Come Ieri eleborato concorso Terremoto 307.9 KB

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Come Ieri eleborato concorso Terremoto 307.9 KB
Come ieri
A 40 anni dal terremoto in Friuli la terra continua a tremare
Il terremoto del 24 agosto che ha colpito il Centro Italia, con la sua scia di morti e feriti, proprio al
ricorrere dei 40 anni di quello avvenuto in FriuIi, riporta alla memoria tristi ricordi e dolorose ferite
in chi fu allora testimone e vittima di un simile, tragico evento.
Il sisma del maggio del '76, oltre ad aver danneggiato e distrutto intere cittadine nella pedemontana
friulana, fu, infatti, avvertito in tutto il Friuli e nelle regioni vicine come Veneto e Carinzia. Anche qui
a Cividale provocò ingenti danni ad alcune strutture più antiche quali, ad esempio, il Convitto
Nazionale ‘Paolo Diacono’, la nostra scuola.
E’ difficile rendersi conto di cosa possano aver provato in quelle ore studenti come noi, ragazzi che
per motivi di studio si trovavano lì, lontani dal conforto delle loro famiglie. Solo 7 anni fa altri
studenti ospiti del Convitto de l’Aquila persero la vita in un sisma analogo.
Decidiamo, dunque, di intervistare uno dei testimoni di quei tragici momenti, il sig. Giancarlo
Scoyni, oggi collaboratore del Rettore e responsabile per la convittualità ma allora studente
convittore presso il CNPD. Ci racconta:
"Dopo una giornata come tutte le altre, dopo la solita partita di calcio e le consuete chiacchiere tra
amici e appena un attimo prima di coricarci, mentre l'istitutore De Marchi compiva una ricognizione
ci urlò di fermarci lì dove ci trovavamo. Il pavimento scricchiolava in maniera sinistra visto che era in
legno e ci trovavamo al primo piano. Ognuno di noi era fermo e quello fu il primo avviso di una
minaccia imminente. Pochi secondi e ci fu un’altra scossa, molte volte più forte. Iniziò così la lunga
fuga dall'edificio. Ci dirigemmo verso le scale, furiosamente, ma saltò la luce, e rimanemmo nel
panico più totale. Continuammo quella discesa estenuante. Riuscii ad arrivare in fondo senza cadere,
e vidi gli alberi del chiostro interno all’edificio ondeggiare a destra e a sinistra come se fossero nel
bel mezzo di una tempesta. Infine riuscii a esserne fuori. Non sapevo se ci fossero stati crolli
all'interno, ma ero salvo. Il Natisone scrosciava fragorosamente; temevo avesse inghiottito la mia
casa che si trovava sulle sue sponde. La notte seguente la passammo metà di noi all’aperto, sui
materassi recuperati dai più coraggiosi che erano rientrati nell’edificio per lanciarli dalle finestre, e
metà nel pullman che il Rettore di allora aveva chiamato per farci avere un tetto sulla testa. Appena
un attimo prima di addormentarmi vidi arrivare Riccardo, un mio amico che tornava quella sera in
Convitto, che mi rassicurò dicendomi che nessuna casa era stata inghiottita. Fortunatamente, poi,
capimmo che nessuno di noi era ferito o disperso, e questo mi tranquillizzò molto. La mattina
seguente mi vennero a prendere i miei genitori ancora visibilmente scossi. Appena vidi mia mamma
l’abbracciai forte e insieme tornammo a casa".
In questo racconto di un giovane come noi, si capisce come in pochi secondi di una giornata
qualsiasi, un evento come il terremoto abbia trasformato in un incubo la serena adolescenza di
moltissimi ragazzi e distrutto la loro quotidianità. Tensione, rabbia, ansia, paura di non farcela, tutte
sintetizzate in questa disordinata ed avventata fuga verso l'esterno, ossia la salvezza.
Tanti testimoni e vittime dei sismi riferiscono di come tutto accade così improvvisamente da non
aver il tempo nemmeno di realizzare cosa stia succedendo. Prima del terrore, si rimane quasi
meravigliati davanti allo scuotersi del suolo, allo sbattere di porte e finestre, al tremare dei vetri. E’,
infine, il boato, simile al brontolio di un temporale, che attanaglia il cuore.
Le conseguenze riportate dal Convitto, probabilmente tra gli edifici più danneggiati di Cividale,
furono la presenza di grosse crepe strutturali ai muri divisori, il danneggiamento dei soffitti e il
crollo parziale del tetto; la struttura portante del Convitto, tuttavia, resistette. Grazie a un
significativo piano di ricostruzione nel quale venivano installate anche una nuova cucina e nuovi
macchinari e strumenti, il Convitto nel 1977 ritornò ad ospitare studenti convittori.
Nel 2009 a L'Aquila, il terremoto fu sì più intenso, ma in proporzione i danni subiti dal Convitto
Nazionale ‘Domenico Cotugno’ furono nettamente maggiori rispetto al ‘Paolo Diacono’. Infatti tre
giovani convittori persero la vita ed altri due rimasero feriti. Numerosi furono i crolli a causa delle
deboli fondamenta dell'edificio ottocentesco abruzzese.
Se dovessimo confrontare le conseguenze dei due sismi, bisognerebbe, senza dubbio, tener conto
di molti aspetti legati al periodo storico in cui si verificarono. Cividale, infatti, a metà degli anni ’70,
quando il Paese poteva contare sulla crescita e stabilità economica, ottenne significativi
finanziamenti per la ricostruzione, mentre nel 2009, quando la crisi si faceva già sentire e, giocoforza, i fondi da poter investire erano di meno, l’Aquila si trovò di fronte una difficile ricostruzione.
Per altro, i danni furono minori a Cividale, anche grazie alla revisione e modernizzazione che a
molte strutture, come il Convitto, vennero fatte alla fine degli anni ’60. L’investimento fatto per il
nostro istituto pochi anni prima del terremoto, risultò di fondamentale importanza ed evitò scenari
peggiori.
Al Convitto de l’Aquila, invece, la situazione era diametralmente opposta. Le più evidenti prove di
ciò furono le conseguenze del sisma. Anche se già prima del terremoto, infatti, erano stati fatti dei
controlli in cui si era rilevato che il complesso edilizio presentava alcune parti in scadente stato
manutentivo ed altre parti della copertura lignea degradate a causa di infiltrazioni d'acqua, non
vennero eseguiti i lavori di ristrutturazione necessari a garantirne la sicurezza. Dunque la presenza
di un elevato rischio in caso di evento sismico era qualcosa di reale e tangibile. I tragici eventi del
2009 provano come la superficialità nel sottovalutare questi problemi, provocarono una catastrofe
facilmente evitabile.
Alla luce deIl’approfondimento fatto sugli esiti di terremoti a noi vicini quali quello friulano e
abruzzese, ci sentiamo di trarre queste conclusioni.
Il terremoto è una catastrofe a prescindere e porta con sé morte e distruzione, ci toglie persone
care, beni preziosi, e segna irrimediabilmente le vite e i ricordi di chi ha vissuto un’esperienza del
genere. Nonostante ciò, non ci si può fermare a piangere su un evento passato, rimuginarci per anni
senza prendere atto che ormai ciò che è successo non può essere cancellato. Nonostante le ferite e
i vuoti lasciati dalla catastrofe si deve decidere di reagire, per superare e combattere il dolore.
E’, infatti, questo che hanno fatto gli operosi e tenaci friulani cividalesi. Già nell’estate venne
ristabilita l’agibilità delle parti del Convitto meno lesionate. Nel mentre vennero costruiti dei
prefabbricati per far proseguire le lezioni, che iniziarono quasi regolarmente ad ottobre, si
avviarono i grandi lavori per la ricostruzione delle parti più danneggiate dell’edificio e un progetto di
ristrutturazione generale. Questi successi si raggiunsero grazie a un insieme di elementi e scelte
strategiche: dalla professionalità delle risorse umane, al coinvolgimento delle famiglie nel
condividere l’offerta formativa, dalla volontà politica espressa dal territorio allo spirito di servizio e
abnegazione di tutto il personale a significare che il problema del singolo veniva posto dopo quello
della comunità.
Siamo convinti che l’esperienza del nostro Istituto ma soprattutto di tutto il Friuli, debba essere uno
spunto per quanti nel terremoto hanno perso la speranza, perché nonostante tutto la vita va avanti
anche tra le macerie.
«Post fata resurgam
Come una fenice, risorgerò dalle mie ceneri.»