TARGHE AUTOMOBILISTICHE

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TARGHE AUTOMOBILISTICHE
TARGHE AUTOMOBILISTICHE? NO GRAZIE!!
Che guazzabuglio il mondo delle targhe automobilistiche in Italia! Se ne sono viste veramente di
tutti i tipi e di tutti i colori nel corso degli anni, da quando l’automobile ha iniziato a circolare sulle
nostre strade.
La targa è un oggetto “sui generis” che da sempre ha affascinato decine di “ex bambini” che grazie
a questi segni di riconoscimento, hanno imparato i nomi e le sigle di molte città italiane, quasi come
un gioco. Essa però è anche un corpo estraneo, un elemento disturbatore del progetto di
un’automobile e questo ben lo sanno i designer del settore, eppure senza di essa l’auto non può
circolare.
Questo “dettaglio automobilistico” è tanto conosciuto e necessario quanto poco considerato ma
anche la targa ha una sua storia alle spalle, che è cambiata con il passare degli anni, con il mutare
della situazione storica, con le trasformazioni dei materiali, con le esigenze della moda ed il variare
delle abitudini della gente. Tutto condito con aneddoti, errori e confusioni tipicamente…italiani.
Da quando è nata l’automobile, la targa si è fatta strada tra le forme “d’arte”, le sponsorizzazioni
inaspettate, i proclami fascisti, l’avvento della plastica, la scomparsa della provincia e le
combinazioni alfanumeriche.
Agli inizi del 1900 le targhe sono obbligatorie solo per i veicoli di pubblico servizio ma già nel
1903 il “Regolamento per la circolazione degli automobili”, all’articolo 91, estende l’obbligo a tutte
le vetture circolanti. Da quella data ogni proprietario doveva provvedere personalmente ad apporre
una targa posteriore fissa in metallo sulla quale fossero impressi, con caratteri visibili, il nome della
provincia ed il numero di licenza. Questo in teoria, in pratica le cose andavano diversamente. I
numeri erano sì assegnati dalle Prefetture ma le targhe erano fatte a mano, realizzate di fretta,
appositamente per l’uscita domenicale e quindi una diversa dall’altra perché affidate all’estro
momentaneo degli automobilisti. Poi la settimana successiva venivano cestinate solamente per
aggiungerci un “tocco d’arte” in più, magari per far colpo su un’affascinante signora (…le donne
quale potere hanno avuto anche sulle targhe!). Al momento andava bene così, le automobili
circolanti erano poche e di conseguenza le targhe seguivano una numerazione decisamente bassa.
Ben presto le targhe imposte dal regolamento sembrarono troppo grosse, ingombranti e soprattutto
lasciavano troppa libertà alla fantasia (in fondo la targa era una cosa seria, non un abbellimento
artistico!).
Nel 1905 viene stabilito che ogni veicolo deve essere iscritto alla Prefettura della provincia di
residenza e che la targa deve attenersi al modello depositato: in metallo smaltato bianco, con cifre e
numeri alti 8 centimetri. Inoltre diventa obbligatoria la targa anteriore. Nonostante l’ennesimo
regolamento, continua a valere il principio del “fai da te”, infatti in merito alla targa anteriore la
burocrazia lascia libera interpretazione al cittadino; così ad esempio i soci del Touring Club
ricevono in regalo una targa speciale in porcellana ed altri invece seguono la moda di verniciare o
incidere i numeri di targa sul radiatore.
Tra il 1905 ed il 1927 le sessantanove province italiane utilizzate sulle targhe sono distinte da un
numero, assegnato in base ad un semplice ordine alfabetico ma in breve tempo vengono aggiunte in
coda altre province senza seguire l’ordine alfabetico e la confusione continua! Intanto le automobili
non sono più appannaggio solo delle classi “molto” ricche ma iniziano ad avvicinarsi anche a quelle
“mediamente” ricche e quindi la loro diffusione aumenta.
Nel 1927 le Prefetture cessano di occuparsi della questione targhe, delegando il compito al PRA, il
Pubblico Registro Automobilistico, gestito dal Regio Automobile Club Italiano. Nello stesso anno il
Governo crea diciassette nuove province ed insieme a quelle già esistenti abolisce la numerazione
per approdare alla più comoda sigla.
Finalmente nel 1931 l’intricata disputa sulle targhe pare riappacificare gli italiani: viene adottata
una misura fissa (32x22 cm) su una sola riga, che possa adattarsi a qualunque combinazione di
numeri, fondamentale è che la sigla della provincia sia ben distinta dai numeri. L’anno successivo le
posteriori si rimpiccioliscono (25x17,5 cm) e diventano su due righe: sulla superiore la sigla di
provenienza e le prime due cifre, sotto i successivi quattro numeri. Nel 1934 anche le anteriori
cambiano in dimensioni (26,2x5,7 cm) e devono essere con caratteri bianchi su fondo nero ma la
novità è un curioso simbolo, quello del CONI. Si tratta di un’idea in seguito abolita, che permetteva
al Comitato Olimpico Nazionale di finanziare le proprie iniziative producendo le targhe degli
italiani.
Arriva la guerra e una legge vieta l’acquisto di autovetture anche se vi è notizia di una ventina di
auto immatricolate a Cremona, forse destinate ad alti funzionari fascisti. Alla conclusione del
conflitto dalle targhe viene eliminato il simbolo del fascio, sostituito però dal punzone
dell’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra, seguendo così il principio utilizzato in precedenza
dal CONI: finanziare le iniziative benefiche dell’Associazione senza gravare sulle disastrate finanze
italiane.
Nel 1948 in Italia entra in vigore la Costituzione e Luigi Einaudi è il primo Presidente della
Repubblica. Sulle targhe compare un nuovo simbolo: una stella a cinque punte circondata da una
ghirlanda con al centro due lettere: RI, è il simbolo della Repubblica Italiana, inizialmente di grandi
dimensioni poi ridotte nel 1951.
Intanto dalle targhe in ferro si passa a quelle in plastica, a partire dal 1963 ma i risultati sono un po’
scarsi: la vicinanza del motore ed il conseguente calore ne sciolgono parecchie.
Nel 1974 viene utilizzato un nuovo tipo di plastica ed è necessario attenersi alle direttive CEE che
sanciscono altre norme che regolamentano le targhe. Per la prima volta le targhe sono costituite da
due parti separate bicolori su fondo nero: la prima parte con le lettere arancioni serve per la sigla
della provincia, mentre i numeri bianchi vengono collocati nella zona inferiore.
Nel 1985 avviene il cambiamento decisivo: le targhe diventano autoriflettenti come furono
chiamate (“Segno inequivocabile del progresso tecnologico italiano” si diceva). In realtà quella che
a noi sembrava una grande innovazione in Germania ad esempio era normalità dal 1956! La
rivoluzione era mossa dalla necessità di avere maggiore chiarezza e leggibilità. La targa anteriore ha
un nuovo formato (34x11,5 cm) e la sigla della provincia precede i numeri. Queste nuove targhe,
che tornano ad essere in metallo, sono dipinte con una speciale vernice che purtroppo nel giro di
pochi mesi tende ad ingiallire ma niente paura alla fine degli anni ’80, dopo migliaia di targhe giallo
zafferano, una normativa sostituisce la vernice.
La storia continua e nell’autunno del 1994 inizia una radicale ristrutturazione del sistema di
immatricolazione automobilistico italiano. Numerazione alfanumerica, totalmente nuova, con
caratteri neri su fondo bianco. Sparisce la provincia, le targhe assumono un apparente anonimato
seriale e le proteste degli italiani si diffondono.
Infatti per parecchi anni riuscire ad identificare immediatamente la provenienza di un altro
automobilista, etichettandolo per la manovra azzardata eseguita, ha rappresentato uno dei
divertimenti degli italiani al volante.
La nuova targa è costituita da due lettere seguite da tre numeri seguiti da due lettere. La possibilità
di cambiare anche solo una lettera consente di ripartire dall’identica combinazione di numeri; ogni
insieme formato da quattro lettere offre 1000 possibili targhe che unite alle 22 lettere (sono escluse
dall’elenco I, O, Q, U) permette l’emissione di 234.256.000 nuove targhe. Un paio di anni prima,
nel 1992, erano state istituite otto nuove province: Biella (BI), Verbano-Cusio-Ossola (VB), Lecco
(LC), Lodi (LO), Rimini (RN), Prato (PO), Crotone (KR) e Vibo Valentia (VV) ma le rispettive
targhe furono disponibili per la distribuzione solo nel 1994, quando ormai già circolavano le targhe
attuali prive di sigla provinciale. Tuttavia furono distribuite ugualmente a richiesta, fino ad
esaurimento del primo lotto di produzione.
Tornando alle nuove targhe dobbiamo ricordare che la Comunità Europea aveva chiesto di
eliminare l’identificazione del territorio ma consentiva di apporre una barra laterale per inserire la
sigla dello Stato. Questo “contentino” ci porta all’ultima tappa (per ora) del viaggio: il decreto del
Presidente della Repubblica n° 355 del 4 settembre 1998 stabilisce l’introduzione nelle targhe della
provincia di appartenenza.
Le targhe attuali contengono due strisce blu sui lati che possono essere asportate o sostituite in caso
di vendita o di nuova immatricolazione. La sigla in realtà non indica la provenienza del veicolo ma
solamente il luogo di immatricolazione. A destra compare l’anno della prima immatricolazione e la
relativa sigla di provenienza, a sinistra la lettera “I” identificativa dell’Italia, seguita dalle dodici
stelle della Comunità Europea.
Una recente appendice all’intricata storia delle targhe italiane è inclusa nel pacchetto di innovazioni
previste dall’approvazione del Nuovo Codice della Strada e consiste nella possibilità di richiedere
targhe personalizzate, sul modello americano, a patto di rispettare la sequenza alfanumerica imposta
a tutti. Questo sarà l’inizio di una nuova avventura altrettanto spinosa.
Ma nel 2002 la targa automobilistica cosa rappresenta? Al di là della sua obbligatorietà essa ha
ormai perso da molti decenni il carattere di vezzo artistico ed è divenuta sempre più spesso
l’elemento discriminante nei periodi a regime di targhe alterne, imposte dalle autorità locali per
contrastare lo smog. Quanti automobilisti vorrebbero personalizzare la targa della propria
automobile in base alle esigenze contingenti, pur di poter circolare SEMPRE? Tutti ovviamente ma
sicuramente la Motorizzazione non gradirebbe questi cambiamenti quotidiani arbitrariamente decisi
dagli automobilisti! Che dire poi della Polizia Municipale? Nei giorni di presunto blocco non ci
sarebbero più automobili da fermare né contravvenzioni da fare perché tutti avrebbero sempre la
targa giusta!
Certo sarebbe una buona soluzione, forse un po’ bizzarra e tipicamente italiana, che contribuirebbe
a creare ancora altra confusione. Allora meglio lasciare le cose come stanno e sottostare alle odiate
targhe alterne!
Paola Masetta
Museo dell’Automobile
2002
BIBLIOGRAFIA
“Un secolo di targhe. La storia delle targhe automobilistiche italiane” di C. Bellini, M.
Gallina, M. Taverna - De Ferrari Editore 2000
Servizio speciale di G. Longo “Un’intricata storia di numeri, lettere e sigle” comparso su
LA MIA AUTO primavera/estate 2001