Pietro Grande - Associazione Pionieri e Veterani Eni
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Pietro Grande - Associazione Pionieri e Veterani Eni
Pietro Grande Ricordi di Geofisica. Episodi avvenuti durante la missione in Marocco, primo gruppo gravimetrico Agip 1959-1960. Nell’ultima settimana di aprile 1959 abbiamo trascorso alcuni giorni a Rabat e Casablanca per svolgere le necessarie pratiche d’ingresso in Marocco e prendere in consegna parte del materiale e gli automezzi destinati al primo gruppo gravimetrico con i quali, dopo una giornata e mezza di viaggio, abbiamo raggiunto Agadir. La squadra era composta dal capo gruppo Ermanno Cornaggia, l’osservatore gravimetrico Fernando Zavaroni, i topografi Francesco Buffagni, Gianpiero Casamenti, Domenico Dazzi, Vittorio D’Emilio, Pietro Grande, Ferdinando Viale, Charles… (marocchino ebreo), l’addetto alle comunicazioni radio ed approvvigionamenti Gino Sperandini, i meccanici autisti Gnappi e Perin ed altri autisti marocchini. Mentre nella base Agip di Agadir stavamo completando il carico dei materiali ed il controllo degli automezzi in dotazione, è atterrato l’elicottero aziendale dal quale sono scesi i componenti di una squadra geologica proveniente dalla provincia di Tarfaya. La curiosità di avere informazioni sulla situazione della zona, che dovevamo raggiungere il giorno dopo, era notevole anche per le voci circolanti sulla scarsa sicurezza dell’area dovuta all’ostilità di alcune tribù che non accettavano la sovranità del Marocco. I colleghi della squadra geologica hanno raccontato che mentre percorrevano la pista TanTanTarfaya si erano imbattuti in un gruppo di beduini che, dopo essersi impossessati delle Jeep, di un autocarro e del materiale che a loro interessava, hanno lasciato il gippone invitandoli a salirvi sopra e lasciare immediatamente la zona, diffidandoli dal rimetterci più piede poiché il territorio non apparteneva al Marocco. L’avventura descritta ha smorzato un po’ i nostri entusiasmi e destato qualche preoccupazione. Ci sono state frenetiche consultazioni fra i responsabili e interventi della direzione Agip di Rabat presso gli organi governativi che sembra abbiano giudicato il fatto come un caso isolato, opera di piccoli malviventi, ed assicurato che episodi del genere non si sarebbero più verificati poichè tutta la zona sarebbe stata sotto il controllo governativo. La partenza non è stata rinviata ed il giorno dopo, mi sembra il primo maggio, nuovamente bene incolonnati, siamo partiti in direzione di TanTan nelle cui vicinanze avevamo in programma di allestire il primo campo. Durante la breve sosta in un baretto di Goulimine, cittadina situata alla fine della strada asfaltata ed all’inizio della pista sterrata che conduceva a TanTan e Tarfaya, un signore gentile accompagnato da una meravigliosa signora bionda che parlava un buon italiano, ci diede un caloroso benvenuto. Si trattava del medico Italiano che gestiva il piccolo ospedale della cittadina, delle cui prestazioni successivamente ci siamo avvalsi sino all’arrivo del medico dell’Agip al seguito dell’impianto di perforazione per la realizzazione del pozzo di Oum Dul. Arrivati sul posto programmato nei pressi di TanTan abbiamo allestito il primo campo ed il giorno dopo iniziato i lavori con l’impiego dell’elicottero per la realizzazione della rete principale delle stazioni gravimetriche, e l’uscita di 3 squadre topografiche. Trascorsi una ventina di giorni, un bel mattino all’alba, fortunatamente prima che le squadre uscissero per il lavoro, arriva al campo una Jeep a tutta velocità guidata da Mori, responsabile della casa Agip di passaggio in TanTan e tecnico delle radiocomunicazioni il quale porta l’ordine del Kaid di smontare il campo e trasferirci immediatamente a TanTan per sfuggire all’incombente pericolo dovuto all’arrivo di alcune bande di ribelli. La rapidità con cui abbiamo smontato il campo e raggiunto il paese è stata senz’altro da record. Oltre al nostro gruppo sono rientrate a TanTan la squadra geologica contrattista del geologo Marchesini, con altri 2 geologi ed autista, una squadra geologica Agip composta da Mario Sattanino, … Salvato ed altri; la squadra geodetica composta da Biscaccianti, Gianelli , Vicini ed un autista. Siamo riusciti a trovare tutti una sistemazione per la notte. Il personale locale ha piantato le tende in prossimità dell’abitato, le squadre geologiche e geodetica hanno trovato posto all’interno della casa di passaggio Agip, mentre per il gruppo gravimetrico è stato messo a disposizione un piccolo fabbricato fuori paese, abbandonato qualche anno prima dagli occupanti spagnoli. Una volta all’interno della casa ne abbiamo scoperto la precedente destinazione d’uso. La strutturazione delle stanze, l’esistenza di alcuni bagni turchi ed altri indizi dimostravano che in precedenza l’immobile era stato destinato all’esercizio di cure rilassanti e al sollazzo dei componenti della legione straniera spagnola. Sembrava proprio che la nostra missione stesse finendo in un bordello il che non corrispondeva al massimo dei nostri desideri! Alla sera abbiamo cenato tutti insieme nella casa di passaggio, buona cucina, ottima e piacevole compagnia. Stavamo per salutarci e raggiungere gli alloggiamenti quando è arrivato un messaggero del Kaid che convocava i capi squadra per comunicazioni urgenti. Verso mezzanotte arrivano i capi con gli ordini del Kaid che, non essendo in grado di garantire la nostra incolumità in presenza di bande ribelli, ci invita a lasciare TanTan e dirigerci verso Agadir o almeno oltrepassare la vecchia frontiera delimitata dall’oued Draa a 30-40 km dal paese. Anche in questo caso abbiamo dato prova di velocità eccezionale nel disfare quanto fatto nella casa ex bordello, ricaricare tutto sugli automezzi ed incolonnarci con gli altri. La colonna era costituita da una ventina di automezzi: Jeep, gipponi ed autocarri; per arrivare al confine e oltrepassare l’oued Draa si doveva percorrere una pista pianeggiante attraverso un terreno ricoperto di grasse euforbie spinose, con tutti i fari accesi eravamo certamente visibili da diversi chilometri di distanza e potevamo essere facile bersaglio per qualsiasi malintenzionato. Io ero alla guida di una jeep con a fianco Dazzi, si procedeva lentamente, muti sin dalla partenza, in cabina regnava un silenzio assordante e mi sembrava di sentire solo il ronzio dei motori ed il battito del cuore, forse era questa la paura ? Fortunatamente il livello dell’acqua del Draa era abbastanza bassa per cui il guado fu piuttosto facile. Quando la jeep ha iniziato ad impennarsi per risalire la riva opposta io e Domenico, contemporaneamente, abbiamo tirato un forte sospiro e all’unisono esclamato ad alta voce: finalmente arrivati!! Mentre le squadre geologiche e geodetica rientravano alla base di Agadir, noi abbiamo allestito il secondo campo ad una trentina di chilometri a nord del Draa in località Labiare. Da Rabat il governo marocchino ha promesso alla direzione dell’Agip che in breve tempo avrebbe reso la provincia di Tarfaya accessibile e sicura per l’esecuzione delle nostre ricerche. Per una ventina di giorni abbiamo assistito al passaggio di truppe che andavano a presidiare il territorio. In questo periodo è stato eseguito il rilievo gravimetrico della zona e collegato il rilievo topografico della provincia di Tarfaya alla cartografia esistente in Marocco realizzata nella proiezione conica di Lambert. Ai primi di giugno fu autorizzato il ritorno nella zona, abbiamo allestito il terzo campo ed iniziato il lavoro, rifiutandoci di uscire con la scorta dei miliziani che il Kaid di TanTan voleva metterci a disposizione. Malgrado la presenza dell’esercito sul territorio, ogni tanto succedeva di essere bloccati dai miliziani, assoldati dall’esercito spagnolo che presidiava l’allora Rio de Oro (attualmente Sahara Occidentale occupato dal Marocco), lungo le piste zizaganti a cavallo del confine che secondo gli accordi internazionali doveva coincidere con il 27° parallelo. Normalmente la faccenda si risolveva con una discussione, l’offerta di qualche omaggio o al massimo con una visita, per ripetere i soliti chiarimenti, alla guarnigione spagnola di El Aouin situata ad una trentina di chilometri a sud del confine. Questo non è stato possibile per i topografi Viale e Charles che, bloccati dai miliziani in prossimità di una fonte, hanno dovuto trascorrere una notte all’addiaccio in attesa di essere raggiunti, il giorno dopo, dal capo gruppo Cornaggia e assieme, accompagnati dai sequestratori appollaiati sul cassone delle jeep armati di lunghi fuciloni, percorrere circa 200 chilometri di deserto per raggiungere la guarnigione spagnola (credo) a Semara. Sono stati accolti bene e, dopo spiegazioni e scambi di qualche omaggio, il giorno dopo hanno potuto rientrare al campo sani e salvi. Il nostro contratto, stipulato con l’Azienda, prevedeva il rientro per le ferie in Italia dopo 11 mesi di lavoro e la possibilità di recuperare le giornate festive trascorse in deserto in periodi da stabilirsi ed in città marocchine. Tuttavia, in deroga al contratto, previo accordo con il rappresentante Agip in Marocco, è stato possibile accumulare le festività dei primi 4 mesi e recuperarle nel mese di agosto in Italia. Sia noi che i colleghi del gruppo sismico, nel frattempo arrivati, ritenevamo che la possibilità di accumulo delle festività per il ricupero in Italia fosse ormai un diritto acquisito; in realtà non era proprio così ed abbiamo potuto costatarlo a Natale quando, qualche giorno prima della festività tutti i componenti dei gruppi sismico e gravimetrico, d’accordo ovviamente con i responsabili dell’Agip Marocco, avevamo raggiunto Agadir diretti verso l’Italia. E’ arrivato un dispaccio dalla direzione Agip di Milano che bloccava le partenze e, nel rispetto del contratto, consentiva il ricupero delle festività solo in loco. Non posso descrivere il marasma successo e riportare le esternazioni sentite. Solo dopo frenetiche trattative è stata sbloccata la situazione ed autorizzata la partenza per l’Italia con la precisazione però dell’Agip di Milano che in futuro i ricuperi sarebbero stati possibili solo in Marocco. Il terremoto di Agadir è stato un evento doloroso anche per l’Agip; siamo rimasti particolarmente scossi per la morte dei 2 figli e moglie di Ermanno Tracannella, della figlia del pilota Nelli, di Sergio Nardelli meccanico d’elicottero e dei coniugi Marocchi. La maggior parte dei colleghi dei gruppi geofisici, che si trovavano ad Agadir per il primo ricupero, non hanno subito conseguenze. Eccetto Sperandini che si trovava in una stanza dell’hotel Marhaba e alle prime scosse di terremoto si è buttato dalla finestra del piano rialzato nel giardino sottostante, dove, correndo al buio per allontanarsi dal fabbricato, ha abbracciato un’euforbia gigante ed è stato trafitto, dalla testa ai piedi, da migliaia di spine acuminate. Trasportato con un aereo militare in Italia, è stato sottoposto ad intervento chirurgico di 5 ore presso l’ospedale di Arcevia, ed accudito amorevolmente da Elsa. Talvolta accade che da situazioni negative scaturiscano cose belle; questo è avvenuto per Sperandini, il quale, terminato il contratto, ha sposato Elsa allevato con lei 2 figli ed è vissuto felicemente assieme sino a quando è deceduto il 15 ott. 2005. Successivamente l’Agip ha concesso ancora la possibilità di ricuperare in Italia le festività trascorse in deserto. Questo sembrerebbe dimostrare che sono numerose e imprevedibili le possibilità di ragionevoli miglioramenti degli accordi contrattuali!