa, proposta dalla
Parrocchia, sia ninîne, per il
luogo raccolto, per questi
volti giovani sia “sul palco”,
quanto tra il pubblico, un’iniziativa non chiassosa, che ha
saputo regalare emozioni e
raccogliere consensi e plausi.
… notte bianca e mostra di patchwork
n largo Beorcje tal Borc
dal Mulin c’è un continuo
fermento di idee e proposte,
che nella loro in fondo estrema semplicità si riappropriano di quelle che erano le
atmosfere del Friuli contadino e della tradizione di conversare, di raccontare, di fâ
file. Ed è con questo spirito
che da due anni nel magico
periodo di San Giovanni,
I
dopo una intensa giornata
dedicata a convegni su temi
legati all’ecologia, si tiene la
notte bianca. Il 2008 ha
avuto per tema il paesaggio e
la notte bianca (21/06) è stata
animata dal Gruppo Folkloristico Val Resia, che in
poche ore ha fatto conoscere
ed apprezzare gli usi, i costumi e la lingua della vallata,
iniziando i presenti
LETTERE
17
Disagio giovanile
Trovare altri centri di aggregazione
ell’antica cittadina di
N
Gemona, la popolazione giovanile ricopre ruoli
sempre meno importanti,
vengono sempre meno presi
in considerazione e sono
oramai
“dimenticati”,
lasciati alla mercé di bar e
pub, unici centri concreti di
aggregazione giovanile nel
gemonese. Con questa lettera, dunque, voglio portare
all’attenzione della popolazione della cittadina la mancanza di punti di ritrovo
per i numerosi giovani
gemonesi che piano piano
rischiano di cadere nel tunnel dell’alcool o della droga
per sfuggire alla noia di una
bellissima cittadina storica
dimenticata.
Molti esempi sono a noi
sfortunatamente familiari:
negli ultimi quattro anni
infatti abbiamo avuto morti
dovute all’abuso di alcool o
droghe e un’infinità di ritiri
di patente o incidenti dovuti
allo stato di ebbrezza dei
giovani al volante.
Chiedetevi il perché di questi orrendi fatti e troverete
risposta nella mancanza di
attenzione verso il futuro di
Gemona: i giovani. Noi giovani chiediamo dunque al
Comune di Gemona un
luogo di ritrovo sano e tranquillo ove noi potremo ritrovarci e poter passare del
tempo insieme, poter parlare
discutere e scambiare idee; o
dilettarci in ciò che interessa
molti giovani del luogo: la
musica. La musica come un
grande collante è ciò che
accomuna i giovani del
gemonese oltre ai bar e i
pub. Molti di noi infatti si
divertono a fare musica e,
oltre a dilettanti, troviamo
molti musicisti veramente
dotati che sfiorano livelli di
anche ai principali passi
della tipica danza resiana. Si
è tenuta altresì una videoproiezione sul paesaggio da
un’esperienza svolta nel biellese. Fondamentale la presenza del C.I.S.O. con
gustose prelibatezze! Il giorno seguente tutti in bici in un
itinerario nel gemonese che
ha dato l’opportunità di scoprire scorci, storie e persone!
Si è poi tenuta (22/08 –
07/09) la mostra Patch
Four in un duplice allestimento (Mulino Cocconi e
Palazzo Calderari a Venzone). Quattro artiste del patchwork si sono cimentate per
la seconda volta (la prima
mostra risale all’estate 2006)
nella realizzazione di vere e
proprie opere d’arte con i
blecs. Queste fantasiose
creatrici sono: Loretta Di
Gallo (di Gemona), Marina
Gortana (di Artegna), Anita
Normani (di Pavia di Udine)
e Daniela Urbani (di Gemona). La novità di questa
seconda edizione, che ha
destato notevole interesse e
curiosità, è stata l’idea di
reinterpretare con la stoffa e
secondo le tecniche del patchwork delle opere d’arte di
artisti locali. Ecco quindi che
Loretta ha presentato un’opera di Grazia Renier (nativa di Gemona), Marina un
quadro di Carlo Trost, Anita
un’opera astratta di Fabio
Fonda e Daniela ha tratto
spunto dalle ceramiche raku
di Nadia Zanella. All’inaugurazione, gremita di pubblico, erano presenti anche gli
autori delle opere originali in
un piacevole confronto di
tecniche ed emozioni. Questo nuovo uso del patchwork
ha portato le nostre ad una
recensione sulla rivista trimestrale Magic Patch – Il
Patchwork
(n°33
maggio/luglio 2008) e ad un
riconoscimento ad honorem
dall’Associazione Quilt Italia. Ognuna con il proprio
stile, ognuna con la predominanza delle tinte preferite,
ognuna con la propria storia,
ma nello spirito comune del
recupero e del riciclaggio,
che è anche lo spirito traino
dell’Ecomuseo!
virtuosismo, ma che non
possono essere notati o stimolati a causa della mancanza di posti liberi in cui
suonare senza dare fastidio
alla popolazione circostante.
Non solo la musica interessa
i giovani gemonesi, ma
anche la ricerca di nuove
forme di espressione potrebbe trovare grandi adesioni
grazie alla novità dell’idea
(teatro, pittura, giocoleria
ecc.).
Chiediamo dunque l’assegnazione di un locale dove
possiamo liberamente esprimerci e passare del tempo
insieme senza dover usare
come scusante la birra o il
tradizionale taglio di vino a
diciotto anni.
Assieme ad altri giovani di
Gemona e dintorni ci impegniamo alla gestione del
suddetto luogo grazie alla
fondazione di un’associazione culturale giovanile
affinché il progetto non Vi
sembri un fatiscente castello
sull’aria.
In molti paesi del Friuli,
anche molto più piccoli di
Gemona, ciò e già stato
messo in atto con grande
partecipazione e grande
entusiasmo della comunità:
paesi come Moggio Udinese, Nimis e Palazzolo dello
Stella. Chiedo ai giovani
veramente interessati e
capaci di portare avanti
seriamente il progetto, di
dare la propria adesione, di
far sentire la propria voce;
spingo affinché molti altri
trovino la forza e la voglia di
migliorare la NOSTRA cittadina, di reimpossessarci di
ciò che il Comune ci ha privato: una giovinezza libera,
spensierata, stimolata e
appoggiata.
Clovis Giuseppe Scionti
A PROPOSITO DI “GIOCHI DI GUERRA”
Cronaca di una passeggiata
abato 11ottobre pomeriggio mi reco al Lago
Minisini di Ospedaletto per
fare una passeggiata con mia
figlia e le mie nipotine.
Improvvisamente sentiamo
un rumore di spari e vediamo
degli individui vestiti con
abiti militari e con il viso
coperto che simulano un'azione di guerra. Uno di loro
ha puntato la pistola contro
di noi. Le bambine, ma pure
noi, ci siamo spaventate. Ho
S
subito avvertito i Carabinieri
anche perché lungo il tratto
del sentiero non c'era nessun
cartello di avviso, come
dovrebbe essere previsto per
questo tipo di attività. I
Carabinieri mi hanno riferito
che questi così detti “giochi
di guerra” sono consentiti …
ma in quel luogo di così
grande valore naturalistico
non dovrebbe prevalere la
pace e la serenità?
Piera Londero
Elezioni comunali
ella primavera prossima saremo chiamati a rinnovare gli amministratori del nostro Comune. E' una
opportunità per rinnovare la nostra classe dirigente affinché nuove idee e nuovi progetti possano rendere migliore la nostra città.
Quello che però, sino ad oggi, è dato di sapere sui possibili candidati alla carica di Sindaco non va certo in questa direzione: l'attuale Sindaco Gabriele Marini pare non
intenda rispettare la dichiarazione, resa in un'assemblea
pubblica, di ritirarsi alla fine di questo mandato; l'ex Sindaco Disetti, sonoramente bocciato nelle ultime elezioni
regionali, si ripropone come il nuovo Mosè; non di meno
i Sindaci del terremoto Benvenuti e Sandruvi. Il Sindaco
del terremoto nel 1976 aveva meno di 35 anni: non è il
caso di lasciar spazio a qualche giovane!
N
GIOVANI ARTISTI
18
I tatuaggi su carta di Luxart
Il mondo di Lucia Collini, che dal buio di oggi spera la luce di domani
vocabolario Garzanti
Ichil2007appartiene
definisce dark “che,
a un movimento giovanile sorto nei
paesi occidentali tra gli anni
Settanta e Ottanta del Novecento, che esprime attraverso l’abbigliamento di colore
nero una vocazione al pessimismo, sostenendo una
visione cupa della vita e
amando atmosfere gotiche e
decadenti”. Sinceramente
pensavo che il movimento
dei dark fosse ormai storia
“antica” degli anni ’80, invece mi sbagliavo.
Mesi fa la redazione di P&M
ha ricevuto una segnalazione
per la rubrica Giovani Artisti, che riguardava Lucia
Collini. Mi sono messa in
contatto con lei e dopo qualche esitazione ha accettato di
raccontarsi. Non la conoscevo affatto e quando negli sms
mi parlava delle sue origini
egiziane e, quale indizio, per
riconoscerla al nostro primo
incontro, mi ha scritto “Io
sarò quella più nera … Ah!
Ah! Ah!”, sempre pensavo
che si riferisse in qualche
modo al colore della pelle,
probabilmente olivastra e
resa ancora più scura dall’abbronzatura estiva. Quando è giunta al luogo dell’appuntamento ho capito finalmente cosa intendesse dire:
mi è apparsa una bella ragazza con gli occhi truccati
come una regina egizia,
completamente vestita di
nero, ma che proprio in quegli occhi, messi esasperatamente in risalto dalla matita
nera, di cupo, pessimistico e
decadente non c’era proprio
nulla, anzi mi ha dato subito
l’impressione d’essere una
ragazza vitale e brillante. E’
chiaro che il suo aspetto attiri inevitabilmente l’attenzio-
Le origini del tatuaggio
Il tatuaggio è caratteristico di quasi tutte
le società tribali. Ma la culla dell’arte del
tatuaggio è l’Oceania. Tatuaggio è l’unica parola italiana, insieme a tabù, che
derivi dalla lingua polinesiana.
Nel 900 d.C. i maori, popolo di guerrieri
e navigatori originari dell’Asia, sbarcarono alle Isole Cook e sulle coste dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda. I
maori hanno colonizzato gran parte del
Pacifico dando vita a quella che oggi
viene chiamata Polinesia. Tutte le genti
di queste isole sono riconducibili all’unico gruppo etnico –linguistico dei maori.
Certi motivi simili a quelli usati per decorare ceramiche Lapita dimostrano che è
un costume diffuso da millenni. Era
molto comune nelle Isole della Società e
a Samoa e divenne un elemento caratterizzante della cultura delle Isole Marchesi e della Nuova Zelanda, dove uomini e donne si decoravano gran parte del
corpo e del viso. In Nuova Zelanda il
moko (il moko è anche un animale autoctono e precoloniale, simile al ramarro),
tatuaggio che le donne portavano sul
mento (raramente si eseguivano su polsi,
fronte e seno), era praticato con motivi
curvilinei simili a quelli raffigurati nelle
sculture. Anticamente, in buona parte
della Polinesia, il tatuaggio era praticato
nella pubertà come una sorta di rito iniziatico. I disegni cutanei erano talismani: proteggevano da malattie e malocchio
ne dei passanti: “A Gemona
mi guardano male per il mio
aspetto e allora esco poco ...
Vedendomi, metto paura, ma
poi dicono che sono abbastanza simpatica!”.
Lucia Collini nasce a
Gemona nel gennaio 1990
da papà gemonese e da
mamma egiziana de Il Cairo.
In questa famiglia multiculturale, Lucia cresce nel massimo rispetto e libertà di scegliere ciò che di ogni cultura
più le aggrada, più le appartiene, senza alcuna imposizione dai genitori. Seppur
rimpianga di non portare un
nome più esotico, la sua
anima e la sua mentalità
sono in predominanza italiane, friulane, perché qui è
nata e cresciuta. Lucia abita
in Taviele.
La sua passione innata per il
disegno la spinge a iscriversi
all’Istituto d’Arte G. Sello di
e infondevano coraggio. I motivi tatuati
rappresentavano totem (tiai) o antenati
(tupuna) ed erano scelti secondo età,
sesso, clan o rango. Certi motivi manifestavano una distinzione sociale: erano
riservati a capi e sacerdoti. Il tatuaggio
aveva implicazioni spirituali, estetiche
e persino erotiche, l’assenza di tatuaggi
poteva essere motivo di rifiuto. Alle Marchesi e nelle Isole della Società il tatuaggio veniva praticato con una dolorosa
tecnica incidendo la pelle con denti di
maiale per poi colorare con tintura di carbone fossile. E ancora più cruenta era la
tecnica usata dai maori della Nuova
Zelanda: la pelle veniva tagliata con
ceselli di osso e quindi s’infilava nell’incisione del pigmento bluastro con uno
scalpellino dentato. Una lunga tortura a
cui i guerrieri si sottoponevano senza
lamento. I motivi del tatuaggio variavano
in ogni arcipelago: erano geometrici
(losanghe, cerchi, greche, stelle, fasce e
tratti intermittenti) o figurativi (animali,
cocchi, scene di combattimento).
Con l’arrivo dei colonizzatori europei e
dei missionari (nelle Isole Marchesi giunsero nel 1842) furono banditi in tutto il
Pacifico: la pratica della nudità, i tatuaggi, che resistettero solo nelle Western
Samoa, le danze e le sculture, perché raffiguravano divinità pagane. Così, mentre
la parola polinesiana veniva adottata
dalle maggiori lingue europee e il tatuaggio diventava un costume diffuso tra i
Udine nella sezione Rilievo e
Catalogazione, ma la bocciatura nell’anno scolastico
2006-2007 la porta a cambiare totalmente indirizzo di
studi, ricominciando tutto da
zero presso l’Istituto Professionale B. Stringher nel settore alberghiero, con l’intenzione poi di prendere la specializzazione in sala –
marinai di tutto il mondo, dalle Marchesi
alla Nuova Zelanda i maori dimenticarono uno degli elementi chiave della loro
tradizione. Sull’onda delle rivendicazioni
culturali, nei primi anni ‘80 Tavana Salomon reintrodusse l’uso del tatuaggio
nella Polinesia Francese. Sorsero vere e
proprie competizioni di tatuaggio al
Festival of Pacific Arts, la kermesse che
ogni 4 anni raccoglie in un diverso arcipelago tutte le espressioni artistiche del
Pacifico. Quanti fossero prima dell’arrivo degli europei non si sa, ma oggi
(1998) i maori, sono 405 mila, concentrati specialmente nella North Island e combattivi quanto basta per ottenere il “risarcimento” delle ingiustizie subite durante
la colonizzazione. Il risarcimento maori
si nota anche nel ripristino degli usi: oggi
in certe città è normale salutare alla
maniera antica, toccandosi il naso per
scambiarsi il maurihora, il soffio della
vita, si gioca con le poi, palle di spugna
usate come yo-yo, si balla la haka, la
grottesca danza che si esegue a suon di
smorfie con la lingua, e la gente si tatua
nuovamente, sì per moda, ma soprattutto
quale simbolo culturale da mostrare con
orgoglio e spirito d’indipendenza.
Tratto da: di Marco Moretti Isole del
Pacifico – Tahiti Cook Tonga Samoa
Fiji - ed. ClupGuide Utet Libreria s.r.l.
Torino; TuttoTurismo n°228 Gennaio
1998 e n°231 Aprile 1998; Enciclopedia
Europea – Garzanti 1979
19
scuole:
tatuaggi tribali - Si rifanno
soprattutto alla tradizione
maori della Nuova Zelanda e
di buona parte delle isole
dell’Oceano Pacifico (vedi
riquadro di approfondimento). Sono opere astratte dalle
linee e forme geometricamente sinuose. A lei piacciono soprattutto per la simmetria delle esecuzioni e per
soluzioni compositive infinite. Predomina il sole: una
qualche necessità di luce, di
speranza e di bellezza della
vita in un vivere totalmente
in black and white;
i pagliacci – Non sono certo
i pagliacci spassosi dei circhi, ma inquietanti personaggi, che ricordano piuttosto IT di Stephen King, indiscusso re della letteratura
horror, oppure il Jocker del
fumetto di Batman. Clown
diabolici con sguardo malefico e sorriso ghignante
quindi, ma anche malinconiche maschere, dei Pierrot
con l’eterna lacrima sulla
guancia. E’ attratta dal lato
triste delle cose per contrastare la visione serena del
mondo che per molti così
sereno non è: “Qui siamo
abituati a vivere una realtà
un po’ distorta, anche a
causa della tv, che nelle sue
pubblicità dipinge il mondo,
la famiglia, la vita … sempre
col sole, col sorriso, con
case belle, lussuose e linde,
invece ci sono
guerre e scontri ovunque e
molti arrivano
con difficoltà a
fine mese. E
poi ci sono le
trasmissioni,
tipo Lucignolo, che propinano
come
modello di vita
quella
dei
lustrini, delle
mega
feste,
delle veline e
delle soubrettine, denudate in
tutto
anche
nell’anima.”;
old school – Di
ritorno dalle
loro spedizioni,
L’opera con cui ha vinto un concorso
bar “… perché si sta con la
gente; è divertente, anche se
faticoso, ma l’importante è
che si stia a contatto con la
gente …” , ma l’ambiente
“libero” dell’Istituto d’Arte
le manca alquanto.
Lucia è giovanissima, appena diciottenne, ha un carattere forte, ma profondamente
indeciso e in continua ricerca di una sua personalità e di
identificazione in uno stile,
in una moda, passando dal
mondo hip hop, quando non
è che una dodicenne, per ora
essere una dark, look che
sceglie per il suo interesse
per la musica metal, per le
motociclette, ma soprattutto
per i tatuaggi: “Tatuaggi e
musica sono un binomio
indissolubile”.
Ed è proprio all’arte dei tattoo che Lucia si dedica. Lei
non ne porta “perché i miei
non vogliono” e, non avendo
l’abilitazione, che si ottiene
dopo corsi e anni di praticantato, non ne ha mai tatuato
alcuno, però si diletta a disegnarli per amici tattoo
makers o per studi specializzati in quest’arte, cedendoli
tramite internet. Sempre via
internet, i suoi disegni sono
stati richiesti anche da band
musicali, tra cui una di
Roma, per la copertina del
proprio cd.
Le sue opere, che lei definisce tatuaggi su carta,
seguono diversi stili, diverse
GIOVANI ARTISTI
il capitano Cook e gli
altri pionieri del Pacifico portarono a casa,
dipinti sulla loro pelle,
questi originali souvenir, dando così inizio
alla lunga tradizione
che lega i marinai ai
tatuaggi. Questo stile
riprende i tatuaggi di
marinai e carcerati degli
anni ’30 del Novecento.
I soggetti più ricorrenti
riguardano soprattutto
quanto appartiene al “Un uomo con la maschera antimondo marinaresco, ma gas, sciolto dai suoi stessi veleni”
anche fiori, rose in partile Un Blanc e un Neri, di
colare, serpenti e provocanti cui cura la grafica di volantipin up;
ni e manifesti, oltre al decoil fumetto / fairies – I suoi ro estetico della sede (Via
primi disegni erano molto Velden).
ispirati ai manga giapponesi Una sua fonte d’ispirazione
e apprezza molto anche lo è la lettura delle opere di
stile di Milo Manara, che dai Charles Baudelaire (1821primi anni ’80 s’impone nel 1867), che ammira per “la
mondo dei fumetti con uno decadenza, la tristezza, la
stile morbido e sinuoso, con sensibilità e il malessere
fanciulle dalle lunghe gambe interiore che emergono dai
e lunghe chiome, protagoni- suoi scritti; è stato un persoste di sensuali vicende (da naggio molto contestato
Tv Sorrisi e Canzoni – giu- all’epoca, ma che non ha
gno 1996 100 volte mai smesso di mostrarsi così
GULP!).
com’era …”. Nelle opere di
Compaiono però anche Lucia si ritrovano un po’ le
misteriose fate (fairies), per- atmosfere di fantasticheria
sonaggi effimeri dell’univer- (rêverie) dello scrittore,
so fantastico;
poeta e prosatore parigino,
dark - E’ un continuo moni- quel leggero velo che tenta
to a vivere al meglio la vita, di coprire la vera e dura
godendone ogni suo secon- realtà, che però incombe
do, perché la fine, la morte, è inesorabile. E la vera e dura
sempre in agguato in un’in- realtà ha ispirato quella che
cessante sfida contro il Male, potrebbe essere la prima
che forse troppo spesso tira i opera a tempera su tela di
fili di questa vita infelice e Lucia: un uomo con la
malsana. Sono opere inquie- maschera antigas, sciolto dai
tanti nel loro simbolismo, suoi stessi veleni, inquinama che invitano a riflettere mento e guerre (vedi foto).
su quanto il Male predomini E’ proprio la voglia di spetroppo spesso sul Bene.
ranza, della speranza in un
Non disdegna anche soggetti mondo migliore, che spinge
quali farfalle, insetti e ragni. questa ragazza ad evidenziaLucia non ha finora preso re solo i lati più dark della
parte ad alcuna mostra, ma vita, ma se inizialmente si
ha partecipato con successo firmava Killer (da occhio
ad un concorso internazio- assassino), ora ha scelto di
nale di disegni su muro, firmarsi Luxart, dal suo
sempre tramite internet, che nome Lucia, da luce: uno
l’ha portata a classificarsi spiraglio di luce e una sfuprima nella cosiddetta Sezio- matura di colore stanno
ne Pennelli e quinta in asso- facendo capolino nella vita
luto tra tutti i partecipanti. di questa figlia dei faraoni.
L’opera, con cui ha vinto, è Per contattare Lucia Collini:
in fase di realizzazione (vedi cell. 340 0522652 oppure
foto) presso la sala prove [email protected]
dell’Associazione CulturaMaria Copetti
SPORT
20
50 anni di pallacanestro
La storia e i primi passi della pallacanestro a Gemona
ono trascorsi ben 50 anni
dal campionato C.S.I.
Seniores 1958/1959, quando
la squadra Pio Gabos (PG)
diede ufficialmente l’avvio al
gioco della pallacanestro a
Gemona.
S
Se nel libro Gemona, Gemona, Gemona (ed. Pro Glemona – 1999) l’autore, Tito Cancian, afferma che a Gemona
si giocasse a pallacanestro
già alla fine degli anni ‘30,
nel cortile delle scuole elementari di via Dante, solo dal
1957 Gemona può contare su
una vera e propria squadra di
basket.
Nell’estate di quell’anno un
gruppo di giovani decide di
costituire una squadra di pallacanestro. Il nucleo iniziale
è formato da Silvano Contessi e Renato Candolini, a
cui si unisce Pietro Pieri
Salvador. Vengono allora
presi i primi contatti con i
Padri Stimmatini per ottenere
l’uso della palestra della
Scuola Media Aristide Benedetti, dotata di un solo canestro e derivata dal vano del-
l’ex chiesa dell’oratorio. E
così hanno inizio i primi allenamenti. Nel frattempo a
questi primi pionieri si avvicinano Gianfranco Contessi,
Romano Biasutti ed Enzo
Pischiutti e poco dopo, ancora giovanissimi, Pier Enzo
Stafutti, Virgilio Candolini,
Alfredo Contessi, Vittorio
Colaone e Igino Visentini. Il
vano dell’ex chiesa, nonostante tutta la buona volontà,
non si può proprio ritenere
adatto a giocare a pallacanestro, pertanto si cerca ospitalità presso la palestra dell’ex
G.I.L. – Gioventù Italiana
Littorio (oggi collocabile tra
la Stazione FS e l’Eurospar
in via Dante) gestita dal
Commissariato per la Gioventù Italiana e affittata dal
Comune di Gemona al locale
Istituto Professionale di
Stato. Superata tutta una serie
di difficoltà, questi caparbi
giovani ottengono il nullaosta del Preside per l’impiego
della palestra e l’autorizzazione all’uso dal sindaco on.
Luciano Fantoni. Con i dovuti lavori di risistemazione il
La prima formazione del 1957
campo viene segnato e la
squadra punta al Campionato
C.S.I. Juniores. A tal fine si
rivolgono a Bruno Cragnolini, allora Presidente dell’Unione Sportiva Pio Gabos
dell’Oratorio degli Stimmatini, per aggregarsi a quella
società sportiva, che era già
affiliata al C.S.I. (Centro
Sportivo Italiano) con una
squadra di calcio. Era anche
necessario avere la firma dell’assistente
ecclesiastico,
condizione indispensabile
per potersi iscrivere al campionato.
L’8 dicembre 1957 (Festa
dell’Immacolata) la squadra
di pallacanestro Pio Gabos
gioca la sua prima partita a
Udine al Collegio Bertoni in
un incontro amichevole contro la squadra dei convittori
del collegio stesso.
Successivamente prendono a
far parte della squadra anche
Piero Cotti, Flavio Morgante,
Giuseppe Urbani. Grazie
all’interessamento di Sergio
Venchiarutti,
consigliere
della Società Pro Glemona, e
all’approvazione dell’allora
Presidente, dott. Antonio
Antonelli, nel 1958 la squadra cestistica gemonese
La pallacanestro femminile a Gemona
n Italia il primo campionato femminile di pallacanestro risaITriestina.
le ufficialmente al 1930, vinto peraltro dalla Ginnastica
Tito Cancian riporta in Gemona, Gemona, Gemona
che, dalle cronache locali dell’epoca, nel 1938 a Gemona ci
fosse una squadra femminile, composta dalle seguenti giocatrici: Teresa Comis, Marini, Morandini, Giovanna Pasini
(cap.), Clara Placenzotto, Maddalena Schettino e Liliana
Treu. Proprio di recente (3/9/2008) sul Messaggero Veneto è
stata pubblicata una bella fotografia, datata 9 ottobre 1938: si
sta disputando nel campo sportivo di San Daniele la partita di
pallacanestro femminile San Daniele – Gemona, vinta 45 a 7
dalle padrone di casa!!! Giovanna Pasini (classe 1921) mi ha
raccontato: “Avremo iniziato a giocare a pallacanestro verso il
1936 con la G.I.L., sotto il Fascio. Ci allenava Pieri Kilot presso il cortile della scuola elementare. Era un gioco ancora poco
conosciuto, poco popolare. Ricordo che indossavamo una
gonna di cotone azzurro, per la precisione di rigadin (rigatino), quello prodotto da Toi (fabbrica e rivendita di tessuti della
fam. Venturini in Via Cella), e una maglia bianca. Io ero la
capitana, ma la Treu, ad esempio, era molto agguerrita. Abbiamo giocato diverse volte a Udine; facevamo dei bei cesti e il
pubblico ci applaudiva. Con lo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale avevamo già smesso di giocare”. Amalia D’Aronco
ved. Comis mi ha confermato che la cognata, Teresa (1919 ca.
– 1996), fosse una grande atleta a cui piaceva molto la corsa.
La Comis era molto amica di Clara Placenzotto, che, nativa di
Udine, venne ad abitare da una zia a Gemona, per poi emigrare in Venezuela con il marito Italo Elia.
9 ottobre 1938: partita di pallacanestro femminile San
Daniele-Gemona (foto di Ciro Barnaba/Buja - archivio Ezio
Gallino/San Daniele)
Tra il 1959 ed il 1960 si tenta nuovamente di costituire una
squadra di pallacanestro femminile, allenata da Silvano Contessi e Pietro Salvador, ma nonostante l’entusiasmo e le numerose adesioni, per impegni di lavoro dei responsabili, la squadra deve sciogliersi poco dopo la sua costituzione. Nel 1974 si
concretizza finalmente il progetto di una sezione femminile, la
cui attività proseguirà fino al 1986. Sfortunata proprio la pallacanestro femminile a Gemona! Però dal 2004 è iniziata una
campagna di reclutamento di giovani cestiste, che ha portato
l’Ass. Gemona Basket A.S.D. a riproporre nel 2007 una squadra femminile nei campionati giovanili.
SPORT
21
ottiene il sostegno della Pro
Glemona (PG), che allora
era dedita stabilmente anche
alla gestione e all’organizzazione di eventi sportivi. Questo passaggio permette alla
squadra di portare con orgoglio il nome di Gemona, di
disporre di un’organizzazione societaria più radicata ed
efficiente, di poter pagare le
spese, fino ad allora sostenute dai singoli giocatori, di
poter affrontare gli impegni
futuri con maggior tranquillità, di ottenere con più facilità il rinnovo dei permessi
per l’uso della palestra. Il
geom. Nello Venchiarutti,
allora Vice Presidente della
Pro Glemona e Comandante
del Corpo dei Vigili del
Fuoco, assicura l’attrezzamento a campo di basket del
cortile dei Pompieri (che
aveva sede in quello che era
l’ex convento di frati nei
pressi della Chiesa di Santa
Maria delle Grazie, oggi collocabile nell’ambito della
Casa dello Studente) per giocare le partite del Campionato di Prima Divisione. La
Società Pro Glemona nomina
Responsabile Tecnico Pietro
Marini Kilot e tesoriere
Luigi Copetti Barbîr.
Per partecipare al Campio-
nato
C.S.I.
Seniores
1958/1959, alcuni giocatori
si vedono costretti a ritoccare
la data di nascita, perché l’età
massima consentita era di
ventuno anni e alcuni l’avevano già superata, ma troppo
importante era partecipare …
Per quel campionato le partite in casa si svolgono nella
palestra ex G.I.L.. La sponsorizzazione di Agipgas permette l’acquisto delle mute
da gioco, confezionate coi
colori di Gemona dalla
magliaia di Piovega, Adriana
Marini.
Fatto il corredo, viene introdotta la richiesta di affiliazione alla F.I.P. per disputare il
Campionato Provinciale di
Prima Divisione. La squadra
è composta da: Silvano Contessi (cap.), Pietro Salvador,
Renato Candolini, Pino Pennasilico (di Tarcento), Enzo
Pischiutti, Gian Franco Contessi, Virgilio Candolini, Pier
Enzo Stafutti, Giuseppe
Urbani, Piero Cotti. Nel ’59
si inaugura il campo nel cortile dei Vigili del Fuoco; in
tale occasione la squadra
gemonese riesce a battere per
quattro punti il Ricreatorio
Festivo Udinese, campione
nazionale C.S.I..
In seguito alla rosa di gioca-
Campioni gemonesi in Nazionale
ederico Bellina nasce a Gemona nell’ottobre del 1979.
Federico centra i suoi primi canestri e si forma nella Gemona Basket. A sedici anni, viste le sue indubbie capacità, intraprende la carriera sportiva, andando a giocare con la squadra
Juniores di Gorizia (da A2 a A1). Ha poi fatto parte di importanti squadre italiane come la Spar Pesaro in B1 (per 1 anno) e
il Pavia, da B1 a A2, (per 5 anni), allenato da Martellos di
Udine. Il primo contatto con la Nazionale risale al febbraio
1995, evento che ha emotivamente coinvolto anche la società
gemonese, essendo il primo atleta di quella fucina di cestisti ad
arrivare a quei livelli. Ha poi giocato numerose partite nella
squadra Juniores della Nazionale Italiana, mentre con la prima
squadra ha partecipato solo ad alcuni raduni. E’ tale la sua
voglia di giocare, che ha rinunciato a certi ingaggi in squadre
di serie A1 per non rischiare di
rimanere in panchina, preferendo invece squadre minori,
dove però si gioca e pure
molto, tanto da essere stato
definito l’americano bianco a
Pavia! La famiglia di Federico
abita a Campolessi, mentre la
vita del nostro gigante, è alto
infatti 2.04mt., si svolge in
Lombardia, dove attualmente
F
Federico Bellina quando giocava con la Gemona Basket
tori si aggiungono: Claudio
Sandruvi, Luigi Della Torre,
Enrico Londero, Carlo Contessi, Bruno Rosso, Romeo
Ruzzante, Maurizio Burelli,
Paride Banelli ... Pertanto si
provvede all’iscrizione al
Campionato C.S.I. Allievi.
Per un paio d’anni (1962 –
1963) l’attività cestistica
gemonese s’interrompe per i
troppi impegni dei dirigenti e
degli allenatori, ma nel 1964
Dario Zanghi, venuto a
Gemona da Udine, propone a
Renato Candolini di rilanciare il basket. Conseguito il
patentino di aiuto-allenatori,
per alcuni anni prepareranno
la squadra, passando poi il
testimone a Giovanni Della
Savia. Da qui rinasce la storia della pallacanestro a
Gemona. Della Savia è stato
in seguito il maggior promotore di una seconda rinascita
del basket gemonese, quella
del post terremoto.
Per far fronte alle spese di
questa attività, alla fine degli
anni ’60 la Pro Glemona
chiede la sponsorizzazione
della ditta Cumini. E’ di questo periodo il lancio dell’attività cestistica anche nelle
scuole con una serie di corsi
di minibasket.
Nel 1969 s’interrompe per un
anno la collaborazione con la
Pro Glemona e la squadra si
vede costretta a trasferirsi nel
campo da gioco di Campolessi, grazie alla disponibilità
dell’allora parroco don
Amato Puppini. Assume il
nome di San Marco e ad
allenarla è Dario Zanghi. La
squadra è un’ottima squadra,
tant’è che quell’anno vince il
Campionato
Provinciale
C.S.I. Allievi. I campioni
provinciali sono: Roberto
Lepore, Manlio Della Marina, Roberto Polano, Claudio
Tuti, Umberto Feriani,
Nesmi Stefanutti, Alessandro
Forabosco e Bruno Vuerich.
Ripristinati i rapporti con la
Pro Glemona, essa proseguirà nel suo impegno fino al
1985, quando confluisce con
la sezione cestistica della
Nuova Atletica Gemona,
creando
l’Associazione
Gemona Basket A.S.D. che,
grazie a sponsorizzazioni
come quella storica della
società Bravimarket, può
proseguire autonomamente
l’attività. Nel 1975, infatti,
sotto la guida del presidente
Mario De Clauser, era sorta
la Nuova Atletica Gemona
(oggi Gemonatletica), che
aveva dato vita anche ad una
continua a pag. 22
gioca con la squadra di Casalpusterlengo (Lodi), passata in B1.
Con il rammarico di non aver mai giocato a Gemona, alla quale
è tra l’altro legatissimo, l’altro campione Azzurro è David
Londero flec, nato in Svizzera nell’aprile del 1971. La famiglia è rientrata in Friuli nel ’75, prendendo casa a Fagagna. E’
nel vivaio fagagnese che David muove i primi passi tra i canestri, per passare poi al Feletto. Nel 1983 si trasferisce con la
famiglia a Gemona. Avrebbe tanto voluto giocare con la squadra locale, ma in quegli anni non c’era il team della sua categoria e quindi deve proseguire gli allenamenti con il Feletto,
che di tanto in tanto gli concede il nullaosta per disputare alcune partite con gli Juniores di Gemona, uniche occasioni di giocare con i gemonesi. Nel 1987 supera un provino a Reggio
Emilia, dove si trasferisce e vi giocherà per ben 8 anni. A livello professionistico seguiranno anche le esperienze di Verona,
Siena, … Questi sono gli anni
d’oro del nostro campione, nel
corso dei quali verrà convocato
anche nella Nazionale Italiana.
Dopo aver giocato in squadre
italiane dei campionati di A1 e
A2, da poco tempo è tornato
definitivamente in Friuli e sta
per iniziare il campionato con
la squadra di Corno di Rosazzo, neopromossa in B2. E’ sposato con Elisa, figlia del cestista Pino Brumatti, ed ha 2 figli.
David Londero
ASSOCIAZIONI
22
Elementi Sotterranei - ElettroMenti
Graffiti e incontri al campo sportivo Pascat
l progetto “Elementi Sotterranei”, promosso dall’associazione Bravi Ragazzi, è un raduno di graffitiwriters e street-artists che è
ormai giunto alla sua terza
edizione. Venuto al mondo
nel 2006 nei parcheggi sotterranei di Piazza del Ferro,
si è poi spostato nel 2007 al
parco di via Dante per poi
approdare nel 2008 al campo
sportivo “T.Goi” di Campagnola.
Quest’anno i Bravi Ragazzi
hanno potuto contare sulla
preziosa
collaborazione
della Pro Glemona e del
gruppo “Italia 143” di
Amnesty International, che
gli hanno permesso così di
puntare a obbiettivi più alti
rispetto alle precedenti edizioni. Infatti, se prima lo
scopo principale della manifestazione era quello di permettere ai writers di esprimere la loro creatività sui
muri di Gemona, in questa
edizione si è voluto creare
un luogo di incontro e conoscenza reciproca tra i rappresentanti della cultura hip
hop, le associazioni gemonesi e i cittadini.
Ecco quindi nascere “ELETTROmenti”, menti ELETTRiche, attive, sveglie e
critiche, che lavorano in
sinergia divertendosi e
divertendo, ma stando ben
attente a non dimenticare ciò
che nel mondo ostacola
ancora la libera espressione
(a noi tanto cara) e ogni altra
forma di libertà. Ed è proprio
seguendo questo principio
che i writers provenienti da
Roma, Milano, Vicenza,
Venezia,
Monfalcone,
Udine, Pordenone, San Giovanni e Gemona, (molti dei
quali tra i più apprezzati in
Italia) hanno dipinto i muri
del campo di Campagnola.
Ai “pezzi” dei writers si
sono inoltre affiancate alcune associazioni con le loro
proposte e attività (gruppo
“Italia 143” di Amnesty,
gruppo Special e Centro di
Aiuto alla Vita). In serata, al
gelido vento invernale che
ha investito la manifestazione, si è contrapposta la calda
musica dei R.Esistence in
Dub e degli ospiti bellunesi i
Mole Moon Walktet che
hanno chiuso brillantemente
la manifestazione.
I commenti raccolti sono
stati tutti positivi, segno che
la strada tracciata da “Elet-
troMenti” è giusta e va percorsa allargando ulteriormente le collaborazioni.
Doverosi i ringraziamenti al
Comune di Gemona, Pro
Glemona, gruppo “Italia
143” di Amnesty International, gruppo Special, Centro
di Aiuto alla Vita e soprattutto a tutte le persone che ci
hanno aiutato, senza di voi
non ce l’avremmo mai fatta!
segue da pag. 21
propria sezione di pallacanestro, oltre a quella atletica. In
seguito però, per non disperdere inutilmente energie e
risorse in due squadre minori, le due società sportive
sono giunte all’accordo di
crearne una sola, unica, forte
e competitiva, che ha in effetti dato i suoi frutti, passando
dal campionato di promozione nel 1985 alla serie C1
nazionale nel 1991-1992.
Quei primi anni ’90 sono
stati senz’altro gli anni di
maggiori
soddisfazioni:
Gemona aveva una squadra
di pallacanestro tra le prime
cinque più forti in Regione!
Il presidente (Nuova Atletica
Gemona) della “fusione” è
stato Nicola De Pascale.
Se la prima squadra ha registrato dopo il 1993 una continua regressione di categoria
in categoria, passando dalla
serie C1 nazionale alla serie
D regionale, c’è stato dall’altro canto un notevole aumento di atleti tra i giovanissimi,
passando dalle 50 unità del
2000 alle 200 di oggi. E’ stata
scelta una politica di reclutamento soprattutto operando
nelle scuole del territorio e
nei Centri Estivi, creando
così un notevole vivaio di
cestisti, potenziali Bellina e
Londero di domani, e la
neoformazione di una squadra femminile, assente dai
campi da gioco dalla metà
degli anni ’80. Questi 200
ragazzi, seguiti in modo da
valorizzarne ogni singola
individualità, si allenano oggi
in ben tre palestre gemonesi
(Polisportivo, I.P.S.I.A. e
Marchetti) e andranno ad alimentare la prima squadra
della Gemona Basket. Gli
ottimi piazzamenti ottenuti in
questi 50 anni di storia sono
merito, oltre ovviamente ai
giocatori, anche alla costanza
e alla dedizione di dirigenti
quali Dario Zanghi, Enrico
Londero, Calcedonio D’Antoni, Antonio Venchiarutti,
Paolo Urbani, ... per citarne
solo alcuni.
Dal 1985 i presidenti che si
sono succeduti alla guida dell’associazione sono: Silvano
Iob, Mario D’Angelo, Loredano Bravi, Claudio Sandruvi e Alessandro Barbina, attuale presidente.
Con particolare riconoscenza
va il grazie ai molti giocatori,
allenatori, dirigenti e collaboratori tutti, che hanno
saputo portare avanti con
tenacia ed entusiasmo la pallacanestro a Gemona, partita
ben mezzo secolo fa nella
palestra degli Stimmatini dal
fervore sportivo di alcuni
giovani gemonesi!
Maria Copetti
Bibliografia
I
Appuntamento per tutti alla
prossima edizione di Elementi Sotterranei!
www.elementisotterranei.net
elementisotterranei@gmail.
com
Ass. Bravi Ragazzi
- Pro Glemona cent’anni d’iniziative, a cura di Mauro
Vale, ed. Pro Glemona 2004
- Guida all’Associazionismo e
al Volontariato – Gemona del
Friuli, a cura di Azienda per i
Servizi Sanitati n°3 “Alto Friuli”, ottobre 2003
- dattiloscritto di Renato
Candolini
Si ringraziano per la preziosa
collaborazione: Alessandro
Barbina, Danilo, Emanuela
e Marzia Bellina, Renato
Candolini, Amalia D’Aronco, Ezio Gallino (che ha gentilmente concesso l’uso della
fotografia), Ivo Londero,
David e Stefania Londero,
Giovanna Pasini, Claudio
Sandruvi.
Per altre informazione sull’Associazione Gemona Basket
A.S.D. consultare il sito
http://gemonabasket.page.tl
23
SOCIETA’
Sagre e... sagre
Senza alcol a Torviscosa, ecosostenibile a Montenars
e... alcolica a Gemona
na festa senz’alcol?
«Non verrà nessuno»,
«Sarà un flop», «Sarà la
sagra con meno partecipazione della storia di Torviscosa».
Viene da sorridere, oggi, a
rileggere alcune delle opinioni raccolte tra la gente poco
più di due mesi fa da «La
Vita Cattolica» a proposito
dell’intenzione di Torviscosa
di organizzare una sagra
senz’alcol. Persino chi
approvava e sosteneva una
scelta così coraggiosa obiettava che «però sicuramente
la gente non ci andrà».
Viene da sorridere perché la
Sagra del perdon dal Tôr, dal
15 al 17 agosto scorsi, nonostante il maltempo di venerdì
ha registrato il tutto esaurito
e un’affluenza più alta di
quella delle passate edizioni:
biglietti della pesca finiti,
lunghe code per un piatto di
griglia e anche qualche
mugugno per le file inattese.
Saranno stati l’effetto curiosità, il tam tam mediatico o la
volontà di esserci per non
restare in silenzio di fronte al
dolore che l’abuso di alcol
provoca in tante famiglie.
Difficile dirlo, fatto sta che
l’assenza di alcolici non ha
fermato oltre 3 mila persone,
tra le quali anche molti giovani, che hanno dimostrato se ce ne fosse stato il bisogno
- che ci si può divertire anche
senza bere.
«Non ci interessa proibire o
demonizzare l’alcol - si leggeva in una lettera inviata dal
consiglio parrocchiale alle
famiglie pochi giorni prima
U
Si stima che il 45% degli
incidenti stradali, il 40%
degli infortuni sul lavoro, il
41% degli omicidi e l'85%
delle violenze sessuali siano
corre-lati con l'uso di alcol.
Esso poi rap-presenta la
prima causa di morte dei
giovani tra i 15 e i 29 anni
(1 su 4 muore a causa dell'alcol).
della sagra -, vorremmo solo
mostrare che se ne può fare
anche a meno!». Messaggio
passato e scommessa stravinta, dunque, quella lanciata
dalla parrocchia e che ha trovato il sostegno convinto
dell’Arcidiocesi, dell’amministrazione comunale e di
tante altre realtà: Protezione
civile, Polizia e Carabinieri,
servizi sociali, Sert, Acat,
scuole, progetto giovani,
alpini e gruppo genitori.
«Una vittoria di tutti coloro
che hanno collaborato alla
riuscita della festa, e sono
stati in tanti - sottolinea il
parroco, don Luca Anzilutti-,
ma anche delle molte persone che sono venute e che,
così facendo, hanno scommesso, a loro volta, sulla
possibilità di “dare il buon
esempio” e di stimolare una
riflessione forte sul consumo
di alcolici». Persone che
hanno accolto l’invito lanciato dall’Arcivescovo, mons.
Brollo, durante l’omelia
della Santa Messa, domenica
17, ad essere attenti, come
cristiani, alle sofferenze
altrui.
«È un risultato non da poco,
che va letto in profonditàcommenta lo psicologo clinico e psicoterapeuta don
Severino De Pieri -, segno
che un disagio legato all’abuso di alcol è sentito e che
molti, anche tra i giovani,
sono determinati ad affrontarlo». De Pieri lo definisce
un «bisogno di riconciliazione» al quale «i giovani sanno
rispondere, se si offre loro la
possibilità e la responsabilità
di farlo». Così è stato a Torviscosa. Ne è nata una festa a
dimensione di famiglia la cui
«formula» ha decisamente
convinto, anche nelle sue iniziative «collaterali»: di grande successo la caccia al tesoro, la cavalcata sui poni e i
giochi organizzati dagli
scout per bambini e ragazzi,
ma anche gli stand dei giovani, di Polizia e Carabinieri,
l’esposizione di macchine
agricole e l’appassionante
intervento di Pino Roveredo.
Un successo auspicato, certo,
ma che è andato ben oltre le
aspettative. E il clima che si
respirava era senz’altro
diverso: più sereno, privo
della pesantezza di “certi”
discorsi e “certe” situazioni,
spesso spiacevoli, che si
creano quando qualcuno alza
troppo il gomito.
Alla fine, nessun ubriaco a
«rovinare la festa» e nessun
genitore preoccupato per il
figlio che sale in auto «alticcio». Basterebbe questo a far
dire che Torviscosa la sua
sfida l’ha vinta. Ma il perdon
ha fatto molto di più: ha
dimostrato che quella che a
tutti appariva come una
«normalità inamovibile» alle sagre si beve alcol, e
molto - può, invece essere
scossa. Che, di fronte alle
tante situazioni di sofferenza
che l’alcol provoca nelle
nostre famiglie, si può fare
qualcosa di diverso dal voltarsi dall’altra parte.
Valentina Zanella
Articolo pubblicato da La
Vita Cattolica del 23/8/2008
Per chi vuole approfondire
tutta la vicenda della sagra
di Torviscosa trova numerosi
documenti sul sito del Coordinamento delle Associazioni
culturali e di volontariato
sociale:http://www.associagemona.org/?p=149
Sagra ecosostenibile: 80% di rifiuti in meno
A Montenars la Festa delle castagne corre parallela alla
salvaguardia dell’ambiente grazie alla pratica della raccolta
differenziata, ma non solo. Da quest’anno, infatti la gran
parte del materiale utilizzato in sagra (dalle posate ai piatti,
dai sacchetti per le castagne ai contenitori per le patate fritte) è Mater-Bi. Si tratta di un materiale biodegradabile,
derivato dall’amido di mais che presenta le stesse caratteristiche fisico-chimiche della plastica, ma può essere utilizzato con i rifiuti organici per produrre compost. L’iniziativa
nostrana, portata avanti dalla Pro Montenars organizzatrice
della sagra, era già stata sperimentata durante la festa dei
roccoli lo scorso giugno. “Nei primi due giorni di sagra - ha
detto Lida Agostinis, del comitato della Pro loco - abbiamo
più che dimezzato la quantità di immondizie rispetto alla
scorsa edizione” [da La Vita Cattolica del 4/10/2008].
E nel secondo fine settimana, dopo una attenta organizzazione, la riduzione dei rifiuti si è attestata intorno all’80%,
ci racconta con orgoglio Lida.
... e a Gemona ritorna la COPPA CHIOSCO
Mentre a Torviscosa il Consiglio pastorale parrocchiale e
don Luca, giovane prete che tanti ricordano a Gemona, nel
tentativo di sensibilizzare sul problema del consumo di
alcol hanno organizzato la tradizionale Festa locale senza
alcol, a Gemona si persegue l’intento opposto organizzando
la “mitica coppa chiosco”, una gara a chi beve più birra!
Lo scorso anno l’esperto Gianni Canzian scriveva a tal proposito che “la birra è certo una buona e simpatica bevanda,
e il bere alcolici (almeno fra chi è maggiorenne, per gli
adolescenti i rischi aumentano) non va né vietato né demonizzato, ma dimenticare che proprio l’eccesso di birra ogni
anno lascia sulle strade buona parte dei 2000 giovani e giovanissimi sopra ricordati, è cosa che può fare il ragazzino
che beve, ma non un’amministrazione pubblica, e neanche
un comitato di borgata. … Insomma, bere birra va bene, ma
indire gare a chi beve di più mi sembra davvero una scelta
su cui riflettere”. Evidentemente l’auspicata riflessione
tarda ad arrivare.
24
MOSTRE&POESIE
LIBRO FOTOGRAFICO SU DI PIAZZA
La memoria ritrovata
l 10 ottobre è stato presentato presso Le Monelle il
libro fotografico realizzato
dalla Galleria Openspace Le
Monelle intitolato “Foto Di
Piazza, la memoria ritrovata”, che propone le immagini fotografiche recuperate
dall’archivio storico dell’omonimo studio e realizzate
tra gli inizi del ‘900 sino al
1945. Nell’occasione è stata
donata una copia del libro
alla Biblioteca Comunale di
Gemona del Friuli.
Come spiega l’autore dei
testi Giorgio Rigon “Questa
breve rassegna fotografica
non pretende di descrivere
compiutamente la cultura di
un paese in un determinato
periodo storico, vuole essere solo un piccolo saggio,
un tentativo di penetrare,
attraverso l’interpretazione
delle immagini fotografiche,
l’intima essenza di un’antica comunità”.
L’archivio del fotografo Di
Piazza, anche se mutilato a
causa degli eventi sismici
del 1976, è ancora ricco e
merita di essere esplorato
I
fino in fondo. Il libro e la
mostra, resa possibile grazie
all’apertura dell’archivio
fotografico della famiglia Di
Piazza, celebra i 70 anni del
palazzo “Di Piazza - Crapiz”, ora sede del Salone e
Galleria Openspace Le
Monelle, ed i 110 anni della
fondazione della “Ditta Di
Piazza”, proponendo gliscatti che miracolosamente
sono stati recuperati dopo il
sisma del 1976 e conservati
negli archivi di famiglia.
Una parte del libro è dedicata alle vedute di Gemona del
Friuli e alle sue attività commerciali, una città che ben
poco ha a che fare con l’odierna cittadina, e che per
questo motivo, il libro e la
mostra vogliono essere stimolo per una riflessione sull’importanza del recuperare
quel patrimonio artistico e
culturale perso con il sisma
del 1976 e che ancora ora,
dopo più di trenta anni
dimenticato o abbandonato.
www.lemonelle.biz/esposizioni/passatofuturo
A proposito di mosaici ...
Per ragioni si spazio, nello scorso numero di P&M non è
stata pubblicata la bibliografia usata per redigere l’articolo I
mosaici di Davide Shaer, che è quindi la seguente:
di Sergio Tavano Aqvileia – i Patriarchi e l’Europa - pubblicazione relativa alla mostra “Patriarchi” giugno- dicembre 2000 - Lithostampa Pasian di Prato (UD) 2000
a cura di Giuseppe Bergamini Guida Artistica del Friuli
Venezia Giulia Associazione fra le Pro Loco del Friuli –
Venezia Giulia – Industrie Poligrafiche Friulane Maniago
(PN) dic. 1999
di Graziano Marini La Basilica di Aquileia – Edizione
Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia –
Centrostampa Monfalcone (GO) 1998
di Cirillo Molinari Guida storico-archeologica di Zuglio
Carnico - Tip. Mazzoli Maniago (PN) febbr. 1997
di Gabriella Brumat Della Sorte Breve guida per una visita
alla Basilica di Aquileia – Edizione Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia
Guido Clonfero Gemona del Friuli – Guida storico – artistica – Arti Grafiche Friulane – Tavagnacco (UD) – ottobre
1994.
Glemone tal cûr
Biele tu seis Glemone
tornade a nassi
come intune seconde vite
piene di cjasis gnovis,
buteghis, moviment di int.
Distirade sot das tôs monts,
par daûr il Cjampon, ferît dal taramot,
in bande il Cuarnan, plui dolç e vert,
cul spiç dal Glemine.
Insomp, là su i cuei di Ospedalet
e - in bande - la plane dal Taiament,
jù planc, planc il borc di Maniae fin tal Orvenc
e di là Artigne e Montenars adalt.
Glemone tal gno cûr ogni dì,
tal ricuart di cuant ch’i jeri frute,
tal gno tabaiâ ch’al pant dulà ch’i soi nassude,
ta dibisugne di scjampâ jù ogni tant
a respirâ l’aiar di cjase
vierzi il cûr cu la me int
e passi i voi cjalantji.
Spiant il Domo maestôs ...
une perle dal nestri Friûl,
lant a curiosâ tas antigais di vie Bini
o cjalant il Palaç dal Comun,
une bielece che ducj nus invidin.
E chê bravure di dî:
“i soi di Glemone” ancje se di Glemone no soi plui,
di Glemone un toc dal gno cûr e da mê anime
al sarà simpri.
Gentilini Livia
ai 21 di Mai dal 2007
Dopo aver scritto l’articolo su Davide Shaer, mi sono accorta che Gemona conserva diverse opere a mosaico oltre a
quelle più note ospitate nel Santuario di S. Antonio.
Presso la Chiesa Parrocchiale di San Marco Evangelista
di Campolessi, il 16 febbraio 2003 sono stati benedetti il
Tabernacolo e la Croce Absidale realizzati proprio a mosaico. L’opera è stata progettata dal geometra Dino Savorgnani e realizzata dall’artista Giulio Menossi con la “tecnica
diretta su rete”: grazie ad un inclinazione delle tessere, la
luce riflette su ogni tassello in modo diverso, mettendo particolarmente in risalto gli ori. Entrambi i mosaici riprendono
le tinte blu, rosso e giallo delle vetrate in una continuità cromatica (informazioni gentilmente fornite da Dania).
Altri buoni esempi si trovano nel Cimitero Comunale: il
trittico dell’altare (S. Giuseppe con Bambino, Cristo Benedicente e Vergine Maria) della Chiesa di S. Giuseppe, il
monumento ai partigiani della Seconda Guerra Mondiale
(Ass. Partigiani Osoppo 1961), che raffigura un partigiano
“crocefisso” in un intrico di filo spinato, la tomba monumentale della famiglia Elti e tombe di numerose altre famiglie gemonesi.
Anche alcune ancone votive sono realizzate con la tecnica
del mosaico: Vergine Maria sull’incrocio tra via Stalis e via
delle Fontane, Crocefisso in via Monastero e Madonna con
Bambino in via Venuti (per entrambe solo lo sfondo è a
mosaico).
Maria Copetti
25
METEOROLOGIA
Un freddo settembre
opo un inizio altalenate
- come ricordato nel
numero precedente, a giugno si sono registrati picchi
sia di temperature minime
che massime - l’estate è
D
40
proseguita nella media,
anche per le precipitazioni.
Anche a luglio tanti giorni
bagnati, 16.
Un brusco calo delle temperature, invece, con l’inizio
dell’autunno. Nella seconda
metà di settembre in ben 5
giorni abbiamo avuto una
minima mai stata registrata
negli ultimi 70 anni. Quella
del 29 settembre è stata di
4,4°, ben 7,5° gradi sotto la
media.
Un grazie ad Andrea Venturini
e Massimo Marchetti per la
collaborazione.
Temperature minime e massime
Media climatica temperature '77-'06
Piogge giornaliere
T.C°
35
P.m180
m
160
140
30
120
25
100
20
80
60
15
40
10
20
5
0
1
4
7
10 13 16 19 22 25 28 31
Luglio 2008
3
6
9
12 15 18 21 24 27 30
2
5
8
Agosto 2008
11 14 17 20 23 26 29
Settembre 2008
Elettrosmog: problema sottovalutato?
21 novembre: serata informativa al Glemonensis
ifacendomi agli articoli
precedenti riguardo il
piano delle antenne di telefonia mobile, piano approvato
il 28 aprile 2008 in Consiglio
comunale col voto della maggioranza, sono venuta a
conoscenza che il Comitato
contro l’elettrosmog assieme
all’Associazione Borc di Plovie e con il patrocinio richiesto alla Comunità Montana
del Gemonese invita la popolazione a una serata informativa in relazione all’inquinamento elettromagnetico che
si terrà venerdì 21 novem-
R
bre alle ore 20.30 presso il
“Glemonensis”.
I relatori saranno:
- prof. Angelo Gino Levis,
già ordinario di Mutagenesi
presso l’Università di Padova
ha partecipato alla fondazione dell’associazione di promozione locale A.P.P.L.E. Associazione Per La Prevenzione e Lotta dell’Elettrosmog - della quale è stato il
presidente, che farà un intervento su campi elettromagnetici e principio di precauzione con particolare
attenzione ai conflitti d’interesse;
- arch. Laura Masiero, presidente di A.P.P.L.E., che
spiegherà l’importanza dell’informazione e del funzionamento di varie tecnologie
in difesa della salute sia a
livello scolastico che per gli
adulti.
Nell’articolo
precedente
riguardo all’uso eccessivo
del cellulare da parte dei giovani sottolineavo problemi a
livello sociale. Ora per quanto riguarda la salute i dati
scientifici non sono solo epi-
demiologici ma anche biologici. Quindi sarebbero da
prendere in considerazione
piccoli accorgimenti per evitare tali problemi: usare l’auricolare, evitare lunghe
telefonate, telefonare quando
c’è pieno campo, durante la
notte non tenere il cellulare
acceso sul comodino o, peggio, sotto il cuscino, durante
il giorno non tenere il cellulare in tasca o a contatto con il
corpo, non tenere acceso il
cellulare negli ospedali,
quando si effettua una chiamata attendere che venga
data risposta prima di avvicinare il cellulare all’orecchio,
l’uso del cellulare da parte
dei bambini deve essere limitato, all’interno degli edifici
il cellulare aumenta la sua
potenza di emissione, all’acquisto di un cellulare controllare il livello delle sue emissioni. Quest’ultimo punto
viene spesso sottovalutato:
all’acquisto di un cellulare
non si dovrebbe pensare solamente all’estetica ma anche
al livello delle sue emissioni
(le emissioni di trovano indicate nel manuale introduttivo
del cellulare con la sigla TAS
(Tasso di Assorbimento Specifico) o in inglese SAR. Più
il TAS è ridotto meno radiazione emette il cellulare e
quindi si corre meno rischi).
Tutte queste sono piccole
proposte che possono aiutarci
molto.
Jessica Bellina
CARTOLIBRERIA COCCINELLA
Cartolibreria Coccinella sas
di Marina Lepore & C.
Via Dante Alighieri 213
Gemona del Friuli
tel/fax 0432.981305
[email protected]
26
SOLIDARIETA’
UNA VOLONTARIA IN BURUNDI
Africa
n questo articolo desidero
parlare dell’Africa, del
IBurundi,
dove ultimamente
ho trascorso 12 anni. Però,
non so, mi sento come in
dovere di metterlo in relazione col problema delicato e
spinoso della “diversità” per
cercare insieme di poter trarre
qualche spunto di riflessione
sulle due domande apparentemente contraddittorie: “Ma la
diversità è un pericolo o
potrebbe essere una risorsa?”
Rientrata a Gemona e girando
per il paese mi sono ritrovata
a mormorare tra di me: “ma
Gemona sta morendo!”
D’occasione ho incontrato il
nostro Sindaco e gli ho detto
le stesse parole aggiungendo:
“la nostra salvezza potrebbero
essere gli Immigrati, ma
tant’è, chi li vuole?”
Leggendo qua e là ho trovato
l’esempio di qualche Amministrazione comunale italiana
intraprendente, la quale ha
fatto dell’evenienza migratoria la sua salvezza.
Quando mi chiedono com’è
l’Africa, immancabilmente
rispondo che semplicemente è
il contrario di qui: là tanti
bambini, qui pochi; là si
muore di fame, qui si mangia
troppo (vedi bimbi obesi); là
tanti sorrisi, qui chi è che
ancora sorride? E via di questo passo.
Andando nelle scuole elementari di qui a far vedere le
diapositive su come si divertono insieme i bimbi di laggiù, una nostra piccola ha
commentato: “Però non è giusto, loro non hanno niente e
sono contenti, noi abbiamo
Gemona
tutto e siamo tristi”.
Do la preferenza al racconto
di piccoli avvenimenti di persone in luogo di parlare di
paesaggistica o di usi e costumi, ed ecco alcune piccole
esperienze.
La Goretti era una dipendente del nostro dispensario sanitario del Burundi. Al tempo
della guerra aveva accolto in
casa sua altri quattro bambini
rimasti orfani, oltre ai suoi
due figli.
Un giorno è venuta da me a
chiedere dei medicinali per un
suo piccolo che era ammalato.
Così, per caso, le chiedo se il
piccolo ammalato era proprio
suo figlio oppure un piccolo
orfano adottato. Lei mi guarda
male e, quasi arrabbiata, mi
dice: “Che domande sono
queste, è mio figlio, no”. E
non mi risponde se il piccolino
è suo figlio vero o è adottato.
Anche il Ciza Andrea aveva,
nell’emergenza della guerra,
accolto in casa sua sei orfani
oltre ai suoi quattro. Dopo un
po’ di tempo si voleva alleggerirlo di qualche piccolo, ma
lui non ha voluto saperne:
“Mi chiamano già papà”, ha
detto come argomento convincente. Un ragazzo adottato
era cieco. Lo si vede nella
foto: è quello che cerca di
coprirsi gli occhi con la mano.
Credo in Africa, e in Burundi
sicuramente, non sono mai
esistiti orfanotrofi. Alcuni li
abbiamo costruiti noi europei.
Desidero anche parlare di un
sacerdote-poeta: Kayoya
(pronuncia Caioia), ucciso
durante gli avvenimenti del
1972 (loro lo chiamano così
l’eccidio di quegli
anni).
Per questo sacerdote il pericolo
numero uno è che
i giovani burundesi, perduta la
loro
originaria
identità e cultura,
si lascino ammaliare dai beni
materiali dell’Occidente. Lui era
vissuto e aveva
studiato anche in
Europa, per cui
conosceva questi
pericoli.
Ha scritto due libri: uno intitolato “Tra due mondi” e uno
“Sulle orme di mio padre”.
Di quest’ultimo ecco uno
stralcio a pagina 52:
“Mio padre non voleva mai
che si studiasse l’uomo
E’ il nemico che studia una
persona
Per sorprenderla
Non si studia un uomo
Si cerca di avvicinarsi a lui
per comunicare
Si cerca di comunicare per
instaurare con lui una vera
comunione
Per mio padre, la parola non
è un prodotto dell’intelligenza, ma rivela un “pezzo di
cuore”
Per questo egli dona “dal
cuore per ricevere dal cuore”
No, egli non dona per ricevere
Si mette con l’altro, si mette
nell’altro per passare con lui
un attimo di vita
Per questo parlando di
madre, non diceva che aveva
una moglie
Ma “io sono con mia
moglie”. E così per tutto.
Lo sorprendevo a dire:
“Io sono con una casa
Io sono con un vicino
Io sono con otto figli
Io sono con una proprietà
Io sono con una vacca”.
Come si vede da questo
brano, sono insiti nella loro
cultura la supremazia della
relazione e la ricchezza
del…non possesso.
Certamente il bene e il male
c’è sempre dappertutto, però
alcuni pregi sono peculiari di
questi popoli. Cose che forse
noi stiamo perdendo.
Forse un innesto di reciprocità di valori potrebbe essere
positivo. Chissà… il dubbio è
legittimo.
Sul tema della reciprocità, in
particolare quella sul piano
economico, mi è stata suggerita la domanda: “ma noi cosa
diamo a questi popoli?”
Per la risposta sarei contenta
di esprimere in un futuro,
ancora su queste pagine, due
esperienze concrete in merito.
Per ora non mi resta che mandarvi un saluto con il sorriso
amabile delle donne di laggiù.
Teresa Zearo
Singila: l'Africa ringrazia!
e offerte della vendita dei
libri scritti da Lea Nicli
D’Andrea sono giunti a destinazione presso i due dispensari
delle Suore Francescane nella
Repubblica Centrafricana e
questo è il grazie di Sr. Elisabetta (Niem – nella foto) e di
Sr. Maria Giulia (Maïgaro)
con la “matrone” (l’ostetrica –
in piedi al centro), alcuni collaboratori e infermieri.
Dalla lettera di Sr M. Giulia
del 2/4/2008: “… Ho letto i
libri e mi sono piaciuti … ho
trasferito queste vicende a
L
quelle vissute oggi dai nostri
fratelli centrafricani … quanta sofferenza sempre e
dovunque! La stessa, frutto di
un male che è nell’Uomo e che
non guarisce, nonostante
Cristo sia venuto e ci abbia
offerto la sua Salvezza! …”.
Dalla lettera di Sr. Elisabetta
del marzo 2008: “… Grazie
per quello che fate per la missione! … qui il lavoro non
manca; mentre sto scrivendo
questa lettera ho avuto due
parti!…”.
Maria Copetti
Associazioni aderenti al Coordinamento
A.C.A.T. – Associazione dei Clubs degli Alcolisti in Trattamento, A.T.Sa.M. – Associazione Tutela Salute Mentale, AUSER
Alto Friuli, Associazione per l’autogestione dei servizi e la solidarietà, A.V.U.L.S.S. – Associazione per il Volontariato nelle
Unità Locali dei Servizi Socio-Sanitari,- Amici del Laboratorio Internazionale della Comunicazione, Amnesty International
– Gruppo Italia 143, Associazione “Un blanc e un neri”, Associazione “Bravi Ragazzi”, Associazione Buteghe dal mont
– Glemone, Associazione Culturale Friûl Adventures – Fiore, Associazione Culturale Pense e Maravee, Associazione
Musicologi, Associazione Pro Loco Pro Glemona, Associazione storico-archeologico-culturale “Valentino Ostermann”,
C.A.V. – Centro Aiuto alla Vita, C.I.D.I. – Centro territoriale d’Iniziativa Democratica degli Insegnanti della Carnia e del
Gemonese, Centro Giovanile Parrocchiale Glemonensis, Comitato per la Costituzione, Comitato per la Solidarietà di
Osoppo, Gruppo Caritas della Parrocchia di S. Maria Assunta di Gemona, Gruppo Missionario della Parrocchia di S. Maria
Assunta di Gemona, Gruppo Scout AGESCI Gemona 1, Gruppo Special – Amici si può
PAGINA DEL COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI CULTURALI E DI VOLONTARIATO SOCIALE DI GEMONA
Educarsi all’accoglienza
e all’azione nonviolenta
Le ultime attività del “clan” scout di Gemona
Da anni il gruppo Scout Agesci di Gemona opera nel nostro territorio con
una ricca serie di proposte educative
rivolte a ragazzi e giovani. Dai piccoli
³OXSHWWL´ ¿QR DL SL JUDQGL GHO ³FODQ´
l’associazione organizza attività che
spaziano dai campi estivi agli incontri
VHWWLPDQDOL GDOOD IHVWD GHJOL DTXLORQL
all’impegno per gli altri. Per saperne di
SLDEELDPRLQFRQWUDWRArianna Bellina e Flavia Blasotti GXH PHPEUL
GHO³FODQ´FKHUDFFRJOLHJLRYDQLGDL
ai 20 anni.
Quali attività svolge il “clan” gemonese?
Il gruppo si riunisce settimanalmente
SHU DSSURIRQGLUH DVVLHPH DOFXQH WHPDWLFKH GL QRVWUR LQWHUHVVH PHQWUH D
livello personale ciascuno di noi sceglie
XQ¶DWWLYLWj DOOD TXDOH GHGLFDUH LO SURprio servizio. Per “servizio” intendiamo
LOIDWWRGLPHWWHUFLDGLVSRVL]LRQHGHJOL
DOWULVLDDOO¶LQWHUQRFKHIXRULO¶DVVRFLDzione. C’è chi decide ad esempio di imSHJQDUVLFRQLSLSLFFROL
Quali sono i temi più importanti
che affrontate in gruppo?
2JQL DQQR SULPD GHJOL LQFRQWUL VFHJOLDPR JOL DUJRPHQWL 4XHVW¶DQQR SHU
HVHPSLR QH DEELDPR VFHOWL GXH O¶LPmigrazione e la violenza. Oltre alle diVFXVVLRQL WUD QRL L QRVWUL FDSL KDQQR
organizzato degli interessanti incontri
FRQSHUVRQHFKHUDFFRQWDQGRFLOHORUR
HVSHULHQ]HFLKDQQRFRQVHQWLWRGLVFRSULUHTXHOORFKHQRLGDVROLQRQVDUHPmo riusciti a sapere.
Chi avete incontrato?
$IIURQWDQGRLOWHPDGHOO¶LPPLJUD]LRQH
GRSRDYHUYLVWRLO¿OPMy beautiful laundretteDEELDPRDVFROWDWRO¶HVSHULHQ]D
GL 'DQLHO 6DPED LPPLJUDWR SULPD LQ
)UDQFLD SRL LQ ,WDOLD $EELDPR DYXWR
SRLODSRVVLELOLWjGLWUDVFRUUHUHTXDOFKH
giorno a Pordenone nella casa di accoglienza temporanea per immigrati. Qui
DEELDPRDVFROWDWROHVWRULHGHLUDJD]]L
FKHYLYLYHYDQRDSSURIRQGHQGRDQFKHL
PHFFDQLVPLJLXULGLFLHOHGLI¿FROWjFKH
JOLLPPLJUDWLLQFRQWUDQRTXDQGRJLXQgono nel nostro paese.
E sul tema della violenza?
1HOODVHFRQGDPHWjGHOO¶DQQRDEELDPR
seguito gli incontri proposti da Amne-
VW\ ,QWHUQDWLRQDO VXOOD PD¿D H OD YLROHQ]D VXOOH GRQQH GXH DVSHWWL GLYHUVL
GHOORVWHVVRSUREOHPD)DVHFRQFOXVLYD
e riassuntiva dell’anno è stato il campo a Sant’Antimo (un centro Scout nei
pressi di Siena). Dopo aver raggiunWR 0RQWHSXOFLDQR LQ WUHQR DEELDPR
LQL]LDWR LO FDPPLQR GXUDWR WUH JLRUQL
¿QRDOO¶DEED]LDGL6$QWLPR2OWUHDOOD
VWUDGDQHOSRPHULJJLRFLGHGLFDYDPRD
ULÀHVVLRQLVXOWHPDVFHOWRSDUWHQGRGD
JUDQGL HVHPSL FRPH TXHOOR GL *DQGKL
HGL0DUWLQ/XWHU.LQJ$EELDPRIDWWR
nostro il pensiero che la nonviolenza
QRQVLDSDVVLYLWjPDLPSOLFKLXQFRPSRUWDPHQWR DWWLYR QHL FRQIURQWL GHOOD
violenza che pervade la società di oggi.
Poi, come è proseguita l’esperienza?
/¶DEED]LD q JHVWLWD GD XQD FRPXQLWj
di canonici regolari. Ci ha accolto paGUH 6WHIDQR FKH VL RFFXSD GHJOL VFRXW
GL 6LHQD 4XL DEELDPR IDWWR VHUYL]LR
WDJOLDQGR O¶HUED H L URYL H DLXWDQGR D
VLVWHPDUHO¶DPELHQWHGHGLFDWRDOO¶DFFRglienza degli ospiti e ci siamo integrati
con gli altri cercando di partecipare alle
preghiere.
,O PRPHQWR GL ³FDSLWROR´ RYYHUR GL
ULÀHVVLRQH q VWDWR JXLGDWR GD SDGUH
6WHIDQR FKH FL KD SURSRVWR OD OHWWXUD
di un passo del vangelo sulla violenza.
,O GLEDWWLWR KD WRFFDWR DQFKH LO WHPD
GHOO¶DERUWR Ê VWDWD XQD GLVFXVVLRQH
PROWR FRVWUXWWLYD H EDVDWD VXO ULVSHWWR
reciproco dei diversi punti di vista. Ŷ
Le proposte per il Tagliamento
14 novembre - Convegno internazionale a San Daniele del Friuli
L’associazione “Assieme per il Tagliamento” organizza, per il giorno 14 novembre, un convegno internazionale dal titolo
“Gestioni fluviali a confronto: proposte per il Tagliamento”
Sarà una conferenza di esperti e studiosi dei fiumi Tagliamento, Reno, Magra ed Isaar. Dibattito con esponenti
delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali.
Programma
Moderatori del convegno:
Dott. Mario Tozzi • Primo Ricercatore CNR – Giornalista e Federico Rossi • Giornalista
Inizio lavori • 10:30
Saluti di benvenuto e presentazione del convegno:
Prof. Gino Marco Pascolini • Sindaco di San Daniele
del Friuli
Sig.ra Franca Pradetto • Presidente del Comitato
“Assieme per il Tagliamento”
Dott. Pierluigi De Cesero • Presidente Fondazione
Vajont
Prof. Klement Tockner • Direttore del Leibniz-Institute of Freshwater Ecology and Inland Fisheries
(IGB), Berlino (Germania): Lo stato dei fiumi
Europei: quali priorità definire per gli interventi di
sistemazione
Prof. Ing. Marco Tubino • Università di Trento: Regime idrogeologico e risposta morfologica del fiume
Tagliamento
Prof. Dott. Nicola Surian • Università di Padova:
Evoluzione morfologica dell’alveo del fiume Tagliamento
Dr. Erik Mosselman • DeltaRes (Olanda): Progetto
“Spazio per il fiume”: soluzione per la gestione del
fiume Reno
Prof. Massimo Rinaldi • Università di Firenze:
Gestione dei sedimenti e della mobilità laterale: il
caso del Fiume Magra
Pausa pranzo • 13:00 / 14:30
Dr. Ing. Franz Speer • Ressort Nature - Umweltschutz Deutscher Alpenverein ev Bundesgesschaftstelle, Monaco (Germania): Rinaturalizzazione del fiume
Isaar e proposte per il fiume Tagliamento
Ing. Francesco Baruffi • Coordinatore Area Tecnica
dell’Autorità di Bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico:
La direttiva 2007/60/CE per le opere idrauliche e difesa dei fiumi
Ing. Alfredo Caielli • Segretario Generale dell’Autorità di Bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico: La difesa
idraulica del Tagliamento
Interventi di:
Dott. Renzo Tondo • Governatore della Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia
Ing. Marco Pujatti • Dirigente Regione Veneto - Servizio idrogeologico, Direzione difesa del suolo
Dibattito e conclusioni a cura del Dott. Federico
Rossi • Giornalista
Il Convegno si terrà presso l’ Auditorium “Alla Fratta” – nel Centro Storico di San Daniele. Gli organizzatori, convocando i più importanti esperti italiani ed europei e mettendoli a confronto anche con le competenti autorità locali e
nazionali, intendono stimolare la ricerca di proposte concrete per far fronte, finalmente, al problema della sicurezza, in
particolar modo per le genti della bassa
friulana. Il momento è particolarmente
importante in quanto, dopo la recente sentenza del Tribunale Superiore delle Acque
(non appellabile), con la quale è stato bocciato il piano stralcio che prevedeva anche
il progetto delle contestatissime "casse di
espansione", le autorità competenti saranno chiamate a dover decidere quali interventi attuare per la tutela del territorio
dalle piene del nostro fiume.
Tutti coloro che amano il nostro territorio ed il Tagliamento sono invitati a
partecipare.
A Gemona questo numero viene distribuito con la modalità Promoposta, senza indirizzo e senza busta di nailon,
e quindi con minor dispendio di risorse e rifiuti, grazie ad una apposita convenzione stipulata con Poste Italiane
che ringraziamo. Ringraziamo anche tutti coloro che continuano a sostenere la nostra autonomia con un contributo. Compilate un bollettino di c.c. postale n. 16895336. Qualsiasi importo va bene!