L`editoriale La polvere dello scirocco di Laura

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numero 9 //. giugno 2016
L'editoriale
La polvere dello scirocco
di Laura Bucciarelli
La vecchiaia della scrittura
di Fabio Massimo
Franceschelli
La potatura
di Giacomo Quinti
Pubblichiamo
In veglia
di Margarita Erogova //. 2
Espulsione spontanea del feto
(Deliri di un Grande Fratello ­ Atto I)
di Damiana Guerra //. 12
Rimorsi
Ganimede
di Paolo Puppa //. 28
Cose da un altro mondo
Suzy Storck
di Magali Mougel
traduzione di Maria Sole Galli //. 35
Fuori concorso
Carne
di Fabio Massimo Franceschelli //. 56
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
L'editoriale
possibile per uno scrittore. Tutto il resto è gradazione
di sporcizia.
La polvere dello scirocco
di Laura Bucciarelli
La potatura
di Giacomo Quinti
Hai presente quando si dice è scirocco? eh... adesso è
scirocco. E il cielo è beige. Il vento è caldo. Le
macchine sono piene di sabbia. Anche le foglie. E non
se ne va, si attacca. Deve piovere acqua pulita. A volte
piove. A volte ti porti la sabbia addosso per giorni. Dici... lava la macchina. E le foglie? Devo lavare anche
quelle? Di tutte le piante, tutti gli alberi, tutti i fili
d'erba? Allora non lavo nemmeno la macchina. Dici... sei pigra. No, no. Deve piovere. Deve. Deve
pulire anche l'aria. Tutto va pulito. Così la sabbia va
giù, giù, giù nelle fogne e torna pian piano da dove è
venuta. La sabbia mica sta in cielo. Quindi, diamo un
posto a tutto. La sabbia sta con la sabbia, le foglie con
le foglie, l'acqua con l'acqua. Poi tutto si mescola e poi
tutto si divide di nuovo e ogni elemento emerge per
quello che è. E si vede. Qualcosa si vede di più, altro
di meno. E poi lo scirocco è elettrico. L'elettricità confonde le
menti. Perciò non darmi retta. Ogni cosa è quello che è e si vede. E basta.
A e B sono a pochi passi da una pianta, la osservano. A si
avvicina con un paio di forbici da potatura, prende
timidamente un ramo come per tagliarlo.
B ­ Eh eh eh!
A ­ Neanche questo?
B ride e fa cenno di no con la testa. A si riallontana dalla
pianta, torna a fissarla. Prova nuovamente poco dopo con
un altro ramo.
A ­ Questo?
B ­ Questo?!
A ­ E allora quale?
B ­ Te l'ho detto, la devi osservare prima! Torna qua.
A ­ Ma l'ho vista e per me...
B ­ (interrompendolo) Torna qua ti ho detto.
A torna alla posizione di partenza.
B ­ Dove vuole andare secondo te?
La vecchiaia della scrittura
di Fabio Massimo Franceschelli
Sospeso tra il dovere di scrivere cose intelligenti e la
consapevolezza di non esserne in grado sbatto
addosso ai muri di una stanza troppo stretta per sogni
vivaci. Mi piacerebbe perdermi nei miei pensieri se ne
avessi qualcuno. Voglio innamorarmi di un'idea che
metta a tacere questa vecchia e bisbetica sapienza,
bizzosa, armata di un'ironia cinica, senza pietà per la
mia condizione, per le mie prospettive, per il mio
mondo, per i miei simili. Come un morto che dileggia
la resurrezione, sento il suo ghigno arrogante
appiccicarsi sulle mie labbra atrofizzate dalle solite
parole, le stesse parole annoiate da permutazioni
antiche di secoli. E non mi piace. Non mi piace godere
di questa muscolosa impotenza, indossarla seguendo
i dettami dell'eleganza, lustrarla come un oggetto
figlio del capitale laido. È quindi questa la mia
vecchiaia? Arrendermi al tutto è stato detto, tutto è
stato fatto, tutto è stato sconfitto? Sollevare un peso
superiore alle mie forze sapendo che lo voglio, lo
voglio e non posso, non posso e lo voglio? Il foglio
completamente bianco è l'unico capolavoro letterario
Nessuna risposta.
B ­ In alto, da questa parte da quest'altra parte, dove?
A ­ Vuole...
B ­ Vuole?
A ­ Vuole crescere, che ne so io da che parte vuole
andare! È una pianta, vorrà sopravvivere e magari
crescere, mi sembra normale no?
B ­ Bravo! Sopravvivere, alle intemperie, ai funghi ai
parassiti... E allora la devi fortificare un po', via tutti i
fronzoli, va bene? Poi però? Verso dove vorrà andare?
A ­ Verso la luce?
B ­ Accidenti siamo diventati dei "maestri" adesso! La
luce sì, la luce. E allora? Cosa tagliamo?
A non ha il coraggio di avvicinarsi. B gli toglie le forbici di
mano e si avvicina alla pianta, taglia tutti i rami
lasciandone soltanto uno in verticale. A osserva ironico. B
torna alla posizione di partenza.
A ­ Bello! No veramente, essenziale proprio. E come si
chiama questa nuova "tecnica" di potatura? Anzi,
come si chiama questa nuova tecnica, "maestro"?
B ­ Core business.
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Collaborazioni/On stage
Queste le altre iniziative attualmente in essere che ci
vedono coinvolti.
Diamo segnalazione delle attuali adesioni alla nostra
iniziativa "on stage".
Nogu Teatro
La collaborazione è finalizzata alla
promozione delle edizioni di NOpS
Festival (Nuove Opportunità per la
Scena).
Associazione
Culturale "Frontiera"
L'adesione è finalizzata alla promozione del Premio
Letterario Internazionale "Lago Gerundo" con premiazione
il 24 settembre 2016.
Premio Letterario Internazionale "Lago Gerundo"
Quattordicesima edizione 2016
Il Nops Festival (Nuove Opportunità Per la Scena) è
un luogo di scambio, un crocevia teatrale dove i
gruppi e le realtà artistiche emergenti possono
sostare, conoscersi e stringere contatti con operatori
del settore, nell'ambito di più appuntamenti annuali.
Riferimenti web: http://www.interneteatro.it/
Krapp's Last Post
Il Premio Letterario Internazionale "Lago Gerundo"
(2016) è organizzato da Città di Paullo ­ Assessorato
La collaborazione è finalizzata alla pubblicazione
alla Cultura, Associazione Culturale "Frontiera"
di un testo selezionato dalla redazione di KLP.
Accademia di Teatro e Musica, Morellini Editore con
il patrocinio della Regione Lombardia. Il concorso è
aperto a tutti gli scrittori italiani e stranieri (con testi in Krapp's Last Post è un progetto editoriale
dell'Associazione Culturale Winnie & Krapp.
traduzione italiana). L'associazione Winnie & Krapp, fondata nel 2006 da
Per informazioni relative alle prossime edizioni del Daniela Arcudi e Bruno Bianchini, promuove
progetti, iniziative e percorsi formativi nell'ambito del
concorso e ai vincitori dell'edizione 2016:
teatro contemporaneo, della libera diffusione delle
http://lagogerundo.org/
idee, dello sviluppo tecnologico applicato alla cultura.
Riferimenti web: www.klpteatro.it
Tutti i soggetti sopra elencati si sono
impegnati alla messa in scena, in forma
di spettacolo e/o di mise en espace e/o
lettura interpretativa, di uno o più testi
pubblicati su perlascena.
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
1
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Avvertenze e modalità d'uso
I lavori pubblicati sono tutelati nella forma indicata
nella scheda informativa relativa ad ogni testo.
Gli autori indicati sono gli unici detentori dei diritti
delle opere, in caso di rappresentazione contattare
direttamente l'autore. Per le opere tutelate SIAE
seguire le usuali procedure, per le opere sotto tutela
Creative Commons concordare le modalità di utilizzo
direttamente con l'autore.
Suggeriamo, per una comune maggiore visibilità, di
segnalare in locandina la pubblicazione del testo su
"perlascena" nel momento in cui questo viene
rappresentato, nonché di darne informativa alla
redazione per possibili comunicazioni.
Pubblichiamo
Titolo:
In veglia
Anno:
2015
Autore:
Margarita Egorova, 1986
Riferimenti:
[email protected]
Forma di tutela: Testo depositato SIAE
Note: Testo vincitore concorso Sipari di Carta 2015
Associazione Culturale Plasmabile ­ Torino.
ATTENZIONE: In caso di rappresentazione contattare
direttamente l'autrice e seguire le usuali procedure SIAE.
"I wake to sleep, and take my waking slow.
I feel my fate in what I cannot fear
I learn by going where I have to go."
T. Roethke
Personaggi MADRE, FIGLIA, RAGAZZO, MARITO, PADRE.
Le attrici che interpretano i due ruoli femminili devono
avere 30 anni circa e/o sembrare coetanee.
RAGAZZO, MARITO e PADRE sono interpretati dallo
stesso attore tra i 25 e i 35 anni. RAGAZZO deve sembrare
un adolescente, 18 anni appena, se non più giovane ancora.
Per distinguere un personaggio dall'altro basta solo un
dettaglio­simbolo, non è necessaria, anzi, è sconsigliata la
rappresentazione dei personaggi in chiave naturalistica. Apparizione 1.
MADRE ­ Non ti ho sentita arrivare. FIGLIA ­ Non volevo svegliarti.
MADRE ­ È da tanto che sei qua?
FIGLIA ­ Qualche minuto... un'ora. Non so.
MADRE ­ Hai tagliato i capelli, di nuovo. FIGLIA ­ Li ho così da due anni. MADRE ­ Sai di fumo. FIGLIA ­ Scusa. MADRE ­ Hai viaggiato in aereo, sei vestita troppo
bene, oppure no... hai preso un treno notturno e
non hai dormito... ti sei messa la mascherina,
proprio qua, c'è il segno, ma non sei riuscita a
chiudere occhio. Avrai letto un romanzo... di quelli
pesanti, pieni di descrizioni.
FIGLIA ­ Era bello, invece. MADRE ­ Ti ho preparato la tua stanza, fatti togliere il
cappotto.
FIGLIA ­ Aspetta. MADRE ­ Avrai sonno, vieni.
FIGLIA ­ Guarda. Guarda questo posto. Di notte mi è
più famigliare. MADRE ­ Ti ho preparato la stanzetta.
FIGLIA ­ Al buio vedi le cose in maniera diversa,
migliore. Forme, colori, tutto si riconcilia con la
realtà in maniera più dolce.
MADRE ­ Al buio non vedi le cose.
FIGLIA ­ Sì che le vedi, le indovini. Vedi solo quello
che ricordi, quello che riconosci. E quello che non
vedi è come se non esistesse.
MADRE ­ Vedere e ricordare non sono la stessa cosa.
FIGLIA ­ Credi? Pensa, a me ultimamente sfugge la
differenza. È come quando senti parlare qualcuno
in una lingua straniera. Quelle poche parole che
conosci hanno un significato, quelle le senti
davvero, tutto il resto... rumore.
MADRE ­ Volevo cambiare la carta da parati,
aspettavo te per un consiglio.
FIGLIA ­ Ogni sagoma qui si riconduce a un oggetto
perché io so che è lì.
MADRE ­ Stai già dormendo, vieni. FIGLIA ­ Potrei muovermi a occhi chiusi.
MADRE ­ Li hai già chiusi, su, dammi la mano. FIGLIA ­ A occhi chiusi. So già cosa succederà
domani e dopodomani e il giorno dopo ancora.
Buio. I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Apparizione 2.
PADRE ­ Piccola buffa scimmietta è tornata dalla sua
isoletta tropicale!
FIGLIA ­ Ciao papà.
PADRE ­ Ma com'è carina questa furbissima
dispettosissima scimmietta! Si vede che ha
mangiato tante banane fritte e tante noci di cocco.
FIGLIA ­ Ti trovo bene anch'io.
PADRE ­ Ma guarda qua cos'ho trovato per il mio
piccolo animaletto!
FIGLIA ­ Io non gioco a bambole.
PADRE ­ È vero! La mia principessa preferisce i
peluche. L'ho trovata in soffitta e non ho resistito.
Fatti dare un bel bacione! Belle le mie guanciotte!
Belle, rosee, paffute guanciotte. (tiene le guance della
figlia tra il pollice e l'indice) Dì "cioppi cioppi"! FIGLIA ­ Cioppi cioppi. MADRE ­ Vuoi qualche cosa per colazione? PADRE ­ Ti ringrazio, ma la faccio con Gregor più
tardi. (alla figlia) Con il tuo Gregor.
Nessuna risposta.
MADRE ­ Ah, Gregor. Come sta? PADRE ­ Benone. Dobbiamo vederci per metterci
d'accordo per questo fine settimana. Andiamo a
pescare! È un vero esperto, a quanto pare.
MADRE ­ Pesca un bel pesce, allora, ve lo cucinerò
sotto sale. PADRE ­ Scappo, scappo, scimmietta, a stasera. FIGLIA ­ Papà, ti posso chiedere un favore? PADRE ­ Ma certo, passerotto mio, tutto quello che
vuoi!
FIGLIA ­ Puoi non andare a pesca con Gregor? PADRE ­ Ma passerotto, ho già preso la canna da
pesca e gli ho dato la mia parola... Si offenderebbe. FIGLIA ­ Gregor mi ha fatto delle cose brutte.
Apprezzerei molto se tu non frequentassi questa
persona. PADRE ­ Sono sicuro che non l'ha fatto apposta... e
poi sono passati tanti anni. Bacio bacio!
Ficca la bambola nelle mani della figlia. Esce di scena. La
madre, sempre dietro la figlia, le mette una mano sulla
spalla. FIGLIA ­ Una pacca sulla spalla e tutto va bene. Per
questo il mondo è degli uomini. E tu puoi fare
tante belle cose, nella vita, puoi preparare tante
torte e raccontare un sacco di storie divertenti, ma
dal club della pacca sulla spalla sarai sempre
esclusa. MADRE ­ Perché sei venuta, Aglae? FIGLIA ­ Me lo chiedo tutte le volte. MADRE ­ Hai dormito bene?
FIGLIA ­ Mi hai dato il fornelletto anti zanzare che
non funziona.
MADRE ­ Ma sì che funziona. L'avrai messo nella
presa vicino al letto.
FIGLIA ­ Proprio lì.
MADRE ­ Infatti, non funziona quella. Dovevi
metterla nella presa vicino alla scrivania.
FIGLIA ­ A saperlo.
MADRE ­ Pensavo ti ricordassi. Non ha mai
funzionato, quella.
FIGLIA ­ Pensavo l'avresti aggiustata da tempo.
MADRE ­ Mi è sempre passato di mente. Non usiamo
mai quella stanza, è la tua cameretta. E poi sono
diventata pigra, tendo a non cambiare più le cose.
FIGLIA ­ A parte la carta da parati.
MADRE ­ A parte la carta da parati. Non hai dormito,
insomma.
FIGLIA ­ Poco o niente.
MADRE ­ Come hai trovato la città?
FIGLIA ­ Bene. E tutto così pulito. Non vendono più
gli alcolici dopo le dieci. Nessuno fa l'autostop.
Una cartolina.
MADRE ­ Quando manchi per tanto, i cambiamenti si
notano di più.
FIGLIA ­ Non è solo il cambiamento. È come un
mendicante lavato e cambiato d'abito che finge di
non essere mai stato povero.
MADRE ­ Ti sembra strano?
FIGLIA ­ Mi chiedo dove sia finito tutto.
MADRE ­ Hanno aperto un nuovo locale all'angolo
della strada. Davvero carino, fattici portare se ne
avrai l'occasione.
FIGLIA ­ Portare da chi?
MADRE ­ Hanno dei vini molto buoni e nel fine
settimana fanno anche la musica dal vivo.
FIGLIA ­ Se esiste ancora un bar dei vecchi con
qualche barbone ubriaco fradicio appeso al
bancone voglio andar là.
MADRE ­ Hai sempre letto troppi romanzi. FIGLIA ­ Non è un romanzo, mamma, un tempo era
la nostra vita. MADRE ­ La nostalgia è una gran bella cosa. Il
degrado diventa poesia e la povertà esotismo puro.
FIGLIA ­ La povertà... C'era qualcosa nell'aria,
quando crescevo. Qualcosa di fatalmente
disarmante, di puro, di disperato anche. C'era una
storia dietro, ecco. Guardavi un palazzo, una faccia
e c'era dietro una storia. A volte l'ascoltavi, a volte
giravi la testa per guardare altrove, a volte te la
inventavi tu... Oggi c'è solo un ammasso di palazzi
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
nuovi di zecca e di gente che non beve alcolici
discreta carriera, anche Dorina e Daria... i ragazzi li
dopo le dieci. seguo meno, qualche volta incrocio Alex vicino
MADRE ­ Anche questo è storia. È naturale andare
all'accademia, lavora lì in zona, sembra contento.
avanti. RAGAZZO ­ Lui sì, è molto bravo.
FIGLIA ­ Dimenticare è naturale?
MADRE ­ Si vedeva fin da subito che aveva del
MADRE ­ A volte capita. Perché sei venuta?
talento, ma ho sempre avuto molti dubbi sulla sua
forza di carattere. Sono felice stia riuscendo. Pausa.
RAGAZZO ­ Anche Dorina, che spettacolo di donna.
MADRE ­ Anche Dorina.
MADRE ­ Cos'è che cerchi? Cos'hai dimenticato? RAGAZZO ­ Ho una costante sensazione di averla
delusa. Lei ha fatto tanto per me. Più di qualsiasi
Buio. altra persona. Mi dispiace.
MADRE ­ Cosa dici, cosa dici... Vieni qui. Non lo
pensare, sentimi bene, ragazzo. Non lo pensare. Apparizione 3.
RAGAZZO ­ Mi sento una brutta persona,
costantemente, un vile. Colpevole, davanti a tutti,
FIGLIA ­ Shh!
per tutto. RAGAZZO ­ Ah ah ah!
MADRE ­ Su, su... mangia il gelato. Tu non hai colpe.
FIGLIA ­ No, non qua!
Come sta la tua bambina? Somiglia alla madre? RAGAZZO ­ Siamo ubriachi e possiamo fare quello RAGAZZO ­ Ma che madre. Tutta me. che vogliamo.
MADRE ­ È vero... guarda che occhi. Anche il profilo.
FIGLIA ­ Togliti le scarpe, ecco. Dammi qua. Gocciola!
Identica.
RAGAZZO ­ Mmm.
RAGAZZO ­ L'anno prossimo andrà a scuola.
FIGLIA ­ Il sacchetto gocciola! Che ci hai messo?
MADRE ­ Ehi... non fare così. Hai una bellissima
RAGAZZO ­ Il gelato.
figlia.
FIGLIA ­ Il gelato?
RAGAZZO ­ Questa foto è una cosa strana... sembro
RAGAZZO ­ Il gelato. io da piccolo con mia madre, in una di quelle foto
FIGLIA ­ Il gelato... vieni qua. Vieni qua. vecchie anni '70.
MADRE ­ Vero, questo scatto sembra uno squarcio
Pausa.
nel tempo. Andate a letto ora, hai una seconda
coperta in camera? Bene. Buonanotte. Andate che è
RAGAZZO ­ Dio! Luce!
tardi e voi siete stanchi.
MADRE ­ Scusate.
FIGLIA ­ Mamma, guarda chi ho portato!
Esce. MADRE ­ L'ho riconosciuto dalla voce. Ciao, Matei.
RAGAZZO ­ Le ho preso del gelato. FIGLIA ­ Ti avviso che il letto è quello di sempre,
MADRE ­ Sei gentile, vieni in cucina, toglietevi le
stretto e scomodo, solo che quando avevamo
scarpe. tredici anni ci si stava meglio. Io ero più bassa e tu
FIGLIA ­ Come mai sveglia a quest'ora?
eri rachitico. Una volta è entrata la nonna a
MADRE ­ Stavo finendo di cucirti la tovaglia. Questa
controllarmi, non puoi ricordarlo. Tu eri sotto le
qua, manca solo il bordo. coperte e dormivi, io leggevo, stavo ripassando
RAGAZZO ­ Carina.
storia. Figurati che non se n'è nemmeno accorta
FIGLIA ­ Ne ho già una pila intera, mamma. della tua presenza, fortuna! Fatti abbracciare. Beh,
MADRE ­ Lo so, te ne faccio una tutte le volte che
adesso dormiremo uno sopra l'altro, e sono
vieni. Magari la prossima volta ti faccio le presine?
migliorata, non parlo quasi più nel sonno e non
Mangiamo questo gelato. Come stai tu?
russo, mi hanno tolto le tonsille. Matei, Matei che
RAGAZZO ­ Va. bello che sei qua! Matei... perché... no, non fare così,
MADRE ­ Lavori sempre con tuo padre?
tu sei buono, il più buono di tutti, il più bravo, il
RAGAZZO ­ Ormai sono io il capo. più di più di tutto, non fare così, non fare così,
MADRE ­ Hai sentito qualcuno del tuo anno
Matei! Matei!
ultimamente?
RAGAZZO ­ Non ho molti contatti.
Buio. MADRE ­ Ho saputo che Anna sta facendo una
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Apparizione 4.
FIGLIA ­ Tè? RAGAZZO ­ Preferisco un goccio di vodka. FIGLIA ­ Buongiorno!
RAGAZZO ­ Dio, lo bevi ancora con il latte.
FIGLIA ­ I medici dicono che faccia bene all'intestino e
ai reni. E c'era una regina di non mi ricordo più
cosa che lo prendeva sempre così. RAGAZZO ­ Certo.
FIGLIA ­ Com'è che tutte le volte che ci vediamo sei
ubriaco? RAGAZZO ­ È perché sei fortunata.
FIGLIA ­ Ora che lo so che ti riduci una merda
apposta per me mi sento meglio. RAGAZZO ­ Che fai, fumi qui?
FIGLIA ­ Non è in casa. RAGAZZO ­ Allora anch'io!
FIGLIA ­ Basta che apriamo la finestra. Poi le dirò che
sei stato tu e per lei andrà bene tutto.
RAGAZZO ­ Una persona d'oro, tua mamma. FIGLIA ­ Fatti adottare.
RAGAZZO ­ Tardi!
FIGLIA ­ È strano... ogni tanto mi chiedo se
arriveremo mai a incontrarci per un caffè come due
persone adulte, a parlare di questo o di quello... È
come se una parte di me restasse tredicenne solo
per te. RAGAZZO ­ Ora sei molto più carina che a tredici
anni.
FIGLIA ­ Grazie.
RAGAZZO ­ Perché non ti sposi, bellona?
FIGLIA ­ Mangia, Matei, prima di mandare giù il
bicchiere.
RAGAZZO ­ Non sarai mica una femminista?
FIGLIA ­ Ho un brutto carattere.
RAGAZZO ­ Io aspetto che mia figlia cresca. Non so
cosa raccontarle. FIGLIA ­ Inizia col dire che le vuoi bene. RAGAZZO ­ Avrei un sacco di cose da raccontarle,
un sacco, ma non so cosa sia il caso di dirle,
davvero non so. FIGLIA ­ Raccontale che sei stato un bambino anche
tu.
RAGAZZO ­ Tipo la radio... mi ricordo che c'era
quella trasmissione scema, i dodici spettatori
cattivissimi, si chiamava così? Mandavano una
canzone e tutti giù a parlarne male. Io volevo
diventare uno di quei dodici spettatori cattivissimi,
ovviamente.
FIGLIA ­ Mi ricordo. A casa ti esercitavi in
continuazione. RAGAZZO ­ Ecco, non saprei come spiegarglielo. FIGLIA ­ Esattamente come i nostri genitori ci hanno
spiegato i telegrammi e le cabine telefoniche. Tu
chi volevi essere da grande? RAGAZZO ­ Non mi ricordo. Tu?
FIGLIA ­ Una cantante americana. RAGAZZO ­ Proprio da te. FIGLIA ­ Quando ero piccola io mi vedevo grande. Se
pensavo di mettermi a pattinare un giorno, mi
vedevo come la campionessa olimpionica. Quando
facevo danza, mi ricordo, eseguivo dei semplici
esercizi alla sbarra ed ero convinta di diventare
una grande ballerina, un giorno. Era naturale, no?
Tutto mi sembrava possibile. Non c'era bisogno di
essere qualcuno, non ce n'era ancora bisogno, non
so come spiegarlo... Tutto era in prospettiva.
RAGAZZO ­ Tra poco inizierà a capire, e un giorno
capirà che suo padre non è un attore del cinema,
non è un astronauta e nemmeno un chirurgo, ma
semplicemente un coglione come tanti altri.
FIGLIA ­ Ma va... Per tua figlia sarai sempre speciale. RAGAZZO ­ Speciale... Mi ricordo quando ho
scoperto dove mio padre nascondeva le cassette
porno. D'un tratto sono diventato il ragazzo più
popolare della classe, le prestavo in giro, una
specie di noleggio in nero. Quando i miei l'hanno
scoperto!
FIGLIA ­ Mi ricordo, abbiamo guardato una di quelle
cassette insieme, una volta. RAGAZZO ­ Tu stavi per vomitare. Hai detto che
prima di fare quelle cose ti dovevo sposare. FIGLIA ­ E l'abbiamo fatto subito. RAGAZZO ­ Ti eri messa la tenda in testa, quella in
tulle.
FIGLIA ­ Qui e ora! sfido gli dei e la morte,
RAGAZZO ­ io! precario mortale,
FIGLIA ­ disonesto e vile,
RAGAZZO ­ prendo la parola! che non mi
appartiene,
FIGLIA ­ e la do a te!
RAGAZZO ­ Giuro di amarti e di rispettarti,
FIGLIA ­ in salute e in malattia,
RAGAZZO ­ finché la morte non ci separi!
FIGLIA ­ E ora, balla con me, mio sposo!
RAGAZZO ­ Un due tre, un due tre...
FIGLIA ­ Occhio a non strappare il tulle, la mamma
mi uccide!
RAGAZZO ­ Un due tre, un due tre...
FIGLIA ­ Non stai tenendo il tempo, aggrappati a me.
RAGAZZO ­ Aspetta, ho una cosa per te. Arrivo!
FIGLIA ­ Torna presto, marito mio! Mi senti? Tu devi
essere grande, per tua figlia! La persona migliore
che ci sia al mondo! Tu devi sapere tutto! Ma
prima di tutto devi crederle! Quando ti parlerà dei
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
mostri sotto il suo letto o delle ombre che
un granché, ho commesso degli errori, mi rendo
penetrano le pareti della sua stanza quando si
conto...
addormenta... tu devi crederle! Credile sempre, MARITO ­ Errori?
anche se non è logico, anche se non c'è niente, non FIGLIA ­ ... ci ho pensato molto, sai, e mi dispiace
cercare di dissuaderla, perché i mostri esistono! I
molto che le cose siano andate come sono andate.
mostri non se ne vanno, restano sempre lì, anche
Non ne ho colpa, nemmeno tu ce l'hai, ma questo
quando si cessa di credere nella loro esistenza, mi
non parlarsi, evitarsi a vicenda... forse è meglio se
senti?
ci prendiamo un caffè, parliamo di qualcosa...
d'accordo, mi dirai, non abbiamo niente da dirci,
Silenzio.
ma le persone parlano... tutto il mondo parla, fa
cose e tu... tu devi perdonarmi. FIGLIA ­ Matei? MARITO ­ Non credi di avere colpa ma mi chiedi di
perdonarti. Sei fantastica. Buio. FIGLIA ­ Fermati, Gregor! Non puoi fare sul serio. MARITO ­ E va bene. Se proprio ci tieni. Ti perdono. FIGLIA ­ Grazie. Apparizione 5.
MARITO ­ Su, alzati. Non fare la sciocca. Vuoi
dell'acqua? Il caffè, volevamo prenderci il caffè.
FIGLIA ­ Matei!
FIGLIA ­ No, ti ringrazio, io... sto un po' qua e poi mi
MARITO ­ Sono io.
alzo, da sola. Tu vai. Non... non badare a me, son
FIGLIA ­ Ah. Sei qui. Come stai? Cerchi mio padre?
tutte scene. Volevo solo dirti che è stato bello
MARITO ­ Sì. Stavo giusto andando via, non è in casa.
incontrarti, ti ringrazio del tempo che mi hai dato.
FIGLIA ­ Giusto. Come stai?
Ti sono grata per tutti i giorni che hai passato con
MARITO ­ Bene.
me, per ogni giorno, è stato un bell'incontro, il
FIGLIA ­ Davvero? Qualcosa di buono al lavoro?
nostro. Ti volevo solo dire questo, e ora niente, sto
MARITO ­ Sì, ho preso un'aspettativa.
qua un momento, ma tu vai, davvero.
FIGLIA ­ Ah. Bene. MARITO ­ Ascoltami Aglae, sei una bella persona. Io
MARITO ­ Dicevamo? Ah sì, stavo andando via. Alla
non voglio bere il caffè con te, anzi, preferisco non
prossima, allora.
vederti più, ma non ce l'ho con te, sei una bella
FIGLIA ­ Sei di fretta? persona, lo credo davvero. Ascoltami bene ­ tu ­
MARITO ­ No. Sì. non hai ­ colpa. Aglae... ehi... Aglae... FIGLIA ­ Se vuoi puoi aspettarlo qua, ti faccio un FIGLIA ­ È che pensavo finisse davvero così. caffè.
MARITO ­ Credevi che ti mollassi sotto il tavolo come
MARITO ­ Mi stanno aspettando delle persone. una cretina?
FIGLIA ­ Davvero, puoi aspettarlo qua. Che peccato, FIGLIA ­ Per un attimo... sì... l'ho creduto. devi scappare via, una volta che ci incontriamo per MARITO ­ Shh... non fare così, vieni qua. Ho fatto un
caso, almeno due chiacchiere...
coup de théâtre, era solo uno scherzo. E tu mi hai
MARITO ­ Un vero peccato. creduto pure. FIGLIA ­ Non mi perdonerai mai, vero? FIGLIA ­ È che le persone... vivono vite intere...
MARITO ­ Non capisco cos'abbia da perdonarti.
recitando una commedia. Questo... scherzo come
FIGLIA ­ E... e tua madre come sta? lo chiami tu... E quando hai iniziato... a parlarmi...
MARITO ­ Bene, grazie.
non ho creduto a una sola parola... ma la gente
FIGLIA ­ La saluterai da parte mia? mente tutti i giorni... e tu come potevi... E ora sono
MARITO ­ Senz'altro.
sollevata... sono felice... vuol dire che non mi ero
FIGLIA ­ E tua sorella?
sbagliata su di te. E ora non farci caso... tra un
MARITO ­ Bene anche lei. Scusami, ma adesso devo
minuto mi passa. proprio andare.
MARITO ­ Stai piangendo o stai ridendo? FIGLIA ­ Sì, sì. Volevo solo salutarti.
FIGLIA ­ Entrambe le cose... Ora mi passa, non farci
MARITO ­ Ci siamo già salutati. caso. FIGLIA ­ Intendevo salutarti bene. No, davvero, non è MARITO ­ Non ti avrei mai piantato qua come una
un pretesto, non voglio essere insistente...
persona qualunque. Shh... È passato. È tutto
MARITO ­ Non è mai un pretesto. passato. Perché piangi? Tuo padre sarà ad
FIGLIA ­ Volevo solo dirti che so di non essere stata
aspettarmi all'angolo, vuoi venire con noi? I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
6
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
FIGLIA ­ Con mio padre?
MARITO ­ Sì, andiamo a pescare.
FIGLIA ­ Ma ho la faccia tutta gonfia.
MARITO ­ Ma no.
FIGLIA ­ Se solo potessi darmi una rinfrescata, dieci
minuti...
MARITO ­ Ma va, stai benissimo così.
FIGLIA ­ Guarda qua, ho gli occhi neri, si vedrà che
ho pianto.
MARITO ­ Dai, tesoro, siamo già in ritardo.
FIGLIA ­ Ma io mi sento uno straccio e poi ci sarà
gente, ci sarà mio padre....
MARITO ­ Sciocchezze. Sei bellissima. Andiamo. Buio. Apparizione 6.
MADRE ­ Oh, che bravo! Aspetta che ti aiuto.
PADRE ­ Non prendere quello, è pesante.
MADRE ­ Quanta roba!
PADRE ­ Era finito tutto, il latte, il sale, l'olio. Ho fatto
un po' di scorta.
MADRE ­ I miei biscotti, ti ricordi sempre...
PADRE ­ Quelli alle mandorle non c'erano, così ho
preso quelli al limone. Sono della stessa marca, ho
fatto bene?
MADRE ­ Hai fatto benissimo, proverò quelli al
limone.
PADRE ­ E questi qui, ti ricordi? MADRE ­ Mio Dio, ma esistono ancora! Li mangiava
sempre Aglae, da piccola. Era, forse, l'unica cosa
che mangiava. PADRE ­ Le piaceranno ancora per colazione?
MADRE ­ In questi giorni non l'ho mai vista alzarsi
prima del pranzo, ma credo che le farà piacere. Le
dirò che sei stato tu a portarli.
PADRE ­ Io non sono bravo con lei.
MADRE ­ Ma va! PADRE ­ Lo so, non dirmi di no. È sempre stata così
difficile... Dai bambini ci si aspetta che ridano,
piangano, facciano i capricci, ti chiedano dei regali.
Lei non me li chiedeva mai.
MADRE ­ Aglae ti vuole molto bene. Oh, hai preso il
dentifricio, bravo! Sta giusto per finire. PADRE ­ È che mi sento sempre fuori posto, con lei,
non so come prenderla.
MADRE ­ Magari portala a cena fuori, prima che
riparta. PADRE ­ Sarebbe carino, sì... è che non saprei cosa
dirle. Ci puoi venire anche tu? MADRE ­ Va bene, la facciamo qui a casa, magari
dopodomani, l'ultima sera, eh? Però vieni, non fare
lo sciocco come al solito. PADRE ­ No, no, ci puoi contare. A che ora?
MADRE ­ Guarda quante verdure hai portato, ci sta
proprio una bella cena con il pollo e le verdure al
forno. Cosa c'è? PADRE ­ Ho paura di non piacerle. MADRE ­ È tua figlia. Ti vorrà bene anche se non le
piaci.
PADRE ­ Va bene. Stavolta ci sarò. MADRE ­ Bene! Arrivederci a presto, allora.
PADRE ­ A presto.
Buio. Apparizione 7.
FIGLIA ­ Passa tutti i giorni?
MADRE ­ Chi... tuo padre? Sembra quasi che ti dia
fastidio.
FIGLIA ­ Non so come fai a sopportarlo. MADRE ­ Ho risolto quel problema tempo fa.
FIGLIA ­ Divorziando?
MADRE ­ Oh, quello è stato un primo passo, ma non
direi, no. FIGLIA ­ Allora come?
MADRE ­ Vedi, perfino il rancore non è per sempre.
FIGLIA ­ E cos'è che è per sempre? MADRE ­ Tutto passa. Questo è per sempre.
FIGLIA ­ A sentirti parlare mi passa la voglia di fare
qualsiasi cosa. MADRE ­ Non dico mica che non si può vivere
insieme tutta la vita, amandosi come il primo
giorno. A me non è successo, tutto qua. Sei identica
a quando eri bambina. Venivi da me tutta
imbronciata e mi chiedevi perché questo, perché
quello...
FIGLIA ­ No, è che è sempre qua. A pranzo, a cena,
ogni tanto si addormenta sul divano davanti alla
tv. Poi si sveglia e va a dormire a casa sua. Per la
colazione è di nuovo qua. In tutta la mia infanzia
non l'ho mai visto così spesso a casa come in questa
settimana.
MADRE ­ Tuo padre non sa cucinare.
FIGLIA ­ Non sarebbe più logico se tornasse a casa?
MADRE ­ Prima stavi notando che è già a casa. FIGLIA ­ Hai capito cosa intendo.
MADRE ­ Mmm. Fammi la domanda, coraggio. FIGLIA ­ Lo fate ancora? MADRE ­ Fate cosa?
FIGLIA ­ Hai capito, quella cosa.
MADRE ­ Alla tua età non si dovrebbe avere
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
imbarazzo a pronunciare certe parole. FIGLIA ­ E va bene, fai ancora sesso con mio padre? MADRE ­ Qualche volta è capitato. Non è una prassi.
Che ridere, una volta ero in cucina e boom! scoppia
il tubo del rubinetto. Quando appare tuo padre ho
la vestaglia fradicia. Si precipita a chiudere l'acqua,
si sporge sopra di me per arrivarci quando
all'improvviso cambia idea e mi tira giù le
mutandine e...
FIGLIA ­ Mamma!
MADRE ­ È stato divertente. FIGLIA ­ Ho capito. E giocate spesso all'idraulico? MADRE ­ Te l'ho già detto, non è una prassi. Ecco che
ti si allunga il muso, cosa c'è? Coraggio, fammi la
domanda.
FIGLIA ­ Hai qualcun altro? MADRE ­ Mmm, non è questa la domanda, ma va
bene. No, anche perché è difficile instaurare una
frequentazione stabile con tuo padre che gira per
casa.
FIGLIA ­ È geloso?
MADRE ­ Magari! Quando gli ho presentato
Frederick, hanno riscoperto insieme la passione per
lo scarabeo. E così mi sono giocata l'amante. FIGLIA ­ Vedi cosa intendo quando dico che è
insopportabile. È invadente, non gliene frega un
fico secco degli altri, basta che stia bene lui.
MADRE ­ Ma poverino. Tutti i nostri amici sono
sposati o vedovi o sono in ospedale a curare la
prostata. FIGLIA ­ Dico solo che farebbe bene anche a lui rifarsi
una vita. MADRE ­ Una vita... Il giorno in cui sei nata c'erano
sei metri di neve. L'ospedale era a pochi isolati, ma
tuo padre non voleva che camminassi. Era
terrorizzato. Mi caricò su una slitta e prese a
correre trainandomi. Era tutto così bianco, mi
ricordo, così calmo. Non c'era un rumore, tutte le
strade erano bloccate. Solo tuo padre ansimava a
ogni passo, dallo sforzo e dallo spavento. A ogni
passante gridava: Mia moglie sta per partorire!
Voleva forse liberarci la strada oppure giustificare
il fatto che un uomo in pigiama stava trainando
una slitta. Il dolore non era ancora arrivato,
guardavo la sua preoccupazione dall'alto di quel
cielo bianco. Era davvero incredibile quel cielo.
Non aveva colore, era luce diffusa, di quelle che
non lasciano ombre. Si posava dovunque, in
maniera uniforme. Non riuscivo a vedere il
confine, là dove diventava terra, strada, casa. FIGLIA ­ Fallo tornare a casa con te.
MADRE ­ Aglae, perché ci tieni tanto? Non hai più
bisogno di avere mamma e papà al saggio di
Natale. Sei cambiata anche tu.
FIGLIA ­ Anche con Gregor giocano a scarabeo?
MADRE ­ No. Ma fanno parecchio sport. Vanno a
correre insieme, poi flessioni, salti con la corda,
cose di questo genere. Ora si sono messi a pescare.
FIGLIA ­ Insomma, ve la spassate alla grande. MADRE ­ Mamma mia, ma davvero sono stata io a
tirarti su così seria?
FIGLIA ­ Perdonami, mamma, ma quando ero
adolescente tu e papà vi parlavate a stento. E
quando mi sono sposata, papà a malapena
salutava Gregor. Gli chiedevo di farci una foto
insieme e lui fotografava le piante. E ce n'è voluto
di tempo per trasformare questa casa in un parco
di divertimenti, per cui sì, sono cresciuta molto
seria, mamma. Ecco, ora ridi... cosa c'è da ridere,
adesso?
MADRE ­ Perdonami... ora smetto... Ecco. Tu sei
ancora giovane, per te il tempo non è ancora
passato... passato a sufficienza, intendo. Avevamo
la tua età. Ci siamo innamorati, abbiamo pensato di
costruirci un futuro insieme, ci abbiamo provato.
Ci sembrava che ogni cosa dovesse avere
un'importanza vitale, assoluta. Non ci sembrava
abbastanza essere soltanto due ragazzi, ci
vergognavamo, credo. Così abbiamo iniziato a
scolpire un monumento per ogni piccolo
cambiamento. L'altare, la culla, il tribunale.
Perdonaci. Perfino per crescere te ci siamo sentiti in
dovere di adottare dei dogmi quali valori di
famiglia, coerenza, fedeltà. Ma vedi, quando vai
verso la sessantina e il tuo corpo non ha ancora
gettato la spugna, la vita d'un tratto diventa
leggera. Divertente, come dici tu. FIGLIA ­ Lo vedo.
MADRE ­ Dico davvero. È troppo tardi per diventare
persone migliori, per diventare qualcuno, per
rivoluzionare il mondo... per l'amore eterno è
troppo tardi! È una tale liberazione, credimi.
Fammi la domanda, coraggio.
FIGLIA ­ Ho finito con le domande.
MADRE ­ Non è vero. Fammi la domanda. Pausa.
FIGLIA ­ L'hai amato davvero, mio padre? MADRE ­ Certo.
FIGLIA ­ Lo ami ancora?
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Apparizione 8.
RAGAZZO ­ C'è troppa tristezza in questa casa!
MADRE ­ Bravo ragazzo. Mettilo qui, sul tavolo.
Mettiamo la musica?
FIGLIA ­ Boogie woogie.
RAGAZZO ­ Ma quanta roba, non riuscirò mai a
finirla tutta.
FIGLIA ­ Un sontuoso cenone d'addio è quello che ci
vuole per farmi sentire ancora più in colpa. MADRE ­ È un vecchio trucco, ma ci caschi sempre!
RAGAZZO ­ Dove c'è la mamma c'è sempre il senso
di colpa. Beviamo!
MADRE ­ Buono...
FIGLIA ­ Fortissimo...
RAGAZZO ­ Fatto in casa con tanto amore.
Credetemi, d'inverno è la mia sola fonte di
consolazione.
FIGLIA ­ Come ti capisco. MADRE ­ Te l'ha fatto tua moglie?
RAGAZZO ­ No... solo io ho la ricetta... Preparare i
super alcolici non è roba da ragazze.
MADRE ­ Se è per questo, nemmeno berli è roba da
ragazze.
FIGLIA ­ Hai trovato quel libro che ti dicevo,
mamma?
MADRE ­ Oh sì, delizioso. Senti un po', Matei.
Quando pianifichi il tuo ritorno nella professione?
RAGAZZO ­ Quale professione?
MADRE ­ La tua. RAGAZZO ­ La mia professione sta andando alla
grande. MADRE ­ È evidente che non parliamo della stessa.
Sai, sto mettendo su un po' di carne al fuoco, un
progetto... ho pensato a te. RAGAZZO ­ Oh no, so già dove vuole arrivare. Ho
chiuso.
MADRE ­ Che piani hai per i prossimi cinque anni?
RAGAZZO ­ Diventare il padrone del mondo. MADRE ­ E più concretamente?
RAGAZZO ­ Diventare il padrone del mondo. FIGLIA ­ Scusate se mi intrometto, mamma, tu non
dovresti parlargli così. Ha una famiglia, un lavoro.
Magari non è arrivato là dove pensavi, ma ha la
sua vita.
RAGAZZO ­ Vi ringrazio, ma entrambe non sapete di
cosa state parlando.
MADRE ­ E di cosa? RAGAZZO ­ Senta, io le sono grato per tutto quello
che mi ha insegnato, ma non è il mio posto quello.
Non ce la faccio. A imparare le battute a memoria,
a fare quello che mi viene detto, a recitare una
parte. MADRE ­ Forse non ti piace perché non è mai la parte
principale?
RAGAZZO ­ Tanto a che serve? "Alzati dalla sedia,
guarda Aglae con sentimento, pronuncia la battuta
come se ti fosse venuta in mente proprio adesso."
Ma non è mai adesso! La pronuncio da dieci
repliche e passa! Sono solo una macchina che fa e
dice sempre le stesse cose, fingendo di farlo per la
prima volta! MADRE ­ Guardami negli occhi. Hai le pupille
dilatate.
RAGAZZO ­ Le ho sempre avute così.
MADRE ­ Ti ho visto crescere, ragazzo.
RAGAZZO ­ Le mie pupille sono sempre state così.
Non mi drogo, va bene?
MADRE ­ Hai smesso?
FIGLIA ­ Mamma!
MADRE ­ Non ti è bastato Seba?
FIGLIA ­ Mamma... è stato un incidente. MADRE ­ Non si arriva a un'overdose in modo
incidentale. RAGAZZO ­ Lui ci è arrivato. Non io. Scusate, non
posso più rimanere. No, Aglae, addio, ti proibisco
di prendertela con tua madre.
MADRE ­ Che tu lo voglia o no, quello che sei risale a
galla, come un cadavere, non lo si può rinnegare,
ragazzo. Quando hai un talento per qualcosa è un
tuo preciso dovere coltivarlo, dovere! Perché non ti
è stato dato per il merito, ma per puro caso. RAGAZZO ­ Scusatemi, davvero, vado.
MADRE ­ Non cercare l'adrenalina in qualcos'altro,
Seba l'ha capito troppo tardi!
FIGLIA ­ Vengo con te. Aspetta che vengo a salutarti.
Buio. Apparizione 9.
RAGAZZO ­ Perché non ti sposi?
FIGLIA ­ Perché tu sei sposato.
RAGAZZO ­ Non ti sei mai innamorata?
FIGLIA ­ Io amo tutti.
RAGAZZO ­ Smettila, non hai più sedici anni.
FIGLIA ­ È così, non come pensi tu, forse. Sai, se avrò
un figlio, credo che somiglierà a te. Anche a te. I
miei amori... vi amo con lo stesso amore di sempre,
non riesco a distinguere ieri dall'altro ieri. Non c'è
differenza tra un sogno e un ricordo, li sento
entrambi sulla pelle come sento il tempo che non
se n'è andato quando era il suo momento di andare
perché qualcosa si è guastato. Mi vengono in
mente cose che non potrei ricordare, la cantilena di
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
mia madre, il sapore dei suoi seni. Mi ricordo tutto,
tutto. Solo che non so collocare i pezzi al posto
giusto, per me ieri può essere vent'anni fa e l'anno
scorso oggi. Ho imparato a essere vaga sulle date,
per non fare gaffe, ho un calendario, tengo un
diario dove segno tutto, anche se il più delle volte
non lo rileggo mai. Per il lavoro, soprattutto, per il
resto, sai, alle persone di come sono andate le cose
importa molto poco.
RAGAZZO ­ Può peggiorare?
FIGLIA ­ È probabile.
RAGAZZO ­ Chi altro lo sa? FIGLIA ­ Tu lo sai. RAGAZZO ­ Aglae, forse hai bisogno di un aiuto.
FIGLIA ­ Non farmi la diagnosi. Sono stata sposata.
Ho vissuto con un uomo. Cos'è successo poi non
voglio dirtelo, non ha niente di particolare. Niente.
RAGAZZO ­ Aglae, non ero pronto. Non ero pronto
per tutto questo. Scusami. FIGLIA ­ Ora vai, Matei. È ora.
RAGAZZO ­ Sii felice.
FIGLIA ­ Anche tu. Arrivederci, amico mio per
sempre. Buio. Apparizione 10.
MADRE ­ Perdonami. FIGLIA ­ Non fa niente, mamma. MADRE ­ Sono stata inopportuna, scusami. FIGLIA ­ Ho detto che fa niente. MADRE ­ Scusami. Altro cognac? FIGLIA ­ Sì, grazie.
MADRE ­ Davvero, non ho potuto stare in silenzio.
Vederlo ridotto così... mi ha fatto male. FIGLIA ­ A te ha fatto male? MADRE ­ Sei sempre stata gelosa dei miei studenti, lo
so. È che ho sempre avuto la sensazione che a loro
potevo essere più utile che a te. FIGLIA ­ Mamma, è stato lui il tuo vero figlio.
MADRE ­ Quando parlavo mi ascoltavano grati,
anche fuori dall'aula, mi sentivano davvero. Ma
mia figlia eri sempre stata tu e in quanto tale non
mi hai mai preso sul serio. Sempre con quello
sguardo che ti mette alla prova, tra incredulità e
sospetto. Vediamo cosa sta combinando di nuovo
quella scema di mia madre. FIGLIA ­ Non so se mai avrò un figlio. Avrei paura di
non amarlo. MADRE ­ Perché dici questo?
FIGLIA ­ Quando ero piccola, ti ricordi?, ti chiedevo
sempre di stringermi forte la mano. Tant'è che
perfino adesso se mi prendi la mano me la stritoli
tutta. MADRE ­ È vero. FIGLIA ­ Avevo paura che mi dimenticassi da
qualche parte. MADRE ­ Fammi la domanda. FIGLIA ­ Qualcuno... qualcuno mi ha raccontato di
quello che è accaduto nel bosco.
MADRE ­ Sarà stata tua nonna paterna, sicuramente.
Io e tuo padre stavamo divorziando, tu eri ancora
minorenne. Dovevi decidere con chi andare a
vivere. FIGLIA ­ Non siete mai andate d'accordo. MADRE ­ Ti ha fatto soffrire? FIGLIA ­ Sì, credo di sì. Mi ha dato fastidio.
MADRE ­ Hai scelto di vivere con me, alla fine.
Perché?
FIGLIA ­ Non le ho creduto. MADRE ­ Davvero? FIGLIA ­ Non volevo andare a vivere con mio padre e
la nonna. E poi sapevo che non mi hanno detto
tutto. MADRE ­ Perché non mi hai chiesto di parlartene?
FIGLIA ­ Avresti potuto?
MADRE ­ Forse no. FIGLIA ­ Ho pensato che era ancora presto, che
crescendo ti avrei capita.
MADRE ­ Sei sempre stata saggia. Molto più saggia di
me. FIGLIA ­ Poi sono cresciuta, ma non ho capito. MADRE ­ Dimmi quello che sai. FIGLIA ­ Avevo tre anni. Eravamo andate a fare una
passeggiata nel bosco. Era estate. A un certo punto
tu te n'eri andata e mi hai lasciato là. Mi hanno
ritrovata i nostri vicini di casa. Non avevo più voce
da quanto avevo pianto. MADRE ­ È andata così. FIGLIA ­ Raccontamelo tu, mamma.
MADRE ­ Era una bella mattina, limpida e fresca.
Siamo andate a raccogliere le bacche per la
crostata. Avevi il tuo piccolo cestino di vimini. Ti
insegnavo a prendere solo i pallini blu, tu
ovviamente ci mettevi un po' di tutto. Non ti curavi
di me. Trotterellavi in mezzo ai cespugli, raccattavi
fiori, foglie, bastoncini. Era così bello il bosco, c'era
una tale pace. Così ho continuato a vagare per
conto mio, in mezzo agli alberi. Quando mi sono
girata gli alberi erano sempre verdi, il cielo azzurro
e tu... tu non c'eri più come se non ci fossi mai stata.
Non so come spiegarlo... non è che non ti volessi
bene o non sapessi più di avere una figlia, ma in
quel momento tu non c'eri. I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
FIGLIA ­ Ti eri persa?
MADRE ­ In un certo senso. Ci sono momenti quando
tutto sparisce, resti da solo, solo nel mondo. Quei
rari istanti quando hai la percezione dell'istante
senza filtri. Puro presente. Qui e ora. Ogni cosa che
vedi, che tocchi ti sembra nuova, vergine, come se
non l'avessi mai vista prima. In quell'istante tu vedi
davvero, vivi... davvero. FIGLIA ­ Non mi hai sentita? Quando ho iniziato a
chiamarti, a piangere? MADRE ­ Non mi ricordo. Ero lontana, ormai. Avrei
pensato che fosse il grido di un uccello. FIGLIA ­ E poi? Cos'è successo dopo?
MADRE ­ Dopo sono uscita dal bosco. Dovevano
essere trascorse diverse ore. Sono arrivata a casa e
ho trovato te che dormivi nel tuo lettino, come
sempre. Sai, nessuno ne ha più parlato. In famiglia,
dico. Nemmeno per rimproverarmi. Quell'episodio
è rimasto un buco nella memoria collettiva, per
anni. Un buco nel tempo. FIGLIA ­ Avrai sofferto di depressione, mamma, non
se n'è mai accorto nessuno?
MADRE ­ Non cercarne una spiegazione... ti prego. FIGLIA ­ Non ti sei mai chiesta il perché, in tutti
questi anni, nemmeno una volta?
MADRE ­ No. Mai. Mi credi una cattiva madre? FIGLIA ­ C'è qualcosa che non capisco. La natura
vuole che le madri amino i loro figli. Che
dimentichino il dolore del parto come non fosse
mai esistito. Tutte ne parlano come di
un'esperienza meravigliosa. Tu, invece, mi
raccontavi dell'umiliazione di trovarti seminuda su
un tavolo, della vergogna di urlare. Ti vergognavi
davanti alle ostetriche e ti mordevi le labbra per
non urlare.
MADRE ­ Questo, non avrei dovuto dirtelo,
perdonami.
FIGLIA ­ No, non avresti dovuto.
MADRE ­ Nella natura ci sono anche cani a tre teste e
uomini senza braccia né gambe. Io non volevo che
ti succedesse qualcosa. Sono entrata in un'altra
stanza, Aglae. In una stanza dove tu non c'eri. FIGLIA ­ È così difficile. MADRE ­ Lo so. Mi vuoi meno bene adesso? FIGLIA ­ No. MADRE ­ Perché sei tornata? FIGLIA ­ Non lo so. Non lo so più. MADRE ­ Sei qua, sei sopravvissuta, abbiamo
continuato a vivere, tutti noi. Perché presentarci il
conto? Che cosa speri di ottenere, che hai? Aglae...
Sei malata e non vuoi dirmelo. Sei malata? Aglae,
parla! FIGLIA ­ Tu eri entrata nell'altra stanza, mamma. Io
sono rimasta, sono sempre stata qua, non me ne
sono mai andata. Continuo ad aspettare. Mi pare
che ancora una cosa, un pezzetto e tutto si
ricomporrà, avrà un senso. Il meccanismo tornerà a
funzionare. Questa casa, questa città, tu, io, tutto
diventerà vero. Le pareti di questa stanza nera
cadranno, noi scenderemo dal palcoscenico e
vedremo il verde degli alberi, il cielo... Basta
aspettare. Ancora una piccola cosa e quando saprò,
quando capirò ogni cosa, allora succederà.
Qualcosa, sì.
Buio. Apparizione 11.
FIGLIA ­ Arriva!
MARITO ­ Chi? FIGLIA ­ Dio...
MARITO ­ Respira. Brava. È stato solo un incubo. FIGLIA ­ Era un sogno, strano. MARITO ­ Me lo vuoi raccontare? FIGLIA ­ No. MARITO ­ Non fa niente, riposati ora.
FIGLIA ­ Mi ha fatto venire in testa dei pensieri strani.
MARITO ­ Che pensieri? FIGLIA ­ È una sciocchezza, mi vergogno a dirlo. La
tua ex... stavo pensando... Quando hai detto che
negli ultimi tempi potevate vedervi solo una volta
al mese... Devi averla amata molto. Prima di me
hai amato qualcuno, è naturale, tutti abbiamo
amato qualcuno, ma questo rende l'amore di
adesso meno unico. È un pensiero sciocco,
perdonami, ma non posso fare a meno di pensarci.
Mi chiedo se il nostro amore sia effettivamente noi,
se sono davvero io, tu... oppure se è l'amore in sé,
quello spasmodico bisogno di amare, di legarsi.
Forse l'amore in fondo è una nuvola che
respiriamo, una stanza in cui entriamo e poi
usciamo, una stanza che c'è stata prima di noi e che
continuerà a esserci anche quando non ci saremo
più. MARITO ­ È comunque bello entrarci insieme, in
quella stanza, non credi? FIGLIA ­ In ogni stanza siamo di passaggio. MARITO ­ L'amore che ho provato per la mia ex era
molto diverso da quello che provo per te.
D'altronde sarebbe preoccupante se amassimo
sempre allo stesso modo, no? FIGLIA ­ Sì, ma questo non mi fa sentire meglio.
Abbracciami!
MARITO ­ Io ti abbraccio sempre quando dormi.
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FIGLIA ­ Quando dormo non ci sono. Abbracciami
ora.
MARITO ­ Ecco fatto. Così è tutto vero, senti? Sono
qui con te.
FIGLIA ­ Potresti raccontarmi qualcosa che lei non
faceva, a differenza mia. Questo mi tirerebbe su.
MARITO ­ Ora sei sciocca. FIGLIA ­ Ti prego!
MARITO ­ E va bene. Per esempio a lei non piaceva
farlo all'aperto. FIGLIA ­ Davvero? Ma se non c'è nessuno e il posto è
bello perché no?
MARITO ­ Poi non ho mai avuto dei momenti di così
grande complicità come con te, non abbiamo mai
fatto niente di... divertente. FIGLIA ­ Ti faccio ridere? MARITO ­ Da morire. E poi con nessuna ho avuto un
progetto vero. FIGLIA ­ Avrai pensato di invecchiare con lei, di
avere dei figli, mi immagino.
MARITO ­ È vero. Ma era un'immagine lontana,
sfocata. Con te sento... come se la toccassi con le
mani. È tutto così concreto. La nostra casa, il nostro
figlio. In effetti potremmo sposarci, ti va? Lo vedo
già, testone, gli farai suonare il pianoforte, amerà il
blu e tutte le settimane tornerà da scuola con le
ginocchia sbucciate. Verremo a sentire i suoi saggi
a scuola e sarà bello come te. Adesso dormi, amore,
dormi ancora un po', è ancora presto. Ti sveglierò
io, non temere. Dormi tranquilla. Ti amo. Solo te.
Per sempre. Ti sveglierò io quando sarà il
momento. Buio.
Anno:
Espulsione spontanea del feto
(Deliri di un Grande Fratello ­ Atto I)
2014­15
Autore:
Damiana Guerra, 1981
Titolo:
Riferimenti:
[email protected]
www.facebook.com/pages/
Biancamara/612755015419787
Forma di tutela: Creative Commons versione CC BY­
NC­ND 3.0 (Attribuzione ­ Non commerciale ­ Non
opere derivate 3.0 Italia). Maggiori dettagli su
http://creativecommons.it
Note:
Opera inedita
ATTENZIONE: In caso di rappresentazione contattare
direttamente l'autrice.
Dedicato al Veleno.
Personaggi:
Un Uomo e una Donna
Descrizione della scena:
Palco vuoto. Al centro del proscenio, un televisore spento.
Nota dell'autore:
Durante tutta la scena prima, il personaggio Donna parlerà
anche a nome del proprio marito e della propria madre, in
una sorta di dialogo/monologo interiore: le frasi scritte non
in corsivo, comprese le note tra parentesi, sono riferite al
personaggio della donna e alle sue intenzioni. Quelle in
corsivo, invece, sono del marito e della madre.
Scena prima
In buio, si accende il televisore: immagine e audio del
segnale disturbato. Dopo qualche secondo, le
immagini del segnale disturbato vengono intervallate
da immagini del video, in sottofondo sempre l'audio
del segnale disturbato. Video: la donna in posizione
fetale, occhi chiusi, immersa in acque scure. Apre gli
occhi, lo spazio è stretto: vuole muoversi, ma non ci
riesce. Cerca di fare pressione con le braccia e con le
gambe a quello che la circonda, ma non riesce
comunque a liberarsi. Trova un passaggio: è molto
stretto, ancora più buio, umido ma riesce ad infilarsi.
Intanto, la luce sul palco lentamente inizia ad alzarsi:
la donna è in piedi e voltata di spalle, vestita di
bianco. Video: la donna faticosamente sta riuscendo a
passare in questo varco stretto. Arriva alla fine, riesce
ad uscire, viene accecata da una luce fortissima. Stop
secco del video e dell'audio. Quando "parla" il
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
personaggio del marito, la donna girerà solo la testa
alla sua destra mentre il resto del corpo è fermo.
DONNA ­ Non lo so. Non mi sento. No. Non mi
sento. Non lo so. Non so spiegare. Che ne so? Non
so spiegare. Ma non sto bene. Mi sento infelice. (breve pausa)
Infelice? Sì. Infelice. (breve pausa)
Perché? (si volta a favore di pubblico) Non lo so. (breve pausa)
(nervosamente) Mi devi dire cos'è che ti manca.
Esattamente.
(breve pausa)
Non so. Ti sto dando tutto.
Lo so.
Tutto ciò che un corpo chiede per vivere.
Lo so.
Acqua. Cibo.
Lo so.
Un posto per dormire. Un posto per scaldarti. Un posto per
defecare.
Ma non sto bene. (breve pausa) Sono ancora capace di
scrivere? Cazzate. Tu non lo sei mai stata capace di farlo. Non umiliarmi. Per favore. Io so scrivere. No. Tu sai solo mettere in fila delle parole intervallate da
punteggiatura. (pausa) Mi distruggi. Sei banale. Stai zitto. Avresti bisogno di un maestro. Io so scrivere. Se solo tu avessi una qualche dote da migliorare.
Io so scrivere!
No, non lo sai fare. Io voglio essere qualcosa. Tu? (ride)
Io.
Sei nulla. Accettalo. Ti prego. Lasciami in pace. (pausa)
Sei una donna. Che pretendi di fare? (ride) Non perdere
tempo. Fai le cose per cui sei portata. Mettiti a stirare.
(mima il gesto di stirare) Non così. Stira meglio. Ti ho
detto di farlo meglio. Mettici più impegno. Sei una
donna inutile. Stira anche i fazzoletti. E le mie
mutande? Stirale bene. Mi piace sentirmi comodo.
Mettiti a quattro zampe. (lei rimane ferma) Mi hai
sentito? Mettiti a quattro zampe! (esegue) Fammi un
pompino. (lei non sa che fare, si guarda attorno) Ti
ho detto fammi un pompino! (ha paura, si guarda
attorno) Vuoi che vada da lei ancora una volta? (pausa)
Però non lamentarti. Ti tradisco ma la colpa è soltanto
tua. Là non devo insistere. Là io non devo chiedere
niente (breve pausa) Lei mi fa entrare. Lei sta zitta.
Zitta. Chiaro? Voi non dovreste mai aprire bocca.
Dovreste aprila solo per fare pompini. Mi apre la porta e
se ne sta zitta. Sei mio marito. Sta zitta e apre la bocca.
Sei mio marito. Sta zitta e apre le gambe.
Sei mio marito. Stai zitta e apri la bocca.
(breve pausa)
Sei mio marito.
(breve pausa)
Ma ora voglio un pompino. Sei mio marito.
Io sono un uomo. Ricordatelo. Io sono un uomo. Prima di
ogni altra cosa. Ho delle esigenze fisiche. (breve pausa)
Mi fanno male le palle. (breve pausa) Vuoi che mi
facciano male le palle? (breve pausa. Più duramente)
Vuoi che mi facciano male le palle? (breve attesa. Poi
lei scuote la testa in segno di diniego, con poca
convinzione) Sai lei che fa? Lei mi slaccia i pantaloni e
mi fa tutto quello che non chiedo. (breve pausa) Vuoi che
torni da lei? No. Per favore. Resta con me. E allora fai il tuo dovere. Io ti amo. Fammi un pompino. (lei mima di fare un pompino, di spalle. Sputa. Breve
pausa. Si rialza) Io voglio scrivere. Mettiti a cucinare. Ho tante idee. Mettiti a cucinare. Vorrei riprendere a studiare. E chi penserebbe poi alla casa? (pausa) Devi comportarti
come una donna. Voglio che tu faccia la donna invece di
dire cazzate. E una donna deve saper fare bene la moglie.
Ma a te non riesce niente. Non sei capace neppure di
essere davvero una donna. In senso biologico, dico. Dal
tuo utero non esce niente. Solo piscio e mestruo. Non... noi non ci abbiamo provato davvero. Lo sai. Cazzate. Il mio sperma è potente. È il tuo utero ad essere
inutile. (lei piange) Che fai? Piangi? Vai da un dottore
piuttosto. Ti prego, basta. Stai zitto. (pausa) Non voglio più
ascoltarti. Lo dico per il tuo bene. I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Sei un mostro. Io sono perfetto.
No. Tu sei un mostro.
Sei tu quella deforme. (urlando) Basta! (pausa. Lei si porta le mani alle
orecchie. Chiude gli occhi) Basta, ti prego. Non
voglio ascoltare. Non voglio sentire. Io non voglio
sentire più niente. Tu non ci sei. Non esisti. Io non
voglio più ascoltarti! Sei un mostro. Animale. Sei
un mostro. (dalle quinte di sinistra, si affaccia
l'uomo: è vestito di rosso. La donna lo vede.
Rivolta a lui) Quanto potrò mai andare avanti così?
(l'uomo abbassa la testa. Esce)
(ridendo) Sei così patetica. Perché ho sposato una donna
come te? Perché mi amavi. Guardati. Fai schifo.
Tu mi amavi.
Sei piena di cellulite. Mi amavi.
Guardati, ho detto! Io lo so. Tu mi amavi. Il tuo seno è carne morta. Perché non lo ricordi più? Le tue cosce sono membra in decomposizione.
Mi amavi. Balle. Io ti amavo. (ride) Ma tu davvero pensi di essere capace di amare
qualcuno? Potrei chiederti la stessa cosa. Rispondimi, moglie. Io amavo te. Puttanate. Io amavo te.
Puttanate! (urlando) Io amavo te! (lunga pausa) La Bibbia parla chiaro. (breve pausa) L'hai mai letta? La
Bibbia è verità. Lì c'è scritto tutto. Sai cosa dice? C'è
scritto tutto quello che c'è da sapere. Dovresti leggerla.
Lì c'è scritto tutto. Sai cosa dice? C'è scritto tutto quello
che c'è da sapere. Dovresti leggerla. Hai capito? Tutto
quello che c'è da sapere. Sai cosa dice? "Il Signore Dio
plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una
donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: [...]
essa è carne della mia carne e osso dalle mie ossa. Perché
dall'uomo è stata tolta". (pausa) Hai capito? (pausa) "Il
Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta
all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora
l'uomo disse: [...] essa è carne della mia carne e osso
dalle mie ossa. Perché dall'uomo è stata tolta". (pausa)
"Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta
all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora
l'uomo disse: [...] essa è carne della mia carne e osso
dalle mie ossa. Perché dall'uomo è stata tolta". Hai
capito? Tu. Non sei niente. Sei solo una costola. (pausa)
Il Signore Dio plasmò una costola. Una mia costola.
(pausa) Mi appartieni. (pausa) Il Signore Dio ti plasmò
da una mia costola. Mi hai sentito? Tu appartieni a me.
(pausa) Vivi grazie a me. (pausa) Mi devi tutto. Donna.
(lunga pausa) Ricomincia a stirare. (pausa: attesa.
Nulla) Ricomincia a stirare. (pausa: attesa. Nulla)
Ricomincia a stirare! (la donna mima il gesto di
stirare. Buio)
Luce. La donna è seduta per terra, di profilo,
guardando le quinte di destra. Il televisore ora è alla
sua sinistra. Quando "parla" il personaggio della
madre, lei guarderà il televisore.
DONNA ­ Mamma. Dimmi. Perché mi hai fatto donna? Mica queste sono cose che si scelgono.
Mamma. Dimmi. Perché mi hai fatto donna? Sono cose che capitano.
Mamma. Dimmi. Perché mi hai fatto donna? Non è che uno lo decide.
Fa male essere donna. A questo mondo, tutto è doloroso.
Fa male essere donna. Nessuno ha mai detto che sarebbe stato semplice. Sì, ma nessuno sa davvero quello che significa. Eh, ci sono le mestruazioni, ci sono le gravidanze. Non parlo di questo, mamma. (ignorandola) Grazie a dio, però, ci sono gli assorbenti. Ma
le gravidanze, tesoro, quelle devono proprio esserci.
Mamma. Mica uno può non avere figli.
Ascoltami.
E voi, quand'è che vi decidete? Mamma. Dovete farlo adesso. Mamma, ascoltami. Che io poi divento troppo vecchia. Non voglio. Anche tu poi mi diventi troppo vecchia e che poi non ti
viene più. Mamma. Oh che siete sposati già da tre anni! Si fa tardi. Io non voglio più esserlo. I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Cosa? Donna. Donna? Donna. Ma che dici? Non è facile essere donna. Mica c'è qualcosa di facile a questo mondo. Sì, ma io non voglio più esserlo. Non dire scemenze. Mamma. Io dico sul serio. Sto male. In che senso? Sto male, mamma. Prenditi delle medicine. (portandosi una mano sul cuore) Sto male qui. E allora vai dal cardiologo. Mamma. Cosa credi che possa fare un cardiologo? Ti fa male il cuore? Sì. E allora da un cardiologo devi andare. (pausa) Mamma. Non hai capito nulla. Che dici? Tu non hai capito nulla. (breve pausa) E spiegami meglio allora. Sto male, mamma! Vai dal medico. Mamma. Io vorrei andarmene. Che vuol dire?
Voglio andarmene.
Per andare dove? Via. Non lo so dove. Ma via da dove? Da qui. Da casa tua? Da qui, mamma. Te ne vuoi andare da casa tua? Sì. Ma che dici?
Dico davvero, mamma. Voglio andarmene. E perché? Sono infelice. E che c'entra questo col fatto che te ne vuoi andare?
Sono infelice.
E però mica te ne puoi andare. (pausa) Perché no? Perché no. (pausa) Uno non può andarsene così. (pausa) Ti
sei sposata? (nessuna risposta) Ti sei sposata? (nessuna
risposta) Ti sei sposata? (nessuna risposta) Oh? Eh. (dalle quinte di sinistra, si affaccia l'uomo. La
donna lo vede. Rivolta a lui) Quanto potrò mai
andare avanti così? (l'uomo abbassa la testa. Esce)
Rispondimi. Sì, mamma. Mi sono sposata. Ma che c'entra questo
ora? C'entra che mica te ne puoi andare così. Hai fatto una
scelta. E hai delle responsabilità. Hai un uomo che,
quando torna a casa la sera, deve trovare la cena pronta
e la casa in ordine. Mamma. Ma ti ascolti? Siamo nel ventunesimo secolo.
Certi discorsi avevano senso una volta.
Hanno senso pure adesso. No, mamma. Non è vero. Ti dico che è così. La donna è donna. E donna deve essere. Mamma. Stai dicendo un mucchio di stronzate.
Non essere volgare.
E tu non dire certe stronzate.
Guarda che queste sono le cose basilari della vita. Le
fondamenta della famiglia. Sei una donna e donna devi
essere.
Che significa essere donna, mamma? Significa essere donna. (breve pausa) Lo dice la parola
stessa.
(breve pausa)
Non è una risposta. Che ti devi pure prendere cura della casa. (pausa) Posso essere donna anche in un altro modo. Non è possibile. Non è possibile? No. (breve pausa) Posso essere tante altre cose, mamma. No che non si può. (pausa) Il cielo può diventare il mare? No, mamma. Un albero può diventare un cane? No, certo. Un morto può diventare un vivente? No, mamma. Eh. E una donna altro non può diventare. (pausa) Una
donna è una donna. (pausa) Tu sei felice, mamma? In che senso? A vivere così, mamma. Ma così come?
Così come tu intendi essere donna.
Ma io sono una donna. È così che si sta bene. Ti senti realizzata? Io sono una donna. È così che si sta bene. Ma dimmi... hai avuto tutto quello che volevi? Che volevo come? Dalla vita, mamma. Ma com'è che oggi parli strano?
Rispondimi, mamma.
E che potevo volere?
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Non lo so, mamma. Quand'eri giovane, non sognavi
nulla?
Ma in che senso?
Stai bene, mamma? Beh, in questo momento proprio bene non sto. Ho avuto
una figlia che non vuole farmi diventare nonna. (la
donna si porta le mani alle orecchie) Mi stai facendo
diventare lo zimbello di tutti. (si rannicchia su se
stessa in posizione fetale) Tu un figlio devi dare a tuo
marito sennò quello da un'altra se lo va a pigliare! Ti
devi dare da fare! E fatti bella, no? Cos'è quella faccia?
Sembri un cadavere! Che è quell'espressione? Sei ad un
funerale? E basta piangerti addosso! Mangia di più!
Non vedi che sembri un manico di scopa? Come puoi
pretendere che tuo marito ti trovi attraente? Che tu hai
tutto! Tutto quello che una donna può volere dalla vita!
E ti lamenti pure! Pensa a chi è messo peggio di te!
Basta piangere! Alzati! E guarda che disordine che c'è
in questa casa! Alzati e rimetti tutto a posto! Che ore
sono? Hai preparato la cena? Guarda che tra poco torna
e non trova il piatto pronto! E poi ovvio che ti urla
addosso! Figlia mia... sei nata donna! E donna devi
essere! Sai cos'è una donna? Eh? Bambina mia... sai
cos'è una donna? Una donna è l'angelo del focolare! (sottovoce) Sì, ma si brucia. Come? (ancora sottovoce) Si brucia. In che senso? A stare troppo vicino al fuoco, l'angelo si brucia.
(l'uomo appare nuovamente dalla quinta di
sinistra: non esce completamente, si nasconde)
Che dici? Io mi sono bruciata. Con cosa? Mi sono bruciata. Mo' adesso?
Mi sono bruciata. E dove? Il cuore, mamma. Che ricominci con i tuoi malanni immaginari? Il cuore è cenere, mamma. (l'uomo esce)
Basta con il tuo vittimismo! (urlando) Brucia, mamma, brucia! L'angelo le vesti la
casa le ali le mani i piedi i capelli le dita gli occhi la
lingua! Brucia, mamma, brucia! Maledetto angelo
brucia e muori! Muori, angelo di merda! Muori!
Muori! Il tuo sorriso sornione si spegne nelle
fiamme e tu muori! Crepa angelo, crepa!
Dannazione, crepa! Crepa, ti ho detto! E spero che
tu soffra, maledetto angelo! Soffri e muori! Muori!
Non voglio più ritrovarmi la tua faccia davanti!
Non voglio più vederti! Mai più! Non devo più
vederti! La tua perfetta pettinatura il tuo perfetto
trucco la tua perfetta manicure e che belle scarpe
che bel vestito e che bel trucco ma che bella moglie
che hai com'è femminile ma che bel seno che bel
sorriso oh ma come sa cucinare bene oh ma come
tiene bene la casa oh ma come fa bene i pompini!
Brucia, mamma, bruciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa_
aaaaaaaaaaaaa! (buio)
Luce. La donna è sdraiata per terra, pancia in alto. Il
televisore ora è alla sua destra, per terra, all'altezza
della sua testa.
DONNA ­ C'era un piccolo fosso in mezzo al niente.
Un piccolo fosso di niente in mezzo al niente. Un
piccolo fosso che io volevo solo oltrepassare
magari saltandolo non lo so ma era piccolo che ci
vuole a saltarlo niente mi ero detta. Un piccolo
fosso di niente in mezzo al niente che era niente da
oltrepassare. Ma il fosso è cattivo e a lui non gliene
frega niente di niente e decide di allargarsi. Più mi
avvicino e più il fosso si allarga e il niente diventa
un niente diverso le mie gambe sono pesanti ed io
mi muovo più lentamente e faccio fatica ma arrivo
quasi vicino al fosso di niente ma di un niente
diverso in mezzo al niente che era anche lui un
niente diverso e superarlo ora era un niente un po'
difficile. Cerco di avvicinarmi ancora ma il fosso
vuole evitarmi e si allontana e diventa ancora più
grande e di un niente ancora una volta diverso ma
di un diverso che ora mi sembra faccia paura ma
non ne sono sicura ma mi fa paura perché è un
niente che io non avevo mai visto prima era un
niente minaccioso e da superare non era più niente
così semplice. Mi fermo. (pausa) Mi fermo. (pausa)
Mi fermo. (pausa) Devo pensare. (pausa) Non so se
devo davvero andare oltre a questo niente che ora
non è più lo stesso niente. È un niente di quelli che
ti guardano dentro e ti conoscono bene e sanno
tutto quello che tu non vorresti mai far sapere a
nessuno e hanno visto quello che ti è stato fatto
povera piccola bambina succosa come un agrume
dolce ancora acerbo ma che lui ha voluto è un
niente che ci mette niente a irrigidire e mangiarsi
ingordo ogni tua minima parvenza di coraggio e tu
diventi niente e il niente non esiste e il niente non
può muoversi e il niente che fa? Niente. (pausa)
Niente. (pausa) Non sente niente. (pausa) Non sei
niente. (pausa) Il fosso di niente che ora non è più
un niente così indifeso mi fa paura e non voglio più
avvicinarlo non voglio più superarlo perché da
saltare questo fosso che divora i suoi margini non è
più così semplice e il niente si allarga prende
spazio mangia la terra sotto i tuoi piedi ed io voglio
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
tornare indietro non voglio che il niente arrivi da
me che mi tocchi che mi faccia vedere quello che
neppure io voglio più vedere e arretro. Arretro.
Voglio tornare indietro. Arretro e voglio tornare
indietro. Voglio tornarmene indietro voglio
andarmene voglio arretrare. Il niente è veloce e
mangia terra avidamente il porco la mangia
avidamente. Io continuo ad arretrare. Ora corro.
Corro arretrando. Corro. Sì che corro arretrando.
(pausa) Ma il niente è più veloce il niente che ora
non è più lo stesso niente innocuo indifeso ma è un
niente diverso il niente che mi guarda e mi conosce
il niente che ora è tutto intorno a me che entra nel
mio corpo attraverso ogni buco della mia carne
attraverso i pori della pelle attraverso le cavità
degli occhi la bocca le narici la vagina attraverso le
orecchie l'ano entra dentro di me ed io divento
niente divento quel niente che però fa paura ma
pur sempre di niente si tratta e precipito precipito
precipito. Cado. Perdo i sensi. (pausa) Quando
riprendo i sensi, sono rimasta niente. Un niente
vestito in abito da sposa macchiato di sangue
verginale. (buio)
Luce. La donna è seduta per terra, dando le spalle al
pubblico. L'uomo è di fronte a lei, a favore di
pubblico. Verso il proscenio, al centro, c'è il televisore.
Tono di voce concitato.
DONNA ­ È impazzita. Impazzita. Pazza.
Completamente folle. UOMO ­ È matta. Pazza. Pazza. Pazza. DONNA ­ Persa. UOMO ­ Perduta. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Folle. UOMO ­ Un aborto di natura. DONNA ­ Un aborto. UOMO ­ Un aborto. DONNA ­ Una creatura senza più il senso delle cose. UOMO ­ Le cose. DONNA ­ Le cose. UOMO ­ Le cose importanti. (lentamente, dall'alto
vengono calati moltissimi ferri da stiro) Si è
tramutata. Un aborto. DONNA ­ In aborto si è tramutata. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Svuotata. Folle. UOMO ­ Folle. DONNA ­ Folle. UOMO ­ Insensata. DONNA ­ Come si fa? UOMO ­ No, non si può. DONNA ­ Pericolosa. UOMO ­ Matta. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Pericolosa. DONNA ­ Povero marito. UOMO ­ Matta. DONNA ­ Matta. UOMO ­ Perché? DONNA ­ Matta. UOMO ­ Ha tutto. DONNA ­ Pazza. Pazza. Pazza. UOMO ­ È nuda. DONNA ­ In casa. UOMO ­ Dicono. DONNA ­ Nuda. UOMO ­ Dico? DONNA ­ Ma che indecenza. UOMO ­ Matta. DONNA ­ Folle. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Nuda. UOMO ­ Un aborto. DONNA ­ Un aborto. UOMO ­ Un aborto. DONNA ­ Nuda. UOMO ­ In casa. DONNA ­ Ora. UOMO ­ Subito. DONNA ­ Presto. UOMO ­ Nuda? DONNA ­ Sì, nuda. UOMO ­ Ma nuda? DONNA ­ Nuda. Sì. UOMO ­ Senza nulla addosso? DONNA ­ Senza nulla addosso. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ L'ho detto io. UOMO ­ Era nuda. DONNA ­ In casa. UOMO ­ È nuda. DONNA ­ In casa. UOMO ­ Imbrattata di sangue. DONNA ­ In casa. UOMO ­ Sangue. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Matta. DONNA ­ Nuda. UOMO ­ Sangue. I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ In casa. UOMO ­ Nuda. DONNA ­ Nuda? UOMO ­ Nuda?
DONNA ­ Nuda. UOMO ­ Non cucina. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Non stira. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Non lo prende in bocca. DONNA ­ Pazza!
UOMO ­ Sporca di sangue. DONNA ­ Quale sangue? UOMO ­ Sangue. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Sangue mestruale. DONNA ­ Che orrore. UOMO ­ Ovunque. Sul pavimento. DONNA ­ Muri. UOMO ­ Gambe. DONNA ­ Volto. UOMO ­ Sul letto matrimoniale. DONNA ­ Che orrore. UOMO ­ Ricovero. Ricovero. Ricovero. DONNA ­ Ripete che ama. UOMO ­ Che ha amato un uomo. DONNA ­ Una favola. UOMO ­ Una favola. DONNA ­ Una favola.
UOMO ­ Vuole essere infelice? DONNA ­ No. UOMO ­ Lei dice felice? DONNA ­ Felice.
UOMO ­ Felice?
DONNA ­ Sì, felice. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Pazza. Pazza. Pazza.
UOMO ­ La felicità non basta. DONNA ­ No. UOMO ­ E come potrebbe? DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Matta. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ La felicità non è dell'essere umano. DONNA ­ No. UOMO ­ La felicità non è dell'uomo. DONNA ­ No. UOMO ­ La felicità non è della donna. DONNA ­ Non può. UOMO ­ Non le appartiene. DONNA ­ No. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ Matta. UOMO ­ Pazza. DONNA ­ L'essere umano deve scarnificarsi. UOMO ­ Sì. DONNA ­ Deve. UOMO ­ Fino all'osso. DONNA ­ Stralci di carne pendenti dalle orecchie. UOMO ­ La pelle. Insulsa. DONNA ­ Ella stessa deve dilaniarsela. UOMO ­ Mangiarsela. DONNA ­ Vomitarla. UOMO ­ Deve scarnificarsi. DONNA ­ Con le proprie unghie. UOMO ­ Con i propri denti. DONNA ­ Pazza, pazza, pazza. UOMO ­ Ha amato un uomo? DONNA ­ Sì. UOMO ­ Questo dice?
DONNA ­ Questo dice. UOMO ­ Lo ha amato? DONNA ­ È questo quello che dice. UOMO ­ Un uomo ha amato? DONNA ­ Ha detto questo. UOMO ­ Fantoccio di pezza. DONNA ­ Ho smesso di sorridere in una lunga notte
senza stelle. UOMO ­ Ha perduto lingua denti labbra. DONNA ­ Ho smesso di sorridere in una lunga notte
senza stelle. UOMO ­ Quella notte. DONNA ­ Sì. UOMO ­ Quella notte. DONNA ­ Sì. UOMO ­ La notte in cui la sua stessa immagine
riflessa in quello specchio si è frantumata in mille
inesistenti pezzettini. DONNA ­ Si è rotta. UOMO ­ Sì. Si è rotta. DONNA ­ Quella notte il vento ha soffiato forte. UOMO ­ Forte? DONNA ­ Forte. E li ha spazzati via. UOMO ­ Ha amato un uomo. DONNA ­ Questo dice. UOMO ­ La sua stessa carne quella notte si ruppe e
non ci fu più verso di rimetterla in sesto. DONNA ­ No. UOMO ­ Non è possibile. DONNA ­ E come? UOMO ­ Ciò che si rompe non può più essere
ricucito. DONNA ­ No. UOMO ­ Si è rotta. DONNA ­ Pazza. UOMO ­ Non può più essere schema. I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ L'essere umano è di una bruttura
indicibile. UOMO ­ I desideri? DONNA ­ A che servono? UOMO ­ A nulla. DONNA ­ Non angeli. UOMO ­ Né favole. DONNA ­ Né focolari. UOMO ­ La libertà di essere un essere umano. DONNA ­ Ma pazza. UOMO ­ Imbrigliare. DONNA ­ Imbrigliate. UOMO ­ Imbrogliare. DONNA ­ Imbrogliate. UOMO ­ Imbrigliare. DONNA ­ Imbrogliare. UOMO ­ Le coscienze. DONNA ­ Le coscienze. UOMO ­ Le coscienze. Pausa. Lentamente, la donna si volta verso il
pubblico. Incrocia le sue gambe, stringendo forte
verso l'inguine il televisore. Sguardo fisso al pubblico.
Dopo qualche secondo, la televisione di accende:
inizialmente, c'è solo l'immagine del segnale
disturbato, con il suo caratteristico rumore. Inizia la
sequenza di immagini, intervallate dall'immagine del
segnale disturbato: inizialmente sono più frequenti le
immagini del segnale disturbato per poi,
gradualmente, aumentare di frequenza le immagini
fino a far sparire completamente il segnale disturbato.
Gli spezzoni di video che si vedranno saranno: bocche
di donne che ridono, bocche con rossetto che
mangiano banane, bocche sporche di sperma, seni di
donna, gambe di donna, piedi di donna che
indossano tacchi molto vistosi e provocanti, spezzoni
di video porno. In sottofondo, fisso, sempre l'audio
del segnale disturbato. La durata sarà circa di un
minuto. Buio di colpo.
Scena seconda
La televisione è ancora nella stessa posizione della
scena precedente, per terra verso il proscenio. Si
accende: immagini di segnale disturbato con audio.
Scena vuota: sono presenti solo i ferri da stiro appesi
al soffitto. Via immagini del segnale disturbato, parte
il video, audio del segnale disturbato: ripresa in un
bosco, scena autunnale. Cielo grigio, alberi e foglie a
terra marrone. La donna corre in mezzo al bosco: ha
un lungo vestito rosso. Correndo, inciampa, si taglia,
si segna la faccia. Entra la donna da destra, vestita
come nel video, avanza verso il centro. Si gira a favore
pubblico, lentamente si sposta verso il proscenio. Da
sinistra, entra l'uomo, vestito di bianco, con un paio di
forbici in mano: si allunga verso i ferri da stiro,
lentamente, uno alla volta, comincia a farli cadere,
tagliando la presa da cui sono appesi. Cadendo, fanno
un rumore molto forte. Stop video, si alza lentamente
una luce calda.
DONNA ­ (sente i rumori dei ferri che cadono, finge
indifferenza. Al quinto ferro che cade, si volta
verso l'uomo) Non serve a niente.
UOMO ­ (continuando a far cadere i ferri) Ti sbagli. DONNA ­ Davvero. È inutile.
UOMO ­ (continuando a far cadere i ferri) Ti sbagli. DONNA ­ È patetico.
UOMO ­ (continuando a far cadere i ferri) Ti sbagli. DONNA ­ Continueranno a rimetterli a posto.
UOMO ­ Ed io li farò cadere di nuovo.
DONNA ­ Non cambierà nulla. (pausa. L'uomo
continua a far cadere i ferri) Lo sai anche tu.
UOMO ­ (si ferma: la guarda) Qualcosa è già
cambiato. DONNA ­ È tutto finito.
UOMO ­ Io sono ancora qui.
DONNA ­ Non cambierà nulla. DONNA ­ Non è vero.
UOMO ­ Non senti?
DONNA ­ (dandogli le spalle) È tutto come prima.
UOMO ­ L'aria è diversa. (si avvicina alla donna) DONNA ­ (ignorandolo) Esattamente come prima.
UOMO ­ La speranza è diversa. (le tocca una spalla)
La voglia è diversa.
DONNA ­ (si allontana dall'uomo, spostandosi verso
sinistra) Mi fai male così.
UOMO ­ (sospira. Riprede a far cadere i ferri) Vorrei
vederti felice.
DONNA ­ Mi hai resa infelice.
UOMO ­ (si ferma: la guarda) Sono qui. Per te.
DONNA ­ Io devo restare qui.
UOMO ­ No se non vuoi.
DONNA ­ Non posso.
UOMO ­ Perché?
DONNA ­ Non posso.
UOMO ­ Non vuoi.
DONNA ­ Voglio. UOMO ­ E allora andiamo.
DONNA ­ Ma non posso.
UOMO ­ Io te lo chiederò tutti i giorni.
DONNA ­ Non farlo.
UOMO ­ Non smetterò mai.
DONNA ­ Non dirlo.
UOMO ­ (avvicinandosi) Non smetterò mai finché
vivo.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ (allontanandosi) Questa è infelicità.
UOMO ­ Potrebbe non esserlo.
DONNA ­ È sempre stata infelicità.
UOMO ­ Non per me.
DONNA ­ Per me sì.
Pausa.
UOMO ­ Ho desiderato soltanto vederti felice. Anche
se per un solo istante.
DONNA ­ Un solo istante.
UOMO ­ Sì. Per me sarebbe stato sufficiente.
DONNA ­ Un solo istante non cambia nulla.
UOMO ­ Se tu solo lo volessi, potrebbe non essere
solo un istante.
DONNA ­ Non è questione di volere.
UOMO ­ È cos'è?
DONNA ­ È altro.
UOMO ­ Non lo è.
DONNA ­ Non lo sai.
UOMO ­ Sei tu che ti costringi.
DONNA ­ Ho preso un impegno.
UOMO ­ Io non me ne vado.
DONNA ­ Sì. Devi.
UOMO ­ No. (riprende a tirare giù i ferri da stiro) Io
continuerò.
DONNA ­ (cercando di fermarlo) Vattene.
UOMO ­ No.
DONNA ­ Vattene!
UOMO ­ Io...
DONNA ­ (interrompendolo, urlando) Vattene! Ma
non ti vedi? UOMO ­ Non è servito a darti serenità?
DONNA ­ Vattene!
UOMO ­ Non ora.
DONNA ­ Non ci vedi?
UOMO ­ Siamo perfetti.
DONNA ­ Vattene!
UOMO ­ Non lo farò.
DONNA ­ La tua sola presenza è sufficiente a
provocare in me una profonda disperazione.
Pausa.
DONNA ­ Il tuo corpo mi rende infelice.
Pausa.
UOMO ­ Stai mentendo.
Pausa.
UOMO ­ Ascoltami.
DONNA ­ Stamattina.
UOMO ­ Devo chiederti una cosa.
DONNA ­ Stamattina.
UOMO ­ Devi farlo.
DONNA ­ Un chiodo.
UOMO ­ Per me.
DONNA ­ (voltandosi fronte pubblico) Ho trovato un
chiodo stamattina.
UOMO ­ Devi fare una cosa.
DONNA ­ Un chiodo ho trovato stamattina.
UOMO ­ Regalami il desiderio.
DONNA ­ Sulla strada. Nascosto tra i sassi.
UOMO ­ Dimmi che mi vedrai domenica.
DONNA ­ Ho trovato stamattina un chiodo.
UOMO ­ Devi dirmi che verrai e devi dirmi a che ora.
DONNA ­ Ci riparerò il tavolo.
UOMO ­ Vivrò con felicità i giorni che ci separano.
DONNA ­ No. Riparerò la mensola.
UOMO ­ E soltanto perché so che ti vedrò.
DONNA ­ Anzi. La libreria.
UOMO ­ Il tempo passerà lento. Ma io ti immaginerò
entrare da quella porta.
DONNA ­ Oppure no.
UOMO ­ E renderà l'attesa meno penosa.
DONNA ­ Aspetta. UOMO ­ Fantasticherò su quello che diremo. Su
quello che faremo.
DONNA ­ Devo riparare l'asse da stiro.
UOMO ­ So che ti avrò. E questo mi farà sentire
euforico.
DONNA ­ Stamattina ho trovato un chiodo.
UOMO ­ Ma poi negati. Inventa una scusa. Poche ore
prima.
DONNA ­ Ci devo riparare me stessa.
UOMO ­ Devi dirmi che ci rivedremo un altro giorno.
DONNA ­ Ho trovato un chiodo stamattina.
UOMO ­ Devi dirmi quale e devi dirmi a che ora.
DONNA ­ Penso troppo.
UOMO ­ Devi dirmi in che punto preciso.
DONNA ­ È il mio limite da sempre. UOMO ­ Ma poi, dovrai negarti di nuovo. Poche ore
prima.
DONNA ­ Riparerò il mio cervello.
UOMO ­ E poi ancora. Di nuovo. Mi darai un
appuntamento. E non verrai.
DONNA ­ Un chiodo ho trovato stamattina.
UOMO ­ Ti prego dimmi che lo farai. Che per me
farai questo.
DONNA ­ Sì. È me stessa che devo riparare.
UOMO ­ All'infinito. E per tutto quello che resta della
mia vita.
DONNA ­ Apro la bocca.
UOMO ­ Mi regalerai il desiderio. A vita.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ Ecco. Ora il chiodo è dentro di me.
UOMO ­ Il resto dei miei giorni con il desiderio.
dipendentemente dalla localizzazione delle cisti. DONNA ­ Nutri il tuo verme in una sorta di perverso
ciclo vitale.
Pausa. L'uomo sospira. La donna si volta, dandogli le UOMO ­ Particolarmente grave è quella a livello
spalle. L'uomo riprende a far cadere i ferri da stiro.
cerebrale che può dar luogo a disturbi mentali,
epilessia e segni legati all'aumento della pressione
DONNA ­ (sente i rumori dei ferri che cadono, finge
intracranica.
indifferenza. Al quinto ferro che cade, si volta DONNA ­ Hai fame. E mangi. Mangi. Mangi. (pausa)
verso l'uomo) Non serve a niente.
Ma ti condanni a morte.
UOMO ­ (continuando a far cadere i ferri) Ti sbagli. UOMO ­ La sede intraoculare può provocare la
DONNA ­ Davvero. È inutile.
perdita permanente della vista.
UOMO ­ (continuando a far cadere i ferri) Ti sbagli. DONNA ­ Non te ne rendi conto davvero. Ma la tua
DONNA ­ È patetico.
ossessione decompone la tua carne.
UOMO ­ (continuando a far cadere i ferri) Ti sbagli. DONNA ­ Continueranno a rimetterli a posto.
Pausa.
UOMO ­ Ed io li farò cadere di nuovo.
DONNA ­ (voltandosi verso l'uomo) Mi stai
Pausa.
inaridendo.
UOMO ­ Non è questo quello che voglio.
DONNA ­ Hai un brutto aspetto.
DONNA ­ Il desiderarti mi sta inaridendo.
UOMO ­ Grazie.
UOMO ­ Smettila di desiderarmi.
DONNA ­ Sei identico.
DONNA ­ Impossibile.
UOMO ­ A cosa?
UOMO ­ La mente comanda le emozioni.
DONNA ­ Due gocce d'acqua.
DONNA ­ È troppo tardi.
UOMO ­ Di che parli?
UOMO ­ Possiamo ancora salvarci.
DONNA ­ Tu per me sei come un verme solitario.
UOMO ­ (si ferma. La guarda) Perché mi dici questo? Pausa.
DONNA ­ Sei ossessione.
UOMO ­ Sei amore.
DONNA ­ Devo tornare da mio marito.
DONNA ­ L'ossessione è un verme solitario. UOMO ­ (ricominciando a far cadere i ferri sa stiro)
UOMO ­ (si volta fronte pubblico) La taenia solium,
Non posso permetterlo.
volgarmente chiamata verme solitario, è un verme DONNA ­ Quello è il mio posto.
parassitario appartenente alla famiglia dei tenidi.
UOMO ­ Il tuo posto è in nessun luogo.
DONNA ­ Nascosta, ti divora dentro. DONNA ­ Ho fatto una promessa.
UOMO ­ Platelminti cestodi.
UOMO ­ Hai fatto un errore. (smette di far cadere i
DONNA ­ Continui a cibarti. Ti illudi. Credi di
ferri da stiro. Ora ne sono rimasti appesi solo
continuare a vivere. A respirare.
cinque)
UOMO ­ La cisticercosi da taenia solium può DONNA ­ Il mio unico errore sei stato tu.
svilupparsi anche nell'uomo in seguito
all'ingestione accidentale delle uova contenenti Pausa.
l'oncosfera.
DONNA ­ Ma il tuo corpo avvizzisce. La tua mente UOMO ­ Sono contento di vederti stasera.
avvizzisce.
DONNA ­ Aver commesso il peggiore dei reati e
UOMO ­ Oppure in seguito a fenomeni di peristalsi
continuare a respirare.
invera che portino le uova a risalire il tubo UOMO ­ Anche se da lontano e in mezzo ad altra
digerente fino allo stomaco. gente.
DONNA ­ Lì ti sottrae il nutrimento. Si nutre di esso.
DONNA ­ Contro l'amore contro la fiducia contro la
UOMO ­ Dove si schiuderanno per azione dei succhi
purezza.
gastrici.
UOMO ­ Non tutto è un gioco psicologico.
DONNA ­ Alimenti la tua ossessione nutrendo te DONNA ­ Il peggiore tra tutti i reati.
stesso.
UOMO ­ Il decorso può provocare una Pausa.
sintomatologia più o meno grave
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ I miei sentimenti per te sono veleno.
UOMO ­ Sono un rospo.
DONNA ­ Hanno la pesantezza di un macigno.
UOMO ­ Sono un intruso. Sono nella tua cucina,
nascosto.
DONNA ­ Altre volte la consistenza del gelo.
UOMO ­ Ma tu mi vedi. Mi hai trovato. (la donna si
volta a guardarlo) Riesci a catturarmi.
DONNA ­ I miei sentimenti per te sono veleno.
UOMO ­ Vuoi uccidermi. La mia pelle viscida ti
provoca nausea. Ribrezzo. Vuoi uccidermi.
DONNA ­ Hanno la pesantezza di un macigno.
UOMO ­ Apri la lavatrice. Mi chiudi lì dentro.
DONNA ­ Altre volte la consistenza del gelo.
UOMO ­ La centrifuga stritola le mie ossa di anfibio.
DONNA ­ I miei sentimenti per te sono veleno.
Pausa: l'uomo abbassa la testa, infelice. Lei guarda
quello che resta dei ferri da stiro appesi al soffitto. Si
guarda attorno: indica punti vuoti della scena.
DONNA ­ Li vedi?
UOMO ­ Cosa sono?
DONNA ­ Il lampadario di mia nonna. Il tavolo. Le
sedie di mia suocera. La credenza. I bicchieri. Le
posate. I tappeti. I vasi. I quadri. Il posacenere. Il
daino in ceramica.
UOMO ­ Distruggerò tutto.
DONNA ­ La libreria. I tovaglioli coordinati con la
tovaglia. Le tende. Il tavolino. La poltrona. La
cassettiera.
UOMO ­ Lo farò per te.
DONNA ­ I piatti. Le tazzine da caffè. Quelle da latte.
Il coltello per il pane. Il coltello per il pene. Il
coltello per la carne. Il coltello per i formaggi. Il
coltello per il pesce.
UOMO ­ Chiedimelo. E renderò tutto cenere.
Breve pausa.
DONNA ­ Li senti? Ridono.
UOMO ­ Chi?
DONNA ­ Loro.
UOMO ­ Loro?
DONNA ­ Sì. Loro.
UOMO ­ (guardandosi attorno) Non possono ridere.
DONNA ­ Chi l'ha stabilito?
UOMO ­ Sono cose.
DONNA ­ Ridono. Lo sento.
UOMO ­ Perché riderebbero?
DONNA ­ Di me.
UOMO ­ Non sei divertente.
DONNA ­ Lo sono.
UOMO ­ Hai scordato il naso rosso.
DONNA ­ Ridono delle promesse fatte.
UOMO ­ Ridono delle promesse non fatte.
DONNA ­ Fatte e non mantenute.
UOMO ­ Non fatte e incancrenite.
DONNA ­ La colpa si fa melma.
UOMO ­ Il rimpianto si rende metastasi.
DONNA ­ Resti inermi. UOMO ­ Feci agonizzanti.
DONNA ­ Mentre loro ridono.
Breve pausa.
UOMO ­ Distruggerò tutto.
DONNA ­ Ridevano anche quel giorno.
UOMO ­ Quel giorno?
DONNA ­ Quel giorno.
UOMO ­ Quel giorno ti perdesti.
DONNA ­ Non mi sono persa.
UOMO ­ Dissero che ti perdesti.
DONNA ­ Non mi sono mai persa.
UOMO ­ Dissero che ti perdesti.
DONNA ­ La gente dice quello che ritiene sensato
dire.
UOMO ­ Se ci crede, è vero.
DONNA ­ La verità è propria di ognuno.
UOMO ­ C'è una verità assoluta.
DONNA ­ L'assoluto è relativo.
UOMO ­ Dissero che ti perdesti.
DONNA ­ Non mi sono persa.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Lo ricordo.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Ho l'esigenza di annebbiare la mia
coscienza.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Lo ricordo.
UOMO ­ Perché hai urlato?
DONNA ­ Non riuscivo più a contenere la mia
disperazione.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Non riuscivo più a contenere la mia
frustrazione.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ La mia isteria.
UOMO ­ Il ricovero era scontato.
DONNA ­ Perché devo vivere circondata da ferri da
stiro?
UOMO ­ Perché sei donna.
DONNA ­ Non li voglio.
UOMO ­ Sei donna.
DONNA ­ Ho urlato.
UOMO ­ Non dovevi.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ (indicando i ferri da stiro) Volevo soltanto
che sparissero.
UOMO ­ Sei donna.
DONNA ­ Ho urlato.
UOMO ­ Il ricovero era scontato.
DONNA ­ Abbiamo bisogno delle tue generalità.
UOMO ­ Nome.
DONNA ­ Anni.
UOMO ­ Peso.
DONNA ­ Altezza.
UOMO ­ Come ti senti?
DONNA ­ Come mi sento?
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Il ricovero era scontato.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Ho smesso di sorridere in quella lunga
notte senza stelle. UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Al nulla.
UOMO ­ Al nulla?
DONNA ­ Al nulla.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Non quella notte.
UOMO ­ Hai urlato.
DONNA ­ Ero imbottina di Valium.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Un nero lungo sonno.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Senza sogni.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ La pace. Per una notte.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Al mio risveglio, vomitai.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Ci fu una ragazza.
UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Ritrovai il mio orrore. Mi ritrovai
nell'orrore. UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Quella ragazza. Sconnessa. Frenetica. UOMO ­ Quella notte. Cos'hai pensato?
DONNA ­ Era felice del mio ricovero.
Pausa. L'uomo la guarda. Ricomincia, lentissimo, a far
cadere i ferri da stiro dal soffitto.
DONNA ­ Avrebbe reso meno penosa la sua
degenza. (breve pausa) Voglio andarmene, pensai.
Voglio andarmene. (breve pausa) Voglio
andarmene. (breve pausa) La vita stessa è la mia
malattia. Nessuno può curarmi. Qui starò peggio.
(breve pausa) Ritrovai il mio orrore. Mi ritrovai
nell'orrore. (breve pausa) Nessuno può curarmi.
(guarda il pubblico, inizia ad agitarsi. Corre,
frenetica, avanti ed indietro. Urlando) Voglio
vedere un medico! Un medico! Voglio vedere un
medico! (l'uomo si ferma. La guarda) Un medico,
cazzo! (la ferma)
UOMO ­ Mi dica.
DONNA ­ Voglio andare a casa.
UOMO ­ Non può.
DONNA ­ Voglio andare a casa.
UOMO ­ Si rende conto di quello che ha fatto ieri?
Breve pausa.
DONNA ­ Voglio uscire. Subito.
UOMO ­ Non può. Breve pausa.
DONNA ­ Se non mi fate uscire immediatamente, mi
lascio morire di fame. (breve pausa) Lo giuro
quant'è stramaledetto dio che se non mi fate uscire
subito io mi lascio morire di fame cazzo se mi
faccio morire di fame voglio uscire voglio
andarmene via altrimenti lo giuro che non mangio
più un cazzo e mi lascio morire di fame. Cazzo se
mi lascio morire di fame se non mi fate uscire
subito maledizione. Subito! (breve pausa. L'uomo
la guarda. Lentamente, ricomincia a far cadere i
ferri da stiro dal soffitto) Contro il parere medico. UOMO ­ Contro il parere medico?
DONNA ­ Questo dice la cartella clinica.
UOMO ­ Contro il parere medico?
Breve pausa.
DONNA ­ Mi metto una maschera. Una bella
maschera. Sorridente. Luminosa. Mi metto una
maschera. Ben incollata al mio viso. E non la tolgo
mai più. Una bella maschera. Sorridente.
Luminosa. Mi metto una maschera. Ben stretta al
viso. A celare il baratro. A celare la disperazione
che ti porti negli occhi. Nello stomaco. Sulle spalle.
Una bella maschera. Sorridente. Luminosa. Mi
metto una maschera. Non gliene frega a nessuno di
quello che pensi realmente. Meglio una bella
maschera da ammirare. UOMO ­ Una maschera.
DONNA ­ Una maschera.
UOMO ­ Una maschera sorridente.
DONNA ­ Una maschera sorridente.
UOMO ­ Una maschera luminosa.
DONNA ­ Una maschera luminosa.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Breve pausa. L'uomo si ferma, avvicinandosi alla UOMO ­ Ora?
donna. Si spostano verso il proscenio, a favore di DONNA ­ Sì.
pubblico: lei a destra, lui a sinistra.
UOMO ­ La nostra canzone.
DONNA ­ Canta per me.
UOMO / DONNA ­ Verrà il tempo per te in cui
questo abisso nero che ti trascini dentro sarà Breve pausa.
nuovamente troppo ingombrante verrà quel tempo
e la maschera non sarà più in grado di nasconderti UOMO ­ (recitata, non cantata) Whenever I'm alone
non temere che quel tempo verrà io lo so che verrà
with you, you make me feel like I am home again.
di sicuro non temere e quel giorno verrà vedrai
Whenever I'm alone with you, you make me feel
quel giorno in cui non potrai più essere schema e
like I am whole again. Whenever I'm alone with
quel giorno per gestirlo quell'abisso non potrai fare
you, you make me feel like I am young again.
altro che lasciarti inghiottire dal nero e il tuo non
Whenever I'm alone with you, you make me feel
sarà più un tentativo isterico e goffo ma sarà
like I am fun again1.
riuscito un bel tentativo riuscito e finirà tutto in un
attimo di luminosa e feroce esplosione nella Pausa.
disperazione sì vedrai quel giorno in cui non si
potrà più fare altro ed esploderà tutto sì giuro DONNA ­ Amare l'umanità e odiare l'essere umano.
fidati tranquilla tutto in un unico istante un UOMO ­ Mi ami?
meraviglioso istante di luminosa disperazione sì
luminosa sì disperazione in un attimo sì dico Pausa: l'uomo attende una risposta dalla donna.
davvero un attimo sì un attimo e tutto sarà Nulla.
finalmente e per sempre finito.
UOMO ­ Mi ami?
Breve Pausa.
Pausa: di nuovo, l'uomo attende una risposta dalla
DONNA ­ Stamattina ho trovato un chiodo.
donna. Nulla.
UOMO ­ (verso la donna) Regalami il desiderio.
DONNA ­ (verso l'uomo) Cos'è il desiderio?
UOMO ­ (tristemente) Mi ami?
UOMO ­ Per me sei tu.
DONNA ­ Per me è veleno.
Pausa: l'uomo spera in una risposta dalla donna.
UOMO ­ Il tuo profumo nel mio letto.
Nulla.
DONNA ­ Aborro l'amore.
UOMO ­ L'odore della tua pelle sulla mia pelle.
UOMO ­ Ti prego... dimmi che mi ami.
DONNA ­ Anelo la libertà.
DONNA ­ Amare l'umanità e odiare l'essere umano.
UOMO ­ Non mi laverò mai più il sesso dopo che ti UOMO ­ Io ti amo.
avrò avuta.
DONNA ­ Voglio essere libera.
DONNA ­ Aborro l'amore.
UOMO ­ Lascia tuo marito.
UOMO ­ Ti strapperò tutti i capelli e li sistemerò sul DONNA ­ Voglio che tu te ne vada.
mio cuscino.
UOMO ­ Non posso.
DONNA ­ Anelo la libertà.
DONNA ­ Vattene.
UOMO ­ Ti caverò gli occhi e li ammirerò ogni UOMO ­ Ti amo.
mattina.
DONNA ­ Devo essere libera.
DONNA ­ Aborro l'amore.
UOMO ­ Non me ne andrò mai.
UOMO ­ Ti estrarrò i denti e gli sorriderò ogni sera.
DONNA ­ Tu mi togli ossigeno.
DONNA ­ Anelo la libertà.
UOMO ­ Non è possibile.
UOMO ­ (prendendola per le spalle) Sei mia.
DONNA ­ Mi togli ossigeno.
DONNA ­ (liberandosi, gli dà le spalle) Non sono di UOMO ­ Non ci credo.
nessuno.
DONNA ­ Vattene.
UOMO ­ (la costringe a voltarsi) Tu sei mia.
UOMO ­ Resterò per sempre qui.
DONNA ­ Io non amo davvero le persone.
UOMO ­ Tu ami me.
Breve pausa.
DONNA ­ Canta per me.
1 "Love Song", The Cure.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
DONNA ­ Nella mia testa.
UOMO ­ Resterò per sempre qui.
Breve pausa.
DONNA ­ Sono infelice.
UOMO ­ Io posso renderti felice.
DONNA ­ Tu mi rendi infelice.
UOMO ­ Stai mentendo.
DONNA ­ Altri elettrodomestici penderebbero dal
mio soffitto.
UOMO ­ Ti amo.
DONNA ­ Ti odio.
Si abbracciano. Si baciano.
DONNA ­ (allontana bruscamente l'uomo. Gli volta le
spalle. Piange silenziosamente) Voglio vivere.
UOMO ­ Fallo con me.
Pausa. DONNA ­ Una cosa così semplice.
UOMO ­ Fallo con me.
DONNA ­ Mi rendi infelice.
DONNA ­ Voler vivere. E vivere ancora. E vivere,
UOMO ­ Come?
vivere, vivere.
DONNA ­ Il tuo corpo. Il tuo odore. Il tuoi occhi. Le UOMO ­ Vieni via con me.
tue mani. Le tue labbra. Il tuo calore. Il tuo sapore. DONNA ­ Ma esserne incapaci. Menomati. Castrati
Il tuo abbraccio. Il tuo sesso. Il tuo sguardo. La tua
nel cervello.
voce. Il tuo respiro.
UOMO ­ Lasciati tutto alle spalle.
UOMO ­ Sono io.
DONNA ­ Avere metastasi nei bulbi oculari. E non
DONNA ­ Mi rende profondamente infelice.
poter fare altro che aspettare. Aspettare che il
UOMO ­ Tutto questo?
tempo se ne vada. (pausa. Lentamente, si volta a
DONNA ­ Tutto questo.
guardarlo. Gli si avvicina) Aspettare che tu te ne
UOMO ­ Ma sono io.
vada.
DONNA ­ E il tuo io mi rende infelice.
UOMO ­ Io non me ne andrò mai.
UOMO ­ Non posso crederlo.
DONNA ­ Devo preparare l'arrosto.
DONNA ­ Mi ricorda quello che sono.
UOMO ­ Che si fotta l'arrosto.
UOMO ­ Sei meravigliosa.
DONNA ­ Tra poco lui rientrerà.
DONNA ­ Mi sbatte in faccia la realtà di tutti i giorni. UOMO ­ Che si fotta anche lui. UOMO ­ Puoi cambiarla.
DONNA ­ Io non lascerò mai questo posto.
DONNA ­ Non si può cambiare nulla.
UOMO ­ Che si fotta anche questo posto. Assieme
UOMO ­ Sei tu a non volerlo.
all'arrosto.
DONNA ­ Odio il tuo io.
UOMO ­ Sono qui solo per te.
Breve pausa.
DONNA ­ Odio il tuo io.
UOMO ­ Sono qui per tuo volere.
DONNA ­ Ieri ho aspettato tutto il pomeriggio un tuo
DONNA ­ Mi ricorda i miei limiti. I miei errori. Mi
messaggio.
ricorda chi sono e che ho fatto. Le promesse fatte e UOMO ­ Un messaggio.
che devono essere mantenute. Mi hai regalato DONNA ­ Soltanto perché tu mi hai detto che mi
l'orrore.
avresti scritto.
UOMO ­ Io ti ho regalato l'amore.
UOMO ­ (sorpreso) Perdonami.
DONNA ­ L'orrore dell'impossibilità dell'amore. DONNA ­ Ti odio.
(breve pausa) E per questo, io ti odierò per sempre. UOMO ­ Ti prego. Perdonami.
UOMO ­ (si avvicina a lei) Io non smetterò mai di DONNA ­ Sono stata tutto il tempo inebetita.
amarti. UOMO ­ Non ho potuto. DONNA ­ (si avvicina a lui) Io non smetterò mai di DONNA ­ Guardando ossessivamente il telefono.
odiarti.
UOMO ­ Lei era con me.
UOMO ­ Cambia tutto.
DONNA ­ Non mi interessa. DONNA ­ Nulla cambierà.
UOMO ­ Ho avuto mal di testa.
UOMO ­ Vieni via con me.
DONNA ­ Non è importante.
DONNA ­ Un uomo vale un altro.
UOMO ­ Ho aspettato tempi migliori.
UOMO ­ Sarebbe differente assieme a me.
DONNA ­ Non mi interessa. DONNA ­ I meccanismi. Sempre uguali.
UOMO ­ Mi dispiace.
UOMO ­ Non io.
DONNA ­ Mi hai fatto male. Ho aspettato. Per
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
leggere parole tue.
UOMO ­ Lei era con me. Come avrei potuto?
DONNA ­ Vattene.
UOMO ­ Sono qui ora.
DONNA ­ Avevo bisogno di te ieri.
UOMO ­ Sono qui ora.
DONNA ­ E ora non so che farmene di te. UOMO ­ Ti amo.
DONNA ­ Vattene.
UOMO ­ Ti amo!
DONNA ­ Ho aspettato tutto ieri. UOMO ­ Mi dispiace.
DONNA ­ Guardando il telefono e aspettando.
UOMO ­ Mi dispiace.
DONNA ­ Tu sei felice?
UOMO ­ Che vuoi dire?
DONNA ­ Di tutto questo. Di me e di te. Sei felice?
UOMO ­ Ti voglio.
DONNA ­ Io così sto peggio. Mi prendo le briciole.
Me le prendo di nascosto. Perché? Non ti voglio.
Non voglio una parentesi di niente in mezzo al mio
dolore.
UOMO ­ Lei era con me.
DONNA ­ Sono una persona.
UOMO ­ Come posso farmi perdonare?
DONNA ­ Mi sanguina il cuore. Non respiro.
UOMO ­ Sei la persona più importante per me.
Credimi.
DONNA ­ Sono. (pausa) Sono nata. Sono stata. Sono
stata bambina. Sono. Sono cresciuta. Sono. Sono
stata al mare. Bello il mare. Mi manca. Sono. Sono
stata in quella gelateria. Quella vicino al castello. Sì
quella. Quella che ora non c'è più. Ma io ci sono. Se
non fossi, come farei ad esserci stata? Sì. Ci sono
stata. UOMO ­ Vado. Non accompagnarmi alla porta. Mi
spiace. Non volevo.
DONNA ­ Io sono. Sono stata a passeggio con
mamma e papà. Per le strade vecchie. Sì. Le strade
vecchie. Sono stata bassa. Sono stata sugli scogli. Sì,
al mare. A mangiare focaccia. E correvo. Sì io sono.
Sono alta ora. Ma sono stata bassa. Sì. Bassa. Prima
di crescere. Sono stata bambina. Sono stata
ragazzina. Sì. Anche quella. Quella sera al porto.
Ero ragazzina. Sì. Sono stata. Sono. Sono una
donna ora. Sono. Ma sono stata bambina. Sono su
questo pianeta. Sì. Ci sono. Non riuscirete mai a
convincermi del contrario. Io ci sono. Sono su
questo pianeta con voi. Sì. Io ci sono nata. Come
voi.
UOMO ­ Lei mi aspetta. È tardi. Devo andare.
Breve pausa.
DONNA ­ Non andare.
UOMO ­ Se tardo ancora, capirà tutto.
DONNA ­ Voglio vederti.
UOMO ­ Non stasera.
DONNA ­ Voglio vederti.
UOMO ­ Lei mi aspetta a casa.
DONNA ­ Voglio vederti.
UOMO ­ Non possiamo vivere questa cosa con
frenesia.
DONNA ­ (urlando fortissimo. Mentre urla, afferra
alcuni dei ferri da stiro per terra e li scaglia
violentemente contro le quinte, in alcuni momenti,
cerca di colpire l'uomo che però riesce sempre a
scansarsi) Voglio vedertiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii_
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Silenzio. Entrambi rimangono immobili: l'uomo fissa
alcuni dei ferri da stiro che lei ha tentato di scagliargli
addosso. Lei si lascia cadere per terra, testa china,
respirando affannosamente: il respiro, lentamente, le
torna normale.
DONNA ­ Ci sarà un motivo. Sì. Se ci sono nata qui ci
sarà un motivo. Pausa. Si sente il rumore del segnale disturbato della
tv, ma l'apparecchio è spento.
UOMO ­ Sei stata tu a dirgli sì.
DONNA ­ Quel giorno. Sì. Io sono. Sono stata io ed
ho detto sì. UOMO ­ Ti sei alzata quella mattina e ti sei vestita. DONNA ­ Sono uscita. Sì, io sono. La tv si accede con il segnale disturbato.
UOMO ­ Sei stata tu a dirgli sì.
DONNA ­ Io sono. Sì che io sono. Le immagini del segnale disturbato in tv vengono
intervallate da sequenze di mani di donna che stirano,
che lavano i piatti, che puliscono pavimenti,
puliscono vetri, lavano water sporchi di mestruo e
feci. Le immagini ripartono dall'inizio in loop fino al
cambio indicato nelle note più avanti.
UOMO ­ Devo andare.
DONNA ­ Io se sono nata so che ci sarà un motivo
che non può non esserci un motivo perché io sono
e non potrete mai convincermi del contrario. Io
sento, sapete? Sento perché sono. Sì che io sono
altrimenti non sentirei. Io sento e quindi sono. Io
sono e quindi sento. Io sono e sento e piango e
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mangio e soffro. Sogno, sapete? Io sogno perché
sono. Breve pausa. UOMO ­ Devo proprio andare. Breve pausa.
DONNA ­ Ma poi io ho detto sì. Ho detto sì ma non
volevo mica smettere di essere. Io sono anche se ho
detto sì. Io. So. Che. Sono. Io. So. Che. Sono. Io. So.
Che. Sono. Io. So. Che. Sono. L'uomo, lentamente, fa cadere gli ultimi ferri da stiro
appesi.
Perché no che non posso essere io. Se sono io allora
tutti i giorni sono già passati ed io non posso più
essere. Pausa. Ora in tv si vede solo il segnale disturbato. DONNA ­ Sono. Io sono. Sono io quella lì. Sì che sono
io. La vecchia che vive in quello specchio. Sì. Sono
io. Che poi non è una vecchia che vive lì dentro.
Sono io. Sì che sono io. Che quella poi è la mia
immagine quella nello specchio. I giorni sono già
stati. Ed io sono quella vecchia. Allora io voglio
vedere. Sì che voglio vedere. Mi volto indietro e
voglio vedere. Sì. Sono io la vecchia nello specchio
e i giorni sono già passati. E allora mi dico che se i
giorni ora non sono più sono ma ora sono già stati
io voglio vedere. Sì che voglio vedere e mi volto
indietro. Sì. Io mi volto. Mi. Volto. (pausa) Mi
volto. E vedo. Sì. Io ora sono un ero stata e non
sono più un sono. Voglio vedere. Sì. Resto voltata.
Voglio vedere i giorni. Sì. Quelli che ora sono un
sono stati. (pausa: lei guarda, cerca di trovare
qualcosa, ma non la trova. Si alza: è agitata, prova
ansia) Io non vedo. No. Non li vedo. Forse. Non ci
vedo. No, sì che ci vedo. Forse non sono stata? Che
sono? No. Che sono stata? Dietro vedo solo cenere.
Sì. È vero. C'è cenere. Sì. I giorni sono stati ed io
vedo. Sì che vedo. Vedo bene. È cenere. Tanta. Sola.
Cenere. (breve pausa) Cenere nera.
DONNA ­ Io sono stata bambina. Io sono stata
ragazzina. Io ora sono donna. Ma sono anche se ho
detto sì io so che non sono diventata altro perché
sono sempre io che sono sempre io che sono. UOMO ­ È molto tardi.
DONNA ­ I giorni pure sono. E i mesi. E gli anni.
Sono. Anche loro. Il tempo pure si sente essere. I
giorni sono. Sì che sono e voi non potrete mai
convincermi del contrario. UOMO ­ Devo andare. Davvero. DONNA ­ I giorni sono e si sentono essere. Io sono. I
giorni sono. Io pure mi sento essere. Non potrete
mai convincermi del contrario. I giorni sono ma
sono passati troppo veloci. Sono veloci ed io non La donna sente un dolore insopportabile all'addome.
me ne sono accorta. I giorni sanno di essere ma Urla. Cerca di restare in piedi ma il dolore è troppo
sono stati veloci.
forte. Urla forte di nuovo. Si lascia cadere per terra.
Cerca di rialzarsi, ma non ci riesce. Riesce a
Breve pausa: l'uomo la guarda. Prende un ferro da posizionarsi come se dovesse urinare in una turca,
stiro: lo guarda. Esita. Le mette il ferro da stiro in esattamente sopra il televisore. Urla ancora. Spinge
mezzo alle gambe. Esce.
ma non esce nulla. Urla ancora. Spinge, spinge forte.
Dal suo inguine, esce terra e sangue. Sporca
DONNA ­ Io sono. Sì che sono. Io sono. Sento. Io completamente il televisore. Quando ha terminato, si
sono. E sento. Però non so chi è quella donna che lascia cadere per terra all'indietro, tenendosi su un
vedo allo specchio. Sì. Io non so chi pensa di essere con le braccia a fatica. Sorride. Guarda ciò che ha
quella donna lì che vive dentro lo specchio. Sì. Io espulso. Sorride: è felice e commossa. Si avvicina al
sono ma non so. Chi è? Quella donna che vedo allo televisore: lo tocca, si sporca, si porta le mani al viso,
specchio se mi avvicino. Io? Ma no. Io so che sono e sporcandosi. Piange commossa, abbracciando il
so chi sono. Io so. Ma no. Non sono io quella televisore. Lentamente, le luci si abbassano e
vecchia. I giorni. Pure loro non sono loro. Ma i contemporaneamente si alza l'audio del segnale
giorni che sanno di essere non sanno di essere così disturbato. Nel video, immagine fissa di un uomo che
veloci? I giorni sono stati. I giorni sanno che non indossa la maschera di una scrofa. Quando le luci
sono più. Che ora sono stati. Io sono solo un corpo. sono completamente spente, resta il monitor acceso
No. Io non sono solo un corpo. O un buco. Io sento per qualche secondo con l'audio molto alto.
e sono. Io non sono solo un buco dove mettere Improvviso, si spegne.
della carne dentro. (pausa) Ma io non sono ora
quella vecchia lì. Quella che vive nello specchio.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Rimorsi
Titolo:
Ganimede
Anno:
2015
Autore:
Paolo Puppa, 1945
Riferimenti:
[email protected]
Forma di tutela:
Testo depositato SIAE
(raccolta: Morbi '99)
Opera inedita
Note:
ATTENZIONE: In caso di rappresentazione contattare
direttamente l'autore e seguire le usuali procedure SIAE.
Anche questa, madre? Devo prendere anche questa
qua, la rossa? Va bene. Non c'è problema. Prendiamo
anche la rossa. Prendiamo pure questa pastiglina, no?
Lo so, lo so che mi fa bene. Ehi, zitto, dico a te, adesso
che la suora è andata via, me le devi dare le sigarette.
Sì caro, sì caro. Eh no, non una sigaretta sola. Sì, caro,
sì caro. Devi, devi proprio. Ohi, ohi, cosa guardi a
fare, tu? Cosa guardi qua? Sei vecchio. Io coi vecchi,
piuttosto muoio prima, e volentieri. Neanche se mi
pagano, neanche un milione. Basta guardare! Capito?
Oh, meno male. Patti chiari. Mi dai il pacchetto, e
zitto. Tira bene questa! Oggi c'è un umido. Tutte le
ossa. E anche nebbia. Sì, nebbia, questa è nebbia. Non
si vede più il chiostro. Cos'è questa, allora? Nebbia,
no? E mi tocca star qua con te che sei vecchio, a tirar
su tabacco. Tanto, non so se faccio tutto l'anno. Se
arrivo a Natale, sì. Prima di te, mi sa. Prima. Anche
quell'albero là, tutti i rami storti. Che inverno!
Madonna, che inverno! Il bagno non lo lavano mai,
qua dentro. Ieri, c'era diarrea dappertutto, anche sulla
maniglia. E questo qua ride. Sì, caro, voi vecchi
sempre sporchi siete. Lo so bene io. Mio zio, quello
che andava colle galline, te l'ho detto che non si
lavava mai. Mai. Sua moglie ci correva dietro,
disperata, colla spugna. E lui niente. Diceva che a
lavarsi uno ci perde le forze. Cosa gli servivano le
forze, poi. Lui stava sempre in mezzo a ditali, aghi e
filo, il sarto, faceva il sarto. Tira proprio bene questa
sigaretta. Dopo me ne accendo subito un'altra. Suora
o non suora. Te hai paura. Lo so che hai paura. Inutile,
inutile. Io, no, invece. So che non arrivo a Natale, e
non mi importa niente. Faceva il sarto a Mel, sì il mio
paese, vicino a Belluno, mio zio. Là non ci sono
montagne alte, come da voi in Calabria, però c'è tanto
fresco. Io andavo alla scuola media, e stavo in casa da
mia zia. Avevo quattordici anni. Già il professore di
matematica mi aveva guardato come mi guardi tu.
Come mi guardano tutti. Non te l'ho raccontato? Ecco,
sì, che lo sai. La sera della pizza, alla fine dell'anno, si
è seduto vicino a me, e dopo qualche birra mi ha detto
che dovevo fare l'attore, che lui conosceva una
televisione locale. Che aveva un amico antiquario,
amico di quello là, come si chiama, quello dritto, sì,
Sgarbi. Colla mia faccia, io dovevo fare l'attore, diceva
ma intanto toccava. Sotto il tavolo. Io coi professori,
mai. Mai coi professori. Gli pizzicavo il pollice, gli
ficcavo dentro l'unghia. Lui diventava rosso per la
rabbia. Mio zio Nino ogni sera veniva a darmi la
buonanotte, si sedeva vicino al letto, e mi parlava
delle ragazze. Mi chiedeva se mi piacevano, se mi
veniva duro ogni tanto, se pensavo alle attrici della
televisione. A lui piaceva la Venier per le tette. Che
erano vere e tante. E poi la Venier era delle nostre
parti. Io avevo sonno e lo guardavo cogli occhi che si
chiudevano. Dormivo in un sottoscala. Mi spiegava
che aveva un debole per le sue galline, guai metterle
in pentola le sue galline. Cioè, veramente lui adorava
le aquile, le aquile, e siccome non poteva farsela colle
aquile, si accontentava delle galline. Le chiamava per
nome, le galline. Ma io non ho mai visto che gli
rispondevano. Lui invece, di sera, mi diceva che
quelle ogni tanto in qualche modo gli parlavano. Sì,
altro che aquile! Anche le ragazze della mia classe mi
guardavano come mio zio, come il professore di
matematica, come te adesso. Ma io non ci badavo.
Non ci badavo mai. Facevo come le galline con mio
zio Nino. E poi le ragazze, loro, stavano sempre in
gruppo, camminavano per la piazza tenendosi a
braccetto. Una cosa, non so perché, che non ho mai
sopportato. Alla fine sono venuto a fare il cameriere
qua, a Verona. Volevo diventare modello, e attore nei
telefilm della televisione. E intanto, il cameriere, per
cominciare, per farmi conoscere. Era quello che
volevo, vicino all'Arena, vicino agli stranieri. Io
l'opera l'ho sempre amata. Mia mamma, quand'ero
piccolo, mi faceva ascoltare il disco della Bohème e
piangevamo insieme. Avevo quattro anni. Io
piangevo, perché vedevo lei che piangeva. Quand'è
morta, mi ha preso mia zia, la moglie di Nino, quello
delle galline. Sentivo lo sguardo di tutti, ma non mi
importava niente. Volevo altro io. Non mi toccavo
mai. Cioè, chiaro, mi toccavo anch'io, certo, ma mi
fermavo a tempo. Sì, mi fermavo, mi fermavo sempre
un po' prima. Ero vergine, sì, proprio tutto vergine,
davanti e di dietro. E avevo già sedici anni. La mia
pelle era così rosa, così rosa, e morbida, morbida, non
con queste macchie gialle, queste macchie merdose
addosso. Tanto! Interessa niente. Quando son partito,
mio zio è venuto in camera mia, la sera prima, per
salutarmi. Non capivo perché tremava tutto. Ma non
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
era commosso. Allora, non sapevo bene quelle altre
cose. Ha chiuso la porta a chiave. S'è seduto sul letto e
ha cominciato a parlare della stazione di Verona. Che
dovevo stare bene attento, guai se ci andavo da solo la
sera, da quelle parti. Era pericoloso, tanto pericoloso.
Rischiavo, se no, la fine di un suo caro amico. Una
volta, l'avevano assalito dei negri. Mi ripeteva che i
tempi erano cambiati, che le stazioni di notte erano
dei veri inferni, e che un giovanotto per bene come
me, coi riccioli e gli occhi scuri, era meglio ci andasse
di giorno. A che farci di giorno, poi? Mah. La sera? A
letto presto, dovevo andare, secondo lui. Lo guardavo
e facevo di sì colla testa. Lui s'è messo ad
accarezzarmi le gambe. Stavo in slip, ma tenevo il
lenzuolo sopra, perché non avevo piacere che si
vedeva che mi veniva duro, a poco a poco. Mi veniva
duro. Anche se non volevo. C'era stato tanto silenzio,
mentre mi guardava fisso. Io rispondevo coi miei
occhi scuri. Ma non c'era problema. Sapevo che mi
sarei fermato, quando volevo. Lui era vecchio,
vecchio e sporco come te. Volevo solo farmi
accarezzare le caviglie e i polpacci. Perché, in fondo,
mi rilassava. E poi tanto non l'avrei più rivisto. Mi
guardava come guardava le sue galline. "Gani, Gani
mio, allora te ne vai proprio e mi lasci solo, tutto
solo?", ma non riuscivo bene a capire cosa stava
spiccicando. Erano paroline dolci, credo. Aveva già
messo, intanto, la sua gamba sul letto. Ma te, quanti
giorni sono che non ti cambi la maglia? Eh? E si vede,
caro io, si vede, sai. Mio zio, sì, era in pigiama
azzurro, colla giacca anche, ed era strano per lui quel
pigiama da elegantone. Molto strano. Anche questa
tira bene, anche questa sigaretta. Appena finisce,
accendo un'altra. No, è la terza, è solo la terza di
giornata. Senti vecchio, basta la suora qua. Ma
quando zio Nino era diventato bello rosso rosso, è
arrivata mia zia dall'altra parte della porta e s'è messa
a chiamare, con una vocina agitata: "Nino, Nino cossa
xè? Cossa nasse?". E tutto un "verzi qua, verzi là".
Voleva sapere da lui perché s'era chiuso a chiave
dentro con me. Io sorridevo, e gli indicavo la
maniglia. C'era un dolore nei suoi occhi, quando s'è
alzato dal mio letto, per andare a riaprire. Ma un
dolore. Che ridere! Come se vedeva le sue galline in
pentola. A mia zia ha ripetuto che era là dentro per i
consigli prima della mia partenza, consigli tra uomini,
perché io ero come un figlio per lui, in fondo lui non
aveva figli, e io non avevo padri, dunque che male
c'era. Mia zia s'è messa a sbraitare qualcosa, non
capivo mai bene quando parlava senza la dentiera e
tutto è finito là. Ohe, senti che bel tanfo! Come ti entra
bene nei polmoni! No? Nebbia e non nebbia. C'era un
dottore di Borgo Trento, sì l'ospedale del mio primo
ricovero, che aveva perso la testa, anche lui. Mentre
gli fregavo le sigarette, mi sussurrava qua,
all'orecchio, e piano piano che chissà se fra qualche
anno scopriranno che magari il tabacco fa bene alla
salute. Se lo diceva un medico, posso fumare anch'io,
no? Cosa? Nooo, per niente. Non è niente vero! Chi
l'ha detto? Ma chi l'ha detto? Prima, ho cominciato a
lavorare in una pizzeria, sì, qua a Verona. Stavo in
una pensione al centro, dietro il Teatro Romano.
C'erano due tunisini e una russa, anche, che doveva
battere, nel mio stesso piano. Tutti tre non facevano
che accarezzarmi in qualche modo, mi chiamavano
"Ganì", coll'accento sbagliato, e mi offrivano sigarette.
Ma erano giovani, e poveri, e stavano lontano
dall'opera e dalla televisione. E dalla moda. Così non
mi interessavano. Solo la russa, una mattina presto,
che ero di libertà dalla pizzeria, l'ho lasciata entrare in
camera. Ha fatto tutto lei. No, caro, niente, non ho
provato niente, ma proprio niente. È stata, però,
quella, la prima volta che sono venuto. Ero convinto
che non sarei mai venuto, né da solo né in compagnia.
Mi toccavo sempre, prima, e mi fermavo. Cosa
guarda questo? E insiste! Sì, caro, ho visto bene, sì
bene, bene. Invece, mi piaceva tanto lavarmi e
pettinarmi bene, ma niente, mai avere addosso la
pelle degli altri, perché gli altri sudano e poi ti resta lo
sporco. Matto? No, invece. Anche se per uno come
me, che adesso sto qua, come te, può sembrare strano
'sto discorso. Ma la russa se l'è messo in bocca, e
quando ha cominciato a parlare in russo, tra un
risucchio e l'altro, io sono venuto. Ero proprio
contento, non per il piacere, poca roba era uscita fuori
dal mio affare, dal mio "affarino", lo chiamava così
quella troia russa di Minsk, ma perché mi sembrava
di essere guarito, di essere come tutti gli altri. Ho
cercato dov'era questa Minsk, nell'atlante turistico
dell'albergo, per sapere se esisteva davvero. Mica l'ho
trovata, questa Minsk. Sarà. Meglio chiudersi il golf.
Con questo umido. Pensavo di andare a donne,
anch'io, ormai. Almeno, così credevo. Ma poi ho
ricominciato a pettinarmi, a lavarmi, e non ho più
voluto nessuno. Ormai i due tunisini mi guardavano
incazzati neri, quando mi incrociavano nelle scale.
Avevo un po' scaga, ma solo un po'. Uno dei due
portava il coltello infilato nello stivaletto. Ci voleva
qualcuno a proteggermi, a volermi bene. Le scale
erano di legno vecchio. Se sentivo il passo dei tunisini,
mi vedevo in mano loro, a subire di tutto. Non erano
fantasie positive, no, proprio no. Non c'era nessuno
che mi proteggeva, a me. Te no, vecchio, te caro
proprio no. Insomma, ho preso ad andare alla
stazione, quando chiudeva la pizzeria, a notte tarda,
per far dispetto a mio zio, e vedere cosa succedeva.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Ma non dire cazzate, non dire cazzate! Volevo solo
capire come funzionava. E poi, che sporco, che sporco
dappertutto! Tante lingue diverse, tutti che
storpiavano l'italiano, e tutto 'sto sporco, e vestiti
strani. E scarpe strane, specie le africane e le
brasiliane. Nei gabinetti, poi, come potevano trovarsi
tutti là? La paura che circolava in quel buio. Quanta
paura, per tutto. No, no, impossibile. Per me, era
impossibile. Stavo là, e guardavo, un po' mi toccavo.
Questo sì. Ma nient'altro. Te lo giuro, cazzo, te lo
giuro. E sì che c'erano anche tipi vestiti bene. Uno era
dirigente d'azienda, con tante carte di credito. Pagava
con quelle. Me lo raccontava un mio collega barese,
che ci andava pure lui, e lui faceva, mica guardava
solo, come me, che mi veniva subito duro e basta. No,
no, io aspettavo qualcosa di diverso. Quando sono
passato alle Due Torri, l'albergo­ristorante, ero invece
così felice. C'era l'aria condizionata dappertutto,
d'estate, bella gente e grandi macchinoni. Qua divento
modello, mi sono detto subito. La cosa più
emozionante era portare in camera la prima colazione
e sapere come si svegliavano i signori, e magari
immaginare di stare non con loro, ma al loro posto.
No, caro, questa è solo la quarta. La quarta sigaretta,
hai sbagliato un'altra volta. Sbagli sempre, te. In fondo
potevo starci sì al loro posto, se solo qual porco di mio
padre non scappava via, con mia madre gravida di
me. Che neanche un nonno ci restava. Per questo, sarà
per questo, che odio tutti i vecchi. Senti come tira
questa! Tira che ti fa sentire un Dio. Vedi questo
braccio, pieno di macchie adesso. Due anni fa era
diverso. Io entravo in quelle stanze, e subito guardavo
la porta del bagno aperto, ci sbirciavo dentro per
vedere l'intimità della gente importante, della gente
arrivata. Se erano coppie, andavo via subito e
abbassavo lo sguardo, ma se erano singoli, se erano
singoli, specie se uomini, e non vecchi, mi preparavo
le ciglia ben bene col mio rimmel, mi passavo un po'
di fard sulle guance, stringevo bene la cintura, in
modo che tutte le parti gonfie si scorgessero, e poi
entravo e alzavo lo sguardo senza timore. Mi bastava
metterli in difficoltà, vedere che balbettavano come
mio zio, specie se parlavano inglese, un po' l'avevo
imparato alla scuola alberghiera, prima che mi
cacciassero per la storia che sai. Ma se la sai
benissimo. Ecco, appunto, per quello. Domani, mi
porti l'altra stecca che avanzo. D'accordo. Solo se mi
dai la stecca e deve essere Marlboro e non lait, capito?
Se no, niente. Comunque, entravo coi croissants, i
succhi d'arancia, o le uova al becon, cucina inglese,
chiaro, e guardavo, guardavo, annusavo l'aria cogli
occhi. Se c'era a terra biancheria intima, voleva dire
che sotto le lenzuola erano nudi. Una volta, un
commendatore francese si è alzato dal letto per
prendersi il cellulare. Era nudo e grasso come un
maiale. Faceva così perché mi disprezzava. Ma io non
ero avvilito, altro che avvilito. Tanto, ero sicuro che
sarebbero arrivati giorni diversi per me, nella mia
carriera di modello e di attore televisivo. Tutto perché
non mi aveva ancora guardato bene. Quando s'è
accorto dei miei occhi, e dei miei riccioli, e del resto,
ohe, non è corso di nuovo sotto le lenzuola, escusé
qua escusé là ripeteva e io freddo e imperterrito col
mio vassoio in mano. Non succedeva mai niente,
perché io non volevo, e in compenso le mance, che
mance, vedessi che mance mon vieux! Vecchio, vuol
dire vecchio. Come dicevano loro. Che io per le lingue
ho una vera disposizione. Così, avevo messo da parte
un piccolo capitalino, avevo aperto un conto, e
pensavo di cambiare pensione perché ero stanco delle
scale di legno e dei tunisini e della russa che beveva
sempre più e ruttava la mattina presto nella stanza
vicina. Io sognavo qualcosa, qualcosa di diverso. Un
angelo. Perché io ci credo agli angeli. A dio no, non
sono così scemo. Come può starci un dio in una città
come Verona, colla stazione che pare l'inferno, lo
sporco dappertutto e quello che succede là di notte.
Ma agli angeli sì. Quand'ero piccolo, colla bicicletta a
Mel ero andato sotto un camion senza farmi niente.
La mia mamma mi diceva sempre che avevo l'angelo,
quella era la prova. Te no, mi sa, vecchio, che non ce
l'hai l'angelo, sei troppo malridotto. E continua a
guardare. Cazzo, questo qua è proprio fissato! Ohe,
calabrese, ma cosa guardi a fare? Io forse, un angelo,
ce l'avevo quel giorno della bici e del camion a Mel e
ce l'avevo di certo due anni fa, quando, era inverno
come adesso, e l'aria scura scura, e prima ancora di
aprire la porta numero 408 del quarto piano, mi
ricordo tutto alla perfezione, ho sentito da fuori la sua
voce e il vassoio per poco non mi s'è rovesciato per
l'emozione. Perché ho sentito bene e distinto, dietro
quell' "avanti", che era lui, il mio angelo, il mio angelo
per proteggermi dai tunisini, dalla russa della
pensione Iris e dai gabinetti di Verona, dove sarei
finito prima o poi, e va bene, lo so bene anch'io,
contento?, perché il collega barese della pizzeria Bella
Napoli insisteva per farmi fare anche a me quelle
robe. La sua voce, da signore giovane e potente, la
voce di una persona sicura e abituata a comandare, a
farsi rispettare, la voce di uno che non ha paura. Di
uno che vola alto, che non vede mai le stazioni di
notte. Prima di tutto ho visto il rolex sul tavolo,
entrando, il rolex al centro della stanza, e un gran
mazzo di rose fresche vicino, e il portacalzoni
nell'angolo sinistro dell'anticamera. "Avanti", la voce
mi guidava nell'ombra, e c'erano giornali per terra,
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
tanti fogli, tutti di lingue diverse, io sapevo
riconoscere quelli delle altre lingue. Non era italiano,
era greco, ma parlava l'italiano meglio di te e me
messi insieme. Di te, ci vuole poco. Si chiamava Zeus
e faceva il produttore televisivo. L'ho capito subito
che era dentro il mondo della televisione, perché era
al telefonino con qualcuno e nominava un sacco di
gente che conoscevo bene, perché quei nomi c'erano
sempre nelle riviste del barbiere di Via Mazzini, dove
mi servivo, e nelle trasmissioni che seguivo. Il busto
che si sporgeva dal letto era muscoloso, e portava la
canottiera traforata. Forse un po' volgare. Ma non era
sudato, il mio Zeus. Quasi quasi, inciampavo in un
tavolino basso. Mi sono avvicinato e lui mi ha ficcato
un biglietto da diecimila in mano, che io l'ho lasciato
cadere subito sulla coperta di raso azzurra. Facevo
l'offeso. Ma era tutta una mossa, perché mi ero ripreso
dallo smarrimento, ho detto smarrimento e allora?
Insomma, povero scemo, volevo guidare io la storia.
"Toh, non le vuoi? Strano!", ha esclamato, e le ha
lasciate là. Io sono uscito dalla stanza, con una gioia
tanto incredibile che avevo paura di farla vedere.
Sono corso subito in portineria per informarmi
quanto stava da noi quel signore greco, è là che ho
saputo i suoi primi dati. Una settimana, capisci? Una
settimana per conquistarlo, una settimana per
imparare ad amare qualcuno, finalmente. Ma che
umido c'è in questo cazzo di chiostro! Che febbraio
orrendo! Anche la primavera non è più quella di una
volta. A Mel faceva tanto fresco in aprile. Adesso, è
diverso. Almeno qua a Verona. E comunque, già la
mattina dopo ero pronto. Non avevo dormito tutta la
notte. Non mi ero toccato pensando al suo petto
peloso, nossignore, volevo che i miei occhi fossero
sfiniti dal desiderio, quasi bagnati dal dolore, sì, sì,
tutto doveva essere romantico come in quello
sceneggiato colla, come si chiama? Non ho più
memoria con queste maledette pillole. Come un
sogno, doveva essere. Proprio come un sogno. Sono
entrato dentro, colla mia divisa scura, cambiata e
lucidata per l'occasione, mi ero rasato dappertutto, a
fare da contrasto colla sua pelle pelosa. Aveva
quarant'anni, ed io diciotto, capisci, vecchio mio.
Aveva l'età di quel porco di mio padre. Ma non era
mio padre. Era il mio angelo liberatore. Era Zeus, il
dottor Zeus. E quante cravatte aveva! Gli ho chiesto,
prima di uscire dalla stanza, se potevo guardare
dentro il portacravatte. Lui ha sorriso, e mi ha chiesto
se ero lo stesso ragazzo della mancia rifiutata, perché
non gli era mai successo. Io ho chinato il capo, colla
stessa mossa che avevo visto fare nell'Arena alla
Butterfly davanti al suo capitano, come si chiamava
l'inglese? Comunque, Zeus si è alzato dal letto, allora,
come attratto da qualcosa in me. Portava dei boxers,
oh se li avessi visti com'erano fini, asciutti e sobri quei
boxers! Sobri, sì, puliti, proprio puliti. Sì caro. Cosa? E
a me invece importano molto, ma molto anche, i
boxers puliti, guarda un po'. Sarò libero, o no? Ah,
meno male. Ma guarda un po' che roba! Non sudati,
ho detto, anche se c'era stata tutta una notte di mezzo.
Niente macchie di sporco, niente tracce di niente, non
era come alla stazione. Insomma, s'è alzato, s'è infilato
una vestaglia blu a righine grigie, di seta. M'ha
pregato di avvicinarmi all'armadio. E m'ha invitato a
scegliermi una cravatta. Ha fatto questo gesto. Sì,
questo. Sapevo, sapevo che avevo pochi attimi a
disposizione. Magari il suo maledetto cellulare
avrebbe suonato e interrotto tutto. Devi vedere,
Calabria. Ce la fai a immaginare? La stanza in ombra,
le cortine di raso abbassate, il sole d'inverno che
faticava a mostrarsi, come adesso. Ma c'era un grande
albergo, mica questo chiostro di merda. Saranno state
le dieci della mattina, io in piedi davanti all'armadio e
lui seduto in poltrona che si versava l'aranciata dalla
brocca d'argento e di vetro, che si infilava in bocca un
cornetto e mi chiedeva divertito: "Allora, giovanotto,
hai scelto, allora?". No, non potevo scegliere. Cioè,
avevo già scelto nella vita. Ma non una semplice
cravatta. Ohe, cosa ti metti a ridere te, vecchio
maledetto. Ma vuoi star zitto, ma sta zitto, checca
maledetta, lurido vecchio, malato e drogato sporco,
che crepi prima di me. Prima, prima! Guardalo là che
continua a ridere, sto porco. Ma io ti spengo la cicca
su quell'occhio schifoso che tieni, pezzente. Non ti
permettere, chiaro! No, basta, stop, non parlo più!
Basta, finito! Non si deve ridere! Capito? Occhei
allora? Mucci, neanche fiatare devi, chiaro? Occhei.
Vediamo se ricominci. Un'altra sigaretta che mi fai
sempre incazzare, guai se mi fai incazzare ancora.
Così ho finto di scegliere. Come cosa? Ma una
cravatta non vistosa. Ce n'erano poche di vistose, anzi
nessuna, ma ho indicato quella più tenue, a lana
grigia e verde, facendo la voce più seria e triste
possibile. Sbattevo le ciglia come per un provino, ma
non recitavo più ormai. Ho mormorato: "Posso
questa?", e lui "Ma cosa fai nella vita, ragazzo, se
posso chiedertelo?", e intanto eravamo già avvinghiati
sotto le coperte. Avvinghiati, sì, avvinghiati. Tremo
anche adesso che lo dico. E sono venuto quella volta,
ah se sono venuto, tutto l'asciugamano era pieno.
Spandevo, spandevo, che pareva, o forse era davvero,
sangue. Le donne fanno così, quando perdono la
verginità. Prima però è passato uno scambio pazzesco
di sguardi in silenzio, come quella sera con mio zio
Nino a Mel, scambio di sguardi in silenzio, sì. Ci
vuole sempre silenzio, se no non mi viene duro. In
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
più, stavolta c'era sentimento e la voglia e l'idea di
andare avanti, l'idea di me. E, prima ancora, per la
verità, s'è voluto infilare il preservativo sull'affare, e
poi ha voluto radermi il buco. Non l'avevo mai fatto
quella cosa là, radermi il buco, sì, il buco, cosa c'è da
ridere, c'è niente da ridere. Si fa proprio così tra i vip,
e poi lui ce l'aveva grosso da far paura, molto più
grosso del mio e del tuo messi insieme, madonna che
lungo, e curvo, molto più grosso del mio compagno
della scuola alberghiera e del medico dell'ospedale, sì,
quello delle sigarette. Cosa? Ovvio, che discorsi! Se
rientra la suora, sto zitto, ma certo. Cosa? Ah, però
vuoi i particolari. Vuoi i particolari, tu? Che ti frega
dei particolari? Me ne fumo un'altra. No, oggi non le
conto più, oggi. Insomma, se proprio vuoi sapere,
dopo quella parola "chiedertelo", sìììììì, la domanda
che mi aveva fatto prima, c'è stato l'abbraccio
avvinghiati, io che sentivo su di me, sulle spalle e
sulla schiena e più sotto, dappertutto, e poi dentro di
me, il mio angelo, il mio papà, il mio padrone buono,
quello che mi salvava dalla pensione Iris, e dalla
stazione di notte, e mi spalancava le porte di Armani
e della televisione. Mi pareva che il mio corpo
diventava più grande per accoglierlo dentro. Per una
settimana, abbiamo continuato a farlo tutte le mattine,
sempre nell'ombra, e anche tre volte di seguito, e lui
rideva mentre si rivestiva e diceva "Chi ce la fa adesso
a parlare al consiglio di amministrazione?", e mi
regalava sempre nuove cravatte, era il nostro accordo.
Poi è partito all'improvviso. Credevo di morire, sì
caro, morire. Perché la mattina del giorno che non
c'era più, io l'avevo chiamato papà Zeus e lui insisteva
che dovevo smetterla di chiamarlo così. Per me, era
invece come Onassi e io diventavo la sua Jacchie, la
vedova di Kennedy, non la Callas. Quella era troppo
in alto per me. Onassi, era il mio Onassi, anche.
Diceva che non poteva lasciarmi là, vittima di qualche
commendatore dissoluto, ha detto così, e che stava
pensando alla maniera di portarmi con lui da qualche
parte, e non sapeva dove. Ma che ci pensava, dovevo
solo aspettare e aver fiducia. Aveva scoperto che ero
vergine, che mi ero dato a lui per qualche cravatta e si
era commosso. Sì, commosso, aveva gli occhi lustri
ogni volta che uscivo dalla stanza. Era sposato con
una certa signora Era, ma era pieno di altre donne e di
figli sparsi per il mondo. Andava a Parigi, la
settimana dopo, e io speravo mi portasse con lui a
vedere il fiume, la Senna. Pensavo io e lui sul fiume,
una bella barchetta, io gli appoggiavo la testa sulla
spalla. Quando il mâitre a mezzogiorno ha ordinato
alla cameriera del piano di rifar tutta la stanza, perché
il greco era partito, credevo di morire, sì morire,
chiaro. Perché ero io che portavo fuori gli
asciugamani, perché ero io a lavarli. Zeus si scocciava
di lasciarli in giro, lui così asciutto e sobrio e mai
sudato, ma su me sudava, altro che sudava, e a me
poi mi dispiaceva cancellare le sue e le mie tracce.
Erano le nostre stimmate. Sai cosa sono le stimmate?
Non importa. La cosa più dolce era quando gli pulivo
l'affare. Glielo lavavo con una salvietta d'aereo. Ne
aveva tante. L'avrei fatto volentieri colla bocca, ma
Zues era prudente, non voleva malattie. Così passavo
la salvietta sul suo affare, con sopra ancora il suo bel
preservativo, e stavo attento a non farglielo diventar
duro di nuovo, perché era tardi e aveva mille
appuntamenti, e gli toglievo le macchie dei miei
escrementi, della mia, sì, hai capito bene, della mia
merda. Era strano, perché prima lui mi lavava tutto
dentro. Solo che era tanto grande e grosso e lungo
l'affare che me lo sentivo entrare fino al cuore, fino al
cuore mi entrava. Così, quella mattina, e fuori
pioveva e c'era anche un temporale, e io ero
stanchissimo, credevo di essere morto perché il mio
angelo non c'era più. Era volato via. Proprio volato
via, dall'aeroporto di Verona a Parigi. Pensare che
quella mattina era stato tanto dolce. Avevamo fatto
assieme la colazione a letto, dopo i primi baci. Sì,
perché ci baciavamo a lungo, a lungo. Sì, perché, oh sì,
oh sì, perché ci baciavamo tanto. E poi c'era stata la
telefonata con sua moglie Era che voleva controllare
con chi stava. Lui, in greco, le spiegava che stava solo,
soletto, che c'era solo un camerierino tanto carino, ma
che non doveva essere gelosa di un porta marmellata,
poi mi aveva tradotto quell'espressione. E poi c'era
stato anche una seconda telefonata, questa in inglese,
e qualcosa avevo capito anch'io, con una certa
Europa, una nobildonna inglese, per un ballo
mascherato a Londra, e lui aveva scelto il
travestimento di toro. Buffo. Ma su me, proprio un
toro era, quando mi veniva su e ansimava e chiedeva
pietà. E nei momenti magici parlava in greco e io mi
commuovevo e venivo ancora di più. E spandevo
come una fontana. Per tre giorni non ho mangiato,
non ho dormito, parevo destinato a morte certa.
Avevo la febbre, e le ragazze del piano mi
guardavano preoccupate. "Cos'ha Ganimede, ma
cos'ha Ganimede? ", sentivo chiedere a mezza voce
nei corridoi. "Sarà innamorato, cosa vuoi che sia. È un
così bel ragazzo". Queste erano le frasi. Mi
paragonavano a Tairon Pauer, tu non te lo ricordi
perché sei via di testa, ma era proprio un bellissimo
attore morto giovane anche lui, per sua fortuna.
Avevo un suo poster, nella mia cameretta di Mel. Poi,
un pomeriggio, è riapparso il sole, dopo giorni di
tempesta che pareva portarsi via Verona, e le tende
del mercato. E col cuore e tutto il resto grosso sono
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
corso al telefono, chiamato dalla Gilda, che aveva
bussato alla mia cameretta dell'ultimo piano
dell'albergo, dove la servitù migliore alloggiava. "Ti
cercano al telefono". No, non era lui, ma una sua
segretaria, che parlava male l'italiano, e mi cambiava
il nome a "Gammede", e io ridevo come un bambino.
Insomma, per farla breve, lui mi voleva in montagna,
in un suo chalet a tremila metri, e mandava un
elicottero personale all'aeroporto per scortarmi fin
lassù, nelle Alpi. Come un sequestro tra le aquile, e
poi gliel'ho anche detto e lui ha sorriso. Ho chiesto tre
giorni di ferie che mi spettavano di diritto, e sono
corso all'aeroporto, dove non ero mai stato. Sognavo
qualche contratto, la svolta nella mia vita. Ma mi
bastava essere la sua Jacchie. Lui non c'era in mezzo
alle eliche, al vento, alla paura di cascare. Vedere i
laghi dall'alto, e le montagne radenti, una paura da
cagarsi sotto. Manderò una cartolina alla zia di Mel,
pensavo, e magari finisco in America. Lui mi
aspettava nel suo chalet. Ma era cambiato. Intanto,
non stava in pigiama, non aveva la canottiera
traforata come al Due Torri, ma in giacca, maglione,
calzoni di velluto marrone, scarponi, e pipa. Pareva di
essere già dentro un film. E occhiali da sole, per
nascondere l'emozione di rivedermi, lo so bene. Io
non avevo previsto il cambio di temperatura, lassù
così in alto. Tanto lui mi scalderà, dicevo a me stesso.
Questo infatti è successo per due notti di seguito, e
vedersi servire la colazione da una vecchia bavarese,
che emozione! Facevo il signorino, e lui mi ha rivestito
da capo ai piedi. Poi, al terzo giorno, è successo
qualcosa di sgradevole, di non chiaro. Il mio, il mio
Zeus aveva organizzato una gran festa, con trecento
invitati, e c'era pure sua moglie, e a poche ore
dall'inizio, che già i primi invitati giungevano coi loro
macchinoni, la ditta incaricata dei servizi da bere per
una lite interna, non so bene, s'è tirata fuori
dall'impegno. Insomma, com'è, come non è, mi son
visto infilata una livrea, che mi stava anche male, e
obbligato a servire anch'io cocktails. Non c'era
problema, se era Zeus a chiedermelo, ma era quella
vecchia bavarese. La moglie Era, un donnone,
neanche tanto bello, ma tutta rifatta, il naso non era
suo, forse con qualche anno più del mio amore, aveva
fatto irruzione in cucina con due cani minuscoli e
terribili che volevano mordermi alle caviglie, e io
scappavo e le due donne parlavano in greco e in
tedesco e accennavano con disprezzo a me. Quello
che non posso perdonare a Zeus è che non mi ha
difeso quella volta, che non ha dichiarato la nostra
complicità di quei giorni e di quelle notti. Non è stato
il mio angelo, in montagna, in mezzo alle aquile.
Strano, no? E mi chiedo, mi chiedo anche oggi, a due
anni di distanza, se senza l'incidente della ditta mi
presentava ai suoi amici, come un giovane aspirante
attore. E sì, anche se mi avevano conciato male con
una livrea non su misura, ero talmente gonfio
d'amore, ohe, attento vecchio a come mi guardi, che
tutti mi guardavano con sofferenza, perché ero
davvero troppo bello, e troppo più bello dei
giovanotti e delle ragazze che si annoiavano là in
mezzo, tra bridges e balli e chiacchiere, e bevute,
bevute. Tanto beelo ero. Me lo dicevano tutti. Ma cosa
bevono, soprattutto gli americani! Avranno un fegato
peggio del nostro che pure è malato e messo male.
Insomma, anch'io bevevo in cucina, per la rabbia,
perché Zeus continuava a far finta di non conoscermi,
e la vecchia bavarese mi osservava con rabbia, e non
sapevo se aveva spifferato tutto a quella troia di Era.
Ma verso la fine del party, erano le sei di mattina,
scavalcando corpi distesi sopra il parquet e le tante
moquettes insudiciate dal vomito degli ospiti, mi
sono diretto verso la sua stanza. Loro, per fortuna,
dormivano separati, e l'ho trovato a letto con una
ragazzina, un'attricetta bulgara. E m'è venuto duro
come non mai, a vederli ricomporsi, uno di qua, una
di là, sotto la trapunta rosa, e lui a chiedermi scocciato
"Cosa vuoi Ganimede?", e io mi sono seduto sul letto,
ubriaco com'ero, la camicia che usciva dal giubbetto
di velluto nero, e mi sono messo a piangere come un
bambino disperato. La ragazza bulgara continuava a
ripetere con un filo di voce "Whatsmatter,
whatsmatter", che vuol dire che cazzo succede, e
mostrava delle tettine così magre che io ce le avevo
più sode quasi quasi. Zeus mi osservava incazzato, e
ho temuto che voleva bastonarmi. Allora si è alzato,
mi ha accompagnato fuori, mi ha sussurrato "Aspetta
un'ora", e m'ha fatto uscire. Come un automa, sono
andato nella stanza che mi avevano assegnato
all'arrivo della moglie, e ho cominciato a farmi la
valigia. Ma avevo poche robe da metterci dentro. E
pensavo tra me che era quella l'America, quelli i
contratti, quella la carriera, mentre io ero solo
destinato a servire bevande a turisti in cerca di Romeo
e Giulietta, o a attricette senza tette in cerca di
squallide particine in televisioni minori. Altro che
Angelo custode, il mio Zeus. Poi, all'improvviso, lui è
entrato dentro la stanza, e mi ha preso a schiaffi, e poi
a pugni, con una violenza terribile. Neanche i tunisini
avrebbero saputo fare altrettanto. Mentre stavo a
terra, rivedevo la sua mano delicata sporgersi dal letto
per indicarmi la cravatta che avevo scelto, ed erano
passati solo dieci giorni da quella volta. Ma non era la
stessa persona, quello che mi sbatteva la testa sul
parapetto di legno del lettino, quello che cercava
quasi lo spigolo. I greci sono crudeli quando si
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
arrabbiano. È gente terribile. Quando ormai stavo per mezzo alle aquile. E di me, magari neanche si ricorda.
svenire, lui ha avuto il coraggio di baciarmi, e di Il mio angelo.
chiedermi scusa, e ha preso a toccarmi. Io all'inizio ero
come una belva ferita che riprende le sue forze, e
scalciavo e gridavo, senza timore dello scandalo, che
doveva andar fuori, e ripetevo fuoriiiiiiii come
un'isterica. Ero veramente furioso, non era un'altra
delle mie mosse. Un'altra sigaretta, e ho quasi finito! E
poi mi è venuto dentro lo stesso, e per la prima volta
senza il preservativo. Io a supplicare che non volevo,
che non poteva essere, che non ero il dopolavoro
bulgaro, che tornasse dalla fraschetta senza tetta, ma
lui mi baciava sul collo alla sua maniera, che mi
veniva duro anche senza volerlo. E l'abbiamo fatto tre
volte, ma era ormai finita. Non era più il mio angelo
custode, il mio Onassi, il mio papà, il signor Zeus, il
padrone buono, quello che mi apriva le porte di
Hollywood, no, era soltanto un viziato figlio di
puttana, così gli ripetevo singhiozzando tra un bacio e
un morso. Due ore dopo, lo stesso elicottero mi
riportavo all'albergo di Verona. Ma la mia sbornia, nel
frattempo, era finita e durante il volo, in mezzo alle
nuvole, e alle aquile vere, ho intuito che era proprio
finita la nostra storia, che mai avrei rivisto le sue belle
cravatte e il pelo che gli cresceva dappertutto, come
una copertina di quella rivista americana che mi
scaldava il cuore. Era finita. Non l'avrei più rivisto.
Perché era stanco di me, e umiliato per la scena che
c'era stata tra noi, e temeva che ricominciavo colle
crisi di gelosia. Non sapeva, il dottor Zeus, che per
me, bastava non bere, e sarei stato il suo servo fedele,
in attesa di un suo cenno. Quando voleva, o tornavo
tra le nuvole a servire liquori ai suoi ospiti e a farmi
picchiare, se solo lo desiderava. Invece, era finita. Mai
più risentire la voce di "Avanti". Mai più il rolex sul
tavolino, vicino alle rose. E allora mi sono messo a
cercarlo alla stazione di notte, anche se sapevo che là
non poteva starci. E così son finito qua, con questa
bella malattia. E con te vicino che mi guardi. Che
carriera! A Natale però, quando me ne andrò da
qualche parte, come dicono i medici, magari nell'aria,
spero di vederlo sotto qualche forma, o travestimento.
Forse là sogniamo, e vediamo bene i nostri sogni. Non
credi anche tu, vecchio, che là i sogni si avverano?
Quando crepiamo, dico? Quando saremo caput! Ho
chiesto di farmi seppellire con tutte le sue cravatte.
Cosa? Alla stazione di notte, chi incontravo? Che ti
frega? Ma che ti frega? Quelle non sono storie belle, e
pulite, ma solo robaccia! Guarda che c'è la suora che
sta venendo colla minestra e il pollo lesso. Zitto,
adesso, e apri meglio la finestra. Fa caldo e ho fumato
taanto, oggi. Guarda l'aria, sopra l'albero. Lui starà
volando in qualche aereo. Chissà con chi stavolta? In
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Cose da un altro mondo
Titolo:
Suzy Storck
Anno:
2014
Autore:
Magali Mougel, 1982
Traduttore:
Maria Sole Galli, 1986
la sua incapacità di non essere riuscita ad affermare in
maniera sufficientemente vendicativa
che desiderava rifiutare certi obblighi personali e fisici
così come economici
che desiderava rifiutare di adempiere al dovere
coniugale producendo bambini.
Riferimenti:
[email protected]
SEQUENZA 1
Forma di tutela: Traduzione dal francese da un
volume di Editions Espaces 34 ­ informazioni su CORO ­ La storia comincia così.
www.editions­espaces34.fr
Si svolge qui.
Note: Opera inedita (versione in italiano). Finalista al Esattamente qui.
Un 17 giugno.
Grand Prix de Littérature Dramatique 2014.
Sono le 20.54.
ATTENZIONE: In caso di rappresentazione contattare Si sente in lontananza il rumore di un'auto.
direttamente la traduttrice o l'editore.
Un'auto che parte.
Si allontana.
Suzy Storck è qui
PERSONAGGI
il volto incollato alla finestra.
Non si muove.
CORO
Aspetta.
SUZY STORCK
Il caldo è pesante.
LA SIGNORA STORCK
Sta per arrivare il temporale.
HANS VASSILI KREUZ
Una sera in cui il sole che tramonta non smette mai di
LA RECLUTATRICE
LOÏC E IL SUO FRATELLINO, figli di SUZY tramontare.
Suzy sente il bisogno di bere ancora un bicchiere.
STORCK e HANS VASSILI KREUZ
Da lontano
di sopra.
Si sente un vociare di bambini.
PROLOGO
Si sente il rumore delle loro manine che triturano la
serratura CORO ­ La storia comincia così.
con oggetti metallici. Comincia qui.
Si sente qualcuno bussare al vetro della porta.
Si svolge qui.
Esattamente qui.
LA SIGNORA STORCK ­ Apri questa porta Suzy!
È inutile spiegare geograficamente
Suzy mi senti?
dove di preciso si svolge.
Si svolge nella casa di Suzy Storck e Hans Vassili Apri questa maledetta porta!
Kreuz.
CORO ­ E Suzy Storck si avvicina alla porta.
È il 17 giugno.
E la mano di Suzy Storck si alza.
Sono le 22.37.
E la mano di Suzy Storck si posa sulla maniglia della
Il sole non è ancora tramontato.
porta.
In cucina
E la mano di Suzy Storck apre la porta.
sulla tavola di Suzy Storck ci sono delle bottiglie.
La Signora Storck entra
Tre.
si siede.
Più o meno vuote.
L'una di fronte all'altra.
Suzy Storck è alla finestra e aspetta.
Siedono alla stessa tavola.
Che Hans Vassili Kreuz ritorni.
Si guardano.
E tutto le ritorna in mente
Si guardano a lungo.
come si riesuma un corpo
L'una e l'altra potrebbero dirsi molte cose.
come si dissotterra una storia:
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Non lo fanno.
La Signora Storck schiaffeggia Suzy.
Una volta.
Un'altra volta.
LA SIGNORA STORCK ­ Non mi spiego come sia
possibile avere una figlia come te.
Mi sono fatta in 3
ho fatto di tutto.
Voglio dire
non ti ho mai detto niente.
Son sempre stata zitta.
Sono stata una brava madre
non sono stata la peggiore
ti ho risparmiato tutto
e tu /
Che vergogna.
Un'incoerenza
l'incoerenza della mia vita
sei tu.
Ripercorro il cammino di ciò che mi /
ci porta a oggi.
Nient'altro che incoerenza!
SUZY STORCK ­ Non so cosa dirti.
LA SIGNORA STORCK ­ Come vuoi che ti guardi.
Vuoi che ti faccia i complimenti?
Meriteresti giusto di essere trascinata per la zazzera
fino al catino e di affogartici dentro.
SUZY STORCK ­ Non guardarmi così per favore.
LA SIGNORA STORCK ­ Mi senti quando parlo?
Se non ti guardassi ti prenderei a sberle.
A morte.
Sarebbe ancora farti un favore.
SUZY STORCK ­ Cosa fai?
LA SIGNORA STORCK ­ Vado a camminare un po'
Che la mia voglia di ammazzarti se ne vada.
Dovresti cominciare a pregare.
A pregare.
A pregare che Hans Vassili non ritorni.
A pregare.
A pregare forte.
SEQUENZA 3
CORO ­ Si svolge qui.
Esattamente qui.
SEQUENZA 2
È inutile spiegare geograficamente
dove
SUZY STORCK ­ Ciò che valuto e non valuto.
di preciso si svolge.
Non valuto niente.
È il 17 giugno.
Sono di fronte a te mamma e non valuto più niente e Sono le 21.14.
non so se ho Il sole non è ancora tramontato.
mai valutato qualcosa.
La Signora Storck schiaffeggia un'ultima volta Suzy
Non ho valutato niente.
prima di scomparire dietro la porta a vetri.
Non ho fatto altro
Suzy è sola.
che tentare di far stare in piedi qualcosa.
E tutto le ritorna.
Un pulcino morto in un uovo.
Come si riesuma un corpo.
Non voglio che le cose ritornino.
Come si dissotterra una storia.
Vorrei tacere
ma non voglio che le cose ritornino.
SUZY STORCK ­ Sento lassù
Ho paura che Hans Vassili torni.
i bambini che si agitano.
Che mi chieda il conto.
Non so cosa succederà quando rientrerà.
CORO ­ Sai bene che quest'agitazione non è solo per il caldo
LA SIGNORA STORCK ­ Ti aspetti che ti baci?
del sole che non smette di splendere
Non aspettarti che ti offra dei fiori.
di questo sole che non la smette di non voler
Alla meglio ti strozza alla peggio ti appicca il fuoco ai tramontare. capelli.
SUZY STORCK ­ I bambini si agitano.
SUZY STORCK ­ Non guardarmi così.
Ho chiuso la porta della camera a chiave.
Non ho più la forza di salire di sopra.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Il canto delle rondini risuona ancora sopra le tegole di
casa.
Sarà forse l'ultima volta che l'ascolterò.
Vorrei che il mio cuore fosse
come una bestia da macello
come una gallina alla quale si tira il collo sull'angolo
di un lavandino di pietra.
Cerco di provare qualche cosa.
Cerco di provare il dolore che dovrei provare ma le
spalle si distendono
mi prende il collo
un rilassamento
un inarcamento
un allentamento
un sollievo che non so come esprimere.
I piccoli
quelli che sono nella loro camera finiranno per
stancarsi a forza di voler aprire la porta che ho chiuso a chiave.
La mia pazienza può ancora sopportare all'infinito il
loro rumore mentre si danno da fare per scassinare con una
graffetta la piccola serratura.
La mia pazienza può ancora sopportare questo
rumore.
Tintinnii insaziabili
tintinnii febbrili
tra i vapori di una notte che non vuole arrivare.
Il caldo
mi opprime la fronte
Non so più se le persiane della camera dei bambini
sono state chiuse.
Non so più se le persiane adesso sono chiuse.
Non so
ignoro la temperatura del forno.
Come spiegare ai bambini
che forse Hans Vassili Kreuz
forse non ritornerà più.
Che forse non riuscirò più ad aprire quella porta e a
sostenere il loro sguardo
da bambini.
Che forse non ho valutato abbastanza.
Che forse ho commesso
un errore di distrazione.
Cerco di dirmi che ciò che è appena successo non è
affatto qualcosa che cambierà il modo in cui vorrei vedere
realizzarsi nella mia vita.
Hans Vassili Kreuz è uscito dalla stanza.
Il volto livido.
È uscito dalla stanza e non mi ha rivolto uno sguardo.
È uscito dalla stanza e il suo volto
livido
come se una pietra di gesso che si sfalda
si sgretola dai lati delle guance
fino all'interno delle sue orbite devastate.
Ho sentito il grido provenire dal fondo della sua gola
spalancata
e ho sentito il grido dei miei figli
prima quello di Loïc
poi quello di suo fratello
strillano ancora nella mia testa.
LOÏC ­ Perché papà grida?
CORO ­ Ha gridato come una pecora sgozzata.
Un rumore di scrofa sventrata.
Ha attraversato le valli.
SUZY STORCK ­ Ma nessuno gli ha appeso i piedi a
un albero.
E mi ricordo
dello sguardo nello specchio sopra il lavandino della
cucina
dello sguardo negli angoli del cortile.
E mi ricordo
del mio braccio che si alza per stendere la biancheria
di casa
del mio braccio che si alza per dare uno schiaffo a uno
dei miei tre figli
del mio braccio che si alza per rimettere il ciuccio che
era caduto in bocca al bambino
del mio braccio che si alza per prendere il cestino
vuoto della biancheria e appenderlo al muro di casa
del mio braccio che si alza e si infila nella tasca dei
pantaloni per prendere una sigaretta
del mio braccio che si alza per dare uno schiaffo a
quel somaro di un cane da caccia che è venuto ancora a cagare
davanti alla porta del garage.
Mi ricordo delle merde di cane ripenso alle mosche
che le razziano.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Come fa a durare questo solleone?
SEQUENZA 4
CORO ­ Sono le 21.22.
La radio risuona nella cucina della casa di Hans
Vassili Kreuz et Suzy Storck.
Qualcuno trasmette il suono che fa una pecora morta
nei Pirenei Orientali.
Brulica di vita un corpo in decomposizione.
CORO ­ Suzy Storck non vuole più che rientri.
Hans Vassili Kreuz.
Suzy Storck non vuole più che ritorni.
Hans Vassili Kreuz.
Non vuole più che rientri.
Non ha più voglia che lui varchi la soglia della porta
di questa casa.
Non ha più voglia.
SUZY STORCK ­ Penso alle mosche.
Ricorda Penso al prato dove pascolavano le pecore dei miei l'effetto
genitori.
della voce di Hans Vassili Kreuz.
Penso alle mele che gli lanciavamo.
Ricorda
Alle mele marce che fermentavano nei loro ventri fino com'è.
a renderle Ricorda la sua voce e l'effetto del suono della sua
ebbre.
voce.
E poi penso a quelle che sono state sgozzate.
Ricorda e il tempo torna indietro.
Le zampe posteriori appese con una corda al ramo di A qualche giorno fa
un melo.
nel bel mezzo dell'afa
Il sangue che cola dalla gola che abbiamo tagliato.
le rondini volavano sopra casa.
L'odore della lana che puzza
che resta incastrata tra le dita.
HANS VASSILI KREUZ ­ Bisognerebbe chiudergli il
L'odore bestiale della carne che non è ancora del tutto
becco a quei morta.
cazzo di uccelli.
E poi a quello del grasso quando si inizia a scuoiare la Mi alzo la mattina vado a letto la sera
carcassa.
e gridano sempre 'sti cazzo di uccelli!
All'odore del grasso che entra e s'installa Hai visto la carabina a piombini?
come una tenia olfattiva.
Porto Loïc a fargli vedere come si caccia un uccello.
Ripenso a tutto.
Pensieri confusi e intermittenti
SUZY STORCK ­ Te ne vai di già?
mentre lassù i bambini cercano di scassinare a fatica la
piccola HANS VASSILI KREUZ ­ Non è che me ne vado.
serratura.
Me la godo.
IL MIO CUORE È UN OROLOGIO
Permetti?
NE SPALANCO LE PORTE
Che vada a fare un giro tre quarti d'ora con mio figlio.
AFFINCHÉ I VENTI POSSANO PENETRARVI
Ho lavorato tutto il giorno cazzo tu li hai tutto il
ED ESPORTARE IL GRIDO DEL MIO MONDO.
giorno per te.
CORO ­ PENSARE.
Hai diritto alla tua ora d'aria.
Un abisso purulento nel quale Suzy Storck cerca di Io ho giusto il diritto di continuare a fare lo scemo a
ritrovare lavorare chiarezza.
in un supermercato.
Tutto si sovrappone
Verificare la temperatura dei frigoriferi
tutto prende velocità.
verificare che non si interrompa la catena del freddo
Gli ultimi giorni si scontrano.
verificare che gli espositori siano esposti bene
Gli ultimi mesi si mischiano.
verificare tutto da mattina a sera.
Gli ultimi anni si fondono e si confondono.
Esco e rientro prima
IL SUO CUORE È UN OROLOGIO
quindi non farmi un discorso del genere.
DAL QUALE VORREBBE LEVARE IL BILANCIERE Non è che me ne vado.
Non è questione
me la godo
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
respiro.
Dov'è la carabina a piombini?
SUZY STORCK ­ Sono sola tutto il giorno.
Avremmo potuto metterci /
quando mi alzo per verificare che tutti abbiano tutto
ciò che serve per andare a scuola
quando mi alzo per arrivare in tempo
per arrivare prima della prima consegna della birra di
primavera
mi alzo forse per me stesso?
HANS VASSILI KREUZ ­ Sei sola cosa?
Loïc vai a prendere la fionda se non si trova la
carabina a SUZY STORCK ­ Ciò che penso di ciò che sono non
piombini.
ha importanza.
Ciò che vorrei pensare di me non ha importanza.
SUZY STORCK ­ Mi alzo il mattino
Ciò che vorrei dal mondo non ha importanza.
non perché il sonno è stato sufficiente
Ciò che volevo da te non ha più importanza.
non perché i miei occhi si sono aperti da soli
Ciò che volevo da noi non ha più importanza.
non perché il mio corpo è impaziente di sgranchirsi
non perché mi viene voglia di alzarmi.
HANS VASSILI KRUEZ ­ Ma tu cosa vuoi? Mi alzo il mattino
Loïc hai la fionda?
e faccio tutto quello che c'è da fare affinché tutto possa Non puoi venire la sera ad asfissiarmi con queste
funzionare.
storie.
Che ciascuno abbia i propri punti di riferimento.
Non puoi farlo.
Ti sveglio.
Non puoi farlo nemmeno il mattino.
Sveglio ciascuno dei bambini.
Non puoi.
Loïc per primo
Il secondo per secondo.
SUZY STORCK ­ Non posso.
Il bambino piange e gli do il seno
mentre il mio braccio si alza
HANS VASSILI KREUZ ­ Ognuno ha la propria
e aziona la caffettiera
croce.
mentre il mio braccio si alza Io porto la mia e tu porta le tua.
e aziona il tostapane
Questo è l'accordo
mentre il mio braccio si alza Cosa fai?
e sceglie il paio di calze pulite le mutande pulite e non
sporche SUZY STORCK ­ Non so.
di Loïc
e sceglie in mezzo al mucchio di biancheria la HANS VASSILI KREUZ ­ C'è il bambino che piange e
maglietta che mi tu resti lì hai chiesto.
così?
E sorrido a tutti.
E vi guardo uscire di casa.
CORO ­ IL SUO CUORE È UN OROLOGIO
E rimango sola
SENTE IL RITMO DELLA LANCETTA
con questo bambino
ACCELERARE.
che /
SENTE CHE QUALCOSA CEDE /
HANS VASSILI KREUZ ­ Il mondo si alza il mattino
SUZY STORCK ­ IO
è proprio dell'umanità alzarsi il mattino e adempiere
ai propri impegni.
SEQUENZA 5
È la nostra natura.
CORO ­ Lavorava prima.
SUZY STORCK ­ Non mi alzo per me stessa.
Lavorava nel pollame.
Est­Polli.
HANS VASSILI KREUZ ­ Chi si alza per se stesso?
Chi?
SUZY STORCK ­ È lì che lavoravo.
Quando mi alzo per portare i bambini a scuola
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
39
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
CORO ­ Ci lavorava perché c'era Est­Polli che
assumeva.
Ma avrebbe potuto benissimo lavorare altrove
alla fabbrica di abbigliamento sportivo
alla fabbrica di pannolini per bambini.
C'era la scelta tra il pollame i vestiti o i pannolini.
Non è che preferisse il pollame.
È che il potenziale dei bambini si determina presto.
Si determina se si sarà più adatti al pollame ai vestiti o
ai pannolini.
È che molto presto si determina se sarai segretaria
responsabile del controllo produzioni direttore delle risorse umane
nel pollame nei vestiti o nei pannolini.
SUZY STORCK ­ Mi procurava piacere lavorarci.
CORO ­ Le procurava piacere lavorarci nel pollame
SUZY STORCK ­ Avrei potuto fare altro.
CORO ­ Avrei potuto fare altro.
SUZY STORCK ­ Taglio e cucito.
Gestiva le spedizioni.
Lavoravano nello stesso posto.
Est­Polli.
SUZY STORCK ­ Il mio posto di lavoro.
Lo facevo perché bisognava pur far qualcosa.
Hans Vassili lo faceva perché bisognava pur far
qualcosa.
Pesavo ed etichettavo.
nei giorni di festa legavo le zampe dei polli con un
elastico.
Hans Vassili imballava e preparava i cartoni con le
confezioni di pollo.
E gestiva le spedizioni.
Facevamo pausa insieme.
Ci incrociavamo.
Ogni tanto.
CORO ­ Un giorno si son parlati.
HANS VASSILI KREUZ ­ Sembra che non vada
molto bene per il pollame.
L'influenza.
CORO ­ Avrebbe potuto fare la sarta.
Ma quando si stima che un diploma professionale in
sartoria
non è abbastanza degno
allora si passa a un diploma professionale sanitario e
sociale
o un diploma professionale infanzia
poi la maturità in un istituto tecnico dopo un primo ricollocamento.
SUZY STORCK ­ Si passerà ai conigli.
SUZY STOCK ­ Sarei potuta diventare infermiera.
SUZY STORCK ­ Che macchina è?
CORO ­ Sarebbe potuta diventare sarta.
Avrebbe potuto fare la ricamatrice.
Si è data al pollame.
HANS VASSILI KREUZ. ­ Che scema che sei.
Devo rientrare.
SUZY STORCK ­ Mi procurava piacere.
CORO ­ Anche lui
Hans Vassili Kreuz
lavorava nel pollame.
Lei pesava ed etichettava.
Nei giorni di festa legava le zampe dei polli con un
elastico.
Hans Vassili Kreuz imballava e preparava i cartoni
con le confezioni di pollo.
HANS VASSILI KREUZ ­ Chiuderà.
Ci sono voci di corridoio.
Chiuderà presto.
SUZY STORCK ­ Non importa andremo altrove.
HANS VASSILI KREUZ ­ Comprerò una Coop.
SUZY STORCK ­ Anch'io.
CORO ­ La sera l'ha aspettata.
Non è rientrata a piedi quella sera.
Le ha detto:
HANS VASSILI KREUZ ­ Vorrei solo baciarti Suzy
Storck
sentire la tua lingua entrare nella mia bocca
sentire il calore della tua saliva entrarmi in bocca
sentire cosa si produrrà nella mio basso ventre
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
40
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
quando la tua lingua entrerà nella mia bocca
quando la mia lingua sfiorerà la tua lingua.
Vorrei soltanto baciarti.
Vorrei
così.
Baciami Hans Vassili.
Fammi sentire.
Sentire la tua lingua
sentire il calore della tua saliva entrarmi in bocca
vorrei soltanto baciarti
vorrei /
SUZY STORCK ­ Non possiamo far così Hans Vassili così.
Kreuz.
HANS VASSILI KREUZ ­ Ho la sensazione che sia
HANS VASSILI KREUZ ­ Chiudi gli occhi Suzy
solo io a Storck.
sfinirmi.
Appoggio le mie labbra sulle tue
Torno dal lavoro
tu chiudi gli occhi
mi sfinisco al lavoro
e la mia lingua entrerà nella tua bocca.
tu non devi andare a lavorare
Non dobbiamo per forza amarci per baciarci.
torno e non c'è niente.
Non so
SUZY STORCK ­ Ci siamo baciati.
torno dal lavoro
tu sei lì a farti i fatti tuoi
tu sei lì a fare le tue cose
SEQUENZA 6
tu sei lì a cucire
sempre a cucire
SUZY STORCK ­ Siamo andati a vivere insieme io e mentre io mi sfinisco al lavoro.
Hans Vassili I tuoi pezzetti di stoffa s'ammucchiano in tutti gli
Kreuz.
angoli della Est­Polli ha chiuso.
casa.
Non ci siamo dedicati ai conigli.
C'è posto solo per i tuoi pezzetti di stoffa.
Questi pezzi di stoffa
CORO ­ Suzy Storck ha preso le cose così come sono Suzy.
venute.
E nessuno spazio per me.
Hans Vassili Kreuz ha preso in gestione una Coop.
Spazio per nient'altro.
Hanno continuato a vivere insieme.
Non so a cosa servo.
Lei si è messa a cucire.
Non so bene a cosa ti servo.
Lui si è messo a gestire una Coop.
Non lo so.
Potremmo avere delle cose
SUZY STORCK ­ Io a casa a cucire.
io e te
Per me.
Suzy
Per gli altri.
in comune.
Mi sono messa a cucire.
Voglio dire
A imbastire a tagliare.
non siamo obbligati
A cucire.
a fare sempre tutto insieme tutto il tempo.
Dei vestiti.
ma potremmo avere delle cose in comune.
Delle tende.
Delle tovaglie.
SUZY STORCK ­ Allora baciami.
Dei /
HANS VASSILI KREUZ ­ Non ne posso più del tuo
HANS VASSILI KREUZ ­ Diventa routine.
cucito mentre io mi spacco il culo.
SUZY STORCK ­ La routine non è drammatica.
Io parlo e tu continui a cucire.
Baciami.
Torni dal negozio
SUZY STORCK ­ Ti ascolto.
dal tuo supermercato
non mi baci.
HANS VASSILI KREUZ ­ Non è un lavoro.
Fai come se niente fosse.
Questo di cucire.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Non è possibile Suzy.
Suzy Storck la bella vita /
Devi trovarti un lavoro.
SEQUENZA 7
CORO ­ Ha preso le cose come sono venute.
SUZY STORCK ­ Ho letto gli annunci.
Ho chiesto consiglio a mia madre.
Ho chiamato mia madre
e ho detto:
cerco lavoro sai.
perché è il solo modo che è stato inventato per cercare
di analizzare il modo in cui si esprime il candidato
perché è il solo modo che si sia immaginato per
mettere a proprio agio il candidato
perché è bene lasciare la parola al candidato.
SUZY STORCK ­ Non mi sento molto a mio agio.
Non sono abituata a che venga chiesto il mio parere.
CORO ­ Suzy Storck non sapeva che questa domanda
è spesso la prima domanda che una reclutatrice fa durante un
colloquio di lavoro
perché è una delle cose che permette a un reclutatore
di giudicare che considerazione ha di sé il candidato
cercando al contempo di saperne di più sulla sua personalità.
CORO ­ Non ha seguito il modo di fare tradizionale.
Per trovare lavoro ha chiamato sua madre.
Da queste parti si fa così.
La Signora Storck ha preso il telefono.
La Signora Storck ha contattato una sua amica
una reclutatrice per negozi per informarla che sua figlia Suzy Storck cercava
lavoro.
LA RECLUTATRICE ­ Potrebbe parlarmi di
La Signora Storck ha detto a Suzy:
un'esperienza professionale di cui è particolarmente fiera che l'ha LA SIGNORA STORCK ­ Hai appuntamento al particolarmente motivata?
negozio per bambini di una mia amica.
SUZY STORCK ­ Lavoravo prima.
Cerca una commessa.
Lavoravo nel pollame.
Non farmi fare figuracce Suzy.
Est­Polli.
È lì che lavoravo.
LA RECLUTATRICE ­ Buongiorno signorina Storck.
Ci lavoravo perché c'era Est­Polli che assumeva.
Prego.
Avrei potuto lavorare nell'abbigliamento sportivo o
Bene.
nei Prego.
pannolini.
Passeremo un po' di tempo insieme perché io possa Ho scelto
imparare a il pollame.
conoscerla.
Il pollo.
Perché io possa da imparare a conoscerla un po'.
Mia madre ha detto a ogni modo tu sei una manuale.
Per metterla a suo agio
Non sei un'intellettuale.
le lascio prender parola.
Allora ho scelto il pollame.
La lascio magari parlarmi un po' di se stessa.
Mi procurava piacere lavorarci.
Potrebbe parlarmi un po' di sé signorina Storck?
Avrei potuto fare altro.
Taglio e cucito.
CORO ­ Suzy Storck non sapeva che questa domanda Avrei potuto diventare sarta.
è spesso la Avrei potuto diventare infermiera.
prima domanda che una reclutatrice fa durante un Ma mi sono data al pollame.
colloquio di Pesavo ed etichettavo.
lavoro
Posso dirle il peso di una bestia soltanto
perché è il solo modo che si sia trovato per cercare di
sollevandola e conoscere soppesandola con una mano.
il candidato
Così.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Durante i giorni di festa ero io a legare le zampe del SUZY STORCK ­ Rispondo sì o no?
pollo con un elastico.
LA RECLUTATRICE ­ Sembra nervosa.
LA RECLUTATRICE ­ Durante quest'esperienza SUZY STORCK ­ No.
professionale ha dovuto superare problemi od ostacoli?
LA RECLUTATRICE ­ Vive sola?
SUZY STORCK ­ Vuole sapere se gli ostacoli mi fanno
paura
e se
sono abbastanza spigliata
e
indipendente per non affogare
in un bicchier d'acqua?
LA RECLUTATRICE ­ Sì.
SUZY STORCK ­ Vuole sapere se amo le difficoltà?
LA RECLUTATRICE ­ Sì.
SUZY STORCK ­ Crede veramente che se avessi
paura degli ostacoli
che se
potessi
affogare in un bicchier d'acqua
che se non amassi le difficoltà
sarei rimasta a pesare
ed etichettare polli a Est­Polli?
LA RECLUTATRICE ­ Perché ha lasciato Est­Polli?
SUZY STORCK ­ Perché Est­Polli ha chiuso
e
perché è difficile adattarsi ai conigli quando si
ha lavorato nel pollame.
LA RECLUTATRICE ­ Le piace il lavoro di squadra?
SUZY STORCK ­ Cosa posso rispondere?
LA RECLUTATRICE ­ Risponda semplicemente.
Sì
o
no.
SUZY STORCK ­ Sì
LA RECLUTATRICE ­ Sa dire di no?
SUZY STORCK ­ No.
LA RECLUTATRICE ­ Ha figli?
SUZY STORCK ­ No.
LA RECLUTATRICE ­ Non vuole figli?
SUZY STORCK ­ No.
LA RECLUTATRICE ­ Le interessano i bambini?
SUZY STORCK ­ No /
Voglio dire tanto quanto il pollame.
LA RECLUTATRICE ­ E vuole lavorare nel nostro
negozio per l'infanzia?
SUZY STORCK ­ Io /
LA RECLUTATRICE ­ Vendiamo articoli per
l'infanzia.
SUZY STORCK ­ Lo so.
Ascolti.
Lei mi riceve perché mia madre le ha detto di
ricevermi.
Il caso vuole che ho bisogno di un lavoro.
Non giriamoci intorno. Non mi interessa cosa dovrò fare
farò tutto ciò che c'è da fare.
Non ci sono 1000 modi per iniziare la conversazione
il dialogo
con lei
Signora.
Potremmo inventare dei modi più piacevoli meno
bruschi per parlare delle mie capacità di valutazione delle mie
capacità di inserimento nella vostro gruppo di vendita di
prodotti per l'infanzia.
Potremmo valutare le mie capacità.
In questo caso non perdiamo tempo.
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
43
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
So che ciò che voi cercate innanzitutto è
non si abbia paura delle parole
il meglio
senza dubbio per i vostri clienti.
Perché i vostri clienti non sono dei clienti qualsiasi.
Così come le vostre commesse non devono essere
delle commesse qualsiasi.
La vostra accortezza
il vostro modo di rivolgervi ai clienti
il vostro modo di attirare i clienti
il modo in cui determinate il target
il modo in cui ve li assicurate
si elabora secondo metodi particolarmente consoni
alla vostra azienda.
Sappiamo benissimo che la massa dei clienti si
suddivide in singoli individui
e il mio dovere
se considererà la mia candidatura
sarà di fare in modo che pensino
percepiscano
sentano che
ognuno ognuna
di loro è unica.
Sono ciò che di più perfetto ci sia sul mercato.
Il prototipo stesso di quello che la vostra azienda
ricerca.
Il reparto infanzia ha bisogno di donne come me.
Capisce.
Non voglio figli.
Ciò fa di me una persona fidata.
SUZY STORCK PER LA PRIMA VOLTA NELLA
SUA VITA
ESCE DAI GANGHERI.
FA L'ESPERIENZA DEL NO.
SI VENDE PER OTTENERE UN LAVORO.
SUZY STORCK ­ Ho promesso a mia madre di non
farle fare figuracce.
Voglio che mio marito Hans Vassili Kreuz sia fiero di
me.
LA RECLUTATRICE ­ Ha un modo di presentarsi
alquanto inusuale.
SUZY STORCK ­ Voglio questo lavoro.
HANS VASSILI KREUZ ­ Mi scusi.
LA RECLUTATRICE ­ Signore?
HANS VASSILI KREUZ ­ Hans Vassili Kreuz.
Io e Suzy Storck viviamo insieme.
Scusa hai appena detto che non vuoi figli per avere un
lavoro?
Come puoi esserne certa?
Voglio dire
Suzy
fisiologicamente
il tuo organismo vuole dei figli.
Tutti vogliamo dei figli.
Presto /
Non l'assumerà mica perché ha detto di non volere
figli?
LA RECLUTATRICE ­ Può succedere.
Non si può assumere in un negozio per l'infanzia una
Voglio dire può rimanere incinta.
donna che non vuole figli.
SUZY STORCK ­ Signora
Davvero non vuoi figli?
IL MIO CUORE È UN OROLOGIO.
Tu /
CONTROLLA OGNI RITMO DEL MIO Cazzo /
ORGANISMO.
Suzy /
CONTROLLA OGNI MIO FLUSSO CORPOREO E
ORMONALE.
SUZY STORCK ­ Penso alle mosche.
VALUTA CIÒ CHE NON POSSO VALUTARE A Ronzio della radio.
PRIORI.
Sento la carne che si decompone esposta alla forza del
Io non voglio figli.
sole.
Sento l'odore delle pietre e al rumore del vento che si
CORO ­ Il cuore di Suzy Storck inizia a battere
perde tra all'impazzata
gli arbusti spinosi sui fianchi delle montagne dei
colpi rapidi
Pirenei il flusso sanguigno si attacca alle pareti rocciose delle Orientali.
arterie.
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44
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
HANS VASSILI KREUZ ­ Non puoi dire delle cose SUZY STORCK ­ Il commercio funziona
simili.
principalmente per empatia?
Dire questo per avere un lavoro a ogni costo/
Non si accetta un lavoro a ogni costo.
HANS VASSILI KREUZ ­ Davvero non vuoi figli?
SUZY STORCK ­ Quello che valuto e non valuto.
Non valuto niente/
HANS VASSILI KRUEZ ­ Me ne frego di ciò che si
valuta o no.
Non si fa una cosa simile.
La credibilità.
Non puoi essere credibile in un negozio per l'infanzia
se non sai cosa implica la sterilizzazione di un biberon
se non sai spiegare a una cliente
a un cliente
i benefici di un tira­latte.
Non puoi.
LA RECLUTATRICE ­ Non ha torto.
SUZY STORCK ­ Scusi?
LA RECLUTATRICE ­ Non ha torto
suo marito
compagno
non ha torto.
SUZY STORCK ­ Bisogna aver sperimentato la
maternità per essere ostetrica?
Bisogna aver sperimentato la maternità per vendere
dei ciucci?
E se fossi lesbica?
SUZY STORCK ­ Non capisco dove vuoi arrivare.
HANS VASSILI KRUEZ ­ Non capisco perché fai così.
SUZY STORCK ­ Hans Vassili Kreuz è rientrato a casa
un giorno.
Hans Vassili Kreuz ha detto:
non è un lavoro.
Questo di cucire.
Non è possibile.
Suzy Storck la bella vita.
Suzy Storck deve trovarsi un lavoro.
Ho letto gli annunci.
Ho chiamato.
Ho chiesto consiglio a mia madre.
Ho detto: voglio un lavoro.
Mia madre mi ha scovato questo colloquio.
Mi ha detto:
non farmi fare figuracce Suzy,
Non voglio farle fare figuracce.
E
voglio che tu sia fiero di me Hans Vassili.
Ce l'ho messa tutta.
Mostrando che posso essere un'impiegata stabile.
HANS VASSILI KREUZ ­ Cazzo non capisco cosa ti
passa per la testa.
Non capisco.
Suzy
si mischia tutto.
HANS VASSILI KREUZ ­ Sei lesbica?
A che punto siamo?
Dove ci condurrà tutto ciò?
SUZY STORCK. ­ Non vedo come il mio mancato Ciò che accade /
desiderio di Pensavo che avremmo costruito delle cose insieme.
maternità possa impedirmi di vendere dei ciucci.
SUZY STORCK ­ Costruiamo.
LA RECLUTATRICE ­ Non ci sono solo ciucci da
vendere.
HANS VASSILI KREUZ ­ Costruiamo /
Voglio dire abbiamo tutta una gamma
castelli di sabbia
di prodotti
Costruiamo astrazione.
che bisognerà valorizzare per i nostri clienti.
Costruiamo silenzio e vuoto.
A priori le sue tecniche di vendita
a priori la sua conoscenza dell'ambito di vendita
SUZY STORCK ­ Ho detto che non voglio figli ed è /
sembrano pertinenti.
Ma come potrà dar prova di empatia?
HANS VASSILI KREUZ ­ È esattamente questo che
metto in discussione.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
SUZY STORCK ­ È esattamente questo che metti in di vero
discussione?
di bello
di costruire qualcosa che ci riunisca
HANS VASSILI KREUZ ­ È contro natura.
e che ci rassomigli
io e te.
SUZY STORCK ­ È contro natura?
Voglio dei figli da te.
Vorrei solo baciarti LA RECLUTATRICE ­ Non ha torto.
Suzy Storck.
Iniziare baciandoti.
HANS VASSILI KREUZ ­ Non si dice non voglio figli Far scivolare la mia lingua nella tua bocca
per avere un sentire la tua lingua venire nella mia bocca
lavoro.
sentire il calore della tua saliva venire nella mia bocca
Non si dice
sentire cosa accade nel mio basso ventre
questo.
scivolare in te
Non puoi dire una cosa simile.
venire
Venire di fronte a una reclutatrice
dolcemente
e dire
e venire dentro di te.
con quell'aria
Vorrei
distaccata
così.
assumete me piuttosto che un'altra
poiché sono l'affidabilità stessa
SUZY STORCK ­ Abbiamo fatto quello che hai voluto
non vi tirerò un colpo basso facendo figli.
Hans Vassili Dovresti vergognarti di non essere assunta per le tue Kreuz.
competenze.
Ho rinunciato a questo lavoro.
Non va bene.
E /
Tu
sì
mi deludi.
SEQUENZA 8
Guardati.
Dire
CORO ­ Hans Vassili Kreuz e Suzy Storck sono stesi
non voglio figli /
l'uno accanto all'altro.
LA SIGNORA STORCK ­ Non fa parte del piacere Hans Vassili Kreuz si siede e si toglie i vestiti.
avere dei figli te Hans Vassili Kreuz appoggia le labbra sulla bocca di
lo concedo.
Suzy.
Non sei stata parte del piacere.
Bacia Suzy Storck.
Ma non è perché non sei stata una parte del piacere Posa il suo corpo nudo sul corpo ancora vestito di
per me
Suzy Storck.
che non puoi darmi un nipotino.
Con una mano
la sinistra
HANS VASSILI KREUZ ­ Ho voglia di te.
solleva il vestito di Suzy Storck.
Con una mano
SUZY STORCK ­ Può darsi che abbia veramente la sinistra stringe forte
voglia di questo il seno destro di Suzy Storck.
lavoro.
E con una mano
Può darsi che tu abbia veramente ragione
la destra fa quello che deve fare.
rimanere a casa e cucire semplicemente
non è vita mentre Hans Vassili Kreuz si sfinisce al SUZY STORCK ­ Quando qualcosa insiste per
lavoro.
penetrare qui
cerco di dirmi che ciò che accadrà non cambierà il
HANS VASSILI KREUZ ­ Ho voglia di fare dei figli
modo in cui con te.
vorrei che si organizzasse la mia vita.
Ho voglia di costruire qualcosa di concreto
Cerco di dirmi che Hans Vassili Kreuz
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
schiacciandomi
dato che qualsiasi cosa succeda succede sempre così
sono sepolta sotto il peso del suo corpo
cerco di dirmi che
ciò
non cambierà niente.
E viene.
Per Hans Vassili Kreuz.
Viene.
Non senza dolore.
Quel dolore
lo conosco.
Conosco il modo in cui si svolge in me.
Conosco il modo in cui spinge
come spinge
in me.
Ne conosco la durata.
Conosco come fende.
Ne conosco il ritmo e l'organizzazione.
Ne conosco il rumore.
Ne conosco l'odore.
Conosco il gemito che Hans Vassili Kreuz soffoca
nella mia nuca.
So come tutto ciò
il suo modo di scopare
si organizza.
Organicamente
la traiettoria
come sgorga e sgorgherà da Hans Vassili Kreuz.
Non si tratta semplicemente di chiudere gli occhi.
Chiudere un occhio non blocca nulla.
Non ti ferma.
Ciò che valuto è l'organizzazione.
Il modo in cui si organizza la natura di ciò che mi
circonda.
Il peso incomprensibile di ciò che si organizza
mio malgrado
nel momento stesso in cui vi assisto
ne prendo parte.
CORO ­ Sono le 22
passate.
Le lenzuola sono umide.
CORO ­ La gamba di Suzy Storck si alza.
LA SIGNORA STORCK ­ Sono bambini.
SUZY STORCK ­ Non sono più io ad alzarla.
HANS VASSILI KREUZ ­ È bello vedere che corrono
ovunque.
CORO ­ Hans Vassili Kreuz tiene in una mano
la destra
il braccio sinistro di Suzy Storck appiattito.
SUZY STORCK ­ E viene.
E finisce.
E mi raddrizzo
lo spingo sul lato del letto.
SUZY STORCK ­ La mia pelle umida.
C'è quell'odore.
Chiudo gli occhi per non sentire più niente.
CORO ­ Ronzio della radio.
Suzy Storck pensa alle mosche.
SUZY STORCK ­ Di cosa si nutrono le rondini?
Di carne o di mosche.
Di silenzio o di cadaveri.
Sento la mia carne interiore che si decompone.
Sento l'odore di lana della pecora catturata in un prato
odore di paura e di urina che si spande sulle zampe
posteriori
odore di merda che esce dal corpo sventrato come
una bisaccia
odore che persiste e si impregna sotto le unghie e che
continua a esalare ancora nel momento in cui sgranocchio una
mela.
SEQUENZA 9
SUZY STORCK ­ Abbiamo avuto tre figli dalle
eiaculazioni notturne di Hans Vassili Kreuz.
LA SIGNORA STORCK ­ Sono belli.
Ti assomigliano Hans Vassili.
HANS VASSILI KREUZ ­ Soprattutto Loïc.
LA SIGNORA STORCK ­ Soprattutto Loïc.
SUZY STORCK ­ Sono rumorosi.
LA SIGNORA STORCK ­ Danno vita.
SUZY STORCK ­ Sono sfinita.
LA SIGNORA STORCK ­ È normalissimo essere
stanca.
È normale essere stanca.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Quando il piccolo dormirà la notte sarai meno stanca.
LA SIGNORA STORCK ­ Sei stanca.
Quando si susseguono le gravidanze ci si stanca.
Hai fatto susseguire le gravidanze e sei stanca.
Piccola depressione post­partum.
LA SIGNORA STORCK ­ Adoro venire a casa vostra
Adoro questa casa.
È tutto così /
I bambini che corrono.
Il cagnolino che corre con i bambini.
E voi.
Una bella coppia con dei bei bambini.
É un po' la casa della felicità questa.
HANS VASSILI KREUZ ­ Il piccolo piange.
HANS VASSILI KREUZ ­ Ha fame.
LA SIGNORA STORCK ­ Tu che non volevi figli!
SUZY STORCK ­ Ho male ai seni.
HANS VASSILI KREUZ ­ Il piccolo piange.
Non vai?
HANS VASSILI KREUZ ­ Non c'è nulla da fare.
SUZY STORCK ­ Smetto di allattare.
LA SIGNORA STORCK ­ Come sono divertenti i due
più grandi.
È segno che tutto funziona.
Corrono e si divertono.
È gioioso.
È pieno di vita.
Mioddio come son belli.
Loïc soprattutto.
Com'è divertente.
Con tutti i suoi giochi di guerra.
Con la carabina a piombini di Hans Vassili Kreuz più
grande delle sue mani.
HANS VASSILI KREUZ ­ Il piccolo piange.
LA SIGNORA STORCK ­ Non vuoi andarci tu?
LA SIGNORA STORCK ­ Sei stanca tutto qui.
Usa dei seni in silicone.
Massaggiati i seni così.
Fattene carico.
È talmente /
l'allattamento /
Se pensi che sono solo una parte del piacere i figli.
Non sei mai contenta.
Non ti godi quello che hai.
Hai tutto.
Tutto.
E ti lamenti.
Pensa a quelle donne che non possono avere figli.
Tu puoi
goditela.
HANS VASSILI KREUZ ­ Cazzo il piccolo piange e tu
resti seduta in poltrona come una grossa vacca da latte!
HANS VASSILI KREUZ ­ Suzy Storck non è mio
compito.
SUZY STORCK ­ Sta' zitto!
Non sono io che posso dargli da mangiare.
Non è mio compito.
LA SIGNORA STORCK ­ Dovresti andare.
Non so come fai a lasciar piangere il bambino.
SUZY STORCK ­ Smetto di allattarlo.
Io non ti lasciavo piangere.
Sempre accanto a te.
LA SIGNORA STORCK ­ Sei stanca per questo dici Pronta a scattare.
così.
Bisogna dire che gridavi forte.
Sei /
Una vocina.
Non puoi svezzare così un bambino.
Ma una dannata vocina.
Com'è divertente Loïc!
Non sono certa che tu faccia bene a lasciarlo piangere.
Guardalo quando gioca alla caccia con il cane da Hans Vassili Kreuz ha ragione.
caccia!
Dovresti andare.
Certamente non mi riguarda.
HANS VASSILI KREUZ ­ Cazzo lo lascerai piangere Tu che volevi un lavoro.
per molto?
Meno male che non hai avuto un lavoro.
Vuoi che muoia di fame?
Vedi bene che non puoi fare 1000 cose alla volta.
Ma non è grave non poter fare 1000 cose alla volta.
I diritti delle opere sono tutelati nelle modalità indicate dagli autori stessi
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Inizia a fare quello che hai da fare qui
bene.
Fallo correttamente.
Chi?
Sono sfinita.
Il mio cuore sente il bilanciere che rallenta.
VORREI SACCHEGGIARE QUEL CAMPO DI
HANS VASSILI KREUZ ­ Dai da mangiare al
BATTAGLIA CHE È LA MIA CASA.
bambino porca puttana!
SPALANCARNE LE PORTE.
AFFINCHÉ I VENTI POSSANO PENETRARCI
E APPICCARE IL FUOCO ALLA MIA PRIGIONE.
SEQUENZA 10
HANS VASSILI KREUZ . Hai lavato i piatti e hai
SUZY STORCK ­ Mi alzo al mattino.
messo i bicchieri Non perché il sonno è stato sufficiente.
ancora umidi nella credenza.
Non perché i miei occhi si sono aperti da soli.
Metti i bicchieri ancora pieni di umidità nella
Non perché il mio corpo è impaziente di sgranchirsi.
credenza.
Non perché mi viene voglia di alzarmi.
Non li asciughi?
Mi alzo al mattino.
E faccio tutto ciò che c'è da fare affinché tutto possa SUZY STORCK ­ Non lo so.
funzionare.
Affinché ognuno abbia i propri punti di riferimento.
HANS VASSILI KREUZ ­ Non lo sai.
Ti sveglio.
Sveglio ogni bambino.
SUZY STORCK ­ Ho lavato i piatti.
Loïc per primo.
Ho messo via i bicchieri.
Il secondo per secondo.
Li ho riordinati.
E il piccolo piange.
In modo che non si rompessero.
E gli do il seno
quello che mi fa meno male
HANS VASSILI KREUZ ­ Hai messo i bicchieri
quello in cui i tagli sono meno profondi
ancora umidi nella quello dove soffro meno
credenza.
mentre il mio braccio si alza
Non si mettono via umidi.
e aziona la caffettiera
Bisogna che dica
mentre il mio braccio si alza
ripeta le cose.
e aziona il tostapane
Che dica sempre tutto.
mentre il mio braccio si alza Ma è sempre come se non te ne fregasse niente.
e sceglie il paio di calze le mutande pulite e non Come se non mi ascoltassi.
sporche di E lasci piangere il piccolo.
Loïc
Lo lasci.
e sceglie in mezzo al mucchio di biancheria la Dovrei andarci io?
maglietta che mi Perché devo fare tutto io in questa dannata casa!
hai chiesto.
E sorrido a tutti
SUZY STORCK ­ Vorrei riprendere a lavorare.
mentre i tagli si scavano
Vorrei riprendere il lavoro.
perlando le screpolature sulla punta dei miei seni
come se le mie tette venissero sezionate.
HANS VASSILI KREUZ ­ Non ci sono più kiwi.
Vi guardo uscire di casa.
Il cestino è vuoto.
E resto sola con questo bambino
Avresti potuto comprarne altri.
vorrei amputarmi i seni.
Il mondo si alza al mattino.
CORO ­ Il silenzio che segue non è legato all'assenza
È proprio dell'umanità alzarsi il mattino e adempiere
dei kiwi.
ai propri compiti.
È la nostra natura.
SEQUENZA 11
Non mi alzo per me stessa ma chi si alza per se
stesso?
CORO ­ Ciò che Suzy Storck valuta e non valuta
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49
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
è l'organizzazione
il modo il cui si organizza la natura di ciò che la
circonda
il peso incomprensibile di ciò che accade
suo malgrado
nel momento stesso in cui vi assiste.
Ne partecipa.
HANS VASSILI KREUZ ­ È quasi l'una.
È tardi.
Tra un'ora allatti e domani sarai stanca.
Cosa c'è che non va nella tua testa Suzy Storck?
SUZY STORCK ­ Ciò che valuto e non valuto.
Lo sguardo che posi su di me Hans Vassili.
Quello sguardo grave
pesante che posi su di me
che non posso
più
sopportare
tanto il peso del tuo sguardo mi richiama
a una posizione che non voglio.
Contraddizione.
Confronto.
Spazio confuso tra ciò che sono
credo
essere
e non potrò mai accettare di voler essere.
Mi dispiace per i kiwi.
HANS VASSILI KREUZ ­ Tu sei completamente
svitata.
Sei fuori di testa.
Sei completamente fuori di testa.
Non stai bene qui?
Cosa ti spinge a tirar fuori queste storie vecchie di 6
anni.
HANS VASSILI KREUZ ­ Non puoi spegnere quella
cazzo di luce porca puttana e metterti a dormire come una persona
normale?
Parli parli.
Spegni.
Mi alzo tra poco.
Ne ho piene le scatole.
Grava tutto sulle mie spalle.
SUZY STORCK ­ Spengo.
HANS VASSILI KREUZ ­ Spegni.
Non so a cosa pensi Suzy.
Ci sono delle cose che passano nella tua testa Suzy e
che non capisco.
Potrebbe essere semplice.
Se prendessi davvero le cose come vengono Suzy
Storck potrebbe essere semplice.
Adesso spegni quella luce.
Premi l'interruttore e spegni quella luce.
Cosa fai?
Ma cosa cazzo fai?
SUZY STORCK ­ Non riesco a dormire.
SUZY STORCK ­ Non avrei dovuto rifiutare quel
lavoro.
SUZY STORCK ­ Non capisco cosa faccio qui.
HANS VASSILI KREUZ ­ Vorrei dormire.
SUZY STORCK ­ Hans Vassili
credo
che
io
non li amo.
I bambini.
Credo di non amarli.
Non li amo.
Le loro voci.
I loro corpi
che si muovono.
I loro corpi
che si agitano tutto il giorno intorno a me.
Non ne posso più.
Toccano tutto.
Mi toccano con
le loro
manine schifose.
Ti assomigliano
e questo mi disgusta.
Li sento gridare e a volte
mi viene
il pensiero di prendere
la carabina a piombini
di allinearli
contro il muro
e
di
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
farli fuori.
Farli fuori.
Per non sentirli più urlare.
Credo
che
tu li abbia messi
in me
per farmi marcire
è quello che mi dico a volte.
Vorrei che se ne andassero.
Che non ci fossero più.
TUTTI QUESTI ABBRACCI MI RIPUGNANO.
DOVREBBERO ESSERE CUCITE LE DONNE.
HANS VASSILI KREUZ ­ Suzy /
tu sei una
vera matta.
Com'è possibile
che delle parole simili
escano dalla tua bocca
come del pus.
Com'è possibile?
È /
mi ripugni.
Tu /
Io /
Come ho fatto a venire
qui
dentro di te
fare sesso
con te?
ma
non so cerco di essere attento di fare in modo che io te
e i bambini sia una storia che funzioni
lo so che non sono il migliore che sono parecchio
maldestro che dico le cose in modo sgarbato
ma pensavo
volevo che io e te
fossimo
sì
una storia
che stesse in piedi
che non fosse qualcosa che si schiaccia come si
schiaccia una mosca su un vetro
io /
SUZY STORCK ­ APPICCARE IL FUOCO ALLA
MIA PRIGIONE FORSE NON È UNA BUONA IDEA.
HANS VASSILI KREUZ ­ Non toccarmi Suzy.
Io /
Dov'è finita la nostra garanzia? SUZY STORCK ­ Non sono una lavatrice.
SEQUENZA 12
CORO ­ Si svolge qui.
Esattamente qui.
SUZY STORCK ­ Sei venuto.
Da qualche parte in un posto
Abbiamo avuto tre figli.
dove si pensa che ci siano soltanto cretini e bifolchi.
Proporzionalmente alla popolazione circostante
HANS VASSILI KREUZ ­ È semplicemente si pensa che sia una categoria di individui in
completamente minoranza
incomprensibile sentirti dire una cosa simile
e che di conseguenza ciò che concerne questa
totalmente
categoria di cretini assolutamente incomprensibile.
e di bifolchi non ci riguardi.
Non toccarmi mi ripugni.
Che abbiano dei problemi
Non sono le donne che andrebbero cucite è la tua certamente.
bocca intera che Ma che siano vecchi problemi.
si dovrebbe sotterrare.
Che ciò che accade nelle loro case non siano problemi
Interamente.
rilevanti.
Affinché tu sparisca.
Che ciò che accade nelle loro storie familiari siano
storie SUZY STORCK ­ Dove vai?
desuete
che sanno di caffè freddo di cemento di cane e di
HANS VASSILI KREUZ ­ Non sono il migliore
biancheria lo so che non sono il migliore che ho forse commesso umida.
degli errori È il 17 giugno.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
Sono le 20.27.
Suzy Storck è seduta a tavola.
Suzy Storck beve un po'.
Perché è stata una giornata calda.
Beve quello che ha trovato.
Stamattina
Hans Vassili Kreuz le ha detto:
Con quella maglietta senza niente sotto.
HANS VASSILI KREUZ ­ È tardi.
SUZY STORCK ­ Rompi le palle.
SUZY STORCK ­ Non così tardi.
HANS VASSILI KREUZ ­ Cos'è 'sta merda che passa
la radio.
Ascolti la radio adesso?
SUZY STORCK ­ Fa troppo caldo.
HANS VASSILI KREUZ ­ Hai aperto delle bottiglie.
Ti apri delle bottiglie adesso quando sei sola?
SUZY STORCK ­ Ho aperto delle bottiglie che ci
HANS VASSILI KREUZ ­ Uscirò prima dal
hanno regalato.
supermercato ma non aspettarmi
HANS VASSILI KREUZ ­ Non sono bottiglie che ci
non aspettarti che rientri subito.
hanno regalato le Ho bisogno di distrarmi.
ho comprate io.
Di riflettere.
Le ho comprate io.
Di capire a che punto sono.
Io.
Di capire a che punto siamo.
Se possiamo ancora avere fiducia l'uno nell'altro.
SUZY STORCK ­ Pensavo fossero delle bottiglie che ci
hanno CORO ­ Una mosca sbatte contro il vetro.
regalato.
I bambini corrono di sopra fino a far esplodere i Mi sono sbagliata.
timpani a Suzy Può darsi che mi sia sbagliata.
Storck.
Non ci ho fatto caso.
Rumore della macchina di Hans Vassili Kreuz che si Mi sono detta
ferma.
una bottiglia è fatta per essere bevuta.
Rumore della portiera che si apre e poi si chiude.
Una bottiglia è fatta per essere bevuta no?
E Hans Vassili Kreuz rientra in realtà prima del
previsto.
HANS VASSILI KREUZ . Ti apri spesso delle bottiglie
quando sei SUZY STORCK ­ Sei rientrato prima del previsto.
sola?
Pensavo che saresti rientrato più tardi.
Non così presto.
SUZY STORCK ­ Mi sono aperta una bottiglia una
Non pensavo che rientrassi così presto.
volta.
Avresti potuto approfittarne.
Una volta mi sono aperta una bottiglia.
Approfittare della serata.
Come dire
non è la fine del mondo!
HANS VASSILI KREUZ ­ Ne ho approfittato.
Dormono?
HANS VASSILI KREUZ ­ Non so a cosa pensi ora
Suzy Storck.
SUZY STORCK ­ Non ancora.
Hai cambiato il piccolo?
HANS VASSILI KREUZ ­ Saranno stanchi domani.
SUZY STORCK ­ Il sole non è ancora tramontato.
È difficile dormire
è difficile spiegare ai bambini che devono dormire
che è notte e che è ora di dormire
quando il sole non è ancora tramontato.
HANS VASSILI KREUZ ­ Perché sei mezza nuda.
SUZY STORCK ­ Non pensavo che saresti rientrato
così presto.
HANS VASSILI KREUZ ­ Ti disturbo?
SUZY STORCK ­ Hai riflettuto?
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
HANS VASSILI KREUZ ­ Vado a vedere cosa fanno i HANS VASSILI KREUZ ­ Ti dico che non è nel suo
bambini.
letto!
Vado a dirgli di mettere a posto.
È tardi.
SUZY STORCK ­ Non parlarmi così.
Saranno stanchi.
È ora di dormire.
HANS VASSILI KREUZ ­ Mi dici che il bambino è nel
suo letto e io SUZY STORCK ­ Non dormiranno.
ti dico che non c'è!
HANS VASSILI KREUZ ­ Vado a vedere.
SUZY STORCK ­ Non volevi ber qualcosa?
HANS VASSILI KREUZ ­ Hai finito le bottiglie.
CORO ­ E Suzy Storck ricorda.
Suzy Storck ricorda
del suo braccio che si alza per stendere la biancheria
di casa
del suo braccio che si alza per tirare uno schiaffo a
uno dei tre
del suo braccio che si alza per mettere in bocca il
ciuccio caduto al bambino
del suo braccio che sia alza per prendere il cesto vuoto
e attaccarlo al muro di casa
del suo braccio che si alza e si infila nella tasca dei
suoi pantaloni per prendere una sigaretta
del suo braccio che si alza per tirare una sberla a quel
somaro di un cane da caccia che è venuto ancora a cagare
davanti alla porta del garage.
Suzy Storck ricorda le merde di cane
Suzy Storck ripensa alle mosche che le razziano.
E Hans Vassili Kreuz fa irruzione in cucina.
E Hans Vassili Kreuz schiaffeggia Suzy
allo stesso modo in cui si schiaccia una mosca sul
vetro.
SUZY STORCK ­ può darsi che i bambini l'abbiamo
tirato fuori per giocare.
Io /
HANS VASSILI KREUZ ­ Non è di sopra.
SUZY STORCK ­ Può darsi sia scappato /
HANS VASSILI KREUZ ­ Dì /
come pensi che faccia un neonato a scappare?
Come /
Sei tu che te ne occupi dovresti ben sapere dov'è?
Non sparisce mica così un bambino.
Non scappa un neonato!
Cazzo /
Appoggia quel bicchiere.
SUZY STORCK ­ Non lo so.
HANS VASSILI KREUZ ­ Come non lo sai?
SUZY STORCK ­ Non so più cos'ho fatto /
HANS VASSILI KREUZ ­ Come faccio a fidarmi di
te?
Sei sua madre.
Dovrei potermi fidare.
Mi fido di te mi prendo una serata per me
per capire
riflettere
a che punto sono e /
HANS VASSILI KREUZ ­ Dov'è il bambino?
SUZY STORCK ­ Ha passato tutto il giorno con me.
Sono andata a prendere i bambini a scuola ed era con
SUZY STORCK ­ Nel suo letto.
me.
Io /
Era nel passeggino.
Hanno fatto merenda e gli ho dato da bere.
HANS VASSILI KREUZ ­ Se ti chiedo dov'è il Gli ho dato da bere.
bambino è perché non Il seno.
è nel suo letto.
Era con me.
Eravamo fuori ed era con me.
SUZY STORCK ­ A quest'ora è nel suo letto.
Piangeva ed era con me.
E mi ricordo
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53
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
del mio braccio che si alza per stendere la biancheria
di casa
del mio braccio che si alza /
E rivedo le mosche che /
Tu mi schiaffeggi /
chiudere le persiane
della camera
della camera di casa mia.
Le persiane della camera
che si affaccia sul retro
di casa
HANS VASSILI KREUZ ­ Non è mica un cane che si sulla vostra casa
attacca al dove stendete la biancheria /
guinzaglio e si dimentica in un angolo /
Dov'è adesso!
HANS VASSILI KREUZ ­ Lo so Suzy ha dimenticato
di ritirarla
SUZY STORCK ­ Ma smettila!
Smettila di gridarmi sempre addosso!
LA SIGNORA STORCK ­ È
Smettila di fare così!
si
Smettila non ne posso più di questo.
la biancheria
Di tutti i rimproveri.
ma voglio dire
Di tutte le accuse.
volevo dirti
Come se /
Hans Vassili
Non ne posso più!
che Smettila di urlare!
il passeggino
il piccolo passeggino
HANS VASSILI KREUZ ­ Come faccio a fidarmi è rimasto
ancora di te quando /
fuori
al sole
SUZY STORCK ­ Smettila.
e /
Non ne posso più.
Hans Vassili
Non ne posso più di tutto questo.
il sole
Di 'sti bambini.
era forte
Tre.
ancora oggi
Non ne posso più /
e 'sta sera
NE HO ABBASTANZA.
e /
Sono sola tutto il giorno e /
Ho dimenticato la biancheria.
CORO ­ Hans Vassili Kreuz si alza.
Esce dalla stanza senza rivolgere uno sguardo a Suzy
LA SIGNORA STORCK ­ Hans Vassili.
Storck.
La signora Storck dà le spalle a Suzy.
HANS VASSILI ­ Cosa!
Escono dalla stanza
i volti
LA SIGNORA STORCK ­ Ho
pallidi
bussato
come una pietra gessosa che si sfalda
tu
si sgretola dai lati delle guance
voi
fino alle orbite degli occhi.
non mi avete E un grido
sentita.
poi Allora /
due
Io escono dalle gole spalancate
sì
e i bambini scendono di corsa
sono
e Loïc
entrata
con un lancia pietre in una mano
perché io /
e la mano del fratellino nell'altra
Io /
arriva correndo in cucina.
Stavo
per
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
LOÏC ­ Mamma perché il papà e la nonna urlano in Suzy resta alla finestra.
giardino?
Il caldo è pesante.
È poco prima della tempesta.
SUZY STORCK ­ Perché fa bene gridare quando ci si Una sera in cui il sole che tramonta non finisce mai di accorge che tramontare.
qualcuno ha avuto un attimo di distrazione.
Suzy è lì con gli occhi inchiodati alla finestra.
È In lontananza di sopra si sente il vociare dei bambini.
sì
Si sente il rumore delle manine che scassinano la
credo
serratura con che
degli oggetti metallici.
ho avuto
Si sente qualcuno bussare al vetro della porta.
un attimo di distrazione.
Qualcosa è scappato.
LA SIGNORA STORCK ­ Apri questa cazzo di porta
Succede
Suzy!
a tutti un attimo di distrazione
Apri questa cazzo di porta!
e
credo
CORO ­ E Suzy Storck si avvicina alla porta
che /
E la mano di Suzy Storck si alza.
rompo le palle al mondo con i miei errori di E la mano di Suzy Storck si posa sulla maniglia.
sbadataggine.
E la mano di Suzy Storck apre la porta.
E si ritrovano faccia a faccia.
LOÏC ­ E tu non gridi?
La signora Storck schiaffeggia Suzy.
Una prima volta.
SUZY STORCK ­ É ora di andare a letto adesso Loïc.
Un'altra volta.
E tutto si fa silenzio.
CORO ­ Suzy Storck prende i due bambini per mano. Potrà finalmente tramontare
Li accompagna in camera
questo dannato sole.
li chiude
La signora Storck sparisce.
a chiave.
Di sopra
Poi torna in cucina.
i bambini smetteranno infine di agitarsi.
Hans Vassili è lì.
Suzy Storck prega
Tiene in braccio il bambino rimasto
in fondo
fuori
che si ammazzino tra di loro.
nel passeggino esposto al sole.
Che si finisca
che tutto si fermi come le grida delle rondini
HANS VASSILI KREUZ Dammi le chiavi della quando la luna è salita in cielo.
macchina.
La radio è ancora accesa
e gracchia un ultimo suono di mosche incastrate nella
SUZY STORCK Non si dovrebbe svegliare sai.
carcassa di Sarebbe meglio.
una pecora persa nel fondo dei Pirenei Orientali
Il meglio.
prima che Suzy Perché
la spenga.
NON HO ABBASTANZA.
Sono le 22.54.
Mi stanca così tanto sentire tutti gridarmi addosso.
CORO ­ Suzy Storck guarda Hans Vassili Kreuz
portare via il bambino.
Richiude a chiave la porta a vetri.
Si sente in lontananza il rumore dell'auto di Hans
Vassili Kreuz.
La macchina parte
si allontana.
EPILOGO
SUZY STORCK ­ IL MIO CUORE É UN OROLOGIO.
Potrei estrarlo dal petto.
Ma non ho più una precisa ragione per dover fare
questa cosa
per provare il bisogno di fare questa cosa
perché giustamente mi guardo.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
E tutto ritorna
come si riesuma un corpo
come si dissotterra una storia:
la mia incapacità per non essere riuscita ad affermare
in modo sufficientemente vendicativo
che avrei voluto riuscire a rifiutare certi obblighi
personali e fisici così come economici
che avrei voluto riuscire ad avere il coraggio di non
adempire al dovere coniugale.
NON FARE FIGLI.
Cerco di dirmi che ciò che è successo non è affatto
qualcosa che può cambiare il modo in cui vorrei vedere
ora
realizzarsi la mia vita.
Ma non valuto niente.
L'organizzazione.
IL MODO IN CUI SI ORGANIZZA LA NATURA DI
CIÒ CHE MI CIRCONDA.
IL PESO INCOMPRENSIBILE DI CIÒ CHE
ACCADE MIO MALGRADO
MENTRE VI ASSISTO
NE PRENDO PARTE
MI SFUGGE.
Spengo la radio.
Stacco il cavo.
Lo taglio con il primo coltello che trovo.
Tutto ciò che potrei fare con un cavo.
Tutte le varie idee che potrebbero passarmi per la
testa.
E porto le mani che tengono il cavo al collo.
E l'odore sulle mani mi ferma.
Un odore che si attacca in maniera tenace ai palmi.
Un odore.
Uno strano odore.
Un odore di lana
un odore di urina
un odore di /
Sento il rumore di uno sparo.
Mi dico che finalmente i bambini si sono uccisi tra di
loro.
Si precipita giù dalle scale
e si precipita nel corridoio.
Lascio il cavo della radio
Loïc mi guarda
in una mano tiene la mano del suo fratellino
nell'altra
la carabina a piombini.
Fuori concorso
Titolo:
Carne
Anno:
2015
Autore:
Fabio Massimo Franceschelli, 1963
Riferimenti:
[email protected]
ereticobencotto.wordpress.com
Testo depositato SIAE
Forma di tutela:
Note: Prima rappresentazione al Teatro dell'Orologio
di Roma ­ Aprile 2016, Compagnia Frosini/Timpano.
ATTENZIONE: In caso di rappresentazione contattare
direttamente l'autore e seguire le usuali procedure SIAE.
"carne nasce, carne cresce, carne marcisce"
PERSONAGGI
Un qualunque Lui
Una qualunque Lei
SCENA
Un tavolino al centro, quadrato, apparecchiato con
due coperti. Due sedie ai lati.
Buio. Voce registrata, pigra e indolente. Può essere
maschile o femminile, è indifferente, l'importante è che non
sia né quella di Lei, né quella di Lui.
VOCE ­ Voglio una bestia.
La voglio mangiare.
No, la voglio carezzare.
No, la voglio torturare.
No, la voglio sbaciucchiare.
No, la voglio scuoiare.
No, la voglio sfamare.
No, la voglio proteggere.
No, la voglio sodomizzare.
Voglio una bestia. (pausa)
La voglio. (pausa)
Ne ho diritto.
Le luci si alzano fino alla penombra. Lui e Lei sono sul
fondo, rispettivamente sul lato destro e sinistro. Si
insultano a vicenda.
LEI ­ Zombi.
LUI ­ Lattugaia.
LEI ­ Belva.
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56
perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
LUI ­ Veganella.
LEI ­ Cannibale.
LUI ­ Frullafrutta.
LEI ­ Necrofilo.
LUI ­ Crudaiola.
LEI ­ Sanguinario.
LUI ­ Pesto di sedano.
LEI ­ Reazionario.
LUI ­ Credulona.
LEI ­ Genocida.
LUI ­ (smorfia di dolore, mani sullo stomaco) Ahi.
LEI ­ Cos'hai?
LUI ­ Non mi sento bene.
LEI ­ Cos'hai?
LUI ­ Sono stato da un medico.
LEI ­ Cos'hai?
LUI ­ Un'ulcera.
Pausa.
LEI ­ Dove?
LUI ­ Dove vuoi che sia un'ulcera? Nello stomaco.
LEI ­ Mangi troppa carne. LUI ­ Non c'entra nulla.
LEI ­ Invece c'entra. Ti farai venire un tumore.
LUI ­ Il tuo è un determinismo ingenuo. Mio nonno
fumava quaranta sigarette al giorno ed è campato
fino a ottant'anni. Mia nonna non ha mai fumato
ed è morta di tumore al polmone a sessant'anni.
LEI ­ La spiegazione c'è e si chiama fumo passivo.
Tuo nonno era un coione.
LUI ­ Probabile, ma tu stai tranquilla, la carne passiva
non esiste.
Pausa.
LUI ­ Comunque la morte fa quel che vuole, dove
vuole, quando vuole.
LEI ­ La morte sì, ma la vita è interamente nelle nostre
mani. Le scelte sono tutte nostre.
LUI ­ Veganella.
LEI ­ Cannibale.
LUI ­ Frullafrutta.
LEI ­ Necrofilo.
LUI ­ Crudaiola.
LEI ­ Sanguinario.
LUI ­ Pesto di sedano.
LEI ­ Reazionario!
Luci piene. Lui si gira e avanza velocemente in proscenio, si
rivolge al pubblico.
LUI ­ Io sono goloso, e sono sempre affamato. Le due
cose sono indipendenti, d'accordo, indipendenti e
diverse, ma nel mio caso coincidono: la fame è solo
un pretesto per la cupidigia della gola. Un paio di
sere fa, a casa davanti la tv, ho sentito il bisogno
insopprimibile di qualcosa che mi riempisse lo
stomaco fino a stordirmi. Ho aperto la dispensa, ho
tirato fuori una busta piena di M&M's. Li
conoscete, no? Quei piccoli confetti di cioccolato
ricoperti di glassa colorata. E quindi ero lì, davanti
la tv, che arraffavo la mano nella busta e mangiavo,
arraffavo e mangiavo, arraffavo e mangiavo senza
sosta. Ma mica uno o due per volta, no, riempivo
tutta la mano, aprivo la bocca e gnam gnam a
masticare questa enorme pasta vischiosa di
zucchero e burro e cacao che mi gonfiava le guance
come fossi un suonatore di sax. Ma vi rendete
conto il livello di perfezione di un M&M's? Non è
solo la forma tondeggiante o il colore sgargiante, e
nemmeno il gusto che, detto tra noi, può risultare
un po' stucchevole. È l'idea che tutto il confetto, il
100% del confetto, lo puoi mangiare, non devi fare
altro che arraffare, riempirti la bocca e masticare.
Prendiamo una frutta: buonissima, certo, ma non è
che la mangi tutta. La banana la devi sbucciare, e
anche l'arancia. La mela, la pera, la pesca, se vuoi
non le sbucci ma il torsolo non te lo puoi mangiare,
e l'osso della ciliegia lo devi sputare. Insomma, per
gustarti una dolcissima frutta, un seppur piccolo
lavoro manuale di finitura lo devi compiere. Il
M&M's no, prendi e mastichi, prendi e mastichi.
Non butti via nulla! Un prodotto industriale di
primissimo livello, raffinato ed efficace. Questo
due sere fa. Ieri sera, invece, avevo fame e ho
invitato a cena una mia amica. Siccome ho... come
si dice? il braccino corto, le ho detto Vieni a cena da
me, ma porta tu da mangiare che ho il frigo vuoto.
Lei ci è stata e un'ora dopo si presenta con una
grossa scatola di cartone calda e profumata di
cucinato. La apro e dentro c'era del pollo fritto.
Pollo fritto, sì, ma non dovete immaginare un
intero pollo fritto, no, ma un cartone pieno di ali e
cosci fritti, solo ali e cosci. Era tutto fritto, fritta la
carne, fritta la pelle, la cartilagine e l'osso. Tutto
fritto, e caldo, salato, fragrante, croccante. Non ci
ho visto più. Ficco la mano nella busta e arraffo,
arraffo e mangio, arraffo e mangio, arraffo e
mangio senza sosta e che stupore felice nello
scoprire che le ossa erano fine fine, poco più grosse
dello stecco di un gelato, e potevi affondare i denti
senza timore e strappare enormi bocconi di carne
gustosa e pelle abbrustolita. Dio che meraviglia. A
fine serata una ventina di ossicini giacevano
disposti a caso sul mio piatto, ammonticchiati,
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
come si dice. E quindi ho pensato, Ma che
differenza c'è tra un pollo e un M&M's? Nessuna, o
quasi, entrambi manufatti di rara perfezione,
oggetti di squisito piacere. Ho immaginato questo
lungo binario meccanico che trasporta polli su
polli, inermi e stupidi come tutti i polli, e un
inserviente in camice bianco e mascherina che
brandisce un grosso paio di forbici. Prende il pollo
dalla testa e zac, via la prima coscia e zac, via la
prima ala e zac, via la seconda coscia e zac, via la
seconda ala. Chissà se un giorno mangeremo cosce
fritte e glassate?
esporrà in posa plastica in un qualche museo di
Manhattan. Cosa accade in quell'attimo, un attimo
indefinito, non lo puoi nemmeno misurare, cosa
accade per passare istantaneamente dall'essere
vivo a essere oggetto? Vivo, attimo, oggetto... non è
sconvolgente questo?
Pausa. I due sono immobili in proscenio, poi si rivolgono lo
sguardo.
LUI ­ Mangiamo?
LEI ­ Mangiamo.
Lei raggiunge Lui in proscenio e si rivolge al pubblico.
Si siedono dando il profilo al pubblico. Si sorridono e
continueranno a sorridersi per buona parte delle battute a
LEI ­ Il Capitano Willard e il Colonnello Kurtz si seguire, almeno finché la discussione si farà accesa. Quindi
osservarono a lungo, ma mentre lo sguardo di ampi sorrisi e squisita cortesia, da spot pubblicitario.
Willard si fermava nelle pupille di Kurtz, quello di
Kurtz trapassava Willard per planare tra le paludi LUI ­ Cosa abbiamo per cena, cara?
infere che infestavano la circostante giungla LEI ­ Abbiamo un riso alle erbette, caro.
cambogiana. Infine parlò, il Colonnello parlò, e LUI ­ E per secondo, cara? Cosa abbiamo?
raccontò della grande civiltà dell'esercito LEI ­ Abbiamo dei fagiolini olio e limone, caro.
americano che in piena guerra aveva vaccinato LUI ­ Va bene, cara, quello è il contorno. Ma di
contro la poliomielite tutti i bambini di un non so
pietanza? Cosa abbiamo di pietanza, cara?
quale villaggio vietnamita del sud. E lui era tra LEI ­ Di pietanza abbiamo una bella fettina di seitan
loro, il Colonnello dico, era tra loro, tra i militari
alla piastra, caro.
che iniettavano il vaccino nelle piccole braccia dei LUI ­ Ancora con questo cazzo di seitan, cara? Io
bambini vietnamiti salvandoli da quella terribile
voglio una bistecca al sangue.
malattia. Poi un giorno, un cazzo di giorno LEI ­ Ma non puoi avere la bistecca al sangue, caro.
qualunque di quella maledetta guerra, in quello
Ne abbiamo già parlato.
stesso villaggio entrarono i Viet Cong. Radunarono LUI ­ E parliamone di nuovo, cara. Perché mai non
tutti i bambini e a ognuno di loro tagliarono di
posso avere una bistecca al sangue?
netto il braccino vaccinato. Qualche giorno dopo LEI ­ Ci sono almeno tre motivi per cui non puoi
tornarono gli americani. Il Colonnello Kurtz si
avere la bistecca al sangue, caro.
aggirava sconvolto tra fango, capanne e bambini LUI ­ Tre motivi? Sentiamoli questi tre motivi, cara.
monchi, quando vide in un angolo del villaggio LEI ­ Te li avevo già detti... caro.
una catasta di braccine rinsecchite e LUI ­ Li ho dimenticati... cara.
ammonticchiate. Quelle braccia... quelle braccia...
LEI ­ Il primo motivo, caro, è che nel mondo l'acqua
LUI ­ E basta! Sei scorretta! Citi Apocalypse Now per
scarseggia, e circa il 30% dell'acqua utilizzata
indurre la lugubre analogia tra le braccine dei
quotidianamente serve agli allevamenti intensivi di
bambini e le mie cosce di pollo fritto.
bestiame. È stato calcolato, caro, che per produrre
LEI ­ Va bene, lo ammetto... c'ho provato. È che... nelle
la tua cazzo di bistecca bovina da due etti, servono
tue cosce fritte e nelle mie braccine rinsecchite c'è
20.000 litri d'acqua. Hai idea di quanti sono 20.000
qualcosa che va oltre i naturali sentimenti di
litri d'acqua... caro?
ribrezzo o pietà. Non riesco a metterlo a fuoco.
LUI ­ Passiamo al secondo motivo... cara.
LUI ­ Cosa?
LEI ­ Il secondo motivo ha a che fare con il concetto di
LEI ­ Rifletti. Riflettiamo tutti. Erano parti di esseri
pietà, caro, pietà per quelle legioni sterminate di
viventi, erano vive, capisci? Erano parti di una vita
animali messi al mondo solamente per ingrassare
e un attimo dopo... oggetti inerti. Vive, un attimo,
ed essere poi scannati, pietà per esseri viventi
oggetti. Non è sconvolgente questo? E anche tu,
trasformati in oggetti inermi a nostro uso e
anche io, un attimo prima di morire saremo vivi e
consumo, pietà e orrore per un sistema industriale
un attimo dopo diverremo oggetti, manichini,
basato sulla tortura gratuita finalizzata al
verrà un artista contemporaneo, ci scuoierà e ci
compiacimento della nostra lurida gola!
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
LUI ­ E il terzo? Dimmi quale è il terzo motivo... cara.
LEI ­ Il terzo motivo, mio caro, è che se anche per
assurdo decidessimo di tornare ad essere
cannibali...
LUI ­ Carnivori!
LEI ­ Cannibali!
LUI ­ Carnivori!
LEI ­ Cannibali! E basta! (si alza) Se anche per assurdo
decidessimo di tornare ad essere cannibali, dicevo,
dovresti convenire con me che il 99,999% della
carne che si può acquistare è carne di merda! Piena
di estrogeni, antibiotici, anabolizzanti, ormoni,
schifezze buone solamente a nutrire il tumore che
ti gonfierà lo stomaco se continuerai a mangiare le
tue disgustose bistecche!
LUI ­ Il quarto! Voglio sapere anche il quarto motivo!
LEI ­ Non esiste un quarto motivo! Bastano questi che
ti ho appena detto!
LUI ­ E no! Non c'è verità scientifica riconosciuta che
non abbia a suo supporto almeno quattro
dimostrazioni, quattro! Tu ne hai solo tre e quindi
le tue argomentazioni non valgono nulla! Dimmi il
quarto motivo e solo allora smetterò di mangiare
carne!
LEI ­ Vuoi il quarto motivo? Il quarto motivo è
vaffanculo! LUI ­ Non è un motivo, è un insulto!
LEI ­ Non è un insulto, è un invito! (pausa) Caro.
Pausa, poi lui va in proscenio e si rivolge al pubblico.
LUI ­ Avevo un cane di nome Marx. Un giorno io e
Marx andammo in alta montagna ma cademmo
entrambi in un crepaccio. Faceva freddo, non c'era
nessuno che potesse aiutarci. Al terzo giorno,
stremati dalle forze e con la morte appollaiata sulle
spalle, dissi a Marx: Marx, compagno mio, l'amore
che ci unisce nulla può in questa situazione,
possiamo morire entrambi oppure uno di noi può
farcela se l'altro si sacrifica. Mangerò la tua carne e
vivrò. E no, mi rispose Marx, perché, bau, dovrei
essere io a sacrificarmi per te e non il contrario? Io
penso che tutti gli esseri viventi, di fronte alla
morte, siano uguali, bau. Hai ragione mia bestia
adorata, gli feci. Non tradirò ora l'utopia egalitaria
che ci ha guidato nella vita. Io mangerò una tua
zampa, tu ti nutrirai con un mio polpaccio. E così
facemmo, ci masticammo vicendevolmente. Dopo
altri tre giorni un elicottero ci avvistò e ci salvò, e
tornammo così alle nostre vite, io con una sola
gamba e lui con tre sole zampe. Ma dopo qualche
mese di misteriosa inquietudine gli dissi: Marx, il
materialismo che ci forma entrambi evidenzia una
grave iniquità che abbiamo commesso. Perché io
ho perso il cinquanta per cento delle mie gambe e
tu solo il venticinque? Non è giusto! È vero, rispose
Marx, bau, e allungò verso la mia bocca la zampa
posteriore destra. Ripara subito l'ingiustizia, mi
disse. La mangiai. E fu così che io e Marx vivemmo
il resto dei nostri giorni io con una sola gamba e lui
con due sole zampe, ma entrambi con la letizia di
chi sa di aver sposato l'equità come scelta di vita.
LEI ­ Che stupidaggine è?
LUI ­ Una storia edificante.
LEI ­ È cretina, non edifica proprio nulla.
LUI ­ Porto alle estreme conseguenze la tua logica.
LEI ­ Ma che c'entra?
LUI ­ Mostro i limiti dell'animalismo orwelliano.
LEI ­ Cosa?
LUI ­ Non ricordi La Fattoria degli Animali? Quale è
il primo principio che stabiliscono le bestie in
rivolta? Quattro gambe buono, due gambe cattivo.
(inizia a scandirlo come slogan, mostrando il pugno
chiuso e marciando in tondo sulla scena) Quattro
gambe buono, due gambe cattivo, quattro gambe
buono, due gambe cattivo, quattro gambe buono,
due gambe cattivo... (a Lei) Avanti, fai come me!
Quattro gambe buono, due gambe cattivo... bèè
(bela come una pecora), bèè, bèè...
Lei sta al gioco sorridendo, inizia a marciare con Lui, a
scandire lo slogan, a belare. I due vanno avanti così,
girando in tondo sulla scena, poi Lui si ferma
improvvisamente e abbraccia Lei. Scoppiano a ridere.
LUI ­ Sono anni che litighiamo su queste cose. Ricordi
la prima sera che siamo usciti insieme? In quella
trattoria...
LEI ­ Già...
LUI ­ C'eravamo da poco seduti e stavamo
guardando il menù.
Si siedono. Flashback. Atmosfera romantica.
LUI ­ (leggendo il menù) Ma quante buone cose. Filetto
ai porcini...
LEI ­ Non fa per me. Sono vegetariana.
LUI ­ Ah... (pausa) Una volta anche io ero
vegetariano... cioè, non proprio vegetariano... il
pesce lo mangiavo.
LEI ­ 'sti cazzi.
LUI ­ (sorpreso) Come?
LEI ­ (scandisce) 'sti cazzi! Non capisco perché ogni
volta che dico di essere vegetariana trovo sempre
qualcuno che si premura di farmi sapere che "una
volta" lo era anche lui... a parte il fatto che il pesce,
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
prossime battute di entrambi avranno ritmi molto calmi,
toni vagamente sensuali, e saranno intercalate qua e là da
Pausa imbarazzata.
gemiti di piacere, in quantità variabile secondo il gusto
registico. Quindi avremo i seguenti contenuti resi nelle
LUI ­ Scusa.
forme della passione: il risultato scenico dovrà essere
LEI ­ No, scusami tu... a volte non mi regolo. Dai, comico, senza per questo eccedere in basse parodie.
ripartiamo da zero.
LUI ­ Sì, ripartiamo da zero. Ecco il cameriere.
LUI ­ Dimmi amore mio, dimmi ora che ti concedi ai
LEI ­ Per me un radicchio alla piastra e un contorno di
piaceri della carne, perché mai neghi a me i
patate al forno... anzi, no, fritte. Grazie.
nutrimenti della carne. Dimmi il quarto motivo.
LUI ­ Per me una tagliata con rucola e pomodorini, LEI ­ Il quarto motivo, amore mio?
appena scottata, mi raccomando.
LUI ­ Sì, il quarto motivo.
LEI ­ Il quarto motivo, amore, è che tu, proprio tu che
Pausa. Lui sorride a Lei, Lei non ricambia.
ti preoccupi sempre d'apparire come uomo
illuminato, sensibile, progressista, un comunista
LEI ­ Appena scottata significa al sangue.
d'altri tempi...
LUI ­ E sì, a me la carne piace grondante sangue.
LUI ­ Sì...
LEI ­ Hai mai letto Il Crudo e il Cotto di Lévi­Strauss? LEI ­ ...dovresti sapere bene che tutte le società
LUI ­ No, che dice?
umane, democratiche o dittatoriali che siano, si
LEI ­ Che l'uomo lascia lo stato di natura e diventa
basano sul concetto di sfruttamento, sfruttamento
essere culturale nel momento in cui rinuncia alla
di chi ha nei confronti di chi non ha...
carne cruda e passa definitivamente a quella cotta. LUI ­ Sì...
LUI ­ (ridendo) Quindi io sono rimasto allo stato LEI ­ ...sfruttamento del ricco sul povero...
naturale?
LUI ­ Sì...
LEI ­ (dura) Già, praticamente un selvaggio!
LEI ­ ...del bianco sul nero, dell'occidentale
sull'orientale, del padrone sul dipendente...
Pausa imbarazzata.
LUI ­ Sì...
LEI ­ ...sfruttamento dell'uomo sulla donna...
LEI ­ Scusa... ci sono cascata di nuovo. Dai, ripartiamo LUI ­ Sììì... (aumenta il ritmo dell'amplesso)
da zero.
LEI ­ ...e ti dovrebbe essere chiaro che in ciascuno di
LUI ­ (disponibile) Sì, ripartiamo da zero. Ecco i nostri
questi binomi la parte sfruttante è sempre
piatti.
rappresentata da un maschio, quasi sempre
occidentale, quasi sempre bianco...
Iniziano a mangiare. Ogni tanto si guardano e si sorridono. LUI ­ Sì... sì... lo ammetto, siamo sempre noi i cattivi...
Poi d'improvviso lei scatta in piedi e urla.
LEI ­ Ma questo è solo un dettaglio amore mio, non è
certo mia intenzione reiterare vecchie
LEI ­ Hai un rivolo di sangue che ti cola dalle labbra.
argomentazioni femministe...
Non lo sopporto!
LUI ­ Sì...
LEI ­ ...semmai farti notare l'attitudine tutta maschile,
Fine del flashback, scoppiano a ridere, si alzano in piedi, Lui
fisiologica direi...
va da Lei e l'abbraccia.
LUI ­ Ontologica.
LEI ­ Ontologica, giusto, l'ontologica attitudine
LUI ­ Mi ami?
maschile allo sfruttamento indiscriminato delle
LEI ­ No.
cose, degli esseri, delle persone!
LUI ­ Nemmeno io. Facciamo sesso.
LUI ­ Sì! Sì! Sì!
LEI ­ Sì.
LEI ­ Ma io penso, amore, che se anche eliminassimo
tutte queste ingiustizie e iniquità, non cambierebbe
Lei si china poggiando i gomiti sulla base del tavolino, Lui
nulla della vostra istintiva tendenza a "cosificare"
la prende da dietro. Il pubblico li vede frontali, quindi il
tutto.
tavolino copre i loro corpi mentre i visi sono in primo piano, LUI ­ Cosificare, amore?
quello di Lei all'altezza della base del tavolo e incastonato LEI ­ Cosificare, sì, ridurre tutto, anche ciò che è
tra le sue mani, e quello di Lui sopra quello di Lei. L'atto
vivente, all'ordine di cosa, di oggetto inerte. Siete
sessuale sarà mimato per tutta la successiva scena, e le
fatti così.
però, lo mangiava.
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
LUI ­ Sì...
LEI ­ E soprattutto penso, amore mio, che tutte le
forme di sfruttamento che ti ho nominato prima,
non siano altro che epifenomeni di quello che è lo
sfruttamento primordiale e originario, la base su
cui si poggiano tutte le ingiustizie, la madre di tutti
gli sfruttamenti sorti nella storia, la sostanza stessa
dello sfruttamento senza la cui eliminazione
nessun vero cambiamento nella società sarà mai
possibile.
LUI ­ Sì amore, dimmi qual è! Dimmelo!
LEI ­ È il quarto motivo amore mio, quarto ma in
realtà primo, è quello sfruttamento talmente
diffuso, talmente ovvio, talmente pervasivo e
circolare, talmente accettato da tutti che nemmeno
lo si nota più, eppure è quello da cui discendono
tutti gli altri, quello che ha edificato la storia
umana, l'unico che se sparisse farebbe crollare di
colpo tutte le oppressioni, ingiustizie, iniquità,
discriminazioni della nostra vita. Il solo che se fosse
risolto permetterebbe una rivoluzione di portata
storica.
LUI ­ (intenso) Quale è?
LEI ­ (urlata) Lo sfruttamento dell'uomo sull'animale!
Lui si stacca di colpo da Lei.
LUI ­ Vuoi dunque farmi credere che secoli e secoli di
lotte politiche e sindacali per conquistare un
minimo di democrazia e di diritti umani sono stati
inutili perché il problema poteva essere risolto in
un secondo, attraverso la semplice scelta di non
mangiare carne?
LEI ­ Esatto! Non c'è liberazione dell'uomo senza
prima una liberazione dell'animale! Io voglio una
società diversa, fondata sull'uguaglianza e sulla
valorizzazione della diversità, e non sulla
repressione, sullo sfruttamento, sull'accumulazione
continua.
LUI ­ La si può avere anche mangiando carne!
LEI ­ Lo vedi che non capisci? Mangiare carne è il
vero peccato originale, l'atto di violenza e di
sopraffazione da cui discendono tutti gli altri.
LUI ­ La tua è un'ossessione, è una rimozione
psichica, è paura della morte!
LEI ­ Cosa c'entra ora la morte?
LUI ­ Sì, perché tu, ignorando la carne, facendo finta
che non esista, pensi di tenerla sotto controllo, di
disinnescarla. E invece no! È come un timer. La
carne nasce, la carne cresce, la carne marcisce!
Improvvisamente ­ tramite audio registrato ­ la scena è
invasa dai versi di tutte le specie animali possibili, tutti
insieme e ad alto volume. Si sente l'elefante barrire, il leone
ruggire, il cane abbaiare, la pecora belare, il cavallo nitrire,
il bovino muggire, il maiale grugnire, l'asino ragliare, il
gatto miagolare, l'oca starnazzare, e poi il ronzio degli
insetti, tutti gli infiniti versi degli uccelli e così via.
Un'esplosione immediata di fauna che terrorizza Lui
facendolo scappare a destra e a sinistra alla ricerca di un
nascondiglio. Finisce per rifugiarsi sotto il tavolo. Lei,
invece, è rimasta immobile nella sua posizione. Poi, dopo
vari secondi di caos, i versi si placano, torna il silenzio. Con
circospezione, Lui riaffiora dal suo nascondiglio e guadagna
la scena.
LEI ­ Ha un nome preciso: teriofobia, paura degli
animali.
LUI ­ (la ignora, si rivolge al pubblico) The woman disse
alla bestia: Io ti salverò. Ma chi t'ha chiesto nulla,
rispose the beast, Fatti i cazzi tuoi. Come, domandò
sorpreso la femme, Preferisci forse essere
mangiato? Né mangiato né salvato, ribatté la bête,
vorrei solo vivere la vita senza essere oggetto della
tua contraddizione tra etica e istinto. Ma questo è
assurdo, ghignò die Frau, possono forse i piedi
ribellarsi al volere della testa? Der Tier non trovò
nulla da contrapporre alla naturalezza di
quell'argomento, quindi la sbranò.
LEI ­ Ah ah ah, davvero divertente. Fottiti! Sei il frutto
di ciò che hanno definito "la produzione sociale
dell'indifferenza morale".
LUI ­ Ma no amore, io non sono indifferente,
(scandisce con enfasi) io odio gli indifferenti!
LEI ­ Sì, bravo, tutti rivoluzionari col coraggio degli
altri.
LUI ­ Faccio quel che posso. Acquisto cibo biologico,
agricoltura a chilometri zero, uova di categoria
uno, carne di animali felici, allevati all'aperto, liberi
di muoversi, pascolare, bere, dormire...
LEI ­ (stupefatta e indignata) Felici?
LUI ­ Felici, sì, allevati nel pieno rispetto della loro
natura e delle loro esigenze.
LEI ­ E che felicità può avere un animale messo al
mondo esclusivamente per ingrassare e andare al
macello?
LUI ­ Ma questa è la vita! Gli animali si mangiano tra
loro, il pesce grosso mangia il pesce piccolo!
LEI ­ Sì, gli animali si mangiano tra loro ma noi siamo
umani, possiamo scegliere, possiamo decidere di
farci guidare dal rispetto e dalla pietà.
LUI ­ Pietà? Bene, (si rivolge al pubblico) Avevo un cane
di nome Marx...
LEI ­ Un'altra volta?
LUI ­ È il sequel. Avevo un cane di nome Marx.
Chiedevamo l'elemosina accovacciati in un angolo
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
all'ingresso della metro, io con una gamba e una
stampella, lui con due sole zampe, rispettivamente
la destra anteriore e la sinistra posteriore, il che gli
creava un equilibrio piuttosto instabile, soprattutto
quando tirava vento. Un giorno un ricco grassone
ci lanciò una moneta. Io lo ringraziai ma Marx gli
disse: Bau, la tua moneta non ripaga
completamente il nostro lavoro, ti stai
indebitamente appropriando di un plusvalore. Il
grassone se ne andò via perplesso e io chiesi a
Marx: Marx, compagno mio, noi non facciamo
alcun lavoro, perché hai accusato il grassone di
sfruttamento? Non è vero, rispose il cane, il nostro
lavoro consiste nel generare pietà, bau, e il
prodotto che offriamo, in cambio di una misera
moneta, è il lavaggio della coscienza. Generare
pietà in un uomo, aggiunse, è un lavoro durissimo,
bau, e va pagato il giusto. Fu così che io e Marx
inserimmo un minimo garantito alla
corresponsione dell'elemosina, e ciò ci permise in
poco tempo di acquistare delle protesi, una per la
mia gamba e due per le sue zampe.
LEI ­ E adesso questo che significa?
LUI ­ Non lo so... qualcosa significherà... tutto
significa.
Pausa. Lui attende una reazione di Lei.
LEI ­ (senza scomporsi) Ma vaffanculo.
Pausa.
LEI ­ (si alza anche Lei) Pensi che il problema sia
l'uccisione di un animale? Non è questo. Io non
riesco ad accettare la funzione produttiva e
utilitaristica della vita!
LUI ­ Cosa?
LEI ­ No, anzi, chiarisco meglio e correggo il tiro: io
non riesco ad accettare la funzione produttiva e
utilitaristica della morte! Posso accettare, la
combatto ma la accetto, l'idea di una vita umana o
animale spesa interamente a lavorare, ma non
accetterò mai che la produzione invada il campo
della morte. Cazzo! Un corpo morto non è un
oggetto! Non lo è né un corpo vivo né uno morto e
non possiamo trasformarli in cose inerti lavorate
per il nostro uso, consumo, piacere.
LUI ­ Non ti seguo. Parli arabo!
LEI ­ Conosci Gunther von Hagens? Quell'artista
olandese che espone corpi umani, veri corpi umani
morti e irrigiditi da un non so che diavolo di
procedimento chimico. Gli leva la pelle, li sistema
Pausa. I due si siedono a terra, al limite del proscenio.
in pose plastiche e poi li irrigidisce e li espone.
Atmosfera di tregua.
Sono stata a una sua mostra e ne sono uscita
sconvolta. Se il senso dell'arte è quello di porre
LEI ­ Vorrei tanto un gufo.
problemi allora chapeau, ci sei riuscito, ma l'idea
LUI ­ Un gufo?
che ciò che un giorno è stato vivo ora sia lì, in un
LEI ­ Un gufo. Lo terrei qui vicino a me e potremmo
cazzo di museo, in bella mostra con la funzione di
guardarci negli occhi, lui guarderebbe me, io
incrementare l'industria museale, di attirare turisti,
guarderei lui, e in quello sguardo ci sarebbe tutto.
di tributare onori al grande artista... mi fa vomitare!
LUI ­ Tutto cosa?
LEI ­ Tutto, tutto il mio mondo e tutto il suo mondo, Pausa.
senza bisogno di parlare, senza toccarci, solo
guardarci e condividere con lo sguardo il nostro LEI ­ Sono atea, lo sai, ma una sacralità alla vita non
rispettivo essere. Uno sguardo che accoglie... e
possiamo non riconoscerla, altrimenti nulla ha più
pacifica. (pausa) Siamo tutti così affascinati dall'idea
senso.
che possano esistere altri mondi, marziani, LUI ­ Ok, va bene... ma una bistecca non è un oggetto,
extraterrestri, e non ci rendiamo conto che gli alieni
è cibo.
sono già qui con noi, da sempre, sono gli animali. LEI ­ È la stessa cosa!
(improvvisamente si dà uno schiaffo sull'avambraccio) LUI ­ No! Il cibo ha uno statuto etico più elevato
Presa!
dell'oggetto.
LUI ­ Che è?
LEI ­ Etico?
LEI ­ Una schifosa zanzara.
LUI ­ Sacro.
LUI ­ L'hai uccisa.
LEI ­ Sacro? Sacro... (va sul fondo e parla di spalle, forse
LEI ­ Odio le zanzare.
anche con l'ausilio di un microfono) Ingoia e
LUI ­ (si alza e parla con studiata, melodrammatica,
bestemmia, ingoia e bestemmia, porco è il dio delle
indignazione) Sei... un mostro, una violenta,
bestie che permette il macello. Scivola sul sangue
un'assassina, una sessista, una... cannibale!
dello scolo e sogna denti di leone o artigli di
rapace. Porco è il dio delle bestie che accetta lo
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perlascena ­ numero 9 //. giugno 2016
scanno e le tue orecchie molli e i tuoi occhi a terra e
l'ormone dello stress che t'esce dal buco del culo e
non capisci perché l'uomo ha il camice bianco e la
mascherina in faccia. Ingoia e bestemmia che tua
madre è appesa e tuo fratello attende. Benvenuto
agnello di Dio, alza lo sguardo, vedi l'alieno con la
pistola in mano. Urla la tua paura, urlala, non
l'intelligenza che ti difetta, urla la tua paura che
t'esce dal buco in fronte. Lui può sentirla, malgrado
la maschera. Pasqua è vicina, tanta la pietà che
scorre nel mondo, porco è il dio delle bestie che
non dice mai nulla. (si gira e torna verso Lui) Cosa c'è
di sacro nel tuo cibo? Dimmelo!
LUI ­ È sacro perché ci consente di vivere! (si muove
verso il centro della scena, sale su una sedia o
addirittura sul tavolo) Basta, basta con questo senso
di colpa che attanaglia il maschio occidentale. Tutti
i peccati del mondo sulle mie, sulle nostre spalle.
Mi ribello a questa logica! Non è bastato quindi
distinguere il crudo dal cotto per approdare alla
cultura? No? E allora sapete che vi dico? Giù la
maschera uomo, sei tu il centro del mondo e non
devi giustificazioni a nessuno! Fanculo i poveri,
fanculo la donna, fanculo anche gli animali! Io
voglio... voglio... voglio inchiappettarmi un toro!
Voglio ingoiare vivo un pulcino! Voglio...
annodare un pitone, voglio sputare sul muso a un
panda, voglio bollire il culo di un babbuino, voglio
schiacciare tutte le lumache che vedo in terra,
prendere a calci un bradipo, staccare le zampette
alle ranocchie, sgozzare le pecore davanti ai loro
agnelli, ingessare il collo di un gufo, legare un
petardo acceso alla coda di un gatto, pisciare
addosso a un koala, farmi fare un pompino da un
pesce palla e una sega da un polipo, mozzare le
braccia alle scimmie, strozzare a mani nude una
giraffa, vivisezionare una foca monaca. Perché
voglio fare queste cose? Perché mi va! Perché sono
l'imperatore dell'universo! Perché è stato un mio
antenato, Noè, a guidare quella cazzo di arca! E se
non c'era Noè con la sua arca dove cazzo andavate
voi stupide bestiacce? Tutte a fondo!
Tornano d'improvviso i versi degli animali, forse anche più
terrificanti di prima. Lei si immobilizza mentre Lui, colto
dallo spavento, quasi cade a terra dalla sedia (o dal tavolo).
Poi, terrorizzato, inizia a correre in tondo sulla scena. Lei lo
segue con lo sguardo e ride, ride, ride con forza, poi inizia a
inseguirlo imitando il verso di qualche animale. Lui corre e
di colpo crolla a terra, inizia a tossire forte e a rigettare. I
versi si placano, smettono, resta solo il suo tossire e
rigettare a terra . Lei lo raggiunge.
LEI ­ Cos'hai?
LUI ­ Lo stomaco.
LEI ­ Cos'hai?
LUI ­ Non mi sento bene.
LEI ­ Cos'hai?
LUI ­ La mia ulcera.
LEI ­ Mangi troppa carne.
LUI ­ Non c'entra nulla.
LEI ­ Invece c'entra. Ti farai venire un tumore. (lo tiene
per le braccia e lo fa alzare) Vieni amore mio, vieni
che ti faccio una minestra di verdurine.
Camminano verso l'uscita. Lei sostiene Lui.
LUI ­ Non le voglio le verdurine, amore, voglio le
polpettine.
LEI ­ Non puoi avere le polpettine, amore, vieni con
me che ti curo io. Ti faccio il seitan.
LUI ­ No!
LEI ­ La soia.
LUI ­ No!
LEI ­ Il tofu.
LUI ­ No!
LEI ­ Il muscolo di grano.
LUI ­ No! No! No! (si divincola da Lei) Non mi piace il
muscolo di grano.
LEI ­ Ma se hai sempre detto che è buono.
LUI ­ Lo dicevo solo per farti piacere.
LEI ­ Uffa, e va bene! Ti faccio una carbonara.
LUI ­ Con la pancetta, amore?
LEI ­ No! Una carbonara di verdure. Accontentati.
LUI ­ (si siede, capriccioso e lamentoso, come un bambino)
Vattene via... vattene via, cattiva... lasciami qui, con
le mie debolezze, le mie contraddizioni,
mostruosità, peccati... io sono un uomo, non sono
perfetto come voi... sono un uomo e tollero i nostri
limiti! I limiti umani... Voi, invece, siete peggio dei
talebani, peggio dei lefebvriani... siete tutti dei
savonarola... con le vostre utopie... con la vostra
rincorsa alla perfezione, a una vita illibata, pura,
spirituale, senza carne, senza sangue, senza
peccati... voi... sempre pronti ad accusare, a
giudicare, a condannarci all'inferno... E allora sì!
Vuol dire che mi farò venire un tumore allo
stomaco... anzi, me lo sento, ce l'ho già il tumore,
non è un'ulcera ma un tumore... tumore da
bistecca... e non mi frega nulla... vuol dire che
morirò, darò la mia anima al diavolo e il mio corpo
a Gunther von Hagens che mi scuoierà, mi
plastificherà e mi esporrà seduto a tavola mentre
addento un polpettone... vattene via...
Lei prende una delle due sedie e la porta in proscenio. Vi si
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siede, divarica leggermente le gambe.
LEI ­ Vieni qui amore, dai, vieni da me. Sdraiati su di
me, ti racconto una storia.
Lui la raggiunge e si sdraia sulle sue gambe. Assumono
una posizione quanto più simile alla Pietà di Michelangelo.
Durante la gran parte del monologo, Lui avrà la testa
sollevata in ascolto, per poi crollare lentamente nelle ultime
battute, esattamente come la figura di Cristo nell'opera del
Buonarroti.
LEI ­ Ascolta. Cookedmeat era il giovane re del
popolo dei Raptorial, e il più grande cacciatore
della foresta di Manybeasts. Nessun animale
poteva sfuggire alle frecce scagliate dal suo potente
arco di legno. Un giorno Cookedmeat, mentre
percorreva la foresta alla ricerca di prede, vide ai
piedi di un enorme albero una tigre che
pasteggiava le carni di un giovane chital.
Immediatamente il cacciatore caricò l'arco e lo
puntò ma la tigre lo vide, smise di mangiare il
chital e gli disse: Se risparmi la mia vita ti darò
tutte le ricchezze che vuoi. Ho già tutte le ricchezze
che voglio, rispose Cookedmeat, io sono il Re.
Allora, ribatté la fiera, ti darò tutte le donne che
desideri. Cookedmeat rise e disse, Sono giovane e
bello, ho già tutte le donne che desidero. Fammi
vivere, insistette l'animale, ti darò forza e salute. Lo
so, fece Cookedmeat, sarà la tua carne a darmi
forza e salute. Preparati a morire, e tese l'arco.
Aspetta, lo implorò la tigre, una cosa posso darti
che non hai, posso darti il mio sguardo pietoso di
fronte alla morte. Cookedmeat guardò fisso gli
occhi della belva e rispose, Lo sguardo pietoso del
chital non ti ha fermato dall'ucciderlo, perché il tuo
dovrebbe intenerirmi? Perché io sono un animale,
disse la tigre, e non posso sfuggire al mio istinto,
ma tu sei un uomo e puoi scegliere. I due esseri si
fissarono ancora a lungo, poi Cookedmeat chinò
l'arco a terra, si girò e si allontanò. Fece pochi passi
e d'improvviso, con un colpo secco della gamba,
spezzò l'arco di legno in due. Gettò la prima metà
alla sua destra e la seconda alla sua sinistra, poi
tornò al villaggio. Nella notte le due metà dell'arco
misero le radici e nacquero due piante sconosciute,
il mais e il riso. Decenni dopo, Cookedmeat
giaceva morente nella sua capanna, tra le lacrime
dei figli che non riuscivano a sopportare lo
sguardo pietoso del padre di fronte alla morte. Ma
la tenda della capanna d'improvviso si aprì ed
entrarono tutti gli animali della foresta, la tigre e il
chital, e poi gazzelle e scimmie, elefanti, orsi e tanti
uccelli. Gli animali si avvicinarono al vecchio re e
iniziarono a leccarlo sugli occhi, e leccavano e
leccavano e più leccavano e più gli occhi di
Cookedmeat brillavano come stelle. E dagli occhi le
stelle salirono al cielo, e il cielo si riempì di stelle.
Cookedmeat morì, morì ma non se ne accorse, i
suoi figli lo piangevano ma lui era ancora vivo, non
era più con loro ma era ancora vivo, e correva,
correva giovane e felice nella foresta, insieme alle
tigri, alle gazzelle, ai chital.
Attimi di sospensione con i due immobili nella posizione
della Pietà. Poi Lui rialza la testa.
LUI ­ Ma che bella storia. Cos'è?
LEI ­ Un mito di fondazione. Ti ho convinto?
LUI ­ (si alza) Mica tanto.
LEI ­ (si alza e va verso l'uscita) Vado a cucinare.
LUI ­ Cosa?
LEI ­ Polpette.
LUI ­ (speranzoso) Di carne?
LEI ­ No! (leggera pausa) Felafel. (esce)
LUI ­ Lattugaia.
LEI ­ (fuori scena) Belva.
LUI ­ Veganella.
LEI ­ (fuori scena) Cannibale.
LUI ­ Frullafrutta.
LEI ­ (fuori scena) Necrofilo.
LUI ­ Crudaiola.
LEI ­ (fuori scena) Sanguinario.
LUI ­ Pesto di sedano.
LEI ­ (fuori scena) Reazionario.
LUI ­ Credulona.
LEI ­ (fuori scena) Genocida!
Silenzio per alcuni secondi, in scena è solo Lui. Si guarda
intorno, sguardo perplesso, indeciso, infine si alza e va a
parlare al pubblico.
LUI ­ E così continuammo per anni e anni, ad amarci
e a litigare, a ridere e a discutere di animali e
animalismo, carne, vegetarianesimo, bistecche al
sangue, morte. Finché un giorno, Lei rientrò a casa
con la sofferenza scolpita in faccia.
Entra Lei (in questa scena è importante che Lei indossi una
gonna).
LUI ­ Cos'hai?
LEI ­ Non mi sento bene.
LUI ­ Cos'hai?
LEI ­ Sono stata da un medico.
LUI ­ Cos'hai?
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LEI ­ Sono incinta.
Pausa.
LUI ­ Incinta?
LEI ­ Gravida.
Pausa.
LUI ­ Ma... è una notizia bellissima, amore, è una cosa
meravigliosa!
Lui non si contiene dalla felicità, salta, gesticola, va da Lei,
l'abbraccia. Lei non ricambia, resta immobile e cupa.
LUI ­ Ma cos'hai? Non sei felice?
LEI ­ Il medico mi ha visitato, ha letto le mie analisi,
mi ha trovato fortemente deperita, mi ha detto che
sono anemica, carente di proteine, carente di ferro,
carente di calcio, carente di vitamina B12. Mi ha
detto che affrontare la gravidanza in queste
condizioni è pericoloso per me e per il bambino.
Pausa, i due si guardano fissi.
LEI ­ Mi ha detto: "non faccia stupidaggini e ricominci
subito a mangiare carne".
Pausa. Lui non dice nulla.
carne della nostra carne / dammi la carne / voglio
carne / mangio carne / fammi una fettina / primo
mese nausee / secondo mese stitichezza / fammi
una bistecca / mangio la tagliata / dammi gli
straccetti / maiale no che porta toxoplasmosi /
terzo mese pipì di continuo / quarto mese crampi
alla pancia / quinto mese emorroidi / mangio
vitello / mangio pollo / mangio uova e gallinacci /
fesa e sottofesa / fegato e cavallo / maiale no che
porta toxoplasmosi / nostro figlio / tuo figlio /
mio figlio / crescerà grande / crescerà forte / sarà
un vero uomo / o una donna che sa di uomo /
dammi carne / carne nasce / carne cresce / carne
di vitello / carne di girello / carne di coniglio /
fegato e cavallo / maiale no che porta
toxoplasmosi / nostro figlio / tuo figlio / mio
figlio / crescerà grande / crescerà forte / sarà un
vero uomo / o una donna che sa di uomo / sesto
mese crampi ai polpacci / settimo mese mal di
schiena / ottavo mese calci alle costole / ne voglio
di più / dammi la carne / ben cotta e al sangue /
dammi il filetto / fammi il polletto /
l'hamburgherino / cuocimi un pulcino / nostro
figlio / tuo figlio / mio figlio / nono mese acque a
terra / nono mese il gran travaglio / (si sdraia a
terra e allarga le gambe in posizione di travaglio) e
nasce e spingi e nasce e spingi e nasce e spingi e
nasce e spingi e nasce e spingi...
Lui si accoda a Lei, parlano insieme. Poi si accovaccia e
LEI ­ (rabbiosa) Hai sentito o no quello che ti ho detto? armeggia tra le gambe di Lei.
LUI ­ Sì, ho sentito.
LEI ­ E allora che aspetti? Stiamo parlando del futuro LUI e LEI ­ e nasce e spingi e nasce e spingi e nasce e
di nostro figlio!
spingi e nasce e spingi e nasce e spingi e nasce e
spingi e nasce e spingi e nasce e spingi...
Lei si siede a tavola e inizia il seguente, rapsodico e LEI ­ Nasce, nasce, nasce...
sincopato monologo. Lui, durante tutto il monologo, uscirà LUI ­ Nasce!
e rientrerà più volte, portando ogni volta piatti nuovi a LEI ­ Nasce!
tavola. Con un andamento da attore comico di cinema muto
farà velocemente avanti e indietro dal tavolo alla quinta Si sente il pianto di un neonato, mentre Lui tira fuori
d'uscita, continuamente togliendo il piatto e riportando il qualcosa da sotto la gonna di Lei. Solleva il "neonato"
piatto. Lei reciterà il suo monologo scandendo le frasi come sporco di sangue, lo mostra al pubblico orgoglioso: è un
slogan e insieme mimerà, con foga, il nutrirsi dal piatto. grosso filetto di carne.
LEI ­ (imperiosa) Cucinami subito un girello! Un
geretto / un filetto / una costata / una lombata /
fesa, sottofesa e controfiletto / noce / straccetti /
fettina / hamburger / fegato / cavallo / vitello /
carne / carni bianche / carni rosse / maiale no che
porta toxoplasmosi / sbrigati / portami polli /
tacchini / pollami / crescerà grande / crescerà
forte / sarà un vero uomo / o una donna che sa di
uomo / nostro figlio / tuo figlio / mio figlio /
LUI ­ È un filetto! Che meraviglia!
LEI ­ Un filetto! Carne della mia carne.
Lei si alza in piedi. Lui le dà il filetto, Lei lo culla come fosse
un neonato. Continua in sottofondo il pianto del neonato. I
due si portano in proscenio, orgogliosi e felici, cullando il
filetto.
LUI ­ Carne della nostra carne.
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LEI ­ Che da carne è nata.
LUI ­ E che un giorno crescerà.
LEI ­ E che un giorno diverrà grande.
LUI ­ Diverrà forte.
LEI ­ Un vero uomo.
LUI ­ O una donna che sa di uomo.
LEI ­ Finché un giorno si guasterà.
LUI ­ Diverrà putrida.
LEI ­ Marcescente.
LUI ­ Puzzerà.
LEI ­ Sarà un rifiuto.
LUI ­ Un oggetto inerme.
LEI ­ Nel cassonetto dell'umido.
LUI ­ E farà concime.
LEI ­ Per ingrassar la terra.
LUI ­ Che produrrà foraggio.
LEI ­ Che gonfierà la bestia.
LUI ­ Che nutrirà tuo figlio.
LEI ­ Perché la carne nasce.
LUI ­ Perché la carne cresce.
LEI ­ Perché la carne marcisce.
Attimi di sospensione con i due immobili in proscenio. Al
pianto del neonato si aggiungono i versi degli animali,
stavolta meno potenti. Lentamente tutto si placa. Buio.
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In redazione
Laura Bucciarelli
Fabio Massimo Franceschelli
Giacomo Quinti
[email protected]
Con la collaborazione di
Presentiamo le rubriche per le quali invitiamo tutti i
nostri abbonati autori ad inviarci un loro testo.
Pubblichiamo
Rubrica all'interno della quale riportiamo i testi a
tema libero inviati in redazione.
Corto minimo
Corti della durata massima di un minuto.
Cose da un altro mondo
KRAPP'S LAST POST per la pubblicazione di un
testo, selezionato dalla redazione di KLP, tra quelli Testi stranieri a tema libero tradotti in italiano.
pubblicati su perlascena. www.klpteatro.it
Rimorsi
Testi di drammaturgia contemporanea ispirati, riferiti,
rivolti ai classici.
Prossima uscita prevista: febbraio 2017.
I diritti delle opere pubblicate sono tutelati nelle modalità
indicate dagli autori stessi, i quali restano gli unici
detentori della proprietà intellettuale dei testi inclusi nel
presente numero. In accordo con le autorizzazioni ricevute
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