91 to qualcosa di simile e aveva scelto un bordello. Guardandolo

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91 to qualcosa di simile e aveva scelto un bordello. Guardandolo
Falso movimento
to qualcosa di simile e aveva scelto un bordello.
Guardandolo meglio non verrebbe da dire che
Salon Kitty è la versione sporcacciona di Casablanca? Con le dovute differenze entrambi hanno
influito nell’immaginario collettivo: Casablanca
scatenando un giro di ricordi/citazioni/affetti (e
non ultimo di essere anche il mio film preferito,
ma solo da un punto di vista sentimentale e culturale), Salon Kitty inaugurando quel filone cinematografico che avrà vita (breve) nei cinema di
periferia e che è il genere porno-nazi.
ma una chiave attraverso la quale leggere la realtà e dare la propria visione del mondo.
La tematica carnevalesca, la miscela insolubile di
serio e faceto si trascina Venezia, la goliardia, le
serate in osteria, la sublime capacità umana di
ridere su praticamente ogni cosa, perfino il teatro
di strada. Ma è anche qualcosa di profondamente letterario e profondamente nobile. Il carnevale
è il mondo rovesciato, i valori che cambiano di
polarità e, appunto, è un altro luogo del Possibile
(lo diceva, più o meno, lo studioso Bachtin).
A cos’altro poteva aspirare Tinto Brass? Lui non
è un regista per l’Olimpo, è un regista di bassi
umori e basso ventre, un Frank Zappa della macchina da presa con molto minor talento e molta
meno genialità, ma con gli stessi bassi istinti. È
un regista arrabbiato: la versione delusa e impigrita di Marco Bellocchio. Un fustigatore dei
costumi sociali che percepisce le spire voluttuose di Eros e Thanatos, come Bertolucci, ma poi
si stanca di pensare e mette il pilota automatico mostrando soprattutto falli di plastica, donne
morbidose e scandali preconfezionati.
Eppure non si può negare che c’è una continuità concettuale tra un film e l’altro. Forse Tinto
Brass, fra tutti i nostri registi, è a suo modo il
più coerente. Forse condivide con un altro regista
del genere Gloria Perduta come Dario Argento il
primato di essere stato autore che frequentava un
genere (erotico uno, giallo per Dario Argento) e
ne faceva più che una scelta di stile e di racconto,
È come se Tinto Brass fosse attratto da tutta questa POSSIBILITÀ come un bambino che improvvisamente scopre il sesso e comincia a giocarci e
scopre nuove possibili frontiere, che saranno la
maledizione della sua adolescenza. Ma non solo.
La Possibilità è anche riscatto, è poter dire: “Ok,
le cose sono andate così, ma potrebbero andare
in un altro modo”, il che fa letteralmente a pugni con le dichiarazioni del regista, quando dice
che la sua svolta verso un cinema integralmente
erotico è stata per amore del fondoschiena… Sarà
anche perché la bellezza di un sedere femminile
riesce a mobilitare Tinto a tal punto da trovare produttori disposti a farlo girare, ma tutti gli
elementi che abbiamo a disposizione dicono che
la spinta per far film gli viene da altrove: da un
luogo dove qualcuno – un Soggetto Generico –
ha subito una profonda ingiustizia e rimugina su
come potevano andare le cose e mentre aspetta la
risposta si scatena la sua fantasia.
Nuove direzioni • n. 6 novembre-dicembre 2011
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