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SCENARI_MONDO
CHE COSA È SUCCESSO
I due problemi
di Cuba: l’economia
e Donald Trump
Repressione
in Birmania
e la Nobel
fa spallucce
Quell’attrazione
fatale verso
il Cremlino
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Con la morte di Fidel Castro e
l’arrivo di Donald Trump alla
Casa Bianca, come evolveranno i
rapporti tra Cuba e Stati Uniti? A
preoccupare è anche l’economia
del paese, che ristagna da un decennio mentre l’apertura all’iniziativa
privata promessa da Raúl Castro
tarda ad arrivare. Il modello della
«nuova» Cuba doveva essere quello cinese, partito unico comunista
con apertura totale al capitalismo,
ma sinora non sono seguiti i fatti.
Perso l’aiuto economico di Mosca ,
che da inizio anni 60 a fine anni 80
aveva regalato a Fidel 20 miliardi di
dollari, e con il Venezuela chavista
sostituitosi ai sovietici come grande finanziatore (110 mila barili di
petrolio donati al giorno), ma oggi
sull’orlo del fallimento, a Raúl non
restava che la ciambella di salvataggio lanciata da Barack Obama. Con
Trump però, i piani della dittatura
castrista per mantenersi al potere
potrebbero fallire.
La pulizia etnica ai danni dei
Rohingya in Birmania continua.
L’esercito del Myanmar ha sfruttato
l’agguato del nove ottobre scorso, in
cui sono morti sei poliziotti, per colpire la minoranza islamica con stupri ed esecuzioni sommarie (nella
foto). Centinaia di abitazioni sono
state incendiate e migliaia di rifugiati si stanno spostando verso il Bangladesh. Nessuna reazione dalla capitale, dove il ministro e Consigliere
di Stato Aung San Suu Kyi (Nobel
per la pace nel 1991) puntualizza
che l’escalation di tensioni è stata
gestita «a norma di legge». Ci sono
più di un milione di Rohingya in
Myanmar, arrivati dal Bangladesh
negli anni ’70. L’esercito li considera
da sempre terroristi da rimpatriare,
e non ha mai riconosciuto loro alcun diritto. Le stime ufficiali parlano di 90 Rohingya morti e 17 soldati
governativi deceduti dall’inizio di
ottobre, e la propaganda conferma
come i militari si stiano muovendo
di villaggio in villaggio per «ripulire»
il paese dai ribelli.
I cosacchi dei Balcani, il voto filo russo in Bulgaria e Moldova,
l’opposizione sempre più forte
all’interno del parlamento di Strasburgo alla linea anti Putin sono
gli ultimi segnali di una crescente
attrazione, non solo politica, verso il
Cremlino. In settembre a Cattaro, in
Montenegro, è nata la «Bal­kan­ska
ko­zac­ka vo­j­ska», l’esercito cosacco
dei Balcani (nella foto). In seguito
una ventina di persone collegate a
Mosca sono state arrestate con l’accusa di avere pianificato un golpe in
Montenegro il giorno delle elezioni
vinte dai filo Nato. Il 13 novembre la Bulgaria, membro della Ue e
della Nato, ha scelto un presidente
filo russo, così come la Moldova, il
paese più derelitto d’Europa diviso
fra Est e Ovest. Al parlamento europeo è passata, il 23 novembre, una
risoluzione contro la «propaganda
anti Ue» di Mosca, ma con gli europarlamentari di diversi paesi, come
Italia, Francia, Grecia, Portogallo,
che al 90 per cento hanno votato
contro o si sono astenuti.
Panorama | 7 dicembre 2016
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«Se Cuba non vuole fare un accordo migliore per
il popolo cubano/americano, cancellerò questi accordi». Il tweet di Trump, ripreso dai media di tutto il
mondo fra cui il quotidiano brasiliano O Globo, è la
sua prima dichiarazione in merito ai progetti verso
l’Avana. E se Granma, il quotidiano castrista, dedica
da giorni tutte le sue pagine per l’apologia di Fidel, per
il New York Times «il rischio è che con la maggioranza
repubblicana in Parlamento, siano vanificati tutti gli
sforzi di dialogo dell’amministrazione precedente». E
azzarda poi un pronostico su chi «sarà l’erede di Raúl
Castro», che nel 2018 lascerà il potere. Tra i favoriti
«Alejandro e Mariela Castro, due figli dello stesso
Raúl, e l’attuale vicepresidente, Miguel Diaz-Canel».
«Centinaia di persone hanno accerchiato i nostri
militari. Siamo stati costretti a intervenire con gli
elicotteri per garantire l’incolumità dei nostri uomini»
racconta alla BBC un funzionario governativo. Una
verità difficile da confermare vista l’impossibilità di
recarsi nelle zone prese di mira dall’esercito. Secondo
il Guardian, l’esercito del Myanmar avrebbe negato
tutte le accuse di abusi denunciate dai rifugiati alle
autorità bengalesi. In questo mare di violenza e desolazione, spicca il silenzio di Aung San Suu Kyi, (ex?)
paladina della libertà e della democrazia. Secondo
il South China Morning Post «le aspettative nei suoi
confronti sono sempre state enormi, ma si scontrano
con una realtà troppo complicata».
Il Financial Times sottolinea che «Bulgaria e Moldova hanno eletto dei presidenti che vogliono rafforzare le relazioni con la Russia». Mentre il New York
Times rivela che «il mercenario filo Mosca Aleksandar
Sindjelic, detenuto in Montenegro, sta fornendo informazioni sul tentativo russo di provocare il caos nella
piccola nazione balcanica con un golpe». A Strasburgo
il sito EurActiv.com ha analizzato l’approvazione della
risoluzione europea contro la propaganda di Mosca,
passata con 304 voti, 179 contrari e 208 astenuti:
«Non c’è dubbio» scrive il sito « che i paesi dell’Europa meridionale hanno respinto la risoluzione. Solo 3
europarlamentari francesi su 68 presenti hanno votato
a favore, e 8 dei 69 italiani in aula».
CHE COSA SUCCEDERÀ
IL PARERE DI
ANTONIO
RODILES
coordinatore
della
«Demanda
Ciudadana por
otra Cuba».
IL PARERE DI
POKONG KEE
docente
all’Asia
Institute,
Università
di Melbourne.
IL PARERE DI
DANIELE
LAZZERI
Presidente
del think tank
«Il Nodo
di Gordio».
Dopo la morte di Fidel è fondamentale la pressione esterna sulla
dittatura, non solo degli Stati Uniti ma anche di Europa e altri paesi
dell’America latina. È importante
che, dopo Obama, a Washington
ci sia una nuova amministrazione
che non consenta al regime di continuare a violare i diritti umani.
Raúl sta facendo di tutto per consolidare la sua dinastia familiare,
ma esiste un’opposizione sempre
più forte con un punto fermo in
cima al programma: «Nessuna
convivenza con il castrismo». L’economia peggiorerà ancora nel
2017 e il regime cubano rischierà
di cadere.
La soluzione migliore sembrerebbe aprire le frontiere del Bangladesh e permettere a tutte queste
persone di trovare rifugio nel loro
paese di origine. Ma così si darebbe via libera ai militari per uccidere chiunque non raggiunga il confine, e si sradicherebbero le
famiglie che vivono in Myanmar
dagli anni ’70. Anche la popolazione birmana non guarda con simpatia ai Rohingya, e questo lega le
mani ad Aung San Suu Kyi. La stabilità del suo governo dipende dai
militari, e la popolazione non le
perdonerebbe la scelta di mettere
a rischio la transizione per favorire
i diritti di una minoranza.
In Europa c’è un’ondata anti Ue,
che non demonizza la Russia. Non
solo: i segnali che provengono
dalle recenti elezioni in Bulgaria e
Moldova sono la nuova spina nel
fianco per l’Unione europea. Nei
due paesi hanno vinto candidati
presidenziali molto diversi tra loro
ma accomunati da una posizione
filo-russa. E le elezioni in Austria
del 4 dicembre vedono il candidato di destra, Norbert Hofer, non
ostile a Mosca, che agita lo spauracchio di un referendum per uscire dall’Unione. Sullo sfondo c’è
Donald Trump, che mira a un dialogo diretto con i singoli stati europei e non più con la Ue.
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